26 Whitebridge

L’ultima, incerta nota della canzone appena riconoscibile come “Il vento che scuote il salice” si affievolì misericordiosamente e Mat abbassò il flauto di Thom, intarsiato d’oro e d’argento. Rand smise di tapparsi le orecchie. Il marinaio che arrotolava una gomena a poca distanza da loro mandò un gran sospiro di sollievo. Per un momento si udirono solo lo sciabordio dell’acqua contro lo scafo, il cigolio ritmico dei remi e le vibrazioni del sartiame. Il vento soffiava dritto contro la prua della Spray; le vele, inutili, erano arrotolate.

«Dovrei ringraziarti perché mi hai dimostrato quant’è vero l’antico detto» brontolò infine Thom Merrilin. «Per quanto gli insegni, un maiale non suonerà mai il flauto.» Il marinaio scoppiò a ridere e Mat alzò il flauto nel gesto di tirarglielo. Destramente Thom gli tolse di mano lo strumento e lo ripose nell’astuccio di cuoio. «Pensavo che tutti voi pastori badaste al gregge suonando la zampogna o il flauto. Così imparo a fidarmi solo di quel che vedo con i miei occhi.»

«Il pastore è Rand» brontolò Mat. «Lui suona la zampogna, non io.»

«Ah, sì, lui ha un minimo di abilità. Ma a te è meglio insegnare giochi di destrezza, ragazzo. Lì almeno mostri un certo talento.»

«Thom» disse Rand «non so perché t’impegni tanto.» Diede un’occhiata al marinaio e abbassò la voce. «In fin dei conti, non vogliamo diventare menestrelli. È solo una scusa, finché non troviamo Moiraine e gli altri.»

Thom si tirò il baffo e parve esaminare il cuoio liscio e scuro dell’astuccio del flauto. «E se non li trovi, ragazzo? Niente ci dice che sono ancora vivi.»

«Sono vivi» replicò Rand, sicuro. Guardò Mat per avere sostegno, ma l’amico, accigliato e a labbra serrate, fissava il tavolato dei ponte. «Ehi, parla» disse Rand. «Non puoi prendertela così perché non riesci a suonare il flauto. Anch’io suono malissimo. E tu non ci avevi mai provato.»

Mat alzò gli occhi, torvo. «E se sono morti?» disse piano. «Bisogna accettare i fatti, giusto?»

In quel momento la vedetta di prua gridò: «Whitebridge! Whitebridge in vista.»

Per un poco, incapace di credere che Mat dicesse con tanta indifferenza una frase del genere, Rand fissò negli occhi l’amico, fra il trambusto di marinai che si preparavano ad attraccare. Mat, ingobbito, lo guardò in cagnesco. Rand avrebbe voluto dirgli un mucchio di cose, ma non riusciva a trovare le parole. Dovevano credere che gli altri erano ancora vivi. “Perché?" gli mormorò una vocina. “In modo che ci sia il lieto fine come nelle storie di Thom? Gli eroi trovano il tesoro, sconfiggono il cattivo e vivono felici e contenti? Ma anche alcune delle sue storie finiscono male. A volte anche gli eroi muoiono. Sei un eroe, Rand al’Thor? Sei un eroe, pastore?"

A un tratto Mat arrossì e distolse lo sguardo. Rand si avviò alla murata e Mat lo seguì lentamente, senza fare nemmeno lo sforzo di scansare i marinai che venivano a trovarsi sui suoi passi.

Gli uomini d’equipaggio si davano un gran da fare, sulla barca: alavano gomene, legavano cavi, scioglievano drizze. Alcuni portarono sul ponte otri di pelle pieni di lana fino a scoppiare, altri preparavano gomene grosse come il polso di Rand. Nonostante la fretta, si muovevano con la sicurezza di chi aveva fatto mille volte le stesse cose, ma il capitano Domon andava su e giù per il ponte, gridava ordini e malediva chi non si muoveva abbastanza in fretta per i suoi gusti.

Rand guardava solo quel che c’era più avanti e che compariva man mano che la barca percorreva la leggera ansa dell’Arinelle. Ne aveva sentito parlare, nelle ballate e nei racconti dei venditori ambulanti, ma ora avrebbe visto con i suoi occhi la leggenda.

Sopra l’ampia distesa d’acqua, il Ponte Bianco, che dava il nome alla città, descriveva un arco alto più del doppio dell’albero maestro della Spray; da un capo all’altro risplendeva d’un bianco latteo alla luce del sole e ne catturava il riflesso fino a sembrare quasi ardente. Sottili pilastri dello stesso materiale si tuffavano nella forte corrente e sembravano troppo fragili per sostenere il peso del ponte. Il ponte sembrava fatto in un unico pezzo, come scolpito nella pietra o modellato dalla mano d’un gigante; largo e alto, scavalcava il fiume, con una grazia eterea che quasi induceva l’occhio a dimenticarne le dimensioni. Nell’insieme, rendeva minuscola la città che si allargava ai suoi piedi sulla riva orientale, anche se Whitebridge era molto più vasta di Emond’s Field, con case di pietra e di mattoni alte come quelle di Taren Ferry e pontili di legno simili a dita sottili che si sporgessero nel fiume. Piccole barche punteggiavano l’Arinelle: pescatori che tiravano a bordo le reti. E su ogni cosa torreggiava e splendeva il Ponte Bianco.

«Sembra di vetro» disse Rand, rivolgendosi a nessuno in particolare.

Il capitano Domon si fermò dietro di lui e agganciò i pollici all’ampia cintura. «No, ragazzo. Qualunque cosa sia, non è vetro. Anche sotto la pioggia più fitta non è mai scivoloso; e il migliore scalpello usato dal braccio più robusto non vi lascia segno.»

«Un residuo dell’Epoca Leggendaria» disse Thom. «Ne sono sempre stato convinto.»

Il capitano mandò un grugnito. «Può darsi. Ancora utile, comunque. Forse l’ha costruito qualcun altro. Non è detto che sia per forza opera delle Aes Sedai, per la miseria. Potrebbe essere più recente. Piega la schiena, scansafatiche!» Si affrettò a scendere dal ponte.

Rand guardò con maggior stupore. Se risaliva all’Epoca Leggendaria, allora era stato costruito dalle Aes Sedai. Per questo il capitano si era irritato, nonostante tutti i suoi discorsi sulle meraviglie e le bizzarrie del mondo. Opera delle Aes Sedai. Una cosa era sentirne parlare; un’altra, vedere e toccare. Lo sapeva per esperienza. Per un istante gli parve che un’ombra increspasse la costruzione bianco latte. Distolse lo sguardo e osservò i pontili sempre più vicini, ma non riuscì a liberarsi della presenza oppressiva del ponte.

