41 Una minaccia

Min vide poco della città mentre cavalcava lentamente per Caemlyn, sotto il sole cocente di mezza mattina. Notò appena la gente e le portantine, o i carri e le carrozze che affollavano le strade, se non per guidare la sua giumenta baia attorno a essi. Uno dei suoi sogni era sempre stato quello di vivere in una grande città e in terre straniere, ma oggi le torri colorate coperte di mattonelle lucide e le ampie vedute delle strade che giravano attorno alla collina passarono inosservate. I gruppi di Aiel che camminavano in strada, con davanti a sé sempre uno spazio aperto, ottennero una seconda occhiata, come i perlustratori a cavallo dai nasi aquilini, spesso barbuti, ma solo perché le ricordavano delle storie che aveva iniziato a sentire fin dal Murandy. Merana si era arrabbiata per quello come anche per la vista dei resti carbonizzati lasciati dai fautori del Drago, ma Min pensava che le altre Aes Sedai fossero preoccupate. Meno parlavano dell’amnistia di Rand, meglio era.

Al margine della piazza davanti al palazzo reale tirò le redini di Rosa selvatica e si tamponò con cura il viso usando un fazzoletto bordato di merletto che ripose poi nella manica della giubba. Solo alcune persone punteggiavano l’ampio ovale, forse perché di guardia davanti al cancello principale d’entrata vi erano degli Aiel. Altri Aiel erano visibili sui balconi di marmo o passavano leggiadri fra i lunghi corridoi colonnati; sembravano leopardi. Il Leone Bianco di Andor garriva nella brezza sopra la cupola più alta del palazzo. Un’altra bandiera cremisi sventolava da una delle guglie, leggermente più bassa della cupola bianca, sollevata dalla brezza quel tanto che bastava per rendere riconoscibile l’antico simbolo Aes Sedai, nero e bianco.

La vista degli Aiel la fece rallegrare di aver rifiutato l’offerta di un paio di Custodi per scorta; sospettava che Aiel e Custodi facessero scintille. Be’, non era stata precisamente un’offerta e lei aveva mostrato il suo rifiuto andando via di soppiatto un’ora prima del previsto. Merana era originaria di Caemlyn e quando arrivarono, prima del tramonto, le condusse direttamente in quello che era ritenuto il miglior alloggio della Città Nuova.

Non furono gli Aiel a far titubare Min. Non del tutto, sebbene avesse sentito ogni tipo di racconto terribile sugli Aiel velati di nero. La giubba e le brache che aveva addosso erano delle migliori, la lana più soffice che potesse essere trovata a Salidar, rosa chiaro con dei piccoli fiori blu e bianchi ricamati sul bavero, sui polsini e lungo il lato esterno della gamba. Anche la camicia era di taglio maschile, ma di seta color crema. A Baerlon, dopo la morte del padre, le zie avevano cercato di farle indossare quello che ritenevano fosse l’abbigliamento decente per una donna, anche se forse la zia Miren aveva capito che dopo dieci anni trascorsi scorrazzando per le miniere vestita da ragazzo, avrebbe potuto essere troppo tardi per infilarla in un abito femminile. Ci avevano provato e Min le aveva combattute con la stessa ostinazione con cui aveva evitato di imparare a usare l’ago. A parte lo sfortunato episodio mentre serviva ai tavoli Al riposo del minatore — un postaccio, ma non vi era rimasta a lungo; Rana, Jan e Miren se n’erano occupate quando l’avevano scoperto, nonostante Min avesse vent’anni — non aveva mai indossato un abito di sua spontanea volontà. Adesso pensava che forse avrebbe dovuto farsene cucire uno invece di quella giubba e quelle brache. Un abito di seta, con il corpetto aderente, la scollatura profonda e...

Dovrà prendermi come sono, pensò, tirando irritata le redini. Non cambierò per un uomo. I suoi abiti però sarebbero stati semplici come quelli di ogni contadino non troppo tempo addietro, i capelli non acconciati in boccoli fin sotto le spalle, e una vocina le sussurrò in un orecchio: sarai qualsiasi cosa pensi lui voglia. Scalciò forte come faceva quando uno stalliere cercava di essere rozzo, e fece procedere Rosa selvatica un po’ più gentilmente. Odiava l’idea delle donne che diventavano deboli quando si trattava di uomini. C’era solo un problema; era abbastanza sicura che avrebbe scoperto molto presto cosa significasse.

Smontò da cavallo davanti ai cancelli del palazzo e carezzò la giumenta, per dirle che non era stata sua intenzione scalciare, mentre guardava incerta gli Aiel. La metà erano donne, tutte molto più alte di lei. Gli uomini erano come Rand, almeno la maggior parte, e alcuni anche più alti. La osservavano tutti — be’, sembrava che osservassero ogni cosa, ma sicuramente anche lei — e nessuno batteva ciglio, almeno che lei vedesse. Portavano quelle lance e gli scudi, gli archi dietro la schiena e le faretre ai fianchi, e dei pesanti pugnali. Sembravano pronti a uccidere. Quelle fasce di panno nero che pendevano davanti al petto dovevano essere i famosi veli. Aveva sentito dire che gli Aiel non uccidevano mai senza coprirsi il volto. Spero sia vero, si disse.

Min si rivolse alla donna più bassa. Aveva i capelli rosso acceso corti come li portava lei una volta; il volto abbronzato sembrava scolpito nel legno ed era anche un po’ più bassa di Min. «Sono venuta a vedere Rand al’Thor» disse lei, vagamente incerta. «Il Drago Rinato.» Ma questi non battevano mai ciglio? «Mi chiamo Min. Mi conosce e ho un messaggio importante per lui.»

La donna si rivolse agli altri Aiel, gesticolando rapidamente con la mano libera. Il resto delle donne rise, mentre questa si rivolgeva di nuovo a lei. «Ti porterò da lui, Min, ma se non ti conosce andrai via molto più rapidamente di come stai entrando.» Alcune delle altre Aiel risero anche a quella battuta. «Mi chiamo Enaila.»

