4 Senso dell’umorismo

L’interno scuro della tenda era abbastanza caldo da far sembrare Caemlyn, a circa ottocento chilometri di distanza a nord, piacevolmente fresca, e quando Rand ne aprì i lembi batté le palpebre. Il sole picchiava come un martello, e lui era felice di avere lo shoufa.

Una copia della bandiera del Drago garriva sopra il padiglione a strisce verdi, insieme a una bandiera rossa che mostrava l’antico simbolo Aes Sedai.

Nella pianura spuntavano altre tende dove tutto, tranne qualche ciuffo d’erba, era stato ridotto in polvere dagli stivali e dagli zoccoli dei cavalli — tende a punta o piatte, la maggior parte bianche, anche se sporche, ma molte erano anche colorate o a strisce; come anche le bandiere dei vari signori. Ai limiti di Tear si era riunito un esercito, proprio ai confini della piana di Maredo, migliaia di migliaia di soldati di Tear e Cairhien. Gli Aiel si erano accampati ben lontani dall’assembramento degli abitanti delle terre bagnate, cinque Aiel per ogni Tarenese e Cairhienese, e altri ne giungevano di giorno in giorno. Era un esercito che avrebbe fatto tremare qualsiasi forza degli Illianesi, un esercito già abbastanza potente da schiacciare chiunque si fosse opposto alla sua avanzata.

Enaila e le altre dell’avanguardia erano già fuori con i veli calati e si erano unite a una dozzina di uomini aiel. Gli Aiel controllavano sempre la tenda di Rand. Vestiti e armati come le Fanciulle, erano alti quanto Rand e forse anche di più, leoni, mentre le Fanciulle ricordavano i leopardi, con i loro volti duri e abbronzati e gli occhi freddi azzurri, grigi o verdi. Oggi erano gli Sha’mad Conde, i Camminatori del tuono, capeggiati da Roidan in persona, che aveva guidato la società da quel lato del muro del Drago. Le Fanciulle portavano l’onore del Car’a’carn, ma ogni società guerriera aveva chiesto di condividere i doveri della guardia alla tenda.

Riguardo l’abbigliamento degli uomini, una cosa differiva da quello delle Fanciulle. Per metà portavano attorno al capo una bandana rossa con l’antico simbolo Aes Sedai, il disco nero e bianco, sopra la fronte. Era una novità, vista per la prima volta solo qualche mese addietro. Coloro che la indossavano si consideravano siswai’aman; nella lingua antica, le Lance del Drago. Le Lance possedute dal Drago era una traduzione più vicina alla realtà. Le fasce sulla fronte e il loro significato mettevano Rand a disagio, ma c’era poco che potesse fare quando gli uomini si rifiutavano anche solo di ammettere che le indossavano. Perché nessuna Fanciulla avesse indossato quelle fasce — almeno, non che lui avesse visto —, non riusciva proprio a immaginarlo. Erano riluttanti a parlarne quasi quanto gli uomini.

«Ti vedo, Rand al’Thor» intonò serio Roidan. I capelli erano più grigi che biondi, ma un fabbro avrebbe potuto usare come incudine o martello il viso di quell’uomo dalle spalle larghe, e le cicatrici che aveva sul volto e sul naso facevano pensare che fosse già successo più di una volta. Gli occhi azzurri e freddi rendevano il viso delicato in confronto. Evitò di guardare Rand. «Che tu possa trovare dell’ombra oggi.» L’augurio non aveva nulla a che vedere con il caldo cocente — non pareva che Roidan sudasse: era solo un saluto ordinario fra persone nate in una terra dove il sole era sempre cocente e ogni albero una rarità.

Altrettanto formale, Rand rispose: «Ti vedo, Roidan. Che tu possa trovare dell’ombra oggi. Il sommo signore Weiramon si trova in giro da qualche parte?»

Roidan indicò con la testa un grande padiglione a strisce rosse sui lati e con il tetto rosso, circondato da uomini allineati con precisione che impugnavano delle lunghe lance, spalla a spalla, i pettorali di metallo e le giubbe nere e oro dei difensori della Pietra. Sulla sommità si stagliavano la bandiera con le tre mezze lune di Tear, bianche in campo rosso e oro, e quella con il sole raggiato di Cairhien, rosso in campo blu, vicina alla bandiera rossa di Rand tutte e tre sventolavano in una brezza che pareva provenisse da un forno.

«Gli abitanti delle terre bagnate sono tutti lì.» Guardandolo dritto negli occhi, Roidan aggiunse: «Bruan non è stato chiamato in quella tenda per tre giorni, Rand al’Thor.» Bruan era il capo degli Aiel Nakai, il clan di Roidan. Appartenevano entrambi alla setta Piana di sale. «Nemmeno Han dei Tomanelle, o Dhearic dei Reyn o qualsiasi altro capo.»

«Gli parlerò» rispose Rand. «Vuoi dire a Bruan e agli altri che sono qui?» Roidan annuì serio.

Enaila si chinò verso Jalani guardando gli altri uomini in tralice, quindi parlò in un sussurro che avrebbe potuto essere sentito con chiarezza a dieci passi di distanza. «Sai perché li chiamano Camminatori del tuono? Perché anche quando stanno fermi in piedi continui a guardare il cielo in attesa dei lampi.» Le Fanciulle scoppiarono a ridere.

Un giovane Camminatore del tuono balzò in aria, scagliando un calcio più in alto della testa di Rand. Sarebbe stato attraente se non fosse stato per la cicatrice raggrinzita che partiva da sotto la fascia nera e copriva l’occhio mancante. Portava anche la bandana. «Sapete perché le Fanciulle usano il linguaggio delle mani?» gridò mentre saltava, atterrando con una strana smorfia. Non si era rivolto alle Fanciulle ma ai suoi compagni, ignorando le donne. «Perché anche quando sono in silenzio non possono smettere di parlare.» Gli Sha’mad Conde risero di cuore come le Fanciulle.

«Solo i Camminatori del tuono troverebbero onorevole fare la guardia a una tenda vuota» Enaila si rivolse tristemente a Jalani, scuotendo il capo. «La prossima volta che chiederanno del vino, se i gai’shain gli porteranno solo i calici, si ubriacheranno come facciamo noi con l’oosquai.»

I Camminatori del tuono parvero ritenere che Enaila avesse vinto quello scambio di battute. L’uomo con un occhio solo e gli altri sollevarono gli scudi di cuoio agitandoli verso di lei e battendovi contro con le lance. Dal canto suo la donna rimase ad ascoltare per un istante, quindi annuì e si unì alle altre mentre seguivano Rand.

