Chiedendosi se fosse il caso di disfare la treccia, Nynaeve guardò il vestito e la sottoveste da sotto un asciugamano a righe rosse, mentre gocciavano sul pavimento pulito di fresco. Stava usando per coprirsi un altro asciugamano consumato, a righe verdi e bianche e molto più largo. «Adesso sappiamo che i colpi improvvisi non funzionano» ruggì contro Theodrin, e sussultò. Le faceva male la mascella e la guancia ancora pizzicava. Theodrin aveva i riflessi veloci e le mani forti. «Adesso potrei incanalare, ma un momento fa saidar era il pensiero più lontano in assoluto.» Un momento in cui aveva cercato di respirare, quando il pensiero era svanito e l’istinto aveva preso il sopravvento.
«Be’, incanala per asciugare i vestiti» mormorò Theodrin.
Nynaeve si sentì meglio. Guardava Theodrin che si osservava l’occhio in un pezzo di specchio e se lo toccava. La carne pareva già un po’ gonfia e Nynaeve sospettava che se non fosse stata guarita il livido sarebbe risultato spettacolare. Neppure lei aveva le braccia deboli. Un livido era il meno che la Domanese si meritasse!
Forse la donna era dello stesso parere, perché sospirò: «Non ci proverò ancora. Ma in un modo o nell’altro ti insegnerò ad arrenderti a saidar senza prima diventare abbastanza arrabbiata da mordere.»
Nynaeve guardò furiosa gli indumenti bagnati e si fermò un attimo a riflettere. Prima d’ora non aveva mai fatto nulla di simile. Il divieto di svolgere mansioni quotidiane usando il Potere era severo e ben motivato. Saidar era seducente. Più s’incanalava, più si voleva incanalare e più si voleva incanalare, più grande era il rischio che prima o poi si attingesse troppo Potere, finendo quietate o uccise. Stavolta la dolcezza della Vera Fonte la colmò facilmente. Il secchio d’acqua di Theodrin vi aveva provveduto, se non ci era riuscito il resto della mattinata. Un semplice flusso di Acqua tolse tutta l’umidità dagli abiti, la fece condensare in gocce che caddero in terra andando a unirsi all’acqua versata dal secchio.
«Non sono molto brava ad arrendermi» le disse. A meno che combattere non fosse insensato. Solo una sciocca perseverava quando non aveva alcuna possibilità. Non poteva respirare sott’acqua e non poteva volare sbattendo le braccia e non poteva incanalare se non quando era arrabbiata.
Theodrin spostò lo sguardo dalla pozzanghera su Nynaeve e si portò le mani ai fianchi. «Ne sono ben consapevole» rispose con troppo fervore. «Per quanto mi è stato insegnato, non dovresti essere capace di incanalare. Mi è stato detto che bisogna essere calme per farlo, fredde e serene, aperte e arrendevoli.» Il bagliore di saidar la circondò e dei flussi di Acqua trasformarono la pozzanghera in una palla. «Bisogna arrendersi prima di poterla gestire. Ma tu, Nynaeve... per quanto cerchi di arrenderti — ti ho vista provare — rimani sulle difensive a meno che non sia abbastanza furiosa da dimenticare.» Dei flussi di Aria sollevarono la sfera d’acqua. Per un istante Nynaeve pensò che gliela volesse lanciare contro, ma la sfera fluttuò fuori della finestra e cadde in strada con molti spruzzi, facendo scappare un gatto spaventato e infuriato. Forse il divieto non era valido quando si raggiungevano i livelli di Theodrin.
«Perché non lasciamo le cose come stanno?» Il tentativo di Nynaeve di sembrare spensierata era fallito. ‘Voleva’ incanalare ogni volta che ne lo desiderava. Ma, come diceva il vecchio proverbio, ‘se i desideri fossero ali, i maiali volerebbero’.
«Non ha senso sprecare...»
«Basta» disse Theodrin, mentre Nynaeve iniziava a usare il flusso d’Acqua sui capelli. «Rilascia saidar e falli asciugare naturalmente. E mettiti i vestiti.»
Nynaeve socchiuse gli occhi. «Hai un’altra sorpresa in serbo per me?»
«No. Adesso incomincia a preparare là mente. Sei un bocciolo di un fiore che percepisce il caldo della Fonte, pronto a dischiudersi a quel calore. Saidar è il fiume e tu sei la riva. Il fiume è più potente della riva, ma la riva lo contiene e lo guida. Svuota la mente e pensa solo al bocciolo. Non c’è nulla nei tuoi pensieri se non il bocciolo. Tu sei il bocciolo...»
Nynaeve sospirò mentre si infilava la sottoveste e la voce di Theodrin ronzava ipnotica. Un esercizio da novizia. Se con lei avesse funzionato, avrebbe incanalato a suo piacimento molto tempo prima. Doveva interrompere quello spreco di tempo e occuparsi di cose più utili, come convincere Elayne ad andare a Caemlyn. Ma voleva che Theodrin avesse successo, anche se significava prendere secchiate d’acqua. Le Ammesse non si arrendevano. Non provocavano. Odiava che le venisse detto cosa non fare anche più di quando le veniva ordinato cosa fare.
Trascorsero diverse ore, con le due donne sedute una di fronte all’altra davanti a un tavolo che pareva essere sbucato dal saccheggio di una fattoria. Ore di esercizi che le novizie probabilmente stavano facendo proprio in quel momento. Il bocciolo, il fiume e la riva. La brezza estiva, il ruscello gorgogliante. Nynaeve cercò di essere il seme di un dente di leone che volava nel vento, la terra che beveva la pioggia primaverile, una radice che penetrava nel suolo. Tutto senza risultati, non quelli che voleva Theodrin. Suggerì anche a Nynaeve di immaginarsi fra le braccia di un amante, cosa che si trasformò in un disastro, visto che la fece pensare a Lan e a come avesse osato sparire a quel modo! Ogni volta la frustrazione accendeva l’ira come un carbone ardente fra l’erba secca e le faceva afferrare saidar. A quel punto Theodrin glielo faceva rilasciare e la faceva provare di nuovo, calmandola. Il modo in cui la donna si era fissata su ciò che voleva la faceva impazzire. Nynaeve era convinta che avrebbe potuto insegnare ai muli come essere ostinati. Non era mai frustrata; era serena fino alla punta dei piedi. Nynaeve avrebbe voluto versare un secchio d’acqua fredda sulla sua, di testa, e vedere se le sarebbe piaciuto. Ma in fondo, ripensando al dolore alla mascella, forse non era una buona idea.