«Mi conosce» rispose Min, arrossendo. Lei aveva un paio di pugnali nelle maniche della giubba che le aveva dato Thom Merrilin insegnandole come usarli, ma aveva anche l’impressione che quella donna avrebbe potuto prenderglieli e scuoiarla. Sul capo di Enaila dardeggiò un’immagine che scomparve subito. Una ghirlanda di qualche tipo; Min non aveva idea di cosa significasse. «Devo portare dentro anche la giumenta? Non credo che Rand voglia vedere anche lei.» Con sua sorpresa alcuni Aiel ridacchiarono, uomini e donne, ed Enaila mosse le labbra come se anche lei volesse ridere.

A quel punto giunse un uomo per prendere Rosa selvatica — Min pensava che fosse un Aiel anche lui, malgrado la statura bassa e gli indumenti bianchi — e lei seguì Enaila oltre il cancello, attraverso un ampio cortile e quindi nel palazzo. Fu una specie di sollievo vedere i servitori con le divise bianche e rosse che correvano lungo i corridoi tappezzati di arazzi guardare circospetti gli Aiel, ma non molto diversamente da come avrebbero guardato un cane strano. Min cominciava a credere che il palazzo fosse pieno solo di Aiel, che avrebbe trovato Rand circondato da loro, forse vestito con giubba e brache in tutte le sfumature di marrone, grigio e verde, e che l’avrebbe fissata senza battere ciglio.

Enaila si fermò davanti a delle alte porte totalmente spalancate, intagliate con dei leoni, e gesticolò rapida con una mano alla donna aiel di guardia. Erano tutte donne. Una, che aveva i capelli biondo chiaro ed era molto più alta della maggioranza degli uomini, fece dei cenni in risposta. «Aspetta qui» le disse Enaila, quindi entrò.

Min fece un solo passo per seguirla e una lancia si trovò sul suo percorso, impugnata quasi distrattamente dalla donna bionda. Forse tutto sommato non era tanto distratta, ma a Min non importava. Poteva vedere Rand.

Stava seduto su un grande trono dorato che sembrava tutto fatto di draghi, aveva addosso una giubba rossa pesantemente lavorata in oro e impugnava una specie di pezzo di lancia a tasselli verdi e bianchi. Su un alto piedistallo alle sue spalle c’era un altro trono, anche quello dorato, ma su esso risaltava un leone ricavato da gemme bianche in campo rosso. Il trono del Leone, come dicevano le voci. Al momento avrebbe potuto usarlo come poggiapiedi, per quanto le importava. Rand sembrava stanco. Era così bello che le doleva il cuore. Le immagini danzavano continuamente intorno a lui. Con le Aes Sedai e i Custodi, quell’inondazione visiva era qualcosa cui lei cercava di sfuggire; non riusciva a capirne il significato come con le persone normali, ma era sempre presente. Con Rand invece dovette costringersi a guardare le immagini, perché altrimenti lo avrebbe solo fissato in volto. Una di quelle immagini l’aveva vista fin dalla prima volta. Migliaia di luci sfavillanti, come stelle o lucciole, che si catapultavano nel buio profondo, cercando di riempirlo, e ne venivano ingoiate. Adesso sembrava che vi fossero più luci di quante ne avesse viste prima, ma il buio le inglobava a gran velocità. C’era anche qualcos’altro, qualcosa di nuovo, un’aura gialla, marrone e porpora che le fece chiudere lo stomaco.

Min cercò di guardare i nobili che gli stavano di fronte — di sicuro lo erano, con quelle belle giubbe ricamate e le ricche gonne di seta — ma non c’era nulla da vedere. Era valido per la maggior parte delle persone e, quando poi c’era qualcosa, molto spesso lei non aveva alcuna idea del significato.

Anche stando così le cose, socchiuse gli occhi sforzandosi. Se fosse riuscita a capire anche una sola immagine o un’aura, forse sarebbe stata di aiuto a Rand. Da ciò che aveva sentito da quando era entrata ad Andor, lui avrebbe avuto bisogno di tutto l’aiuto possibile.

Alla fine si arrese, sospirando pesantemente. Socchiudere gli occhi e sforzarsi non serviva a nulla, a meno che non ci fosse già qualcosa da vedere.

Min si accorse d’improvviso che i nobili stavano andando via, Rand si era alzato ed Enaila le stava facendo cenno di entrare mentre lui sorrideva. Min pensava che il cuore le sarebbe saltato fuori dal petto. Quindi era questo ciò che provavano tutte quelle donne delle quali aveva riso, mentre si gettavano ai piedi di un uomo. No, lei non era una ragazza frivola; era più grande di lui, aveva ricevuto il suo primo bacio quando Rand pensava ancora che accudire le pecore fosse la cosa più divertente del mondo e... Luce, ti prego, si disse, non farmi cedere le ginocchia.

Rand lanciò incurante lo scettro del Drago nel punto in cui era seduto prima, scese dal palco con un solo salto e corse nella Grande Sala. Non appena raggiunse Min la prese sotto le braccia e la fece volare in aria, girando in tondo fino a quando Dyelin e gli altri furono andati via. Alcuni dei nobili lo fissavano, ma a lui non importava «Luce, Min, com’è bello vedere la tua faccia» rise. Molto meglio dei lineamenti duri di Dyelin o Ellorien. Se Aemlyn, Arathelle, Pelivar, Luan e tutto il gruppo avessero proclamato la loro gioia nel sapere che Elayne stava giungendo a Caemlyn invece di fissarlo con dubbio o convinti che stesse mentendo, sarebbe stato comunque molto felice di vedere Min.

Quando la rimise in terra, Min si accasciò contro il petto di Rand, afferrandolo per le braccia e respirando affannosamente. «Mi dispiace» disse lui. «Non volevo farti venire le vertigini, è solo che sono davvero contento di vederti.»

«Be’, non mi hai fatto venire le vertigini, zuccone di un pastore» mormorò contro il suo petto. Si allontanò e lo guardò seria tra gli occhi semichiusi. «Ho fatto una lunga cavalcata in piena notte e tu mi tratti come un sacco di patate. Non hai mai imparato le buone maniere?»

