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Si dice che le temperature bassissime di pianeti come Giove o Saturno, nella zona più esterna del sistema solare, rendano impossibile ogni tipo di vita. Ma queste temperature basse non sono presenti in tutte le parti del pianeta. Si riferiscono solamente agli strati più alti di nubi, gli strati accessibili ai telescopi agli infrarossi che sono in grado di misurare le temperature. In effetti, se avessimo un telescopio del genere nelle vicinanze di Giove e lo puntassimo sulla Terra, dovremmo dedurre temperature molto basse. Misureremmo le temperature delle nubi più alte, e non della superficie terrestre, molto più calda.

Carl Sagan

The Cosmic Connection — 1973


Un cocktail party della Washington ufficiale possiede una sua precisa scala gerarchica. In genere, com’è ovvio, i senatori hanno più peso dei membri del Congresso. Il presidente di un comitato è ovviamente più importante del presidente di un sottocomitato… quasi sempre. Ma che dire di una repubblicana di secondaria importanza che è anche una bella donna? E del segretario di un membro del Congresso che è parente del governatore dello stato da cui proviene il membro del Congresso?

Il vicecomandante Tuttle era assai sensibile alle più delicate sfumature di quei partie. Sapeva che i vicecomandanti, nella scala del cocktail party, si trovano un gradino più in basso del barman medio. Eppure, al party giusto si potevano combinare molte cose buone, se il vicecomandante dava istruzioni perfette al suo ufficiale superiore. Per di più, quel party aveva una sua dimensione extra: l’ospite d’onore era Willie Wilson, l’evangelista urbano che era diventato la novità più “in” del giovane jet set.

Il party si teneva nel vecchio Sheraton-Park Hotel, che cercava disperatamente di mantenere viva la sua tradizione d’eleganza. Le dorature alle pareti della sala delle cerimonie erano smangiate, i vecchi tendaggi pieni di polvere e logori. Però correva voce che Wilson avesse organizzato il party da sé, strappando all’hotel un prezzo bassissimo. La signora che in teoria offriva il party si era limitata a fare da paravento all’evangelista urbano.

Per la serata, il posto di combattimento di Tuttle era un angolo della sala delle cerimonie, dov’era tutto preso a chiacchierare con la moglie del suo ammiraglio.

«Questi partie sono una tale noia, non credete?» muggì la signora ammiraglio O’Kelly. Nella destra satura d’anelli stringeva un bicchiere colmo di bourbon con ghiaccio, e con la sinistra si carezzava la collana di perle artificiali.

Tuttle annuì. Era in uniforme, e si sentiva un po’ ridicolo e idiota accanto alla vecchia matrona dai capelli a sfumature bluastre raccolti a crocchia su un viso rugoso, cadente. Ma l’ordine dell’ammiraglio era stato perentorio: «A parlare ci penso io. Voi rifornite di drink mia moglie, però non lasciatela ubriacare.»

Compito non facile, pensò Tuttle.

La grande sala era piena solo a metà di ospiti in smoking e abiti da sera. Willie Wilson era l’uomo “in” della Washington bene, ma lo Sheraton-Park non era più un hotel in.

Comunque, il frastuono generale stava arrivando al punto da costringere a urlare per farsi udire dalla persona vicina. Il che non rappresentava un problema per la moglie dell’ammiraglio: la signora aveva la voce di un sottufficiale istruttore della marina.

«E poi, chi è questo Wilson?» ruggì la matrona, protendendosi leggermente verso Tuttle per potergli urlare direttamente all’orecchio. «Un predicatore, no?»

«Sì, signora» rispose Tuttle, scosso. «Lo definiscono l’evangelista urbano. La sua missione è arrivare alla gente delle zone sottosviluppate della città… I poveri, gli sfruttati.»

«L’ho visto in televisione l’altra settimana. È belloccio, quel mascalzone.»

Dall’altra parte della stanza, l’ammiraglio O’Kelly era impegnato in una conversazione con uno dei consiglieri speciali del presidente.

