29 Fuoco e Spirito

Fermandosi all’ombra di fronte alla Piccola Torre, Nynaeve si tamponò il viso con cautela, quindi ripose di nuovo il fazzoletto nella manica. Non le era servito a molto — il sudore riprese subito a sgorgare — ma voleva avere l’aspetto migliore. Voleva sembrare fredda, serena, dignitosa. Aveva poche possibilità. Le pulsavano le tempie e lo stomaco era... fragile. Non aveva potuto nemmeno guardare la colazione, quella mattina. Era solo colpa del caldo, ma aveva voglia di tornare a letto e morire. Per completare l’opera, si sentiva tormentata dalla sua percezione del clima; il sole cocente avrebbe dovuto essere nascosto da grandi nuvole nere e fulmini minacciosi.

I Custodi fuori dalla Piccola Torre non sembravano di guardia a prima vista, ma lo erano. Le ricordavano gli Aiel che aveva visto alla Pietra di Tear; probabilmente assomigliavano a dei lupi anche nel sonno. Un uomo calvo dal volto spigoloso, non più alto di lei ma molto grosso, uscì dalla Piccola Torre procedendo sulla strada, con l’impugnatura della spada che spuntava dietro le spalle. Anche lui — Jori, legato a Morvrin — sembrava un lupo.

Uno, con quel suo codino, la superò, facendo procedere il cavallo fra la folla, del tutto indifferente al caldo, malgrado le piastre d’acciaio e la cotta di maglia che lo coprivano dalle spalle ai piedi.

Si voltò sulla sella per guardarla con l’occhio buono e Nynaeve s’incupì. Birgitte aveva parlato. Ogni volta che l’uomo la incontrava, si aspettava chiaramente che Nynaeve gli chiedesse di trovare qualche cavallo per loro. Era quasi pronta a farlo. Neanche Elayne avrebbe potuto dire che stessero facendo qualcosa di costruttivo. Be’, Elayne poteva e lo aveva fatto, ma lei no. Uno svoltò l’angolo uscendo dalla sua visuale e Nynaeve sospirò. Stava solo cercando di ritardare l’ingresso nella Piccola Torre. Forse c’era Myrelle. Dopo essersi tamponata di nuovo il viso si guardò cupa la mano rugosa — oggi era l’undicesimo giorno che strofinava pentole e l’aspettavano altri ventinove. Ventinove! — quindi entrò.

In quella che una volta, quando la Piccola Torre era una locanda, era stata la sala comune faceva più fresco, cosa che le offrì un vago sollievo alla testa dolente. Adesso tutti chiamavano quel locale la sala d’attesa. Non era stato sprecato tempo con le riparazioni. Nei camini c’erano pietre mancanti e dai buchi nell’intonaco si vedeva il cemento. Areina e Nicola spazzavano assieme ad altre novizie, senza ottenere grossi cambiamenti nell’aspetto del vecchio pavimento. Areina era serissima, ma non era mai contenta di dover eseguire compiti da novizia. A Salidar nessuno restava senza nulla da fare. Romanda stava parlando con due Aes Sedai snelle e di una certa età sull’altro lato della stanza — i segni di invecchiamento sui volti non erano evidenti, ma avevano i capelli bianchi — ovviamente due nuovi arrivi, a giudicare dai leggeri mantelli contro la polvere che avevano ancora sulle spalle. Non c’era segno di Myrelle, cosa che lei accolse con un sospiro di sollievo; la donna se la prendeva con lei a ogni minima opportunità. Vi erano Aes Sedai sedute attorno al tavolo, male assortite ma disposte in file ordinate, mentre smistavano la posta o davano ordini ai Custodi e gli inservienti, ma erano meno di quante ne aveva viste la prima volta che era entrata in quella stanza. Solo le Adunanti e le loro cameriere personali vivevano al primo piano di quell’edificio; tutte le altre erano state mandate altrove per lasciare spazio a quelle che dovevano lavorare. La Piccola Torre svolgeva le stesse funzioni della Torre Bianca, con le stesse identiche formalità. La prima volta che Nynaeve aveva visto quella stanza, aveva notato molto movimento e un’atmosfera di fermento. Un’atmosfera fasulla. Adesso tutto sembrava quasi rallentato, la stessa sensazione che si respirava nella Torre Bianca.

