«Be’?» chiese Nynaeve con tutta la pazienza che riuscì a trovare. Tenere le mani in grembo era uno sforzo, come restare seduta immobile sul letto. Trattenne uno sbadiglio. Era presto e non aveva dormito bene per tre notti consecutive. La gabbia di vimini era vuota, avevano liberato il passero canterino. Avrebbe voluto essere libera anche lei. «Be’?»
Elayne stava in ginocchio sul suo letto, con la testa e le spalle fuori dalla finestra che dava sul vialetto dietro la casa. Aveva una visuale molto ridotta del retro della Piccola Torre, dove la maggior parte delle Adunanti stava ricevendo le delegate della Torre. Ridotta, ma sufficiente per vedere parte della protezione eretta contro chi voleva origliare, che racchiudeva tutta la locanda. Era del tipo in grado di bloccare chiunque cercasse di ascoltare avvalendosi del Potere. Il prezzo per aver condiviso certe conoscenze.
Dopo un istante Elayne si sedette di nuovo, con la frustrazione pura dipinta in viso. «Niente. Hai detto che quei flussi avrebbero potuto superare la barriera inosservati, e infatti non credo di essere stata notata, ma non ho nemmeno sentito nulla.»
L’ultima parte era rivolta a Moghedien, seduta in un angolo sullo sgabello traballante. L’assenza di sudore sul volto della donna irritava terribilmente Nynaeve. Sosteneva che avrebbe dovuto trascorrere del tempo a lavorare con il Potere per ottenere il distacco necessario per ignorare il caldo o il freddo, cosa non molto diversa dalle vaghe promesse delle Aes Sedai che prima o poi avrebbero imparato. Nynaeve ed Elayne grondavano sudore, Moghedien pareva fresca come una mattina di primavera e, Luce, urtava i nervi!
«Vi avevo avvertito.» Gli occhi scuri di Moghedien scattarono sulla difensiva, anche se mantenne lo sguardo fisso su Elayne; si concentrava sempre sulla donna che aveva addosso il bracciale. «L’avevo fatto. Ci sono diverse migliaia di metodi per intessere una protezione. Potrebbero volerci dei giorni per aprirsi un varco.»
Nynaeve si trattenne a stento dal parlare. Avevano già provato per giorni. Quello era il terzo dall’arrivo di Tarna Feir, e il Consiglio della Torre custodiva ancora strettamente il messaggio che la Sorella Rossa aveva consegnato in nome di Elaida. Be’, Sheriam, Myrelle e quel gruppo sapevano come stavano le cose — Nynaeve non sarebbe stata sorpresa se lo avessero saputo prima del Consiglio — ma anche Siuan e Leane erano state chiuse fuori durante quegli incontri quotidiani. Almeno, così sostenevano.
Nynaeve si accorse che stava giocando con la gonna e immobilizzò le mani. Dovevano trovare il modo di scoprire cosa volesse Elaida — e, cosa più importante, dovevano conoscere la risposta del Consiglio. Dovevano. In qualche modo.
«Devo andare» sospirò Elayne. «Devo insegnare a qualche altra Sorella come creare i ter’angreal.» Poche Aes Sedai a Salidar avevano mostrato di avere la destrezza necessaria, ma tutte volevano imparare e molte erano convinte di riuscirci, una volta che avessero chiesto a Elayne di mostrar loro diverse volte la procedura. «Tanto vale che lo prendi tu» disse levandosi il bracciale. «Voglio tentare qualcosa di nuovo nella fabbricazione di questi oggetti dopo che le Sorelle avranno finito con me, poi ho una classe di novizie.» Non pareva contenta, non era la stessa sensazione che aveva provato la prima volta. Dopo ogni classe ritornava in camera talmente irritata che pareva un gatto furioso. Le ragazze giovani erano troppo impazienti, andavano troppo avanti su cose che non sapevano come gestire, spesso senza nemmeno chiedere, e le più grandi, anche se un po’ più caute, discutevano facilmente, o recalcitravano davanti a un ordine di una donna di sei o sette anni più giovane. Elayne aveva preso a borbottare: «sciocche novizie» e «testarde idiote» come se fosse un’Ammessa da dieci anni. «Tu potresti avere il tempo per qualche domanda. Forse sarai più fortunata nel riconoscere un uomo che incanala di quanto lo sono stata io.»
Nynaeve scosse il capo. «Devo aiutare Janya e Delana con i loro appunti.» Non riuscì a trattenere una smorfia. Delana era una Sorella dell’Ajah Grigia e Janya era Marrone, ma da loro Nynaeve non otteneva nulla. «Poi ho un’altra lezione di Theodrin.» Un altro spreco di tempo. Tutti a Salidar sprecavano tempo. «Mettilo» disse, mentre Elayne cominciava ad appendere il bracciale a un gancio sul muro insieme agli abiti.
La donna dai capelli color oro sospirò ma lo indossò di nuovo. Secondo Nynaeve, Elayne si fidava troppo dell’a’dam. Era vero che fino a quando il collare fosse rimasto su Moghedien ogni donna in grado di incanalare l’avrebbe trovata con il bracciale e l’avrebbe controllata. Se nessuna portava il bracciale, la Reietta non poteva allontanarsi per più di una dozzina di passi senza cadere in ginocchio in preda ai conati di vomito, e lo stesso sarebbe accaduto se avesse provato a spostare il bracciale anche di pochi centimetri o se avesse cercato di aprire il collare da sola. Forse l’avrebbe trattenuta anche appeso al chiodo, ma una dei Reietti avrebbe trovato il sistema di aggirare il problema, se ne avesse avuta l’opportunità. Una volta, a Tanchico, Nynaeve aveva lasciato Moghedien schermata e legata con il Potere, solo per qualche momento, e la donna era riuscita a fuggire. Come avesse potuto fare una cosa simile era stata una delle prime domande di Nynaeve quando l’aveva catturata di nuovo, anche se per ottenere la risposta aveva dovuto quasi torcerle il collo. Uno schermo legato era apparentemente vulnerabile, se la donna schermata aveva tempo e pazienza. Elayne insisteva nel dire che non avrebbe funzionato con l’a’dam — non c’era un nodo da attaccare, e con il collare addosso Moghedien non poteva nemmeno provare a toccare saidar senza il loro permesso — ma Nynaeve preferiva non correre rischi.
«Copia con lentezza» le consigliò Elayne. «Io ho già lavorato per Delana. Odia le macchie o gli errori. Ti farà riscrivere tutto almeno cinquanta volte per avere una pagina pulita.»
Nynaeve si accigliò. Lei sicuramente non aveva la mano delicata o pulita come Elayne, ma non era una zoticona che avesse solo imparato quale lato della penna doveva andare nell’inchiostro. Elayne se ne accorse, ma uscì dalla stanza rivolgendole un sorriso. Forse voleva solo aiutarla. Se le Aes Sedai avessero scoperto quanto Nynaeve odiava copiare, avrebbero iniziato a usarlo come punizione.
«Forse dovreste andare da Rand» disse improvvisamente Moghedien. Adesso sedeva in modo diverso, con la schiena dritta e gli occhi scuri fissi su Nynaeve. Perché?