Theodrin la guarì prima che andasse via, il massimo che potesse fare usando il talento della guarigione. Dopo un istante Nynaeve la guarì a sua volta. L’occhio di Theodrin era diventato color porpora e a Nynaeve sarebbe piaciuto lasciarglielo come monito a essere prudente in futuro, ma in fondo era giusto intervenire e i sussulti e i brividi di Theodrin sotto i flussi di Spirito, Aria e Acqua furono un’equa ricompensa per quanto aveva subito Nynaeve quando le aveva rovesciato il secchio d’acqua sulla testa. Anche lei tremava quando guariva, ma non poteva avere tutto.
Adesso il sole era a metà dell’orizzonte a occidente. Lungo la strada vide un’ondata di inchini e riverenze, quindi la folla si aprì per rivelare la presenza di Tarna Feir, che stava andando via come una regina che attraversasse un porcile, lo scialle dalle frange rosse che le pendeva dai gomiti come una vistosa bandiera. Anche a cinquanta passi di distanza il suo atteggiamento era chiaro, dal modo in cui sosteneva il capo, da come teneva la gonna lontano dalla polvere, da come ignorava tutti quelli che si inchinavano o facevano la riverenza. Il primo giorno c’erano stati meno inchini e più odio, ma un’Aes Sedai era un’Aes Sedai, almeno per le Sorelle a Salidar. A sottolineare il fatto, due Ammesse, cinque novizie e quasi una dozzina di inservienti trascorrevano il tempo libero a trasportare i rifiuti della cucina o a svuotare i vasi da notte nella foresta: avrebbero seppellito il contenuto in un secondo momento.
Mentre Nynaeve si allontanava prima che Tarna potesse vederla, lo stomaco le gorgogliò in modo tale che un tizio con un cesto di rape alle sue spalle la guardò stupito. Aveva saltato la colazione quando Elayne stava cercando di penetrare la protezione delle Adunanti, il pranzo durante gli esercizi di Theodrin. E non aveva ancora finito con lei, per quel giorno. Theodrin le aveva raccomandato di non dormire. Forse la stanchezza avrebbe funzionato. «Ogni blocco può essere spezzato,» le aveva detto Theodrin con voce sicura «e io spezzerò il tuo. Mi basta riuscirci una volta. Una volta che tu riesca a incanalare senza essere arrabbiata e saidar sarà tuo.»
Al momento, tutto ciò che Nynaeve voleva era del cibo. Le sguattere stavano già pulendo, e avevano quasi finito, ma l’odore di montone stufato e maiale arrosto che fiutò in cucina le fece torcere il naso. Dovette accontentarsi di due mele, un pezzo di formaggio di capra e del pane. La giornata non procedeva bene.
Nella loro camera trovò Elayne distesa sul letto. La giovane la guardò senza sollevare il capo, quindi riprese a osservare le crepe sul soffitto. «Ho avuto una giornata infernale, Nynaeve» sospirò. «Escaralde insiste nel voler imparare a fabbricare i ter’angreal quando non è abbastanza forte, e Varilin ha fatto qualcosa, non so cosa, e la pietra che stava lavorando le si è trasformata in una palla di... be’, non era proprio fuoco... fra le mani. Se non fosse stato per Dagdara penso che sarebbe morta; nessun’altra avrebbe potuto guarirla e non credo ci fosse il tempo di trovare qualcuna capace di farlo. Poi stavo pensando a Marigan — se non riusciamo a imparare come individuare un uomo che incanala, forse possiamo almeno scoprire le cose che fa; mi sembra di ricordare che Moiraine avesse detto che è possibile. Comunque stavo pensando a lei e qualcuno mi ha toccata sulla spalla, quindi ho gridato come se fossi stata punta. Era solo un povero carrettiere che voleva chiedermi di una stupida voce, ma l’ho spaventato tanto che è quasi corso via.»
Alla fine prese fiato e Nynaeve decise di non tirarle il torsolo della mela nel tentativo di farla azzittire. «Dov’è Marigan?»
«Aveva finito di pulire, dopo essersela presa comoda, quindi l’ho mandata in camera sua. Indosso ancora il bracciale, vedi?» Agitò il polso in aria e lo lasciò ricadere sul materasso, ma il flusso di parole non rallentò. «Stava insistendo in quel modo lamentoso su come dovremmo fuggire a Caemlyn tanto che non ho potuto sopportarla un altro minuto, non dopo tutto il resto. La lezione con le novizie è stata un disastro. Quella orribile Keatlin, quella con il nasone, continuava a borbottare che a casa non aveva mai permesso a una ragazza di darle degli ordini, e Faolain è venuta a chiedere perché Nicola fosse nella mia classe — come facevo a sapere che doveva fare le sue commissioni? — poi bella ha deciso di vedere quanto poteva essere grande la sua fiamma e ha quasi dato fuoco alla classe; Faolain mi ha fatto la ramanzina davanti a tutte per non essere capace di mantenere il controllo e Nicola ha detto che lei...»
Nynaeve rinunciò al tentativo di infilare una parola — forse le avrebbe davvero dovuto tirare quel torsolo — e gridò: «Credo che Moghedien abbia ragione!»
Quel nome fece tacere di botto l’altra, che si sedette sul letto. Nynaeve non poté fare a meno di guardarsi intorno per vedere se qualcuno l’avesse sentita, anche se erano nella loro stanza.
«Ma è una sciocchezza, Nynaeve.»
Nynaeve non sapeva se Elayne si riferisse all’idea di pronunciare ad alta voce quel nome e non voleva investigare. Seduta sul letto davanti a Elayne, si sistemò la gonna. «No, non lo è. Uno di questi giorni Seve e Jaril potrebbero dire che Marigan non è la loro mamma, se non l’hanno già fatto. Sei pronta per le domande che seguirebbero? Io no. Uno di questi giorni un’Aes Sedai investigherà su come riesco a scoprire tutte quelle cose senza essere infuriata dall’alba al tramonto. Ne parlano tutte quelle che incontro e Dagdara da qualche tempo mi guarda in modo strano. E poi non faranno altro che restarsene qui a non fare nulla. A meno che non decidano di ritornare alla Torre. Mi sono nascosta e ho sentito Tarna che parlava con Sheriam...»