«Ci siamo arrivati, Thom» disse. E rise sforzatamente. «Senza ammutinamenti.»

Il menestrello si limitò a brontolare e a sbuffare sotto i baffi, ma due marinai, che lì vicino preparavano una gomena, diedero a Rand un’occhiata penetrante e ripresero a lavorare a testa bassa. Rand smise di ridere e cercò di non guardare più quei due, per tutta la manovra d’accostamento a Whitebridge.

Con una virata elegante, la Spray si accostò al primo pontile, fatto di assi massicce poste su robuste palafitte incatramate, e si fermò con un movimento di remi che sollevò spuma intorno alle pale. Mentre i remi venivano tirati a bordo, i marinai lanciarono gomene agli uomini sul pontile, che le legarono con grandi svolazzi, mentre altri marinai facevano scivolare lungo la murata gli otri pieni di lana in modo che lo scafo non urtasse contro le palafitte.

Prima ancora che la barca fosse ben ormeggiata, all’estremità del pontile comparvero delle carrozze, alte e laccate di nero lucente, ciascuna con un nome dipinto sulla portiera, a grandi lettere color oro o rosso scarlatto. I passeggeri delle carrozze percorsero in fretta la passerella appena calata: erano uomini dal viso liscio, con lunghe giubbe di velluto, mantelli foderati di seta e ciabatte di stoffa, seguiti ciascuno da un servo vestito alla buona, che portava un forziere cerchiato di ferro.

Si avvicinarono al capitano Domon, con sorrisi di circostanza che scomparvero quando lui all’improvviso ruggì loro in faccia. «Tu!» gridò, puntando il dito al di là di loro, costringendo Floran Gelb a fermarsi di colpo. Gelb non aveva più il livido in fronte, ma di tanto in tanto continuava a tastarsi, come per tenerlo a mente. «Questa è l’ultima volta che ti addormenti mentre sei di guardia sulla mia barca! O su qualsiasi altra, se dipendesse da me. Scegli il lato, il pontile o il fiume, ma scendi immediatamente!»

Gelb ingobbì le spalle e lanciò un’occhiata velenosa a Rand e ai suoi due amici, ma in particolare a Rand. Diede uno sguardo al ponte, in cerca d’aiuto, ma senza molte speranze. A uno a uno, gli uomini dell’equipaggio smisero di lavorare e gli restituirono uno sguardo pieno di freddezza. Gelb parve avvizzire, ma poi negli occhi tornò a brillargli un lampo d’odio, due volte più intenso di prima. Imprecando sottovoce, scese di corsa sottocoperta, nelle cabine dell’equipaggio. Domon ordinò a due uomini di seguirlo, perché non combinasse brutti scherzi. Quando tornò a girarsi, i mercanti ripresero i sorrisi e gli inchini come se non fossero stati interrotti.

A una parola di Thom, Mat e Rand radunarono le proprie cose. Non avevano molto, a parte i vestiti che indossavano. Rand aveva ancora il rotolo di coperte e le bisacce, oltre alla spada di Tam. La strinse fra le mani e fu colto da una nostalgia così forte da sentire le lacrime agli occhi. Chissà se avrebbe rivisto Tam. O la sua casa. “Passerò la vita a scappare, scappare, con il terrore dei miei stessi sogni” si disse. Con un sospiro, represse un brivido e si agganciò il cinturone sopra la giubba.

Gelb tornò sul ponte, seguito dai due marinai. Tenne lo sguardo fisso avanti a sé, ma Rand continuò a percepire l’odio che emanava a ondate. A schiena rigida, scuro in viso, Gelb discese la passerella e si aprì la strada fra la piccola folla sul pontile. In breve sparì dietro le carrozze dei mercanti.

Non c’era molta gente, sul pontile: portuali, pescatori occupati a rammendare le reti e qualche cittadino venuto ad assistere all’arrivo della prima barca proveniente dalla Saldaea. Nessuna delle ragazze era Egwene e nessuno somigliava lontanamente a Moiraine, a Lan o agli altri che Rand si augurava di scorgere.

«Forse non sono venuti giù al pontile» disse il ragazzo.

«Forse» replicò Thom, brusco. Si appese sulla schiena gli astucci degli strumenti musicali. «Voi due state attenti a Gelb. Cercherà di procurarci guai. Dobbiamo attraversare Whitebridge senza attirare l’attenzione, in modo che nessuno si ricordi del nostro passaggio.»

Con i mantelli che sbattevano al vento si diressero alla passerella. Mat portava l’arco a tracolla sul petto. Anche dopo tanti giorni a bordo della barca, i marinai lo guardavano ancora: loro usavano archi assai più corti.

Capitan Domon lasciò i mercanti per intercettare Thom all’altezza della passerella.

«Mi lasci già, menestrello?» disse. «Non posso convincerti a proseguire? Scendo il fiume fino a Illian, dove la gente ha il giusto riguardo per i menestrelli. Non c’è posto migliore al mondo, per il tuo mestiere. Ti ci porterò in tempo per la Festa di Sefan. Le gare, capisci. Cento marchi d’oro per chi racconta meglio La grande Cerca del Corno.»

«Un bel premio, capitano» rispose Thom, con un inchino e uno svolazzo di mantello che fece ondeggiare le toppe multicolori «e una bella gara, che giustamente attira menestrelli da tutte le parti. Però purtroppo» aggiunse ironicamente «non posso permettermi il viaggio, alle tue tariffe.»

«Ah, be’, se è per questo...» Dalla tasca della giubba il capitano tolse un sacchetto di pelle e glielo lanciò. Thom lo afferrò al volo e il sacchetto mandò un tintinnio. «Ti restituisco i soldi del viaggio e qualcosa in più. I danni non erano gravi come credevo e ti sei guadagnato più del passaggio, con le storie e con l’arpa. Ti darò altrettanto, se resti a bordo fino al mare delle Tempeste. E ti farò sbarcare a Illian. Lì un buon menestrello può fare fortuna, anche senza vincere gare.»

Thom esitò, soppesando il sacchetto, ma Rand intervenne. «Dobbiamo incontrare degli amici, capitano, e proseguire insieme per Caemlyn. Vedremo Illian in un’altra occasione.»

Thom fece una smorfia ironica, sbuffò sotto i baffi e intascò il sacchetto.

«Forse, capitano. Se le persone che dobbiamo incontrare non sono in città.»

«Bene» disse Domon, un po’ stizzito. «Ma pensaci. Purtroppo non posso tenere a bordo Gelb in modo che serva di sfogo agli altri. Ho una parola sola. Ma ora dovrò allentare le briglie, anche se significa triplicare la durata del viaggio per Illian. Be’, forse quei Trolloc inseguivano davvero voi tre.»

Rand tenne la bocca chiusa. Mat invece non fu altrettanto prudente.

