Elayne finì di passare i cento colpi di spazzola con la mano sinistra, seduta sul materasso, quindi ripose l’oggetto nella piccola sacchetta da viaggio di pelle e rinfilò sotto il letto. Aveva mal di testa per aver trascorso un giorno a incanalare al fine di creare dei ter’angreal. Purtroppo, spesso solo ‘cercando’ di crearne uno. Nynaeve, in bilico sullo sgabello, aveva finito da tempo di spazzolare i capelli lunghi fino alla vita e aveva quasi terminato la treccia per andare a dormire. Il sudore le faceva brillare il viso.
Anche con la finestra aperta la piccola stanza era soffocante. La luna era enorme e si stagliava in un cielo pieno di stelle. Il moncone di candela procurava una luce intermittente. A Salidar le candele e le lampade a olio scarseggiavano; nessuna di loro otteneva molta luce la sera, a meno che non dovessero scrivere. La stanza era piena e avevano poco spazio per muoversi fra i due corti letti. La maggior parte dei loro beni era riposta in un paio di casse dai bordi di ottone. Gli abiti da Ammesse e i mantelli di cui adesso sicuramente non avevano bisogno erano appesi a dei ganci nel muro, sul quale i buchi nell’intonaco ingiallito mostravano i mattoni sottostanti. Un tavolino sbilenco era infilato fra i letti e un lavabo traballante si trovava nell’angolo, con una brocca bianca e un bacile, tutti scheggiati in più punti. Anche le Ammesse che venivano elogiate in continuazione non ottenevano favoritismi.
Un mazzetto di fiori selvatici avvizziti bianchi e azzurri — spinti dal caldo in una fioritura tardiva — spuntavano da un vaso giallo con il collo rotto, sistemato fra le due tazze di ceramica marrone appoggiate sul tavolo. Il solo altro tocco di colore era il passerotto a righe verdi infilato in una gabbia di vimini. Elayne gli stava curando l’ala spezzata. Aveva cercato di guarire un altro esemplare con le sue limitate conoscenze, ma gli uccelli canterini erano troppo piccoli per sopravvivere al colpo.
Non lamentarti, si disse con fermezza. Le Aes Sedai vivevano appena meglio, le novizie e i servitori appena peggio, e i soldati di Gareth Bryne dormivano in terra. Ciò che non può essere cambiato dev’essere sopportato. Lini glielo diceva sempre. Be’, a Salidar c’erano poche comodità e nessun lusso. Nemmeno il fresco.
Dopo essersi sfilata la sottoveste si soffiò sul corpo. «Dobbiamo arrivare prima di loro, Nynaeve. Sai cosa succede quando devono aspettare.»
Non c’era un filo di vento e l’aria secca pareva attirare il sudore da ogni poro. Doveva essere possibile fare qualcosa per il tempo. Se era vero che esistevano, le Cercavento del Popolo del Mare lo avrebbero già fatto, ma forse lei sarebbe riuscita a escogitare qualcosa, se solo le Aes Sedai le avessero concesso abbastanza tempo per allontanarsi dai ter’angreal. Come Ammessa in teoria avrebbe potuto studiare dove voleva, ma... Se pensassero che riesco a mangiare e allo stesso tempo mostrare loro come fare un ter’angreal, non avrei un solo minuto per me, si disse. Se non altro, il giorno seguente avrebbe avuto una pausa.
Una volta a letto Nynaeve fece una smorfia e giocò con il braccialetto a’dam che aveva al polso. Voleva che una di loro lo indossasse sempre, anche quando dormivano, benché provocasse sogni decisamente spiacevoli, ma non ce n’era un bisogno effettivo; l’a’dam avrebbe trattenuto Moghedien anche se fosse rimasto appeso a un gancio; e poi la Reietta condivideva un cubicolo con Birgitte, che era un’ottima guardia. Moghedien singhiozzava ogni volta che Birgitte cambiava espressione. Non voleva che la Reietta vivesse e aveva tutti i motivi per vederla morta, cosa che la donna sapeva molto bene. Quella notte il bracciale sarebbe stato meno utile del solito.
«Nynaeve, staranno aspettando.»
Nynaeve tirò sonoramente su con il naso — non le piaceva essere richiamata o ricevere ordini — ma prese uno dei due anelli piatti di pietra appoggiato sul tavolo fra i letti. Entrambi troppo larghi per il suo dito, uno era striato e screziato di blu e marrone, l’altro blu e rosso, ciascuno ritorto in modo tale da avere un solo lato. Nynaeve sciolse il laccio di cuoio che aveva attorno al collo e aggiunse l’anello blu e marrone vicino a un altro, pesante e d’oro. Il sigillo di Lan. Lo toccò con dolcezza prima di infilarli entrambi sotto la camicia da notte.
Elayne prese quello blu e rosso, guardandolo corrucciata. Gli anelli erano ter’angreal, lei aveva creato imitazioni di un gioiello che adesso era in possesso di Siuan e, malgrado l’aspetto semplice, erano incredibilmente complessi. Dormire con uno di quegli oggetti a contatto della pelle trasportava nel tel’aran’rhiod, il Mondo dei Sogni, un riflesso del mondo reale. Forse di tutti i mondi; alcune delle Aes Sedai sostenevano che esistessero molti mondi, come se dovessero esistere tutte le varianti del Disegno e che tutti i mondi insieme creassero un Disegno ancora più grande. La cosa importante era che il tel’aran’rhiod rappresentava il riflesso di questo mondo e aveva delle caratteristiche molto utili. Specialmente visto che la Torre non sapeva come accedervi, per quanto erano riuscite a scoprire. Nessuno di questi anelli funzionava bene come l’originale, ma era comunque efficace. Elayne stava migliorando; di quattro tentativi per produrne una copia, solo uno era stato un fallimento. Una media assai migliore rispetto agli oggetti che creava di sana pianta. Cosa sarebbe successo se uno dei suoi fallimenti avesse fatto di peggio che limitarsi a non funzionare, o non funzionare bene? Alcune Aes Sedai erano rimaste quietate per studiare i ter’angreal. Bruciate, così veniva definito quando capitava accidentalmente, ma era comunque uno stato definitivo. Nynaeve non ne era convinta, ma non sarebbe stata contenta fino a quando non avesse guarito una persona morta da tre giorni.
Elayne si fece girare l’anello fra le dita. L’effetto era semplice da capire, ma ‘come’ e ‘perché’ ancora le sfuggivano. Quelle erano le chiavi della comprensione. Con gli anelli riteneva che sia i colori che la forma avessero un significato — ogni altra cosa che non fosse un anello ritorto non funzionava e quello che era emerso dalla fabbricazione tutto blu procurava solo incubi terribili — ma non era certa di come riprodurre il rosso, il blu e il marrone originali. Eppure la struttura delle sue copie era la stessa, e identico era il modo in cui le piccole parti che li componevano, troppo piccole per essere viste anche con l’Unico Potere, erano disposte. Perché i colori erano importanti? Pareva vi fosse un comune filo conduttore per le piccole strutture dei ter’angreal che richiedevano di incanalare e un altro per quelli che usavano il Potere — imbattersi in tale scoperta le aveva permesso di tentare la creazione di ter’angreal originali — ma c’era così tanto che lei non sapeva, così tanto che stava solo indovinando.
«Hai deciso di restartene lì seduta tutta la notte?» chiese acida Nynaeve, facendo sobbalzare Elayne. Nynaeve appoggiò una delle tazze sul tavolo e andò a letto, con le mani incrociate sullo stomaco. «Sei stata tu a dire che non dovevamo farle aspettare. Per quanto mi riguarda, non ho voglia di dare la possibilità a quelle galline di beccarmi la coda.»
Elayne si mise rapidamente l’anello punteggiato — non era davvero pietra, anche se lo era stata all’inizio — dopo averla infilato in un cordoncino che si passò attorno al collo. Anche nella seconda tazza c’era della mistura che Nynaeve aveva preparato, leggermente addolcita con il miele per mitigarne il sapore amaro. Elayne ne bevve la metà. Dopo le esperienze passate sapeva che era sufficiente per aiutarla a dormire anche con il mal di testa. Era una di quelle nottate in cui non poteva permettersi di indugiare.
Si distese sul lettino e incanalò brevemente per spegnere la candela, quindi sventolò la sottoveste per rinfrescarsi un po’. Be’, almeno aveva mosso l’aria. «Spero che Egwene si senta meglio. Sono stanca delle briciole d’informazioni che Sheriam e le altre ci concedono. Voglio sapere cosa sta succedendo!»
Aveva toccato un argomento pericoloso. Egwene aveva subito una ferita un mese e mezzo prima a Cairhien, il giorno che Moiraine e Lanfear erano morte. Il giorno in cui era scomparso Lan.
«Le Sapienti dicono che sta migliorando» mormorò Nynaeve assonnata, al buio. Per una volta non aveva parlato come se avesse appena fatto il solito collegamento con Lan. «Questo è quanto Sheriam e il suo circoletto sostengono e, se anche potessero, non hanno alcun motivo di mentire.»
«Be’, domani sera mi piacerebbe poter guardare da dietro le spalle di Sheriam.»
«Tanto vale desiderare...» Nynaeve si fermò per sbadigliare. «...Già che ci siamo, tanto vale desiderare che il Consiglio ti elegga Amyrlin. Questo lo farei avverare volentieri. Quando avranno scelto qualcuno, avremo entrambe i capelli grigi.»
Elayne aprì la bocca per rispondere, ma anche le sue parole diventarono uno sbadiglio. Nynaeve iniziò a russare, non forte ma in maniera costante. Elayne chiuse gli occhi, ma cercò di mantenere la concentrazione sui suoi pensieri.