Accostandosi a uno dei tavoli, non il più vicino, Nynaeve fece una riverenza circospetta. «Chiedo scusa, Aes Sedai, ma mi è stato detto che Siuan e Leane si trovano qui. Potresti dirmi dove?» La penna di Brendas smise di muoversi e la donna la guardò con i freddi occhi scuri. Nynaeve l’aveva scelta al posto di qualcuna più vicina alla porta perché era una delle poche Aes Sedai che non l’avevano mai interrogata su Rand. Inoltre, quando Siuan era Amyrlin, l’aveva scelta come una di quelle di cui ci si poteva fidare. Non aveva nulla a che fare con la sua richiesta, ma Nynaeve cercava di trovare conforto in ogni piccola cosa.

«Si trovano con alcune delle Adunanti, bambina.» La voce di Brendas era come un tintinnio di campanelli, priva di emozioni come il volto pallido. Era raro che le Bianche mostrassero emozioni. Brendas non ne manifestava alcuna.

Nynaeve trattenne uno sbuffo d’irritazione. Se le Adunanti avevano chiesto un rapporto su quanto avevano riferito i loro occhi e orecchie, le due donne non sarebbero state libere per ore. Forse per il resto della mattinata. A quel punto lei sarebbe stata di nuovo inviata a strofinare pentole. «Grazie, Aes Sedai.»

Brendas interruppe la riverenza di Nynaeve con un cenno. «Theodrin ha fatto qualche progresso con te, la scorsa notte?»

«No, Aes Sedai.» Aveva la voce tesa e leggermente seccata, ma per un motivo giustificato. Theodrin le aveva promesso che avrebbe provato di tutto e, evidentemente, intendeva dire davvero di tutto. I tentativi del giorno precedente avevano incluso sorseggiare del vino per rilassarsi, solo che alla fine Nynaeve ne aveva bevuto fin troppo. Non credeva che avrebbe mai dimenticato di essere stata portata di peso nella sua camera mentre cantava — cantava! — né sarebbe mai stata capace di ripensarci senza arrossire. Brendas doveva essere stata informata. Tutti lo sapevano. Nynaeve avrebbe voluto scomparire.

«L’ho chiesto solo perché i tuoi studi sembrano risentirne. Ho sentito qualche Sorella dire che hai raggiunto la fine delle tue meravigliose scoperte. Questi incarichi addizionali potrebbero esserne la causa, ma Elayne rivela qualcosa di nuovo ogni giorno, anche con le classi da addestrare e il lavoro in cucina. Un numero di Sorelle si sta chiedendo se non sarebbero in grado di aiutarti meglio di Theodrin. Se ce ne occupiamo a turno, lavorando con te l’intera giornata, ogni giorno, forse potrebbe essere più proficuo di queste sessioni informali con qualcuna che, dopotutto, è poco più di un’Ammessa.» Tutto fu spiegato con voce atona, senza la minima accusa, ma Nynaeve arrossì come se l’avessero sgridata.

«Sono sicura che Theodrin è vicina a scoprire la chiave, Aes Sedai» sussurrò infine. «Proverò con maggiore impegno, Aes Sedai.» Rivolgendole una riverenza si voltò prima che Brendas potesse fermarla di nuovo, finendo così addosso a una delle due nuove arrivate, che avevano i capelli bianchi. Si somigliavano al punto tale da poter essere sorelle, quasi l’immagine speculare l’una dell’altra, con le ossa sottili e lunghi volti patrizi.

Lo scontro non fu violento e Nynaeve cercò di chiedere scusa, ma l’Aes Sedai la fissò con uno sguardo da rendere fiero un falco. «Guarda dove metti i piedi, Ammessa. Ai miei tempi un’Ammessa che avesse tentato di travolgere un’Aes Sedai avrebbe avuto i capelli più bianchi dei miei, una volta finito di strofinare le pentole.»

L’altra le toccò il braccio. «Oh, lascia perdere, Vandene. Abbiamo del lavoro da fare.»

Vandene tirò su con il naso guardando Nynaeve, ma lasciò che l’altra la guidasse fuori della sala.

