10 Commiato

L’unica luce era fornita dalla lanterna con gli scuri semichiusi, appesa al chiodo infisso nel montante di uno stallo, ma non disperdeva le fitte ombre. Quando Rand varcò la soglia, alle calcagna di Mat e del Custode, Perrin, che se ne stava seduto con la schiena contro il battente di uno stallo, balzò in piedi, con un fruscio di paglia smossa. Era avvolto in un pesante mantello.

Lan si fermò quanto bastava a domandare: «Hai guardato come ti ho detto, fabbro?»

«Ho guardato» rispose Perrin. «Non c’è nessuno, a parte noi. Perché qualcuno dovrebbe nascondersi...»

«Prudenza e vita lunga vanno a braccetto, fabbro.» Il Custode esaminò rapidamente la stalla in penombra e le ombre più fitte del fienile sovrastante, poi scosse la testa. «Non c’è tempo» borbottò tra sé. «Dobbiamo sbrigarci, dice lei.»

Subito si diresse verso i cinque cavalli già sellati, fermi ai margini della zona illuminata; due erano lo stallone morello e la giumenta bianca; gli altri, meno alti di zampe e meno lucidi di pelo, sembravano comunque fra i migliori disponibili nei Fiumi Gemelli. Lan cominciò a esaminare attentamente gli straccali, i sottosella, le cinghie di cuoio che reggevano le bisacce, le ghirbe e i rotoli di coperte dietro la sella.

Rand scambiò con gli amici un sorriso incerto, cercando di sembrare ansioso di partire.

Solo allora Mat notò la spada di Rand e la indicò. «Vuoi diventare Custode?» rise; poi deglutì, con un’occhiata a Lan, che parve non accorgersi di niente. «O come minimo guardia di mercanti» continuò Mat, con un sogghigno che parve solo un po’ sforzato. Mostrò l’arco. «Non ti bastava un’onesta arma da uomini?»

Rand avrebbe voluto fare sfoggio della spada, ma fu dissuaso dalla presenza di Lan. Il Custode non guardava neppure nella loro direzione, ma Rand era sicuro che niente gli sfuggiva. Con noncuranza esagerata disse invece: «Può venire utile.» Come se portare una spada fosse la cosa più naturale del mondo.

Perrin si mosse, cercando di nascondere qualcosa sotto il mantello. Rand scorse intorno ai fianchi dell’apprendista fabbro un’ampia cintura di cuoio nella quale era infilato il manico di un’ascia.

«Cos’hai lì?» domandò.

«Guardia di mercante, proprio» rise Mat.

Perrin gli diede un’occhiata che rivelava chiaramente come anche lui avesse avuto la sua parte di prese in giro; poi sospirò e scostò il mantello per mostrare l’ascia. Non era un utensile da boscaiolo. L’ampia lama a mezzaluna da un lato e la punta dall’altro la rendevano insolita quanto la spada di Rand. Però Perrin vi posava sopra la mano in un modo che denotava una certa familiarità.

«Mastro Luhhan l’ha fabbricata due anni fa, per la guardia di un mercante di lana» disse. «Finito il lavoro, la guardia non voleva pagare il pattuito e mastro Luhhan non voleva cederla per meno. Me l’ha data quando...» si schiarì la voce e rivolse a Rand lo stesso cipiglio ammonitore rivolto a Mat «quando ha scoperto che mi allenavo a usarla. Ha detto che potevo tenermela, visto che lui non sapeva cosa farsene.»

«Ti allenavi» lo beffeggiò Mat; ma alzò subito le mani per calmarlo, quando lui drizzò la testa. «Certo, certo. Fa piacere che uno di noi sappia usare un’arma vera.»

«L’arco è un’arma vera» disse Lan all’improvviso. Appoggiò il braccio di traverso sulla sella del morello e li guardò con espressione seria. «Lo stesso vale per le fionde che ho visto usare a voi ragazzi del villaggio. Che vi servano solo per cacciare conigli selvatici o allontanare un lupo dal gregge non fa differenza. Qualsiasi cosa può essere un’arma, se chi la impugna ha il coraggio e la volontà di renderla tale. Trolloc a parte, è bene che l’abbiate chiaro in mente, prima di lasciare Emond’s Field e i Fiumi Gemelli, se volete arrivare vivi a Tar Valon.»

