Non appena Rand uscì dalla stanza Verin rilasciò il respiro che aveva trattenuto. Una volta aveva detto a Siuan e Moiraine quanto fosse pericoloso Rand. Nessuna delle due l’aveva ascoltata e adesso, dopo poco più di un anno, Siuan era stata quietata e forse era morta, mentre Moiraine... le strade pullulavano di voci sul Drago Rinato a palazzo, molte erano incredibili e nessuna che fosse affidabile parlava di Aes Sedai. Moiraine forse aveva deciso di lasciargli credere che stesse andando per la sua strada, ma lei non gli avrebbe mai permesso di allontanarsi dalla sua presenza, non quando stava acquistando così tanto potere. Non ora che il rischio che rappresentava era cresciuto in maniera esponenziale. Rand si era rivoltato contro Moiraine con maggiore violenza di quanto avesse fatto con tutte loro? Era cresciuto dall’ultima volta che lo aveva visto; sul volto adesso aveva la tensione del conflitto interiore. Solo la Luce sapeva se ne aveva motivo. Che si trattasse della lotta per rimanere sano di mente?
Moiraine era morta, Siuan era morta, la Torre Bianca era spezzata e forse Rand era sull’orlo della follia. Verin sbuffò irritata. Se decidevi di correre dei rischi a volte il conto si presentava quando meno te lo aspettavi e in forme imprevedibili. Aveva investito quasi settant’anni in un lavoro delicato che adesso poteva rivelarsi totalmente inutile a causa di quel giovane. Anche stando così le cose, aveva vissuto troppo a lungo, aveva visto troppe cose per permettersi di rimanere sgomenta. Doveva prima occuparsi delle cose che avevano la precedenza; occupati di quanto può essere fatto adesso prima di preoccuparti di ciò che non potrà mai essere fatto, si disse. Quella lezione una volta le era stata imposta, ma adesso l’aveva presa a cuore.
Ora doveva far calmare le ragazze. Erano ancora ammucchiate come un gregge di pecore, piangevano e si abbracciavano nascondendo i volti. In fondo le capiva; non era la prima volta che lei affrontava un uomo che poteva incanalare, ma quello era il Drago Rinato in persona, e Verin aveva lo stomaco sottosopra come se si trovasse su una nave in mare aperto. Iniziò con delle parole di conforto dando di tanto in tanto delle pacche sulle spalle e delle carezze, cercando di rendere materno il tono di voce. Tentava di convincerle che Rand era andato via e ci mise non poco a ottenere una relativa calma. Se non altro avevano smesso di piangere. Janacy però continuava a chiedere che qualcuno le dicesse che Rand aveva mentito, che era stato tutto uno scherzo, mentre Bodewhin voleva che suo fratello venisse trovato e salvato — Verin avrebbe dato il braccio destro per sapere dov’era Mat — e Larine balbettava che dovevano lasciare subito Caemlyn, in quel preciso istante.
Verin prese da parte una delle cameriere. Una donna dal viso semplice che aveva almeno vent’anni più delle ragazze dei Fiumi Gemelli, aveva ancora gli occhi sgranati e con il grembiule si asciugava tremante le lacrime. Dopo averle chiesto il nome, Verin disse: «Servi loro del tè, Azril, caldo, con molto miele e con qualche goccia d’acquavite.» Osservando le ragazze più giovani, aggiunse: «Più che qualche goccia. Una dose generosa.» Avrebbe aiutato a calmare i nervi. «Prendetene anche voi cameriere.» Azril tirò su con il naso e batté le palpebre, ma fece la riverenza; la richiesta di qualcosa che rientrava nei suoi doveri abituali sembrò ridurre le lacrime, non la paura.
«Portaglielo nelle loro stanze» aggiunse Alanna, e Verin annuì in segno di consenso. Un po’ di sonno avrebbe fatto miracoli. Si erano alzate solo da qualche ora, ma l’acquavite aggiunta al viaggio avrebbe avuto effetto.
L’ordine provocò agitazione.
«Non possiamo nasconderci qui» riuscì a dire Larine fra i singhiozzi e il fiatone. «Dobbiamo andare via adesso! Adesso! Ci ucciderà!»
Le guance di Bodewhin luccicavano di lacrime, ma adesso aveva un’espressione determinata. L’ostinazione dei Fiumi Gemelli avrebbe causato dei guai a più di una di quelle ragazze. «Dobbiamo trovare Mat. Non possiamo lasciarlo con... con un uomo che può... Non possiamo! Anche se si tratta di Rand, non possiamo!»
«Io voglio vedere Caemlyn» squittì Janacy, anche se ancora tremava.