Dopo aver atteso un istante per lasciar andare via le due donne, Nynaeve vide Sheriam uscire da una delle stanze delle riunioni, assieme a Myrelle, Morvrin e Beonin. Myrelle la vide e si diresse verso di lei, riuscendo a fare un solo passo prima che Sheriam e Morvrin appoggiassero entrambe una mano sulle braccia della Verde, parlandole sommessamente ma in fretta e lanciando diverse occhiate a Nynaeve. Attraversarono tutte e quattro la stanza sempre parlando e scomparvero dietro un’altra porta.

Nynaeve attese di trovarsi all’esterno della Piccola Torre, prima di tirarsi forte la treccia. La notte precedente avevano incontrato le Sapienti. Indovinare perché le altre avessero bloccato Myrelle fu facile. Se Egwene si era finalmente trovata nel Cuore della Pietra, lei non lo sapeva. Nynaeve al’Meara era in punizione. Nynaeve al’Meara strofinava pentole come una novizia mentre avrebbe potuto essere più che una semplice Ammessa. Nynaeve al’Meara non stava raggiungendo alcun risultato con Theodrin, e tutte le sue meravigliose scoperte si erano esaurite. Nynaeve al’Meara non sarebbe mai stata Aes Sedai.

Lo aveva intuito fin dal principio, che sarebbe stato un errore passare tutte quelle informazioni di Moghedien solo tramite Elayne. L’aveva intuito!

La lingua si contrasse al ricordo di un cattivo sapore. Felcegatta bollita e polvere di foglia dell’intenditore. Un antidoto che aveva usato con molti bambini che continuavano a raccontare bugie. Lo aveva suggerito lei, ma era comunque stato un errore. Le Aes Sedai non parlavano più delle sue scoperte; parlavano della mancanza di esse. Aes Sedai che non avevano mai avuto più che un interesse passeggero per il suo blocco, adesso erano tutte prese a pensare come poterlo spezzare. Per un motivo o per l’altro, sarebbe finita con un’Aes Sedai che la esaminava dalla testa ai piedi, dall’alba al tramonto.

Tirò la treccia con forza, tanto da farsi male, e il dolore alla testa non servì a calmarla. Un soldato con l’elmetto piatto degli arcieri e il giustacuore imbottito rallentò per osservarla incuriosito, ma Nynaeve rispose con una tale occhiataccia che questi, dopo aver inciampato, si tuffò di corsa fra la folla. Perché Elayne era tanto ostinata?

La mano di un uomo le si appoggiò su una spalla e Nynaeve si voltò, la testa piena di imprecazioni che gli avrebbero staccato la testa dal collo. Le parole le morirono in bocca. Thom Merrilin le sorrise da sotto i baffi bianchi, gli occhi vispi che brillavano sul viso rugoso. «A giudicare dal tuo aspetto, Nynaeve, mi verrebbe da pensare che sei arrabbiata, ma so che hai un’indole talmente dolce che la gente ti chiede di infilare le dita nel suo tè.»

Juilin Sandar era al suo fianco: sembrava scolpito nel legno, appoggiato alla canna di bambù che portava sempre con sé. Juilin era Tarenese, non di Tarabon, ma aveva ancora addosso quel ridicolo berretto conico dalla punta appiattita, anche più malconcio dell’ultima volta che l’aveva visto. Se lo tolse di capo quando vide come Nynaeve lo guardava. Entrambi erano impolverati e stanchi dal viaggio e avevano i volti infossati, anche se nessuno dei due era mai stato molto in carne. Sembrava che da quando avevano lasciato Salidar, avessero trascorso il tempo a dormire vestiti, quando non erano in sella.

Prima che Nynaeve aprisse bocca, furono travolti da un uragano umano. Elayne si lanciò fra le braccia di Thom con tale forza che l’uomo barcollò. Il menestrello la sollevò da sotto le braccia, facendola girare in tondo come fosse una bambina, malgrado la gamba ferita. Quando la fece fermare sorrideva, come anche Elayne, che gli tirò un baffo. Scoppiarono entrambi a ridere. Thom le guardò le mani rugose come quelle di Nynaeve, chiedendole in quale tipo di problema si fossero cacciate senza lui a mantenerle sulla retta via, ed Elayne rispose che non aveva bisogno di nessuno che le dicesse cosa fare, per poi rovinare tutto arrossendo, ridendo e, per giunta, mordicchiandosi il labbro.

