5 Fra le Sapienti

Rimanendo il più vicino possibile al piccolo fuoco nel centro della tenda, Egwene ancora rabbrividiva mentre versava l’acqua dal bollitore dentro una grande ciotola a righe blu. Aveva abbassato i lembi della tenda, ma il freddo passava attraverso gli strati di tappeti colorati che coprivano il suolo e tutto il calore sembrava uscire dal buco centrale per il fumo, in alto, lasciando solo l’odore dello sterco di vacca che bruciava. Le battevano quasi i denti.

Il vapore dell’acqua stava già incominciando a svanire, per cui abbracciò saidar per un momento e incanalò Fuoco per aumentare il calore. Amys e Bair probabilmente si sarebbero lavate con l’acqua fredda, ma in verità facevano sempre i bagni di vapore. Be’, non sono dura come loro. Non sono cresciuta nel deserto. Non devo congelare e usare l’acqua fredda per lavarmi se non voglio, si disse. Egwene si sentiva ancora in colpa mentre insaponava un panno con un pezzo di sapone alla lavanda comperato da Hadnan Kadere. Le Sapienti non le avevano mai chiesto di comportarsi in maniera diversa, ma a lei sembrava che le stesse imbrogliando.

Lasciò andare la Vera Fonte e sospirò di rimorso. Anche mentre tremava dal freddo, rise alla propria stupidità. La meraviglia di essere colmata dal Potere, la meraviglia della vita che fluiva in lei e la consapevolezza, tutte queste cose costituivano un pericolo. Più attingevi a saidin e più volevi farlo, e senza disciplina probabilmente ne avresti preso più di quanto riuscissi a gestirne, morendo o quietandoti. E non c’era niente da ridere.

Questa è una delle tue colpe maggiori, si rimproverò. Vuoi sempre fare più di quello che dovresti. Meriteresti di lavarti con l’acqua fredda, ti insegnerebbe un po’ di disciplina, si disse. Ma c’era così tanto da imparare e a volte le sembrava che una vita intera non bastasse. Le sue insegnanti erano sempre molto caute, che fossero le Sapienti o le Aes Sedai nella Torre; era difficile aspettare quando sapeva che per diversi aspetti lei già le superava. Posso fare molto di più di quello che pensano.

Una folata di vento freddo la colpì, facendo volare il fumo nella tenda, e la voce di una donna disse: «Se non ti dispiace...»

Egwene sobbalzò, gridando stridula prima di riuscire a esclamare, «Chiudila!» Si strinse per evitare di mettersi a saltellare. «Entra o esci, ma chiudila!» Tutto quello sforzo per scaldarsi e adesso aveva la pelle d’oca dalla testa ai piedi!

La donna vestita di bianco entrò in ginocchio nella tenda e lasciò che il lembo ricadesse. Mantenne lo sguardo basso con le mani conserte umilmente; avrebbe fatto lo stesso se Egwene l’avesse colpita invece di gridare. «Se non ti dispiace» mormorò, «la Sapiente Amys mi ha mandata a prenderti per accompagnarti alla tenda sauna.»

Desiderando di poter stare in piedi sul fuoco, Egwene emise un lamento. Che la Luce folgori Bair e la sua testardaggine! Se non fosse stato per la Sapiente dai capelli bianchi, adesso avrebbero potuto avere delle stanze in città invece che tende ai suoi confini. Ne avrei avuta una con un camino decente. E una porta. Di sicuro Rand non doveva vedersela con gente che gli si presentava ogni volta che voleva. Rand al’Thor, il maledetto Drago Rinato, schiocca le dita e le Fanciulle scattano come cameriere. Scommetto che gli hanno trovato un vero letto invece di un pagliericcio in terra, pensava. E si fa un bagno caldo ogni sera. Probabilmente le Fanciulle gli portano secchi d’acqua bollente in camera. Magari gli hanno anche trovato una vera vasca da bagno in rame!

Amys e anche Melaine erano d’accordo con lei, ma Bair si era impuntata e le altre si erano sottomesse come gai’shain. Egwene supponeva che, con tutti i cambiamenti che stava portando Rand, Bair volesse rimanere attaccata il più possibile alle vecchie usanze, ma desiderava che avesse scelto qualcos’altro per la sua intransigenza.

Non c’era modo di rifiutare. Aveva promesso alle Sapienti di dimenticare d’essere Aes Sedai, cosa facile visto che non lo era, e di fare esattamente quello che le avrebbero chiesto. Questa era la parte difficile; era stata lontana dalla Torre così a lungo che era tornata padrona di se stessa. Ma Amys le aveva detto senza mezzi termini che camminare nei sogni era pericoloso pure quando sapevi cosa stavi facendo e forse anche di più. Se non riusciva a obbedire nel mondo reale, difficilmente ne sarebbe stata in grado in quello dei sogni, e loro non volevano prendersi la responsabilità. Per cui Egwene aveva alcuni incarichi che divideva con Aviendha, accettava le punizioni meglio che poteva e saltava ogni volta che Amys, Melaine o Bair dicevano rana. Non che volessero altro se non che servisse loro da bere. No, stanotte era il turno di Aviendha.