Il Consiglio era lento, le Adunanti si incontravano per meno di un’ora e a volte non si riunivano affatto. Pareva che non avessero motivo di sbrigarsi, sebbene le Adunanti delle sei Ajah — a Salidar ovviamente non c’erano Rosse — non riferissero alle altre Aes Sedai cos’avevano discusso in riunione, e tantomeno lo avrebbero fatto con delle Ammesse. Sicuramente avevano bisogno di affrettarsi. Anche se le loro intenzioni rimanevano ancora segrete, il loro nascondiglio non lo era più. Elaida e la Torre non le avrebbero ignorate per sempre. Oltre quello, i Manti Bianchi in Amadicia dovevano essere solo a pochi chilometri di distanza e avevano cominciato a circolare delle voci sulla presenza dei fautori del Drago in Altara, proprio in quella regione. Solo la Luce sapeva cosa avrebbero potuto fare i fautori del Drago che non erano sotto il controllo di Rand. Il Profeta era un buon esempio — o meglio, un esempio terrificante. Sommosse, case e fattorie incendiate, persone assassinate per non aver mostrato abbastanza fervore nel sostenere il Drago Rinato.
Il russare di Nynaeve ricordava il rumore dei panni strappati, ma in lontananza. Elayne sbadigliò ancora, si voltò su un fianco e sprimacciò il cuscino. Un altro motivo affrettarsi. Sammael si era piazzato a Illian e loro si trovavano a poche centinaia di chilometri dal confine, troppo vicino, visto che si trattava di un Reietto. Solo la Luce sapeva dove si nascondessero gli altri Reietti, o cosa stessero progettando. E Rand; sicuramente si stavano concentrando su Rand. Lui non era un pericolo. Non avrebbe mai potuto esserlo, ma era pur sempre la chiave di tutto; adesso il mondo si piegava davvero attorno a lui. Sarebbe riuscita a legarlo in qualche modo. Min doveva trovarsi con la sua ambasciata ad almeno metà strada fra Salidar e Caemlyn. Non c’era la neve a rallentarle. Avrebbero dovuto viaggiare ancora un altro mese, ma non si preoccupava del fatto che Min stesse andando da Rand. Cosa stava pensando di fare il Consiglio? Min. Il sonno la colse e scivolò nel tel’aran’rhiod...
...trovandosi in piedi nella strada principale della silenziosa Salidar avvolta dalla notte, con la grande luna sopra la testa. Poteva vedere abbastanza bene, più di quanto la sola luce lunare avrebbe permesso. C’era sempre un senso di luce nel Mondo dei Sogni, proveniente da ovunque e nessun luogo, come se l’oscurità risplendesse. Ma in fondo i sogni erano così e quello era un sogno, anche se non ordinario.
Il villaggio in quel luogo rispecchiava la vera Salidar, ma era una strana copia, più tranquilla di come sarebbe stato in realtà. Ogni finestra era scura e ovunque c’era un’aria di vuoto, come se gli edifici fossero disabitati. Chiaramente nessuno viveva in quel luogo. Il grido acuto di un uccello notturno rispose al richiamo di un altro, seguito da un terzo, e qualcosa fece uno strano rumore frusciante mentre fuggiva in quella luce strana, ma le stalle erano vuote, come le linee di picchetto fuori dal villaggio e le radure dove le pecore e i vitelli venivano riuniti. C’erano molte creature selvagge, ma nessuna domestica. I dettagli cambiavano da una prospettiva all’altra; gli edifici con il soffitto di paglia erano gli stessi, ma un secchio d’acqua poteva apparire leggermente spostato o scomparire, una porta prima aperta adesso era chiusa. Più un oggetto era effimero nel mondo reale, più la posizione e la condizione erano soggette al cambiamento e il riflesso era meno fermo.
Nelle strade scure si vedeva del movimento occasionale, qualcuno che appariva e svaniva dopo qualche passo, o che a volte fluttuava a mezz’aria come se volasse. Tel’aran’rhiod poteva essere toccato dai sogni di molte persone, ma solo brevemente. Il che era una fortuna. Un’altra qualità del Mondo dei Sogni era che quanto accadeva alle persone in quel luogo permaneva nel mondo reale. Se si moriva in sogno, non ci si sarebbe risvegliati. Uno strano riflesso. Solo il caldo era identico.
Nynaeve stava in piedi, impaziente accanto a Siuan e Leane con indosso il vestito bianco da Ammessa con l’orlo decorato dalle bande colorate. Portava anche il braccialetto d’argento, benché da lì non funzionasse nel mondo reale; manteneva prigioniera Moghedien, ma Nynaeve, fuori dal corpo, non provava nulla attraverso di esso. Leane era snella e regale, anche se a parere di Elayne l’abito vagamente opaco di seta tipico delle Domanesi sminuiva la naturale eleganza della donna. Il colore continuava a cambiare; il tipo di cosa che accadeva a chi ancora non aveva raggiunto un controllo ottimale. Siuan era più brava. Aveva addosso un semplice abito di seta azzurra con la scollatura rotonda non molto profonda, che mostrava il cerchio di pietra appeso a un laccio. A volte però sul vestito appariva del merletto e la collana si trasformava da una semplice catena d’argento in un gioiello elaborato, intarsiato di rubini o gocce di fuoco e smeraldi montati in oro, con degli orecchini ad accompagnarlo, per poi ritornare a essere una semplice catena.
Quello che aveva Siuan attorno al collo era l’anello originale; lei pareva consistente come gli edifici che la circondavano. Elayne si vedeva altrettanto solida, ma sapeva che agli occhi delle altre appariva nebulosa, come Nynaeve e Leane. Sembrava quasi di poter vedere la luce lunare trapelare attraverso di loro. Ecco cosa succedeva nell’usare una copia. Percepiva la Vera Fonte ma, nella sua condizione, saidar emanava una sensazione tenue. Se avesse tentato d’incanalare, avrebbe ottenuto scarsi risultati. Con l’anello che usava Siuan sarebbe stato diverso, ma quello era il prezzo da pagare per possedere dei segreti che qualcun’altra conosceva e che non si voleva venissero svelati. Siuan si fidava più dell’originale che delle copie di Elayne, quindi lo usava — a volte lo faceva anche Leane — mentre Elayne e Nynaeve, che potevano usare saidar, usufruivano delle copie.
«Dove sono?» chiese Siuan. La scollatura continuava a cambiare profondità. Adesso il vestito era verde, la collana un filo di pietre di luna. «Già è terribile che vogliano inserire un remo nel mio lavoro e dirigerlo dove vogliono; adesso mi fanno anche aspettare.»
«Non capisco perché ti disturba che vengano» le disse Leane. «Ti piace vederle commettere degli errori. Non sanno la metà di quanto credono.» Per un istante il suo vestito divenne quasi trasparente; una collana intrecciata di perle le apparve attorno al collo e svanì. Lei non se ne accorse neppure. Aveva anche meno esperienza di Siuan.
«Ho bisogno di dormire sul serio» mormorò Siuan. «Bryne sta cercando di farmi rimanere senza fiato. Ma devo aspettare per mezza serata i comodi di donne che trascorrono parte della notte a ricordare come si cammina. Per non parlare del fatto di dover stare con quelle due.» Guardò torva Elayne e Nynaeve, quindi alzò gli occhi al cielo.
Nynaeve si afferrò la treccia con fermezza, a riprova del suo cattivo umore. Per una volta Elayne fu totalmente d’accordo con lei. Era molto difficile essere un’insegnante con delle studentesse che credevano di sapere più di quanto non sapessero in realtà ed era molto più facile che queste richiamassero le insegnanti anziché il contrario. Ma chiaramente le altre erano peggio di Siuan e Leane. Dov’erano le altre? Videro del movimento in fondo alla strada. Sei donne, circondate dal bagliore di saidar che non svaniva. Come sempre, Sheriam e il resto del suo consiglio si erano sognate nelle loro stanze da letto e ne erano uscite. Elayne non era certa di quanto avessero capito sugli attributi del tel’aran’rhiod. In ogni caso, spesso insistevano nel voler fare le cose a modo loro anche quando c’erano sistemi migliori. Chi poteva saperne più di un’Aes Sedai?
Le sei Sorelle erano davvero delle principianti nel tel’aran’rhiod, e i loro abiti cambiavano ogni volta che Elayne le guardava. La prima portava lo scialle ricamato delle Aes Sedai, con le frange del colore dell’Ajah di appartenenza e con la Fiamma Bianca di Tar Valon, una grande goccia dietro la schiena, poi furono in quattro a indossarlo, quindi nessuna. A volte avevano addosso un leggero mantello da viaggio, come per tenere lontana la polvere, con la Fiamma dietro la schiena e ricamata sopra il seno sinistro. I volti privi dei segni dell’età non accennavano di soffrire il caldo — le Aes Sedai non lo facevano mai — e non mostravano alcun segno che fossero consapevoli dei cambiamenti d’abito.
Le donne parevano nebulose, come Nynaeve o Leane. Sheriam e le altre riponevano maggior fede nei ter’angreal che facevano sognare che non negli anelli. Non sembrava avessero voglia di credere che il tel’aran’rhiod non avesse nulla a che fare con l’Unico Potere. Elayne non capiva chi stesse usando le copie. Tre di loro dovevano avere dei piccoli dischi di quello che una volta era stato ferro, iscritti su entrambi i lati con una stretta spirale e alimentati da flussi di Spirito, il solo dei Cinque Poteri che poteva essere incanalato durante il sonno. Non in quel luogo, però. Le altre tre avevano una piccola placca di ambra, con una donna addormentata all’interno. Anche se avesse avuto tutti e sei i ter’angreal davanti a sé, Elayne non sarebbe stata capace di riconoscere i due originali; quelle copie erano venute molto bene. Ma erano comunque delle copie.
Mentre le Aes Sedai percorrevano la strada di terra battuta, sentì uno stralcio della loro conversazione, anche se non ne capì il senso.
