Agli occhi di Egwene, la visita di Rand a Cairhien sembrava uno di quei grandiosi fuochi d’artificio degli Illuminatori, di cui aveva sempre sentito parlare ma che non aveva mai visto, quelli che esplodevano su tutta la città. L’eco sembrava riverberare senza fine.
Naturalmente non si avvicinò di nuovo al palazzo, ma le Sapienti andavano ogni giorno alla ricerca di trappole lasciate con saidar e le raccontavano quanto accadeva. I nobili si guardavano in tralice, Tarenesi e Cairhienesi. Berelain sembrava essersi nascosta, rifiutando di vedere chiunque a meno che proprio non dovesse; Rhuarc era costretto a farle svolgere i doveri che trascurava, con scarsi risultati. Sembrava essere il solo che non avesse subito alcuna conseguenza in tutto il palazzo. Anche i servitori sobbalzavano se qualcuno li guardava, anche se forse era solo dovuto al fatto di avere le Sapienti che li interrogavano.
All’accampamento la situazione non era migliore, almeno fra le Sapienti. Il resto degli Aiel erano come Rhuarc, calmi e stabili. Il loro comportamento rendeva la volubilità delle Sapienti anche più tesa al confronto, sempre che ce ne fosse bisogno. Amys e Sorilea ritornavano furiose dai loro incontri con Rand. Non spiegavano perché, non quando Egwene poteva sentire, ma le sensazioni emanavano dalle Sapienti veloci come il pensiero, fino a quando tutte loro si agitavano come gatti furiosi pronti ad artigliare ogni cosa in movimento. Le apprendiste camminavano in punta di piedi e parlavano a bassa voce, ma venivano comunque rimproverate per cose che di solito nessuno avrebbe notato e punite per azioni che di solito richiedevano solo un rimprovero.
La comparsa nell’accampamento delle Sapienti Shaido non fa di aiuto. Therava ed Emerys erano Sapienti; la terza era Sevanna, che se ne andava in giro dandosi delle arie, con la blusa slacciata e una scollatura che faceva concorrenza a quella di Berelain, senza notare la polvere. Therava ed Emerys avevano detto che Sevanna era una Sapiente e, anche se Sorilea aveva protestato, non ebbero altra scelta che accettarla come tale. Egwene era sicura che stessero spiando, ma Amys la guardò male quando lo fece presente. Protette dalle usanze, avevano libero accesso alle tende, benvenute per tutte le Sapienti — anche Sorilea — come se fossero care amiche o sorelle prime. Eppure quella presenza rendeva tutte nervose. In particolar modo Egwene. Quella gatta furba di Sevanna sapeva chi fosse lei e non nascondeva la gioia di mandare ‘l’apprendista bassa’ a prenderle l’acqua o a fare simili servizi alla minima opportunità. Sevanna l’osservava, pareva studiarla. Faceva venire in mente a Egwene qualcuno che studiasse una gallina, chiedendosi come cucinarla una volta rubata. Peggio ancora, le Sapienti non volevano dirle di cosa parlavano; erano affari delle Sapienti e non delle apprendiste. Quale che fosse il motivo della presenza delle Shaido, l’umore delle altre Sapienti la interessava. Egwene aveva visto Sevanna sorridere più di una volta, quando pensava che nessuno la vedesse, mentre guardava Amys, Malindhe o Cassio, che camminavano nervose mentre le parlavano e si aggiustavano lo scialle senza rendersene conto. Ovviamente nessuna dava ascolto a Egwene. Troppi commenti sulle donne Shaido alla fine le fecero ottenere una giornata trascorsa a scavare una buca, ‘abbastanza profonda da starvi in piedi senza essere vista’, e quando ne fu uscita, tutta sporca e sudata, dovette riempirla di nuovo, con Sevanna che la osservava.