«Zuccone» rise sommessamente Rand. «Min, potrai anche darmi del bugiardo, ma ti giuro che mi è mancato sentirmi chiamare in questo modo.» Lei non disse nulla, limitandosi a fissarlo. Lo sguardo serio era scomparso e le ciglia sembravano più lunghe di quanto ricordasse Rand.

Rendendosi conto di dove si trovassero, la prese per mano. La sala del trono non era un luogo adatto per incontrare delle vecchie amiche. «Vieni, Min. Possiamo bere qualcosa di fresco in camera mia. Somara, vado nei miei appartamenti. Puoi mandare tutti via.»

Somara non sembrò felice di quella decisione, ma congedò tutte le Fanciulle e rimase da sola con Enaila. Sembravano entrambe imbronciate, cosa che Rand non capiva. Aveva permesso a Somara di fare venire tutte quelle Fanciulle a palazzo perché Dyelin e gli altri stavano arrivando. Bashere era fuori, all’accampamento della cavalleria a nord della città, per lo stesso motivo. Le Fanciulle servivano da promemoria, Bashere perché forse ci sarebbero stati troppi promemoria. Sperava che le due Fanciulle non stessero progettando di fargli da madri. Facevano i turni di guardia per lui più delle altre, almeno così gli sembrava, ma Nandera era inflessibile come Sulin quando lui provava a decidere chi dovesse fare cosa. Rand poteva comandare le Far Dareis Mai, ma non era una Fanciulla e il resto non lo riguardava.

Min studiò la tappezzeria mentre Rand la conduceva per mano lungo il corridoio. Osservò le casse e i tavoli, le ciotole dorate e gli alti vasi di porcellana del Popolo del Mare esposti nelle nicchie. Esaminò Enaila e Somara dalla testa ai piedi, tre volte per una, ma non guardò mai Rand e non disse una parola. La mano di lui avvolgeva completamente la sua e sentiva il pulsare del cuore della ragazza nel polso, che correva come un cavallo. Sperava che Min non fosse davvero arrabbiata perché l’aveva fatta girare come una trottola.

Con grande sollievo di Rand, Enaila e Somara presero posizione di fianco alla porta anche se entrambe lo guardarono quando chiese qualcosa da bere e Rand fu costretto a ripetere la richiesta. Una volta in soggiorno, si tolse la giubba e la lanciò su una sedia. «Siediti, Min. Riposa e rilassati. Il vino freddo arriverà presto. Devi dirmi tutto. Dove sei stata, come sei arrivata fin qui e perché di notte. Non è sicuro viaggiare di notte, Min, ora meno che mai. Ti assegnerò le stanze migliori del palazzo — be’, quasi, sono queste le migliori — e una scorta di Aiel per andare ovunque vorrai. Qualsiasi bullo o bruto si toglierà il cappello e chinerà il capo, se non scappa subito per nascondersi dietro un edificio pur di sfuggire agli Aiel.»

Per un istante pensò che si sarebbe messa a ridere, proprio lì sulla soglia, invece Min sospirò ed estrasse una lettera di tasca. «Non posso dirti da dove vengo, l’ho... promesso, Rand, ma Elayne si trova lì e...»

«Salidar» rispose lui, sorridendo quando la donna sgranò gli occhi. «So qualche cosa, Min. Forse più di quanto credano in molti.»

«Vedo» rispose sommessa Min. Gli infilò la lettera fra le mani e si fece di nuovo indietro. Con voce più ferma, aggiunse: «Ho giurato che te l’avrei consegnata subito. Vai avanti e leggila.»

Rand aveva riconosciuto il sigillo, un giglio impresso nella cera, color giallo scuro, e la calligrafia fiorita di Elayne; esitò prima di leggere. Le rotture senza strascichi erano le migliori ed era proprio ciò che lui aveva fatto, ma con quella lettera fra le mani non riuscì a fermarsi. Lesse, quindi si sedette sulla giubba e lesse di nuovo. Era una missiva decisamente breve.

Rand, ti ho reso chiari i miei sentimenti. Sappi che non sono cambiati. Spero che tu provi per me gli stessi sentimenti che io provo per te. Min potrà aiutarti, se le darai ascolto. L’amo come una sorella e spero che tu l’amerai come faccio io.

Elayne

Forse aveva finito l’inchiostro, perché le ultime righe assomigliavano più a uno scarabocchio, diverse dall’eleganza di tutto il resto. Min aveva chinato e voltato il capo; cercava di leggere la lettera senza che fosse troppo evidente, ma quando Rand si alzò per spostare la giubba — l’ometto grasso angreal era nella sua tasca — la ragazza corse indietro al suo posto. «Le donne stanno cercando di farmi impazzire?» mormorò Rand.

«Ma dico io!»

Fissò la lettera, parlando quasi da solo. «Elayne è talmente bella che non posso fare a meno di fissarla, ma la metà delle volte non so se vuole che la baci o che mi inginocchi ai suoi piedi. Per dire la verità a volte ho avuto voglia d’inginocchiarmi e... adorarla, che la Luce mi aiuti. Adesso mi dice che so cosa prova per me. Prima di questa mi ha scritto due lettere, una piena d’amore e un’altra dicendo che non voleva vedermi mai più. Ho trascorso molto tempo desiderando che la prima fosse vera e la seconda una specie di scherzo, un errore, o... E Aviendha. Anche lei è bellissima, ma ogni giorno trascorso con lei è una nuova battaglia. Nessun bacio da lei, non più, e nessun dubbio su quanto provi. Era più contenta lei di andare via che io di vederla partire. Io però mi aspetto di vederla quando mi volto e se non la trovo è come se mi mancasse qualcosa. Mi mancano le battaglie con lei e ci sono momenti in cui mi ritrovo a pensare: ‘ci sono cose per cui vale la pena combattere’.» Qualcosa nel silenzio di Min gli fece sollevare lo sguardo. Lo fissava inespressiva come un’Aes Sedai.

«Non ti ha mai detto nessuno che non è educato parlare a una donna di un’altra donna?» La voce di Min era totalmente atona. «Meno ancora di due.»