Il suo viso e la voce, gelidi come la morte e duri come pietre tombali appena sbozzate, soffocarono il sorriso e la lingua dei tre ragazzi. Perrin, con una smorfia, tirò il mantello a coprire l’ascia. Mat abbassò gli occhi e col piede smosse la paglia che ricopriva il pavimento. Il Custode borbottò e riprese i controlli; il silenzio si protrasse.

«Non è come nelle storie» disse infine Mat.

«Non so» disse Perrin, aspro. «Trolloc, un Custode, una Aes Sedai. Cosa vuoi di più?»

«Aes Sedai» mormorò Mat, come se all’improvviso avesse freddo.

«Tu le credi, Rand?» domandò Perrin. «Insomma, cosa possono volere da noi, i Trolloc?»

Tutt’e tre guardarono il Custode. Lan pareva concentrato sul sottopancia della giumenta bianca, ma i tre ragazzi si spostarono verso la porta della stalla, lontano da lui. E si accostarono l’uno all’altro e parlarono a bassa voce.

Rand scosse la testa. «Non so, ma aveva ragione sul fatto che hanno assalito solo le nostre fattorie. E qui al villaggio, per prima cosa la fucina e la casa di mastro Luhhan. Il sindaco me l’ha confermato. Che cercassero noi è una spiegazione buona quanto un’altra.» Si accorse a un tratto che gli altri due lo fissavano.

«Hai chiesto conferma al sindaco?» disse Mat, incredulo. «Lei ha detto di non parlarne a nessuno.»

«Non ho spiegato il motivo della domanda» protestò Rand. «Volete dire che non avete aperto bocca? Nessuno sa che ve ne andate?»

Perrin scrollò le spalle, sulla difensiva. «Moiraine Sedai ha detto di non parlarne a nessuno.»

«Abbiamo lasciato un biglietto» spiegò Mat. «Lo troveranno domattina. Rand, mia madre è convinta che Tar Valon sia la cosa più vicina a Shayol Ghul.» Ridacchiò per mostrare di non condividerne l’opinione, ma non fu convincente. «Mi avrebbe rinchiuso in cantina, se avesse sospettato che solo pensavo di andare laggiù.»

«Mastro Luhhan è testardo come un mulo» aggiunse Perrin «e la signora Luhhan è ancora peggio. Dovevi vederla, a scavare fra le macerie della casa dicendo che si augurava che i Trolloc tornassero per poter mettere le mani su di loro...»

«La Luce mi bruci, Rand!» disse Mat. «So bene che lei è una Aes Sedai, ma i Trolloc c’erano davvero. Ha detto di non parlare a nessuno. Se una Aes Sedai non sa cosa fare in un caso del genere, chi vuoi che lo sappia?»

«Non so.» Rand si strofinò la fronte. La testa gli doleva: non riusciva a togliersi di mente quel brutto sogno. «Mio padre le crede. Almeno, era d’accordo che ce ne andassimo.»

All’improvviso Moiraine comparve sulla soglia. «Hai parlato del viaggio a tuo padre?» disse. Vestiva di grigio dalla testa ai piedi, con la sottana fatta a brache per stare a cavallo come un uomo; il suo unico ornamento era l’anello d’oro a forma di serpente.

Rand lanciò un’occhiata al bastone, che non mostrava segno di bruciature. «Non potevo andarmene senza dirgli niente» rispose.

Moiraine lo guardò per un attimo, seccata, prima di rivolgersi agli altri. «Anche voi avete deciso che un biglietto non bastava?» Mat e Perrin risposero insieme, assicurandola d’avere lasciato solo un biglietto, come lei aveva consigliato. Moiraine li zittì con un gesto e diede a Rand un’occhiata penetrante. «Cosa fatta è già intessuta nel Disegno» disse. «Lan?»

«I cavalli sono pronti» rispose il Custode. «Abbiamo provviste sufficienti per arrivare a Baerlon e avanzarne un poco. Possiamo partire in qualsiasi momento. Subito, direi.»

«Non senza di me.» Egwene s’infilò nella stalla. Reggendo un fagotto avvolto in uno scialle. A Rand venne quasi un colpo.

Lan aveva sguainato per metà la spada. Quando vide chi era, la rimise nel fodero, con sguardo a un tratto inespressivo. Perrin e Mat cominciarono a protestare confusamente per convincere Moiraine che loro non avevano detto niente a Egwene della partenza. L’Aes Sedai li ignorò; si limitò a fissare la ragazza, battendosi il dito sulle labbra, con aria assorta.