Due giorni dopo che Rand era andato via, Aeron e qualche altra Sapiente convinsero tre Fanciulle a entrare di nascosto nel palazzo di Arilyn durante la notte, per vedere se potevano scoprire qualcosa, e quello rese la situazione peggiore. Le tre riuscirono a evitare le guardie di Gawyn, anche se con più difficoltà di quanto si aspettassero, ma le Aes Sedai erano un’altra faccenda. Mentre stavano ancora arrampicandosi sui tetti per scendere nell’attico, furono avvolte dal Potere e tirate dentro. Fortunatamente Coiren e le altre credevano che fossero andate a rubare, anche se le Fanciulle non la ritennero una gran fortuna. Furono scaraventate in strada, talmente livide che quasi non riuscivano a camminare e ancora faticavano a respirare una volta raggiunto l’accampamento. Le altre Sapienti fecero a turno per rimproverare Aeron e le sue amiche, di solito in privato, anche se Sorilea sembrava voler fare una questione di principio di riprenderle davanti al maggior numero possibile di persone. Sevanna e le sue amiche ridevano apertamente quando vedevano Aeron o una delle Fanciulle e parlavano fra di loro ad alta voce, per farsi sentire, su cosa avrebbero fatto le Aes Sedai quando l’avessero scoperto. Anche Sorilea le guardava in tralice per quello, ma nessuna diceva nulla e Aeron e le altre cominciarono a camminare in punta di piedi come le apprendiste, le quali cercavano di nascondersi quando non stavano svolgendo un compito o assistendo a una lezione. I caratteri più taglienti divennero lame di rasoio.
Tranne per la buca, Egwene riuscì a evitare il peggio, ma solo perché si era tenuta molto alla larga dalle tende, soprattutto per evitare Sevanna, prima che decidesse di impartire una lezione a quella donna. Non aveva dubbi su come sarebbe andata a finire; Sevanna era stata accettata come Sapiente, nonostante quanto si dimostrassero scontente quando non era in giro. Amys e Bair probabilmente avrebbero lasciato che fosse la Shaido a decidere la punizione per lei. Se non altro, tenersi alla larga non era troppo difficile. Era un’apprendista, ma solo Sorilea faceva lo sforzo di insegnarle le migliaia di cose che una Sapiente doveva sapere. Fino a quando Amys e Bair non le diedero il permesso di ritornare nel tel’aran’rhiod, le giornate e le serate erano state tutte sue, quando riusciva a sfuggire Surandha e il resto per lavare i piatti, raccogliere il letame per il fuoco e cose simili.
Non capiva perché le giornate trascorressero tanto lentamente; pensava che fosse il fatto di dover aspettare Amys e Bair. Gawyn andava a L’uomo alto ogni mattina. Egwene si abituò ai sorrisi allusivi della locandiera, anche se una volta o due pensò di prenderla a calci. Forse tre volte, non di più. Quelle ore volavano. Non appena sedeva sulle ginocchia di Gawyn era il momento di alzarsi e andare via. Ora non la spaventava più. Non l’aveva mai davvero spaventata, ma adesso era più piacevole. Se a volte pensava a cose che non doveva pensare, se quei pensieri la facevano arrossire, be’, lui le carezzava sempre il viso quando arrossiva e pronunciava il suo nome in un modo tale che avrebbe potuto trascorrere l’intera vita ascoltandolo. Parlava sempre meno di quanto accadeva con le Aes Sedai, ma non le importava.
Erano le altre ore che si trascinavano come se arrancassero nel fango. C’era talmente poco da fare che pensava sarebbe esplosa per la frustrazione. Le Sapienti che tenevano d’occhio il palazzo di Arilyn avevano detto di non aver visto altre Aes Sedai. Scelte fra quelle che potevano incanalare, le osservatrici sostenevano che le Aes Sedai ancora lavorassero il Potere, giorno e notte senza interruzione, ma Egwene non osava avvicinarsi e, se lo avesse fatto, non avrebbe potuto dire cosa stessero facendo senza vedere i flussi. Se le Sapienti fossero state meno mordaci, forse avrebbe tentato di trascorrere più tempo a leggere nella tenda, ma la sola volta che aveva toccato un libro non di notte e alla luce della lampada, Bair aveva borbottato qualcosa sulle ragazze che sprecavano la giornata senza fare nulla, quindi Egwene aveva mormorato di aver dimenticato qualcosa e usciva dalla tenda prima che trovassero qualcosa di utile da farle fare. Alcuni momenti di conversazione con un’altra apprendista potevano essere altrettanto pericolosi. Una volta che si era fermata a parlare con Surandha, mentre si nascondeva all’ombra proiettata da una tenda di qualche Cane di Pietra, le aveva fatto guadagnare un pomeriggio a fare il bucato, quando Sorilea le aveva scoperte. Sarebbe anche stata contenta dei compiti, tanto per avere qualcosa da fare, ma Sorilea aveva esaminato il bucato steso nella tenda per evitare la polvere onnipresente, quindi aveva tirato su con il naso e ordinato loro di rifare tutto da capo. Lo aveva fatto per due volte! Sevanna aveva osservato parte di quella scena.