Riflettendo tra sé sull’umorismo Aiel, Rand studiò l’accampamento in espansione. Da centinaia di fuochi da campo si spandeva l’aroma della carne arrostita e delle zuppe che bollivano nelle pentole appese ai trespoli. I soldati quando potevano mangiavano sempre bene, e spesso. Le spedizioni di solito portavano dei pasti scarsi. Al tutto si aggiungeva l’odore dolciastro dei fuochi stessi. Nella piana di Maredo c’era molto più sterco di bue secco da bruciare che non legna. Di tanto in tanto gli arcieri, i balestrieri o i lancieri si muovevano, indossando giustacuore di pelle con dischi di metallo applicati sopra, o delle semplici giubbe imbottite, ma i nobili di Tairen e Cairhien disprezzavano camminare e onoravano i cavalli, quindi erano ben visibili molti uomini in sella. I Tarenesi avevano gli elmetti bordati e cerchiati e i pettorali di metallo indossati sopra delle giubbe dalle maniche rigonfie a righe di vari colori, a seconda del lord che rappresentavano. I Cairhienesi avevano le giubbe scure e i pettorali in ferro battuto, gli elmetti a forma di campana tagliata per poter mostrare i visi. Le piccole bandiere chiamate ‘con’ appese a delle corte aste legate dietro le spalle di alcuni uomini denotavano esponenti di casate minori Cairhienesi o i loro giovani figli, a volte semplici ufficiali, anche se poca della gente comune raggiungeva una posizione più elevata. Le due genti no, si mischiavano fra loro, e mentre i Tarenesi spesso si accasciavano in sella e rivolgevano sempre un ghigno ai Cairhienesi che si avvicinavano, i bassi soldati di Cairhien restavano in sella composti ed eretti, come se cercassero di raggiungere la massima altezza, ignorando completamente i Tarenesi. Avevano combattuto più di una guerra fra loro prima che Rand li unisse nello stesso esercito.

Vestiti rozzamente, degli uomini anziani brizzolati e altri che erano poco più di ragazzini andavano in giro con un bastone per colpire le tende, riuscendo, di tanto in tanto, a spaventare un ratto che poi inseguivano e uccidevano prima di aggiungerlo agli altri che portavano alla cintura. Un tizio con il naso grosso e una veste di cuoio indossata senza camicia, arco in mano e faretra in vita, depose su un tavolo davanti a una tenda una lunga fila di corvi e cornacchie legati per le zampe, ricevendo in cambio un sacchetto di denaro dal Tarenese con l’espressione annoiata che l’osservava da sotto l’elmetto. Così lontano a sud, in pochi credevano che un Myrddraal usasse ratti, corvi e bestie simili come spie — Luce, tranne per quelli che li avevano visti davvero, quasi nessuno da quelle parti credeva all’esistenza dei Myrddraal e dei Trolloc! — ma se il lord Drago voleva tenere il campo libero da quelle creature erano tutti contenti di soddisfarlo, specialmente da quando pagava ogni corpo consegnato con delle monete d’argento.

Naturalmente si levarono alcune acclamazioni; nessuno sarebbe andato in giro con una scorta di Fanciulle della Lancia, e poi avevano anche visto lo scettro del Drago. «Che la Luce illumini il lord Drago!» e «Che la grazia favorisca il lord Drago!» o frasi simili sommersero Rand da ogni lato. Molte parevano sincere, anche se era difficile riconoscere chi gridasse così a squarciagola. Altri si limitavano a guardare meravigliati o facevano girare i cavalli per allontanarsi, non troppo in fretta. Dopotutto non c’era modo di stabilire quando avrebbe deciso di evocare il fulmine o far aprire il terreno; gli uomini che incanalavano prima o poi impazzivano, e chi poteva sapere cosa avrebbe fatto un pazzo, o quando? Che acclamassero o meno, guardavano sospettosi le Fanciulle. Pochi si erano abituati a vedere delle donne armate come gli uomini, e poi erano Aiel; tutti sapevano che gli Aiel erano imprevedibili come un pazzo.

Il frastuono non fu abbastanza forte da impedire a Rand di sentire cosa si dicevano le Fanciulle alle sue spalle.

«Ha un bel senso dell’umorismo, chi è?» fu l’osservazione di Enaila.

«Si chiama Leiran» rispose Somara. «Un Chareen Cosaida. Ritieni che abbia senso dell’umorismo solo perché ha creduto che la tua battuta fosse migliore della sua. Comunque sembra che abbia mani forti.» Qualcuna delle Fanciulle rise sonoramente.

«Non trovi che Enaila sia divertente, Rand al’Thor?» Sulin gli camminava accanto. «Non hai riso. Non ridi mai. A volte penso che tu non abbia senso dell’umorismo.»

Dopo essersi fermato di colpo, Rand si voltò con tale immediatezza che qualcuna sollevò il velo e cercò di identificare cosa lo avesse stupito. Rand si schiarì la gola. «Una mattina un vecchio contadino irascibile di nome Hu scoprì che il miglior gallo che aveva era volato su un alto albero vicino allo stagno della fattoria e non voleva più scendere, quindi andò a cercare il vicino, Wil, per chiedere aiuto. Quei due uomini non erano mai andati d’accordo, ma Wil alla fine acconsentì ad aiutarlo, per cui si recarono allo stagno e cominciarono a scalare l’albero. Hu salì per primo. Volevano spaventare il gallo per farlo scendere, invece l’uccello volò sempre più in alto, ramo dopo ramo. Quando Hu e il gallo ebbero raggiunto quasi la cima dell’albero, con Wil proprio sotto di loro, si sentì un forte schiocco. Il ramo di Hu si spezzò e lui cadde nello stagno, schizzando acqua e fango ovunque. Wil discese più rapidamente possibile e si protese dalla riva verso Hu che però giaceva supino, affondando sempre di più nel fango, fino a quando si vide solo il naso spuntare dall’acqua. Arrivò di corsa un altro contadino che aveva assistito alla scena e tirò fuori Hu dallo stagno. ‘Perché non hai preso la mano di Wil?’ chiese a Hu. ‘Avresti potuto annegare.’ ‘Perché avrei dovuto stringergli la mano?’ rispose seccato. ‘Gli sono passato accanto solo un istante fa, in piena luce, e non mi ha nemmeno rivolto la parola.’» Rand attese fiducioso.

Le Fanciulle si scambiarono sguardi stupiti. Alla fine Somara chiese: «Cos’è successo allo stagno? Sicuramente l’acqua è il fulcro del racconto.»

Rand sollevò le mani al cielo e si avviò verso la tenda a strisce rosse. Alle sue spalle sentì dire: «Credo che fosse una battuta.»

«Come facciamo a ridere se non sa cosa sia accaduto all’acqua?» chiese Mara.