«Hai fatto cosa?»
«Mi sono nascosta e ho ascoltato» ripeté Nynaeve. «Il messaggio di risposta per Elaida è che hanno bisogno di altro tempo per pensare. E questo significa che stanno almeno prendendo in considerazione di dimenticarsi dell’Ajah Rossa e Logain. Come possono farlo, non lo so, ma deve essere così. Se rimaniamo più a lungo, potremmo finire consegnate a Elaida come regalo. Se non altro, andando via adesso forse potremo dire a Rand di non contare su nessuna Aes Sedai. Potremo dirgli di non fidarsi di nessuna Aes Sedai.»
Elayne aggrottò le sopracciglia in modo vezzoso e incrociò le gambe. «Se stanno ancora pensando significa che non hanno deciso. Penso che dovremmo restare. Forse possiamo aiutarle a scegliere nel modo giusto. E poi, a meno che non riesci a convincere Theodrin a venire con noi, non riuscirai mai a liberarti del tuo blocco.»
Nynaeve la ignorò. Le aveva fatto proprio un gran bene Theodrin, sino ad allora. Secchi d’acqua. Niente sonno durante la notte. Cos’altro avrebbe combinato? La donna poteva dire quanto voleva che aveva intenzione di provare di tutto fino a quando non avesse scoperto cosa funzionasse. Richiedeva troppo tempo per il modo di pensare di Nynaeve. «Aiutarle a scegliere? Non ci ascolteranno. Non lo fa nemmeno Siuan, e se ci tiene per la collottola, noi la teniamo per l’alluce.»
«Sono ancora convinta che dovremmo restare. Se non altro fino a quando il Consiglio non prenderà una decisione. Poi, se decidessero per il peggio, potremo riferire a Rand un fatto e non, un’ipotesi.»
«E come dovremmo fare a scoprirlo? Non possiamo contare su di me per trovare di nuovo la finestra giusta e ascoltare una seconda volta. Se aspettiamo fino a quando lo annunceranno pubblicamente, potremmo essere sorvegliate. Se non altro io. Non c’è un’Aes Sedai che non sappia che io e Rand veniamo da Emond’s Field.»
«Siuan ce lo dirà prima che venga annunciato» rispose Elayne con calma. «Non penserai che lei e Leane se ne andranno docilmente da Elaida, vero?»
Era vero. Elaida avrebbe preteso le teste di Siuan e Leane prima che le rivolgessero la riverenza. «Ma ancora non hai una risposta per Jaril e Seve.»
«Penseremo qualcosa. In ogni caso non sono i primi bambini profughi affidati a qualcuno che non sia un parente.» Elayne probabilmente pensava che il suo sorriso con le fossette fosse rassicurante. «La sola cosa che dobbiamo fare è pensarci. Dovremmo aspettare almeno che Thom ritorni dall’Amadicia. Non posso lasciarlo indietro.»
Nynaeve alzò le mani. Se l’aspetto fosse stato corrispondente al carattere, Elayne sarebbe somigliata a un mulo scolpito nella roccia. La ragazza aveva deciso di rimpiazzare il padre, morto quando lei era piccola, con Thom Merrilin. A volte pareva addirittura convinta che non sapesse trovare il modo di andare a cena a meno che lei non gli desse la mano.
Il solo avviso che ebbe Nynaeve fu la sensazione di saidar abbracciata da qualcuno nelle vicinanze, quindi la porta si spalancò con un flusso d’Aria e Tarna Feir entrò nella stanza. Nynaeve ed Elayne balzarono in piedi. Un’Aes Sedai era un’Aes Sedai e alcuni di quei rifiuti erano stati seppelliti su richiesta di Tarna.
La Sorella bionda le esaminò, l’espressione molto arrogante. «Bene, la Regina di Andor e la selvatica invalida.»
«Non ancora, Aes Sedai» rispose Elayne fredda e educata. «Non fino a quando verrò incoronata nella grande sala. E solo se mia madre è morta» aggiunse.
Il sorriso di Tarna avrebbe potuto gelare una tormenta di neve. «Ma certo. Hanno cercato di tenerlo nascosto, ma le voci circolano.» Lo sguardo che rivolse in giro incluse i letti piccoli e lo sgabello traballante, gli abiti appesi ai ganci sul muro e l’intonaco crepato. «Pensavo che avreste avuto delle stanze migliori, considerando le cose miracolose che avete fatto. Se foste nella Torre Bianca, come dovrebbe essere, non sarei sorpresa di vedervi già esaminate per conseguire lo scialle.»
«Grazie» rispose Nynaeve, per dimostrare che poteva essere civile come Elayne. Tarna la guardò. Quegli occhi azzurri facevano sembrare caldo il resto del volto. «Aes Sedai» aggiunse in ritardo.
Tarna si rivolse di nuovo a Elayne. «L’Amyrlin ha un posto speciale per te, in cuor suo, e per Andor. Ha scatenato una ricerca alla quale non crederesti. So che sarebbe molto contenta se tu facessi ritorno a Tar Valon insieme a me.»
«Il mio posto è qui, Aes Sedai.» La voce di Elayne era ancora gradevole, ma aveva sollevato il mento e teneva testa all’espressione arrogante di Tarna. «Ritornerò alla Torre quando lo faranno le altre.»
«Vedo» rispose Tarna atona. «Molto bene. Adesso lasciaci. Voglio parlare da sola con la selvatica.» Nynaeve ed Elayne si scambiarono qualche occhiata, ma Elayne non poté fare altro se non rivolgere la riverenza a Tarna e andare via.
Quando si chiuse la porta, Tarna cambiò totalmente. Sedette sul giaciglio di Elayne e tirò su le gambe, appoggiandole sulla testata del letto e ripiegando le mani sullo stomaco. Il volto si addolcì e sorrise addirittura. «Sembri a disagio, non ti morderò.»
Nynaeve le avrebbe creduto se fosse cambiata anche la luce degli occhi. Il sorriso non li toccava mai: al contrario, parevano dieci volte più duri, cento volte più freddi. La combinazione le diede i brividi. «Non sono a disagio» rispose rigida, bloccando i piedi per non dondolare.