Nynaeve sospirò. A volte quei due sembrava giocassero al padre e la figlia, spingendosi troppo oltre i limiti. Altre volte le sembrava che Elayne credesse di avere ancora dieci anni, come anche Thom. «Pensavo che stamattina avessi una classe di novizie, Elayne.»

L’altra donna la guardò in tralice, quindi cercò di ‘assumere un certo contegno, troppo tardi, e prese a lisciarsi il vestito. «Ho chiesto a Calindin di sostituirmi» rispose disinvolta. «Pensavo di tenerti compagnia e sono contenta di averlo fatto» aggiunse, rivolgendo un sorriso a Thom. «Adesso possiamo sentire cos’avete scoperto in Amadicia.»

Nynaeve tirò su con il naso. Tenerle compagnia. Non ricordava tutto del giorno precedente, ma aveva ancora in mente Elayne che rideva mentre la svestiva e la infilava a letto con il sole ancora non del tutto tramontato. Era anche sicura di rammentare la donna che le chiedeva se avrebbe gradito ricevere una secchiata d’acqua gelida sulla testa.

Thom non aveva notato nulla; gli uomini erano ciechi, anche se lui era più sveglio della media. «Dobbiamo essere veloci» rispose. «Adesso che Sheriam ci ha spremuti come limoni vuole che riferiamo tutto a qualcuna delle Adunanti. Se siamo fortunati tutto andrà a nostro favore. Non ci sono abbastanza Manti Bianchi lungo l’Eldar per impedire a un topolino di guadare il fiume, anche se si facesse annunciare da fanfare e tamburi con un giorno di anticipo. Tranne una concentrazione di forze al confine con Tarabon e gli uomini che stanno cercando di tenere a bada il Profeta su a nord, sembra che Niall stia radunando tutti i Manti Bianchi fuori dall’Amadicia, e anche Ailron sta richiamando i soldati. Nelle strade si inizia a parlare di Salidar, ma se Niall ha pensato a questo posto due volte, non sono riuscito a saperlo.»

«Tarabon» mormorò Juilin, osservando il cappello. «Una brutta nazione per una che non sappia come badare a se stessa, da quanto abbiamo sentito dire.»

Nynaeve non era sicura su chi dei due fosse più bravo a dissimulare, ma era certa che entrambi fossero capaci di mentire con tale spudoratezza da far diventare blu dall’invidia un mercante di lana. E proprio in quel momento, era sicura che stessero nascondendo qualcosa.

Elayne aveva notato qualcosa di più. Afferrò Thom per il bavero e lo fissò. «Hai sentito qualcosa su mia madre» osservò con calma, e non era una domanda.

Thom giocò con un baffo. «Ci sono centinaia di voci a ogni angolo dell’Amadicia, bambina, ognuna peggiore della precedente.» Il volto rugoso trasmetteva una sensazione di pura innocenza e sincerità, ma l’uomo non era innocente dal giorno in cui era nato. «Si dice che tutta la Torre Bianca si trovi a Saidar, con diecimila Custodi pronti ad attraversare l’Eldar, o che le Aes Sedai abbiano preso Tanchico, che a Rand siano cresciute delle ali che usa per spostarsi di notte e...»

«Thom?» chiese Elayne.

L’uomo sbuffò, guardando Juilin e Nynaeve come se fosse colpa loro. «Bambina, è solo una voce, pazza come tutte quelle che abbiamo sentito. Non ho avuto alcuna conferma e, credimi, si ho provato. Non volevo parlarne. Rinnova solamente il tuo dolore. Lascia stare, bambina.»

«Thom.» Stavolta pronunciò il nome con maggiore fermezza. Juilin cambiò posizione e aveva l’aspetto di uno che avrebbe voluto trovarsi altrove. Thom era torvo.

«Be’, se proprio insisti, in Amadicia sembrano tutti convinti che tua madre si trovi nella Fortezza della Luce e che guiderà un esercito di Manti Bianchi ad Andor.»

Elayne scosse il capo, ridendo sommessamente. «Oh, Thom. Credi che mi preoccuperei per qualcosa del genere? Mamma non andrebbe mai dai Manti Bianchi. Potrei quasi desiderare che fosse vero. Perché almeno significherebbe che è viva. Benché la cosa violi ogni suo insegnamento — portare un esercito straniero ad Andor; Manti Bianchi per giunta! — potrei desiderarlo. Ma se i desideri fossero ali...» Il sorriso di Elayne era triste, ma di una tristezza diversa. «Il momento del dolore è passato, Thom. Mamma è morta e io devo fare del mio meglio per essere degna della sua memoria. Lei non avrebbe mai dato retta a dei ridicoli pettegolezzi e non avrebbe pianto per essi.»