Pensò di infilarsi le calze, ma alla fine si mise le scarpe e basta. Calzature robuste, adatte al deserto. Rimpiangeva le scarpine di seta che aveva indossato a Tear. «Come ti chiami?» chiese, cercando di essere amichevole.

«Cowinde» fu la docile risposta.

Egwene sospirò. Cercava sempre di essere affabile con le gai’shain, ma queste non rispondevano mai. Ancora non si era abituata ad avere dei servitori, anche se i gai’shain erano qualcosa di diverso. «Eri una Fanciulla?»

Il rapido lampo dei fieri occhi azzurri le disse che aveva indovinato, ma con la stessa velocità la donna abbassò di nuovo il capo. «Sono gai’shain. Il prima e il dopo sono ignoti, esiste solo il presente.»

«Quali sono la tua setta e il tuo clan?» Di solito non c’era bisogno di chiedere, nemmeno con i gai’shain.

«Servo la Sapiente Melaine della setta Jhirad, degli Aiel Goshien.»

Mentre era indecisa fra due mantelli, uno di resistente lana marrone e un altro a tasselli di seta blu che aveva comperato da Kadere — il mercante aveva venduto tutto ciò che aveva nei carri per fare posto al carico di Moiraine, a un ottimo prezzo — Egwene si soffermò a guardare la donna. Non era la risposta giusta. Aveva sentito che esisteva una forma di tetraggine che prendeva i gai’shain; quando finiva il loro termine di un anno e un giorno si rifiutavano di abbandonare l’abito bianco. «Quando scade il tuo periodo?» chiese Egwene.

Cowinde si accucciò e ripeté, «Sono gai’shain.»

«Ma quando sarai in grado di ritornare alla tua setta, alla tua fortezza?»

«Sono gai’shain» la donna si stava rivolgendo ai tappeti di fronte a lei. «Se la risposta non ti piace, puniscimi, ma non posso dartene un’altra.»

«Non essere sciocca» disse secca Egwene. «E tirati su, non sei un rospo.»

La donna vestita di bianco obbedì immediatamente e si mise a sedere sui talloni, aspettando remissiva un altro comando. Quel breve lampo di animosità poteva non essere mai esistito.

Egwene respirò profondamente. Per la donna la tetraggine era finita. Una sciocchezza, ma non avrebbe potuto dire nulla per farle cambiare idea. E comunque doveva andare alla tenda sauna, non stare qui a parlare con Cowinde.

Rammentando la corrente d’aria fredda, Egwene esitò. Le folate gelide avevano depositato in una ciotola due grandi fiori bianchi, con i petali parzialmente chiusi. Provenivano da una pianta grassa chiamata segade, che era piena di spine. Li aveva visti quella mattina fra le mani di Aviendha che li osservava; la donna aiel era saltata quando si era accorta della sua presenza, quindi glieli aveva subito donati, dicendo che li aveva raccolti per lei. Forse in Aviendha era rimasto abbastanza della Fanciulla da non voler ammettere che le piacevano i fiori. Anche se a pensarci bene, occasionalmente aveva notato delle Fanciulle che ne portavano uno fra i capelli o sulla giubba. Stai solo cercando di attardarti, Egwene al’Vere. Adesso smettila di essere sciocca e testarda! Ti stai comportando da stupida come Cowinde. «Fai strada» disse ed ebbe solo il tempo di mettersi il mantello sulle spalle prima che la donna aprisse la tenda e uscisse nel freddo gelido della notte.

Sopra la testa erano visibili le stelle nell’oscurità e i tre quarti di luna erano luminosi. Il campo delle Sapienti era un gruppo di circa due dozzine di tende basse, a nemmeno cento passi dal punto in cui terminava una delle strade lastricate del Rhuidean, di argilla essiccata e rocce. Le ombre proiettate dalla luna facevano sembrare la città un insieme di strani precipizi e dirupi. Ogni tenda aveva i lembi abbassati e l’odore misto di fuochi e di cucina riempiva l’aria.

Le altre Sapienti venivano in questo luogo quasi quotidianamente per le riunioni, ma trascorrevano le notti con le sette di appartenenza. Alcune adesso dormivano nel Rhuidean. Non Bair. Era il luogo più vicino alla città che era stata disposta a raggiungere. Se Rand non si fosse trovato lì, senza dubbio avrebbe insistito per accamparsi fra le montagne. Egwene camminava più velocemente possibile, tenendo chiuso con entrambe le mani il mantello, da sotto al quale passavano spifferi freddi ogni volta che faceva un passo. Cowinde dovette sollevare l’abito bianco per rimanerle davanti e riuscire a starle dietro. Egwene non aveva bisogno della guida della gai’shain, ma visto che la donna le era stata inviata si sarebbe vergognata e forse anche offesa se non glielo avesse consentito. Stringendo i denti per evitare che battessero, Egwene desiderò che la donna corresse.