«Min, tu sei un’amica» protestò Rand. «Non penso a te come a una donna.» Fu la cosa sbagliata da dire. Lo capì non appena ebbe pronunciato la frase.

«Davvero?» Tirando indietro la giubba, Min si portò le mani sui fianchi. Non aveva assunto la fin troppo familiare posizione arrabbiata. I polsi erano piegati e le dita puntavano in alto, il che rendeva tutto diverso. Stava in piedi con un ginocchio leggermente piegato e... Rand la vide davvero per la prima volta. Non solo Min, ma il suo aspetto. Non la solita giubba semplice e marrone con le brache, ma una rosso chiaro e ricamata. Non il solito taglio di capelli da maschiaccio che arrivava appena alle orecchie, ma dei riccioli che le scendevano sulle spalle.

«Min, io...»

«Assomiglio a un uomo? A un cavallo?» Con un solo lungo passo lo raggiunse e si mise a sedere sulle sue ginocchia.

«Min,» esclamò Rand sbalordito «cosa stai facendo?»

«Ti sto convincendo che sono una donna, zuccone. Non assomiglio forse a una donna? Non profumo come una donna?» Adesso che vi prestava attenzione, odorava leggermente di fiori. «La sensazione che sprigiono non è... Be’, ti ho detto abbastanza. Rispondi alle mie domande, pastore.»

Furono ‘pastore’ e ‘zuccone’ che gli fecero abbassare la guardia. La verità era che la sensazione di avere Min in grembo era molto piacevole. Ma era sempre Min, quella che pensava che lui fosse un ragazzo di campagna con il fieno fra i capelli e non molto buon senso. «Luce, Min, so che sei una donna. Non lo intendevo come un insulto. Sei anche un’amica. Con te mi sento a mio agio. Anche se ti sembro uno sciocco. A te posso dire cose che non direi a nessun altro, nemmeno a Mat o Perrin. Quando sono vicino a te si sciolgono tutti i nodi, non mi accorgo nemmeno che tutta la tensione che ho nelle spalle se ne va. Vedi, Min? Mi piace stare con te. Mi sei mancata.»

Dopo aver incrociato le braccia Min lo guardò in tralice, aggrottando le sopracciglia. La gamba le scattò; se il piede avesse raggiunto il suolo avrebbe battuto nervosamente in terra. «Tutto quel parlare di Elayne e di quella... Aviendha. Chi è? A me sembra che tu le ami entrambe. Oh, smettila di essere nervoso. Mi devi delle risposte. Dirmi che non sono... Rispondimi. Le ami entrambe?»

«Forse sì» rispose lentamente. «Luce, aiutami, penso proprio di sì. Questo mi rende un lussurioso, Min, o solo uno sciocco avido?» Lei aprì e chiuse la bocca, mosse il capo di scatto, furiosa, e serrò le labbra. Rand stava correndo avanti prima che lei potesse dirgli quale fosse la risposta giusta, ma in fondo non voleva sentirselo dire da lei. «Adesso importa poco. È cosa fatta. Ho mandato via Aviendha e non la lascerò tornare indietro. Non mi avvicinerò a meno di un chilometro da lei o Elayne, dieci se posso.»

«Per amor di... Perché, Rand? Che cosa ti dà il diritto di fare una tale scelta per loro?»

«Ma non capisci, Min? Io sono un bersaglio. Anche ogni donna che amo lo diventa. Se pure la freccia è puntata contro di me, potrebbe colpirle. O potrebbe essere anche puntata contro di loro.» Sospirando pesantemente, Rand si accasciò sulla sedia appoggiando le braccia sui braccioli intagliati. Min si voltò appena, studiandolo con l’espressione più seria che Rand le avesse mai visto. La ragazza era sempre stata sorridente, sempre divertita da tutto. Proprio come ora, invece, non lo era affatto; anche Rand era mortalmente serio. «Lan mi ha detto che lui e io in un certo qual modo siamo simili, ed è vero. Mi ha detto che siamo uomini che irradiano morte. Lui è uno. Io un altro. Quando quel tipo di uomo si innamora, il regalo migliore che può offrire alla sua donna è di frapporre più distanza possibile fra sé e lei. Lo capisci, vero?»

«Quello che capisco...» Min rimase in silenzio per un istante. «Molto bene, sono tua amica e sono contenta che tu lo riconosca, ma non pensare che mi arrenderò. Ti convincerò che non sono né un uomo né un cavallo.»

«Min, ho detto...»

«Oh, no, pastore. Non è abbastanza.» Min si dimenò in grembo a Rand, costringendolo a schiarirsi la gola, e gli puntò un dito sul petto. «Voglio vedere le lacrime nei tuoi occhi quando lo dici. Voglio vedere la bava sul tuo mento e sentirti balbettare. Non pensare che non te la farò pagare.»

Rand non poté fare a meno di ridere. «Min, è davvero bello averti qui. Tutto ciò che vedi è un contadino dei Fiumi Gemelli con i piedi sporchi di fango, vero?»

L’umore di Min cambiò e lei s’illuminò in un istante. «Vedo te, Rand» rispose, stranamente tranquilla. «Vedo te.» Schiarendosi la gola si sistemò compassata, con le mani sulle ginocchia. Se era possibile essere compassata in quella posizione. «Tanto vale che proseguo in modo da fare ciò per cui sono venuta. A quanto pare sei al corrente di Salidar. Farà sollevare diverse sopracciglia, te lo garantisco. Quello che probabilmente non sai è che non sono venuta da sola. C’è un’ambasciata da Salidar, per vederti.»

Lews Therin mormorò, come un tuono in lontananza. Sentir parlare di Aes Sedai lo risvegliava sempre, fin da quando Alanna lo aveva legato, anche se non tanto quanto la vicinanza di Taim.