«Cosa vuoi dire?» chiese lei.
«Tu ed Elayne dovreste andare a Caemlyn, da Rand. Lei potrebbe essere regina e tu...» Il sorriso di Moghedien non fu affatto piacevole. «Prima o poi ti interrogheranno a fondo su come riesci a fare tutte quelle meravigliose scoperte e al tempo stesso tremare come una bambina presa a rubare le caramelle quando cerchi di incanalare per loro.»
«Io non...» No, non avrebbe dato spiegazioni, non a quella donna. Perché d’improvviso Moghedien era tanto premurosa? «Ricordati solo che qualunque cosa dovesse accadermi nel caso scoprissero la verità, la tua testa sarà sul ceppo prima che finisca la settimana.»
«Anche tu potresti soffrire a lungo. Una volta Semirhage fece gridare un uomo ogni ora di veglia per cinque anni. Lo mantenne anche sano di mente, ma alla fine nemmeno lei riuscì a tenerlo in vita. Dubito che una qualsiasi di quelle bambine abbia un decimo delle conoscenze di Semirhage, ma potresti scoprire di persona quale limite sono in grado di raggiungere.»
Come faceva la donna a parlarle in questo modo? Aveva perso la solita ansia piagnucolosa, se ne era disfatta come un serpente che cambia pelle. Sembravano due contendenti alla pari che parlassero di argomenti ordinari. No, peggio. L’attitudine di Moghedien faceva sembrare che l’argomento fosse ordinario per lei, ma terribile per Nynaeve, la quale, in quel momento, avrebbe tanto voluto avere il bracciale. Le sarebbe stato di conforto. Le emozioni di Moghedien non potevano essere tanto fredde e calme come il volto e la voce.
Nynaeve rimase senza fiato. Il bracciale. Ecco cos’era. Il bracciale non era nella stanza. Le si ghiacciò lo stomaco. Il sudore sembrò colarle sul viso più rapidamente. In teoria, che il bracciale fosse presente o meno non doveva fare differenza. Elayne lo aveva addosso — ti prego, Luce, fa che non se lo sia tolto! — e l’altra metà dell’a’dam era stretta fermamente attorno al collo di Moghedien. Ma la logica non aveva nulla a che fare con la situazione. Nynaeve non si era mai trovata da sola con la donna senza la presenza del bracciale. O meglio, le poche volte che era successo si erano rivelate un disastro. Moghedien all’epoca non portava l’a’dam, ma non faceva alcuna differenza. Era una dei Reietti, erano sole, e Nynaeve non poteva controllarla. Strinse la gonna per evitare di afferrare il pugnale appeso alla cintura.
Il sorriso di Moghedien divenne più profondo, come se le avesse letto nella mente.
«In questo, puoi essere certa che il tuo interesse mi sta a cuore. Questo» la mano della donna si avvicinò al collare per un istante, facendo attenzione a non toccarlo «mi terrebbe sotto controllo a Caemlyn come qui. La schiavitù laggiù è meglio che la morte qui. Ma non metterci troppo a decidere. Se quelle cosiddette Aes Sedai decidono di ritornare alla Torre, quale regalo sarebbe migliore per la nuova Amyrlin Seat se non te, una donna tanto vicina a Rand al’Thor? Ed Elayne. Se prova per lei la metà dei sentimenti che la ragazza ha per lui, il fatto che la ragazza sia prigioniera lo legherà con una corda che non saprà mai come tagliare.»
Nynaeve si alzò, costringendosi a tenere salde le ginocchia. «Puoi rifare i letti e pulire la stanza. Mi aspetto di trovarla immacolata al mio ritorno.»
«Quanto tempo ho?» chiese Moghedien prima che lei raggiungesse la porta. Sembrava stesse chiedendo se l’acqua per il tè era pronta. «Qualche altro giorno prima che inviino la risposta a Tar Valon? Qualche ora? Dove penderà la bilancia fra Rand al’Thor o i presunti crimini di Elaida, di fronte all’idea della loro preziosa Torre di nuovo intera?»
«Occupati bene dei vasi da notte» rispose Nynaeve senza voltarsi. «Stavolta li voglio vedere puliti.» Andò via prima che Moghedien potesse aggiungere altro, sbattendosi la porta alle spalle.
Appena fuori si piegò contro il ruvido legno della casa, ansimando nel vicolo soffocante. Affondò le mani nel sacchetto appeso alla cintura, ne estrasse due foglie increspate di menta dell’oca e se le mise in bocca. Quelle foglie ci impiegavano molto a fare effetto sui bruciori di stomaco, ma le masticò e deglutì in fretta per farle agire prima. Gli ultimi momenti erano stati un colpo dopo l’altro mentre Moghedien faceva a pezzi tutto ciò che lei conosceva. Anche con tutta la diffidenza, aveva creduto di essere riuscita a intimidire la donna. Falso. Oh, Luce, falso. Era certa che Moghedien ne sapesse poco di Rand ed Elayne, come le Aes Sedai. Falso. E per quanto riguardava il suggerimento di andare da lui... Avevano parlato troppo liberamente davanti a lei. Cos’altro si erano lasciate scappare, e che uso avrebbe potuto farne Moghedien?
Un’altra Ammessa entrò nel vicolo scuro uscendo dalla piccola casa di fronte a lei e Nynaeve si tirò su, riponendo la menta dell’oca e sistemandosi il vestito. Tutte le stanze tranne quella frontale erano state commutate in camere da letto ed erano piene di Ammesse e inservienti, tre o quattro per ogni camera; gli alloggi non erano più grandi della loro, e a volte quelle ragazze dormivano in due nello stesso letto. L’altra Ammessa era snella, quasi esile, con gli occhi grigi e il sorriso pronto. Una Illianese. A Emara non piacevano Siuan e Leane, cosa che Nynaeve poteva capire, ed era convinta che dovessero essere mandate via — ci teneva a precisarlo — com’era sempre stato fatto con le donne quietate, ma a parte quello era gradevole. Non era offesa per lo spazio aggiuntivo di cui disponevano lei ed Elayne, o per il fatto che Marigan badasse alle pulizie per loro. Poche erano risentite.
«Ho sentito che farai lavoro di copia per Janya e Delana» disse con voce acuta, oltrepassandola per recarsi nella sua stanza. «Segui il mio consiglio, scrivi più in fretta che puoi. Janya preferisce che tu scriva tutto anziché evitare qualche sbavatura.»
Nynaeve fece una smorfia alle spalle di Emara. Scrivere veloce per Janya. Lenta per Delana. Bei consigli le avevano dato. In ogni caso, in quel momento non poteva preoccuparsi di fare delle macchie. O di Moghedien, fino a quando non avesse avuto modo di parlare con Elayne.
Scosse il capo e, borbottando, si incamminò a lunghi passi lungo la strada. Forse aveva dato diverse cose per scontate, lasciandosi scappare delle informazioni, ma era il momento di scuotersi e farla finita. Sapeva chi doveva trovare.