«...disprezzeranno la nostra scelta, Carlinya,» stava dicendo Sheriam «ma lo faranno qualsiasi sarà la nostra decisione. Tanto vale che le rispettiamo. Non hai bisogno che ti elenchi tutti i motivi ancora una volta.»
Morin, una robusta Sorella Marrone che aveva i capelli striati di grigio, sbuffò. «Dopo tutto il lavoro che abbiamo fatto con il Consiglio, sarà difficile far cambiare loro idea.»
«Perché dovrebbe importarci, finché nessun governante s’impunta?» intervenne Myrelle accorata. La più giovane delle sei, non era Aes Sedai da molti anni, ma pareva decisamente irritata.
«Quale governante avrebbe osato?» chiese Anaiya, con il tono di una donna che chiedeva quale bambino si sarebbe permesso di macchiare di fango il tappeto. «In ogni caso, nessun re o regina ne sa abbastanza di quanto sta accadendo fra le Aes Sedai. Devono interessarci solo le opinioni delle Sorelle, non le loro.»
«Ciò che mi preoccupa» rispose fredda Carlinya «è che se si lascerà guidare facilmente da noi, potrebbe essere guidata anche dalle altre.» La pallida Bianca dagli occhi quasi neri era sempre fredda, qualcuno avrebbe detto gelida.
Di qualunque cosa stessero parlando, non era nulla che volessero discutere davanti a Elayne e le altre; si zittirono non appena le raggiunsero.
La reazione di Siuan e Leane davanti alle nuove venute era stata quella di mettersi schiena contro schiena, come se avessero avuto uno scambio di opinioni interrotto dall’arrivo delle Aes Sedai. Elayne controllò il vestito. Era il giusto abito bianco con le bande di colore. Non sapeva come rapportarsi alla sua capacità di apparire nell’abito giusto senza riflettere; avrebbe scommesso che Nynaeve aveva dovuto cambiare abito non appena apparsa. Ma Nynaeve era molto più intrepida di lei, lottava per superare limiti che Elayne conosceva appena. Come sarebbe riuscita lei a governare Andor? Se la madre era morta. Se...
Sheriam, un po’ rotonda e con gli zigomi alti, rivolse gli occhi verdi a mandorla verso Siuan e Leane. Per un istante le apparve addosso lo scialle con le frange azzurre. «Se voi due non imparate ad andare d’accordo, giuro che vi manderò entrambe da Tiana.» Sembrava qualcosa che diceva spesso ma senza intenzione.
«Avete lavorato assieme per molto tempo» aggiunse Beonin con un forte accento del Tarabon. Era una bella Grigia con i capelli biondo miele acconciati in una moltitudine di trecce e i cui occhi grigio azzurri sembravano sempre stupiti. Nulla però sorprendeva Beonin. Non avrebbe creduto che il sole sorgesse al mattino fino a quando non l’avesse visto di persona, ma se una mattina non fosse sorto, Elayne dubitava che Beonin si sarebbe scomposta. La cosa avrebbe solo confermato che aveva ragione a volere delle prove. «Voi potete e dovete lavorare di nuovo insieme.»
Pareva che Beonin lo avesse detto molto spesso, tanto da non pensarci quasi più. Tutte le Aes Sedai si erano abituate a Siuan e Leane. Avevano cominciato a occuparsi di loro come se fossero due ragazze che non potevano smettere di litigare. Le Aes Sedai avevano la tendenza a vedere tutte le altre donne come delle bambine. Anche quelle due una volta erano state Sorelle.
«Mandale da Tiana oppure non farlo,» scattò Myrelle «ma non parlarne.» Elayne non pensava che la bella donna scura fosse arrabbiata con Leane e Siuan. Forse con niente o nessuno in particolare. Era di umore volubile, al punto da spiccare anche fra le Verdi. Il vestito di seta color oro divenne a collo alto, con un ovale ritagliato sulla scollatura che esponeva il solco dei seni; portava una strana collana, come un grande collare d’argento che supportava tre piccoli pugnali, con le impugnature che convergevano nella scollatura. Un quarto pugnale apparve e scomparve con tale velocità che avrebbe potuto averlo immaginato. Guardò Nynaeve dall’alto in basso come se cercasse dei difetti. «Andiamo alla Torre, sì o no? Se dobbiamo fare tutto questo, tanto vale che provvediamo a realizzare qualcosa di utile finché ci siamo.»
Elayne sapeva con chi era arrabbiata Myrelle. Quando lei e Nynaeve erano arrivate a Salidar, avevano incontrato ogni sette giorni Egwene nel tel’aran’rhiod per condividere quanto avevano scoperto. Cosa che non era sempre stata facile, visto che ogni volta Egwene veniva accompagnata da almeno una delle donne Aiel camminatrici dei sogni con le quali stava studiando. Incontrarla senza una Sapiente o due era stato difficile. In ogni caso, era tutto finito quando avevano raggiunto Salidar. Le sei Aes Sedai del Consiglio di Sheriam avevano presieduto agli incontri, quando avevano avuto solo i tre ter’angreal originali e poca conoscenza del tel’aran’rhiod: sapevano come raggiungerlo. Proprio in quei giorni Egwene si era ferita e, come risultato, le Aes Sedai erano rimaste da sole ad affrontare le Sapienti, due gruppi di donne orgogliose e risolute, ognuna sospettosa su quanto volevano le altre, nessuna che desiderasse cedere un millimetro o piegare il collo.
Elayne ovviamente non sapeva cosa accadesse durante quelle riunioni, ma aveva le sue esperienze da fare, e da Sheriam e le altre raccoglieva degli stralci di informazioni. Le Aes Sedai erano certe di poter imparare di tutto quando scoprivano che c’era qualcosa da imparare, richiedendo di solito il rispetto dovuto a una regina e aspettandosi sempre di sentire ciò che volevano senza ritardi o discussioni. Dovevano aver chiesto risposte su tutto, da ciò che Rand poteva avere in mente a quando Egwene sarebbe stata abbastanza bene da ritornare nel Mondo dei Sogni, se fosse possibile spiare i sogni della gente nel tel’aran’rhiod, entrare fisicamente nel Mondo dei Sogni, o portare qualcuno nei sogni contro la sua volontà. Avevano chiesto anche se fosse possibile influenzare il mondo reale con le azioni compiute nei sogni, una cosa dichiarata impossibile senza però che ne fossero convinte. Morin aveva letto qualcosa del tel’aran’rhiod, abbastanza da rivolgere molte domande, anche se Elayne sospettava che Siuan avesse collaborato. Secondo lei Siuan bramava di partecipare alle riunioni, ma le Aes Sedai sembravano convinte di averle fatto già abbastanza concessioni permettendole di usare l’anello come aiuto. L’interferenza delle Aes Sedai nel suo lavoro le dava sui nervi.
Per quanto riguardava le Aiel... Sapienti — le camminatrici dei sogni, Elayne le ricordava ancora dai propri incontri — non solo sapevano tutto ciò che c’era da sapere del Mondo dei Sogni, ma lo consideravano una faccenda privata e riservata. Non apprezzavano la gente ignorante e avevano un modo duro di reagire a ciò che ritenevano una sciocchezza. Inoltre erano un gruppo silenzioso, molto leali a Rand, non particolarmente desiderose di svelare troppo sul suo conto se non che era vivo, o che Egwene sarebbe tornata nel tel’aran’rhiod quando si fosse ripresa, e per niente disposte a rispondere alle domande che ritenevano inopportune. Questo significava che ritenevano inadeguate alle risposte le Aes Sedai che ponevano tutte quelle domande, o pensavano che i quesiti, le risposte o entrambi violassero in qualche modo la loro strana filosofia sull’onore e i doveri. Elayne non ne sapeva molto dei ji’e’toh se non che esistevano e che le inducevano a un comportamento molto particolare e permaloso.
Era davvero la ricetta ideale per un disastro, ed Elayne pensava che molto probabilmente quel piatto veniva servito fresco ogni sette giorni, almeno dal punto di vista delle Aes Sedai.
All’inizio Sheriam e le altre cinque avevano avuto bisogno di lezioni ogni notte, ma adesso erano scese a solo due volte la settimana. Esse si svolgevano una la notte prima dell’incontro con le Sapienti, come se avessero voluto accordare lo strumento delle loro conoscenze all’ultimo momento prima di una gara. La seconda lezione aveva luogo la notte seguente, di solito a bocca chiusa, come se cercassero di capire cosa fosse andato storto o come risolverlo. Myrelle probabilmente stava già meditando sul disastro che sarebbe accaduto l’indomani.
Morvrin si voltò verso Myrelle e aprì la bocca, ma fra loro apparve d’improvviso un’altra donna. Elayne ci mise un istante per riconoscere Gera, una delle cuoche, con i lineamenti privi dei segni dell’età. Aveva lo scialle dalle frange verdi con la Fiamma Bianca di Tar Valon sulla schiena e appariva grossa la metà di quanto lo fosse in realtà. Sollevò un dito ammonitore verso le Aes Sedai e... scomparve.
«Così questi sono i suoi sogni, eh?» osservò Carlinya con freddezza. Il vestito bianco candido aveva le maniche che arrivavano a coprire le mani, mentre il collo alto arrivava sotto al mento. «Qualcuna dovrebbe parlarle.»
«Lascia perdere, Carlinya» rise Anaiya. «Gera è una brava cuoca. Lasciala sognare. Posso capire le sue motivazioni.» Di colpo divenne magra e alta. I lineamenti non cambiarono molto; aveva la stessa faccia materna di sempre. Rise e riprese il suo aspetto normale. «Non riesci a vedere mai il lato divertente delle cose, Carlinya?» Anche il rumore con il naso che la donna fece a mo’ di risposta parve freddo.
«Chiaramente» intervenne Morvrin «Gera ci ha viste, ma se ne ricorderà?» Gli occhi neri, quasi d’acciaio, erano pensierosi. Il vestito, di semplice lana scura, era il più fermo fra quelli delle sei. I dettagli cambiavano, ma di poco, ed Elayne non riusciva a notare in cosa fosse davvero diverso.
