43 Decisioni e apparizioni

A quanto pareva, l’Aes Sedai capì il senso della risposta di Loial, ma non replicò. L’Ogier fissò il pavimento e si strofinò il naso, come imbarazzato per lo scatto. Degli altri, nessuno ebbe voglia di aprire bocca.

«Perché?» disse infine Rand. «Perché moriremmo tutti? E cosa sono, le Vie?»

Loial lanciò un’occhiata a Moiraine. L’Aes Sedai si girò per sedersi su di una poltrona accanto al camino. Il gattino si stiracchiò con rumore di unghioli sulla pietra e si mosse languidamente strusciando la testa contro le caviglie di Moiraine, che si chinò ad accarezzarlo dietro le orecchie. Le fusa del gatto furono un bizzarro contrappunto al tono piatto dell’Aes Sedai. «Tu le conosci, Loial. Le Vie sono il nostro unico scampo, l’unico modo di prevenire il Tenebroso, seppure per un certo tempo. La spiegazione tocca a te.»

L’Ogier non parve confortato. Si mosse goffamente sulla poltrona, prima di iniziare.

«Durante il Tempo della Follia, mentre era in corso la Frattura del Mondo, la terra era sconvolta e la razza umana veniva sparpagliata come polvere ai quattro venti. Anche noi Ogier eravamo spinti via dagli stedding, nell’Esilio e nella Lunga Peregrinazione, con la Nostalgia scolpita nel cuore.» Guardò di sottecchi Moiraine. «Cerco d’essere breve, ma non è storia che si possa raccontare in poco tempo. Devo parlare degli altri, di quei pochi Ogier che rimasero nei loro stedding, mentre intorno a loro il mondo cadeva a pezzi. E di Aes Sedai...» ora evitò di guardare Moiraine «di Aes Sedai maschi che morivano, mentre nella loro follia distruggevano il mondo. Fu a questi Aes Sedai, a coloro che fino a quel momento erano riusciti a evitare la follia, che gli stedding rivolsero offerta di rifugio. Molti accettarono, poiché negli stedding erano al sicuro dalla contaminazione del Tenebroso che uccideva la loro specie. Ma furono tagliati fuori dalla Vera Fonte: non potevano usare l’Unico Potere e neppure percepire l’esistenza della Fonte. Alla fine, non furono in grado di accettare questo isolamento; uno alla volta lasciarono lo stedding, augurandosi che nel frattempo la contaminazione fosse sparita. Ma non svanì mai.»

«A Tar Valon» disse piano Moiraine «alcuni sostengono che il rifugio degli Ogier prolungò la Frattura e la rese peggiore. Altri invece sostengono che, se a tutti quegli uomini fosse stato permesso d’impazzire subito, del mondo non sarebbe rimasto niente. Io sono dell’Ajah Azzurra, Loial; a differenza dell’Ajah Rossa, noi seguiamo la seconda teoria. Per noi, la vostra offerta di rifugio aiutò a salvare il salvabile. Continua, prego,»

Loial annuì, riconoscente. Sollevato da una preoccupazione, pensò Rand.

«Come dicevo» proseguì l’Ogier «gli Aes Sedai se ne andarono. Ma lasciarono agli Ogier un dono per ringraziarli della protezione. Le Vie. Varchi una Porta, cammini per un giorno ed esci da un’altra Porta anche a cento miglia dalla prima. O a cinquecento. Tempo e distanza sono bizzarri, nelle Vie. Percorsi diversi, ponti diversi, conducono a luoghi diversi; e il tempo impiegato dipende dal percorso scelto. Era un dono meraviglioso, soprattutto considerando i tempi, poiché le Vie non fanno parte del mondo che vediamo intorno a noi, ma sono forse un mondo in se stesse. Grazie a questo dono, gli Ogier non dovevano viaggiare nel mondo, dove anche dopo la Frattura gli uomini lottavano come animali per vivere, per andare in altri stedding; e per giunta nelle Vie non esisteva Frattura. Anche se la terra fra due stedding s’inabissava formando profondi canyon o si sollevava creando catene montuose, le Vie restavano immutate.