«Ah. Offesa, vero? Perché? Perché ti ho chiamata selvatica? Anche io sono una selvatica, sai? Galina Casban mi ha tolto il bloccò. Aveva capito prima di me a quale Ajah avrei appartenuto e mi ha presa a cuore personalmente. Lo fa sempre con quelle che pensa sceglieranno la Rossa.» Scosse il capo ridendo, con lo sguardo sempre glaciale. «Ho trascorso ore a gridare e piangere prima di riuscire a toccare saidar senza tenere gli occhi chiusi; non puoi intessere se non vedi i flussi. Mi sembra di capire che Theodrin stia usando metodi più gentili con te.»
Nynaeve mosse i piedi senza volere. Sicuramente Theodrin non avrebbe tentato una cosa simile! Certo che no. Irrigidire le ginocchia non servì a calmarle lo stomaco. Quindi non doveva offendersi, vero? E doveva ignorare anche di essere stata definita invalida? «Di cosa volevi parlarmi, Aes Sedai?»
«L’Amyrlin vuole vedere Elayne al sicuro, ma per diversi aspetti tu sei altrettanto importante. Forse anche di più. Quanto sai su Rand al’Thor è impagabile. E ciò che sa Egwene al’Vere. Sai dove si trova?»
Nynaeve voleva asciugarsi il sudore dal viso, ma trattenne le mani lungo i fianchi. «Non la vedo da molto tempo, Aes Sedai.» Mesi, dal loro ultimo incontro nel tel’aran’rhiod. «Posso chiedere cosa...» nessuna a Salidar si riferiva a Elaida chiamandola Amyrlin, ma lei doveva portare rispetto a quella donna «...cosa vuole fare l’Amyrlin con Rand?»
«Cosa vuole fare, bambina? Lui è il Drago Rinato. L’Amyrlin lo sa e vuole dargli tutti gli onori che merita.» La voce di Tarna assunse un tono interessato. «Pensa, bambina. Quel gruppo se ne tornerà nel gregge una volta che avranno capito bene cos’hanno fatto, ma ogni giorno potrebbe essere vitale. Per tremila anni la Torre Bianca ha guidato i governanti; ci sarebbero state molte più guerre e anche peggiori, senza la Torre. Il mondo potrebbe trovarsi davanti al disastro se non guidiamo al’Thor. Ma non puoi guidare ciò che non conosci, come io non potevo incanalare a occhi chiusi. La cosa migliore che puoi fare per lui è tornare alla Torre con me e regalare all’Amyrlin la tua conoscenza adesso, invece che fra settimane o mesi. Sarebbe meglio anche per te. Qui non potrai mai essere promossa Aes Sedai. La Verga dei Giuramenti si trova alla Torre. L’esame può essere fatto solo alla Torre.»
A Nynaeve bruciavano gli occhi per il sudore, ma rifiutava di battere le palpebre. Forse Tarna pensava di riuscire a corromperla? «Non ho mai trascorso molto tempo con lui. Vivevo nel villaggio, vedi, e lui in una fattoria nel Bosco Occidentale. Mi ricordo di un ragazzino testardo. Doveva essere spinto a fare le cose, o trascinato. Ma questo quando era un ragazzino. Forse adesso è cambiato, per quanto ne so. Molti uomini sono solo dei bambini cresciuti, ma forse lui è cambiato.»
Tarna la guardò a lungo. Molto a lungo, con occhi gelidi. «Be’» disse alla fine, alzandosi così rapidamente che Nynaeve fece quasi un passo indietro, anche se nella piccola stanza non c’era spazio per arretrare. Quel sorriso inquietante rimase al suo posto. «Qui è riunito davvero uno strano gruppo. Non ho visto nessuna delle due, ma mi sembra di aver capito che Siuan Sanche e Leane Sharif siano a Salidar. Non il tipo di persone che una donna saggia frequenterebbe. Forse ospitate altre stranezze? Staresti molto meglio con me. Me ne vado domani mattina. Fammi sapere stanotte se mi devo aspettare di incontrarti strada facendo.»
«Temo di non...»
«Pensaci, bambina. Potrebbe essere la decisione più importante della tua vita. Pensaci bene.» La maschera amabile svanì e Tarna lasciò la stanza.
Le ginocchia di Nynaeve cedettero, facendola cadere sul letto. Quella donna le aveva scatenato una tale gamma di emozioni che non sapeva cosa fare. Disagio e rabbia ribollivano assieme con l’allegria. Sperava che l’Ajah Rossa avesse modo di comunicare con le Aes Sedai alla Torre Bianca che cercavano Rand. Oh, quanto le sarebbe piaciuto essere una mosca appoggiata sul muro mentre cercavano di usare quanto aveva appena detto su di lui. Tentare di corromperla. Cercare di spaventarla. Facendo peraltro un buon lavoro. Tarna era sicura che le Aes Sedai di Salidar si sarebbero inginocchiate a Elaida. Era una conclusione scontata, l’unico dubbio era quando. Che avessero anche accennato a Logain? Nynaeve sospettava che Tarna ne sapesse di più su Salidar di quanto il Consiglio o Sheriam sospettassero. Forse Elaida aveva delle alleate fra loro.
Nynaeve aspettò che Elayne tornasse, poi, trascorsa mezz’ora, andò a cercarla. Prima avanti e indietro per strada, poi cominciò ad arrampicarsi sui carri o i calessi per guardare dall’alto, o sui barili chiusi o su un masso, per vedere sopra le teste della folla. Il sole era quasi tramontato prima che Nynaeve facesse ritorno alla loro stanza, borbottando e trovandovi Elayne, che era chiaramente appena arrivata.
«Dove sei stata? Pensavo che Tarna ti avesse legata da qualche, parte!»
«Stavo riprendendo questi da Siuan.» Elayne aprì la mano. Aveva due degli anelli di pietra ritorta.
«Uno dei due è quello vero? Hai avuto una buona idea a riprenderli, ma avresti dovuto provare a recuperare quello vero.»
«Non ho cambiato idea, Nynaeve. Penso ancora che dovremmo restare.»
«Tarna...»
«Mi ha solo convinta. Se andiamo via, Sheriam e il Consiglio sceglieranno la Torre unita anziché Rand. Lo so.» Appoggiò le mani sulle spalle di Nynaeve, che si sedette sul letto. Elayne si accomodò su quello di fronte e si protese in avanti. «Ti ricordi cosa mi hai detto quando parlavi di usare il bisogno per trovare qualcosa nel tel’aran’rhiod? Quello di cui abbiamo bisogno è il sistema di convincere il Consiglio a non andare da Elaida.»