«Certo che lo farà» rispose acida Nynaeve. Lo aveva già spiegato diverse volte. Le sei Aes Sedai la guardarono sollevando le sopracciglia, e Nynaeve moderò il tono. In parte. Odiava strofinare le pentole. «Se ricorderà il sogno, ricorderà anche voi. Ma solo come un sogno.»
Morvrin aggrottò le sopracciglia. Era seconda solo a Beonin nel pretendere delle prove. L’aria insofferente di Nynaeve l’avrebbe messa nei guai, qualunque tono di voce avesse usato. Prima che Elayne potesse dire qualcosa per distogliere l’attenzione delle Aes Sedai da Nynaeve, Leane parlò con un’espressione prossima a un sorriso affettato.
«Non pensate che adesso dovremmo andare?»
Siuan tirò su con il naso davanti a tanta timidezza e Leane la guardò dura. «Ma sì, vorrete avere il massimo del tempo disponibile nella Torre» aggiunse Siuan, diffidente, e stavolta fu Leane a tirare su con il naso.
Recitavano molto bene. Sheriam e le altre non sospettavano che fossero ben più di due donne domate aggrappate a uno scopo che forse le avrebbe tenute in vita, appese ai brandelli di ciò che una volta erano state. Le vedevano come due donne che si punzecchiavano in maniera infantile. Le Aes Sedai invece avrebbero dovuto rammentare che Siuan aveva avuto la reputazione di possedere una forte volontà, e di essere una manipolatrice subdola; in forma minore, la cosa valeva anche per Leane. Se si fossero presentate unite, mostrando i loro veri volti, le sei avrebbero ricordato e avrebbero analizzato seriamente ogni cosa che avessero proposto le due. Ma divise, piene di rancore reciproco, mentre strisciavano ai piedi delle Aes Sedai senza neanche rendersene conto... Quando l’una era costretta con riluttanza a concordare con quanto aveva detto l’altra, qualsiasi affermazione acquisiva maggior peso. Quando una obbiettava su argomenti chiaramente frivoli, ottenevano lo stesso risultato. Elayne sapeva che stavano usando quel trucco per guidare Sheriam e le altre a sostenere Rand. Avrebbe solo voluto sapere per quali altri scopi lo stessero applicando.
«Hanno ragione» rispose Nynaeve con fermezza, rivolgendo a Siuan e Leane un’occhiata di disgusto. La loro finzione la disturbava moltissimo; lei non avrebbe strisciato per salvarsi la vita. «Ormai dovreste sapere che più tempo trascorrete qui, meno riposo otterrete. Dormire mentre ci si trova nel tel’aran’rhiod non ristora come il sonno ordinario. Ricordatevi che se vedete qualcosa d’insolito dovrete essere prudenti.» Odiava dover ripetere le cose — lo palesava chiaramente nel tono di voce — ma Elayne doveva ammettere che con quelle donne era necessario fin troppo spesso. Se solo non fosse sembrato che Nynaeve stesse parlando a delle bambine sciocche. «Quando qualcuna si sogna nel tel’aran’rhiod, come per esempio Gera, mentre sta avendo un incubo, a volte questo resta nel Mondo dei Sogni ed è molto pericoloso. Evitate ogni cosa che appare insolita. E cercate di controllare i vostri pensieri. Ciò che pensate nel Tel’aran’rhiod potrebbe avverarsi. Il Myrddraal che l’ultima volta è spuntato all’improvviso dal nulla avrebbe potuto essere il residuo di un incubo, ma io credo che una di voi si sia messa a immaginare certe cose. Se ricordate, stavate parlando dell’Ajah Nera e discutendo se stessero facendo entrare la progenie dell’Ombra nella Torre o meno.» Come se non avesse già combinato un disastro, aggiunse: «Domani non darete un’impressione positiva alle Sapienti se farete apparire un Myrddraal all’improvviso.» Elayne fece una smorfia.
«Bambina,» le disse gentilmente Anaiya, sistemandosi lo scialle con le frange azzurre che adesso pendeva dietro le spalle «hai fatto davvero un buon lavoro, ma questo non ti permette di usare quel tono di voce stizzoso.»
«Ti sono stati concessi alcuni privilegi,» aggiunse Myrelle, nient’affatto gentile «ma sembra tu abbia dimenticato che sono solo privilegi.» Quello sguardo avrebbe dovuto essere sufficiente a far tacere Nynaeve. Myrelle era diventata sempre più dura con la donna, nelle ultime settimane. Anche lei portava lo scialle. Lo facevano tutte; brutto segno.
Morvrin sbuffò irritata. «Quando ero Ammessa, qualsiasi ragazza si fosse rivolta alle Aes Sedai in quel modo avrebbe trascorso un mese a strofinare pavimenti, fosse anche stata promossa Aes Sedai il giorno seguente.»
Elayne parlò rapidamente, sperando di riuscire a bloccare la loro rovina. Nynaeve aveva assunto quella che probabilmente riteneva un’espressione pacifica, ma che invece sembrava capricciosa e ostinata. «Sono certa che non avesse cattive intenzioni, Aes Sedai. Abbiamo lavorato sodo. Vi prego, perdonateci.» Usare il plurale avrebbe potuto essere d’aiuto, visto che lei non aveva fatto nulla. Porse avrebbero strofinato i pavimenti entrambe. Se non altro, Nynaeve la guardò. E iniziò a ragionare, almeno in apparenza, visto che la sua espressione cambiò e stavolta sembrò davvero calma, facendo una riverenza con lo sguardo rivolto a terra come se si vergognasse. Forse era vero. Elayne proseguì come se l’altra si fosse scusata e le scuse fossero state accettate. «So che volete trascorre più tempo possibile nella Torre, quindi penso che non dovremmo indugiare ulteriormente. Volete visualizzare tutte lo studio di Elaida come avete fatto l’ultima volta?» A Salidar non la chiamavano mai Amyrlin Seat, e quindi anche lo studio dell’Amyrlin Seat aveva cambiato nome. «Concentratevi tutte, così arriveremo insieme.»
Anaiya fu la prima ad annuire, ma anche Carlinya e Beonin si lasciarono fuorviare.
Non era chiaro se fossero loro dieci a muoversi o il tel’aran’rhiod a mutare. Potevano essere vere tutte e due le cose, dal poco che ne capiva Elayne. Il Mondo dei Sogni era infinitamente malleabile. Un istante erano in piedi in strada a Salidar, e l’istante successivo in una grande stanza decorata. Le Aes Sedai erano soddisfatte, ancora inesperte, e gioivano quando le cose andavano come dovevano.
Con la stessa esattezza con cui tel’aran’rhiod rifletteva il mondo reale, quella stanza mostrava il potere delle donne che l’avevano occupata negli ultimi tremila anni. Le lampade dorate erano spente ma c’era luce, nel modo curioso tipico di tel’aran’rhiod e dei sogni. L’alto camino era di marmo dorato di Kandor, il pavimento di granito lucido delle montagne della Nebbia. Le pareti erano state ricoperte relativamente di recente — solo mille anni — da pannelli di legno chiaro, striato e inciso con bestie e uccelli meravigliosi che Elayne era certa fossero usciti direttamente dall’immaginazione dell’artista. La pietra bianca e rilucente circondava le finestre che introducevano al balcone affacciato sul giardino privato dell’Amyrlin; quella pietra era stata presa da una città anonima sommersa dal Mare delle Tempeste durante la Frattura del Mondo e nessuno ne aveva mai trovata di simile altrove. Ogni donna che usava la stanza lasciava su di essa un segno distintivo, anche se solo per il tempo in cui l’occupava, ed Elaida non aveva fatto eccezione. Dietro una grande scrivania decorata con dei motivi di triplici anelli collegati fra loro, si trovava una grande sedia simile a un trono, con la Fiamma Bianca di Tar Valon in avorio inserita nello schienale. Il piano del tavolo era libero, con l’eccezione di tre scatole laccate dell’Altara, alla stessa distanza una dall’altra. Un vaso bianco era appoggiato sopra una colonnina dello stesso colore contro la parete. Nel vaso vi erano delle rose, il cui numero e colore cambiava a ogni sguardo, ma che erano sempre disposte con un ordine rigido. Rose in quel periodo dell’anno, con quel tempo! Era stato sprecato l’Unico Potere, per farle crescere. Elaida aveva fatto lo stesso quando era stata consigliera della madre di Elayne.
Sopra il camino era appeso un quadro in stile moderno dipinto su tela, due uomini che combattevano fra le nuvole e scagliavano fulmini. Uno dei due aveva il volto di fuoco e l’altro era Rand. Elayne all’epoca si era trovata a Falme; il dipinto non si discostava molto dalla verità. Uno squarcio nella tela davanti al viso di Rand era stato riparato fin quasi a essere invisibile. Gli era stato scagliato contro qualcosa di pesante. Chiaramente Elaida voleva qualcosa che le ricordasse sempre il Drago Rinato, e altrettanto chiaramente non era contenta di guardarlo.
«Se volete scusarmi,» disse Leane prima che tutte finissero di compiacersi «devo controllare se la mia gente ha ricevuto i messaggi.» Ogni Ajah esclusa la Bianca aveva una rete di occhi e orecchie sparsa per la nazione, come del resto molte delle singole Aes Sedai, ma Leane era una rarità, forse unica in quell’attività, in quanto Custode a suo tempo aveva creato una rete anche a Tar Valon. Svanì non appena ebbe finito di parlare.
«Non dovrebbe andarsene in giro da sola» osservò Sheriam esasperata. «Nynaeve, vai con lei. Stalle vicino.» Nynaeve tirò la treccia. «Non penso...»
«È una cosa che fai spesso» la interruppe Myrelle. «Per una volta fai ciò che ti è stato detto e quando ti viene ordinato, Ammessa.»