«Quando gli ultimi Aes Sedai lasciarono gli stedding, diedero agli Anziani una chiave, un talismano, utilizzabile per far crescere altre Vie. In un certo senso, Vie e Porte sono una struttura vivente. La cosa sfugge alla mia comprensione; nessun Ogier l’ha mai capita e pare che le stesse Aes Sedai l’abbiano dimenticata. Nel corso degli anni, il nostro Esilio terminò. E gli Ogier che avevano ricevuto il dono degli Aes Sedai, quando trovavano uno stedding dove altri erano tornati dalla Lunga Peregrinazione, vi facevano crescere una Via. Con l’abilità di costruire in pietra, imparata durante l’Esilio, costruimmo città per gli uomini e piantammo i boschetti per confortare gli Ogier che eseguirono le costruzioni, in modo che non fossero sopraffatti dalla Nostalgia. In questi boschetti furono fatte crescere le Vie. C’erano un boschetto e una Porta, a Mafal Dadaranell, ma questa città fu rasa al suolo durante le Guerre Trolloc e non vi rimase pietra su pietra; e i Trolloc distrussero il boschetto per avere legna da ardere.» Il tono non lasciò dubbi su quale fosse il crimine maggiore.

«È quasi impossibile distruggere le Porte» disse Moiraine. «E la razza umana non è da meno: Fal Dara è tuttora abitata, anche se non è più la grande città costruita dagli Ogier. E la Porta esiste ancora.»

«Come le hanno create?» domandò Egwene, rivolgendosi sia a Moiraine, sia a Loial. «Gli Aes Sedai, intendo: se negli stedding non potevano usare l’Unico Potere, come hanno creato le Vie? O non hanno usato affatto il Potere? La parte maschile della Vera Fonte era ed è contaminata. Ma forse è una domanda sciocca, perché ancora non conosco bene le capacità Aes Sedai.»

«Ogni stedding» spiegò Loial «ha una Porta, ma all’esterno, sul limitare. Non è una domanda sciocca: hai toccato il nocciolo del motivo per cui non osiamo percorrere le Vie. Nessun Ogier, in vita mia e anche prima, ha mai usato le Vie. Per editto degli Anziani, di tutti gli Anziani di tutti gli stedding, nessuno può usarle, Ogier o umano.

«Le Vie furono fatte da uomini che usavano il Potere contaminato dal Tenebroso. Circa mille anni fa, durante quella che voi chiamate la Guerra dei Cento Anni, le Vie iniziarono a cambiare. Lentamente, sulle prime, tanto che nessuno se ne accorse. Divennero umide e buie. Le tenebre scesero lungo i ponti. Alcuni vi scomparvero, altri dissero d’essere osservati dal buio. Il numero di dispersi aumentò; alcuni ne uscirono impazziti, delirando del Machin Shin, il Vento Nero. Furono curati da Guaritrici Aes Sedai, ma non si ripresero mai del tutto. E non ricordarono cosa fosse accaduto. Parevano permeati dalle tenebre: non ridevano più e temevano il vento.»

Per un poco gli unici rumori furono le fusa del gatto accanto alla poltrona di Moiraine e lo scoppiettio del fuoco. Poi Nynaeve sbottò con rabbia: «E ti aspetti che ti seguiamo lì dentro? Sei pazza!»

«Cosa preferiresti, invece?» domandò piano Moiraine. «I Manti Bianchi a Caemlyn o i Trolloc fuori della città? Non dimenticare che la mia presenza offre una certa protezione dalle opere del Tenebroso.»

Nynaeve si appoggiò allo schienale, con un sospiro d’esasperazione.

«Non mi hai ancora spiegato» disse Loial «perché dovrei infrangere l’editto degli Anziani. E non ho la minima voglia di percorrere le Vie. Per quanto a volte siano fangose, quelle costruite dagli uomini mi sono andate benissimo, da quando ho lasciato Stedding Shangtai.»

«Uomini e Ogier, tutti gli esseri viventi, sono in guerra col Tenebroso» disse Moiraine. «La maggior parte del mondo ancora non lo sa; coloro che sanno, combattono scaramucce e le scambiano per battaglie. Il mondo si rifiuta di credere e forse il Tenebroso è già sull’orlo della vittoria. Nell’Occhio del Mondo c’è potere sufficiente a distruggere la sua prigione. Se il Tenebroso ha trovato un modo di piegare l’Occhio al suo volere...»

Rand avrebbe voluto che le lampade della stanza fossero accese. La sera strisciava su Caemlyn e il fuoco del camino non dava abbastanza luce. Lui non voleva ombre, nella stanza.

«Cosa facciamo?» sbottò Mat. «Perché siamo così importanti? Perché dobbiamo andare nella Macchia?»