Quando si trovava in città Egwene si guardava sempre alle spalle, e il terzo giorno si diresse ai moli con la stessa cautela di un topo che stesse rubando qualcosa a un gatto. Un tipo rugoso con una barchetta si passò una mano fra i capelli radi e chiese un marco d’argento per portarla all’imbarcazione del Popolo del Mare. Tutto era caro, ma quella richiesta era addirittura ridicola. Lo fissò torva, gli disse che poteva farlo per un centesimo d’argento — che era comunque troppo — e sperò che la contrattazione non le avrebbe prosciugato tutti i beni. Non aveva molto. Tutti saltavano e sobbalzavano davanti agli Aiel, ma quando trattavano, dimenticavano cadin’sore e lance e combattevano come leoni. L’uomo aprì la bocca sdentata, la richiuse, la osservò, quindi mormorò e, con sua sorpresa, le disse che gli stava togliendo il pane di bocca.
«Sali» borbottò. «Sali. Non posso perdere l’intera giornata per una miseria. Intimidire un uomo. Rubargli il pane.» Proseguì in questo modo anche dopo aver cominciato a remare, portando la barchetta nelle vaste acque dell’Alguenya.
Egwene non sapeva se Rand avesse incontrato quella Maestra delle Onde, ma sperava di sì. Secondo Elayne, il Drago Rinato era il Coramoor del Popolo del Mare, il Prescelto, e avrebbe dovuto fare solo un cenno per vederli correre al suo cospetto. Egwene sperava che non avrebbero strisciato ai suoi piedi. Rand ne vedeva fin troppi pronti a farlo. Ma non era stato lui a spingerla su quella barca. Elayne aveva incontrato alcuni degli Atha’an Miere, aveva viaggiato su una delle loro imbarcazioni e le aveva detto che le Cercavento del Popolo del Mare potevano incanalare. Qualcuna di loro, forse la maggior parte. Quello era un segreto che gli Atha’an Miere custodivano gelosamente, ma la Cercavento sul battello di Elayne aveva condiviso le sue conoscenze, una volta che quel segreto era stato scoperto. Le Cercavento del Popolo del Mare conoscevano il tempo atmosferico. Elayne le aveva detto che ne sapevano più delle Aes Sedai. Le aveva raccontato che la Cercavento sulla sua imbarcazione aveva creato dei flussi enormi per far nascere dei venti favorevoli. Egwene non sapeva quanto ci fosse di vero e quanto invece fosse solo entusiasmo, ma imparare qualcosa sul clima sarebbe stato sicuramente meglio che girarsi i pollici e chiedersi se essere presa da Nesune potesse essere un sollievo a confronto delle Sapienti e Sevanna. Con quanto sapeva adesso non avrebbe fatto piovere se il cielo fosse stato tutto nero a eccezione dei fulmini. Al momento il sole ardeva in un cielo terso e il calore tremava sopra l’acqua scura. Se non altro la polvere non arrivava fino al fiume.
Quando alla fine l’uomo issò i remi e lasciò che la piccola imbarcazione affiancasse il vascello , Egwene si alzò, ignorando i commenti secondo cui lei li avrebbe fatti cadere entrambi nel fiume. «Ehi!» gridò Egwene. «Ehi! Posso salire a bordo?»
Era stata su diversi battelli fluviali ed era fiera di conoscere i termini appropriati — la gente di mare sembrava permalosa quando si trattava di usare le parole giuste — ma quel veliero era al di fuori della sua esperienza. Aveva visto dei battelli fluviali più lunghi, ma mai così alti. Alcuni della ciurma lavoravano al sartiame, o si arrampicavano sul pennone, uomini scuri a torso nudo, scalzi, che indossavano ampi pantaloni colorati legati in vita da alte fusciacche, e donne scure dalle bluse variopinte.
Stava per gridare di nuovo quando una scala di corda venne srotolata su un fianco della nave. Dal ponte non era giunta risposta, ma quello sembrava comunque un invito. Egwene si arrampicò. Era difficile — non arrampicarsi, ma mantenere chiusa la gonna: capiva perché le donne del Popolo del Mare indossassero i pantaloni — ma alla fine raggiunse il corrimano.