«Era il gallo» intervenne Enaila. «Il senso dell’umorismo degli abitanti delle terre bagnate è strano. Credo fosse qualcosa riguardo al gallo.»

Rand cercò di non ascoltare.

Al suo avvicinarsi, i difensori della Pietra si irrigidirono ancor di più e i due in piedi davanti ai lembi con le frange d’oro si fecero di lato sollevandoli. Il loro sguardo oltrepassava le Fanciulle.

In passato Rand aveva guidato i difensori della Pietra in una lotta disperata contro i Myrddraal e i Trolloc nelle sale del Cuore della Pietra di Tear. Avrebbero seguito chiunque si fosse fatto avanti quella notte, ma era stato lui a farlo.

«La Pietra resiste ancora» disse Rand con calma. Era stato il grido di battaglia di quella sera. Dei sorrisi fulminei lampeggiarono su quei volti prima che si irrigidissero di nuovo. A Tear le persone comuni non sorridevano alla battuta di un lord a meno che non fossero assolutamente sicure che questi lo volesse.

La maggior parte delle Fanciulle si accovacciò nei paraggi con le lance sulle ginocchia, una posizione che potevano mantenere per ore senza muovere un muscolo. Sulin seguì Rand all’interno insieme a Liah, Enaila e Jalani. Anche se quei difensori fossero stati amici d’infanzia di Rand, le Fanciulle sarebbero state ugualmente caute, ma gli uomini all’interno non erano affatto amici.

Il suolo era coperto da tappeti colorati e sfrangiati, decorati con motivi di Tairen ed elaborate spirali, e al centro della tenda vi era un tavolo massiccio, intagliato e dorato in modo sfarzoso, con intarsi d’avorio e turchese: probabilmente andava trasportato con un carro. Il tavolo, coperto da mappe, separava una dozzina di Tarenesi dal volto sudato da altrettanti Cairhienesi che soffrivano anche maggiormente il caldo; ogni uomo aveva fra le mani un calice d’oro che dei servitori discreti in livrea color nero e oro mantenevano pieno di una bevanda refrigerante. Tutti i nobili di solito indossavano abiti di seta, ma i Cairhienesi, sbarbati, bassi, magri e pallidi a confronto degli uomini dall’altro lato del tavolo, indossavano giubbe scure; la sola eccezione erano alcune strisce orizzontali che rappresentavano i colori delle casate di appartenenza, mentre la quantità indicava il grado di importanza della casata. I Tarenesi, la maggior parte con la barba oliata e appuntita, indossavano giubbe imbottite che erano una festa di rosso, giallo, verde e blu, di raso o broccato, ricamate d’argento o d’oro. I Cairhienesi erano solenni, addirittura tetri, molti con le guance infossate e tutti con la testa rasata e incipriata in quella che una volta era stata la moda solo fra i soldati, non fra i signori. I Tarenesi sorridevano e annusavano fazzoletti profumati o spezie aromatiche che riempivano il padiglione con i loro odori forti. Oltre la bevanda rinfrescante, una cosa che sembrava avessero in comune erano gli sguardi inespressivi rivolti alle Fanciulle, come se queste non esistessero.

Il sommo signore Weiramon, barba unta e capelli brizzolati, si inchinò profondamente. Era uno dei quattro sommi signori presenti sul posto, e aveva degli stivali decorati d’argento. Gli altri erano il pomposo e grasso Sunamon, Tolmeran dalla barba grigio ferro che ricordava la punta di una lancia, e Torean dal naso a patata, che somigliava a un contadino più di un contadino stesso, ma Rand aveva dato il comando a Weiramon. Almeno per ora. Gli altri otto presenti erano signori di casate minori; alcuni, sbarbati anche se con i capelli grigi, erano venuti per rispettare il giuramento di fedeltà a uno o l’altro dei sommi signori, ma tutti avevano qualche esperienza di combattimento.

Weiramon non era basso per essere Tarenese, anche se Rand era comunque più alto, e ricordava sempre un gallo vanitoso, che si pavoneggiasse tronfio. «Che tutti salutino il lord Drago,» disse inchinandosi «presto conquistatore di Illian. Che tutti salutino il signore del mattino.» Gli altri seguirono subito l’esempio, i Tarenesi allargando le braccia e i Cairhienesi mettendosi una mano sui cuore.

Rand fece una smorfia. ‘Signore del mattino’ era stato uno dei titoli di Lews Therin, almeno secondo quanto riportavano alcuni stralci di racconti. Dopo la Frattura del Mondo molte nozioni erano andate perdute e altre si erano spente con le Guerre Trolloc e con la Guerra dei Cento Anni, eppure a volte sopravvivevano informazioni sorprendenti. Rand si era meravigliato che l’uso che Weiramon aveva fatto del titolo non avesse risvegliato Lews Therin. A pensarci bene, non aveva più sentito quella voce da quando l’aveva zittita. Per quanto si ricordasse, era stata la prima volta che si era rivolto direttamente alla voce che condivideva lo spazio nella sua testa. Le possibilità che si nascondevano dietro quella scoperta lo fecero rabbrividire.

«Mio lord Drago?» lo chiamò Sunamon mentre si strofinava le mani. Pareva evitasse di notare lo shoufa avvolto attorno al collo di Rand. «Stai...» Reprimendo le proprie parole assunse un sorriso accattivante; chiedere a un uomo potenzialmente pazzo — potenzialmente era il minimo — se stesse bene forse non era appropriato. «Il lord Drago gradisce forse qualcosa da bere? Vino del Lodanaille misto a melone.» Un dinoccolato signore delle terre fedele a Sunamon, di nome Estean — con la mascella dura e gli occhi ancora più duri, fece un cenno rigido e un uomo scattò verso un calice d’oro sistemato accanto a un tavolo vicino alle pareti di tela; un altro si affrettò a riempirlo.

«No» rispose Rand. Quindi, con maggiore energia, ripeté: «No.» Fece cenno al servitore di andare via senza guardarlo veramente. Lews Therin l’aveva davvero sentito? In qualche modo ciò rendeva tutta la situazione peggiore, ma adesso non voleva pensare a quell’eventualità. Non voleva pensarci affatto. «Non appena arriveranno Hearne e Simaan, quasi tutto sarà a posto.» Quei due sommi signori sarebbero giunti presto; erano a capo dell’ultimo grande gruppo di soldati Tarenesi che avevano lasciato Cairhien, quasi un mese prima. C’erano anche gruppi più piccoli in marcia verso sud e altri Cairhienesi. Altri Aiel. «Voglio vedere...»