Dopo aver scambiato delle occhiate sarcastiche con Elayne, Nynaeve annuì, trattenendo visibilmente un sospiro, quindi scomparve. In quel caso Elayne provava poca simpatia per lei. Se Nynaeve non le avesse fatte arrabbiare a Salidar forse sarebbe stato possibile spiegare che Leane poteva trovarsi in ogni punto della città, che era quasi impossibile rintracciarla e che si era avventurata da sola nel tel’aran’rhiod per settimane.
«Adesso cerchiamo di scoprire il possibile» disse Morvrin, ma prima che una di loro potesse muoversi, Elaida apparve dietro al tavolo e le fissò furiosa.
Una donna dal viso ostinato e severo, attraente ma non bella, scura di capelli e di occhi, Elaida aveva addosso un abito rosso sangue con la stola colorata dell’Amyrlin Seat sulle spalle. «Come avevo previsto» intonò. «La Torre Bianca sarà di nuovo unita sotto il mio comando. Sotto il mio comando!» Quindi indicò il pavimento con durezza. «Inginocchiatevi, chiedete perdono per i vostri peccati!» Detto questo, scomparve.
Elayne sospirò e fu grata di scoprire che non era stata la sola.
«Una premonizione?» La fronte di Beonin si riempì di rughe a causa del dubbio. La voce non era preoccupata, ma avrebbe potuto esserlo. Elaida era in grado di prevedere gli eventi, anche se non con regolarità. Quando una donna con quel dono aveva una premonizione, questa di solito si avverava.
«Un sogno» spiegò Elayne, sorprendendosi per la fermezza della sua voce. «Dorme e sogna. Non c’è da stupirsi se sogna che le cose vadano come vuole lei.» Ti prego, Luce, fa’ che sia vero, pensò.
«Avete notato la stola?» chiese Anaiya senza rivolgersi a nessuna in particolare. «Non c’era la banda azzurra.» Nella stola dell’Amyrlin in teoria avrebbero dovuto esserci sette bande di colore, una per ogni Ajah.
«Un sogno» ripeté atona Sheriam. Non pareva spaventata, ma aveva lo scialle con le frange azzurre sulle spalle e lo stringeva, come anche Anaiya.
«Che lo fosse o meno,» intervenne placida Morvrin «tanto vale che facciamo quello per cui siamo venute.» Non erano molte le cose che spaventavano Morvrin. L’improvvisa attività scatenata dalle parole della Sorella Marrone rese di colpo chiaro quanto fossero rimaste tutte di ghiaccio. Lei, Carlinya e Anaiya andarono a leggere in anticamera, dove c’era la scrivania della Custode, Alviarin Freidhen, stranamente una Bianca, anche se la Custode di solito proveniva sempre dalla stessa Ajah dell’Amyrlin. Siuan le fissava come se volesse metterle alla prova. Sosteneva che c’era da imparare più dalle carte di Alviarin che da quelle di Elaida. A volte pareva che la Custode ne sapesse più della donna che in teoria doveva servire, e per due volte Siuan aveva trovato le prove che Alviarin aveva dato ordini contrari a quelli di Elaida, apparentemente senza alcuna ripercussione. Ovviamente non aveva detto a Elayne o Nynaeve di quali ordini si trattasse. C’erano dei limiti precisi a quanto Siuan volesse condividere.
Sheriam, Beonin e Myrelle si riunirono davanti alla scrivania di Elaida, aprirono una delle scatole laccate e iniziarono a frugare fra le carte che conteneva. Elaida custodiva lì la sua corrispondenza recente e i documenti. La scatola, decorata con dei falchi dorati che volavano fra le nuvole bianche in un cielo azzurro, si chiudeva di colpo ogni volta che una delle donne lasciava il coperchio, fino a quando non si ricordarono che dovevano tenerlo aperto, e i documenti cambiavano dopo che li avevano letti. La carta era un materiale decisamente effimero. I versi di frustrazione e i sospiri annoiati delle donne non impedivano loro di perseverare.
«Ecco un rapporto di Danelle» disse Myrelle esaminando veloce la pagina. Siuan tentò di unirsi a loro — Danelle, una giovane Marrone, aveva partecipato al complotto per deporla — ma Beonin le rivolse un’occhiata severa e la respinse in un angolo. Beonin aveva riportato l’attenzione sulla scatola e i documenti prima che Siuan avesse fatto pochi passi; le altre due donne non le prestarono alcuna attenzione. Myrelle continuò a parlare. «Sostiene che Martin Stepanoes accetta senza restrizioni. Roedran ancora tenta di soddisfare tutte le parti mentre Alliandre e Tylin vogliono più tempo per riflettere sulle risposte. C’è una nota scritta con la grafia di Elaida. ‘Fai pressione!’» Schioccò la lingua mentre il rapporto si dissolveva fra le sue mani. «Non diceva su cosa, ma possono esserci solo due alternative da considerare.» Martin Stepanoes era il re di Illian e Roedran del Murandy, mentre Alliandre era regina del Ghealdan e Tylin di Altara. Il soggetto doveva essere Rand e le Aes Sedai che si opponevano a Elaida.
«Almeno sappiamo che le nostre emissarie hanno ancora le stesse opportunità di Elaida» osservò Sheriam. Salidar chiaramente non aveva inviato nessuna di loro da Mattin Stepanoes. Lord Brend del Consiglio dei Nove, Sammael, era il vero potere a Illian. Elayne avrebbe dato oro per scoprire cosa Elaida avesse proposto al Reietto per convincerlo a sostenerla, o meglio, per far sì che lui convincesse Martin Stepanoes. Era certa che le tre Aes Sedai avessero lo stesso pensiero, ma proseguirono afferrando i documenti dalla scatola laccata.
«Il mandato d’arresto per Moiraine vale ancora» disse Beonin, scuotendo il capo mentre il foglio che teneva fra le mani scompariva di colpo. «Non sa ancora che è morta.» Fece una smorfia nell’osservare le pagine e le lasciò cadere; si sparsero come foglie e si dissolsero in aria prima di depositarsi sul tavolo. «Elaida vuole ancora costruirsi un palazzo.»
«Vorrebbe» la corresse secca Sheriam. Agitò la mano che stringeva quella che sembrava un breve appunto. «Shemerin è fuggita. L’Ammessa Shemerin.»
Le tre lanciarono un’occhiata a Elayne prima di ritornare alla scatola, che dovettero aprire di nuovo. Nessuna fece commenti sulle puntualizzazioni di Sheriam.
Elayne era prossima a digrignare i denti. Lei e Nynaeve le avevano avvisate che Elaida stava degradando Shemerin, una Gialla, al grado di Ammessa, ma non le avevano credute. Un’Aes Sedai poteva essere condannata a una punizione, poteva essere cacciata, ma non poteva essere degradata o quietata. Però, evidentemente Elaida lo stava facendo, qualunque cosa sostenesse la legge della Torre. Forse stava riscrivendo le leggi.
Diverse cose che avevano riferito a quelle donne non erano state credute. Delle ragazze così giovani, Ammesse, non potevano saperne abbastanza del mondo da capire cosa fosse possibile e cosa no. Le giovani credevano a tutto, erano facili da ingannare. Potevano vedere e credere cose che non esistevano. Fu uno sforzo non battere il piede in terra. Le Ammesse imparavano ciò che le Aes Sedai erano disposte a insegnare e non chiedevano ciò che le Aes Sedai avevano deciso di non concedere. Come le scuse. Mantenne il viso impassibile, ma dentro ribolliva.
Siuan non sentiva questi obblighi. Quando le Aes Sedai non la guardavano, le osservava furiosa. Ovviamente, se una delle tre si girava nella sua direzione il viso diventava remissivo in un attimo. In questo era molto brava. Un leone sopravvive se si comporta da leone, aveva detto una volta a Elayne, e un topo comportandosi da topo. Ciò nonostante, Siuan come topo era incerta e riluttante.
Elayne aveva l’impressione che fosse preoccupata. Quel compito era stato di Siuan da quando aveva provato alle Aes Sedai che poteva usare l’anello senza correre rischi — dopo delle lezioni segrete che lei e Leane avevano preso da Nynaeve ed Elayne — come fonte di informazioni. Aveva impiegato del tempo prima di riprendere contatto con gli occhi e le orecchie sparsi per la nazione e far partire i rapporti dalla Torre verso Salidar. Se Sheriam e le altre volevano toglierle l’incarico, Siuan sarebbe diventata meno utile. Nella storia della Torre la rete di agenti era sempre stata guidata da una Sorella, e Siuan era venuta a Salidar con tutte le conoscenze degli occhi e orecchie dell’Ajah Azzurra che aveva guidato prima di diventare Amyrlin Seat. Beonin e Carlinya erano apertamente riluttanti all’idea di dover dipendere da una donna che non era più una di loro e le altre non la pensavano molto diversamente. Per dire la verità, nessuna di loro si sentiva a suo agio con una donna che era stata quietata.
Elayne non poteva farci nulla. Forse per le Aes Sedai era una lezione, magari lo pensavano, ma sapeva dalle esperienze precedenti che se avesse cercato di insegnare loro qualcosa senza che le fosse richiesto, le avrebbero tirato le orecchie. Era presente per rispondere alle domande, se ne avessero avute, e niente più. Pensò a uno sgabello — apparve, con le zampe decorate da tralci di vite — e si sedette ad aspettare. Una sedia sarebbe stata più comoda, ma avrebbe potuto scatenare commenti. Un’Ammessa seduta comodamente era spesso considerata un’Ammessa che non aveva molto da fare. Dopo un istante, Siuan fece lo stesso. Rivolse a Elayne un breve sorriso teso — e alle Aes Sedai un’occhiataccia.