Lo sguardo ricadde subito sulla donna non lontana, sul ponte. La blusa e i pantaloni erano di seta azzurra e la fusciacca era più scura. Aveva tre anelli d’oro per ogni orecchio e una catenina con appesi dei piccoli medaglioni, che andava dall’orecchio al naso. Elayne gliene aveva parlato e ne aveva anche dato una dimostrazione usando il tel’aran’rhiod, ma vederlo di persona le fece senso. C’era anche qualcos’altro. Riusciva a percepire l’abilità di incanalare. Aveva trovato la Cercavento.
Egwene aprì bocca e una mano scura le scattò davanti agli occhi; brandiva un pugnale. Prima che lei potesse gridare, la lama tagliò le corde della scaletta. Sempre appesa all’ormai inutile oggetto, Egwene cadde.
Non gridò: fu solo un istante, quindi si ritrovò nel fiume, affondando. L’acqua le entrò in bocca e soffocò le urla. Aveva l’impressione di star ingoiando tutto il fiume. Cercò in preda al panico di togliersi la gonna da sopra la testa e liberarsi della scala. Non era in preda al panico. Non lo era. Quanto si era immersa? Attorno a lei era tutto scuro e fangoso. Da quale parte era la superficie?. Sentì una morsa tremenda al petto ed emise aria dal naso, guardando le bolle andare in basso e verso sinistra, strano. Nuotò verso la superficie. Quanto era distante? I polmoni le bruciavano.
La testa emerse violentemente alla luce del giorno e lei respirò tossendo. Con sua sorpresa il barcaiolo la raggiunse e la issò a bordo, dicendole di smetterla di agitarsi prima che li facesse capovolgere e aggiungendo che il Popolo del Mare era permaloso. L’uomo si protese per prenderle lo scialle prima che sprofondasse. Egwene glielo strappò di mano e l’uomo si ritrasse come se temesse che l’avrebbe colpito. La gonna era pesante, la blusa e la sottoveste erano appiccicate al corpo; la fascia dei capelli le era scesa davanti al viso. Ai suoi piedi si formò una pozza. La barca si era allontanata di una ventina di metri dalla nave. La Cercavento era affacciata, insieme ad altre due donne, una in seta verde e l’altra in broccato rosso ricamato in oro.
Orecchini, catene e medaglioni risplendevano al sole.
«Ti è stato rifiutato il dono di un passaggio» annunciò quella in verde, e quella in rosso gridò: «Dillo alle altre, camuffarvi non ci inganna. Tu non ci spaventi. A tutte voi è rifiutato il dono di un passaggio!»
L’uomo rugoso prese i remi, ma Egwene gli puntò un dito in mezzo agli occhi. «Fermati subito.» L’uomo obbedì. Non una parola gentile.
Inspirando profondamente abbracciò saidar e incanalò quattro flussi prima che la Cercavento potesse reagire. Conosceva il tempo atmosferico, vero? Avrebbe saputo dividere quattro flussi? Non molte Aes Sedai potevano farlo. Un flusso di Spirito, per lo schermo contro la Cercavento in modo da evitare che interferisse. Se sapeva come farla. Gli altri tre erano Aria, intessuti con delicatezza attorno a tutte le donne, per bloccare loro le braccia lungo i fianchi. Sollevarle non fu difficile, ma nemmeno facile.
Dall’imbarcazione giunse un certo clamore mentre le donne fluttuavano in aria fino a trovarsi sopra al fiume. Egwene sentiva che il barcaiolo gemeva, ma non le interessava. Le donne del Popolo del Mare non scalciavano nemmeno. Con uno sforzo le fece andare più in alto, dieci o dodici metri sopra la superficie: nonostante tutti i suoi sforzi, sembrava essere il limite massimo. Be’, non vorrai fare loro del male, pensò, rilasciando i flussi. Stavolta devono urlare!
Le donne del Popolo del Mare assunsero la posizione di una palla appena cominciarono a cadere, quindi distesero le braccia davanti a loro. Entrarono in acqua facendo pochi schizzi. Dopo qualche momento le loro teste scure emersero in superficie e le donne cominciarono a nuotare veloci verso la nave.
Egwene chiuse la bocca. Se le sollevassi per le caviglie e immergessi le teste, loro... ma cosa stava pensando? Dovevano gridare perché l’aveva fatto lei? Erano bagnate allo stesso modo. Devo assomigliare a un topo bagnato! Incanalò con cautela — lavorare su se stesse richiedeva cautela, non si vedevano mai i flussi con chiarezza — e l’acqua le scivolò di dosso e dagli abiti, formando una bella pozza.