Anche con Lews Therin che si lamentava, Rand aveva quasi sorriso. L’aveva sospettato non appena Min gli aveva passato la lettera di Elayne. Quella conferma era una prova di come fossero spaventate, come lui credeva, e cos’altro avrebbero potuto provare, ribelli spinte a nascondersi a un passo dai Manti Bianchi? Molto probabilmente speravano di poter rientrare nella Torre Bianca e riflettevano su come avrebbero potuto tornare nelle grazie di Elaida. Da ciò che lui sapeva di Elaida, non avevano grandi possibilità e dovevano capirlo meglio di lui. Se avevano inviato un’ambasciata dal Drago Rinato, un uomo che poteva incanalare, allora dovevano essere pronte ad accettare la sua protezione. Non erano come Elaida, che credeva di poterlo comprare e probabilmente aveva una gabbia di vimini pronta per rinchiuderlo come un canarino. Le allusioni nebulose di Egwene su delle Aes Sedai che lo sostenevano stavano per concretizzarsi.

«Chi è venuta con te?» chiese. «Forse le conosco.» Per la verità non conosceva alcuna Aes Sedai a parte Moiraine, che era morta, ma ne aveva incontrata qualcuna. Se era una di quelle, forse questo avrebbe reso le cose un po’ più difficili. A quell’epoca lui era stato davvero il contadino che Min ricordava, pronto a tirarsi indietro se un’Aes Sedai lo avesse solo guardato.

«Sono più di una, Rand. Nove.» Lui sussultò e Min proseguì rapidamente. «Si tratta di un onore, Rand; tre volte il numero che inviano da re e regine. Merana — lei è a capo della spedizione e appartiene all’Ajah Grigia — verrà qui da sola questo pomeriggio e non più di una per volta si avvicinerà a te, a meno che tu non ti senta a tuo agio. Hanno preso delle stanze a La corona di Rose, nella Città Nuova; praticamente l’hanno occupata, con tutti i Custodi e i servitori. Merana mi ha inviata a preparare la strada, perché sa che ti conosco. Non intendono farti alcun male, Rand. Ne sono sicura.»

«Hai avuto una visione, Min, o è solo una tua opinione?» Sembrava difficile portare avanti una conversazione seria con una donna seduta sulle ginocchia, ma dopotutto era Min. E questo faceva la differenza. Doveva solo continuare a ricordarselo.

«Una mia opinione» ammise con riluttanza. «Ho avuto delle visioni su ognuna di loro ogni giorno, fin da quando abbiamo lasciato Salidar. Se intendevano farti del male, avrei visto qualcosa. Non posso credere che una cosa simile non si sarebbe manifestata.» Cambiò posizione e gli rivolse un’occhiata preoccupata, che mutò poi in un’espressione determinata. «Tanto vaie che ti dica anche qualcos’altro, già che ci sono. Ho visto un’aura intorno a te, nella sala del trono. Delle Aes Sedai ti faranno del male. O comunque delle donne che possono incanalare. Era molto confusa; non sono sicura sulla parte delle Aes Sedai, ma potrebbe accadere più di una volta. Credo fosse il motivo per cui era tatto così indistinto.» Rand la guardò in silenzio e Min sorrise. «Ecco cosa mi piace di te, Rand. Accetti ciò che posso fare e ciò che non posso. Non mi chiedi mai se sono sicura o quando accadrà. Non chiedi mai più di quello che so.»

«Be’, una cosa devo chiederla, Min. Puoi essere sicura che le Aes Sedai nella tua visione non fossero quelle che sono venute con te?»

«No» rispose lei semplicemente. Quella era una delle cose che piacevano a Rand; Min non cercava mai di eludere le risposte.

Devo essere prudente, sussurrò Lews Therin. Anche quelle ragazzine mezze addestrate possono essere pericolose, in nove. Devo...

Io devo, pensò Rand con fermezza. Un istante di confusione da parte di Lews Therin, quindi ritornò di nuovo nei recessi scuri della sua mente. Adesso lo faceva sempre, se Rand gli parlava. Il solo problema era che Lews Therin sembrava vedere e sentire sempre di più e aveva intenzione di agire. Non c’era stato un altro tentativo da parte sua di prendere saidin, ma adesso Rand era prudente. L’uomo voleva la mente e il corpo di Rand tutti per sé e, se fosse riuscito ad assumere il controllo una volta, non era certo che si sarebbe limitato a un solo episodio. Lews Therin Telamon, che avrebbe camminato e parlato con Rand al’Thor ridotto solo a una voce nella sua testa.

«Rand,» disse Min ansiosa «non guardarmi a quel modo. Sono dalla tua parte, se devo schierarmi. Forse potrebbe accadere. Pensano che riferirò loro tutto ciò che dici, ma non lo farò, Rand. Vogliono solo sapere come negoziare con te, cosa aspettarsi, ma non riferirò una sola parola che tu non voglia e, se mi chiedessi di mentire, lo farò. Non sanno delle mie visioni. Sono solo tue, Rand. Sai che farò le mie letture su chiunque vuoi, incluse Merana e le altre.»

Rand si costrinse a respingere il ringhio che aveva in viso e ad assicurarsi di usare un tono gentile. «Calmati, Min. So che sei dalla mia parte.» Era la semplice verità. Sospettare di Min sarebbe stato come sospettare di se stesso. Per ora Lews Therin era sotto controllo; adesso era il momento di vedersela con Merana e la sua ambasciata. «Riferisci che possono venire tre alla volta.» Era il consiglio che gli aveva dato Lews Therin a Cairhien: mai più di tre per volta. L’uomo pareva convinto di poter gestire tre Aes Sedai. Sembrava più che sprezzante nei confronti di quelle che adesso si facevano chiamare Aes Sedai, ma ciò che era stato un limite a Cairhien, qui era differente. Merana voleva che lui fosse calmo e tranquillo prima che anche una sola Aes Sedai si avvicinasse. Che meditasse pure su un invito per tre nel tentativo di scoprirne il significato. «A parte quello, nessuna potrà entrare nella città interna senza il mio permesso. E non dovranno incanalare nelle mie vicinanze. Riferisci questo, Min. Mi accorgo immediatamente di quando toccano la Fonte e non ne sarò compiaciuto. Diglielo.»

«Nemmeno loro ne saranno compiaciute, pastore» disse asciutta. «Ma lo riferirò.»

Un rumore brusco fece voltare Rand di scatto.