Le altre si aggiunsero a loro tre, un gruppo di ragazzine tremanti che appoggiavano Janacy malgrado la paura, tutte in favore della partenza. Una delle ragazze di Watch Hill, alta e graziosa, di nome Elle, che aveva i capelli chiari per essere dei Fiumi Gemelli, iniziò a piangere a pieni polmoni.
Tutto ciò che poté fare Verin fu di non schiaffeggiarle tutte. Per le più giovani c’erano delle scuse, ma Larine, Elle e le altre con la treccia in teoria dovevano essere donne. Molte non erano state toccate e il pericolo era sparito. D’altro canto erano tutte stanche, la visita di Rand era stata un colpo e tutte probabilmente avrebbero incontrato molti altri pericoli in futuro, quindi mantenne sotto controllo l’esasperazione.
Alanna non lo fece. Anche fra le Verdi era nota per avere l’argento vivo nel sangue, e di recente era peggiorata. «Adesso andrete nelle vostre stanze» disse con freddezza, ma la voce era la sola cosa a essere controllata. Verin sospirò mentre l’altra Aes Sedai lavorava un flusso di Aria e Fuoco per creare un’illusione. La stanza si colmò di esclamazioni e gli occhi sgranati uscirono dalle orbite. Non c’era davvero bisogno di quel trucco, ma anche se era abitudine non interferire pubblicamente nel lavoro di un’altra Sorella, Verin dovette ammettere di provare sollievo per l’improvvisa cessazione delle grida di Elle. Le giovani prive di addestramento non potevano vedere i flussi; a loro pareva che Alanna stesse diventando più alta a ogni parola. La voce cresceva con lei, il tono era rimasto invariato ma roboante, per combaciare con le nuove sembianze. «Dovete diventare novizie e la prima lezione che una novizia deve imparare è obbedire alle Aes Sedai. Immediatamente. Senza lamentele e obiezioni.» Alanna era in piedi al centro della stanza senza aver cambiato le sembianze — almeno agli occhi di Verin — ma grazie all’illusione la testa sfiorava quasi i travi del soffitto. «Adesso, andate! Chiunque non sia nella sua stanza dopo che avrò contato fino a cinque lo rimpiangerà fino al giorno della morte. Uno. Due...» prima che arrivasse a tre vi furono una serie di grida e le ragazze corsero tutte su per le scale nel retro della sala comune; fu stupefacente che nessuna venisse travolta.
Alanna non si prese il disturbo di andare oltre il quattro. Quando l’ultima delle ragazze dei Fiumi Gemelli fu svanita al piano superiore, rilasciò saidar, l’illusione scomparve e la donna annuì soddisfatta. Verin sospettava che adesso avrebbero dovuto incitare le ragazze anche solo ad affacciarsi dalle loro stanze. Forse era meglio. Per come stavano le cose non voleva che nessuna sgattaiolasse dalla camera per andare a vedere Caemlyn, costringendola ad andarle a cercare.
Naturalmente il trucco di Alanna ebbe anche altri effetti. Fu necessario blandire le cameriere per farle uscire da sotto i tavoli dove si erano nascoste, e quella che era svenuta mentre cercava di andare in cucina fu aiutata ad alzarsi. Non fecero alcun rumore, ma tremavano come foglie al vento. Verin dovette dare a ognuna una spintarella per farle iniziare a camminare, e ripeté gli ordini sull’acquavite e il tè tre volte prima che Azril smettesse di guardarla come se le stesse spuntando un’altra testa. La bocca del locandiere era spalancata e gli occhi parevano pronti a schizzare fuori dalle orbite. Verin guardò Tomas e gli fece cenno di andare vicino a quel poveraccio.
Tomas la guardò in tralice — lo faceva sempre quando gli chiedeva di sistemare faccende insignificanti, ma non capitava spesso che contestasse i suoi ordini — quindi mise un braccio attorno alle spalle di mastro Dilham e chiese con tono gioviale se potevano bersi qualche bicchiere di vino insieme. Tomas era un brav’uomo, abile in campi sorprendenti. Ihvon si era seduto con la schiena contro il muro e con i piedi su un tavolo. Da lì riusciva a guardare Alanna e la porta sulla strada. Molto cauto. Era molto premuroso con lei dopo la disgrazia di Owein, l’altro Custode che era morto nei Fiumi Gemelli — e perfettamente consapevole del suo carattere, anche se di solito la donna lo controllava meglio di come aveva fatto oggi. Alanna non mostrava alcun interesse nel voler aiutare a sistemare il caos che aveva creato. Stava in piedi in mezzo alla sala comune e guardava nel vuoto, a braccia conserte. Per chiunque non fosse un’Aes Sedai probabilmente pareva il ritratto della serenità. Agli occhi di Verin, era una donna pronta a esplodere.