La prima volta che Elayne aveva visitato quella stanza nel tel’aran’rhiod aveva visto un semicerchio di sgabelli, circa una dozzina, disposti davanti al tavolo decorato. A ogni visita ne aveva trovati sempre meno, e adesso non ce n’era nessuno. Era certa che indicasse qualcosa, anche se non immaginava cosa. Era convinta che Siuan pensasse la stessa cosa e molto probabilmente ne aveva anche scoperto la ragione, ma, se ciò era vero, non l’aveva condivisa con Elayne e Nynaeve.
«I combattimenti nello Shienar e nell’Arafel stanno diminuendo» mormorò Sheriam quasi a se stessa. «Ma qui non c’è nulla che spieghi perché sono iniziati. Solo delle schermaglie, ma gli uomini delle Marche di Confine non si scontrano fra loro. Devono badare alla Macchia.»
«Almeno quella è tranquilla» intervenne Myrelle. «Forse troppo. Non può durare. È un bene che Elaida abbia molti occhi e orecchie nelle Marche di Confine.» Siuan riuscì a fondere un fremito e un’occhiata maligna diretta alle Aes Sedai. Elayne non pensava che fosse ancora riuscita a prendere contatto con nessuna delle sue agenti nelle Marche di Confine; erano molto lontane da Salidar.
«Mi sentirei meglio se si potesse fare lo stesso a Tarabon.» La pagina fra le mani di Beonin divenne lunga e larga, lei la guardò, tirò su con il naso e la mise da parte. «Gli occhi e le orecchie a Tarabon ancora tacciono. Tutti. Le sole notizie che Elaida ha ricevuto da lì riguardano voci sull’Amadicia, che ritiene le Aes Sedai coinvolte nella guerra.» Scosse il capo all’assurdità di trasporre certe voci sulla carta. Le Aes Sedai non si facevano coinvolgere nelle guerre civili. Se non altro, non così apertamente da farsi scoprire. «E a quanto pare, dall’Arad Doman non ci sono più di una manciata di rapporti confusi.»
«Scopriremo molto presto da sole cosa sta succedendo a Tarabon» intervenne Sheriam per calmare gli animi. «Dovremo attendere solo poche settimane.»
La ricerca proseguì per ore. I documenti non mancavano; non riuscivano mai a svuotare le scatole laccate. A volte il mucchio di fogli aumentava man mano che leggevano. Solo i documenti brevi resistevano abbastanza a lungo da essere letti per intero, ma occasionalmente una lettera o un rapporto che erano stati già visionati, ritornavano nella scatola. Il tempo trascorse in silenzio anche se di tanto in tanto si sentivano dei commenti; alcuni documenti venivano discussi dalle Aes Sedai. Siuan stava giocherellando, apparentemente senza prestare loro alcuna attenzione. Elayne avrebbe tanto voluto essere capace di fare lo stesso, o meglio ancora le sarebbe piaciuto leggere — ai suoi piedi apparve un libro, I viaggi di Jain Farstrider, prima che lo facesse scomparire, ma le donne che non erano Aes Sedai avevano libertà maggiori di quelle in fase di addestramento. Comunque aveva scoperto qualcosa solo ascoltando.
Il coinvolgimento delle Aes Sedai a Tarabon non era la sola voce che avevano scoperto fra le carte di Elaida. Il raduno che Pedron Niall aveva organizzato per i Manti Bianchi aveva scatenato ogni tipo di storia, inclusa la sua presa del trono di Amadicia — cosa che sicuramente non gli era necessaria — la repressione delle guerre e dell’anarchia a Tarabon e Arad Doman, fino al supporto a Rand. Elayne avrebbe creduto quest’ultima parte quando il sole fosse sorto a ovest. C’erano rapporti su strani eventi a Illian e Cairhien — forse ce ne erano stati altri, ma questi erano i soli che avessero visto — villaggi impazziti, incubi che se ne andavano in giro alla luce del giorno, vitelli a due teste che parlavano, progenie dell’Ombra che appariva dall’aria. Sheriam e le altre due lessero in fretta; erano lo stesso tipo di racconti che giungevano a Salidar da parti dell’Altara e del Murandy o da oltre il fiume dell’Amadicia. Le Aes Sedai li consideravano fenomeni isterici a seguito della scoperta dell’esistenza del Drago Rinato. Elayne invece non ne era certa. Aveva assistito a eventi che quelle donne non immaginavano, anche se avevano anni di esperienza. Si diceva che sua madre stesse riunendo un esercito a est di Andor — sotto l’antica bandiera del Manetheren, di tutte quelle possibili! — come anche che fosse prigioniera di Rand o fuggita in tutte le nazioni, incluse le Marche di Confine e l’Amadicia, cosa totalmente inimmaginabile. La Torre non pareva credere a nessuna di queste versioni. Elayne avrebbe tanto voluto sapere a cosa credere. Smise di chiedersi dove fosse la madre quando Sheriam pronunciò il suo nome. Non stava parlando con lei; stava leggendo in fretta un pezzo di carta quadrato che divenne una lunga pergamena con tre sigilli in calce. Le Aes Sedai dovevano trovare Elayne Trakand e farla tornare a ogni costo alla Torre Bianca. Se ci fossero stati altri pasticci, quelle che fallivano avrebbero ‘invidiato la donna Macura’. Fu un concetto che diede i brividi a Elayne. Mentre viaggiavano verso Salidar, una donna di nome Ronde Macura era quasi riuscita a spedirle alla Torre come dei sacchi di bucato. La casata che governava Andor, lesse Sheriam, era ‘la chiave’, una frase che non aveva senso. La chiave di cosa?
Nessuna delle Aes Sedai guardò nella sua direzione. Si scambiarono delle occhiate e proseguirono con quanto stavano facendo. Forse si erano dimenticate di lei, o forse no. Le Aes Sedai avevano i loro sistemi. Proteggerla dalla nuova Amyrlin era una loro decisione, e se invece avessero stabilito per qualche motivo di consegnarla legata come un salame a Elaida, anche quella sarebbe stata una loro scelta. «Il luccio non chiede alla rana il permesso di mangiarla» ricordò, uno dei proverbi di Lini.
La risposta di Elaida all’amnistia di Rand era chiara. Elayne poteva quasi vedere le pieghe nelle lettere, il momento in cui le aveva strette fra le mani con l’intenzione di strapparle, quindi le aveva rimesse a posto infilandole nella scatola. La rabbia di Elaida era quasi sempre fredda. Su quel documento non aveva scritto nulla, ma su un altro aveva scarabocchiato delle parole che elencavano le Sorelle presenti nella Torre e rendevano chiaro come fosse quasi pronta a dichiarare pubblicamente che chiunque non avesse obbedito ai suoi ordini di fare ritorno alla Torre sarebbe stata considerata una traditrice. Sheriam e le altre due discutevano con calma le possibili conseguenze. Indipendentemente da quante Sorelle avessero deciso di obbedire, qualcuna avrebbe dovuto viaggiare molto; alcune forse non avevano ancora ricevuto la convocazione. In ogni caso, un tale decreto avrebbe confermato al mondo le voci sulla divisione della Torre. Elaida doveva essere prossima al panico per prendere in considerazione una cosa simile, o altrimenti pazza oltre ogni limite.
Elayne provò un brivido lungo la schiena che non aveva nulla a che vedere con la possibile paura o furia di Elaida. Duecentonovantaquattro Aes Sedai nella Torre supportavano Elaida. Quasi un terzo del totale, quasi quante se ne erano riunite a Salidar. Forse il meglio che potevano aspettarsi era che il resto si dividesse fra i due gruppi. Era la migliore delle ipotesi. Dopo la fuga iniziale, il numero di quelle che si erano recate a Salidar era diminuito. Forse lo stesso valeva per il flusso delle donne che tornavano alla Torre. Potevano sperarlo.
Per un breve periodo cercarono in silenzio, quindi Beonin si lasciò sfuggire un’esclamazione: «Elaida! Ha inviato delle emissarie da Rand al’Thor!» Elayne balzò in piedi e rimase in silenzio a un cenno di Siuan, bloccato da una leggera incertezza.
Sheriam cercò di prendere il foglio con la notizia, ma si divise in tre prima che potesse toccarlo. «Dove le sta inviando?» chiese, mentre Myrelle domandava: «Quando hanno lasciato Tar Valon?» Adesso la serenità era appesa a un filo.
«A Cairhien» rispose Beonin. «E, se era menzionato, non ho visto quando. Ma sicuramente, non appena scopriranno dove si trova, si recheranno a Caemlyn.»
Anche così, era un bene; forse avrebbero impiegato un mese a viaggiare da Cairhien a Caemlyn. L’ambasciata di Salidar lo avrebbe raggiunto per prima. A Salidar, Elayne aveva una mappa stracciata riposta sotto al materasso e ogni giorno segnava quanto credeva si fossero avvicinate a Caemlyn le loro emissarie.
La Sorella Grigia non aveva ancora finito. «Sembra che Elaida voglia offrire il suo supporto. E una scorta fino alla Torre.» Sheriam sollevò le sopracciglia.
«Ma è assurdo.» Le guance olivastre di Myrelle divennero scure. «Elaida era una Rossa.» Un’Amyrlin apparteneva a tutte le Ajah e a nessuna, ma non riusciva mai ad abbandonare davvero quella di provenienza.
«Quella donna farebbe di tutto» rispose Sheriam. «Forse Rand potrebbe trovare attraente l’idea di un supporto della Torre.»
«Potremmo mandare un messaggio a Egwene tramite le donne aiel» suggerì Myrelle dubbiosa. Siuan tossì forte e simulando, ma Elayne ne aveva abbastanza. Avvisare Egwene era vitale, quello era chiaro — la commissione di Elaida l’avrebbe di sicuro trascinata alla Torre se l’avesse scoperta a Cairhien, e certo non l’avrebbero accolta gentilmente — ma il resto... «Come potete pensare che Rand darebbe ascolto a qualsiasi proposta di Elaida? Credete non sappia che apparteneva all’Ajah Rossa o non conosca il significato di quel colore? Non le offriranno supporto, e lo sapete. Dobbiamo avvisarlo!» Era una frase contraddittoria e se ne rendeva conto, ma la preoccupazione aveva prevalso sul silenzio. Sarebbe morta se fosse successo qualcosa a Rand.