«I miei uomini al dipartimento di Giustizia hanno saputo qualcosa di strano» disse il giovanotto della Casa Bianca. Aveva un’aria molto seria e indossava un vestito beige con camicia verde chiaro, aperta. «Voialtri ne avete per caso combinata una grossa nel New England?»

L’ammiraglio O’Kelly inarcò le sue imponenti sopracciglia. «Perbacco, di cosa stai parlando, ragazzo?»

Il viso del consigliere speciale s’irrigidì in una furia repressa. «Niente giochetti con me, ammiraglio. E non c’è bisogno che io abbia cent’anni per capire che lì sta succedendo qualcosa di enorme.»

«Sarebbe utile» disse O’Kelly, abbassando la voce e rendendola dura come l’acciaio «che tu mi spiegassi a cosa stai alludendo.»

«Al rapimento di uno scienziato della NASA, ecco a cosa alludo! Le dice niente?»

L’ammiraglio sorrise. Il suo viso era una ragnatela di cuoio e rughe. «Temo proprio di no. Sicuro di non confondere i miei ragazzi con la CIA?»

«Non ci è arrivata nessuna lamentela ufficiale» ammise l’uomo della Casa Bianca «per cui siete a posto… Per ora. Ma fossi in lei…»

«Mettiamola così, figliolo.» O’Kelly appoggiò la mano massiccia sulla spalla del giovanotto. «Fossi io in te, farei attenzione alla cartelletta delle comunicazioni in arrivo. Sono dieci giorni che tento di attirare la tua attenzione.»

«Davvero?»

«Se cerchi per bene tra i messaggi in arrivo, ne troverai tre miei. L’ultimo è classificato Urgente e Top Secret. E ha la data di tre giorni fa. Ero sicuro che almeno quello l’avessi visto.»

Il consigliere speciale fece una smorfia. «Avrei dovuto vederlo…»

«Immagino ti arrivino tante comunicazioni Urgenti e Top Secret che non faranno altro che accumularsi sulla tua scrivania» disse l’ammiraglio, imperturbabile.

«Già. Be’, okay… Vediamoci, allora. Domani. Le telefono domattina appena in ufficio.»

L’ammiraglio annuì allegramente. «Bene. Credo che troverai molto interessante quello che ho da dirti. Abbastanza importante da sottoporlo all’attenzione del presidente… Senza ulteriori ritardi.»

Il giovanotto della Casa Bianca annuì. L’ammiraglio O’Kelly gli girò la schiena e lasciò che le correnti naturali del party li trascinassero in direzioni opposte.

“Bersaglio centrato” si disse O’Kelly. “Adesso mi resta il secondo.”

Lanciò un’occhiata nella sala rumorosissima e vide che Tuttle, implacabile e fedele come un mastino, stava ancora facendo la guardia a sua moglie. Alma non sembrava troppo sbronza. C’era tempo per trovare il Bersaglio Numero Due.

Eccolo lì, che scivolava verso il bar come un assicuratore sorridente e ben oliato. O’Kelly si diresse al bar.

Todd Nickerson aveva il naso grosso e rosso dell’ubriacone. I suoi occhi erano sempre appannati, anche alle riunioni di comitato più importanti e durante le votazioni più vitali alla Camera dei Rappresentanti. Ai partie urlava, rideva, spesso si comportava in modo indecente.

Però Nickerson era l’uomo chiave del sottocomitato della Camera che ogni anno esaminava il budget dell’SRM. Non il presidente del sottocomitato. Il presidente era un vecchio cavallo di razza del partito, originario del Missouri; i suoi unici veri interessi erano rubare soldi, e le nere formose.

Per quanto fosse quasi sempre ubriaco, Nickerson era la vera potenza del sottocomitato. E O’Kelly doveva essere sicuro che il sottocomitato non gli saltasse addosso, una volta fatto partire il piano di Tuttle. L’ammiraglio si fece strada a forza di gomiti tra la folla, inseguendo Nickerson come un sottomarino in caccia di una petroliera.