Negli ultimi giorni su Salidar era scesa la quiete, anche se le strade erano affollate. Le forge fuori città erano silenziose. Tutti erano stati avvisati di fare attenzione a quanto avrebbero detto in merito alla spedizione a Caemlyn finché c’era Tarna, in merito a Logain, che era al sicuro in uno degli accampamenti dei soldati; era stato anche raccomandato di non parlare dei soldati stessi, o del motivo per cui erano stati riuniti. Il che aveva diffuso una paura generalizzata a parlare, se non per qualche frase sussurrata. Il brusio sommesso pareva ansioso.
Tutti ne erano stati colpiti. Gli inservienti che di solito scattavano adesso erano esitanti e si lanciavano occhiate spaventate alle spalle. Anche le Aes Sedai parevano guardinghe dietro la calma apparente e si guardavano a vicenda con attenzione calcolata. Adesso per le strade vi erano pochi soldati, come se Tarna non li avesse visti il primo giorno e non fosse giunta alle sue conclusioni. Una risposta sbagliata del Consiglio avrebbe messo dei cappi attorno ai loro colli; anche i governanti e i nobili che volevano rimanere lontano dai guai della Torre probabilmente avrebbero impiccato ogni soldato sul quale avessero messo le mani, solo per evitare che si spargesse l’idea della ribellione. Percependo l’incertezza, quei pochi soldati avevano espressioni molto caute e sguardi ansiosi. Tranne Gareth Bryne, che attendeva paziente davanti alla Piccola Torre. Si era recato in quel luogo ogni giorno; arrivava prima che giungessero le Adunanti e andava via quando lasciavano l’edificio. Nynaeve credeva volesse accertarsi che si ricordassero di lui e di ciò che stava facendo per loro. La sola volta che aveva visto uscire le Adunanti, non erano sembrate contente di vederlo.
Solo i Custodi non parevano diversi dopo l’arrivo della Sorella Rossa. I Custodi e i bambini. Nynaeve sobbalzò quando vide tre ragazzine spuntare davanti a lei come quaglie, con i nastri fra i capelli, sudate e impolverate, che ridevano mentre correvano. Le bambine non sapevano cosa poteva succedere a Salidar e probabilmente se l’avessero saputo non l’avrebbero capito. Ogni Custode avrebbe seguito la propria Aes Sedai, qualunque cosa avesse deciso e ovunque fosse andata, senza mai scomporsi.
La conversazione pareva concentrata soprattutto sul tempo. Su quello e sui racconti che arrivavano da altrove su strani avvenimenti, vitelli a due teste che parlavano e uomini soffocati da sciami di mosche, tutti i bambini di un villaggio scomparsi nel cuore della notte e persone colpite a morte in piena luce da cose invisibili. Chiunque potesse pensare con chiarezza sapeva che la siccità e il caldo fuori stagione erano un effetto della mano del Tenebroso che toccava il mondo, ma la maggior parte delle Aes Sedai aveva dubbi su quanto sostenevano Elayne e Nynaeve: che anche gli altri fatti erano reali, che le bolle di male salivano dalla prigione del Tenebroso mentre i sigilli si indebolivano, fluttuando nel Disegno fino a quando non esplodevano. La maggior parte delle persone non era in grado di pensare con chiarezza. Alcuni incolpavano solo Rand. Altri sostenevano che il Creatore forse era dispiaciuto che il mondo non si fosse riunito alle spalle del Drago Rinato, o che le Aes Sedai non lo avessero catturato e domato, o che si opponessero alla nuova Amyrlin Seat. Nynaeve aveva sentito qualcuno dire che il tempo si sarebbe ripreso non appena la Torre fosse stata di nuovo integra. Si fece largo fra la folla.
«...giuro che è vero!» mormorò una cuoca, coperta di farina fino ai gomiti. «C’è un esercito di Manti Bianchi ammassato sull’altra riva dell’Eldar che aspetta solo l’ordine di Elaida per sferrare l’attacco.» A parte il tempo e i vitelli a due teste, le storie sui Manti Bianchi superavano in frequenza tutte le altre, ma i Figli della Luce che aspettavano ordini da Elaida? Il caldo aveva disciolto il cervello di quella donna!
«La Luce mi è testimone, è vero» mormorò un carrettiere che aveva i capelli grigi a una donna corrucciata che il vestito dal taglio ben fatto distingueva come la cameriera di un’Aes Sedai. «Elaida è morta. Le Rosse sono venute a chiedere a Sheriam di essere la nuova Amyrlin.» La donna annuì, accettando ogni parola.
«Io penso che Elaida sia una brava Amyrlin» ribatté un uomo con la giubba di lana ruvida, spostandosi un fagotto da una spalla all’altra. «Brava come tutte le altre.» Non mormorò al suo compagno. Parlò ad alta voce, cercando di non guardarsi intorno per vedere chi stesse a sentire.
Nynaeve storse la bocca. Voleva essere sentito. Come aveva fatto Elaida a scoprire Salidar tanto in fretta? Tarna doveva aver lasciato Tar Valon subito dopo che le Aes Sedai avevano iniziato a riunirsi nel villaggio. Siuan aveva fatto presente che mancavano ancora molte Azzurre — il messaggio di riunirsi a Salidar originariamente era stato rivolto solo a loro — e Alviarin era stata istruita di occuparsene. Un pensiero che dava il voltastomaco, ma non quanto la semplice spiegazione; sostenitrici segrete di Elaida si nascondevano a Salidar. Tutti guardavano con sospetto gli altri e il guardaboschi non era il primo che Nynaeve avesse sentito dichiarare la stessa cosa, nello stesso identico modo. Le Aes Sedai forse non lo dicevano apertamente, ma Nynaeve sospettava che qualcuna avrebbe voluto farlo. Tutto faceva somigliare Salidar a un grosso stufato per niente gustoso e rendeva quanto lei stava facendo ancor più giusto.
Cercare chi le serviva richiese tempo. Aveva bisogno dei gruppi di bambini che giocavano e non ce ne erano molti a Salidar. Come avrebbe scommesso, Birgitte stava guardando cinque ragazzini che se ne andavano in giro tirandosi sassi e ridendo tutti fragorosamente quando qualcuno veniva colpito, inclusa la vittima stessa. Non aveva molto senso, come la maggior parte dei giochi dei bambini. O degli uomini.
Birgitte ovviamente non era da sola: di rado le capitava, a meno che non si sforzasse in tal senso. Areina le stava alle spalle, si tamponava il sudore che le scivolava sul viso e cercava di non mostrarsi annoiata dai bambini. Aveva uno o due anni meno di Nynaeve, e portava i capelli scuri acconciati in una treccia elaborata come quella di Birgitte, anche se le arrivava appena sotto le spalle. Quella di Birgitte oltrepassava la vita. Anche gli abiti erano un’imitazione di quelli di Birgitte — la giubba lunga fino alla vita e di color grigio chiaro e le brache voluminose color bronzo strette alle caviglie, e corti stivali con i tacchi alti — come l’arco e la faretra legata in vita. Nynaeve non credeva che Areina avesse mai avuto un arco prima di incontrare Birgitte. La ignorò.
«Ho bisogno di parlarti,» disse a Birgitte «da sola.»