Il cappuccio del mantello marrone scuro di Egwene era tirato sugli occhi, ma non tanto da nascondere l’aria di sfida. «Ho con me tutto quel che mi serve, cibo compreso. E qui non ci resto. Non avrò mai più l’occasione di vedere il mondo al di là dei Fiumi Gemelli.»

«Non è una scampagnata nel Waterwood, Egwene» brontolò Mat. Arretrò d’un passo, quando lei lo guardò di storto.

«Grazie, Mat. Per fortuna mi hai aperto gli occhi. Pensate d’essere i soli a voler vedere il mondo? Anch’io l’ho sempre sognato e non intendo perdere l’occasione.»

«Come hai scoperto che stavamo per partire?» domandò Rand. «Comunque, non puoi venire con noi. Non ce ne andiamo per divertimento. I Trolloc ci danno la caccia.» Egwene gli scoccò un’occhiata piena di tolleranza e lui arrossì, indignato.

«Per prima cosa» rispose Egwene, paziente «ho visto Mat strisciare qui intorno cercando di non farsi notare. Poi ho visto Perrin nascondere sotto il mantello quell’ascia così ingombrante. Ho saputo che Lan aveva comprato un cavallo e mi sono domandata a cosa gli serviva. E se ne aveva comprato uno, poteva averne comprati altri. Sommando a questo il fatto che Mat e Perrin giravano di soppiatto come sempliciotti che si fingano volpi... be’, c’era solo una risposta. E forse non mi sorprende trovare qui anche te, Rand, dopo tutte le tue chiacchiere di sogni a occhi aperti. Se c’erano di mezzo Mat e Perrin, dovevo capire subito che anche tu eri coinvolto.»

«Sono costretto a partire, Egwene» disse Rand. «Tutt’e tre dobbiamo andarcene, altrimenti i Trolloc torneranno.»

«I Trolloc!» rise Egwene, incredula. «Rand, se hai deciso di vedere il mondo, fai pure, ma lascia perdere queste sciocchezze.»

«È vero» dissero insieme Perrin e Mat. «I Trolloc...»

«Basta così» intervenne Moiraine, a bassa voce, ma che bastò a zittirli. «Altri hanno notato i preparativi?» Il tono era calmo, ma Egwene deglutì e raddrizzò le spalle, prima di rispondere.

«Da ierinotte pensano solo a ricostruire e a cosa fare se dovesse accadere di nuovo. Non vedono altro, nemmeno se ce l’hanno sotto il naso. E non ho rivelato a nessuno i miei sospetti. A nessuno.»

«Bene» disse Moiraine, dopo un po’. «Puoi venire con noi.»

Un’espressione di sorpresa passò sul viso di Lan e sparì in un attimo. Sotto la calma esteriore, il Custode era incollerito. «No, Moiraine!»

«Ormai è parte del Disegno, Lan.»

«Ridicolo! Non c’è motivo che venga anche lei, e un mucchio di ragioni perché non venga.»

«Una ragione c’è» replicò Moiraine, calma. «Fa parte del Disegno, Lan.» Il viso di pietra rimase inespressivo, ma il Custode annuì lentamente.

«I Trolloc ci daranno la caccia, Egwene» disse Rand. «Saremo al sicuro solo quando arriveremo a Tar Valon.»

«Non cercare di spaventarmi» replicò subito lei. «Parto anch’io.»

Rand conosceva quel tono di voce. Non l’aveva più udito da quella volta che lei aveva deciso che arrampicarsi sugli alberi più alti era roba da bambini, ma lo ricordava bene. «Se pensi che sia divertente essere inseguiti dai Trolloc...» cominciò, ma Moiraine intervenne.

«Non abbiamo tempo da perdere in chiacchiere. All’alba dobbiamo già essere lontano il più possibile. Se la lasciamo qui, potrebbe mettere sottosopra il villaggio prima che abbiamo percorso una lega e questo avvertirebbe di sicuro il Myrddraal.»

«Non lo farei di certo» protestò Egwene.

«Può prendere il cavallo del menestrello» disse il Custode. «Gli lascerò quanto basta a comprarne un altro.»

«Impossibile» disse dal fienile la voce sonora di Thom Merrilin. Stavolta Lan sguainò la spada e non la rimise nel fodero, mentre fissava il menestrello, su in alto.