La presenza di Moiraine parve riempire la stanza, come se la poltrona su cui sedeva fosse un trono; perfino Morgase sarebbe impallidita, al confronto. L’Aes Sedai non alzò la voce, ma le sue parole parvero irresistibili. «Possiamo fare una cosa sola: il tentativo. Quel che sembra casuale, spesso fa parte del Disegno. Tre fili sono giunti qui, ciascuno con un avvertimento: l’Occhio. Non può trattarsi di coincidenza, dev’essere il Disegno. E siete qui, dove il pericolo è noto. Potete ritirarvi e forse condannare il mondo. Fuggire e nascondervi non vi salverà dal Disegno. Oppure potete fare il tentativo. Andare all’Occhio del Mondo, voi tre ta’veren, punti focali della Grinza, situati dove c’è il pericolo. Lasciate che il Disegno sia tessuto intorno a voi e forse salverete dall’Ombra il mondo intero. La scelta tocca a voi. Non posso costringervi ad andarci.»

«Io ci andrò» disse Rand, cercando di mostrare un tono risoluto. Per quanto cercasse il vuoto, immagini continuavano a guizzargli nella mente. Tam, e la fattoria, e il gregge nel pascolo. Era stata una vita bella: lui non aveva mai desiderato di più. E trovò un po’ di conforto, nell’udire Perrin e Mat acconsentire.

«Immagino che non ci sia scelta, per me e per Egwene» disse Nynaeve.

Moiraine annuì. «Anche voi fate parte del Disegno, in un certo modo. Forse non siete ta’veren, ma avete grande importanza. L’ho capito a Baerlon. E senza dubbio ormai lo sanno anche i Fade. E Ba’alzamon. Tuttavia avete la stessa possibilità di scelta dei ragazzi. Potete restare qui e proseguire per Tar Valon, quando saremo partiti.»

«Restare qui!» esclamò Egwene. «Nasconderci, mentre affrontate chissà quali pericoli? Mi rifiuto!» Incrociò lo sguardo dell’Aes Sedai e si ritrasse un poco, ma non perse l’aria di sfida. «Mi rifiutò» mormorò, testarda.

«Significa che tutt’e due verremo con voi, immagino» disse Nynaeve, rassegnata; ma negli occhi le guizzò un lampo, quando soggiunse: «Hai ancora bisogno delle mie erbe, Aes Sedai, se nel frattempo non hai scoperto in te un’abilità di cui non so niente.» Il tono conteneva una sfida che Rand non capì; Moiraine si limitò ad annuire e si rivolse all’Ogier.

«Allora, Loial figlio di Arent figlio di Halan?»

Loial aprì e chiuse la bocca, agitò le orecchie pelose. «E va bene» disse infine. «L’Uomo Verde. L’Occhio del Mondo. Sono citati nei libri, ovviamente, ma non credo che un Ogier li abbia visti davvero, da molto tempo. Immagino... Ma bisogna proprio percorrere le Vie?» Moiraine annuì e Loial piegò le sopracciglia, con aria sconsolata. «D’accordo, allora. Mi toccherà guidarvi, immagino. L’Anziano Haman direbbe che è quanto mi merito, per essere sempre così frettoloso.»

«La scelta è fatta, allora» disse Moiraine. «Non ci resta che stabilire la linea d’azione.»

Discussero fino a tarda notte. Moiraine preparò quasi tutti i piani, chiedendo a Loial suggerimenti a proposito delle Vie, ma ascoltò le domande e le proposte di tutti. Scesa la notte, Lan si unì a loro e aggiunse commenti, con la sua tipica cadenza strascicata ma ferrea. Nynaeve preparò l’elenco delle provviste necessarie, tuffando con mano ferma la penna nel calamaio, anche se continuava a borbottare tra sé.

Rand invidiò il realismo della Sapiente. Lui non riusciva a smettere di passeggiare nervosamente, come se avesse energie da sprecare. Aveva preso la decisione, ma non per questo la trovava piacevole. La Macchia. Shayol Ghul si trovava da qualche parte, nella Macchia, al di là delle Terre Inaridite.

Lesse negli occhi di Mat la medesima preoccupazione, la sua stessa paura. Mat teneva le mani serrate con forza. Se le avesse lasciate libere, pensò Rand, avrebbe afferrato il pugnale di Shadar Logoth.