Il barcaiolo la fissava a bocca aperta e occhi sgranati, cosa che le fece capire cos’avesse combinato. Incanalare nel mezzo di un fiume, con nulla che la nascondesse agli occhi delle Aes Sedai che avrebbero potuto vederla. Sole o no, sentì improvvisamente freddo.
«Adesso puoi riportarmi a riva.» Non aveva modo di sapere chi ci fosse sul molo; a quella distanza non avrebbe distinto un uomo da una donna. «Non in città, sulla riva del fiume.» Il tizio si lanciò sui remi e quasi cadde per la foga.
La fece sbarcare in un punto dove la riva era tutta di rocce lisce grandi quanto la testa di un uomo. Non c’era nessuno in vista, ma lei balzò fuori dell’imbarcazione non appena la barca sfiorò la riva, raccolse la gonna e corse a rotta di collo su per il pendio, fino a quando giunse alla sua tenda dove crollò ansimando, tutta madida di sudore. Non si avvicinò di nuovo alla città. Se non, naturalmente, per incontrare Gawyn.
I giorni trascorsero e il vento era ormai quasi incessante, e trasportava polvere e sabbia, giorno e notte. La quinta notte Bair accompagnò Egwene nel Mondo dei Sogni, un’escursione veloce a mo’ di prova, una camminata in quella parte del tel’aran’rhiod che Bair conosceva meglio, il deserto Aiel, una terra arida e frastagliata che faceva sembrare anche il caldo di Cairhien gradevole. Un viaggio veloce, poi Bair e Amys vennero a svegliarla per verificare se l’escursione avesse avuto effetti negativi. Nonostante quanto la facessero correre e saltare, per quanto spesso la guardassero negli occhi o le ascoltassero il cuore, erano tutte d’accordo, e Amys la sera seguente la guidò in una breve escursione nel deserto, seguita poi da un’altra visita stancante, che la rese felice alla fine di strisciare nel suo pagliericcio e cadere in un sonno profondo.
Quelle due sere non fece ritorno da sola nel Mondo dei Sogni, più per la stanchezza che per altri motivi. Prima di quel momento si era detta tutti i giorni che doveva farla finita — sarebbe stato davvero un bell’affare se l’avessero colta a infrangere il divieto proprio quando erano pronte a toglierlo — ma ogni volta decideva che si trattava solo di una visita breve e che non ci sarebbero stati problemi. Il posto che evitava era fra il tel’aran’rhiod e il mondo reale, il posto dove i sogni erano in sospensione. Lo evitava in particolar modo dopo che aveva scoperto di pensare che se fosse stata davvero molto cauta forse sarebbe riuscita a scrutare nei sogni di Gawyn senza esservi trascinata dentro, e poi, se anche fosse successo, si sarebbe trattato comunque di un sogno. Cercava sempre di rammentarsi che era una donna adulta, non una ragazza sciocca. Era contenta che nessun’altra sapesse che tipo di groviglio avesse creato l’uomo nei suoi pensieri. Amys e Bair avrebbero riso fino alle lacrime.
La settima notte si preparò con cura per il letto, indossò una camicia da notte pulita e si spazzolò i capelli fino a farli risplendere. Tutto inutile per quanto riguardava il tel’aran’rhiod, ma l’aiutava a non pensare allo stomaco sottosopra. Quella notte ci sarebbero state le Aes Sedai ad attenderla nel Cuore della Pietra, non Nynaeve o Elayne. Non ci sarebbe stata differenza se non... la spazzola con il dorso d’avorio si immobilizzò a metà movimento. A meno che una delle Aes Sedai non avesse rivelato che lei era un’Ammessa. Perché non ci aveva pensato prima? Luce, quanto avrebbe voluto parlare con Nynaeve ed Elayne. Il problema era che non riusciva a vedere quale vantaggio ne avrebbe tratto, ed era certa che quel sogno degli oggetti infranti significava che qualcosa sarebbe andata male se avesse parlato con loro.
Si mordicchiò un labbro chiedendosi se non fosse il caso di andare da Amys e dirle che non si sentiva bene. Nulla di serio, solo mal di stomaco, ma non credeva che avrebbe potuto visitare il mondo dei sogni quella sera. Avrebbe di nuovo iniziato le lezioni dopo la visita, ma... sarebbe stata un’altra bugia, e un modo codardo di esordire. Non si sarebbe comportata da codarda. Nessuna era coraggiosa allo stesso modo, ma la codardia era spregevole. Qualunque cosa fosse accaduta quella sera, avrebbe dovuto affrontarla, ed era tutto.