Thom gettò giù il rotolo di coperte, si appese sulla schiena gli astucci col flauto e l’arpa, si mise in spalla le bisacce gonfie. «In questo villaggio non ho più niente da fare» disse. «Viceversa, non ho mai dato spettacolo a Tar Valon. Di solito viaggio da solo, ma dopo ieri notte non ho obiezioni a viaggiare in compagnia.»

Il Custode rivolse a Perrin un’occhiataccia e il ragazzo si mosse a disagio. «Non ho pensato di guardare anche nel fienile» mormorò.

Mentre il menestrello scendeva la scala a pioli, Lan parlò in tono rigidamente formale: «Anche questo, Moiraine Sedai, fa parte del Disegno?»

«Ogni cosa fa parte del Disegno, mio vecchio amico» replicò piano Moiraine. «Non possiamo essere schizzinosi. Ma staremo a vedere.»

Thom toccò terra e si scostò dalla scala a pioli, togliendosi fili di paglia dal mantello multicolore. «In realtà» soggiunse «potreste dire che insisto per viaggiare in compagnia. Ho trascorso molte ore, davanti a molti boccali di birra, a pensare quale potrebbe essere la fine dei miei giorni. Ma non ho mai pensato di finire nella pentola dei Trolloc.» Guardò di sottecchi la spada del Custode. «D’i quella non c’è bisogno. Non sono formaggio da affettare.»

«Mastro Merrilin» disse Moiraine «dobbiamo procedere con rapidità e quasi certamente correremo grandi pericoli. I Trolloc sono ancora da queste parti e viaggiamo di notte. Sei sicuro di voler venire con noi?»

Thom guardò il gruppetto, con un sorriso ironico. «Se i pericoli non sono troppi per la ragazza, non lo saranno nemmeno per me. E poi, quale menestrello non affronterebbe un piccolo rischio per tenere spettacolo a Tar Valon?»

Moiraine annuì e Lan rinfoderò la spada. Rand all’improvviso si domandò che cosa sarebbe accaduto se Thom avesse cambiato idea, o se Moiraine non avesse dato il suo assenso. Il menestrello cominciò a sellare il cavallo come se pensieri del genere non gli avessero mai attraversato la mente, ma più d’una volta lanciò occhiate alla spada di Lan.

«Ora» disse Moiraine «occorre un cavallo per Egwene.»

«Quelli dell’ambulante non vanno bene» replicò Lan, aspro. «Come i dhurrani, sono robusti, ma lenti.»

«Bela» suggerì Rand. All’occhiata di Lan rimpianse d’avere aperto bocca. Ma sapeva che era impossibile dissuadere Egwene: quindi non gli restava che collaborare. «Forse non sarà veloce come gli altri, ma è robusta. A volte la cavalcavo. Può tenere il passo.»

Lan guardò nello stallo di Bela, brontolando sottovoce. «Sembra un po’ meglio degli altri» disse infine. «Non credo che ci sia scelta.»

«Allora ci accontenteremo» disse Moiraine. «Rand, trova una sella per Bela. Svelto! Abbiamo perso fin troppo tempo.»

Dalla selleria Rand prese sella e coperta, poi fece uscire Bela. La giumenta lo guardò, assonnata e sorpresa, quando lui cominciò a sellarla. Rand la cavalcava a pelo: non era abituata alla sella. Rand le parlò con dolcezza, mentre stringeva il sottopancia, e la cavalla accettò la novità, con una semplice scrollata di criniera.

Rand prese il fagotto di Egwene e lo legò dietro la sella, mentre lei saliva a cavallo e si aggiustava le sottane. Non erano divise in brache per cavalcare, perciò scoprirono fino al ginocchio le calze di lana. Egwene portava le stesse morbide scarpe di pelle di ogni altra ragazza del villaggio; non andavano bene nemmeno per andare fino a Watch Hill, figuriamoci a Tar Valon.

«Penso ancora che dovresti restare qui» disse Rand. «Non è invenzione, la storia dei Trolloc. Ma prometto che baderò a te.»

«Forse sarò io, a badare a te» replicò lei, in tono leggero. Vedendo che se la prendeva, sorrise e si chinò a lisciargli i capelli. «So che baderai a me, Rand. Ciascuno baderà all’altro. Ma adesso bada a montare sul tuo cavallo.»