Nel viso di Perrin non c’era affatto preoccupazione, ma qualcosa di peggio: una maschera di stanchezza e di rassegnazione. Perrin aveva l’aria di chi ha combattuto ai limiti del possibile e aspetta il colpo di grazia. Eppure a volte...

«Facciamo quel che dobbiamo fare, Rand» disse Perrin. «La Macchia...» Per un istante quegli occhi gialli si illuminarono di desiderio, come se avessero vita propria. «La caccia è buona, lungo la Macchia» mormorò. Represse un brivido, come se avesse appena udito quelle parole, e tornò a mostrarsi rassegnato.

E Egwene. A un certo punto, Rand la trasse in disparte, accanto al caminetto, dove gli altri non potevano udire. «Egwene, il...» I suoi occhi, simili a grandi laghi scuri che lo attiravano, lo indussero a bloccarsi e a deglutire. «Il Tenebroso dà la caccia a me, Egwene. A me, a Mat e a Perrin. Non m’importa cosa dice Moiraine Sedai. Domattina tu e Nynaeve potete tornare a casa, o andare a Tar Valon, o dovunque vi piaccia: nessuno cercherà di fermarvi, nemmeno i Fade e i Trolloc. Basta che non siate con noi. Torna a casa, Egwene. O vai a Tar Valon. Ma vattene.»

Aspettò che lei gli dicesse d’avere quanto lui il diritto d’andare dove le piaceva: non toccava a lui dirle che cosa fare. Invece, con sorpresa, vide che sorrideva e gli toccava la guancia.

«Grazie, Rand» disse piano Egwene. «Però sai anche fu che non posso. Moiraine Sedai ci ha detto che cosa ha visto Min, a Baerlon. Dovevi dirmi chi era Min. Ho pensato... Be’, Min dice che faccio parte di questa storia. E che ne fa parte anche Nynaeve. Forse non sono ta’veren, ma a quanto pare il Disegno manda anche me all’Occhio del Mondo. Anch’io, come te, sono coinvolta.»

«Ma...»

«Chi è Elayne?»

Per un minuto Rand la fissò, poi le disse la verità pura e semplice. «Elayne è l’Erede al trono di Andor.»

Gli occhi di Egwene parvero prendere fuoco. «Se non sai essere serio per più d’un minuto, Rand al’Thor, preferisco non parlare con te.»

Incredulo, Rand la guardò irrigidire la schiena e tornare al tavolo, dove si appoggiò con i gomiti sul piano, accanto a Moiraine, per ascoltare il Custode. “Devo parlarne a Perrin” pensò Rand. “Lui sa come trattare le donne."

Mastro Gill entrò alcune volte, prima per accendere le lampade, poi per portare da mangiare, e più tardi per riferire che cosa accadeva all’esterno. Alle estremità della via, alcuni Manti Bianchi tenevano d’occhio la locanda. C’erano stati disordini, alle porte della Città Interna, e le Guardie della Regina avevano arrestato i più turbolenti, con la coccarda sia bianca, sia rossa. Qualcuno aveva cercato di tracciare sulla porta della locanda la Zanna del Drago, ed era stato allontanato a calci da Lamgwin.

Se il locandiere trovò insolito che Loial fosse con loro, non lo diede a vedere. Rispose alle domande di Moiraine, senza cercare di scoprire che cosa progettassero; e, ogni volta, bussò alla porta e aspettò che Lan l’aprisse, come se quella non fosse la sala di lettura della sua locanda. Durante l’ultima visita, Moiraine gli diede il foglio di pergamena con l’elenco di Nynaeve, scritto con grafia chiara e precisa.

«Non sarà facile, a quest’ora della notte» disse mastro Gill, scuotendo la testa, mentre esaminava l’elenco. «Ma cercherò di procurarmi ogni cosa.»

Moiraine gli porse anche un tintinnante borsellino di pelle. «Bene» disse. «E disponi che ci sveglino prima di giorno. Il momento in cui le sentinelle sono meno attente.»

«Le lasceremo a tenere d’occhio una gabbia vuota, Aes Sedai» sogghignò mastro Gill.

Rand sbadigliava, quando con gli altri uscì dalla sala di lettura, in cerca del bagno o del letto. Mentre si strigliava, con in mano uno straccio ruvido e nell’altra un pezzo di sapone giallo, posò l’occhio sullo sgabello accanto alla vasca occupata da Mat. Da sotto la giubba ben piegata sporgeva la punta del fodero dorato del pugnale di Shadar Logoth. Anche Lan di tanto in tanto gli dava un’occhiata. Rand si domandò se non c’era davvero pericolo ad avere intorno quel pugnale, come sosteneva Moiraine.