Ripose la spazzola con fermezza, spense la lampada e s’infilò nel pagliericcio. Era talmente stanca che prendere sonno non fu un problema, anche se, in caso di necessità, sapeva come addormentarsi in ogni circostanza e a qualsiasi ora, o entrare in una leggera catalessi da dove poteva introdursi nel Mondo dei Sogni e parlare comunque — borbottare — con qualcuno accanto al suo corpo. Poco prima di addormentarsi si accorse di qualcosa di sorprendente. Non aveva più mal di stomaco.
Si trovò in piedi in una grande sala con il soffitto a volta, piena di spesse colonne di granito. Il Cuore della Pietra, nella Pietra di Tear. Lampade dorate pendevano dal soffitto. Spente, ma c’era comunque luce, proveniente da ovunque e da nessuna parte. Amys e Bair erano già sul posto, non diverse da come le erano apparse quella mattina, con la sola differenza che tutti i braccialetti e le collane brillavano più dell’oro vero. Parlavano sommessamente e sembravano irritate. Egwene sentiva qualche parola di tanto in tanto, ma una su due era ‘Rand al’Thor’.
Di colpo si accorse di indossare l’abito bianco con le bande colorate delle Ammesse e lo cambiò subito in un abbigliamento identico a quello delle Sapienti, senza i gioielli. Non credeva che le altre due donne lo avessero notato, o che avrebbero capito il significato di quel vestito, nel caso l’avessero visto. C’erano momenti in cui arrendersi faceva perdere meno ji e guadagnare meno toh rispetto alle alternative, ma nessun Aiel lo avrebbe preso in considerazione senza nemmeno provare a combattere.
«Sono di nuovo in ritardo» osservò seccata Amys, camminando avanti e indietro nello spazio aperto sotto la grande cupola. Infilata nel pavimento di pietra c’era quella che sembrava una spada di cristallo, la Callandor delle Profezie, un sa’angreal maschile, uno dei più potenti mai creati. Rand lo aveva piantato lì per ricordare ai Tarenesi la sua presenza e non c’era modo che questi potessero dimenticare, ma Amys la guardò appena. Per altri la spada che non è una spada rappresentava il simbolo del Drago Rinato; per lei era solo un problema degli abitanti delle terre bagnate. «Almeno potremo sperare che non facciano finta di sapere tutto loro. L’ultima volta si sono comportate molto meglio.»
Lo sbuffo di Bair avrebbe fatto battere le palpebre a Sorilea. «Non miglioreranno mai. Sarebbe il minimo se si presentassero dove e quando avevano promesso...» s’interruppe quando sette donne apparvero improvvisamente dall’altro lato di Callandor.
Egwene le riconobbe, inclusa la giovane con quegli occhi azzurri e determinati che aveva già visto nel tel’aran’rhiod. Chi era? Amys e Bair avevano parlato delle altre — di solito con toni acidi — ma mai di questa in particolare. Portava lo scialle con le frange azzurre come tutte le altre. Gli abiti delle donne cambiavano colore e taglio da un istante all’atro, ma gli scialli non cambiavano mai.
Gli occhi delle Aes Sedai si concentrarono subito su Egwene. Le Sapienti sembrava non esistessero.
«Egwene al’Vere,» disse Sheriam formalmente «sei convocata davanti al Consiglio della Torre.» Gli occhi verdi a mandorla brillavano colmi di diverse emozioni. Lo stomaco di Egwene si strinse; sapevano che si era fatta passare per Sorella.
«Non chiedere il motivo della convocazione» proseguì Carlinya dietro a Sheriam, e la voce gelida rese la formalità delle parole anche più dura. «Tu devi rispondere alle domande, non porle.» Per qualche motivo si era accorciata i capelli; era il tipo di dettaglio irrilevante che occupava la mente di Egwene; sicuramente in quel momento non voleva pensare al significato di tutto ciò. Le frasi di circostanza proseguirono a un ritmo regolare. Amys e Bair si aggiustarono lo scialle con le sopracciglia aggrottate, l’irritazione che incominciava a trasformarsi in preoccupazione.