Gli altri erano già in sella e aspettavano solo lui. L’unico cavallo libero era Cloud, un grigio dalle zampe lunghe, con criniera e coda nere, che apparteneva, o era appartenuto, a Jon Thane. Rand montò in sella, non senza difficoltà, perché il grigio agitò la testa e scartò di lato, quando Rand infilò il piede nella staffa e il fodero gli si impigliò nelle gambe. Non era un caso che i suoi amici non avessero scelto Cloud. Mastro Thane spesso faceva correre il nevrile grigio contro i cavalli dei mercanti e Rand non l’aveva mai visto perdere, ma non l’aveva mai visto nemmeno lasciarsi cavalcare tranquillamente. Lan aveva certo sborsato una bella cifra, per convincere il mugnaio a venderlo. Appena Rand si sistemò in sella, il balletto di Cloud aumentò, come se il grigio fosse ansioso di correre. Rand afferrò saldamente le redini e cercò di convincersi che sarebbe andato tutto liscio. Forse, se si fosse convinto, sarebbe riuscito a convincere anche il cavallo.

Fuori, una civetta ululò nella notte e i quattro del villaggio trasalirono, prima di capire che cos’era. Ridacchiarono nervosamente e si scambiarono occhiate di vergogna.

«Alla prossima occasione, i topolini dei campi ci faranno arrampicare su un albero» disse Egwene, con una risatina incerta.

Lan scosse la testa. «Era meglio se fosse stato un lupo.»

«Un lupo!» esclamò Perrin, e il Custode gli rivolse un’occhiata inespressiva.

«I lupi non amano i Trolloc, fabbro. E i Trolloc non amano i lupi, né i cani. Se udissi i lupi, sarei sicuro che là fuori non ci sono Trolloc ad aspettarci.» Si mosse nella notte, al chiaro di luna, tenendo al passo il morello.

Moiraine lo seguì senza un attimo d’esitazione; Egwene le rimase a fianco. Rand e il menestrello chiusero la fila, dietro Mat e Perrin.

La parte posteriore della locanda era buia e silenziosa; chiazze d’ombra, proiettate dalla luna, riempivano il cortile della scuderia. Il debole tonfo degli zoccoli svaniva rapidamente, inghiottito dalla notte. Nel buio il mantello del Custode rendeva un’ombra anche lui. Uscire dal villaggio senza farsi vedere, quanto meno dai paesani, non sarebbe stato facile, si disse Rand, mentre si avvicinavano alla porta. Da varie finestre proveniva un po’ di luce; e per quanto quei bagliori sembrassero piccoli nella notte, lasciavano vedere di frequente sagome in movimento dietro gli scuri, paesani che volevano vedere che cosa avrebbe portato quella notte. Nessuno voleva essere colto di sorpresa un’altra volta.

Nella fitta ombra accanto alla locanda, l’attimo prima di lasciare le stalle, Lan si fermò bruscamente e con un gesto impose silenzio.

Dal Ponte Carraio proveniva uno scalpiccio di stivali; qua e là la luce della luna si rifletteva sul metallo. Gli stivali attraversarono il ponte, grattarono sulla ghiaia, si avvicinarono alla locanda. Nessun rumore provenne da quelli nascosti nell’ombra. Rand sospettò che almeno i suoi amici erano talmente spaventati da trattenere il fiato. Come lui.

I passi si arrestarono davanti alla locanda, nella zona grigia appena al di là della macchia luminosa delle finestre della sala comune. Solo quando Jon Thane venne avanti, con la lancia in spalla e un vecchio farsetto ricoperto di dischi d’acciaio, Rand capì chi erano: una decina di paesani e di contadini, alcuni in elmetto e pezzi d’armatura rimasti per generazioni a prendere polvere in soffitta, ma tutti con una lancia o una scure o una picca rugginosa.

Il mugnaio scrutò dalla finestra la sala comune, si girò e disse solo: «Qui sembra a posto.» Gli altri si disposero su due file irregolari dietro di lui e la pattuglia si allontanò nella notte come se marciasse al rullio di tre tamburi diversi.

«Due Trolloc Dha’vol se li mangerebbero per colazione» brontolò Lan, quando il rumore di stivali svanì in lontananza. «Ma hanno occhi e orecchie.» Girò il destriero. «Andiamo.»