«Bambina...» ripeté Thom.

Nynaeve si chiese se l’uomo provasse qualcosa per la morte di Morgase. Per quanto fosse difficile crederlo, una volta era stato l’amante della regina, quando lei era giovane ed Elayne poco più di una poppante. A quel tempo probabilmente non somigliava a una prugna secca. Nynaeve non sapeva bene come fosse finita, solo che Thom era scappato da Caemlyn a seguito di un mandato di arresto. Sicuramente non il segno tipico di una storia d’amore. Al momento, sembrava solo preoccupato di capire se Elayne stesse dicendo la verità oppure solo nascondendo il proprio dolore, dandole dei colpetti sulle spalle e carezzandole i capelli. Se Nynaeve non avesse desiderato che per una volta si rivolgessero uno all’altra come persone normali, avrebbe addirittura pensato che era un bel quadretto.

Un colpo di tosse pose fine a quella scena. «Mastro Merrilin?» chiamò Tabitha, allargando l’abito bianco e rivolgendogli la riverenza. «Mastro Sandar? Sheriam Sedai dice che le Adunanti sono pronte a ricevervi. Ha anche aggiunto che non avreste dovuto lasciare la Piccola Torre.»

«Si chiama la Piccola Torre, eh?» rispose secco Thom lanciando un’occhiata alla vecchia locanda. «Elayne, non possono trattenerci per sempre. Una volta finito potremmo parlare di... qualsiasi cosa desideri.» Facendo cenno a Tabitha di fare strada, rientrò nell’edificio zoppicando palesemente, come accadeva quando era stanco. Juilin drizzò le spalle e lo seguì come se stesse dirigendosi alla forca. Dopotutto, era Tarenese.

Nynaeve ed Elayne rimasero impalate, senza guardarsi.

Alla fine Nynaeve disse: «Non ero...» nello stesso momento in cui Elayne diceva: «Non avrei dovuto...» Si interruppero assieme e trascorsero alcuni momenti a giocherellare con le gonne, tamponandosi il viso.

«Fa troppo caldo per rimanere qui» commentò alla fine Nynaeve.

Era improbabile che le Adunanti che avevano ascoltato Siuan e Leane si sarebbero fermate ad ascoltare anche Thom e Juilin. Certi compiti se li dividevano. Quello le lasciava Logain, per quanto desiderasse il contrario. Non avrebbe imparato nulla, ma era più ragionevole che girarsi i pollici fino a quando le Aes Sedai non le avrebbero assegnato una serie di compiti.

S’incamminò per strada sospirando, ed Elayne la seguì come se fosse stata invitata. Questo aiutò Nynaeve a trovare la rabbia di cui aveva bisogno. Improvvisamente si accorse che i polsi di Elayne erano nudi.

«Dov’è il bracciale?» chiese sottovoce. Nessuno in strada avrebbe capito, nel caso avessero sentito, ma la mancanza di cautela, anche una sola volta, poteva essere fatale. «Dov’è Marigan?»

«Ho il braccialetto in tasca, Nynaeve.»

Elayne si fece di lato per lasciar passare un carro dalle ruote alte, quindi si unì di nuovo all’amica, seguendola. «Marigan si trova in lavanderia, con almeno altre venti donne. E si lamentano ogni volta che si muove. Ha detto qualcosa che pensava Birgitte non avrebbe sentito e lei... Ho dovuto toglierlo, Nynaeve. Birgitte aveva il diritto di agire, ma faceva male. Ho detto a Marigan di raccontare che è caduta dalle scale.»