«Pensi che mio padre lo crederà mai?» rise Mat, grattandosi la schiena, con una spazzola dal lungo manico. «Che io salvi il mondo? Le mie sorelle non saprebbero se ridere o piangere.»

Era proprio un commento degno del vecchio Mat. Rand avrebbe voluto dimenticarsi del pugnale.

Era notte fonda, quando infine lui e Mat salirono nella loro camera sotto le grondaie. Le nuvole oscuravano le stelle. Per la prima volta in molti giorni, Mat si spogliò per mettersi a letto; ma con noncuranza mise sotto il cuscino il pugnale. Rand spense la candela e s’infilò nel letto. Percepiva l’aura proveniente dall’altro letto, non da Mat, ma da sotto il guanciale. Era ancora preoccupato, quando si addormentò.

Dall’inizio capì di trovarsi in un sogno, uno di quei sogni che non erano sogni veri e propri. Fissava la porta di legno, scura e piena di fessure e di asperità. L’aria, fredda e umida, era pesante per il lezzo di putredine. In lontananza, uno sgocciolio d’acqua echeggiava nei corridoi di pietra.

Negalo. Negalo, e il suo potere non prevarrà.

Si concentrò sulla locanda, sul letto, su se stesso addormentato. Quando riaprì gli occhi, la porta non era svanita. Lo sgocciolio pareva l’eco del suo cuore. Rand cercò la fiamma e il vuoto, come Tam gli aveva insegnato, e trovò la calma interiore; ma all’esterno nulla cambiò. Lentamente, Rand aprì la porta e la varcò.

Ogni cosa era come la ricordava, in quella stanza che sembrava scavata nella roccia viva. Alte finestre ad arco portavano a un balcone senza ringhiera, al di là del quale strati di nuvole scorrevano come fiume in piena. Le lampade di metallo, con la fiamma troppo luminosa, rilucevano, nere eppure splendenti come argento. Nello spaventoso caminetto, il fuoco ruggiva, ma non emanava calore; ogni pietra sembrava vagamente una faccia tormentata.

C’era una sola differenza: tre statuine, poste sul lucido tavolo, di forma vagamente umana, come se lo scultore avesse avuto fretta a lavorare l’argilla. Una statuina aveva accanto a sé un lupo, reso più chiaro dal confronto con la rozza sagoma umana; un’altra stringeva un minuscolo pugnale sulla cui elsa scintillava un puntino rosso. L’ultima reggeva una spada. Rand si sentì rizzare i capelli e si avvicinò quanto bastava a scorgere l’airone inciso fin nei minimi particolari sulla lama.

Sollevò la testa di scatto, preso dal panico, e si trovò a guardare proprio nell’unico specchio. L’immagine riflessa era sempre confusa, ma meno annebbiata di prima: quasi si distinguevano i lineamenti. Forse, se avesse strizzato gli occhi, l’avrebbe riconosciuta.

«Per troppo tempo ti sei nascosto da me.»

Rand si girò di scatto, ansimando. L’attimo prima era da solo, ma ora, fermo davanti alla porta-finestra, c’era Ba’alzamon. Quando parlò, caverne di fiamma presero il posto degli occhi e della bocca.

«Per troppo tempo, ma ormai non più.»

«Nego che tu abbia potere su di me» disse Rand, rauco. «Nego la tua esistenza.»

Ba’alzamon si mise a ridere. «Credi che sia così facile? Ma a dire il vero l’hai sempre creduto. Ogni volta che ci siamo confrontati, hai creduto di potermi sfidare.»

«Cosa vuol dire, ogni volta? Ti nego!»

«Lo dici sempre. All’inizio. Questo scontro fra noi si è già verificato innumerevoli volte. Ogni volta hai un viso diverso e un altro nome, ma sei sempre tu.»

«Ti nego!» Fu un bisbiglio di disperazione.

«Ogni volta scagli contro di me la tua misera forza e ogni volta, alla fine, capisci chi è il padrone. Epoca dopo Epoca, t’inginocchi davanti a me, o muori col rimpianto di non avere ancora la forza d’inginocchiarti. Povero sciocco, non puoi mai vincere, contro di me.»