«E cosa credevi?» disse. «Miravano allo stesso tesoro che cercavamo noi.»

«Può darsi» brontolò il capitano, poco convinto. Si lisciò la barba e indicò la tasca dove Thom aveva messo il sacchetto. «Ti darò il doppio, se torni a togliere dalla mente all’equipaggio che li faccio sgobbare. Pensaci. Salpo alle prime luci di domani.» Girò sui tacchi e tornò dai mercanti; allargò le braccia e iniziò a scusarsi d’averli fatti attendere.

Thom esitava ancora; Rand lo spinse sulla passerella senza dargli l’opportunità di discutere e lui non oppose resistenza. Un mormorio percorse la piccola folla radunata sul pontile, quando la gente vide il mantello variopinto di Thom. Alcuni gli chiesero dove avrebbe tenuto spettacolo. “Con tanti saluti al passare inosservati” si disse Rand, costernato. Prima del tramonto tutti avrebbero saputo che in città c’era un menestrello. Continuò a spingere Thom e lui, immerso in un silenzio scontroso, non provò nemmeno a rallentare per farsi bello di fronte a tanta attenzione.

I guidatori delle carrozze, dall’alto del loro sedile, guardarono con interesse Thom, ma evidentemente la dignità della loro posizione impediva loro di gridare domande. Senza sapere esattamente dove andare, Rand imboccò la via che costeggiava il fiume e passava sotto il ponte.

«Dobbiamo trovare Moiraine e gli altri» disse. «E in fretta. Purtroppo non abbiamo pensato di far cambiare mantello a Thom.»

Thom si scosse all’improvviso e si fermò. «Un locandiere saprà dirci se sono qui o se sono passati. Il locandiere giusto. I locandieri sanno tutte le novità e tutti i pettegolezzi. Se non sono qui...» Girò lo sguardo da Rand a Mat. «Dobbiamo parlare, noi tre.» Con il mantello che gli svolazzava intorno alle caviglie, si diresse in città, lontano dal fiume. Rand e Mat allungarono il passo per stargli dietro.

L’ampia arcata color latte dominava Whitebridge, tanto da lontano quanto da vicino; ma presto Rand capì che la città era vasta quanto Baerlon, anche se meno affollata. Alcuni carretti si muovevano per le vie, tirati da un cavallo o da un bue, da un somaro o da un uomo, ma non c’erano carrozze. Probabilmente queste ultime appartenevano tutte ai mercanti ed erano radunate al pontile.

Botteghe d’ogni genere fiancheggiavano le vie; molti artigiani lavoravano davanti alla propria, sotto l’insegna mossa dal vento. Passarono davanti a un uomo che riparava marmitte e a un sarto che mostrava a un cliente delle pezze di stoffa. Un calzolaio, seduto sul vano della porta, applicava il tacco a uno stivale. Venditori ambulanti si offrivano di affilare coltelli e forbici, o cercavano d’interessare i passanti agli striminziti vassoi di frutta e di verdura, ma senza grandi risultati. Le botteghe di generi alimentari avevano la stessa misera esposizione di prodotti agricoli già vista a Baerlon. Anche i pescivendoli esponevano solo scarse quantità di pesce, pur con tutte le barche viste sul fiume. Non erano ancora giorni duri, ma chiunque capiva che cosa sarebbe accaduto, se la primavera non fosse venuta al più presto.

Al centro della città, nel punto dove l’arcata del Ponte Bianco toccava terra, c’era una grande piazza lastricata con pietre consumate da generazioni di piedi e di ruote di carro. Locande circondavano la piazza, e botteghe, e alte case di mattoni che sulla facciata avevano insegne con gli stessi nomi visti sulle carrozze in fondo al pontile. Thom entrò in una di queste locande, apparentemente scelta a caso. L’insegna raffigurava da un lato un uomo in cammino, con un fardello sulla schiena, e dall’altro lo stesso uomo con la testa sopra il guanciale: la locanda si chiamava Riposo dei Viandanti.

Nella sala comune c’erano solo il grasso locandiere che spillava birra da un barile e due uomini in rozzi abiti da portuale, seduti a un tavolo in fondo, che fissavano con aria torva il proprio boccale. Solo il locandiere sollevò lo sguardo, all’ingresso di Thom e dei due ragazzi. Un muretto alto a spalla d’uomo divideva per lungo la sala; ai due Iati c’erano camini accesi e tavoli. Rand si domandò oziosamente se tutti i locandieri erano grassi e perdevano i capelli.

Fregandosi vivacemente le mani, Thom scambiò col locandiere qualche commento sul freddo degli ultimi tempi e ordinò vino caldo speziato; poi, sottovoce, aggiunse: «Ci sarebbe un posto dove parlare in pace con i miei amici?»

Con un cenno il locandiere indicò il muretto divisorio. «Dall’altro lato è il meglio che ho, se non vuoi prendere una stanza. Serve per i marinai: a quanto pare, metà di loro ha rancori contro l’altra metà. Non voglio che le risse mi rovinino il locale, così li tengo separati.» Intanto aveva continuato a guardare il mantello di Thom e ora inclinò la testa, con una luce di furbizia negli occhi. «Ti fermi in città? È da tanto che qui non abbiamo un menestrello. La gente pagherebbe bene per distrarsi dalle preoccupazioni. Ti farei uno sconto sulla stanza e sui pasti.»

«Sei molto generoso» rispose Thom, con un inchino. «Forse accetterò l’offerta. Ma al momento vorrei starmene un po’ in privato.»

«Ti porterò il vino. Qui un menestrello guadagnerebbe dei bei soldi.»

Dall’altro lato del muretto i tavoli erano tutti vuoti, ma Thom ne scelse uno proprio in centro. «Così nessuno può ascoltare senza che ce ne accorgiamo» spiegò. «Avete sentito quel tipo? Mi farebbe lo sconto! Solo a star qui seduto, gli raddoppierei gli avventori. Un locandiere onesto offe ai menestrelli vitto e alloggio e anche qualche spicciolo.»

I tavoli, privi di tovaglia, non erano molto puliti; e sembrava che il pavimento non fosse stato spazzato da giorni, se non da settimane. Rand si guardò intorno, con una smorfia: mastro al’Vere non avrebbe lasciato che la sua locanda fosse così sudicia anche a costo di alzarsi dal letto se era ammalato. «Cerchiamo solo informazioni» disse. «L’hai dimenticato?»

«Perché proprio qui?» domandò Mat. «Siamo passati davanti ad altre locande che sembravano più pulite.»

«Dritto dal ponte, c’è la strada per Caemlyn» rispose Thom. «Chi attraversa Whitebridge passa da questa piazza, a meno che non vada per fiume. Se qui non ci sono notizie dei nostri amici, non ne troveremo da nessun’altra parte. Lasciate parlare me. Bisogna usare prudenza.»