Verin le mise una mano sul braccio. «Dobbiamo parlare.» Alanna la guardò con un’espressione illeggibile, quindi senza una parola si diresse verso la sala da pranzo privata.
Verin sentì alle sue spalle mastro Dilham dire con voce scossa: «Pensate possa dire che il Drago Rinato ha scelto la mia locanda? In fondo, è venuto qui.» Verin sorrise per un istante; almeno lui si sarebbe ripreso presto. Il sorriso svanì e lei si serrò la porta alle spalle, chiudendosi dentro con Alanna.
Quest’ultima camminava già avanti e indietro nella piccola sala, la seta della gonna divisa che faceva lo stesso rumore delle spade che scivolano fuori dalle custodie. Adesso l’apparenza serena era svanita. «Che sfrontato! Totalmente sfrontato! Trattenerci! Dare delle limitazioni a ‘noi’!»
Verin la guardò per un breve istante prima di parlare. Lei aveva impiegato dieci anni a superare la morte di Balinor e a legarsi con Ihvon. I sentimenti di Alanna erano stati duri da quando Owein era morto e li aveva trattenuti troppo a lungo. Le rare occasioni in cui si era concessa di piangere da quando avevano lasciato i Fiumi Gemelli non erano state sufficienti ad arrecarle sollievo. «Immagino che possa tenerci fuori dalla città interna con le guardie ai cancelli, ma non può trattenerci a Caemlyn.»
Con quella frase, Verin ottenne uno sguardo fulminante. Potevano andare via con poche difficoltà — per quanto Rand avesse imparato, c’erano scarse possibilità che avesse scoperto le protezioni — ma avrebbe significato rinunciare alle ragazze dei Fiumi Gemelli. Nessuna Aes Sedai ne aveva scoperto un gruppo così numeroso da... Verin non riusciva a pensare da quanto tempo. Forse da prima delle Guerre Trolloc. Anche le giovani diciottenni — il limite che si erano date — spesso trovavano difficile accettare le restrizioni del noviziato, ma se avessero elevato di cinque anni quel limite, lei e Alanna avrebbero potuto riportarne indietro almeno il doppio, se non di più. Altre cinque ragazze — cinque! — avevano la scintilla innata, inclusa la sorella di Mat, Elle, e la giovane Janacy. Prima o poi avrebbero incanalato, con o senza addestramento, e sarebbero state molto forti. Lei e Alanna se ne erano lasciate altre due alle spalle, per tornare a prenderle dopo circa un anno, quando sarebbero state abbastanza grandi da lasciare le loro case. Era un investimento sicuro; una ragazza con l’abilità innata la manifestava raramente prima dei quindici anni senza il dovuto addestramento. Le altre erano delle promesse eccezionali, tutte. I Fiumi Gemelli erano un’autentica miniera.
Adesso che aveva ottenuto l’attenzione dell’altra donna, Verin cambiò argomento. Non aveva certo intenzione di abbandonare quelle ragazze. O allontanarsi da Rand più del necessario. «Credi che abbia ragione riguardo alle ribelli?»
Alanna si strinse per un istante la gonna fra le mani. «La sola idea mi disgusta! È possibile che siamo giunte davvero alla...?» si interruppe con aria smarrita. Le spalle le crollarono e le lacrime sgorgarono quasi incontrollate.
Adesso che era riuscita a limare la rabbia dell’altra donna, Verin aveva delle domande da rivolgerle prima di riaccenderla. «Abbiamo qualche possibilità che la tua macellala possa rivelarti di più su quanto sta accadendo a Tar Valon?» La donna non era davvero al servizio di Alanna. Era un’agente dell’Ajah Verde, scoperta perché Alanna aveva visto il segnale delle emergenze davanti al negozio. Non aveva rivelato a Verin quale fosse il segnale, ma in fondo neanche lei avrebbe rivelato un segnale delle Marroni.
«No, sa solo quanto mi ha riferito e l’ha talmente paralizzata che non ha potuto dirmi altro. Tutte le Aes Sedai leali facciano ritorno alla Torre. Tutto è perdonato.» Era il succo del messaggio. Un lampo di rabbia illuminò gli occhi di Alanna, ma solo per un istante, e non con la stessa forza di prima. «Se non fosse per tutte quelle voci non ti avrei mai lasciato scoprire chi è la mia agente.» Adesso i sentimenti erano sbilanciati, ma almeno aveva smesso di camminare avanti e indietro.
«Lo so» rispose Verin, sedendosi davanti al tavolo. «E rispetterò la tua confidenza. Ma devi anche concordare con me che quel messaggio concretizza le voci. La Torre è spezzata. Probabilmente da qualche parte ci sono delle ribelli. Il punto è: cosa vogliamo fare noi?»