Sulin stava in piedi proprio oltre la soglia con addosso il vestito rosso e bianco, e il volto era talmente irrorato di sangue che la cicatrice sulla guancia spiccava anche più del solito. I capelli bianchi le erano cresciuti da quando aveva indossato la livrea, ma erano ancora più corti di quelli di ogni cameriera. Comare Harfor li aveva acconciati in una serie di ricci e Sulin lo odiava. Ai suoi piedi c’era un vassoio d’argento bordato d’oro, con dei calici d’oro e d’argento accanto. La caraffa del vino finì di oscillare mentre Rand guardava, e si fermò miracolosamente in posizione verticale, anche se sembrava che il vino fosse più sul vassoio e sul tappeto che nella caraffa.

Min stava alzandosi in piedi quando Rand la prese per la vita e la fece sedere di nuovo.

Era giunto il momento che rendesse ben chiaro di aver chiuso con Aviendha, e a Min non sarebbe dispiaciuto aiutarlo. Infatti, dopo un istante di resistenza, si adagiò su di lui, appoggiandogli il capo su una spalla.

«Sulin,» disse Rand «una buona cameriera non lancia i vassoi. Adesso raccogli tutto e fai il tuo dovere.» La donna tremò fissandolo tetra.

Escogitare il modo per permetterle di assolvere il suo toh mentre Rand si alleviava almeno in parte dei suoi obblighi verso di lei era stato poco meno che brillante. Adesso Sulin si occupava delle stanze di Rand e serviva solo lui. La donna ovviamente lo odiava, specie perché lui si accertava che lo facesse ogni giorno, ma adesso non si spezzava più la schiena pulendo in terra per tutto il palazzo, o trasportando una serie infinita di secchi d’acqua per la lavanderia. Sospettava che Sulin preferisse che tutti gli Aiel da questo lato del Muro del Drago assistessero alla sua vergogna anziché permetterlo a lui, ma Rand le aveva alleggerito parecchio i compiti e aveva calmato la sua coscienza, e se farla lavorare per lui le avrebbe fatto decidere che il toh era assolto, tanto meglio. Sulin doveva indossare il cadin’sor e impugnare la lancia, non portare la livrea e piegare lenzuola.

Dopo aver raccolto il vassoio, la Aiel si mosse nella stanza a grandi passi e lo lasciò cadere pesantemente su un tavolo con degli intarsi di avorio. Mentre si voltava per andare via, Rand disse: «Questa è Min, Sulin. È mia amica. Non conosce le usanze aiel e io riterrei molto inopportuno se le accadesse qualcosa d’increscioso.» Gli era appena venuto in mente che le Fanciulle potevano avere la loro opinione personale sul fatto che avesse mandato via Aviendha, ritrovandosi poi con una donna sulle ginocchia quasi subito dopo. La loro opinione e i loro sistemi per vedersela con Min. «Se le succedesse qualcosa, la considererò un’offesa personale.»

«Perché chiunque altra se non Aviendha dovrebbe desiderare che succeda qualcosa a quella donna?» rispose torva Sulin. «Ha perso troppo tempo a sognare su di te e non abbastanza a insegnarti ciò che dovresti sapere.» Scuotendosi, la donna ringhiò: «Mio lord Drago.» Rand immaginò che avrebbe dovuto essere un mormorio. Sulin cadde quasi due volte per rivolgergli la riverenza prima di tirarsi di nuovo su, e sbatté la porta andando via.

Min si girò a guardarlo. «Non credo di aver mai visto una cameriera come... Rand, penso che ti avrebbe accoltellato se avesse avuto un pugnale.»

«Forse mi avrebbe preso a calci,» rise lui «ma mai pugnalato. Pensa che io sia un fratello minore perduto da lungo tempo.» Gli occhi di Min erano pieni di confusione. Rand vide formarsi centinaia di domande. «È una lunga storia. Te la racconterò in un altro momento.» Una parte. Nessuno avrebbe mai saputo cosa aveva dovuto sopportare da Enaila, Somara e le altre. Be’. Le Fanciulle lo sapevano già, ma nessun altro si sarebbe unito alla lista.

Melaine entrò alla maniera aiel, ovvero infilò la testa oltre la porta, si guardò intorno, quindi fece il suo ingresso. Rand non aveva mai capito cosa facesse decidere a un Aiel se entrare o meno. Capi, Sapienti e Fanciulle erano entrati mentre lui aveva solo gli indumenti intimi addosso, o si trovava a letto oppure nella vasca. Avvicinandosi, la Sapiente dai capelli colore del sole si sedette a gambe incrociate sul tappeto, a pochi passi di distanza davanti a lui, con un tintinnio di bracciali, e si sistemò la gonna con molta cura. Gli occhi verdi osservarono Min con fare neutro.

Stavolta lei non fece alcuno sforzo per alzarsi, anzi, a giudicare dal modo in cui giaceva contro Rand, con la testa premuta sul suo petto e respirando lentamente, non era certo che non si fosse addormentata. Dopotutto gli aveva detto di aver raggiunto Caemlyn durante la notte. Improvvisamente si accorse che aveva ancora la mano appoggiata sulla vita della ragazza e la spostò sul bracciolo. Min sospirò quasi con rimpianto e si strinse contro di lui. Senza dubbio si stava addormentando.

«Ho delle novità,» disse Melaine «e non sono sicura di quale sia la più importante. Egwene ha lasciato le tende. Si è recata in un posto che si chiama Salidar, dove ci sono altre Aes Sedai. Quelle sono le Aes Sedai che ti sosterranno. Non ti abbiamo parlato di loro prima d’ora su sua richiesta, ma ora ti dico che sono un gruppo ostinato, indisciplinato, sdegnoso e pieno di boria, oltre ogni ragionevolezza.»