In quel momento comparve il locandiere; reggeva per il manico, in una mano sola, tre boccali di peltro, assai ammaccati. Con uno straccio diede al piano del tavolo una rapida pulita, posò i boccali e prese il denaro di Thom. «Se ti fermi, da bere è gratis. Ho vino buono, qui.»

Thom sorrise solo con le labbra. «Ci penserò, locandiere. Che novità ci sono? Veniamo da fuori e non siamo aggiornati.»

«Grandi novità, ecco. Grandi novità.»

Si mise in spalla lo straccio e prese una sedia. Incrociò le braccia sul tavolo e si sedette con un sospirone, dicendo che era un sollievo, non stare in piedi per un poco. Si chiamava Bartim e continuò a parlare dei suoi piedi, dei calli e della borsite agli alluci, del tempo che passava in piedi e dei pediluvi, finché Thom accennò di nuovo alle novità e allora lui cambiò argomento senza neanche una pausa.

Le novità erano grandi, proprio come aveva detto. Logain, il falso Drago, era stato catturato, dopo una grande battaglia, nelle vicinanze di Lugard, mentre muoveva l’esercito dal Ghealdan a Tear. Le Profezie, chiaro? Thom annuì e Bartim riprese a raccontare. A meridione le strade erano piene di gente e i fortunati portavano in spalla tutto quel che possedevano. A migliaia fuggivano in tutte le direzioni.

«Nessuno, ovviamente, ha mai sostenuto Logain» ridacchiò Bartim. «Ben pochi ammetteranno adesso d’averlo sostenuto. Sono solo profughi, diranno, in cerca d’un posto sicuro finché durano i disordini.»

Le Aes Sedai erano implicate nella cattura di Logain, naturalmente. Bartim sputò per terra; e sputò di nuovo, quando disse che le Aes Sedai portavano a Tar Valon il falso Drago. Lui era un uomo per bene, disse, un uomo rispettabile, e le Aes Sedai potevano tornarsene nella Macchia dalla quale erano venute e portare con sé tutta Tar Valon, per quel che lo riguardava. Si sarebbe tenuto lontano dalle Aes Sedai almeno mille miglia, se avesse potuto fare a modo suo. Naturalmente lungo la strada si fermavano a ogni villaggio e città per mostrare Logain, a quanto si diceva. Per mostrare alla gente che il falso Drago era stato catturato e che il mondo era di nuovo salvo. A lui sarebbe piaciuto vedere la scena, anche se significava avvicinarsi alle Aes Sedai. Era quasi tentato di recarsi a Caemlyn.

«Lo portano lì per mostrarlo alla regina Morgase.» Il locandiere si toccò la fronte in segno di rispetto. «Non ho mai visto la regina. Ma un uomo dovrebbe vedere la propria regina, non credi?»

Logain poteva fare “certe cose": il modo come Bartim distolse lo sguardo e si umettò rapidamente le labbra rese chiaro a quali cose si riferiva. Due anni prima lui aveva visto l’ultimo falso Drago, quando lo mettevano in mostra per il paese, ma si era trattato solo di un poveraccio convinto di diventare re. Non c’era stato bisogno delle Aes Sedai, quella volta. I soldati l’avevano messo in catene, sopra un carro. Era un tipo dall’aria cupa, che gemeva al centro del pianale e si copriva la testa ogni volta che la gente gli tirava sassi o lo pungolava con un bastone. Di questi tormenti ne subiva parecchi e i soldati non facevano niente per impedirlo, purché la gente non uccidesse il falso Drago. Meglio far vedere che quello era un uomo come tutti gli altri. Lui non faceva “certe cose". Ma questo Logain sarebbe stato un vero spettacolo, da raccontare ai nipoti. Se solo lui, Bartim, avesse potuto lasciare la locanda.

Rand ascoltò con interesse, senza bisogno di fingere. Quando Padan Fain aveva portato a Emond’s Field la notizia d’un falso Drago in grado di usare realmente il Potere, era stata la più grossa novità dei Fiumi Gemelli negli ultimi due anni. Rand l’aveva accantonata in fondo al cervello, a causa degli avvenimenti successivi, eppure era il genere di notizia di cui la gente avrebbe parlato per anni e che avrebbe raccontato ai nipoti. Ai suoi, Bartim avrebbe detto di avere visto Logain, anche se non era vero.

«Sono notizie da cui varrebbe la pena ricavare una storia» disse Thom. «Una storia che racconterebbero per mille anni. Peccato non essere presente. Ma forse cercherò di vederlo. Non hai detto quale strada hanno preso. Per caso ci sono altri viandanti? Forse loro lo sanno.»

Bartim mosse la mano in un gesto di diniego. «Lo portano a settentrione, tutto qui. Se vuoi vederlo, vai a Caemlyn. Non posso dirti altro. E io so tutto quel che c’è da sapere, a Whitebridge.»

«Ne sono convinto» disse Thom, con calma. «Un mucchio di forestieri si fermerà qui da te. La tua insegna mi ha colpito da lontano.»

«I forestieri non vengono solo da ponente. Due giorni fa, qui c’era un tale di Illian, con un bando completo di nastri e di sigilli. L’ha letto proprio nella piazza qui fuori. Ha detto che farà tutta la strada fino alle Montagne di Nebbia, forse perfino all’oceano Aryth, se i passi sono aperti. Hanno inviato banditori in ogni paese del mondo.» Il locandiere scosse la testa. «Le Montagne di Nebbia. Dicono che sono coperte tutto l’anno e che nella nebbia ci sono cose che ti strappano la carne dalle ossa prima che tu possa fuggire.»

Mat ridacchiò e si guadagnò un’occhiataccia di Bartim.

Thom si sporse, attento. «Cosa diceva, il bando?»

«Ah, proclamava la Cerca del Corno, ovviamente» esclamò Bartim. «Non l’avevo detto? Chiamano a Illian chiunque voglia impegnare la propria vita alla Cerca. Ma te l’immagini? Impegnare la propria vita a una leggenda. Be’, qualche stupido lo troveranno. Di stupidi in giro ce n’è sempre. Questo tale sosteneva che sta per arrivare la fine del mondo. L’ultima battaglia contro il Tenebroso.» Ridacchiò, ma a denti stretti. «Immagino che secondo loro occorre trovare il Corno di Valere, prima che avvenga. Tu cosa ne pensi?» Per un momento si mordicchiò la nocca, pensieroso. «Certo, non so se potrei discutere con loro, dopo quest’inverno. L’inverno, e questo Logain, e gli altri due prima di lui. Come mai negli ultimi anni ci sono stati tanti Draghi? E l’inverno. Avrà certo un significato. Cosa ne pensi?»