Alanna la guardò come se fosse impazzita. Non c’era da meravigliarsi. Siuan doveva essere stata deposta dal Consiglio della Torre, secondo le leggi della Torre stessa. Anche solo il suggerimento di andare contro le leggi della Torre era impensabile. Ma in fondo lo era anche l’idea di una Torre spezzata.
«Se adesso non hai una risposta, pensaci. E pensa anche a questo. Prima di ogni altra cosa, Siuan Sanche faceva parte del gruppo alla ricerca di Rand al’Thor.» Alanna aprì la bocca — senza dubbio per chiedere come facesse Verin a saperlo e se anche lei vi avesse preso parte — ma Verin non le diede la possibilità di parlare. «Solo una sempliciotta crederebbe alla farsa inscenata per farla cadere. Coincidenze di una tale enormità non esistono. Quindi pensa quale potrebbe essere l’opinione di Elaida su Rand. Era una Rossa, ricorda. Mentre rifletti, rispondi a questa domanda: come ti è venuto in mente di legarlo a te in questo modo?»
La domanda non avrebbe dovuto cogliere Alanna di sorpresa, eppure fu così. Esitò, quindi si sedette sistemando la gonna prima di rispondere. «Era la cosa più logica da fare, con lui proprio davanti a noi. Sarebbe dovuto accadere molto tempo prima. Tu non hai potuto o... non hai voluto.» Come molte Verdi, era divertita dall’insistenza delle altre Ajah che le Sorelle avessero un solo Custode. L’opinione delle Verdi in merito alle Rosse, che non ne avevano nessuno, era più ragionevole non svelarla. «Avrebbero dovuto essere legati tutti alla prima opportunità. Sono troppo importanti per andarsene in giro a piede libero, lui più degli altri.» Arrossì di colpo; ci sarebbe voluto parecchio tempo prima che recuperasse di nuovo il controllo delle proprie emozioni.
Verin sapeva perché era arrossita. Alanna si era confidata con lei. Avevano avuto Perrin sotto gli occhi per molte settimane mentre esaminavano le ragazze nei Fiumi Gemelli, ma Alanna aveva escluso subito la possibilità di legare lui. Il motivo era stato una semplice promessa accalorata di Faile — pronunciata ben lontano dalle orecchie di Perrin —, che se solo Alanna avesse fatto una cosa simile, non avrebbe lasciato viva i Fiumi Gemelli. Se Faile ne avesse saputo di più sul legame fra le Aes Sedai e i Gaidin, quella minaccia non avrebbe funzionato, eppure la sua ignoranza aveva bloccato Alanna. Molto probabilmente era stata la frustrazione, in aggiunta al fragile stato emotivo, che l’aveva spinta a legare Rand. Non solo legarlo, ma farlo senza il suo permesso. Non succedeva da centinaia di anni.
Be’, pensò Verin freddamente, anche io ho infranto diverse regole ai miei tempi. «Logica?» disse sorridendo per rendere le parole meno pungenti. «Parli come una Bianca. Bene. Adesso che lo hai, cosa pensi di fare con lui? Considerando la lezione che ci ha appena impartito. Mi ritorna in mente una favola che mi raccontavano quando ero bambina, di una donna che aveva messo la sella e la briglia a un leone. L’aveva trovato bellissimo da cavalcare, ma aveva anche scoperto di non poter mai smontare di sella o dormire.»
Alanna rabbrividì e si strofinò le braccia. «Ancora non posso credere che sia tanto forte. Se solo ci fossimo unite prima. Io ho provato e... ho fallito... È così forte!»
Verin si trattenne a stento dal rabbrividire. Non avrebbero potuto unirsi prima, a meno che Alanna non stesse suggerendo che avrebbero dovuto farlo prima che lo legasse. Verin non era certa di quale sarebbe stato il risultato in quel caso. Comunque era stata una sequenza di momenti orribili, da quando aveva scoperto che non potevano tagliarlo dalla Vera Fonte alla spregevole facilità con la quale le aveva schermate, spezzando la connessione con saidar come fosse stato un filo di lana. Entrambe simultaneamente. Spettacolare. Quante Aes Sedai ci sarebbero volute per schermarlo? Tredici? Era solo una tradizione, ma forse con lui sarebbe stata necessaria. Comunque erano pensieri da riservare a un altro giorno. «C’è anche la faccenda della sua amnistia.»
Alanna sgranò gli occhi. «Sicuramente non crederai anche a questo! Con ogni falso Drago sono state inventate storie su riunioni di uomini in grado di incanalare, tutte false come gli uomini stessi. Volevano il potere tutto per loro, non per condividerlo con altri.»
«Ma lui non è un falso Drago,» rispose Verin con calma «e forse questo cambia tutto. Se una voce è vera, può esserlo anche un’altra, e l’amnistia è sulla bocca di tutti da quando abbiamo lasciato Ponte Bianco.»