Quando cominciarono a parlare in mezzo al party, formavano una strana coppia. O’Kelly, tutto d’acciaio inossidabile con le sue sopracciglia folte e gli occhi penetranti, con l’uniforme immacolata e stirata talmente alla perfezione che la piega dei pantaloni avrebbe potuto tagliare il vetro; Nickerson, ondeggiante e con lo sguardo appannato, alto e magro, un relitto d’alcolizzato che si chinava per sentire cosa avesse da dirgli il robusto ammiraglio.

«L’Osservatorio Nazionale di Radioastronomia?» urlò l’onorevole. «Di che porcata state parlando?»

La gente si girò a guardare, vide che era Nickerson, e tornò con discrezione a immergersi nelle conversazioni.

O’Kelly, che si sentiva grattare la pelle dal colletto dell’uniforme, prese l’altro per il braccio. «Andiamo, non se la prenda con me, onorevole. È importante. Importantissimo. Non sono nemmeno certo che sia possibile presentare la questione al sottocomitato. Ho paura di fughe di notizie.»

Nickerson mise a fuoco lo sguardo sull’ammiraglio con sforzo evidente. «Arecibo?» chiese, a voce più bassa. «È questo che vuole? Ha idea di cosa scriverebbero i giornali se la marina assumesse il comando di un centro di ricerca civile?»

«Noi finanziamo già l’osservatorio in misura notevole» gli ricordò O’Kelly. «Ci serve solo a tempo pieno per un breve periodo.»

Nickerson agitò il bicchiere per aria, e miracolosamente riuscì a non versare una goccia e a non colpire nessuna delle persone che aveva attorno.

«E cosa farà la Fondazione Scientifica Nazionale?» chiese, con un sorriso storto. «Correranno dai giornali, ecco cosa faranno. Si metteranno a urlare che la marina li ha sbattuti fuori dal radiotelescopio più grande del mondo.»

«È per questo che ci occorre il suo appoggio, onorevole. L’operazione va condotta nel massimo segreto.»

«Segreto un corno! I media vi stracceranno, faranno sembrare il Golgota una recita da ragazzini. Crocifiggeranno la marina in generale e voi in particolare. È pronto a pendere da una croce? In pubblico?»

D’improvviso, parve che O’Kelly fosse sul ponte di un cacciatorpediniere lanciato all’attacco contro il nemico. «Se sarà necessario» rispose senza esitare.

Nickerson batté le palpebre, poi restò a fissarlo a bocca spalancata. Attorno a loro si muoveva il party: risate roche, voci stridule, i colori vivaci degli abiti delle donne, i vestiti seri degli uomini.

«Fa sul serio» disse alla fine Nickerson.

«Può scommetterci.»

Gli occhi di Nickerson persero ogni appannamento. L’onorevole era perfettamente sobrio e attento. «Forse sarà meglio che me ne parli. In dettaglio.»

L’ammiraglio scosse la testa. «Non qui.»

«Fuori, allora» disse Nickerson. «Dubito che ci siano microfoni spia.»


Quando l’ammiraglio tornò a reclamare sua moglie, la folla si era notevolmente sfoltita. La sala si stava vuotando e il rumore era sceso a livello di conversazioni smorzate.

«È ora che ce ne andiamo, cara» disse l’ammiraglio O’Kelly alla moglie, prendendole il bicchiere di mano e appoggiandolo sul tavolo che aveva accanto.

«Un party noioso» disse lei con voce un po’ impastata.

«Mi spiace moltissimo, tesoro, ma era importante che venissimo.» Girandosi verso Tuttle: «Sono riuscito a combinare un paio di cose che altrimenti avrebbero richiesto settimane. Mesi, forse.»

Tuttle scoppiava di felicità.

«Non dovresti costringermi a frequentare partie noiosi» disse la moglie dell’ammiraglio, mentre il marito la prendeva per mano. «Non sono nemmeno riuscita a conoscere l’ospite d’onore.»

«Un’altra volta, cara. Un’altra volta. Tuttle» si girò a dire O’Kelly «grazie per essersi preso tanta cura della signora.»

«È stato un piacere, signore.»

«Ci vediamo domattina alle otto e trenta in ufficio» si congedò l’ammiraglio.

«Sì, signore!» Tuttle sapeva cosa significava il tono dell’ammiraglio: missione compiuta.