Thom parve non udirlo. A voce bassa si mise a recitare fra sé:

Nell’ultima battaglia disperata

perché la lunga notte non discenda

monteranno la guardia le montagne

e correranno i morti alla difesa:

tomba infatti non sbarra il mio richiamo.

«Proprio questo.» Bartim sogghignò, come se già vedesse la folla pagare per ascoltare Thom. «Proprio questo. La grande Cerca del Corno. Se reciti questa ballata, la gente arriverà alle travi del soffitto. Tutti sanno del bando.»

Thom sembrava ancora lontano mille miglia; allora Rand disse: «Cerchiamo alcuni amici che venivano da queste parti. Da ponente. Sono passati molti forestieri, nelle ultime due settimane?»

«Alcuni» disse piano Bartim. «Ne vengono sempre, da levante e da ponente.» Li guardò in viso, uno alla volta, a un tratto sospettoso. «Che aspetto hanno, questi vostri amici?»

Rand aprì la bocca, ma Thom si scosse all’improvviso dalle sue fantasticherie e gli scoccò un’occhiataccia per zittirlo. Con un sospiro d’esasperazione, si rivolse al locandiere. «Due uomini e tre donne» disse, con riluttanza. «Forse insieme, forse no.» Li descrisse alla buona, con poche parole, sufficienti per identificarli senza rivelare chi fossero.

Bartim si lisciò la testa e si alzò lentamente. «Dimentica di tenere spettacolo qui, menestrello. Anzi, fammi il piacere di terminare il vino e andare via. Lascia Whitebridge, se sei furbo.»

«Altri hanno chiesto notizie di loro?» Thom bevve un sorso, come se la risposta fosse la cosa meno importante del mondo, e inarcò il sopracciglio nei confronti del locandiere.

Bartim tornò ad arruffarsi i capelli e cambiò posizione, sul punto di allontanarsi, poi annuì. «Circa una settimana fa, un tizio dall’aria subdola è giunto dal ponte. Matto, hanno pensato tutti. Borbottava in continuazione e non smetteva di agitarsi. Ha chiesto notizie delle stesse persone, come se fosse una questione importante; e poi si è comportato come se la risposta non gli interessasse. Per metà del tempo diceva di doverli aspettare qui e per l’altra metà di doversene andare in fretta. Un momento gemeva e supplicava, il momento dopo aveva pretese da re. Sono stato sul punto di suonargliele un paio di volte, matto o no. La Guardia voleva sbatterlo in prigione, per il suo bene. Quel giorno stesso è partito per Caemlyn, parlando tra sé e piangendo. Matto, come ho detto.»

Rand rivolse un’occhiata interrogativa a Thom e a Mat, ma tutt’e due scossero la testa. Anche se quel tipo dall’aria subdola li cercava, non lo conoscevano.

«Sei sicuro che volesse notizie delle stesse persone?» domandò Rand.

«Di alcune. Il guerriero e la donna vestita di seta. Ma non gli interessavano. Lui voleva tre ragazzi di campagna.» Rivolse a Rand e a Mat un’occhiata così rapida che Rand non fu sicuro di non essersela immaginata. «Li cercava disperatamente. Matto, ripeto.»

Con un brivido Rand si domandò chi fosse quel matto e perché li cercasse. Un Amico delle Tenebre? Ma Ba’alzamon si sarebbe servito di un pazzo?

«Lui era matto, ma l’altro...» Bartim roteò gli occhi e si umettò le labbra. «Il giorno dopo... L’altro giunse il giorno dopo.»

«L’altro?» lo incitò Thom.

Bartim si guardò intorno, anche se da quel lato del muro divisorio c’erano solo loro. Si alzò perfino in punta di piedi, per guardare dall’altra parte. Alla fine si decise a parlare, in fretta e in un bisbiglio.

«Tutto vestito di nero. Tiene il cappuccio calato sugli occhi, così non lo vedi in viso, ma senti che ti guarda e hai l’impressione d’avere un ghiacciolo nella schiena. Ha... ha parlato con me.» Trasalì e si fermò un istante a mordicchiarsi il labbro. «Sembrava il fruscio di un serpente che strisci tra foglie secche. Mi ha gelato le viscere. Ogni volta che torna, fa le stesse domande. Le stesse domande del matto. Mai nessuno lo vede arrivare: compare all’improvviso, di giorno o di notte, e ti gela dove sei. La gente comincia a guardarsi alle spalle. Peggio ancora, i guardiani dicono che non ha varcato nessuna delle porte, né all’andata né al ritorno.»

Rand si sforzò di mantenere uno sguardo assente; serrò i denti fino a sentire male. Mat si accigliò e Thom finse d’esaminare attentamente il boccale di vino. La parola che nessuno di loro voleva pronunciare rimase sospesa nell’aria. Myrddraal.

«Me ne ricorderei senz’altro, se avessi conosciuto un tipo del genere» disse Thom, dopo un minuto.

Bartim mosse furiosamente la testa. «Ah, ne sono più che convinto! Lui... vuole le stesse persone che cercava il matto, ma parla come se con loro ci fosse una ragazza. E...» scoccò a Thom un’occhiata di traverso «e un menestrello dai capelli bianchi.»

Thom sollevò di scatto le sopracciglia in quella che per Rand era sorpresa autentica. «Un menestrello dai capelli bianchi? Be’, non sono l’unico al mondo ad avere ormai una certa età. Ti assicuro, non conosco quel tipo e lui non ha motivo di cercare me.»

«Può darsi» replicò Bartim, torvo. «Non l’ha detto chiaramente, ma ho l’impressione che si arrabbierebbe con chi cercasse di aiutare quelle persone o di tenergliele nascoste. Comunque, ti dirò quel che ho detto a lui. Non ho visto nessuno di loro, e neppure ne ho sentito parlare, è la verità. Nessuno di loro» concluse, deciso. Sbatté sul tavolo il denaro di Thom. «Termina di bere e vattene. D’accordo?» Si allontanò in fretta, guardandosi indietro.

«Un Fade» mormorò Mat, quando il locandiere se ne fu andato. «Sapevo che ci avrebbero cercati qui.»

«E tornerà» disse Thom, sporgendosi sul tavolo e abbassando la voce. «Propongo di andare di nascosto alla barca e di accettare l’offerta di capitan Domon. La ricerca si concentrerà sulla strada per Caemlyn, mentre noi andremo a Illian, mille miglia da dove il Myrddraal ci aspetta.»

«No» disse Rand, deciso. «Aspettiamo Moiraine e gli altri qui a Whitebridge, oppure proseguiamo per Caemlyn. L’avevamo già deciso.»