«Anche se è vera, forse nessuno è andato da lui. Nessun brav’uomo vuole incanalare. Se così non fosse, avremmo un nuovo falso Drago ogni settimana.»
«È ta’veren, Alanna. Attira a sé ciò di cui ha bisogno.»
Alanna mosse le labbra, e adesso aveva le nocche delle mani bianche. Ogni traccia della tranquillità tipica delle Aes Sedai era scomparsa, e la donna tremava vistosamente. «Non possiamo permettere... Uomini che incanalano in giro per il mondo? Se è vero, dobbiamo fermarlo. Dobbiamo!» Era di nuovo sul punto di scattare e gli occhi dardeggiavano.
«Prima di poter decidere cosa fare di loro,» continuò Verin con calma «dobbiamo scoprire dove li nasconde. Forse nel palazzo reale, ma verificarlo potrebbe essere difficile, visto che non possiamo entrare nella città interna. Ho una proposta...» Alanna si sporse in avanti, molto attenta.
Dovevano ancora elaborare molte parti del piano, anche se in un secondo tempo. Molte domande richiedevano una riposta, ma anche di quello si sarebbero occupate in un altro momento. Moiraine era morta? Se era vero, come? C’erano delle ribelli? E quale posizione avrebbero dovuto prendere Verin e Alanna? Dovevano tentare di consegnare Rand a Elaida o alle ribelli? Dov’erano? Saperlo sarebbe stato molto utile, quale che fosse la risposta a tutte le altre domande. Come avrebbero usato quel fragile guinzaglio che Alanna aveva messo attorno al collo di Rand? Una di loro, o forse tutte e due, doveva provare a prendere il posto di Moiraine? Per la prima volta da quando Alanna aveva cominciato a lasciar salire in superficie le sue emozioni per Owein, Verin era contenta che le avesse trattenute tanto a lungo da farle diventare incostanti. In quella situazione confusa Alanna era destinata a essere più facile da guidare e Verin sapeva con esattezza come rispondere a qualcuna di quelle domande. Non credeva che ad Alanna sarebbero piaciute le risposte. Meglio non lasciargliele scoprire fino a quando non sarebbe stato troppo tardi per cambiarle.
Rand galoppò verso il palazzo distanziando lentamente anche gli Aiel, ignorando le loro grida e i pugni che i passanti agitavano contro di lui una volta costretti a saltare via dalla strada per non essere travolti da Jeade’en, o dal mucchio di portantine capovolte e carrozze attaccate ai carri del mercato che si destava solo allora. Bashere e i soldati della Saldea non riuscivano a seguirlo sui loro piccoli cavalli. Non era sicuro del motivo di tanta fretta — le notizie che aveva raccolto non erano tanto urgenti — ma quando la debolezza cominciò a svanire dalle braccia e dalle gambe, Rand si accorse di essere sempre più consapevole della presenza di Alanna. Poteva percepirla. Sembrava che la donna gli fosse entrata in testa e vi si fosse insediata. Se lui poteva sentirla, per la donna era lo stesso? Cos’altro poteva fargli? Cos’altro? Doveva allontanarsi da lei.
Orgoglio, rise Lews Therin e per una volta Rand non tentò di farlo tacere.
In mente aveva una meta diversa dal palazzo, ma viaggiare richiedeva che si conoscesse il punto di partenza anche meglio di quello di arrivo. Alle stalle meridionali consegnò le redini dello stallone a un addetto con la veste di cuoio e corse via, distanziando sempre più i soldati della Saldea lungo il corridoio dove i servitori li osservavano a bocca aperta, mentre interrompevano gli inchini e le riverenze nel vedere che li oltrepassava di corsa. Giunto nella grande sala afferrò saidin, aprì il buco nell’aria e vi scattò all’interno, spuntando nella radura vicino alla fattoria, rilasciando finalmente la Fonte.
Sospirò e si lasciò cadere in ginocchio fra le foglie morte. Il calore sotto i rami secchi lo martellava; aveva perso la concentrazione necessaria per controllarlo molto tempo prima. Percepiva ancora Alanna, ma debolmente — ammesso che la certezza di sapere in quale direzione si trovasse potesse essere definita debole. Avrebbe potuto indicarla a occhi chiusi.
Per un istante afferrò di nuovo saidin, il torrente di fuoco, ghiaccio e melma acida. Impugnava una spada, un’arma fatta di fuoco, di Fuoco, e con un airone scuro sulla lama rossa leggermente ricurva, anche se non rammentava di averla pensata. Fuoco, ma la lunga impugnatura era fresca e solida fra le sue mani. Il vuoto non faceva alcuna differenza e nemmeno il Potere. Alanna era ancora presente, in un angolo del suo cervello, e la osservava.