«Come? Cosa? Se Logain non è abbastanza...»
«Lo sapremo quando lo scopriremo» rispose Elayne con fermezza.
Nynaeve giocava con la treccia con fare assente. «Acconsentiresti ad andare via se non scoprissimo nulla? Non mi piace molto l’idea di starmene qui fino a quando decideranno di metterci sotto controllo.»
«Lo farò se tu acconsenti a rimanere nel caso scoprissimo qualcosa di utile. Nynaeve, per quanto desideri vederlo, siamo più utili qui.»
Nynaeve esitò prima di mormorare: «D’accordo.» Non pareva una scelta particolarmente arrischiata. Senza alcuna idea di cosa cercare non riusciva a immaginare che avrebbero trovato qualcosa.
Se le era sembrato che la giornata trascorresse lentamente, adesso strisciava. Si misero in fila davanti a una delle cucine per avere un piatto di prosciutto, rape e piselli. Il sole rimase al livello degli alberi per ore. Molte a Salidar andavano a letto al tramonto, ma dietro le finestre apparivano delle luci, specialmente negli edifici grandi. Il Consiglio offriva un banchetto per Tarna. Dalla vecchia locanda provenivano dei suoni di arpa; le Aes Sedai avevano trovato un suonatore fra i soldati, lo avevano fatto rasare e gli avevano messo addosso una livrea. La gente che oltrepassava la locanda lanciava delle occhiate prima di proseguire in fretta; alcuni la ignoravano con tale impegno che tremavano quasi per lo sforzo. Ancora una volta Gareth Bryne era l’eccezione. Stava cenando seduto su una scatola di legno in mezzo alla strada; qualunque componente del Consiglio che si fosse affacciata lo avrebbe visto. Lentamente, molto lentamente, il sole scese dietro le colline. Il buio giunse all’improvviso, senza crepuscolo, e le strade si svuotarono. La melodia dell’arpista riprese. Gareth Bryne era ancora seduto sulla cassa, al margine di una pozza di luce che proveniva dal banchetto del Consiglio. Nynaeve scosse il capo; non sapeva se l’uomo fosse ammirevole o sciocco. Sospettava fossero vere entrambe le cose.
Solo quando fu nel suo letto con il ter’angreal punteggiato infilato nel cordoncino che portava al collo assieme all’anello di Lan e la candela spenta, ricordò le istruzioni di Theodrin. Be’, era troppo tardi. Theodrin non avrebbe mai scoperto se aveva dormito meno. E dove si era cacciato Lan?
Il ritmo del respiro di Elayne rallentò, Nynaeve sprimacciò il cuscino e...
...si ritrovò in piedi davanti al letto vuoto, mentre osservava una Elayne nebulosa nella notte non molto chiara del tel’aran’rhiod. Lì non c’era nessuna che le avrebbe viste. Sheriam o una del suo gruppo forse erano in giro, o Siuan e Leane. Era vero che le due avevano il diritto di visitare il Mondo dei Sogni, ma in quella serata nessuna di loro aveva voglia di rispondere alle domande. Elayne la vedeva come una caccia. Consapevole o meno, si era vestita come Birgitte, con la giubba verde e le brache bianche. Nynaeve batté le palpebre nel vedere l’arco d’argento, che svanì assieme alla faretra.
A quel punto, controllò i propri vestiti e sospirò. Un abito da ballo di seta blu, ricamato con dei fiori dorati attorno alla scollatura profonda e viticci in fondo alla gonna. Sapeva di indossare delle scarpine da ballo di velluto. Non importava molto cosa s’indossasse nel tel’aran’rhiod, era una scelta casuale, legata a ciò che si pensava. Ma cosa aveva in mente per fare una scelta simile? «Sei consapevole che questo tentativo potrebbe non funzionare?» disse, indossando un abito di robusta lana dei Fiumi Gemelli e scarpe resistenti. Elayne non aveva alcun diritto di sorridere a quel modo. Un arco d’argento. Ah! «Dovremmo avere almeno un’idea di cosa cercare.»
«Deve funzionare, Nynaeve. Da come mi hai spiegato, le Sapienti ti hanno detto che la chiave è il bisogno, ed è meglio che sia forte, e noi sicuramente abbiamo bisogno di qualcosa, o la promessa di fornire aiuto a Rand sarà vana, eccetto per ciò che Elaida vuole concedergli. Non lascerò che accada, Nynaeve. Non lo permetterò.»
«Abbassa il mento. Nemmeno io lo voglio, se c’è qualcosa che possiamo fare. Tanto vale che procediamo.» Nynaeve prese per mano Elayne e chiuse gli occhi. Sperava che una parte di lei avesse idea di cosa avessero bisogno. Forse non sarebbe accaduto nulla. Bisogno. Di colpo tutto sembrò vorticarle attorno. Sembrava che il tel’aran’rhiod ruotasse e precipitasse.
Aprì subito gli occhi. Ogni passo fatto usando il bisogno era alla cieca, dettato dalla pura necessità, e mentre ciascuno di essi portava più vicini alla meta, allo stesso tempo poteva fare atterrare le persone su un nido di vipere, o disturbare un leone a caccia che avrebbe potuto staccarti una gamba.
Non c’erano leoni, ma ciò che videro fu comunque inquietante. Era pieno giorno, ma questo non la disturbava: il tempo lì scorreva in modo diverso. Lei ed Elayne si tenevano per mano su una strada coperta di ciottoli, circondate da edifici di pietra e mattoni. Finestre elaborate e fregi bellissimi adornavano case e negozi. I tetti erano coperti da cupole, e ponti di pietra o legno passavano sopra le strade, a volte raggiungendo in altezza edifici di tre o quattro piani. Monti di spazzatura, abiti vecchi e mobili rotti erano accatastati agli angoli delle strade e i ratti correvano liberi in gran numero, a volte fermandosi per squittire impavidi contro di loro. Le persone che si sognavano nel tel’aran’rhiod scomparivano alla vista. Un uomo cadde gridando da uno dei ponti e svanì prima di toccare il lastricato. Una donna che gemeva con addosso un abito lacerato corse verso di loro prima di scomparire. Grida e urla troncate echeggiavano per le strade, accompagnato a volte da risate rauche che somigliavano a quelle di un maniaco.