«Bugiardo! Padre delle Menzogne. Padre degli Sciocchi, se non sai fare di meglio. Gli uomini ti trovarono, nell’ultima Epoca, l’Epoca Leggendaria, e ti legarono nel luogo cui appartieni.»

Ba’alzamon rise di nuovo, di scherno; Rand avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non udirlo, ma si costrinse a non muovere le mani. Però gli tremavano, quando infine la risata terminò.

«Verme, tu non sai niente. Ignorante come uno scarafaggio sotto una pietra, schiacciato con altrettanta facilità. Questa lotta prosegue dal momento della creazione. Gli uomini pensano sempre che sia una guerra nuova, ma è sempre la stessa, riscoperta. Solo ora il mutamento soffia nel vento del tempo. Stavolta non ci sarà ritorno. Quelle orgogliose Aes Sedai che pensano di potersi opporre a me... le vestirò di catene e le manderò a correre nude per ubbidire al mio volere, o riempirò delle loro anime il Pozzo del Destino, dove urleranno per l’eternità. Tutte, tranne coloro che già mi servono. Loro staranno solo un gradino al di sotto di me. Puoi scegliere di stare con loro, mentre il mondo striscia ai tuoi piedi. Per l’ultima volta, ti offro la possibilità. Sarai al di sopra di loro, al di sopra d’ogni potere e d’ogni dominazione, a parte me. Ci sono state delle volte in cui hai fatto questa scelta e sei vissuto abbastanza a lungo da conoscere il tuo potere.»

Negalo! Rand si afferrò a quel che poteva negare. «Non ci sono Aes Sedai al tuo servizio. Un’altra menzogna!»

«Così t’hanno detto? Duemila anni fa, con i miei Trolloc, girai il mondo e persino fra le Aes Sedai trovai anime che conoscevano la disperazione, che sapevano che il mondo non poteva opporsi a Shai’tan. Per duemila anni l’Ajah Nera è vissuta fra le altre, invisibile, nell’ombra. Forse comprende perfino coloro che sostengono d’aiutarti.»

Rand scosse la testa, nel tentativo di scacciare i dubbi che, vi si ingigantivano, tutti i dubbi avuti nei confronti di Moiraine, di quello che l’Aes Sedai voleva da lui, dei piani che lei aveva fatto su di lui. «Cosa vuoi da me?» gridò.

«In ginocchio!» Ba’alzamon indicò il pavimento davanti a sé. «In ginocchio! Riconosci in me il tuo padrone! Alla fine, lo farai. Sarai una mia creatura, oppure morirai.»

L’ultima parola continuò a echeggiare nella stanza, tanto che Rand sollevò le braccia come per proteggersi la testa. Barcollò all’indietro, urtò il tavolo, gridò per soffocare l’eco che lo perseguitava. «Noooooooo!»

Si girò di scatto e col braccio spazzò il piano del tavolo, gettando a terra le statuine. Sentì una puntura alla mano, ma non vi badò; pestò le figurine di creta, le ridusse a una macchia informe. Ma quando smise di gridare, l’eco continuò con forza sempre maggiore:

...morirai-morirai-morirai-morirai-morirai-Morirai-Morirai-Morirai-Morirai-Morirai-MORIRAI-MORIRAI-MORIRAI-MORIRAI-MORIRAI-MORIRAI...

Lo afferrò come un gorgo, lo travolse, strappò a brandelli il vuoto cui s’aggrappava. La luce si affievolì e la visione si restrinse a un tunnel in cui Ba’alzamon si ergeva nell’ultima chiazza di luce e rimpiccioliva fino alle dimensioni di una mano, di un’unghia, svaniva. L’eco turbinò intorno a Rand, lo travolse nelle tenebre e nella morte.

L’urto con cui toccò terra svegliò Rand, mentre cercava ancora di strapparsi da quelle tenebre. La stanza era buia, ma meno di quella del sogno. Freneticamente Rand cercò di concentrarsi sulla fiamma, di spalarvi la paura, ma non riuscì a raggiungere la calma del vuoto. Aveva tremiti alle braccia e alle gambe, ma si aggrappò all’immagine della fiamma, finché il sangue non smise di ronzargli nelle orecchie.

Nell’altro letto, Mat si agitava e gemeva nel sonno. «...ti nego, ti nego, ti nego...» Il borbottio svanì in un gemito incomprensibile.