Con una risata amara rilasciò il Potere e rimase in ginocchio. Era stato così sicuro. Solo due Aes Sedai. Avrebbe potuto controllarle, lo aveva fatto con Elayne ed Egwene. Cosa potevano fargli? Si accorse che stava ridendo e non pareva in grado di fermarsi. Be’, era divertente. Quel suo stupido orgoglio. Eccesso di sicurezza. Lo aveva già cacciato nei guai, insieme ad altre persone. Era stato talmente sicuro che lui Cento Compagni avrebbero potuto sigillare il Foro senza correre rischi...
Le foglie si spezzarono mentre si alzava in piedi. «Quello non ero io! Esci dalla mia testa! Tutti voi, uscite!» La voce di Lews Therin mormorava indistinta e remota. Alanna attendeva paziente in silenzio, in fondo alla sua testa. La voce pareva avere paura di lei.
Rand si pulì le ginocchia. Non si sarebbe arreso a tutto questo. Non fidarti di nessuna Aes Sedai; d’ora in poi se lo sarebbe ricordato. Un uomo senza fiducia è come morto, rise Lews Therin. Non si sarebbe arreso.
Nella fattoria non era cambiato nulla. O forse era cambiato tutto. La fattoria e il fienile erano gli, stessi, galline, capre e mucche. Sora Grady osservava il suo arrivo da una finestra, inespressiva e fredda. Adesso era l’unica donna presente; tutte le altre mogli e fidanzate erano andate via con gli uomini che avevano fallito l’esame di Taim. Questi aveva riunito gli studenti in una radura di argilla rossa e secca coperta da una manciata d’erba, proprio dietro il fienile. Tutti e sette. Oltre al marito di Sora, Jur, del primo gruppo erano rimasti solo Damer Flinn, Eben Hopwil e Fedwin Morr. Gli altri erano nuovi e parevano quasi tutti giovani quanto Fedwin ed Eben.
A parte Damer dai capelli bianchi, gli studenti erano seduti in fila, di spalle a Rand. Damer stava davanti a loro, cupo mentre fissava una pietra a trenta passi di distanza.
«Adesso» ordinò Taim, e Rand sentì Damer che afferrava saidin, lo vide intessere inaspettatamente Fuoco e Terra.
La pietra esplose e Damer con gli altri studenti si sdraiarono a terra per evitare le schegge che volavano. Taim non lo fece; le schegge di pietra rimbalzarono sullo scudo d’Aria che aveva eretto all’ultimo momento. Sollevando la testa circospetto, Damer si pulì il sangue da un taglio sotto l’occhio sinistro. Rand tese le labbra; era stata solo fortuna se nessuno di quei pezzi volanti di pietra lo aveva colpito. Guardò di nuovo la fattoria. Sora era ancora lì, apparentemente incolume. E ancora lo fissava. Le galline non avevano smesso di razzolare, quasi fossero abituate a quei prodigi.
«Forse la prossima volta vi ricorderete quanto vi ho detto» spiegò Taim con calma, lasciando svanire i flussi. «Create uno scudo mentre colpite, o potreste ammazzarvi.» Guardò Rand come se avesse sempre saputo della sua presenza. «Continuate» disse agli studenti, incamminandosi verso Rand. Oggi sul quel viso dal naso aquilino pareva ci fosse un’espressione crudele.
Mentre Damer si sedeva in fila, Eben dal viso butterato si alzò nervoso, toccandosi un grande orecchio mentre usava Aria per sollevare un’altra pietra da un cumulo non lontano. I flussi ondeggiarono e lui li rilasciò prima di recuperarli.
«È sicuro lasciarli da soli a questo modo?» chiese Rand mentre Taim lo raggiungeva.
La seconda pietra esplose come la prima, ma stavolta tutti gli studenti elevarono gli schermi. Come anche Taim, che circondò se stesso e Rand. Senza dire una parola, Rand prese saidin ed eresse il proprio schermo, costringendo Taim, che tese le labbra in una parvenza di sorriso, ad allontanarsi.
«Hai detto di spingerli, mio lord Drago, quindi spingo. Gli faccio fare tutto con il Potere, i compiti quotidiani, ogni cosa. Quelli più nuovi hanno avuto il primo pasto caldo la scorsa notte. Se non riescono a scaldarselo da soli, lo mangiano freddo. Per la maggior parte delle cose ci vuole ancora il doppio del tempo che facendole a mano, ma stanno imparando molto in fretta a usare il Potere, credimi. Certo, non sono ancora tanti.»