Areina la guardò, gli occhi azzurri vicini al disgusto. «Pensavo che avresti portato lo scialle in questo giorno speciale, Nynaeve. Mamma mia. Sembra che sudi come un cavallo. Come mai?»
Nynaeve si innervosì. Aveva assistito la donna prima che lo facesse Birgitte, ma le amicizie si erano confuse prima di raggiungere Salidar. Scoprire che Nynaeve non era Aes Sedai aveva fatto venire a galla qualcosa di più che semplice delusione. Solo una richiesta di Birgitte aveva trattenuto Areina dall’informare le Aes Sedai che aveva finto di esserlo. La ragazza aveva prestato il giuramento di Cercatrice del Corno e Birgitte per lei era un modello sicuramente migliore di Nynaeve. E pensare che una volta aveva avuto pietà dei lividi della donna!
«A giudicare dalla tua espressione,» rispose Birgitte con un sorriso malizioso «o sei pronta a strangolare qualcuno, forse Areina, o il vestito ti è caduto fra un gruppo di soldati quando non avevi addosso la sottoveste.» Areina rise ma pareva colpita. Il perché, Nynaeve non riusciva a immaginarlo; la donna aveva avuto molto tempo per abituarsi al bizzarro senso dell’umorismo di Birgitte, più consono a un uomo non rasato con il naso affondato in un boccale di birra e lo stomaco pieno.
Nynaeve studiò i ragazzi che giocavano per avere modo di far sbollire la rabbia. Era più che inutile arrabbiarsi, quando doveva chiedere un favore.
Seve e Jaril erano fra i piccoli. Le Gialle non si erano sbagliate; avevano solo bisogno di tempo. Dopo quasi due mesi a Salidar con gli altri bambini e senza provare paura, ridevano e gridavano forte come gli altri.
Nynaeve fu colpita da un pensiero improvviso. Marigan si occupava ancora di loro, anche se malvolentieri: si accertava che facessero il bagno e che mangiassero, ma adesso che parlavano di nuovo potevano dire in ogni momento che quella donna non era la loro mamma. Forse lo avevano già fatto. Forse la cosa non avrebbe scatenato domande, ma forse sì e le domande potevano far crollare proprio sulle loro teste la casa di ramoscelli che avevano costruito. Lo stomaco le si gelò di nuovo. Perché non ci aveva pensato prima?
Nynaeve sobbalzò quando Birgitte le toccò un braccio. «Cosa c’è che non va, Nynaeve? Sembra quasi che ti sia morta la migliore amica, maledicendoti mentre esalava l’ultimo respiro.»
Areina si stava allontanando con la schiena dritta, e lanciava occhiate alle sue spalle verso le due donne. Era capace di guardare Birgitte bere e amoreggiare con gli uomini senza scomporsi minimamente, addirittura cercando di imitarla, però si infuriava ogni volta che la donna voleva rimanere da sola con Elayne o Nynaeve. Gli uomini non erano una minaccia; secondo i criteri di Areina solo le donne potevano essere amiche, e lei sola poteva essere amica di Birgitte. L’idea di avere due amiche le pareva assurda. Be’, Nynaeve ne aveva abbastanza di pensare a lei.
«Potresti procurarti dei cavalli per noi?» Nynaeve cercò di rendere ferma la voce. Non era ciò che era venuta a chiedere, ma Seve e Jaril l’avevano trasformata in una domanda eccellente. «Quanto ci vorrà?»
Birgitte la fece allontanare dalla strada, fino all’imboccatura di un vicolo angusto fra due case in rovina, e si guardò attorno con cautela prima di rispondere. Nessuno era abbastanza vicino da sentire o da prestare loro attenzione. «Un giorno o due. Uno mi stava giusto dicendo...»
«Non Uno! Lo lasceremo fuori da tutto ciò. Solo tu, io, Elayne e Marigan. A meno che Thom e Juilin ritornino in tempo. E immagino Areina, se insisti.»
«Per alcuni aspetti Areina è una sciocca,» sussurrò Birgitte «ma la vita penserà a risolvere il problema, o a eliminarla. Sai bene che non insisterei mai nel portarla con noi se tu ed Elayne non la voleste.»
Nynaeve rimase in silenzio. Si stava comportando come se fosse lei a essere gelosa! Non erano affari suoi se Birgitte voleva diventare amica di una persona volubile come Areina.
Passandosi una mano sulle labbra, Birgitte aggrottò la fronte. «Thom e Juilin sono dei brav’uomini, ma il modo migliore di evitare i guai è accertarsi che nessuno voglia procurartene. Una dozzina di soldati Shienaresi, con o senza armatura, sarebbe molto utile. Non capisco cosa c’è tra te e Uno. È un duro e seguirebbe te ed Elayne fino nel Pozzo del Destino» di colpo sul volto le apparve un bel sorriso. «E poi è ben fatto.»
«Non abbiamo bisogno di nessuno che ci tenga per mano» rispose dura Nynaeve. Ben fatto? La toppa dipinta che portava davanti all’occhio la nauseava, come anche le cicatrici. Birgitte aveva davvero degli strani gusti, in fatto di uomini. «Possiamo occuparci di qualsiasi cosa dovesse presentarsi sul nostro cammino. Penso che ormai ne abbiamo dato prova.»
«Lo so che possiamo, Nynaeve, ma attireremmo i problemi come mosche su un mucchio di letame. Altara sta ribollendo. Ogni giorno arrivano nuove storie sui fautori del Drago, e scommetto il mio vestito di seta più bello contro una delle tue vecchie sottovesti che la metà di loro sono solo briganti che vedranno quattro donne come una facile preda. Dovremo dare prova di non esserlo almeno una volta ogni due giorni. E ho sentito dire che il Murandy è anche peggio. Pieno di fautori del Drago e banditi, profughi di Cairhien che hanno paura di essere attaccati dal Drago Rinato. Suppongo che tu non voglia attraversare l’Amadicia. Immagino quindi che si tratti di Caemlyn.» La complessa treccia ondeggiò leggermente mentre inclinava il capo e sollevava un sopracciglio con fare interrogativo. «Elayne è d’accordo con te, su Uno?»
«Lo sarà» mormorò Nynaeve.
«Vedo. Be’, quando lo farà, mi procurerò tutti i cavalli di cui abbiamo bisogno. Ma voglio che mi spieghi perché non dovremmo portare Uno con noi.»
Il tono di voce irremovibile della donna fece infuriare Nynaeve. Se anche avesse chiesto a Elayne di dire con la massima dolcezza, a Birgitte che Uno doveva rimanere a Salidar, forse lo avrebbero trovato ad aspettarle in fondo alla strada e Birgitte si sarebbe mostrata stupita del fatto che avesse scoperto che stavano andando via e in quale direzione. La donna era la Custode di Elayne, ma a volte Nynaeve si chiedeva chi delle due comandasse. Quando avesse trovato Lan — quando, non se! — intendeva farle giurare con la massima serietà che avrebbe rispettato ogni sua decisione.
Respirò lentamente per calmarsi. Non serviva a nulla discutere con un muro di pietra. Tanto valeva che le raccontasse perché la stava cercando.