Rand si accorse di colpo che nel padiglione tutti si erano azzittiti e immobilizzati: solo Torean si toccò la barba finendo rapidamente di bere. Si passò una mano sulla bocca e chiese altro vino, ma anche i servitori pareva stessero tentando di scomparire nelle pareti di tessuto a righe rosse. Sulin e le altre tre Fanciulle si alzarono veloci, pronte a velarsi.

«Che succede?» chiese Rand con calma.

Weiramon esitò. «Simaan e Hearne sono andati a... Haddon Mirk. Non verranno.» Torean strappò una brocca d’oro dalle mani di uno dei servitori riempiendosi il calice da solo e versando del liquido in terra.

«E perché sono andati via, invece di venire qui?» Rand non aveva alzato la voce. Era certo di conoscere la risposta. Quei due — e anche altri cinque sommi signori — erano stati inviati a Cairhien solo per tenere occupati i cervelli impegnati a complottare contro di lui.

Sui volti dei Cairhienesi balenarono dei sorrisi maliziosi, la maggior parte nascosti dai calici. Semaradrid, il più alto in grado, con le strisce colorate che scendevano fin sotto la vita, ghignò apertamente. Era un uomo dal viso lungo, i capelli striati di grigio e gli occhi scuri che avrebbero potuto scheggiare la roccia, e aveva movenze irrigidite a seguito delle ferite subite durante la guerra civile, ma la gamba claudicante se l’era guadagnata a Tear. Cooperava con i Tarenesi solo perché non erano Aiel, ma in fondo i Tarenesi facevano lo stesso con i Cairhienesi.

Fu uno degli uomini di Semaradrid a rispondere, un giovane signore di nome Meneril che aveva la metà delle strisce del suo superiore cucite sulla giubba. Sul viso invece mostrava una cicatrice guadagnata durante la guerra civile, che gli sollevava l’angolo sinistro della bocca in un permanente sorriso sardonico. «Tradimento, mio signore Drago. Tradimento e ribellione.»

Weiramon forse non gradiva nel pronunciare quelle parole davanti a Rand, ma non avrebbe lasciato che un straniero parlasse al posto suo. «Sì, ribellione» ripeté in fretta guardando furioso Meneril, ma recuperò subito la solita boria. «E non solo loro, mio lord Drago. I sommi signori Darlin e Tedosian, la somma signora Estanda, sono coinvolti tutti. Che la mia anima sia folgorata, hanno messo i loro nomi su una lettera palesemente provocatoria! Sembra siano coinvolti circa venti o trenta nobili minori, ma sono poco più che contadini, sciocchi accecati dalla Luce!»

Rand provava quasi ammirazione per Darlin. L’uomo si era opposto apertamente a lui fin dall’inizio, lasciando la Pietra quando era caduta e cercando di organizzare una resistenza fra i nobili di campagna. Tedosian ed Estanda erano diversi. Come Hearne e Simaan, si erano inchinati al suo cospetto e avevano sorriso, chiamandolo lord Drago e complottando alle sue spalle. Adesso la tolleranza di Rand dava i suoi frutti. Non c’era da meravigliarsi se Torean si era sbrodolato con il vino. Aveva avuto un legame molto profondo con Tedosian, anche con Hearne e Simaan.

«Hanno scritto qualcosa più di una sfida» intervenne Tolmeran con voce fredda. «Hanno scritto che sei un falso Drago, che la caduta della Pietra e la tua conquista della Spada che non è una spada erano un trucco delle Aes Sedai.» La voce era vagamente interrogativa; non si era trovato nella Pietra di Tear la notte che era caduta nelle mani di Rand.

«Tu cosa ne pensi, Tolmeran?» Era una spiegazione seducente in una terra dove incanalare era stato dichiarato illegale prima che Rand cambiasse la legge, dove le Aes Sedai erano solo tollerate e la Pietra di Tear era rimasta invincibile per circa tremila anni prima che Rand la prendesse. Una spiegazione ben nota. Rand si chiedeva se avrebbe trovato anche i Manti Bianchi quando avesse raggiunto quei ribelli. Riteneva che Pedron Niall potesse essere troppo furbo per permetterlo.

«Io credo che tu abbia liberato Callandor» rispose l’uomo dopo un istante. «Credo che tu sia il Drago Rinato.» In entrambi i casi vi fu una discreta enfasi sulla parola ‘credo’. Tolmeran era coraggioso. Estean annuì; lentamente, ma lo fece. Un altro uomo coraggioso.

Nemmeno loro però gli rivolsero la domanda ovvia, se Rand volesse sradicare quei ribelli. Lui non ne fu sorpreso. Per prima cosa, Haddon Mirk non era un posto facile per stanare delle persone; una grande foresta intricata con pochi villaggi, strade o anche semplici percorsi. Si poteva ritenere fortunato l’uomo che fosse riuscito a camminare per alcuni chilometri sul terreno montagnoso frastagliato dal lato nord in una sola giornata, e gli eserciti avrebbero potuto vagare fino a finire le scorte di cibo prima di trovare qualcuno. Forse, cosa più importante, chiunque avesse rivolto quella domanda avrebbe potuto essere sospettato di volersi offrire volontario per quella missione, e un volontario poteva essere sospettato di volersi unire a Darlin, non di inseguirlo. I Tarenesi forse non giocavano il Daes Dae’mar, il Gioco delle Casate, come i Cairhienesi — quel gruppo poteva interpretare di tutto a partire da uno sguardo e sentire in una frase più di quanto volesse dire — ma in ogni caso complottavano e si guardavano fra loro, sempre sospettosi, pensando che tutti gli altri facessero lo stesso.

A Rand per il momento faceva comodo lasciare i ribelli dove si trovavano. Doveva concentrare tutta l’attenzione su Illian; in modo chiaro e palese. D’altro canto, non poteva dare l’impressione di essere un rammollito. Questi uomini non si sarebbero ribellati, ma Ultima Battaglia o meno, solo due cose evitavano che Tarenesi e Cairhienesi si attaccassero fra loro. Si preferivano agli Aiel, anche se di poco, e temevano l’ira del Drago Rinato. Se avessero perso quella paura avrebbero tentato di uccidersi a vicenda e di sterminare gli Aiel, prima che qualcuno riuscisse a pronunciare ‘Jak delle Ombre’.