Ignorando la domanda implicita, Rand si guardò intorno. «Dov’è Haslin? Di nuovo ubriaco? Ti ho detto di dargli il vino solo di notte.» Henre Haslin era stato maestro spadaccino delle guardie della regina, incaricato di reclutare nuovi elementi, fino a quando Rahvin non aveva cominciato a ricostituire la guardia, mandando via tutti i fedeli a Morgase o inviandoli a combattere a Cairhien. Troppo vecchio per le campagne, Haslin aveva ricevuto la pensione ed era stato cacciato, e quando era giunta a Caemlyn la notizia della morte di Morgase si era rifugiato nelle bottiglie di vino. Ma era convinto che Rahvin — Gaebril, per lui — non Rand, avesse ucciso Morgase, e poteva insegnare. Quando era sobrio.
«L’ho mandato via» disse Taim. «A che servono le spade?» Un’altra roccia esplose. «Io riesco a stento a non infilzarmi da solo e non ne ho mai sentito la mancanza. Adesso hanno il Potere.»
Uccidilo! Uccidilo adesso! echeggiò dal fondo del vuoto. Rand rimosse l’eco, ma non riuscì a eliminare la rabbia che improvvisamente sembrò formare un guscio attorno al vuoto che lo conteneva. Il vuoto manteneva la voce priva di emozione. «Trovalo, Taim, e riportalo indietro. Digli che hai cambiato idèa. Dillo anche agli studenti. Digli quello che ti pare, ma lo voglio qui, che dia lezioni quotidiane. Hanno bisogno di fare parte del mondo, non di essere fuori da esso. Cosa dovrebbero fare se non riescono a incanalare? Se venissi schermato dalle Aes Sedai, forse riusciresti a fuggire se sapessi usare la spada, o se fossi capace di lottare a mani nude.»
«Io sono sfuggito. Eccomi.»
«Alcuni dei tuoi seguaci ti hanno liberato, almeno così ho sentito dire, altrimenti saresti finito a Tar Valon come Logain, domato. Questi uomini non avranno dei seguaci. Trova Haslin.»
L’altro uomo si inchinò leggermente. «Come comanda il mio lord Drago. È stato questo che ha portato il mio lord Drago qui? Haslin e le spade?» Un vaghissimo tono di disgusto gli tingeva la voce, ma Rand lo ignorò.
«Ci sono delle Aes Sedai a Caemlyn. I viaggi in città devono cessare, tuoi e degli studenti. Solo la Luce sa cosa potrebbe succedere se uno di loro incappasse nelle Aes Sedai e quelle lo riconoscessero per ciò che è.» O, per aggiungere un’altra preoccupazione, quando Taim le avesse riconosciute, come avrebbe fatto di sicuro. Sarebbe fuggito o avrebbe colpito a caso in preda al panico, ed entrambe lo avrebbero notato. Una delle due lo avrebbe domato. Da quanto Rand aveva visto, Verin o Alanna avrebbero potuto chiudere nei flussi uno qualsiasi degli studenti come fosse un bambino.
Taim sollevò le spalle. «Ormai, fare alla testa di un’Aes Sedai quanto abbiamo fatto a quelle rocce non è impossibile per loro. Il flusso non è molto diverso.» Guardandosi dietro le spalle, alzò la voce. «Concentrati, Adley. Concentrati.» Il tipo magro in piedi davanti agli altri studenti, tutto braccia e gambe, sussultò e perse la presa su saidin, quindi la recuperò. Un’altra roccia esplose mentre Taim si rivolgeva di nuovo a Rand. «Se ti interessa, posso... rimuoverle... io stesso. Se non vuoi farlo tu.»
«Se le avessi volute morte le avrei uccise.» Pensava di poterlo fare, se avessero provato a ucciderlo o domarlo. Sperava di poterlo fare. Ma avrebbero tentato l’una o l’altra cosa dopo averlo legato? Era un’eventualità che non voleva lasciar sapere a Taim; anche senza il borbottio di Lews Therin, non si fidava abbastanza di quell’uomo per esporre le sue eventuali debolezze quando poteva nasconderle. Luce, quale tipo di controllo ho concesso ad Alanna? si chiese. «Se dovesse arrivare il momento di uccidere delle Aes Sedai, te lo farò sapere. Fino ad allora nessuno deve nemmeno gridare contro una di loro a meno che non tentino di decapitarvi. Dovrete tutti tenervi alla larga dalle Aes Sedai il più possibile. Non voglio incidenti, nulla che le metta contro di me.»
«Credi che non lo siamo già?» mormorò Taim. Rand lo ignorò di nuovo. Stavolta perché non era certo della risposta.
«E non voglio vedere nessuno morto o domato perché ha la testa troppo grossa per il suo cappello. Accertati che lo capiscano bene. Ti riterrò responsabile per loro.»