Nynaeve tirò su con il naso, ma non si stava concentrando su quella faccenda. Di recente non aveva usato spesso il bracciale. Non perché non potesse rivelare come propria qualunque cosa avesse scoperto dalla donna. Era ancora sicura che Moghedien sapesse qualcosa sulla guarigione anche se forse non se ne rendeva conto — nessuna poteva essere tanto cieca — e c’era il trucco per riconoscere quando un uomo incanalava che, secondo quanto Moghedien continuava a sostenere, avevano quasi imparato correttamente. La verità era che temeva di poterle fare qualcosa di peggio di quanto le aveva inflitto Birgitte, se avesse avuto più contatti del necessario con quella donna. Forse era il modo in cui la soddisfazione sembrava prevalere su tutto il resto quando Moghedien si lamentava a causa del dolore provocatole da Nynaeve quando cercava d’imparare quella tecnica. Forse invece era perché ricordava di quanto aveva avuto paura trovandosi da sola con la donna e senza braccialetto. O magari, il disgusto di tenere prigioniera una dei Reietti, lontana dalla giusta sentenza. Forse un po’ di tutto ciò. Nynaeve sapeva solo che adesso doveva imporsi di indossare il bracciale e che ogni volta che vedeva il viso di Moghedien aveva voglia di picchiarla.

«Non avrei dovuto ridere» disse Elayne. «Mi dispiace di averlo fatto.» Nynaeve si fermò di colpo, tanto che un cavaliere dovette tirare le redini con violenza per non travolgerla. Gridò qualcosa prima che la folla lo trascinasse via, ma lo stupore coprì quelle parole. Non lo stupore per le scuse. Piuttosto per quanto avrebbe dovuto rispondere. La cosa giusta. La verità.

Nynaeve, incapace di guardare Elayne, riprese a camminare. «Avevi tutto il diritto di farlo. Io...» Deglutì con fatica. «Mi sono resa ridicola.» Lo aveva fatto. Theodrin le aveva detto di prendere alcuni sorsi; una tazza. E lei aveva svuotato la caraffa. Dovendo fallire, era meglio avere qualche altro motivo piuttosto che non essere capace di fare ciò che le veniva chiesto. «Avresti dovuto mandare qualcuno a prendere quel secchio d’acqua per infilarci la mia testa fino a quando non fossi stata in grado di recitare La grande Caccia al Conio senza commettere un errore.» A quel punto Nynaeve azzardò un’occhiata con la coda dell’occhio. Le guance di Elayne erano leggermente rosse. Quindi aveva davvero parlato del secchio.

«Avrebbe potuto succedere a chiunque» rispose semplicemente l’altra donna.

Adesso era Nynaeve a sentirsi le guance in fiamme. Quando era successo a Elayne, lei aveva infilato la testa della ragazza in un secchio d’acqua gelata per farle passare la sbornia. «Avresti dovuto fare ciò che serviva per... riportarmi alla sobrietà.»

Era la conversazione più insolita che Nynaeve ricordasse, con lei che insisteva nel sostenere di essere stata una sciocca integrale, meritandosi qualsiasi conseguenza ne fosse scaturita, mentre Elayne trovava tutte le scuse possibili per giustificarla. Nynaeve non capiva perché prendersi la colpa in questo modo le procurasse una sensazione tanto piacevole. Non riusciva a ricordare di averlo mai fatto, mai così a fondo. Si era quasi arrabbiata con Elayne perché non concordava con lei che si era comportata come una buffona infantile. Durò fino a quando raggiunsero la casetta con il tetto di paglia al margine del villaggio, dov’era recluso e custodito Logain.

«Se non la fai finita,» le disse Elayne spazientita «giuro che manderò qualcuno a prendere quel secchio d’acqua proprio in quest’istante.»

Nynaeve aprì la bocca, quindi la richiuse. Anche quella nuova euforia nell’ammettere di essersi sbagliata stava andando troppo oltre. Sentendosi così bene non avrebbe potuto affrontare Logain. Se si sentiva bene sarebbe stata inutile. Senza Moghedien e il braccialetto che adesso si sentiva decisamente troppo bene per indossare. Lanciò un’occhiata ai due Custodi che stavano montando di guardia accanto alla porta. Non erano tanto vicini da sentire, ma abbassò comunque la voce. «Elayne, andiamo via stanotte.» Con Thom e Juilin a Salidar non avevano più bisogno di chiedere a Uno di trovare dei cavalli per loro. «Non a Caemlyn, se non vuoi. A Ebou Dar. Merilille non troverà mai quella scodella e Sheriam non ci lascerà mai andare a cercarla. Che ne dici? Stanotte?»