«Non c’è nessuno che parli in loro difesa?» chiese Rand. «Nessuno sa come risolvere questo problema?» Se lo sapevano, tacquero. Contò i servitori, quasi due dozzine di paia d’occhi che lo osservavano. Forse con maggiore attenzione di tutti gli altri. Sulin aveva ordinato alle Fanciulle di controllare tutto e tutti, tranne lui. «Si sono giocati i titoli, le terre e le proprietà verranno confiscate. Verranno firmati ordini d’arresto per ogni uomo di cui si conosce il nome. E tutte le donne.» Avrebbe potuto rappresentare un problema; a Tear la punizione per la ribellione era la morte. Qualcuna delle leggi era riuscito a cambiarla, ma non quella, e adesso era troppo tardi. «Rendete noto che chiunque ucciderà uno dei ribelli verrà assolto dal crimine di omicidio e chiunque li aiuterà verrà accusato di tradimento. A chiunque si arrende verrà risparmiata la vita» cosa che avrebbe potuto risolvere le difficoltà con Estanda — non avrebbe mai ordinato la morte di una donna — se nel frattempo fosse riuscito a elaborare una strategia. «Ma quelli che insisteranno verranno impiccati.»

I nobili si mossero a disagio e cambiarono posizione, che fossero Tarenesi o Cairhienesi. Più di un viso impallidì. Si erano sicuramente aspettati le sentenze di morte — non era possibile una pena inferiore per il tradimento, e con la guerra all’orizzonte — ma la rimozione dei titoli li aveva colpiti. Anche con tutte le leggi che Rand aveva cambiato in entrambe le nazioni, trascinando i signori davanti ai giudici e facendoli impiccare per omicidio o multare per aggressione, pensavano ancora che vi fossero delle differenze ataviche, un ordine naturale che faceva di loro i leoni, per diritto, e rendeva la gente comune un gregge di pecore per nascita. Un sommo signore che finiva sul patibolo moriva da sommo signore, ma Darlin e gli altri sarebbero morti da villani, e ai loro occhi questo era un destino ben peggiore della stessa morte. I servitori erano rimasti in posa con le brocche in mano, in attesa di riempire i calici che erano stati vuotati. I volti erano inespressivi come sempre, anche se negli occhi di alcuni pareva vi fossero dei barlumi di gioia che non erano stati visibili prima.

«Adesso che abbiamo sistemato questa faccenda,» proseguì Rand rimuovendo lo shoufa mentre si dirigeva verso il tavolo «vediamo le mappe. Sammael è più importante di un pugno di sciocchi che marciscono a Haddon Mirk.» Sperava che marcissero. Che fossero folgorati!

Weiramon increspò le labbra e Tolmeran eliminò rapidamente dal viso un brutto cipiglio. Il volto di Sunamon era talmente inespressivo che avrebbe potuto essere una maschera. Gli altri Tarenesi parevano dubbiosi, come anche i Cairhienesi, benché Semaradrid lo nascondesse bene. Alcuni avevano visto sia i Myrddraal che i Trolloc durante l’attacco alla Pietra, e altri a Cairhien avevano assistito al duello di Rand contro Sammael, eppure pensavano ancora che l’affermazione secondo cui alcuni Reietti erano liberi fosse un sintomo della sua follia. Rand aveva sentito raccontare che era stato proprio lui a portare la distruzione a Cairhien, colpendo in modo maniacale sia amici che nemici. Dopo aver visto il viso duro come la roccia di Liah, Rand era convinto che uno di loro sarebbe stato trafitto dalla lancia di una Fanciulla se non avessero moderato quelle occhiate.

I nobili si riunirono attorno al tavolo mentre Rand si liberava dello shoufa e iniziava a rovistare fra le mappe accatastate. Bashere aveva ragione; gli uomini avrebbero seguito anche i pazzi, se vincevano le battaglie. Fino a quando avessero vinto. Proprio quando trovò la mappa che stava cercando, un tracciato dettagliato della parte orientale di Illian, arrivarono i capiclan Aiel.

Bruan degli Aiel Nakai fu il primo a entrare, seguito subito da Jheran degli Aiel Shaarad, Dhearic degli Aiel Reyn, Han dei Tomanelle ed Erim dei Chareen; ciascuno rispose ai cenni del capo di Sulin e delle tre Fanciulle. Bruan, un uomo massiccio con gli occhi grigi pieni di tristezza, era a capo dei cinque clan che Rand aveva inviato a sud. Nessuno degli altri aveva elevato obiezioni; le maniere calme di Bruan mascheravano conoscenze profonde della battaglia. Vestiti con i cadin’sor, gli shoufa che pendevano mollemente attorno al collo, erano disarmati salvo per i pugnali appesi al cinturone, ma in fondo un Aiel non poteva essere considerato disarmato se aveva le mani e i piedi.

I Cairhienesi continuavano a far finta che gli Aiel non esistessero, i Tarenesi annusavano rumorosamente e con ostentazione i fazzoletti profumati e i contenitori con le spezie odorose. Tear aveva perso solo la Pietra per mano degli Aiel e, così credevano, con l’aiuto del Drago Rinato — o delle Aes Sedai — ma Cairhien era stata saccheggiata due volte da loro, per due volte sconfitta e umiliata.

Tranne Han, gli Aiel li ignorarono tutti. Han, capelli bianchi e un volto che ricordava il cuoio vecchio, sorrise con intenzione omicida. Un uomo a dir poco spinoso e non era molto d’aiuto che alcuni Tarenesi fossero alti come lui. Per essere un Aiel Han era basso — il che significava più alto della media degli abitanti delle terre bagnate — e permaloso come Enaila su quest’argomento.

Inoltre gli Aiel disprezzavano gli assassini dell’albero, un nome che usavano per definire i Cairhienesi, oltre al più diffuso ‘abitanti delle terre bagnate’. Un altro appellativo che usavano per loro era ‘gli spergiuri’.

«Gli Illianesi» proseguì Rand con fermezza, passando una mano su una delle mappe. Stava usando lo scettro del Drago per tenerne abbassato un lembo e un flacone per l’inchiostro montato in oro, accoppiato a un porta sabbia, per bloccare l’altro. Non gli serviva che quegli uomini si uccidessero a vicenda. Non credeva che lo avrebbero fatto — almeno non mentre lui era presente. Nelle storie alla fine gli alleati cominciavano sempre a fidarsi l’uno dell’altro, anche se lui dubitava che questi lo avrebbero fatto.

Le piane di Maredo si estendevano per un breve tratto dentro Illian, cedendo il posto a delle colline boscose poco prima del Manetherendrelle e del fiume Shal, sua diramazione. Altri cinque punti evidenziati, a circa dieci chilometri di distanza, segnalavano il margine orientale delle colline. Le colline di Doirlon.

Rand indicò il punto di intersezione centrale. «Siete certi che Sammael non abbia aggiunto dei nuovi accampamenti?» Una vaga smorfia sul viso di Weiramon lo fece scattare, innervosito. «Lord Brend, se preferite, o il Consiglio dei Nove, o Martin Stepanoes den Balgar, se volete il re in persona. Sono ancora nella stessa posizione dell’ultima volta?»