«E cosa suggerisci di fare, Ammessa?» chiese Sheriam con freddezza.
Elayne temeva di assomigliare a un pesce, a bocca spalancata. Non aveva idea di cosa rispondere. Fu salvata da un grido in lontananza, seguito da diversi lamenti nell’anticamera. Si trovava vicina alla porta e la oltrepassò, con le altre alle calcagna.
La stanza era vuota, a eccezione della scrivania della Custode, con la pila ordinata di carte, pergamene e documenti e una fila di sedie per le persone in attesa di parlare con Elaida. Anaiya, Morvrin e Carlinya erano sparite, ma una delle alte porte che si aprivano sull’esterno si stava ancora richiudendo. Sheriam, Myrelle e Beonin fecero quasi cadere Elayne nella fretta di raggiungere il corridoio. Sembravano nebulose, ma al tatto erano molto solide.
«State attente» gridò Elayne, ma non poté fare altro che tirare su la gonna e seguirle il più rapidamente possibile, insieme a Siuan. Entrarono in un’autentica scena da incubo.
A circa trenta passi alla loro destra il corridoio con gli arazzi si era trasformato in una caverna che pareva proseguire per sempre, illuminata dalla luce tenue e rossastra dei fuochi e dei bracieri sparsi. C’erano Trolloc ovunque, grandi sagome quasi umane, i volti anch’essi fin troppo umani deformati da musi bestiali, grugni e becchi, corna, zanne o creste di piume. Quelli in lontananza parevano più indistinti degli altri, solo parzialmente formati, mentre quelli vicini erano dei giganti grandi due volte un uomo, più grossi di ogni Trolloc, tutti vestiti di pelle e cotte di maglia con degli spuntoni neri, che ululavano e saltellavano attorno ai fuochi e ai calderoni, o a delle rastrelliere e delle strane comici piene di chiodi e sagome di metallo.
Era davvero un incubo, anche se peggiore di quanto Elayne avesse mai sentito raccontare da Egwene o le Sapienti. Una volta libere dalla mente che le aveva create, quelle creature a volte penetravano nel Mondo dei Sogni e restavano bloccate in un certo posto. Le camminatrici dei sogni aiel le distruggevano con indifferenza quando le incontravano; loro — ed Egwene — le avevano spiegato che la cosa migliore da fare quando ne vedeva qualcuno era evitarli. Purtroppo, quando Nynaeve lo aveva spiegato, Carlinya non era stata ad ascoltare.
La Sorella Bianca era legata e pendeva appesa per le caviglie a una catena, che scompariva nel buio sopra di lei. Agli occhi di Elayne il bagliore di saidar ancora la circondava, ma Carlinya si dibatteva in preda al panico e gridava mentre veniva sollevata lentamente verso un grande calderone pieno di olio bollente.
Mentre Elayne correva nel corridoio, Anaiya e Morvrin si bloccarono nel punto in cui si trasformava di colpo in una caverna. Si fermarono solo per un attimo, poi improvvisamente le forme caliginose si allungarono verso il confine, come fumo risucchiato da una ciminiera. Non appena lo raggiunsero si trovarono all’interno, e Morvrin gridò mentre un Trolloc faceva girare una grande ruota nera che la tirava con forza dalle estremità; Anaiya invece era appesa per i polsi con un Trolloc che le danzava attorno, sferzandola con una frusta dalle punte di metallo che squarciavano l’abito.
«Dobbiamo legarci» disse Sheriam, e il bagliore che la circondava si unì con quello di Myrelle e Beonin. Anche in questo modo non si avvicinava allo splendore di quello che si formava attorno a una sola donna nel mondo reale
«No!» gridò Elayne pressante. «Non dovete accettarlo come se fosse vero. Dovete trattarlo come...» afferrò il braccio di Sheriam, ma il flusso di Fuoco che avevano intessuto, tenue anche con il legame, toccò la linea che divideva il sogno dall’incubo. Il flusso svanì in quel punto come se l’incubo l’avesse assorbito e, nello stesso momento, le tre Aes Sedai vennero risucchiate, come nebbia spazzata dal vento. Ebbero tempo solo di gridare dallo stupore prima di toccare il confine e svanire. Sheriam riapparve all’interno dell’incubo, con la testa che spuntava da una specie di campana di ferro. I Trolloc manovravano le maniglie e le leve fuori del marchingegno, mentre i capelli rossi di Sheriam ondeggiavano selvaggi e la donna gridava sempre più forte. Non vi era segno delle altre due, ma a Elayne pareva di sentire delle urla lontane, qualcuna che implorava: «No!» ripetutamente, mentre un’altra chiedeva aiuto.
«Ti ricordi quanto ti abbiamo spiegato su come si fanno dissolvere gli incubi?» chiese Elayne.
Con gli occhi fissi sulla scena davanti a sé, Siuan annuì. «Negarne l’esistenza. Cercare di memorizzare le cose come sarebbero senza di loro.»
Quello era stato l’errore di Sheriam, probabilmente lo stesso di tutte le altre Aes Sedai. Tentando di incanalare contro l’incubo, lo avevano accettato come se fosse reale e l’incubo le aveva attirate dentro di sé come se vi si fossero tuffate, lasciandole indifese fino a quando non si fossero ricordate di quanto avevano dimenticato. Cosa che non pareva stesse accadendo. Le grida crescenti trivellavano le orecchie di Elayne.
«Il corridoio» mormorò, cercando di formarne l’immagine mentale come lo rammentava dall’ultima visita. «Pensa al corridoio come te lo ricordi.»
«Ci sto provando, ragazza» rispose Siuan. «Ma non funziona.»
Elayne sospirò. Siuan aveva ragione. Nemmeno una piccola parte della scena davanti ai loro occhi tremava. La testa di Sheriam, che spuntava da quel rivestimento di metallo che la copriva tutta, era prossima a vibrare. Le grida di Morvrin erano diventate degli ansimi; a Elayne pareva quasi di poter sentire le giunture delle donna che si spezzavano. I capelli di Carlinya, che pendevano sotto di lei, stavano per toccare la superficie bollente dell’olio. Due donne non sarebbero bastate. L’incubo era troppo grande. «Abbiamo bisogno delle altre» osservò.
«Leane e Nynaeve? Ragazza, se anche sapessimo dove trovarle, Sheriam e le altre morirebbero comunque prima che...» si interruppe fissando Elayne. «Non ti riferisci a Leane e Nynaeve, vero? Parli di Sheriam e...» Elayne annuì: era troppo spaventata per parlare. «Non credo che da qui possano sentirci, o vederci. Quei Trolloc non hanno nemmeno guardato da questa parte, il che significa che dobbiamo provare dall’interno.» Elayne annuì di nuovo. «Ragazza,» disse Siuan con la voce atona «hai il coraggio di un leone e forse il buonsenso di un martin pescatore.» Sospirando, aggiunse, «Ma nemmeno io vedo altre soluzioni.»
Elayne era d’accordo su tutto tranne che sul coraggio. Se non avesse avuto le ginocchia paralizzate sarebbe balzata via, correndo sul pavimento di mattonelle con tutti i colori delle Ajah. Si accorse di avere una spada fra le mani, una grande lama d’acciaio brillante, totalmente inutile anche se avesse saputo come usarla. La lasciò cadere e quella svanì prima di raggiungere il suolo. «Aspettare non ci aiuta» mormorò. Se avessero atteso ulteriormente, il poco coraggio che era riuscita a racimolare sarebbe di sicuro evaporato.
Superò il confine assieme a Siuan. Il piede di Elayne toccò la linea di divisione e di colpo si sentì trascinata dentro, risucchiata come l’acqua in un tubo.
Il momento prima si era trovata in piedi nel corridoio a fissare quegli orrori, quello dopo era prona sulla rozza pietra grigia, con i polsi e le caviglie legati dietro la schiena, circondata da tutti quegli orrori. La caverna si allungava infinita in tutte le direzioni. Il corridoio della Torre pareva non esistere. Le grida riempivano l’aria, creando un riverbero fra le pareti e il soffitto dal quale pendevano delle stalattiti. A pochi passi da lei c’era un calderone piazzato su un fuoco ben avviato. Un Trolloc con il muso da cinghiale, incluse le zanne, vi stava lanciando dentro ortaggi che parevano dei tuberi. Una pentola da cucina. I Trolloc mangiavano di tutto. Incluse le persone. Pensò di avere le mani libere, ma la rigida corda ancora le affondava nella carne. Anche la pallida ombra di saidar era svanita; in quel luogo la Vera Fonte non esisteva. Un vero incubo, e vi era intrappolata dentro.
La voce di Siuan la raggiunse in un doloroso gemito fra le grida. «Sheriam, ascoltami!» Solo la Luce sapeva cosa le stessero facendo. Elayne non riusciva a vedere nessuna delle altre. Le sentiva solamente. «Questo è un sogno! Aah... aaaaah! Pensa a come dovrebbe essere questa sala!»