«No, Nynaeve. Che bene possiamo fare a Rand se ci prendono come fuggiasche? E lo saremmo se ce ne andassimo. Hai promesso, Nynaeve. Hai promesso, nel caso avessimo trovato qualcosa.»

«Ho promesso, nel caso avessimo trovato qualcosa di utile. La sola cosa che abbiamo trovato è questo!» Nynaeve cacciò la mano rugosa sotto al naso di Elayne.

La fermezza abbandonò il volto e la voce della ragazza, che si umettò le labbra e guardò in terra. «Nynaeve, sai che ho detto a Birgitte che saremmo rimaste. Be’, sembra che lei a sua volta abbia detto a Uno che non avrebbe dovuto procurarci i cavalli per nessun motivo, a meno che non gli avesse dato personalmente il permesso. Gli ha detto che stavi pensando di fuggire. L’ho scoperto quando era troppo tardi.» Scosse il capo irritata. «Se questo significa avere un Custode, non conosco nessuna che ne voglia uno.»

Nynaeve aveva l’impressione che gli occhi le sarebbero esplosi per l’indignazione. Quindi era quello il motivo per cui la fissavano. L’euforia svanì e si trasformò in... rabbia e umiliazione. L’uomo sapeva; pensava che lei... Un momento. Per un istante guardò torva Elayne, quindi decise di non dare voce alla domanda che le era venuta in mente. Il nome di Nynaeve era il solo che Birgitte aveva fatto a Uno, o forse era stata inclusa anche Elayne? Elayne si era trovata una famiglia adottiva. Thom, il padre indulgente che voleva insegnarle tutto ciò che sapeva, e Birgitte, una sorella maggiore che pensava fosse suo dovere tenere la piccola fuori dei guai, evitando che si spezzasse il collo montando cavalli troppo pericolosi per lei.

«In questo caso,» rispose atona «vediamo cosa riesco a imparare da Logain.»

La casa era piccola, solo due stanze, ma le profonde pareti di pietra la rendevano relativamente fresca. Logain era in camicia, fumava la pipa e leggeva accanto a una finestra. Le Aes Sedai stavano prendendosi cura di lui. Tavolo e sedie erano di buona fattura, come tutto il resto a Salidar — nulla di elaborato ma ben fatti, anche se scompagnati — e un tappeto rosso e oro lavorato con motivi a spirale occupava gran parte del pavimento era ben pulito.

Logain appoggiò il libro quando le vide entrare, senza sembrare disturbato dal fatto che non avessero bussato. Si alzò con comodo, pulì la pipa e indossò la giubba, quindi rivolse loro un piccolo inchino. «È bello rivedervi dopo tanto tempo. Credevo vi foste dimenticate di me. Gradireste del vino? Le Aes Sedai non mi riforniscono spesso, ma ciò che mi fanno arrivare non è affatto male.»

L’offerta del vino sarebbe stata abbastanza — Nynaeve trattenne a stento una smorfia — se avesse avuto bisogno d’altro. Pensare a Uno, al fatto che era un uomo, era abbastanza. Non aveva bisogno di ripensare alla Piccola Torre per arrabbiarsi. Ma farlo fu comunque di leggero aiuto. La Vera Fonte fu improvvisamente davanti a lei, un calore invisibile, appena fuori della sua visuale. Nynaeve si aprì a saidar, che fluì dentro di lei; se prima aveva provato euforia, adesso era oltre l’estasi. Si stava arrendendo, che Theodrin fosse folgorata!

«Siediti» ordinò con durezza a Logain. «Non ho voglia di fare conversazione con te. Rispondi alle domande che ti rivolgo, per il resto tieni a freno la lingua.»

Logain tirò su le spalle e ubbidì, docile come un cucciolo. No, non docile; quel sorriso era pura insolenza. Una parte era dovuta ai sentimenti dell’uomo nei confronti delle Aes Sedai, Nynaeve ne era certa, e una parte... Logain guardò Elayne prendere un’altra sedia e sistemarsi la gonna con cura, e anche se Nynaeve non avesse visto cosa stava osservando l’uomo, avrebbe comunque capito che si trattava di una donna. Non aveva il sorriso compiaciuto, gli occhi cupidi, solo... Nynaeve non sapeva cosa fosse, ma Logain aveva fatto lo stesso con lei ed era stata di colpo consapevole di essere una donna di fronte a un uomo. Forse era solo il fatto che fosse un bell’uomo con le spalle larghe, ma le piaceva avere un’opinione migliore di se stessa. Era ovvio che non era la spiegazione giusta.