«Questo è quanto hanno riferito gli esploratori» rispose con calma Jheran. Snello come la lama di una spada, i capelli castano chiaro leggermente striati di grigio, era sempre calmo adesso che l’antagonismo di sangue contro i Goshien, vecchio oltre quattrocento anni, era terminato con la venuta di Rand. «Sovin Nai e Duadhe Mahdi’in mantengono uno stretto controllo.» Fece un lieve cenno di soddisfazione con il capo, come anche Dhearic. Jheran era stato un Sovin Nai, Mani del Pugnale, prima di diventare capo e Dhearic un Duadhe Mahdi’in, un Cercatore d’Acqua. «Le staffette ci avvisano di tutti i cambiamenti entro cinque giorni.»

«I miei esploratori ritengono che ancora siano lì» intervenne Weiramon, come se Jheran non avesse parlato affatto. «Invio una nuova truppa ogni settimana. Loro impiegano un intero mese fra andata e ritorno, ma ti assicuro che sono aggiornato per quanto permette la distanza.»

I volti degli Aiel parevano scolpiti nella pietra.

Rand ignorò quello scambio. Aveva già provato a ridurre con la forza il divario fra Cairhienesi, Tarenesi e Aiel, ma questi si separavano non appena voltava loro le spalle. Era uno sforzo inutile.

Per quanto riguardava gli accampamenti... sapeva che erano ancora solo cinque, li aveva, per così dire, visitati. C’era un... posto... dove sapeva come accedere, uno strano, spopolato riflesso del mondo reale, e aveva camminato lungo le pareti di legno degli imponenti fortini sulle colline. Conosceva già le risposte a quasi tutte le domande che aveva intenzione di porre, ma stava incrociando un piano con l’altro come un giocoliere faceva con il fuoco. «Sammael sta ancora radunando uomini?» Stavolta mise una certa enfasi sul nome. L’espressione degli Aiel non cambiò — se i Reietti erano liberi, erano liberi. Il mondo andava affrontato com’era, non come si desiderava che fosse — ma gli occhi degli altri sfrecciarono preoccupati verso di lui. Prima o poi avrebbero dovuto abituarsi a quell’idea. Presto o tardi avrebbero dovuto crederci.

«Ogni uomo di Illian che riesce a impugnare una lancia senza inciamparvi, almeno così sembra» rispose Tolmeran con espressione tetra. Era impaziente di combattere contro gli Illianesi quanto tutti gli altri Tarenesi — le due nazioni si erano odiate fin da quando erano state salvate dalla distruzione dell’impero di Artur Hawkwing; la loro storia era costellata di guerre combattute per motivi futili — ma almeno lui pareva leggermente meno propenso rispetto agli altri sommi signori a ritenere che ogni battaglia avrebbe potuto essere vinta solo con un buon attacco. «Tutte le vedette che riescono a tornare riferiscono che l’accampamento diventa sempre più largo, con un numero crescente di difese formidabili.»

«Dovremmo muoverci adesso, mio lord Drago» si inserì a forza nella conversazione Weiramon. «Che la Luce folgori la mia anima, posso prendere gli Illianesi con le brache calate. Si sono legati le mani da soli. Non hanno quasi nessun cavallo! Potrei schiacciarli come mosche e avremmo via libera verso la città.» A Illian, come a Tear e Cairhien, la nazione era stata battezzata con lo stesso nome della città. «Che mi vengano folgorati gli occhi, porrò la tua bandiera su Illian in un solo mese, mio lord Drago. Al massimo due.» Lanciando un’occhiata ai Cairhienesi, come se le parole gli venissero estorte a forza, aggiunse: «Lo faremo io e Semaradrid.» Quest’ultimo si inchinò leggermente. Solo un cenno.

«No» rispose secco Rand. Quello di Weiramon era un piano destinato al disastro. L’accampamento e le fortezze collinari di Sammael erano divise da almeno duecentocinquanta chilometri di distesa erbosa, in un luogo dove una salita di circa quindici metri veniva considerata una collina alta e un boschetto di due alberi una foresta. Anche Sammael aveva delle vedette; ogni ratto o corvo avrebbe potuto essere una delle sue spie. Duecentocinquanta chilometri. Con un po’ di fortuna, dodici o tredici giorni di marcia per i Tarenesi e Cairhienesi. Gli Aiel forse ce l’avrebbero fatta in cinque se avessero proceduto a tappe forzate — una vedetta o due da sole si muovevano più rapidamente di un esercito, anche fra gli Aiel — ma non facevano parte del piano di Weiramon. Sammael sarebbe stato pronto a schiacciare i Tarenesi molto prima che Weiramon riuscisse a raggiungere le colline di Doirlon. Un piano sciocco. Anche peggiore di quello che Rand aveva assegnato loro. «Vi ho lasciato degli ordini. Resterete qui fino a quando Mat giungerà per assumere il comando, e anche allora nessuno muoverà un passo fin quando non riterrò che siete abbastanza numerosi. Ci sono altri uomini in arrivo, Tarenesi, Cairhienesi e Aiel. Intendo schiacciare Sammael, Weiramon. Per sempre... E portare Illian sotto la bandiera del Drago.» Almeno quest’ultima affermazione era vera. «Vorrei solo poter essere con voi, ma adesso è Andor che richiede la mia attenzione.»

Il volto di Weiramon si pietrificò, la smorfia di Semaradrid avrebbe trasformato il vino in aceto, e Tolmeran era talmente inespressivo che la disapprovazione era palese come un pugno in faccia. Nel caso di Semaradrid era il ritardo a preoccuparlo. Aveva fatto presente più di una volta che se ogni giorno trascorso portava nuovi uomini nel loro accampamento, lo stesso valeva per le fortezze di Man. Senza dubbio il piano di Weiramon era il risultato delle sue pressioni, sebbene lui avrebbe fatto di meglio. I dubbi di Tolmeran si concentravano su Mat. Malgrado quanto avesse sentito sulle sue conoscenze della battaglia, Tolmeran riteneva che si trattasse di complimenti per un uomo di campagna amico del Drago Rinato. Erano obiezioni oneste e anche quelle di Semaradrid erano valide — se il piano che era stato assegnato loro non fosse stato altro che uno specchio per le allodole. Difficilmente Sammael sarebbe dipeso solo da ratti e corvi come sentinelle. Rand si aspettava che nel proprio accampamento ci fossero spie umane anche per conto degli altri Reietti, e forse perfino per le Aes Sedai.