«Non mi piace tutto questo» osservò Elayne preoccupata.
In lontananza si vedeva una grande colonna bianca sopra la città, che superava in altezza le torri, molte delle quali erano unite da ponti che facevano sembrare bassi tutti gli altri. Si trovavano a Tar Valon, nella parte dove Nynaeve aveva visto Leane l’ultima volta. Quest’ultima non era stata molto aperta nello spiegare cosa stesse facendo; aumentare la grandezza e la leggenda delle misteriose Aes Sedai, le aveva risposto.
«Non importa» disse Nynaeve. «Nessuna a Tar Valon conosce il Mondo dei Sogni. Non incontreremo nessuna.» Le venne il voltastomaco nel vedere un uomo con il volto insanguinato che apparve all’improvviso barcollando verso di loro. Non aveva le mani, ma solo dei monconi.
«Non era ciò che intendevo» mormorò Elayne.
«Andiamo.» Nynaeve chiuse gli occhi. Bisogno.
Cambio.
Adesso erano nella Torre, in uno dei corridoi tappezzati di arazzi. Una novizia paffuta apparve a meno di dieci passi di distanza e sgranò gli occhi quando le vide.
«Vi prego,» le implorò «vi prego» e scomparve.
Elayne gridò di colpo. «Egwene!»
Nynaeve si voltò, ma il corridoio era vuoto.
«L’ho vista» insisté Elayne. «Ne sono sicura.»
«Immagino che possa sfiorare il tel’aran’rhiod anche da un sogno ordinario, come chiunque altro» rispose Nynaeve. «Andiamo avanti con la nostra missione.» Adesso cominciava a sentirsi a disagio.
Si presero di nuovo per mano. Bisogno.
Cambio.
Adesso si trovavano in un magazzino speciale. Gli scaffali allineati lungo le pareti creavano due corte file con delle scatole disposte in bell’ordine, di diverse forme e dimensioni. Qualcuna di legno, altre scolpite o laccate, contenenti oggetti avvolti nel panno, statue e sagome varie dalle forme insolite, che parevano di metallo o vetro, cristallo o pietra o a volte porcellana. Nynaeve non aveva bisogno d’altro per sapere che erano oggetti creati con l’Unico Potere, forse dei ter’angreal, degli angreal e sa’angreal. Quell’insolita collezione, ben conservata, non poteva essere altro che nella Torre.
«Non credo abbia senso proseguire» disse Elayne scoraggiata. «Non so nemmeno come potremmo portare via qualcosa da qui.»
Nynaeve si tirò la treccia. Se davvero c’era qualcosa che potevano usare — doveva esserci, a meno che le Sapienti le avessero mentito — allora doveva anche esserci modo di raggiungerla nel mondo reale. Angreal e simili di solito non erano ben protetti. Quando era ancora nella Torre aveva visto solo una novizia e un lucchetto. La porta che vedeva era di solide assi, ma la pensò aperta e spinse.
La porta si aprì nella sala delle guardie. Dei lettini disposti uno sopra altro erano allineati lungo la parete con le alabarde di fronte. Oltre a un pesante tavolo circondato da sgabelli c’era un’altra porta con una piccola grata.
Mentre si voltava verso Elayne, Nynaeve vide che la porta era di nuovo chiusa. «Se non riusciamo ad arrivare qui a ciò di cui abbiamo bisogno, forse possiamo farlo altrove. Voglio dire che forse ci serve qualcos’altro. Se non altro, adesso abbiamo un’idea. Credo che questi siano ter’angreal che nessuno sa come usare. È l’unico motivo per controllarli in questo modo. Potrebbe essere pericoloso anche solo incanalare nei loro pressi.»
Elayne la guardò. «Ma se proviamo di nuovo, non finiremo ancora in quella sala? A meno che... a meno che le Sapienti ti abbiano insegnato come escludere una particolare area dalle ricerche.»
Non lo avevano fatto — non avevano voglia di svelare niente a nessuno — ma in un posto dove aprivi un lucchetto solo pensandolo tutto era possibile. «È esattamente ciò che faremo. Ci concentreremo e penseremo che quanto ci serve non si trova a Tar Valon.» Guardando corrucciata gli scaffali, aggiunse: «E scommetto che si tratta di un ter’angreal che nessuno sa usare.» Come avrebbe convinto il Consiglio a sostenere Rand, non riusciva a immaginarlo.
«Abbiamo bisogno di un ter’angreal che non si trova a Tar Valon» ripeté Elayne come per convincersi. «Molto bene, proseguiamo.»
Protese le mani e dopo un istante Nynaeve le prese. Non era certa di come avesse fatto a diventare lei quella che insisteva nella ricerca. Voleva andare via da Salidar, non trovare un motivo per rimanere. Ma se fosse riuscita ad assicurarsi che le Aes Sedai di Salidar avrebbero aiutato Rand...
Bisogno. Un ter’angreal. Non a Tar Valon. Bisogno.
Cambio.
Ovunque si trovassero, la città scura non era sicuramente Tar Valon. A nemmeno venti passi di distanza l’ampia strada lastricata si trasformava in un ponte bianco di pietra che si inarcava sopra un canale, con statue da entrambi i lati. A cinquanta passi di distanza ne videro un altro. Dei balconi delicati circondavano le torri che erano ovunque, disseminate come lance infilate nel terreno. Ogni edificio era bianco, le porte e le finestre erano ad arco acuto, a volte gli archi erano doppi o tripli. Sugli edifici più maestosi erano visibili lunghi balconi con le ringhiere dipinte di bianco, finestre con i battenti lavorati per nascondere gli occupanti si affacciavano sulle strade e i canali, le cupole bianche con fasce rosse o color oro erano appuntite.
Bisogno. Cambio.
Adesso pareva una città diversa. La strada era stretta e non pavimentata, fiancheggiata su entrambi i lati da edifici di cinque o sei piani, l’intonaco bianco era crepato e i mattoni erano a vista. Qui non c’erano balconi. Le mosche volavano ovunque ed era difficile dire se fosse l’alba per via delle ombre proiettate a terra.
Le due donne si scambiarono un’occhiata. Sembrava improbabile che avrebbero trovato un ter’angreal qui, ma si erano spinte troppo avanti per fermarsi. Bisogno.