Mosse un passo verso il vicolo facendo cenno all’altra donna di seguirla. In terra c’erano dei pezzi di saggina caduti da una scopa. Cercando di apparire disinvolta, Nynaeve osservò la folla in strada. Nessuno rivolgeva loro più di uno sguardo. In ogni caso, abbassò la voce. «Dobbiamo sapere cosa sta dicendo Tarna e cosa risponde il Consiglio. Io ed Elayne abbiamo cercato di scoprirlo; hanno protetto le riunioni contro eventuali spie, ma solo con il Potere. Sono talmente concentrate sul fatto che qualcuna potrebbe ascoltare per quella via che sembrano aver dimenticato la possibilità di un semplice orecchio alla porta. Se qualcuno volesse...»
Birgitte la interruppe severa. «No.»
«Almeno pensaci. È molto più facile che veniamo scoperte Elayne e io anziché tu.» Nynaeve aveva pensato che fosse furbo fare anche il nome di Elayne, ma l’altra donna tirò su con il naso.
«Ho detto di no! Ti sei comportata in molti modi diversi da quando ti conosco, Nynaeve, ma mai scioccamente. Luce! Lo renderanno noto a tutti in un giorno o due.»
«Dobbiamo saperlo adesso» sibilò Nynaeve deglutendo. «Idiota dal cervello d’uomo!» Se riusciva a convincere Elayne ad andare via, avrebbe potuto non essere più in quel posto nel giro di un giorno o due. Era meglio non riaprire quel sacco pieno di serpenti.
Tremando — con leggera ostentazione, secondo Nynaeve — Birgitte si appoggiò all’arco. «Una volta sono stata presa a spiare un’Aes Sedai. Tre giorni dopo mi hanno cacciata via tirandomi per un orecchio e ho lasciato Shaemal alla massima velocità. Non voglio avere di nuovo una simile esperienza per farti guadagnare un giorno o due di cui non hai bisogno.»
Nynaeve rimase calma. Si sforzava di mantenere un’espressione serena, di non digrignare i denti e di non tirare la treccia. Era calma. «Non ne avevo mai sentito parlare.» Non appena pronunciò quelle parole, se ne pentì. Il segreto di Birgitte era che la donna era davvero la Birgitte delle storie. Non si parlava mai di nulla che potesse facilitare quel collegamento.
Per un momento il viso di Birgitte rimase pietrificato e nascose tutto dentro di sé. Fu sufficiente a far rabbrividire Nynaeve. C’era troppo dolore legato al segreto dell’altra donna. Alla fine la pietra divenne di nuovo carne e Birgitte sospirò. «Il tempo cambia i fatti. Io per prima riconosco sì e no metà di quelle storie, e l’altra metà mi è sconosciuta. Non ne voglio parlare di nuovo.» L’ultima frase non suonò affatto come un suggerimento.
Nynaeve aprì la bocca senza sapere con precisione cosa dire — il suo debito nei confronti di Birgitte le imponeva di non parlare del suo dolore, ma farsi indietro davanti a due semplici richieste...! — e la voce di una terza donna parlò d’improvviso dall’imboccatura del vicolo.
«Nynaeve, Janya e Delana ti vogliono immediatamente.» Nynaeve cercò di arrampicarsi in aria e il cuore tentò di saltarle fuori dalla bocca.
In fondo al corridoio, la novizia di nome Nicola sembrò stupita. Come anche Birgitte, che poi guardò l’arco e parve divertita.
Nynaeve dovette deglutire due volte prima di riuscire a parlare. Quanto aveva sentito la donna? «Se pensi che questo sia il modo di parlare a un’Ammessa, Nicola, farai meglio a imparare in fretta quello corretto, o te lo insegneremo noi.»
Era una frase da Aes Sedai, ma gli occhi scuri della donna snella esaminarono con attenzione Nynaeve, soppesando e misurando. «Mi dispiace, Ammessa» rispose, rivolgendole la riverenza. «Cercherò di essere più attenta.»
La riverenza era perfetta per un’Ammessa e, se il tono di voce era freddo, non lo era abbastanza da subire un richiamo. Areina non era stata la sola compagna di viaggio delusa dalla scoperta della verità su Elayne e Nynaeve, ma Nicola aveva acconsentito a mantenere il segreto come se fosse rimasta sorpresa che glielo avessero chiesto. Poi, quando l’esame aveva rivelato che poteva imparare a incanalare, aveva cominciato a soppesarle e misurarle.
Nynaeve capiva fin troppo bene. Nicola non aveva la scintilla innata — senza insegnamenti non avrebbe mai toccato saidar — ma si parlava già del suo potenziale, della forza che un giorno avrebbe avuto se si fosse applicata. Due anni prima, con un potenziale superiore a quello di ogni novizia negli ultimi secoli, avrebbe scatenato autentica eccitazione. Ma c’erano già Elayne, Egwene e Nynaeve. Nicola non diceva mai nulla, ma Nynaeve era certa che aveva intenzione di eguagliare Elayne e lei, se non di essere migliore di loro. Non superava mai i limiti della decenza, ma spesso vi camminava accanto.
Nynaeve fece un cenno del capo. Il fatto di capire non le impediva di avere voglia di somministrare a quella donna una dose tripla di linguapecora per curare la pura idiozia. «Vedi di farlo. Vai a dire alle Aes Sedai che sarò da loro in un istante.» Nicola fece un’altra riverenza, ma mentre si voltava Nynaeve disse: «Aspetta.» La donna si fermò immediatamente. Adesso non c’era, ma per un istante Nynaeve era certa di aver visto un lampo dì... soddisfazione? «Mi hai riferito tutto?»
«Mi è stato chiesto di dirti di andare da loro, Ammessa, e l’ho fatto.» Calma come acqua ferma in una brocca da una settimana.
«Che cosa hanno detto? Le parole esatte.»
«Le parole esatte, Ammessa? Non so se riuscirò a ricordarle, ma ci proverò. Tieni a mente che lo hanno detto loro, io lo ripeto e basta. Janya Sedai ha detto qualcosa come: ‘Se quella sciocca ragazza non si fa vedere presto, giuro che non sarà in grado di sedersi comodamente fino a quando non sarà abbastanza vecchia da essere una nonna.’ E Delana Sedai invece ha detto: ‘Avrà raggiunto quell’età prima che decida di farsi viva. Se non arriva nel prossimo quarto d’ora la riduco a uno straccio per spolverare.’» Gli occhi di Nicola erano l’immagine dell’innocenza. E al tempo steso molto attenti. «Lo hanno detto circa venti minuti fa, Ammessa, forse qualcosa di più.»
Nynaeve rimase quasi senza fiato. Solo perché le Aes Sedai non potevano mentire, non significava che tutto ciò che dicevano andasse preso alla lettera, ma a volte un passerotto sarebbe morto di fame prima di capire la differenza fra le due cose. Con chiunque altra tranne Nicola, avrebbe gridato: «Oh, Luce!» e sarebbe corsa via. Ma non in sua presenza. Non davanti a una donna che pareva prendere nota di tutte le sue debolezze. «In questo caso ritengo non ci sia bisogno che tu corra davanti a me. Vai a fare quello che devi.» Dando le spalle a Nicola che le faceva la riverenza come se non ci fosse nulla al mondo che le importasse, si rivolse a Birgitte. «Ti parlerò di nuovo più tardi. Ti suggerisco di non fare nulla sino ad allora.» Se avesse avuto fortuna, l’avrebbe tenuta lontana da Uno. Molta fortuna.