«Faremo ciò che vuoi tu, mio lord Drago» rispose Weiramon serio. Quando si trattava di battaglie l’uomo era abbastanza coraggioso, ma era un idiota totalmente cieco quando bisognava pensare a qualcosa che andasse oltre la gloria della propria carica, l’odio atavico contro gli Illianesi, il disprezzo per i Cairhienesi e i ‘selvaggi’ Aiel. Rand era certo che Weiramon fosse proprio l’uomo di cui aveva bisogno. Tolmeran e Semaradrid non si sarebbero mossi con troppo anticipo fino a quando Weiramon fosse rimasto al comando.

Parlarono ancora a lungo mentre Rand ascoltava, rivolgendo loro domande occasionali. Non vi furono ulteriori opposizioni, nessun altro suggerimento di attacco immediato, anzi, non ne parlarono affatto. Le domande di Rand a Weiramon e gli altri si concentrarono sui carri e il loro contenuto. Nella piana di Maredo vi erano pochi villaggi e molto distanti fra loro, nessuna città se non Far Madding a nord, e le fattorie producevano solo quanto serviva a nutrirne gli abitanti. Un grande esercito avrebbe avuto bisogno di un fiume costante di carri provenienti da Tear per rifornirsi di tutto, dalla farina per il pane ai chiodi per i ferri dei cavalli. A esclusione di Tolmeran, i sommi signori erano convinti che l’esercito potesse portarsi attraverso la piana tutto ciò di cui aveva bisogno, per poi vivere dei beni di Illian. Sembrava vi fosse un certo sollievo al pensiero di devastare come uno sciame di locuste i terreni dei nemici di vecchia data. I Cairhienesi erano di parere differente, specialmente Semaradrid e Meneril. Non era stata solo la gente comune a soffrire la fame durante la guerra civile a Cairhien e l’assedio degli Shaido alla capitale; le guance infossate dei nobili erano eloquenti. Illian era una terra ricca e anche sulle colline di Doirlon abbondavano fattorie e vigneti, ma Semaradrid e Meneril non volevano affidare gli stomaci dei soldati a dei pasti incerti se vi fosse stato un altro modo per assicurar loro il cibo. Per quanto riguardava Rand, lui non voleva che Illian venisse saccheggiata, se avesse potuto evitarlo.

In verità non stava facendo pressione su nessuno. Sunamon gli aveva assicurato che i carri erano stati radunati e l’uomo aveva imparato ormai da tempo cosa succedeva quando diceva qualcosa a Rand per poi farne un’altra. I rifornimenti erano stati raccolti in tutta Tear, malgrado le smorfie di impazienza di Weiramon per l’intera situazione e le lamentele di Torean per le spese. La cosa importante però era che il piano stava progredendo e doveva continuare a progredire.

Gli addii comportarono grandi chiacchiere e inchini elaborati mentre Rand indossava di nuovo lo shoufa e raccoglieva lo scettro del Drago, ricevendo degli inviti poco sentiti a trattenersi per un banchetto e offerte altrettanto false di aiutarlo nei preparativi per la partenza se non avesse potuto trattenersi per i festeggiamenti che avrebbero organizzato in suo onore. Tarenesi o Cairhienesi, tutti evitavano la compagnia del Drago Rinato il più possibile, rimanendo al sicuro e senza perdere le sue grazie, mentre facevano finta di comportarsi diversamente. In particolare, avrebbero voluto trovarsi altrove quando incanalava. Lo scortarono fino all’entrata e forse per qualche passo all’esterno, ma Sunamon sospirò sonoramente quando andò via e Rand sentì Torean ridere sollevato.

I capi Aiel seguirono Rand in silenzio, le Fanciulle che si trovavano fuori si unirono a Sulin e le altre tre per formare un anello attorno ai sei uomini mentre si incamminavano verso la tenda a righe verdi. Stavolta vi furono poche acclamazioni e i capi non dissero nulla. Gli Aiel nel padiglione avevano parlato poco. Quando Rand commentò il loro silenzio, Dhearic rispose: «Questi abitanti delle terre bagnate non vogliono ascoltarci.» Era un uomo rauco, poco più basso di Rand, con un grande naso e delle tracce di grigio fra i capelli biondi. Gli occhi azzurri erano colmi di disprezzo. «Ascoltano solo il vento.»

«Ti hanno parlato di quelli che si sono ribellati?» chiese Erim. Più alto di Dhaeric, aveva il volto bellicoso e il bianco fra i capelli bilanciava il rosso.

«Lo hanno fatto» rispose Rand, e Han fece una smorfia.

«Se pensi d’inviare questi Tarenesi contro i propri simili, stai commettendo un errore. Anche se potessi fidarti di loro, non credo che riuscirebbero a farlo. Manda le lance. Un solo clan sarebbe più che sufficiente.»

Rand scosse il capo. «Darlin e i suoi ribelli possono aspettare. Quello che mi interessa è Sammael.»

«Allora lasciaci andare a Illian» rispose Jheran. «Dimentica questi abitanti delle terre bagnate, Rand al’Thor. Hai già radunato più di duemila lance in questo posto. Possiamo distruggere gli Illianesi prima che Weiramon Saniago e Semaradrid Maravin percorrano metà della strada.»

Rand socchiuse gli occhi per un istante. Avrebbero tutti discusso con lui? Questi non erano uomini che avrebbero ceduto davanti allo sguardo torvo del Drago Rinato. Il Drago Rinato era solo una profezia degli abitanti delle terre bagnate; loro seguivano Colui che viene con l’Alba, il Car’a’carn e, come ormai era stanco di sentir ripetere, il Car’a’carn non era un re. «Voglio la vostra parola che resterete qui fino a quando Mat vi dirà di muovervi. Una promessa da ciascuno di voi.»

«Resteremo, Rand al’Thor,» la voce apparentemente calma di Bruan era un po’ tesa. Gli altri consensi giunsero, anche se con toni più duri.

«Comunque è uno spreco di tempo» aggiunse Han storcendo le labbra.

«Che possa non vedere più l’ombra se non lo è.» Jheran ed Erin annuirono.

Rand non aveva previsto che si sarebbero arresi tanto rapidamente. «Di tanto in tanto bisogna sprecare del tempo per risparmiarne altro» ribatté, e Han sbuffò. Giunto davanti alla tenda a righe verdi vide che i Camminatori del Tuono avevano sollevato i lembi dell’entrata con dei pali, lasciando così che la brezza soffiasse nell’interno ombreggiato. Caldo e asciutto com’era, gli Aiel parevano trovarlo rinfrescante. A Rand invece non sembrava di sudare meno di quanto facesse all’aperto. Rimosse lo shoufa e si sedette su uno strato di tappeti con Bruan e gli altri capi di fronte. Le Fanciulle si aggiunsero ai Camminatori del Tuono attorno alla tenda; di tanto in tanto si sentivano le battute che si scambiavano e le risate che ne scaturivano. Stavolta sembrava che Leiran stesse avendo la meglio; le Fanciulle batterono le lance sugli scudi due volte. Rand non ci capiva quasi nulla.