Rand allungò la mano per scuoterlo e svegliarlo; al primo tocco, Mat balzò a sedere, con un grugnito soffocato. Per un momento rimase a guardarsi intorno, poi trasse un sospiro e si strinse la testa. Di colpo si girò e infilò la mano sotto il guanciale; poi si lasciò ricadere e strinse al petto il pugnale col rubino sull’elsa. Girò la testa a guardare Rand, restando col viso nascosto nell’ombra. «È tornato, Rand» disse.

«Lo so.»

Mat annuì. «C’erano tre statuette...»

«Le ho viste anch’io.»

«Sa chi sono, Rand. Ho preso la statuetta col pugnale e lui ha detto: “Ah, ecco chi sei!" Quando ho guardato di nuovo, la statuetta aveva il mio viso. Il mio viso, Rand! Sembrava di carne. Al tatto era simile alla carne. Santa Luce, mi sentivo stretto dalle mie stesse mani, come se fossi io la statuetta.»

Per un istante Rand rimase in silenzio. «Devi continuare a negarlo, Mat.»

«L’ho negato e lui ha riso. Ha continuato a parlare di una guerra eterna e a dire che ci siamo incontrati in quello stesso modo migliaia di volte e... Luce santa, Rand, il Tenebroso mi conosce.»

«A me ha detto la stessa cosa. Non credo che sappia... Non penso che sappia quale di noi...» Ma non sapeva come concludere la frase.

Mentre si alzava, sentì alla mano una fitta di dolore. Si accostò al tavolo e dopo tre tentativi riuscì ad accendere la candela; allargò alla luce la mano. Conficcata nel palmo c’era una scheggia di legno scuro, liscia e lucida da un lato. Rand la fissò, trattenendo il fiato. All’improvviso ansimò e cercò di estrarre in fretta la scheggia.

«Cosa ti succede?» domandò Mat.

«Niente.»

Infine riuscì ad afferrare la scheggia e con uno strattone deciso la tolse via. Con un grugnito di disgusto la lasciò cadere, ma il grugnito gli si bloccò in gola. Appena si staccò dalle dita, la scheggia svanì.

Ma nel palmo c’era ancora la ferita, e sanguinava. Nella brocca di terracotta c’era dell’acqua. Rand riempì la catinella, con mani tremanti, tanto da schizzare acqua sul tavolo. Si lavò in fretta la mano, strizzò il palmo fino a far uscire altro sangue, si lavò ancora. Era atterrito al pensiero che gli rimanesse nella carne anche il più piccolo frammento della scheggia.

«Luce santa» disse Mat «ha fatto sentire sporco anche me.» Però rimase disteso sul letto, stringendo con tutt’e due le mani il pugnale.

«Sì, sporco» disse Rand. Dal mucchio accanto alla catinella prese un asciugamano. Bussarono alla porta e lui sobbalzò. Bussarono di nuovo. «Chi è?» rispose.

Moiraine sporse la testa. «Siete già svegli. Bene. Vestitevi in fretta e venite di sotto. Prima dell’alba dobbiamo essere già partiti.»

«Subito?» si lamentò Mat. «Non abbiamo dormito neppure un’ora.»

«Ne avete dormite quattro» disse Moiraine. «Sbrigatevi, non abbiamo tempo da perdere.»

Rand e Mat, confusi, si scambiarono un’occhiata. Rand ricordava con chiarezza ogni istante del sogno. Era iniziato appena lui aveva chiuso gli occhi ed era durato solo qualche minuto.

Lo scambio d’occhiate aveva certo rivelato qualcosa a Moiraine. L’Aes Sedai li fissò ed entrò nella stanza. «Cos’è accaduto?» domandò. «Un altro sogno?»

«Sa chi sono» disse Mat. «Il Tenebroso conosce il mio viso.»

Rand alzò la mano, senza parlare. Anche nella fioca luce dell’unica candela si vedeva chiaramente il sangue.

Moiraine gli si accostò e gli prese la mano, tenendo il pollice sulla ferita. Rand si sentì gelare fino all’osso, tanto che le dita gli si rattrappirono e solo con uno sforzo riuscì a tenerle distese. Quando Moiraine staccò il pollice, il gelo scomparve.

Rand girò la mano; intontito, scrostò la piccola macchia di sangue. La ferita era scomparsa. Lentamente alzò lo sguardo a incrociare quello dell’Aes Sedai.

«Fate in fretta» disse lei, sottovoce. «Il tempo vola.»

Rand capì che non si riferiva al tempo che mancava alla partenza.

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