«Non ritardare la tua venuta.» Egwene aveva sempre pensato che Anaiya fosse gentile, ma quella donna dal viso paffuto parlava in tono fermo come Carlinya, non molto più calorosa nelle sue formalità. «Devi obbedire con solerzia.»
Le tre parlarono simultaneamente. «Fai bene a temere la convocazione del Consiglio. Farai bene a obbedire con fretta e umiltà, senza chiedere. Sei convocata a inginocchiarti davanti al Consiglio della Torre e accettare il suo giudizio.»
Egwene controllò il respiro, e almeno riuscì a non ansimare. Qual era la punizione per ciò che aveva fatto? Sospettava che non sarebbe stata molto leggera, non quando era preceduta da tutta quella cerimonia. La fissavano tutte. Egwene cercò di leggere qualcosa sui volti di quelle Aes Sedai. Sei mostravano solo la serenità tipica delle Sorelle, con forse un leggero accenno di intensità. La giovane Azzurra aveva la calma fredda di chi era stata Aes Sedai per molti anni, ma non poteva fare a meno di nascondere un leggero sorriso soddisfatto.
Sembrava che stessero aspettando qualcosa. «Verrò il prima possibile» rispose Egwene. Aveva lo stomaco sotto i piedi, ma riuscì a tenere salda la voce. Nessuna codardia. Sarebbe stata Aes Sedai. Se dopo tutto ciò glielo avessero permesso. «Non so quanto potrò andare veloce. È un viaggio lungo e non so con esattezza dove si trovi Salidar. So solo che si trova da qualche parte nei pressi del fiume Eldar.»
Sheriam scambiò delle occhiate con le altre. L’abito andava dalla seta azzurro chiaro al grigio scuro, con la gonna divisa. «Siamo sicure che c’è un sistema per rendere il viaggio veloce. Con l’aiuto delle Sapienti. Siuan è certa che non ci vorrà più di un giorno o due se entri fisicamente nel tel’aran’rhiod...»
«No» scattò Bair mentre Amys diceva: «Non le insegneremo una cosa simile. Era una tecnica usata per scopi malvagi e chiunque provi a usarla perde parte di sé.»
«Non ne puoi essere sicura,» rispose con pazienza Beonin «visto che nessuna di voi ci ha mai provato. Ma se ne sapete qualcosa dovete anche conoscerne la tecnica. Forse riusciremo a dedurre ciò che non sapete.» Il tono di voce paziente era proprio quello sbagliato. Amys si tolse lo scialle e si alzò, anche più rigida del solito. Bair si mise le mani sui fianchi facendo un ghigno tremendo. In un istante ci sarebbe stata una di quelle esplosioni alle quali avevano accennato le Sapienti. Avrebbero dato a quelle Aes Sedai qualche lezione su ciò che poteva essere fatto nel tel’aran’rhiod, mostrando loro quanto poco ne sapessero. Le Aes Sedai erano calme, molto sicure. Gli scialli resistevano, ma gli abiti lampeggiavano veloci quasi quanto il cuore di Egwene. Solo quello della giovane Azzurra sembrava vagamente stabile, essendo cambiato solo una volta durante quel lungo silenzio.
Avrebbe dovuto trovare il modo di evitare l’esplosione. Doveva assolutamente andare a Salidar e di certo non avrebbe aiutato se fosse giunta in veste di testimone dell’umiliazione di quelle Aes Sedai. «Conosco un sistema. Penso di conoscerlo. Sono disposta a provare.» Se non avesse funzionato, avrebbe sempre potuto cavalcare. «Ma devo ancora sapere dove andare. Meglio di quanto lo so adesso.»
Amys e Bair spostarono l’attenzione dalle Aes Sedai su di lei. Nemmeno Carlinya avrebbe eguagliato quegli sguardi freddi, o Morvrin. A Egwene salì il cuore in gola.
Sheriam iniziò subito a dare spiegazioni — un certo numero di chilometri a ovest del villaggio, altri a sud — ma la giovane Azzurra si schiarì la gola e disse: «Questa forse sarebbe di maggior aiuto.» La voce sembrava familiare, ma Egwene non riusciva a collegarla al viso.