«È una follia, ragazzo. La situazione è cambiata. Dammi ascolto. Non importa quel che dice il locandiere: se un Myrddraal lo fissa negli occhi, racconterà tutto, anche quello che abbiamo bevuto e quanta polvere avevamo sugli stivali.» Rand rabbrividì, ricordando lo sguardo fisso del Fade. «In quanto a Caemlyn... Credi che i Mezzi Uomini non sappiano che vuoi andare a Tar Valon? Sarebbe il momento migliore per stare su una barca diretta a meridione.»

«No, Thom» si costrinse a dire Rand, pur pensando quanto sarebbe stato bello trovarsi a mille miglia da dove i Fade lo cercavano; ma trasse un profondo sospiro e riuscì a rendere ferma la voce. «No» ripeté.

«Pensa, ragazzo, Illian! Non esiste città più maestosa sulla faccia della terra. E la grande Cerca del Corno! La prima, da quattrocento anni a questa parte. Un intero, nuovo ciclo di ballate. Pensaci. Non hai mai sognato cose simili. Prima che un Myrddraal immagini dove siamo andati, sarai vecchio e grigio e stanco di guardare i tuoi nipotini. Te ne fregherai se ti trova o no.»

«Quante volte devo dirti di no? Ci troveranno dovunque andiamo. Anche a Illian ci saranno Fade ad aspettarci. E come possiamo sfuggire ai sogni? Voglio sapere che cosa mi accade, Thom, e perché. Vado a Tar Valon. Con Moiraine, se possibile; senza, se necessario. Anche da solo. Devo sapere.»

«Ma Illian, ragazzo! È una via d’uscita sicura, lungo il fiume, mentre ci cercano in un’altra direzione. Sangue e ceneri, un sogno non può ucciderti.»

Rand rimase zitto. “Ah, un sogno non può uccidermi” pensò. “Ma la spina di un sogno fa uscire sangue vero?" Quasi rimpianse di non avere parlato a Thom anche di quel sogno. Ma aveva il coraggio di parlarne a qualcuno? Nei suoi sogni c’era Ba’alzamon; ma cosa c’era, adesso, tra il sogno e la veglia? A chi osava dire d’essere toccato dal Tenebroso?

Thom parve capire. Il suo viso si addolcì. «Perfino quei sogni, ragazzo. Sono soltanto sogni, no? Per amore della Luce, Mat, parlagli. Tu, almeno, non vuoi andare a Tar Valon, lo so.»

Mat arrossì, un po’ per l’imbarazzo, un po’ per la collera. Evitò di guardare Rand. «Come mai te la prendi tanto? Vuoi tornare alla barca? Tornaci! Baderemo a noi stessi.»

Il menestrello scosse le spalle in una risata silenziosa, ma rispose con voce tesa per la collera. «Credete di conoscere i Myrddraal tanto da sfuggire loro da soli? Siete pronti ad andare da soli a Tar Valon e presentarvi all’Amyrlin Seat? Riuscite a distinguere un’Ajah dall’altra? Luce santa, ragazzo! Se pensi di andare a Tar Valon da solo, mandami pure via.»

«Vattene» ringhiò Mat, infilando la mano sotto il mantello. Sbigottito, Rand capì che aveva afferrato il pugnale preso a Shadar Logoth e che forse era pronto a usarlo.

Dall’altra parte del muro divisorio provenne uno scoppio di risa rauche e si levò una voce sprezzante.

«Trolloc? Mettiti un manto da menestrello, amico! Sei ubriaco! Trolloc! Favole delle Marche di Confine!»

Quelle parole spensero l’ira come acqua fredda gettata sul fuoco. Perfino Mat si girò a mezzo verso il muro, sgranando gli occhi.

Rand si alzò quanto bastava a guardare al di là, poi tornò a sedersi, con un peso sullo stomaco. Dall’altra parte c’era Floran Gelb, al tavolo dei due avventori già presenti quando loro erano entrati. I due ridevano di Gelb, ma lo ascoltavano. Bartim puliva un tavolo che ne aveva gran bisogno, senza guardare Gelb e gli altri due, ma tendeva l’orecchio e continuava a sfregare sempre lo stesso punto, sporgendosi tanto da sembrare sul punto di cadere.

«Gelb» bisbigliò Rand. Gli altri si tesero. Thom esaminò in fretta la stanza.

Dall’altra parte del muro, una voce disse. «No, no, i Trolloc non esistono più. Li hanno uccisi tutti nelle Guerre Trolloc.»

«Favole delle Marche di Confine» ripeté il primo.

«È la verità, vi dico!» protestò Gelb. «Io ci sono stato, nelle Marche di Confine. Ho visto i Trolloc. E quelli erano Trolloc, com’è vero che sono seduto qui. Quei tre sostenevano che i Trolloc li inseguivano, ma io non mi lascio menare per il naso. Per questo non sono rimasto sulla Spray. Da tempo avevo sospetti su Bayle Domon, ma quei tre sono di sicuro Amici delle Tenebre. Vi dico...» Risate e battute rauche soffocarono il resto della frase di Gelb.

Quanto tempo sarebbe trascorso, si domandò Rand, prima che il locandiere sentisse la descrizione di “quei tre"? E facesse l’ovvio collegamento con i tre forestieri appena visti. L’unica porta della sala li avrebbe obbligati a passare proprio davanti al tavolo di Gelb.

«Forse la barca è davvero una buona idea» brontolò Mat, ma Thom scosse la testa.

«Non più, ora.» Il menestrello parlò in fretta, ma sottovoce. Estrasse il sacchetto di pelle ricevuto da capitan Domon e divise le monete in tre mucchietti uguali. «Entro un’ora la storia farà il giro della città, che la gente ci creda o meno, e il Mezzo Uomo potrebbe ascoltarla in qualsiasi momento. Domon non salpa prima di domattina. Nel migliore dei casi, i Trolloc gli daranno la caccia fino a Illian. Be’, non so per quale ragione, ma Domon sembrava aspettarselo; però a noi non sarà d’aiuto. Non ci resta che scappare, e in fretta.»

Mat intascò rapidamente le monete che Thom gli aveva spinto davanti. Anche Rand raccolse la sua parte. La moneta di Moiraine non era compresa nel mucchietto. Domon gli aveva dato lo stesso peso in pezzi d’argento, ma Rand, per motivi che non sapeva spiegarsi, avrebbe preferito avere la moneta dell’Aes Sedai. Intascò il denaro e rivolse al menestrello una muta domanda.

«Nel caso che ci separassimo» spiegò Thom. «Non è detto, ma se dovesse accadere... bene, ve la caverete da soli. Siete due ragazzi in gamba. Solo, tenetevi lontano dalle Aes Sedai, se vi è cara la pelle.»

«Credevo che restassi con noi» disse Rand.

«E resto, ragazzo. Ma sono assai vicini, adesso, e solo la Luce sa che cosa accadrà. Be’, non importa. È probabile che non accada niente.» Thom esitò, guardando Mat. «Mi auguro che non ti dispiaccia se sto con voi» disse ironicamente.