«Penserò al tuo suggerimento» rispose seria Birgitte, ma l’espressione non era affatto tale, piuttosto divertita e compassionevole. La donna conosceva le Aes Sedai, a modo suo ne sapeva più delle Aes Sedai stesse.
Nynaeve non poté fare altro che accettare e sperare. Mentre s’incamminava per strada, Nicola la affiancò. «Ti ho detto di andare a fare quello che devi.»
«Mi hanno chiesto di ritornare da loro quando ti avessi trovata, Ammessa. Quella è una delle tue erbe? Perché le usi? È perché non puoi... Perdonami, Ammessa. Non avrei dovuto parlarne.» Nynaeve guardò il sacchetto con la menta dell’oca che aveva in mano — non si ricordava di averlo preso — e lo ripose. Aveva voglia di masticarne l’intero contenuto. Ignorò le scuse e la loro ragione; erano false quanto l’altra era deliberata. «Uso le erbe perché non sempre è necessaria la guarigione.» Le Gialle avrebbero disapprovato se quella frase le avesse raggiunte? Disprezzavano le erbe, parevano interessate solo alle malattie che avevano bisogno della guarigione. Ma perché si preoccupava che quanto aveva detto a Nicola venisse riferito alle Aes Sedai? La donna era una novizia, indipendentemente da come guardava lei ed Elayne. Non era importante. «Fai silenzio» le disse irritata. «Voglio pensare.» Nicola rimase zitta mentre si incamminavano verso le strade affollate, ma a Nynaeve sembrò che rallentasse il passo. Forse era solo la sua immaginazione, ma le facevano male le ginocchia per lo sforzo di non superarla. Non avrebbe permesso in nessuna circostanza di far vedere a Nicola che aveva fretta.
La situazione la fece infuriare. Fra tutte quelle che avrebbero potuto mandare a cercarla, le era difficile immaginare qualcuna peggiore di Nicola. Birgitte probabilmente era andata alla ricerca di Uno. Le Adunanti probabilmente stavano dicendo a Tarna che erano pronte a inginocchiarsi e baciare l’anello di Elaida. Seve e Jaril probabilmente stavano dicendo a Sheriam che non conoscevano Marigan. Era proprio quel tipo di giornata, e il sole cocente era solo a un quarto della risalita nel cielo senza nuvole.
Janya e Delana aspettavano nella sala della piccola casa che condividevano con le altre Aes Sedai. Ognuna con la propria camera da letto. Ogni Ajah aveva una casa per le riunioni, ma le Aes Sedai erano sparpagliate nel villaggio a seconda di quando erano arrivate. Con lo sguardo rivolto a terra mentre si umettava le labbra, Janya pareva inconsapevole del loro arrivo. Delana dai capelli biondi però — erano talmente chiari che non si poteva dire se ve ne fossero anche di bianchi — concentrò gli occhi azzurro chiaro su di loro non appena entrarono. Nicola sobbalzò. Nynaeve se ne sarebbe rallegrata, se non avesse fatto anche lei lo stesso. Di solito gli occhi della robusta Grigia non erano diversi da quelli delle altre Aes Sedai, ma quando si concentrava su qualcuna sembrava non esistesse nessun altro. C’era chi sosteneva che Delana avesse successo come mediatrice perché tutti avrebbero acconsentito a qualsiasi cosa pur di evitare il suo sguardo. Sotto gli occhi di quella donna, ci si chiedeva quali fossero i propri errori anche se non se ne erano commessi. La lista che Nynaeve aveva in mente la fece inchinare profondamente quanto Nicola.
«Ah,» si lasciò sfuggire Janya battendo le palpebre, come se fossero spuntate dal pavimento «eccovi.»
«Perdonatemi il ritardo» disse in fretta Nynaeve. Che Nicola pensasse ciò che voleva. Delana la fissava, lei, non Nicola. «Ho perso la cognizione del tempo e...»
«Non importa» la voce di Delana era profonda per essere quella di una donna, l’accento un’eco gutturale di quello shienarese di Uno. Era stranamente melodiosa per una persona della sua corporatura, ma in fondo anche i suoi movimenti aggraziati lo erano. «Nicola, vai pure. Farai le commissioni per Faolain fino alla prossima lezione.» Nicola non perse tempo nel rivolgerle un’altra riverenza e scattare. Forse voleva sentire cosa avrebbero detto le Aes Sedai a Nynaeve per essersi presentata in ritardo, ma nessuno oltrepassava i limiti con le Aes Sedai.
A Nynaeve in quel momento non sarebbe importato se a Nicola fossero spuntate le ali. Si accorse che sul tavolo non c’era la boccetta d’inchiostro, o il contenitore con la sabbia, la penna o la carta. Niente di ciò di cui aveva bisogno. Che dovesse portarli lei? Delana ancora la fissava. Non lo faceva mai con nessuna per tutto quel tempo. A meno che non avesse un motivo preciso.
«Gradiresti un tè freddo alla menta?» chiese Janya, e stavolta fu il turno di Nynaeve di battere le palpebre. «Credo che il tè sia di conforto, facilita le conversazioni, a mio parere.» Senza attendere la risposta, la Sorella Marrone iniziò a riempire delle tazze scompagnate da una teiera a righe azzurre appoggiata sulla credenza. Al posto di una delle zampe del mobile c’era una pietra. Le Aes Sedai avevano più spazio, ma i mobili erano altrettanto brutti. «Io e Delana abbiamo deciso che gli appunti possono aspettare. Parleremo. Miele? Io lo preferisco senza. Tutta quella dolcezza rovina il sapore. Ma le giovani lo vogliono sempre con il miele. Avete fatto cose meravigliose finora. Tu ed Elayne.» Delana si schiarì la gola, attirando la sua attenzione. Dopo un istante, Janya aggiunse: «Oh, sì.»
Delana aveva sistemato una delle sedie in mezzo alla stanza. Una sedia di canne intrecciate. Dal momento in cui Janya aveva parlato di conversazione Nynaeve aveva capito che non si sarebbe trattato solo di quello. Delana le fece cenno di accomodarsi, e Nynaeve eseguì, sedendosi in bilico. Accettò una tazza da Janya mormorando: «Grazie, Aes Sedai.» Non dovette aspettare a lungo.
«Dicci di Rand al’Thor» chiese Janya. Sembrava pronta ad aggiungere qualcos’altro, ma Delana si schiarì di nuovo la gola. Janya batté le palpebre e tacque, sorseggiando il tè. Si sedettero una da un lato e una dall’altro di Nynaeve. Delana la guardò, quindi sospirò e incanalò per prendere una terza tazza di tè per lei. Fluttuò nella stanza. Delana ritornò a fissarla in quel modo che pareva perforarle la testa, mentre Janya era apparentemente persa in pensieri privati e non pareva notare altro.