Lentamente, con il minimo rumore, il Custode li guidò di nuovo nel cortile delle stalle, poi giù lungo la riva, tra i salici, e nel fiume. Così vicino alla Fonte di Vino, l’acqua, gelida e rapida, scintillante quando mulinava intorno alle zampe dei cavalli, era abbastanza alta da sfiorare gli stivali dei cavalieri.

Risalita la riva opposta, la fila di cavalli procedette sotto la guida del Custode, tenendosi lontano dalle case del villaggio. Di tanto in tanto Lan si fermava e segnalava di fare silenzio, anche se nessuno degli altri aveva visto né udito niente. Ogni volta, però, poco dopo passava una pattuglia di paesani e contadini. Lentamente il gruppetto si avvicinò al limitare settentrionale del villaggio.

Rand scrutò nel buio le case dal tetto alto, cercando d’imprimersele nella memoria. Sono proprio un magnifico avventuriero, si disse. Non era ancora uscito dal villaggio e già aveva nostalgia di casa. Ma non si fermò a guardare.

Oltrepassarono le ultime fattorie e si inoltrarono nella campagna, procedendo parallelamente alla Strada Settentrionale che portava a Taren Ferry. Il cielo notturno, pensò Rand, da nessun’altra parte era così bello come lì nei Fiumi Gemelli. Il nero pareva estendersi all’infinito e migliaia di stelle brillavano come puntini disseminati dietro una lastra di cristallo. La luna, quasi piena, sembrava tanto vicina da poterla toccare, se solo allungava la mano, e...

Una sagoma nera attraversò in volo il disco argenteo della luna. Rand sobbalzò e l’involontario strattone alle redini fermò il grigio. Un pipistrello, pensò Rand, ma sapeva che si trattava di ben altro. I pipistrelli erano frequenti, la sera, quando nel crepuscolo saettavano a caccia di mosche e di zanzare. Le ali che sorreggevano questa creatura forse avevano la stessa forma, ma si muovevano con la lentezza e la potenza di quelle di un uccello da preda. E in caccia. Il modo come si muovevano avanti e indietro in ampi archi non lasciava dubbi. E peggio ancora era la mole. Perché un pipistrello sembrasse così grande contro la luna, doveva trovarsi almeno a portata di braccio. Rand provò a calcolare quanto fosse lontano e grande. Il corpo uguagliava senza dubbio quello d’una persona; e le ali... La creatura attraversò di nuovo la faccia della luna e virò all’improvviso verso il basso, inghiottita dalla notte.

Rand non si accorse che Lan era tornato indietro, finché non si sentì prendere per il braccio. «Cosa ti sei fermato a guardare, ragazzo? Dobbiamo muoverci.» Dietro Lan, gli altri aspettavano.

Quasi timoroso che gli rinfacciassero d’essersi fatto prendere dalla paura per i Trolloc, Rand disse che cosa aveva visto. Si augurò che Lan lasciasse perdere, pensando a un pipistrello o a uno scherzo della luce.

Il Custode brontolò una parola, come se gli lasciasse in bocca un gusto cattivo. «Draghkar» disse. Egwene e i due amici di Rand guardarono nervosamente il cielo in ogni direzione, ma il menestrello mandò una sorta di gemito.

«Sì» disse Moiraine. «Sarebbe troppo, sperare altrimenti. E se il Myrddraal ha un Draghkar ai suoi ordini, presto saprà dove siamo, se già non l’ha saputo. Dobbiamo muoverci più in fretta. Possiamo ancora arrivare a Taren Ferry prima del Myrddraal; lui e i suoi Trolloc non attraverseranno il fiume tanto facilmente.»

«Un Draghkar?» disse Egwene. «Che cos’è?»

Fu Thom Merrilin, a risponderle, con voce roca. «Durante la guerra che pose fine all’Epoca Leggendaria, furono creati esseri peggiori dei Trolloc e dei Mezzi Uomini.»

Moiraine mosse bruscamente la testa verso di lui. Nemmeno il buio riuscì a nascondere l’occhiata penetrante.

Prima che qualcuno chiedesse al menestrello altre spiegazioni, Lan si mise a dare ordini. «Ora prendiamo la Strada Settentrionale. Se ci tenete alla vita, seguitemi, state vicini e non separatevi.»

Girò il cavallo; e gli altri lo seguirono al galoppo, senza una parola.

Загрузка...