Cambio.
Nynaeve starnutì prima di aprire gli occhi e anche dopo che lo ebbe fatto. Ogni passo sollevava nuvole di polvere. Il magazzino non era affatto come quello nella Torre. Ceste e barili affollavano la piccola stanza, ammucchiati ovunque uno sopra l’altro, con un piccolo spazio a dividerli, il tutto coperto dalla polvere. Nynaeve starnutì talmente forte che credeva le sarebbero volate via le scarpe e... la polvere svanì. Tutta. Elayne sorrideva. Nynaeve non disse nulla, si limitò a memorizzare la stanza senza polvere. Avrebbe dovuto pensarci prima.
Guardò il mucchio di ceste e barili e sospirò. La stanza non era più grande di quella a Salidar dove giacevano i loro corpi addormentati, ma cercare fra tanto ciarpame... «Ci vorranno settimane.» «Possiamo provare ancora. Forse ci dirà in quale cesta guardare.». La voce di Elayne pareva dubbiosa quanto si sentiva Nynaeve.
Era comunque un suggerimento valido come un altro. Nynaeve chiuse gli occhi e il cambio avvenne ancora. Quando li aprì si trovò in piedi in fondo al corridoio lontano dalla porta, di fronte a una cassa quadrata che superava l’altezza della sua vita. Le bande di metallo che la circondavano parevano arrugginite e sembrava che la cassa avesse trascorso gli ultimi vent’anni sotto i colpi di un martello. Un nascondiglio più improbabile di quello, in particolar modo per un ter’angreal, non riusciva a immaginarlo. Elayne le stava accanto e fissava la cassa.
Nynaeve mise la mano sul coperchio — i cardini si sarebbero aperti dolcemente — e lo sollevò. Non vi fu nemmeno l’accenno di un cigolio. All’interno erano conservate due spade arrugginite e un pettorale bucato, anch’esso arrugginito, appoggiati sopra una moltitudine di oggetti avvolti nei panni e quelli che parevano gli abiti vecchi di qualcuno, più alcuni utensili da cucina.
Elayne toccò un vecchio bollitore con il beccuccio rotto. «Non settimane, ma il resto della notte.»
«Ancora una volta?» suggerì Nynaeve. «Non ci farà male.» Elayne sollevò le spalle. Occhi chiusi. Bisogno.
Nynaeve si protese in avanti e le mani le ricaddero su qualcosa di duro e rotondo, coperto con degli indumenti tarlati. Quando aprì gli occhi la mano di Elayne era vicino alla sua. Il sorriso dell’altra donna le tagliava quasi in due il viso.
Tirare fuori quell’oggetto non fu facile. Non era piccolo e dovettero spostare giubbe stracciate, tazze sbeccate e pacchetti che si sbriciolarono per rivelare delle statuine in forme animali e ogni tipo di spazzatura. Una volta che lo estrassero dovettero tenerlo in due, sospeso fra loro, un grande disco avvolto fra panni vecchi. Rimossi gli stracci, l’oggetto si rivelò una scodella di cristallo poco profonda, sessanta centimetri di diametro, con incise al centro quelle che parevano delle nuvole che vorticavano.
«Nynaeve,» disse lentamente Elayne «credo che sia...»
Nynaeve sobbalzò e fece quasi cadere l’oggetto dal suo lato quando vide che diventava improvvisamente azzurro e le nuvole incise al centro cominciavano a muoversi. Un attimo dopo il cristallo era di nuovo pulito e le nuvole immobili, ma era certa che non fossero più nella stessa posizione di prima.
«Lo è» confermò a se stessa Elayne. «È un ter’angreal e scommetto tutto quello che possiedo che ha a che fare con il tempo, ma non sono abbastanza forte per farlo funzionare da sola.»
Nynaeve respirò a fatica e cercò di far rallentare il battito cardiaco. «Non farlo! Non capisci che potresti quietarti se cerchi di usare un ter’angreal di cui non conosci lo scopo?»
Quella sciocca ebbe il coraggio di guardarla sorpresa. «È ciò che stavamo cercando, Nynaeve. E pensi che ci sia qualcun altro che ne sappia più di me sui ter’angreal?»
Nynaeve tirò su con il naso. Solo perché aveva ragione non significava che non dovesse avvisarla prima che agisse. «Non dico che non sarebbe meraviglioso se quest’oggetto potesse fare qualcosa per il tempo, ma non vedo come possa essere ciò che ci serve. Quest’oggetto non farà andare il Consiglio dalla parte di Rand.»
«Ciò di cui hai bisogno non è sempre ciò che vuoi» spiegò Elayne. «Lini me lo diceva sempre quando non mi lasciava andare a cavallo, o arrampicarmi sugli alberi, ma forse vale anche nel nostro caso.»
Nynaeve tirò di nuovo su con il naso. Forse era vero, ma in quel momento lei voleva qualcos’altro. Era troppo da chiedere?
La scodella svanì dalle loro mani e stavolta fu Elayne a sobbalzare, borbottando che non ci si sarebbe mai abituata. La cassa era di nuovo chiusa.
«Nynaeve, quando ho incanalato nella scodella ho sentito... Nynaeve, non è il solo ter’angreal in questa stanza. Credo vi siano anche degli angreal e addirittura dei sa’angreal.»
«Qui?» chiese incredula Nynaeve, osservando la stanza disordinata. Ma in fondo se ce n’era uno, perché non due? O dieci, o cento? «Luce, non incanalare di nuovo! Che cosa facciamo se ne attivi uno per sbaglio? Potresti quietar...»
«So quello che faccio, Nynaeve. Davvero. Adesso dobbiamo scoprire dove si trova questa stanza.»
Anche quello non si rivelò un compito facile. Benché i cardini parevano coperti di ruggine, la porta non fu un impedimento, non nel tel’aran’rhiod. Il problema iniziò subito dopo. Lo stretto corridoio buio aveva solo una finestra che non mostrava nulla dall’altro lato della strada se non intonaco vecchio. Scesero delle scale di pietra, ma non servì a nulla. Le strade di fuori erano le prime che vedevano in quella parte della città, ovunque fosse, e gli edifici erano talmente simili a tutto il resto da non essere riconoscibili. I piccoli negozi lungo la strada non avevano insegne e la sola cosa che contrassegnava le locande erano le porte blu. Il rosso era usato per le taverne.