«Vi ho detto tutto quello che so» sospirò Nynaeve. «Be’, l’ho detto alle Aes Sedai.» Aveva dovuto. Nulla di quanto sapeva poteva fare del male a Rand — non più della consapevolezza di cosa fosse — e poteva aiutarlo in qualche modo se fosse riuscita a convincere le Sorelle a vederlo come un uomo. Non uno capace di incanalare, solo un uomo. Un compito difficile con il Drago Rinato. «Non so altro.»
«Non mettere il broncio» scattò Delana. «E non agitarti.»
Nynaeve appoggiò la tazza e si asciugò il polso con la gonna.
«Bambina,» disse Janya, con la voce piena di compassione «lo so che pensi di averci detto tutto, ma Delana... Non posso credere che tu ci nasconda qualcosa di proposito.»
«Perché non dovrebbe farlo?» ringhiò Delana. «Sono nati nello stesso villaggio. Lo ha visto crescere. Potrebbe essere più leale nei suoi confronti che non in quelli della Torre Bianca.» Lo sguardo tagliente si posò di nuovo su Nynaeve. «Dicci qualcosa che non hai già raccontato. Ho sentito tutte le tue storie, ragazza, quindi so tutto.»
«Prova, bambina. Sono sicura che non vuoi far arrabbiare Delana. Perché...» Janya si interruppe nel sentire l’altra donna che si schiariva di nuovo la gola.
Nynaeve sperava che le due interpretassero la tazza che le tremava fra le mani come segno di timore. Trascinata lì e terrorizzata — be’, non terrorizzata ma preoccupata — su quanto potessero essere arrabbiate con lei, e adesso questo. Stare con le Aes Sedai insegnava ad ascoltare con attenzione. Forse non si riusciva a interpretare cosa intendessero veramente, ma si avevano maggiori possibilità che distraendosi, come faceva di solito la maggior parte della gente. Nessuna delle due aveva detto apertamente che ritenevano stesse nascondendo qualcosa. Volevano solo spaventarla nel caso fosse vero. Ma Nynaeve non aveva paura di loro. Non molta. Era furiosa.
«Quando era bambino,» rispose con cautela «accettava le punizioni senza discutere se pensava di meritarle, ma se era del parere opposto combatteva energicamente.»
Delana sbuffò. «Lo hai detto a tutte. Qualcos’altro, veloce!»
«Puoi guidarlo, o convincerlo, ma non si lascerà spingere. Punta i talloni se pensa che...»
«E anche questo.» Con le mani sugli ampi fianchi, Delana si piegò su Nynaeve, che desiderò quasi avere di nuovo Nicola che la fissava. «Qualcosa che tu non abbia detto a tutte le cuoche e le lavandaie di Salidar.»
«Prova, bambina» disse Janya, per una volta senza provare ad aggiungere altro. La stavano tartassando, Janya mostrandole comprensione e Delana senza pietà; Nynaeve raccontò loro tutto ciò che riuscì a ricordare. Non ottenne tregua; tutto era stato già detto in precedenza, come le aveva fatto presente Delana. Non gentilmente. Nel frattempo Nynaeve riuscì a bere un sorso di tè ormai stantio e talmente dolce da dare il voltastomaco. Janya voleva credere davvero che alle giovani piacesse il miele. La mattina passò lentamente. Molto lentamente.
«Questa conversazione non ci sta portando da nessuna parte» concluse Delana, guardando male Nynaeve come se fosse colpa sua.
«Posso andare, allora?» chiese lei stancamente. Ogni goccia di sudore che la inzuppava pareva fosse stata strizzata via. Era esausta. Aveva anche voglia di prendere a schiaffi quelle due Aes Sedai.
Delana e Janya si scambiarono delle occhiate. La Grigia si strinse nelle spalle e si diresse verso la credenza per prendere un’altra tazza di tè. «Certo che puoi» le rispose Janya. «So che tutto questo deve essere stato difficile per te, ma abbiamo davvero bisogno di conoscere Rand al’Thor meglio di come si conosce lui stesso, se dobbiamo decidere cosa fare. Altrimenti tutto potrebbe rivelarsi una catastrofe. Oh, sì. Ti sei comportata molto bene, bambina. Ma in fondo da te non mi aspettavo di meno. Chiunque sia in grado di fare le tue scoperte, anche con il tuo svantaggio... be’, da te non mi aspetto meno che risultati eccellenti. E pensare...»
Ci mise un po’ a finire il discorso e lasciare che Nynaeve andasse via, barcollante sulle ginocchia instabili. Tutti parlavano di lei. Ma certo. Avrebbe dovuto ascoltare il consiglio di Elayne e cominciare a lasciare qualcuna di quelle ‘scoperte’ a lei. Moghedien aveva ragione. Prima o poi avrebbero indagato su come riusciva a fare tali conquiste. Quindi dovevano decidere cosa fosse meglio fare per evitare la catastrofe. Nessun indizio su come intendessero agire nei confronti di Rand.
Un’occhiata al sole quasi a picco le disse che era già tardi per l’appuntamento con Theodrin. Se non altro, stavolta aveva una buona scusa.
La casa di Theodrin — sua e di altre due dozzine di donne — si trovava oltre la Piccola Torre. Nynaeve rallentò quando fu accanto alla vecchia locanda. Il gruppo di Custodi sul lato anteriore insieme a Gareth Bryne erano la prova evidente che la riunione era ancora in corso. Un residuo di rabbia le fece vedere i flussi della protezione, una cupola fatta in prevalenza di Fuoco e Aria con dei tocchi di Acqua, che risplendeva ai suoi occhi sopra tutto l’edificio; il nodo che la manteneva chiusa era molto seducente. Toccarlo sarebbe equivalso a offrire la propria pelle per una conceria; c’erano molte Aes Sedai nelle strade affollate. Di tanto in tanto, alcuni dei Custodi facevano avanti e indietro attraverso lo scudo brillante, invisibile ai loro occhi, quando un gruppo si scioglieva e se ne formava uno nuovo. La stessa protezione che Elayne non era riuscita a penetrare. Uno schermo contro eventuali persone tentate dall’origliare. Ricorrendo al Potere.
La casa di Theodrin era a circa cento passi di distanza in fondo alla strada, ma Nynaeve svoltò in un cortile accanto a una casa con il tetto di paglia, proprio dietro la vecchia locanda. Un recinto di legno instabile circondava la piccola chiazza d’erba secca dietro la casa, ma c’era un cancello sostenuto da un solo cardine semi arrugginito. Quando lo aprì fece un rumore terribile. Nynaeve si guardò intorno — nessuno affacciato alle finestre, nessuno in strada in un punto da dove potessero vederla — tirò su la gonna e scattò nel vicolo che giungeva alla stanza divisa con Elayne.
Esitò per un istante, si asciugò le mani sudate sul vestito e rammentò quanto le aveva raccontato Birgitte. Sapeva di essere codarda, di nome e di fatto. Un tempo si era creduta coraggiosa. Non un’eroina, come Birgitte, ma coraggiosa. Il mondo le aveva dato una lezione differente. Il solo pensiero di cosa le avrebbero potuto fare le Sorelle se l’avessero presa le faceva venire voglia di girarsi e correre da Theodrin. La possibilità di trovare una finestra nella stanza dov’erano riunite le Adunanti era molto remota. Fin troppo.