Quindi una delle camminatrici dei sogni a Cairhien aveva parlato con Melaine. Era tutto quello che Rand sapeva delle camminatrici dei sogni e, benché forse sarebbe stato utile, non erano disposte a mettere il loro talento a sua disposizione. La novità era tutto quel parlare di caparbietà e indisciplina. Gli Aiel si comportavano quasi come se pensassero che sarebbero stati folgorati dalle Aes Sedai, convinti che lo meritassero e pronti a ricevere il colpo senza battere ciglio. Anche le Sapienti avevano sempre parlato con rispetto delle Aes Sedai, quando lo facevano. Chiaramente era cambiato qualcosa. La sola cosa che Rand rispose fu: «Lo so.» Se Melaine aveva intenzione di spiegargli perché, lo avrebbe fatto senza che lui lo chiedesse. Se non voleva farlo, chiedere non avrebbe ottenuto alcuna risposta. «So di Egwene e anche di Salidar. Proprio adesso qui a Caemlyn ci sono nove Aes Sedai che vengono da lì. Min è arrivata con loro.» Min mormorò qualcosa. Lews Therin si lamentò di nuovo, non abbastanza forte da capire cosa dicesse, e Rand fu felice della distrazione. La sensazione che provava con Min era... bella. Si sarebbe offesa all’infinito se glielo avesse detto. Ma in fondo, considerando la sua promessa di fargliela pagare, forse avrebbe riso. Forse. A volte si comportava come il mercurio.

Melaine non mostrò alcuna sorpresa nello scoprire che Rand sapeva, e non si sistemò neppure lo scialle. Da quando aveva sposato Bael sembrava che fosse — ‘calma’ non era la parola giusta, era troppo placida per Melaine — meno eccitabile. «Quella era la mia seconda notizia. Devi essere cauto con loro, Rand al’Thor, e usare una mano ferma. Non rispettano nient’altro.» Decisamente un cambiamento.

«Avrai due figlie» mormorò Min. «Gemelle, come due gocce d’acqua.»

Se prima Melaine non aveva mostrato alcuna sorpresa, adesso recuperò il tempo perduto. Sgranò gli occhi e sussultò in un modo tale che quasi si sollevò da terra. «Come hai fatto...» iniziò a chiedere incredula, quindi si fermò e si ricompose. Anche così, proseguì con voce affannata. «Non ero sicura di essere incinta fino a stamattina. Come fai a saperlo?»

A quel punto Min si alzò, lanciandogli un’occhiata che Rand conosceva fin troppo bene. Era tutta colpa sua, per non si sa bene quale motivo. Trafficando con la giubba guardò ovunque tranne che verso Melaine, e quando il suo sguardo si soffermò ancora su Rand, fu solo una variante della prima occhiata. Era stato lui a cacciarla in tutto ciò e adesso doveva essere lui a tirarla fuori.

«Va bene, Min» disse Rand. «Lei è una Sapiente e penso che conosca cose che ti farebbero arricciare i capelli.» Anche se erano già ricci. Come facevano le donne a pettinarsi come volevano? «Sono sicuro che prometterà di mantenere il segreto e tu puoi fidarti di una sua promessa.» A Melaine quasi si intrecciò la lingua, nel promettere.

Rand fu oggetto di un’altra occhiataccia prima che Min si sedesse accanto a Melaine. Forse di biasimo. Come si aspettava che lui la tirasse fuori dai guai? Melaine non avrebbe dimenticato perché era una cosa che aveva chiesto lui, e avrebbe mantenuto il segreto e la promessa. A lui aveva tenuto nascoste molte cose.

Anche se con riluttanza, Min incominciò a spiegare con molta chiarezza e ricchezza di dettagli, più di quanto aveva fatto con lui, forse aiutata dalle domande costanti dell’altra donna, che aveva a sua volta cambiato atteggiamento. Sembrava che Melaine avesse cominciato a capire che il talento di Min la rendeva una sua eguale, molto diversa da un’abitante delle terre bagnate.

«Notevole» osservò alla fine la Aiel. «È come interpretare i sogni senza sognare. Hai detto due? Bambine? Bael sarà molto contento. Dorindha gli ha dato tre bambini, ma sappiamo entrambe che gli piacerebbe avere una figlia.» Min batté le palpebre e scosse forte il capo: ovviamente lei non sapeva nulla delle sorelle mogli.

Le due spostarono l’argomento sulla nascita. Nessuna aveva mai partorito, ma avevano entrambe aiutato le levatrici.

Rand si schiarì forte la gola. Non era seccato dai dettagli. Aveva aiutato a far nascere agnelli, puledri e vitelli. La cosa irritante era che se ne stavano sedute, complici, come se lui avesse cessato di esistere. Nessuna delle due si voltò fino a quando non si schiarì di nuovo la gola, talmente forte che si chiese se non gli si fosse strappato qualcosa.

Melaine si avvicinò a Min e parlò in un sussurro che avrebbe potuto essere sentito dalla stanza accanto. «Gli uomini svengono sempre.»

«E sempre nel peggior momento possibile» concordò Min con lo stesso tono di voce.

Cos’avrebbero pensato se lo avessero visto nella fattoria del padre di Mat, coperto fino alle spalle di sangue, con tre costole rotte nel punto in cui era stato colpito dalla giumenta che aveva scalciato in preda alla paura? Era nato un bel puledro, e la volta seguente la giumenta non aveva scalciato affatto.

«Prima che io svenga,» rispose seccato, unendosi a loro sul tappeto «forse una di voi vorrebbe dirmi qualcosa di più sulle Aes Sedai?» Si sarebbe alzato o seduto in terra prima di quel momento, se non avesse avuto il grembo occupato. Fra gli Aiel solo i capi sedevano sulle sedie, e la sedia di un capo veniva usata solo per cose come emettere un giudizio o ricevere la sottomissione di un nemico.

Aveva messo un freno alle due donne. Nessuna disse nulla, ma vi fu un’ampia pausa per sistemarsi di scialle e giubba, il tutto senza guardarlo negli occhi. Quando iniziarono a parlare di nuovo erano più calme. Min rimase tenacemente attaccata alla sua opinione che le Aes Sedai di Salidar non volessero fare del male a Rand e forse lo avrebbero aiutato, se gestite nel modo appropriato, ovvero con tutto il rispetto dovuto loro in pubblico e in privato, secondo quanto aveva sentito. «Non mi sto comportando da traditrice, capisci, Melaine? Conoscevo Rand da prima di incontrare le Aes Sedai, tranne Moiraine, e lui ha ottenuto la mia lealtà prima di lei.»