Era al settimo cielo. Aveva convinto l’ammiraglio ad appoggiare il suo piano, e l’ammiraglio aveva convinto la Casa Bianca e l’onorevole Nickerson. Aveva vinto. Il progetto, al di là di ogni dubbio, stava per partire.

Eccitatissimo, si mise a scrutare la gente che usciva e vide Willie Wilson. L’evangelista urbano stringeva mani, porgeva i suoi saluti alle persone che se ne andavano. Strinse la mano dell’ammiraglio, poi quella della signora O’Kelly. La matrona gli scoccò un sorriso da ragazzina.

«Grazie davvero, ammiraglio. I poveri di questa città apprezzeranno il suo aiuto e la sua comprensione.» Wilson si girò verso la coppia successiva della fila che si era formata, mentre un aiutante gli sussurrava qualcosa all’orecchio. «Dio la benedica, senatore. Spero che l’anno prossimo vinca col massimo dei voti… Grazie di essere venuto… È stato un piacere conoscerla…»

Tuttle si tenne ai margini della folla che scemava. Scoppiava dalla voglia di raccontare a qualcuno la buona notizia. Che era Top Secret, ovviamente; ma il vicecomandante non poteva tenere dentro tanta eccitazione. Qualcosa “doveva” uscire.

Alla fine, Wilson lo notò. «Freddie, sei proprio tu sotto quell’uniforme sgargiante?»

«Ciao, Will» disse Tuttle.

L’evangelista indossava il suo tipico vestito di cotone azzurro, una camicia bianca e un foulard a fiori al collo. Era un poco più alto di Tuttle, e magrissimo. Il viso era scarno, tutto spigoli. I capelli erano d’un biondo angelico; gli occhi, del grigio freddo d’una tempesta sull’Atlantico.

«Non ci vediamo da… Quand’è stato, Freddie? Atlanta?»

«New Orleans» lo corresse Tuttle. «Quando la polizia ha tentato di interrompere il tuo raduno.»

«Sì, adesso ricordo. Due anni fa. I cattolici cominciavano a innervosirsi.»

“Si è rifatto i denti” notò Tuttle. “Probabilmente è indispensabile quando si appare tanto spesso in televisione.”

«Ti ho visto a Georgetown» disse Tuttle. «Hai richiamato parecchia gente.»

«Una palestra scolastica» ribatté Wilson. «Non è poi tanto. La prossima volta che torno qui, riempiremo lo stadio.»

«Lo spero proprio.»

«Il movimento s’ingrossa di continuo.»

«Lo so. La gente comincia ad accorgersi di te. Specialmente per via delle apparizioni televisive. Hai il senso dello spettacolo.»

Una piccola folla si accalcava alla porta, dietro Tuttle, in attesa di salutare l’ospite d’onore. I suoi aiutanti si agitavano per l’irrequietezza e guardavano di continuo l’orologio.

«Be’, ci proviamo» disse Wilson. «La strada è lunga e difficile.»

«Sì, lo immagino.»

«E come mai la marina è venuta al mio party? Chi era l’ammiraglio che è appena uscito?»

Tuttle rise e si sentì dire: «Forse la marina sta diventando religiosa.»

Wilson gli restituì un sorriso.

«Sta succedendo qualcosa di grosso, Willie» sussurrò all’improvviso, incontrollabilmente, Tuttle. «Qualcosa di talmente grosso che butterà tutti per aria.»

«Cosa vuoi dire, Freddie?»

Indicando con un gesto la gente che si affollava attorno a loro, Tuttle mormorò: «È troppo presto per dirlo. Ma è una cosa grossa. Enormemente grossa. Non appena avremo accertato che sia vera, ti passerò la parola.»

Wilson scelse il suo sorriso migliore. «Benissimo, Freddie. Ma di che si tratta?»

Tuttle scosse la testa. «Lo saprai quando te lo dirò. Non si è mai visto niente del genere. Posso dirti una sola cosa: scrutate il cielo.»

«Dio, sembrerebbe il Secondo Avvento.»

«Forse lo sarà» rispose Tuttle, perfettamente serio. «Forse lo sarà.»

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