Schiarendosi la gola, lavorò qualche filamento di saidar nell’uomo, Aria e Acqua, Fuoco, Terra e Spirito. Tutti gli elementi della guarigione, usati ora come una sonda. Un contatto fisico l’avrebbe aiutata, ma non ci riusciva. Le dava già noia toccarlo con il Potere. Era sano come un toro e quasi altrettanto forte, in lui non c’era nulla di sbagliato se non per quel... buco.

Non era un vero e proprio buco, più la sensazione di qualcosa che avrebbe dovuto essere continuo ma non lo era, che sembrava semplice e lineare ma girava invece attorno a una sorta di assenza. Nynaeve conosceva fin troppo bene quella sensazione, dalle prove dei giorni precedenti, quando pensava ancora che avrebbe davvero potuto imparare qualcosa. Al momento le dava i brividi.

L’uomo la guardò con attenzione. Non si ricordava di essersi avvicinata a lui. Il volto di Logain era immobile, una maschera penetrante di disgusto. Forse lei non era un’Aes Sedai, ma ci andava molto vicino.

«Come riesci a fare tutto ciò in una sola volta?» chiese Elayne. «Io non riuscirei a mantenere il controllo.»

«Silenzio» mormorò Nynaeve. Nascondendo lo sforzo richiesto, prese la testa di Logain fra le mani. Sì. Con il contatto fisico andava meglio, le sensazioni erano più acute.

Diresse il flusso di saidar nel sito del buco e... fu quasi sorpresa di trovare il vuoto. Certo, non si era aspettata di scoprire nulla. Gli uomini erano molto diversi dalle donne, con il Potere come in carne e ossa, forse anche di più. Tanto valeva che studiasse una roccia per scoprire qualcosa sui pesci. Era difficile rimanere concentrata su ciò che stava facendo sapendo che agiva per abitudine, solo per ammazzare il tempo.

Cosa stava per dire Myrelle? Stava forse nascondendo un messaggio di Egwene? si chiese. Il vuoto, talmente piccolo da riuscire ad attraversarlo, era immenso una volta inseritivi i flussi, tanto da ingoiarli tutti. Se solo potessi parlare con Egwene. Scommetto che una volta scoperto che la Torre sta inviando un’ambasciata da Rand e che le Aes Sedai qui se ne stanno sedute con le mani in mano, mi aiuterebbe a convincere Elayne che qui abbiamo fatto quanto potevamo. Un vuoto enorme, il nulla. In Siuan e Leane aveva trovato la sensazione di qualcosa di reciso. Era sicura che fosse reale, anche se debole. Uomini e donne erano diversi, ma forse... La sola cosa che devo fare è trovare il modo di parlarle. Capirà che Rand starebbe meglio con noi. Elayne dà ascolto a Egwene, crede che lei conosca Rand meglio di chiunque altro. Eccolo! Qualcosa di reciso. Solo una sensazione, ma la stessa di Siuan e Leane. Come faccio a trovare Egwene? Se solo mi apparisse di nuovo in sogno. Scommetto che potrei convincerla a unirsi a noi. Noi tre assieme faremmo un gran bene a Rand. Insieme potremmo raccontargli di quanto abbiamo scoperto nel tel’aran’rhiod e impedire che commetta qualche errore con le Aes Sedai. Se ne occuperebbe Egwene. Qualcosa su quel taglio... se avesse costruito un ponte di Fuoco e Spirito in questo modo...

Fu una leggera dilatazione negli occhi di Logain che le fece capire cos’aveva fatto. Rimase senza fiato. Si fece indietro con tanta velocità che inciampò nella gonna.

«Nynaeve» disse Elayne tirandosi su. «Che cosa è succes...»

In un attimo Nynaeve afferrò tutto il Potere che era in grado di gestire e lo trasformò in uno schermo. «Va’ a cercare Sheriam» disse veloce. «Solo Sheriam. Dille che...» sospirò profondamente e le sembrò di respirare per la prima volta dopo ore. Il cuore andava al galoppo. «Dille che ho guarito Logain.»

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