«Come desideri» rispose Taim sollevando di nuovo le spalle. «Prima o poi alcuni moriranno comunque, a meno che tu non intenda tenerli rinchiusi qui per sempre. E anche se tu lo facessi qualcuno morirebbe in ogni caso. È quasi inevitabile, a meno che non rallenti le lezioni. Non dovrei essere tanto cauto, se tu mi lasciassi andare alla ricerca di nuove reclute.»
Lo aveva proposto di nuovo. Rand guardò gli studenti. Un giovane biondo e pallido con gli occhi azzurri che faticava a sistemare la roccia. Continuava a perdere la presa su saidin e il sasso procedeva a singhiozzi. Fra qualche ora, dal palazzo sarebbe partito il carro con i nuovi candidati che si erano presentati da lui fin dal giorno precedente. Stavolta erano quattro. A volte erano solo due o tre, anche se il numero stava crescendo. Diciotto da quando aveva portato Taim alla fattoria, e solo tre potevano imparare a incanalare. Taim insisteva a dire che era un numero notevole considerando che si erano recati a Caemlyn solo per avere la possibilità di provare. Aveva anche fatto presente più di una volta che, di quel passo, entro sei anni avrebbero raggiunto la Torre per numero di presenze. Rand non aveva bisogno che gli venisse ricordato di non avere tutto quel tempo a disposizione. Non ne aveva neanche per permettergli di rallentare le lezioni.
«Come lo faresti?»
«Usando i passaggi.» Taim aveva imparato subito. Imparava in fretta tutto ciò che Rand gli mostrava. «Posso visitare due o tre villaggi al giorno. Sarebbe più facile iniziare dai villaggi che dai paesini. Lascerò Flinn a controllare le lezioni — è quello che ha appreso più di tutti, malgrado ciò che hai visto — e porterò con me Grady, Hopwil o Morr. Dovrai fornirci dei cavalli decenti. Il ronzino che usiamo per il carro non va bene.»
«Cosa intendi fare? Annunciare che stai cercando uomini che vogliono incanalare? Sarai fortunato se gli abitanti del villaggio non cercheranno di impiccarti.»
«Posso essere molto più discreto» rispose asciutto Taim. «Dirò che sto reclutando uomini per il seguito del Drago Rinato.» Più discreto? Non molto. «Dovrebbe spaventarli abbastanza da tenerli lontano dalla mia gola mentre riunisco tutti quelli che vogliono seguirmi. E ci aiuterebbe anche a individuare tutti quelli che si oppongono a te. Immagino che tu non voglia addestrare uomini che ti si rivolteranno contro non appena ne avranno l’opportunità.» Sollevò un sopracciglio con fare interrogativo, ma non attese l’inutile risposta. «Una volta che li avrò allontanati senza rischi dal villaggio, posso portarli qui attraverso il passaggio. Alcuni potrebbero cadere in preda al panico, ma non dovrebbe essere troppo difficile tenerli a bada. Una volta acconsentito a seguire un uomo che può incanalare, non possono tirarsi indietro se qualcuno li vuole esaminare. Quelli che dovessero fallire li manderò a Caemlyn. È ora che organizzi un esercito tutto tuo invece di dipendere da quelli degli altri. Bashere potrebbe cambiare idea; lo farà se glielo ordinerà la regina Tenobia. E chi può dire cosa faranno questi Aiel?» Stavolta fece una pausa, ma Rand si trattenne. Aveva avuto gli stessi pensieri, non riguardo agli Aiel, ma Taim non aveva bisogno di saperlo. Dopo un istante, l’uomo proseguì come se non avesse mai proposto l’argomento. «Voglio fare una scommessa con te. Fissa tu il prezzo. Il primo giorno che recluterò, troverò tanti uomini che possono imparare quanti ne verrebbero di loro spontanea volontà in un mese. Una volta che Flinn e qualcun altro saranno pronti a uscire senza di me...» Allargò le braccia. «Raggiungerò la Torre Bianca in meno di un anno. E ogni uomo sarà un’arma.»
Rand esitò. Lasciar andare Taim era un rischio. L’uomo era troppo aggressivo. Cosa avrebbe fatto se avesse incontrato una Aes Sedai mentre reclutava le sue truppe? Forse avrebbe mantenuto la parola e risparmiato loro la vita, ma se la donna avesse scoperto chi era? Cosa sarebbe successo se lo avesse schermato e catturato? Era una perdita che Rand non poteva permettersi. Non poteva addestrare lui gli studenti e fare tutto il resto. Sei anni per eguagliare la Torre. Se le Aes Sedai non trovavano quel posto per prime e lo distruggevano con tutti gli studenti prima che ne sapessero abbastanza per difendersi! O meno di un anno. Alla fine annuì. La voce di Lews Therin era un folle ronzio in lontananza. «Avrai i tuoi cavalli.»