Caricò la pipa dal cannello corto e passò la sacca di pelle di capra fra i capiclan perché facessero altrettanto — aveva trovato un bariletto di ottimo tabacco dei Fiumi Gemelli a Caemlyn — quindi incanalò e accese la propria pipa mentre gli altri chiedevano a un Camminatore del Tuono di prendere una pagliuzza accesa da uno dei fuochi. Quando tutte le pipe furono accese, iniziarono a parlare soddisfatti.

La conversazione durò quasi quanto quella con i signori, non perché vi fosse molto da discutere ma perché Rand aveva parlato da solo con gli abitanti delle terre bagnate. Gli Aiel erano permalosi riguardo l’onore; le loro vite erano governate da ji’e’toh, onore e dovere, con regole complesse e strane come il loro senso dell’umorismo. Parlarono degli Aiel ancora in marcia da Cairhien, o di quando Mat sarebbe arrivato e di cosa, se dovevano intervenire, avrebbero dovuto fare in merito agli Shaido. Parlarono di caccia, di donne e discussero se l’acquavite fosse buona quanto l’oosquai, poi si soffermarono anche sul senso dell’umorismo. Perfino il paziente Bruan a un certo punto allargò le braccia in segno di resa e rinunciò al tentativo di spiegare le loro battute. Cosa c’era di divertente in una donna che per errore aveva pugnalato il marito, quali che fossero le circostanze, o in un uomo che alla fine si era sposato con la sorella della donna che voleva in moglie? Han sbuffava e sospirava, rifiutandosi di credere che Rand non capisse; lui aveva riso a crepapelle sulla storia della pugnalata, tanto da perdere quasi l’equilibrio sulla sedia. La sola cosa di cui non parlarono fu la guerra imminente contro Illian.

Quando andarono via, Rand rimase in piedi a occhi socchiusi per osservare il sole, a metà dell’orizzonte. Han stava raccontando di nuovo la storia della pugnalata e i capi risero ancora. Rand svuotò la pipa e spense il tizzone schiacciandolo con un piede. Gli era rimasto il tempo di tornare a Caemlyn e incontrare Bashere, ma rientrò nella tenda e si sedette a guardare il sole che tramontava. Mentre l’astro toccava l’orizzonte diventando rosso sangue, Enaila e Somara gli portarono una quantità di montone stufato che sarebbe bastata per due donne, una pagnotta rotonda e una brocca di tè alla menta che era stata messo in un secchio d’acqua a raffreddare.

«Non mangi abbastanza» disse Somara, cercando di sistemargli i capelli prima che Rand spostasse il capo.

Enaila lo guardò. «Se non evitassi Aviendha in questo modo, si accerterebbe che tu mangiassi.»

«Prima attira il suo interesse, poi fugge da lei» mormorò Somara. «Adesso devi attirarla di nuovo. Perché non ti offri di lavarle i capelli?»

«Non dovrebbe azzardare tanto» ribatté Enaila con fermezza. «Chiederle il permesso di pettinarla sarebbe più che sufficiente. Non vuole certo che lei lo creda tanto sfacciato.»

Somara sbuffò. «Non lo farà, visto che scappa da lei. A volte sei troppo modesto, Rand al’Thor.»

«Spero vi rendiate conto che nessuna di voi è mia madre, vero?»

Le due donne in cadin’sor si guardarono confuse. «Credi che sia un’altra battuta degli abitanti delle terre bagnate?» chiese Enaila, e Somara sollevò le spalle.

«Non lo so. Non sembra troppo divertito.» Quindi diede una pacca sulla schiena di Rand. «Sono certa che fosse una battuta divertente, ma dovrai spiegarcela.»

Rand soffrì in silenzio serrando i denti mentre le due donne lo guardavano mangiare. Contarono ogni suo boccone. La situazione non migliorò quando le due lo lasciarono, ma Sulin si unì a lui. La donna gli aveva già elargito diversi consigli, schietti e inopportuni, su come potesse riaccendere l’attenzione di Aviendha; fra gli Aiel era il tipo di cura che una sorella prima poteva avere per un fratello primo.

«Ai suoi occhi devi rimanere modesto,» spiegò la Fanciulla dai capelli bianchi «ma non tanto da farle credere di essere noioso. Chiedile di strofinarti la schiena nella sauna, ma timidamente, a occhi bassi. Quando ti spogli per andare a letto, balla come se fossi felice di vivere, quindi chiedi scusa d’improvviso come se ti fossi accorto solo allora della sua presenza e infilati sotto le coperte. Sei capace di arrossire?»

Quella di Rand fu una sofferenza silenziosa e attenta. Le Fanciulle sapevano troppo e troppo poco.

Quando fecero ritorno a Caemlyn, ben dopo il tramonto, Rand si recò nei propri appartamenti con gli stivali in mano, camminando a tentoni al buio dall’anticamera fino alla stanza da letto. Anche se non avesse saputo che Aviendha era nella stanza, già sdraiata sul pagliericcio in terra vicino al muro, ne avrebbe percepito la presenza. Riusciva a sentirla respirare nell’immobilità della notte. Una volta tanto pareva che riuscito ad aspettare abbastanza da farla addormentare. Aveva cercato di porre fine a quella situazione, ma Aviendha non gli prestava attenzione e le Fanciulle ridevano della sua ‘timidezza’ e della sua ‘modestia’. Sostenevano fossero ottime qualità in un uomo quando era da solo, se non le portava troppo in là.

Si infilò nel letto con una sensazione di sollievo per il fatto che Aviendha fosse già addormentata — e di malumore perché non osava accendere una lampada per lavarsi — e la donna si voltò sul pagliericcio. Molto probabilmente era sempre stata sveglia.

«Dormi bene e svegliati» fu tutto ciò che disse.

Chiedendosi se non fosse stupido essere tanto contento perché una donna che lui voleva evitare gli aveva augurato la buonanotte, sistemò il cuscino di piume d’oca che aveva sotto al capo. Probabilmente Aviendha la riteneva una battuta divertente; prendere in giro gli altri per gli Aiel era quasi un’arte, più la battuta si avvicinava allo spargimento di sangue, meglio era. Il sonno stava giungendo e l’ultimo pensiero consapevole di Rand fu che anche lui aveva in mente un bellissimo scherzo, anche se solo Mat e Bashere ne erano al corrente. Sammael non aveva alcun senso dell’umorismo, ma quell’imponente esercito in attesa a Tear era lo scherzo più bello che il mondo avesse mai visto. Se avesse avuto fortuna, Sammael sarebbe morto prima di capire che doveva ridere.

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