Controllava gli indumenti meglio delle altre — la seta verde divenne blu scuro mentre parlava, il collo alto e ricamato si trasformò in un ciuffo di merletti nello stile di Tairen, con una cuffia di perle sul capo — ma sapeva qualcosa del tel’aran’rhiod. Di colpo apparve una grande mappa, che mostrava un punto rosso da un lato con su scritto ‘Cairhien’ in caratteri cubitali e un altro che menzionava ‘Salidar’ dall’altro. La mappa incominciò a espandersi e mutare; le montagne erano diventate linee abbozzate, le foreste tonalità di verde e marrone, i fiumi brillavano azzurri sotto il sole. Crebbe fino a coprire tutto un lato del Cuore. Era come guardare il mondo dall’alto. Anche le Sapienti erano rimaste colpite a un punto tale da nascondere la loro disapprovazione, almeno fino a quando la gonna della donna di Tairen divenne di seta gialla chiara e il colletto ricamato d’argento. La giovane però non aveva alcun interesse per loro. Per motivi ignoti, rivolgeva sguardi di sfida alle altre Aes Sedai.
«È meravigliosa, Siuan» disse Sheriam dopo un istante.
Egwene batté le palpebre. Siuan? Doveva trattarsi di una donna con lo stesso nome. La giovane Siuan tirò su con il naso e fece un cenno del capo che ricordava molto Siuan Sanche, ma era impossibile che fosse lei. Stai solo cercando di perdere tempo, si disse Egwene. «È abbastanza per permettermi di trovare Salidar, che io possa o meno...» guardò Amys e Bair, silenziose e piene di disapprovazione; sembravano scolpite nella roccia. «Che io possa o meno venire in questo posto in carne e ossa. In un modo o nell’altro, prometto che arriverò a Salidar non appena possibile.» La mappa svanì. Luce, cosa mi faranno?
Stava quasi per formulare la domanda quando Carlinya la interruppe, immersa nella cerimonia e con il tono di voce più duro di prima. «Non chiedere il motivo della convocazione. Tu devi rispondere alle domande, non porle.»
«Non ritardare la tua venuta» disse Anaiya. «Devi obbedire con solerzia.»
Le Aes Sedai si scambiarono delle occhiate e svanirono con tale velocità che Egwene si chiese quasi se si aspettavano che l’avrebbe chiesto in ogni caso.
Restò da sola con Amys e Bair, ma quando si voltò verso di loro, incerta se iniziare con una scusa o la preghiera che la comprendessero, svanirono, lasciandola ancor più sola, circondata dalle colonne di granito, con Callandor che risplendeva accanto a lei. Non c’erano scuse nel ji’e’toh.
Sospirò rattristata e uscì dal tel’aran’rhiod per rientrare nel corpo addormentato.
Si svegliò immediatamente; svegliarsi secondo la propria volontà faceva parte delle conoscenze di una camminatrice dei sogni, come addormentarsi a richiesta, e aveva promesso di andare da loro il prima possibile. Incanalò e accese tutte le lampade. Avrebbe avuto bisogno di luce. Fece lo sforzo di essere allegra mentre si inginocchiava accanto a una delle ceste vicino alla parete della tenda, per prendere abiti che non aveva indossato da quando si era recata nel deserto. Una parte della sua vita era finita, ma non avrebbe pianto per quella perdita. Non lo avrebbe fatto.
Non appena Egwene scomparve, Rand uscì dal nascondiglio fra le colonne. A volte si recava in quel posto per guardare Callandor. La prima visita l’aveva fatta dopo che Asmodean gli aveva insegnato come invertire i flussi.
A quel punto aveva modificato le trappole attorno al sa’angreal in modo che le potesse vedere solo lui. Se le Profezie erano credibili, chiunque la avesse estratta sarebbe stato il suo successore. Non era certo di quanto ancora ci credesse, ma non aveva senso correre rischi.
Lews Therin borbottò da qualche parte nella sua testa — lo faceva sempre quando lui si avvicinava a Callandor — ma in quel momento a Rand la spada di cristallo non interessava affatto. Fissava il punto dov’era apparsa l’enorme mappa. Non era stata davvero una mappa, ma qualcosa di più. Cos’era quel posto? Era stata una semplice coincidenza a guidarlo lì quel giorno invece che il precedente o il successivo? Uno di quegli strattoni del Disegno tipici dei ta’veren? Non importava. Egwene aveva accettato la convocazione senza protestare e non l’avrebbe mai fatto se fosse venuta dalla Torre di Elaida. Salidar era il luogo dove si nascondevano le sue misteriose amiche. Dove si trovava Elayne. Si erano consegnate nelle sue mani.
Ridendo aprì il passaggio nel riflesso del palazzo di Caemlyn.