Mat scrollò le spalle. Guardò prima l’uno, poi l’altro, e ripeté il gesto. «Sono solo nervoso. Non riesco a tranquillizzarmi. Appena ci fermiamo a respirare, eccoli lì a darci la caccia. Mi sento come se a ogni istante qualcuno mi fissasse la nuca. Cosa facciamo?»

Dall’altro lato, scoppiarono nuove risate, interrotte da Gelb che cercava di convincere i due. Prima o poi, si disse Rand, Bartim avrebbe capito chi erano i tre di cui parlava Gelb.

Thom scostò la sedia e si alzò, ma si tenne chino. Chi per caso avesse guardato dalla parte del muro non l’avrebbe visto. Indicò ai ragazzi di seguirlo e mormorò: «Non fate rumore.»

Le finestre ai lati del camino davano su di un vicolo. Thom ne esaminò una attentamente, prima di aprirla quanto bastava a passare. Le risate e le discussioni dall’altra parte soffocarono ogni rumore.

Appena furono nel vicolo, Mat si diresse subito allo sbocco, ma Thom lo trattenne per il braccio. «Non avere tanta fretta» disse. «Ancora non sappiamo cosa fare.» Abbassò di nuovo il pannello della finestra, meglio che poteva dall’esterno, e si girò a esaminare il vicolo.

Rand seguì lo sguardo di Thom. A parte una decina di barili per la raccolta dell’acqua piovana, posti contro la parete della locanda e dell’edificio contiguo, la bottega d’un sarto, nel vicolo non c’era altro; il fondo di terra battuta era asciutto e polveroso.

«Perché vieni con noi?» domandò di nuovo Mat. «Saresti più al sicuro se ci lasciassi. Perché lo fai?»

Thom lo fissò per un momento. «Avevo un nipote, Owyn» disse con aria stanca, togliendosi il mantello. Lo mise insieme alle coperte e sopra vi posò i due astucci con gli strumenti. «Figlio unico di mio fratello, il mio solo parente ancora in vita. Si mise nei guai con le Aes Sedai, ma io ero troppo occupato con... con altre faccende. Non so cosa avrei potuto fare, ma quando alla fine intervenni, era troppo tardi. Owyn morì qualche anno dopo. Si potrebbe dire che le Aes Sedai lo uccisero.» Si raddrizzò, senza guardarli in viso. La voce era sempre calma, ma Rand gli scorse negli occhi le lacrime, mentre girava la testa. «Se riesco a tenervi alla larga da Tar Valon, forse smetterò di pensare a Owyn. Aspettatemi qui.» Andò in fretta all’imboccatura del vicolo, ma rallentò, prima di raggiungerla. Diede una rapida occhiata e uscì con indifferenza nella via. In breve era scomparso.

Mat si mosse per seguirlo, poi ci ripensò. «Questi non li lascerà di certo» disse, sfiorando gli astucci di cuoio. «Ci credi, a quella storia?»

Rand rimase accovacciato accanto ai barili. «Che ti succede, Mat? Sembri diverso. Da giorni non ti vedo ridere.»

«Non mi piace che mi diano la caccia come a un coniglio» sbottò Mat. Sospirò e appoggiò la testa al muro di mattoni della locanda. Anche così, sembrava tesissimo. E diffidente. «Scusa. Scappare sempre, e tutti questi estranei e... e tutto, ecco. Mi rende nervoso. Guardo una persona e non posso fare a meno di chiedermi se riferirà ai Fade dove siamo, o ci imbroglierà, o ci deruberà, o... Luce santa, Rand, non rende nervoso anche te?»

Rand si mise a ridere. «Sono troppo spaventato per essere nervoso.»

«Cosa avranno fatto le Aes Sedai a suo nipote?»

«Non so» rispose Rand, a disagio. C’era un solo tipo di guai in cui un uomo potesse cacciarsi, con le Aes Sedai. «Non è un caso come il nostro, immagino.»

«No. Non come il nostro.»

Per un poco restarono appoggiati al muro, senza dire niente. L’attesa durò forse pochi minuti, ma a loro parve un’ora: attesa che Thom tornasse, che Bartim e Gelb aprissero la finestra e li denunciassero come Amici delle Tenebre. Poi un uomo imboccò il vicolo: un uomo alto, col cappuccio tirato sugli occhi e il mantello nero come la notte, contro la luce della via.

Rand si tirò subito in piedi e strinse l’elsa della spada, con tanta forza da sentire male alle nocche. Aveva la gola secca e per quanto deglutisse non provò sollievo. Mat si acquattò, pronto a balzare; teneva la mano sotto il mantello.

L’uomo si avvicinò e Rand si tese. A un tratto lo sconosciuto si fermò e tirò indietro il cappuccio. Rand si sentì mancare le ginocchia. Ma era Thom.

«Bene, se non m’avete riconosciuto voi» sogghignò il menestrello «il travestimento basterà a varcare le porte.»

Passò davanti a loro e cominciò a trasferire nel nuovo mantello il contenuto delle tasche dell’altro, con tale sveltezza che Rand non riuscì a distinguere niente. Il mantello nuovo era marrone scuro, vide ora Rand. Marrone, non nero. Mat teneva ancora la mano sotto la giubba e fissava la schiena di Thom, come se pensasse di usare il pugnale.

Thom li guardò e tornò a fissarli più attentamente. «Non è il momento d’essere capricciosi» disse. Ripiegò a rovescio il vecchio mantello e lo avvolse intorno agli astucci degli strumenti, in modo che le toppe multicolori restassero nascoste. «Usciremo di qui uno per volta, distanziati quanto basta a non perderci di vista. Così non si ricorderanno di noi, forse.» Si rivolse a Rand. «Non puoi camminare un po’ gobbo? La tua altezza è evidente come una bandierina.» Si mise in spalla il fagotto e si raddrizzò, calandosi di nuovo il cappuccio. Era solo un viandante come tanti, troppo povero per permettersi un cavallo, per non parlare di un carretto. «Andiamo. Abbiamo già sprecato troppo tempo.»

Rand era più che d’accordo, ma esitò ugualmente, prima di lasciare il vicolo e uscire nella piazza. C’era poca gente, qua e là, ma nessuno li degnò di una seconda occhiata... anzi, la maggior parte non li guardò nemmeno; però Rand sentì un peso sulle spalle, in attesa del grido: «Amici delle Tenebre!», che avrebbe cambiato gente normale in una marmaglia assetata di sangue. Esaminò il tratto aperto e i passanti che si occupavano dei propri affari d’ogni giorno; quando tornò a guardare la piazza, c’era un Myrddraal a mezza strada.