Cercò di eliminare l’arsura dalla bocca — come poteva essere tanto secca quando tutto il resto era umido? — e si avvicinò. Un giorno le sarebbe piaciuto sapere cosa si provava a essere coraggiose, come Birgitte o Elayne.
La protezione non vacillò quando la oltrepassò. Non le diede alcuna sensazione. Ma quello lo sapeva già. Toccarla non scatenava conseguenze, ma si appiattì comunque contro la parete di pietra. Dei pezzetti di rampicante le sfiorarono il viso. Si diresse lentamente verso una finestra a battenti, facendo quasi per andarsene. Era ben chiusa e senza vetri, rimpiazzati da un pezzo di tela oleata che lasciava passare la luce ma non le permetteva di vedere. O sentire. Se c’era qualcuno dall’altra parte, non le giungeva alcun rumore. Sospirando si fece avanti verso la finestra successiva. Uno dei vetri era stato sostituito, e il rimanente mostrava un vecchio tavolo coperto di carte, boccette per l’inchiostro, qualche sedia, ma nient’altro.
Borbottando un’imprecazione che aveva sentito da Elayne — la ragazza ne conosceva una quantità sorprendente — andò avanti. La terza finestra era spalancata. Si avvicinò e saltò indietro. Non credeva che avrebbe davvero trovato qualcosa, ma in quella stanza c’era Tarna. Non con le Adunanti, ma con Sheriam, Myrelle e le altre del gruppo. Se il cuore non le avesse battuto tanto forte, prima di guardare avrebbe sentito parte della conversazione sommessa.
Si inginocchiò e si avvicinò il più possibile ai battenti senza essere vista. Il bordo della finestra le sfiorava il capo.
«...siete certe che sia questo il messaggio che devo riferire?» Quella voce fredda era di Tarna. «Volete più tempo per pensare? A cosa dovete pensare?»
«Il Consiglio...» iniziò a rispondere Sheriam.
«Il Consiglio» la schernì l’inviata della Torre. «Non pensare che sia cieca e che non veda dove risiede il potere. Quel cosiddetto Consiglio pensa ciò che voi sei gli dite di pensare.»
«Il Consiglio ha richiesto altro tempo» intervenne Beonin. «Chi può dire quale decisone raggiungerà?»
«Elaida dovrà aspettare di sentire quella decisione» aggiunse Morvrin, imitando la voce di Tarna. «Non può pazientare un po’ per vedere la Torre di nuovo integra?» La risposta di Tarna fu anche più fredda. «Riferirò all’Amyrlin il vostro... il messaggio del... Consiglio. Vedremo cosa ne pensa.» Una porta si aprì e si richiuse con violenza.
Nynaeve avrebbe potuto gridare dalla frustrazione. Adesso sapeva la risposta, ma non la domanda. Se Janya e Delana l’avessero lasciata andare via prima... Be’, era meglio di nulla. Meglio di: ‘Ritorneremo per obbedire a Elaida.’ Adesso non aveva senso rimanere lì, in attesa che qualcuno la scoprisse.
Iniziò ad allontanarsi, quando Myrelle disse: «Forse dovremmo solo mandare un messaggio. Forse dovremmo solo convocarla.»
Aggrottando le sopracciglia, Nynaeve rallentò. Chi?
«Dobbiamo attenerci alle formalità» rispose Morvrin seccata. «Dobbiamo seguire la cerimonia.»
Beonin parlò subito dopo. «Dobbiamo attenerci alla lettera alla legge. Il più piccolo passo falso verrà usato contro di noi.»
«E se avessimo commesso un errore?» Carlinya pareva accalorata, forse per la prima volta in vita sua. «Quanto dobbiamo aspettare? Quanto oseremo aspettare?»
«Quanto serve» rispose Morvrin.
«Quanto dobbiamo.» Era Beonin. «Non ho aspettato così tanto quella bambina obbediente per abbandonare tutti i nostri piani proprio adesso.»
Per qualche motivo la frase ottenne in risposta silenzio, anche se Nynaeve sentì ripetere la parola ‘obbediente’ come se la esaminassero. Quale bambina? Una novizia o un’Ammessa? Non aveva senso. Le Sorelle non aspettavano mai le novizie o le Ammesse.
«Ci siamo spinte troppo lontano per tornare indietro, Carlinya» rispose Sheriam alla fine. «O la portiamo qui e ci assicuriamo che faccia quanto dovrebbe, o lasciamo tutto al Consiglio con la speranza che non ci conduca al disastro.» A giudicare dal tono di voce, considerava l’ultima ipotesi come una speranza vana.
«Un passo falso,» ripeté Carlinya con freddezza anche maggiore del solito «e finiremo tutte con le teste infilzate sui pali.»
«Ma chi ce le pianterà?» chiese Anaiya pensierosa. «Elaida, il Consiglio o Rand al’Thor?»
Il silenzio si protese, le gonne frusciarono e la porta si aprì e si chiuse ancora una volta.
Nynaeve corse il rischio e guardò nella stanza. Era vuota, ed emise un verso irritato. Che volessero attendere era una magra consolazione; la risposta finale poteva essere una qualunque. Il commento di Anaiya dimostrava che erano sospettose di Rand come di Elaida. Forse anche più. Elaida non stava riunendo uomini che potevano incanalare. E chi era la ‘bambina obbediente’? No, era irrilevante. Potevano avere cinquanta piani pronti e lei non ne sapeva nulla.
Lo schermo vacillò e Nynaeve fece un salto. Era tempo di andare via da quel posto. Si alzò e cominciò a pulirsi le ginocchia con vigore mentre lasciava il vicolo. Le bastò un passo e si bloccò, china mentre cercava di pulirsi le macchie dal vestito, fissando Theodrin.
La Domanese con le guance rotonde la guardò e non disse una parola.
Nynaeve rifletté e scartò la scusa che stesse cercando qualcosa che le era caduto in terra. Invece si alzò e camminò con l’altra donna come se non vi fosse nulla da spiegare. Theodrin l’affiancò in silenzio con le mani sui fianchi. Nynaeve considerò le varie possibilità. Poteva colpire Theodrin sulla testa e fuggire. Poteva ritornare in ginocchio e pregare. Per il suo modo di pensare, entrambe le idee erano sbagliate. Ma non riusciva a trovare nessuna alternativa.
«Sei rimasta calma?» le chiese Theodrin guardando avanti.
Nynaeve sobbalzò. Erano stati i consigli dell’altra donna dopo il tentativo di distruggere il suo blocco, il giorno prima. Mantenere la calma; avere solo pensieri calmi e sereni. «Ma certo» rise Nynaeve. «Cosa potrebbe innervosirmi?»
«Bene» rispose Theodrin serena. «Oggi voglio provare qualcosa di più... diretto.»
Nynaeve la guardò. Nessuna domanda? Nessuna accusa? Per come stava andando quella giornata, non riusciva a credere che se la stesse cavando con così poco.
Non si voltò a guardare indietro, quindi non vide la donna che osservava lei e Theodrin dalla finestra del secondo piano.