Nynaeve si fece avanti alla ricerca di qualche punto di riferimento, qualcosa che le facesse capire dov’erano, che indicasse di quale città si trattava. Ogni strada che raggiungevano pareva uguale alla precedente. Trovò presto un ponte di semplice pietra, diverso dagli altri che aveva visto prima, e senza statue. Il centro dell’arco mostrava solo un canale che convergeva con altri provenienti da diverse direzioni; vide altri ponti e altri edifici con l’intonaco cadente.
Di colpo si accorse di essere sola. «Elayne.» Silenzio. Solo l’eco della sua voce. «Elayne? Elayne!»
La donna dai capelli biondo oro spuntò da dietro un angolo vicino al ponte. «Eccoti finalmente» disse. «Questo posto fa sembrare ben progettata la tana di un coniglio. Ho girato la testa per un istante e non ti ho più vista. Hai trovato qualcosa?»
«Nulla.» Nynaeve guardò di nuovo il canale prima di raggiungere Elayne. «Niente di utile.»
«Almeno siamo certe di dove ci troviamo. Dev’essere Ebou Dar.» La giubba corta con le brache che aveva addosso Elayne divenne un vestito di seta verde, con delle cascate di merletto che le scendevano sulle mani, il collo alto e ricamato e la scollatura abbastanza profonda da mostrare una bella porzione di seno. «Non mi viene in mente un’altra città con così tanti canali se non Illian, e questa sicuramente non è Illian.»
«Lo spero davvero» osservò Nynaeve. Non le era mai venuto in mente che quella ricerca alla cieca avrebbe potuto farle cadere nel covo di Sammael. Anche lei aveva cambiato aspetto, adesso indossava un vestito blu scuro adatto per cavalcare, con un mantello di lino per la polvere. Lo fece svanire mantenendo tutto il resto.
«Ebou Dar ti piacerebbe, Nynaeve. Le Sapienti ne sanno più di tutti sulle erbe. Sanno curare di tutto. Devono, perché gli abitanti di Ebou Dar litigano anche per uno starnuto, nobili e gente comune, uomini e donne.» Elayne rise. «Thom dice che una volta qui c’erano i leopardi, ma sono andati via perché pensavano che a Ebou Dar i cittadini fossero troppo permalosi per conviverci.»
«Molto interessante,» rispose sarcastica Nynaeve «ma possono litigare quanto gli pare, per ciò che mi interessa. Elayne, tanto vale che riponiamo gli anelli e ci mettiamo a dormire. Non saprei tornare in quella stanza nemmeno se dovessi ricevere lo scialle una volta giunta sul posto. Se solo avessimo modo di disegnare una mappa...» Fece una smorfia. Tanto valeva chiedere un paio d’ali nel mondo reale; se avessero potuto portare via una mappa dal tel’aran’rhiod, avrebbero anche potuto portare la scodella.
«Allora dobbiamo andare a Ebou Dar e cercare» rispose con fermezza Elayne. «Nel mondo reale. Almeno sappiamo in quale parte della città dobbiamo investigare.»
Nynaeve si sentì eccitata. Ebou Dar era solo pochi chilometri a fondovalle dell’Eldar, non lontano da Salidar. «Sembra una bella idea. E ci farà andare via prima che ci cada tutto sulla testa.»
«Nynaeve, ma questa è davvero la cosa più importante per te?»
«È una cosa importante. Ti viene in mente qualcos’altro da fare qui?» Elayne scosse il capo. «Allora possiamo anche ritornare indietro. Ho dormito davvero poco stanotte.» Non c’era modo di sapere quanto tempo fosse trascorso nel mondo reale quando ci si trovava nel tel’aran’rhiod. A volte un’ora nel mondo reale era tale nel Mondo dei Sogni, a volte durava un giorno o più. Fortunatamente non pareva funzionasse anche al contrario, non molto, altrimenti sarebbe stato possibile morire di fame nel sonno.
Nynaeve uscì dal sogno e...
...spalancò gli occhi fissando il cuscino intriso di sudore quanto lei. Dalla finestra non passava un filo d’aria. Salidar era silenziosa, il rumore più forte era il richiamo sommesso di un airone. Sedendosi sul letto slegò il cordoncino attorno al collo, liberò l’anello ritorto e si soffermò un istante per toccare il grosso anello di Lan. Elayne si mosse, quindi si sedette sbadigliando e incanalò per accendere una candela.
«Credi che servirà a qualcosa?» chiese Nynaeve con calma.
«Non lo so.» Elayne si fermò per nascondere uno sbadiglio con la mano. Come faceva la donna a sembrare graziosa mentre sbadigliava, con i capelli in disordine e le impronte rosse del cuscino impresse su una guancia? Era un segreto che le Aes Sedai avrebbero dovuto investigare. «Ma so che quella scodella può intervenire sul tempo. So che la cura dei ter’angreal e degli angreal deve essere affidata alle mani giuste. È nostro dovere consegnarlo al Consiglio. A Sheriam. So che se non le convincerà a sostenere Rand, continuerò a cercare fino a quando troverò qualcos’altro. E so che voglio dormire. Possiamo parlarne domattina?»
Senza aspettare la risposta, spense la candela, si sdraiò di nuovo e iniziò a respirare profondamente non appena toccò il cuscino; il respiro lento del sonno.
Nynaeve fece lo tesso, fissando il soffitto nell’oscurità. Se non altro, presto sarebbero state in viaggio verso Ebou Dar. Forse il giorno seguente. Al massimo quello ancora successivo, per poter curare i preparativi del viaggio e per fermare una nave di passaggio. Se non altro...
Di colpo si ricordò di Theodrin. Se servivano due giorni per essere pronte, Theodrin avrebbe preteso le due lezioni, come un’anatra le piume. E aveva previsto che Nynaeve non avrebbe dormito quella notte. Non c’era modo che potesse scoprirlo, ma...
Sospirando profondamente, scese dal letto. Non aveva molto spazio per camminare, ma lo usò tutto, diventando sempre più furiosa. La sola cosa che voleva era andare via. Aveva detto di non essere brava ad arrendersi, ma forse lo stava diventando nel fuggire. Sarebbe stato meraviglioso incanalare ogni volta che voleva. Nynaeve non si accorse delle lacrime che le scivolavano silenziose sulle guance.