Non aveva idea da dove fosse spuntato, ma avanzava verso di loro, con lentezza carica di minaccia, simile a un animale che avesse avvistato la preda. La gente si scansava dalla sagoma ammantata di nero ed evitava anche di guardarla. La piazza iniziò a svuotarsi.

Alla vista del mantello nero, Rand rimase inchiodato sul posto. Cercò di evocare il vuoto mentale, ma era come afferrare fumo. Lo sguardo del Fade gli penetrò fin nelle ossa e gli gelò il midollo.

«Non guardarlo in faccia» borbottò Thom, con voce rauca, come se forzasse le parole a uscirgli di bocca. «Luce santa, non guardarlo!»

Rand distolse lo sguardo... e quasi gemette: era come staccarsi dal viso una sanguisuga. Ma anche fissando le pietre della piazza, sentiva l’arrivo del Myrddraal, un gatto che giochi col topo e si diverta per i suoi deboli tentativi di fuga, prima di chiudere di scatto le fauci. Il Fade aveva dimezzato la distanza. «Restiamo piantati qui?» mormorò Rand. «Dobbiamo scappare... andare via.» Ma non riusciva a muovere i piedi.

Mat aveva infine estratto il pugnale e lo reggeva con mano tremante. Snudò i denti in un ringhio che era anche smorfia di terrore.

«Pensi...» Thom s’interruppe per deglutire e riprese con voce rauca. «Pensi di correre più velocemente di lui, ragazzo?» Cominciò a borbottare tra sé; Rand riuscì a distinguere solo una parola, Owyn. A un tratto Thom ringhiò: «Non avrei mai dovuto immischiarmi con voi ragazzi.» Si tolse di spalla il fagotto e lo cacciò fra le braccia di Rand. «Tienilo da conto. Quando vi dico di correre, scappate e non fermatevi finché non siete a Caemlyn. La Benedizione della Regina. Una locanda. Ricordate il nome, in caso... Niente, ricordate il nome e basta.»

«Non capisco» disse Rand. Ormai il Myrddraal era a meno di venti passi e lui si sentiva i piedi di piombo.

«Ricordalo e basta!» ringhiò Thom. «La Benedizione della Regina. E ora, CORRETE!»

Diede loro una spinta, una mano sulla schiena di ciascuno, per farli muovere. Rand si lanciò in una corsa a passo malfermo, con Mat a fianco.

«CORRETE!» Anche Thom si lanciò, con un lungo ruggito privo di parole. Non dietro di loro, ma verso il Myrddraal. Mosse le mani come se tenesse spettacolo, e vi comparvero dei coltelli. Rand si fermò, ma Mat lo tirò via.

Il Fade rimase altrettanto sorpreso. Si fermò di colpo. Mosse la mano verso l’elsa della spada appesa alla cintura, ma le lunghe gambe del menestrello coprirono rapidamente la distanza. Thom andò a urtare il Myrddraal prima che questi sguainasse la spada e caddero insieme in un mucchio. Le poche persone ancora nella piazza fuggirono.

«CORRETE!» Nell’aria balenò una luce azzurra che bruciava gli occhi e Thom cominciò a urlare, ma anche in quel grido riuscì a pronunciare una parola. «CORRETE!»

Rand ubbidì. Le grida del menestrello lo seguirono.

Stringendo al petto il fagotto di Thom, Rand corse più forte che poteva. Il panico si diffondeva dalla piazza alla città, mentre Rand e Mat correvano sulla cresta di un’onda di terrore. I bottegai abbandonarono le mercanzie, gli scuri coprirono con un tonfo le vetrine delle botteghe, facce atterrite comparvero alle finestre e subito scomparvero. Persone che non si erano trovate tanto vicino da vedere la scena scapparono di corsa per le vie, all’impazzata, senza badare a niente. Chi cadeva, si rialzava in fretta o finiva calpestato. Whitebridge reagiva come un formicaio preso a calci.

Mentre si avvicinava alle porte, Rand ricordò l’ammonimento di Thom. Non rallentò, ma ingobbì le spalle, senza dare l’impressione di farlo apposta. Le porte, massicci battenti di legno rinforzati con bande di ferro, erano spalancate. I due guardiani, in copricapo di metallo e cotta di maglia sopra dozzinali giubbe rosse col colletto bianco, tastarono l’alabarda e guardarono a disagio verso la città. Uno lanciò un’occhiata a Rand e a Mat, ma i due ragazzi non erano gli unici a uscire di corsa. Un flusso costante ribolliva attraverso le porte, uomini ansimanti che stringevano la moglie, donne in lacrime che portavano in braccio i figli più piccoli e tiravano per mano i più grandicelli, artigiani dal viso livido che non si erano nemmeno tolti il grembiule e stringevano ancora in mano gli inutili arnesi.

Nessuno avrebbe potuto dire da che parte erano andati, pensò Rand, correndo come intontito. Thom, santa Luce, Thom!

Mat barcollò accanto a lui, riprese l’equilibrio, e insieme corsero fino a lasciarsi indietro l’ultimo degli altri, finché la città e il Ponte Bianco non furono fuori vista.

Alla fine Rand cadde in ginocchio nella polvere, respirando con grande fatica. Più indietro, la strada deserta scompariva fra alberi spogli. Mat lo tirò per il braccio.

«Forza. Forza!» ansimò. Aveva il viso rigato di polvere e di sudore, sembrava sul punto di crollare. «Non dobbiamo fermarci!»

«Thom» disse Rand. Strinse il fagotto: gli astucci degli strumenti erano due blocchi duri, dentro il mantello. «Thom.»

«È morto. Hai visto il lampo. Hai udito le sue grida. Santa Luce, Rand, è morto!»

«Tu pensi ancora che Egwene e Moiraine e gli altri sono morti. Ma se sono morti, perché il Myrddraal li cerca? Rispondi.»

Mat si lasciò cadere sulle ginocchia accanto a lui. «E va bene. Forse sono ancora vivi. Ma Thom... L’hai visto anche tu! Sangue e ceneri, Rand, la stessa cosa può accadere anche a noi!»

Rand annuì lentamente. Dietro di loro, la strada era ancora deserta. Si era quasi aspettato... augurato, almeno... di veder comparire Thom, a grandi passi, sbuffando che lo mettevano sempre nei guai. Dovevano recarsi a quella locanda di Caemlyn. La Benedizione della Regina. Si tirò faticosamente in piedi e si mise in schiena anche il fagotto di Thom. Mat lo fissò con diffidenza.

«Andiamo» disse Rand. Si avviò in direzione di Caemlyn. Udì Mat brontolare e dopo un momento se lo trovò a fianco.

Procedettero sulla strada polverosa, a testa bassa, senza parlare. Il vento generava mulinelli di polvere che roteavano sul loro percorso. Rand si guardò spesso indietro, ma la strada era sempre deserta.

Загрузка...