Elayne si unì a lei. «Sheriam, Anaiya, tutte voi, ascoltatemi! Dovete pensare al corridoio com’era! Com’è nella realtà! Tutto questo esisterà solo fino a quando voi lo crederete vero!» Fissò l’immagine mentale del corridoio con fermezza, le mattonelle colorate in file ordinate e le lampade dorate con gli arazzi variopinti. Nulla cambiò. Le grida echeggiavano. «Dovete pensare al corridoio! Mantenete l’immagine nella mente e tutto diventerà reale! Potete sconfiggere quest’incubo, se ci provate!» Il Trolloc la guardò; aveva in mano un pugnale affilato. «Sheriam, Anaiya, dovete concentrarvi! Myrelle, Beonin, concentratevi sul corridoio!» Il Trolloc la voltò su un fianco. Elayne cercò di liberarsi, ma un grosso ginocchio la manteneva premuta a terra senza sforzo apparente, mentre la creatura cominciava a tagliare il vestito, come un cacciatore che scuoiasse una carcassa. Elayne rimase attaccata all’immagine del corridoio. «Carlinya, Morvrin, per amore della Luce, concentratevi! Pensate al corridoio! Il corridoio! Tutte voi! Pensate!» Grugnendo qualcosa in un linguaggio duro non fatto per le bocche umane, il Trolloc le fece voltare il viso e si piegò su di lei, le grosse ginocchia che le schiacciavano le braccia contro la schiena. «Il corridoio!» gridò. La lama del Trolloc le toccò il collo teso proprio sotto l’orecchio sinistro. «Il Corridoio! Il corridoio!» La lama incominciò a scivolare.
Si ritrovò di colpo a fissare le mattonelle colorate che aveva sotto al naso. Si portò le mani alla gola, meravigliandosi che fossero libere, sentì qualcosa di umido e si osservò i palmi. Sangue, ma solo una piccola macchia. Fu scossa da un brivido. Se quel Trolloc fosse riuscito a tagliarle la gola... nessuna guarigione l’avrebbe salvata. Tremando ancora, si alzò lentamente." Era il corridoio della Torre fuori lo studio dell’Amyrlin, senza alcun segno di Trolloc o caverne.
Siuan era con loro e assomigliava a una massa di lividi con addosso un vestito strappato, mentre le Aes Sedai erano delle sagome nebulose prossime al crollo. Carlinya era quella in condizioni migliori e stava in piedi tremante, toccandosi i capelli neri che adesso erano corti e crespi, a un palmo dal cuoio capelluto. Sheriam e Anaiya parevano dei mucchi singhiozzanti di stracci insanguinati. Myrelle si stringeva nelle braccia con il viso pallido, nuda e coperta di graffi e frustate. Morvrin si lamentava ogni volta che si muoveva, e lo faceva in modo innaturale, come se le articolazioni non funzionassero più bene. L’abito di Beonin pareva fosse stato attaccato da una zampa artigliata che lo aveva fatto a pezzi, e la donna ansimava in ginocchio con gli occhi più sgranati che mai, appoggiata al muro per evitare di cadere.
Elayne si accorse di colpo che i suoi vestiti e la sottoveste le scendevano sulle spalle, aperti di netto sul lato anteriore. Un cacciatore che scuoiava un daino morto. Fu scossa da brividi talmente forti che cadde quasi in terra. Riparare i vestiti era semplice, doveva solo pensarli sani, ma non sapeva quanto ci avrebbe impiegato a riparare i ricordi.
«Dobbiamo tornare» disse Morvrin, inginocchiandosi goffamente fra Sheriam e Anaiya. Malgrado la rigidezza e i lamenti, pareva impassibile come sempre. «Abbiamo bisogno della guarigione e nessuna di noi può farlo qui.»
«Sì.» Carlinya si toccò ancora i capelli corti. «Sì, forse sarebbe meglio se tornassimo a Salidar.» La sua voce stavolta era una versione instabile della consueta freddezza.
«Io vorrei trattenermi ancora, se nessuna ha delle obiezioni» disse Siuan. O meglio, lo suggerì, con quella voce umile inadeguata alla sua persona. «Potrei scoprire qualcos’altro di utile. Ho solo qualche ammaccatura e mi sono fatta di peggio cadendo da una barca.»
«Sembra piuttosto che qualcuno ti abbia fatto cadere una barca addosso,» le rispose Morvrin «ma la scelta è tua.»
«Resterò anche io» aggiunse Elayne. «Posso aiutare Siuan e non mi hanno fatto del male.» Era consapevole del taglio sulla gola ogni volta che deglutiva.
«Non ho bisogno di aiuto» ribatté Siuan, nello stesso momento in cui Morvrin rispondeva con voce anche più ferma, «Hai avuto un ottimo autocontrollo stanotte, bambina. Non rovinare tutto adesso. Verrai con noi.»
Elayne annuì seccata. Discutere non l’avrebbe portata da nessuna parte, se non nell’acqua bollente. Era facile credere che la Sorella Marrone fosse l’insegnante ed Elayne l’alunna. Probabilmente pensavano che fosse finita nell’incubo per errore come loro. «Ricordatevi, potete uscire subito dal sogno e rientrare nei vostri corpi. Non dovete tornare prima a Salidar.» Non c’era modo di dire se l’avessero sentita. Morvrin si era voltata non appena aveva annuito.
«Stai tranquilla, Sheriam» disse la donna robusta con un tono di voce rassicurante. «Faremo ritorno a Salidar in qualche attimo. Stai tranquilla, Anaiya.» Sheriam aveva smesso di piangere, anche se gemeva dal dolore. «Carlinya, puoi aiutare Myrelle? Sei pronta Beonin? Beonin?» La Grigia sollevò il capo e fissò Morvrin per un istante prima di annuire.
Le sei Aes Sedai scomparvero.
Dopo un attimo, Elayne rivolse un’ultima occhiata a Siuan e andò via anche lei, ma non si recò a Salidar. Qualcuna sarebbe stata inviata a guarire il piccolo taglio sul collo, sempre che lo avessero notato, ma per un breve periodo si sarebbero concentrate sulle sei Aes Sedai, che si sarebbero svegliate con l’aspetto di era stato spinto negli ingranaggi di un mostruoso orologio. Elayne aveva a disposizione quei pochi minuti, e aveva un’altra destinazione in mente.
La sala dei ricevimenti nel palazzo di sua madre a Caemlyn non apparve facilmente. Provò una sensazione di resistenza prima di ritrovarsi su un pavimento di mattonelle rosse e bianche sotto al grande soffitto arcuato, fra file di imponenti colonne bianche. La luce pareva provenire da ovunque e da nessuna parte. Le grandi finestre sovrastanti, che rappresentavano il Leone Bianco di Andor alternato con i ritratti delle regine e scene di grandi vittorie andorane, erano indistinte.
Notò subito la differenza che aveva reso difficile la sua apparizione. Sul palco in fondo alla sala dove avrebbe dovuto trovarsi il trono del Leone c’era invece un’enorme mostruosità fatta di Draghi d’oro brillante e smalto rosso, con dei rubini al posto degli occhi. Il trono della madre non era stato rimosso dalla stanza. Era sistemato su una specie di piedistallo, dietro e più in alto di quella cosa orrenda.
Elayne camminò lentamente dirigendosi in fondo alla sala, quindi salì le scale di marmo bianco per osservare il trono dorato delle regine di Andor. Il Leone Bianco di Andor, fatto di pietra di luna su un campo di rubini, una volta si era trovato sopra la testa della madre.
«Cosa stai facendo, Rand al’Thor?» sussurrò amareggiata. «Cosa pensi di fare?»
Aveva il timore che stesse combinando un pasticcio senza lei a guidarlo fra tutti quei tranelli. Era vero che con i Tarenesi se l’era cavata bene e, in apparenza, anche a Cairhien, ma la sua gente era diversa, sincera e diretta, con un netto disprezzo per l’idea di essere manovrata o angariata. Ciò che aveva funzionato a Tear o Cairhien poteva scoppiargli in faccia come uno spettacolo degli Illuminatori.
Se solo avesse potuto stare con lui. Se avesse potuto avvisarlo dell’ambasciata della Torre. Elaida sicuramente stava tramando qualcosa, che sarebbe scattata quando lui meno se l’aspettava. Sarebbe stato così bravo da accorgersene? E, per dirla tutta, non sapeva quali fossero gli ordini dell’ambasciata di Salidar. Malgrado gli sforzi di Siuan, la maggior parte delle Aes Sedai a Salidar avevano opinioni diverse su Rand al’Thor. Era il Drago Rinato, il profetizzato salvatore dell’umanità, ma era anche un uomo che poteva incanalare, destinato alla follia, alla morte e alla distrazione.
Prenditi cura di lui, Min, pensò. Raggiungilo in fretta e prenditi cura di lui.
Fu colpita da una fitta di gelosia sapendo che Min sarebbe stata con lui, a fare ciò che voleva fare lei stessa. Forse dovevano davvero dividerlo tra loro due, ma almeno una parte di lui sarebbe stata tutta sua. Lo avrebbe legato come Custode, a ogni costo.
«Sarà fatto.» Allungò una mano verso il trono del Leone, per giurare come avevano fatto tutte le regine da quando era stata creata Andor. Il piedistallo era troppo alto per raggiungerlo, ma era l’intenzione che contava. «Sarà fatto.»
Stava esaurendo il tempo a disposizione. Prima o poi a Salidar sarebbe arrivata un’Aes Sedai, per svegliarla e curarle quel graffio ridicolo sul collo. Sospirando, lasciò il sogno.
Demandred uscì da dietro le colonne della grande sala e guardò dai due troni verso la direzione in cui era svanita la ragazza. Elayne Trakand, a meno che non si fosse sbagliato di grosso, e aveva usato un ter’angreal minore, a giudicare dall’aspetto etereo: uno creato per addestrare gli studenti principianti. Avrebbe dato dell’oro per sapere cosa le era passato per la testa, ma le parole e l’espressione erano abbastanza chiare. Non le piaceva affatto ciò che stava combinando al’Thor, e intendeva fare qualcosa a riguardo. Una giovane donna determinata, sospettava. In ogni caso era un altro filo della matassa che tirava, per quanto debolmente.
«Lascia che il Signore del caos governi» disse fra i troni — anche se avrebbe ancora voluto capire perché dovesse essere così — e aprì il passaggio per lasciare il tel’aran’rhiod.