Melaine non credeva che Min fosse una traditrice, piuttosto il contrario: sembrava avere un’ottima opinione di lei. Le Sapienti avevano la loro versione dell’opinione aiel sulle spie, ma ritenevano che delle Aes Sedai ci si potesse fidare come degli Shaido, ovvero solo se venivano catturati e resi gai’shain. Non aveva proprio suggerito la cattura delle Aes Sedai che risiedevano a La corona di Rose, ma non vi era andata lontana. «Come puoi fidarti di loro, Rand al’Thor? Io penso che non abbiano onore, tranne Egwene al’Vere e lei...» Melaine tirò di nuovo lo scialle. «Quando un’Aes Sedai mi mostrerà di avere tanto onore quanto Egwene, mi fiderò, non prima.»

Rand ascoltò più che parlare e disse solo poche parole, scoprendo invece molto. Rispondendo alle obiezioni di Melaine, Min aveva elencato l’ambasciata nome per nome, spiegando cosa avesse detto ogni donna sul supporto da offrire a Rand e ammettendo che in fondo non erano tutte rose e fiori. Merana Ambrey e Kairen Stang, un’Azzurra, erano entrambe di Andor e, anche se quelle Aes Sedai in teoria cercavano tutte le alleanze possibili tranne che con la Torre Bianca, forse perché erano lontane dalla Torre, avevano paura che Rand si fosse insediato a Caemlyn e avesse ucciso Morgase. Rafela Cindal, anche lei dell’Ajah Azzurra, forse era soddisfatta dei cambiamenti che Rand aveva attuato a Tear, dove una volta incanalare era fuori legge e una ragazza in grado di essere addestrata veniva cacciata dalla nazione, ma diceva poco e anche lei era preoccupata per Morgase. Seonid Traighan, una Verde, rimuginava su ogni voce che giungeva dalla sua terra natia, Cairhien, e aveva la sua opinione. Faeldrin Harella, l’altra Sorella Verde, a volte confrontava le atrocità commesse dai fautori del Drago in Altara e nel Murandy con quanto avevano fatto a Tarabon, rifiutandosi anche solo di parlare del fatto che la guerra civile aveva dilaniato quella terra prima che il primo uomo avesse giurato fedeltà al Drago. Nonostante tutta la pressione da parte di Melaine, Min insisteva che ognuna di quelle Aes Sedai riconosceva che Rand era il Drago Rinato e che tutte loro l’avevano interrogata con attenzione durante il viaggio da Salidar, su com’era e su come avrebbe potuto essere avvicinato senza offenderlo o spaventarlo.

A quel punto Rand sbuffò — paura di spaventarlo! — ma Melaine insisteva nel dire che se molte di quelle Aes Sedai avevano motivi per essere contro Rand, allora non avrebbero potuto fidarsi dell’ambasciata nemmeno per far cercare loro il letame per il fuoco. Min gli risparmiò un’occhiata dispiaciuta e proseguì. Nell’Arad Doman si erano visti tanti fautori del Drago quanti a Tarabon, in aggiunta alla guerra civile, ma Demira Eriff, dell’Ajah Marrone, parlava solo di due cose: di incontrare Rand e delle voci secondo le quali lui aveva dato il via a una specie di scuola a Cairhien; nessun uomo che avviava una scuola poteva essere tanto cattivo, almeno agli occhi di Demira. Berenicia Morsad, una Sorella Gialla dello Shienar, aveva sentito dire dagli Shienaresi a Salidar che Rand era stato ricevuto a Fal Dara dal grande capitano lord Agelmar Jagad, un onore che sembrava avere un peso considerevole per lei; lord Agelmar non avrebbe mai ricevuto un ruffiano, uno sciocco o una canaglia. L’incontro aveva quasi lo stesso peso per Masuri Sokawa, Marrone dell’Arafel, che confinava con lo Shienar. Infine c’era Valinde Nathenos, che secondo Min era impaziente, non una caratteristica dell’Ajah Bianca, di vedere Rand cacciare Sammael fuori da Illian. Se avesse promesso di farlo, anche solo di provarci, Min non sarebbe rimasta sorpresa nel vedere Valinde offrirgli un giuramento di fedeltà. Melaine era incredula e sollevò gli occhi al cielo. Non aveva mai visto un’Aes Sedai tanto sensata, un’attitudine che Rand aveva trovato più che sorprendente, considerando che lei per prima probabilmente gli avrebbe riso in faccia se le avesse chiesto un simile giuramento. Min continuava a ripetere che era sostanzialmente vero, qualsiasi cosa dicesse l’altra donna.

«Mostrerò loro tutto il rispetto che posso senza dovermi inginocchiare» disse Rand a Min quando alla fine lei smise di parlare. Per Melaine, aggiunse: «E fino a quando non mi daranno prova di meritarlo, non mi fiderò di loro.» Pensava che in quel modo le avrebbe fatte contente entrambe, visto che ognuna aveva ottenuto quel che voleva, ma a giudicare dagli sguardi torvi che ricevette in risposta, non aveva soddisfatto nessuna delle due.

Dopo tutte quelle discussioni si aspettava quasi che le due si sarebbero prese per la gola, ma sembrava che la gravidanza di Melaine e le previsioni di Min avessero creato un legame. Quando si alzarono, le donne furono tutte sorrisi e abbracci e Melaine disse: «Non pensavo che mi saresti piaciuta, Min, invece è così e chiamerò una delle bambine come te, perché lo hai saputo prima di me. Adesso devo andare a dirlo a Bael, così non sarà geloso del fatto che Rand al’Thor lo abbia saputo prima di lui. Che tu possa sempre trovare acqua e ombra, Min.» Per Rand, aggiunse: «Controlla da vicino quelle Aes Sedai, Rand al’Thor, e offri a Min la tua protezione quando ne avrà bisogno. Le faranno del male se scopriranno che ti è fedele.» Lasciò la stanza seguendo la stessa cerimonia dell’arrivo, un cenno del capo, cosa che lo lasciò di nuovo da solo con Min. Adesso, per qualche motivo si sentiva a disagio.

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