La tenda sauna assomigliava a qualsiasi altra, bassa e larga con le entrate chiuse, ma il buco per il fumo era coperto. Nelle vicinanze un fuoco si era consumato fino a lasciare solo delle braci incandescenti fra alcune rocce grosse come la testa di un uomo. Non c’era abbastanza luce per identificare il piccolo monticello in ombra di fianco all’ingresso, ma sapeva che si trattava di indumenti femminili ripiegati.

Respirando profondamente si tolse in fretta le scarpe, fece cadere il mantello ed entrò. Un momento di tremito e freddo prima che il lembo della tenda si richiudesse alle sue spalle, quindi fu travolta dal vapore, che in un attimo la fece brillare di sudore mentre ancora boccheggiava e tremava.

Le tre Sapienti che le stavano insegnando a camminare nei sogni erano sedute e sudavano rilassate, con capelli lunghi fino alla vita che pendevano umidi. Bair stava parlando con Melaine, gli occhi verdi e i capelli rosso oro dell’una erano in netto contrasto con il viso rugoso e i capelli bianchi della vecchia donna. Anche Amys aveva i capelli bianchi — o forse erano di un biondo così chiaro da sembrarlo — ma non pareva vecchia. Lei e Melaine potevano entrambe incanalare — non molte Sapienti potevano — e c’era in lei qualcosa dell’aspetto privo di età tipico delle Aes Sedai. Moiraine, magra e piccola in confronto alle altre, sembrava imperturbabile, anche se grondava sudore e i capelli scuri aderivano alla testa, con l’espressione regale di chi non avrebbe mai ammesso d’essere senza vestiti. Le Sapienti usavano dei sottili pezzi di bronzo chiamati staera per rimuovere il sudore e la sporcizia accumulata durante il giorno. Aviendha era accovacciata vicino al grande mucchio di pietre nere calde e fumanti al centro, adoperando con cautela un paio di molle per spostare le pietre. Quindi, per aumentare il vapore, ci versò sopra dell’acqua presa da un contenitore apposito. Se avesse lasciato che il vapore si diradasse troppo, come minimo sarebbe stata rimproverata. La prossima volta sarebbe toccato a Egwene di occuparsi delle rocce.

Si sedette pian piano a gambe incrociate vicino a Bair — invece che strati di tappeti qui c’era solo roccia, calda, levigata e umida — e si accorse con stupore che Aviendha era stata frustata di recente. Quando la donna aiel si accomodò con cautela di fianco a Egwene, tentò di apparire ferma, impassibile, ma non poté nascondere un sussulto.

Egwene non se lo aspettava. Le Sapienti imponevano una dura disciplina — anche più dura di quella impartita nella Torre, il che richiedeva un bello sforzo — ma Aviendha imparava a incanalare con cupa determinazione. Non poteva camminare nei sogni, ma di certo si impegnava molto ad apprendere le arti delle Sapienti come aveva fatto con le armi da Fanciulla. Naturalmente dopo essersi lasciata sfuggire con Rand che le Sapienti lo controllavano nei sogni, per tre giorni le avevano fatto scavare buche profonde e riempirle di nuovo, ma era una delle poche occasioni in cui sembrava aver compiuto un passo falso. Amys e le altre due l’avevano indicata così tante volte come modello di compassata obbedienza e forza morale che a volte Egwene aveva voglia di urlare, anche se Aviendha era un’amica.

«Ci hai messo molto a venire» esordì Bair torva, mentre Egwene era ancora alla ricerca di una posizione comoda. La voce della donna era stridula e acuta, ma pur sempre di ghiaccio. Continuò a strofinarsi un braccio con la staera.

«Mi dispiace» rispose Egwene. Ecco, doveva essere abbastanza remissiva.

Bair tirò su con il naso. «Sei Aes Sedai oltre il Muro del Drago, ma qui sei solo un’alunna e gli alunni non perdono tempo. Quando mando a chiamare Aviendha o la spedisco a prendermi qualcosa, lei corre, anche se tutto quello che ho chiesto è uno spillo. Potresti imitarla.»

Arrossendo Egwene cercò di fare una voce umile. «Ci proverò, Bair.» Era la prima volta che una Sapiente le metteva a confronto in presenza di qualcuno. Lanciò un’occhiata ad Aviendha e fu sorpresa di trovarla pensierosa. A volte desiderava che la sua sorella prossima non fosse un così buon esempio.

«La ragazza imparerà. Bair, o forse no» intervenne irritata Melaine. «Istruiscila sulla prontezza di risposta più tardi, se ancora ne avrà bisogno.» Non più grande di Aviendha di dieci o dodici anni, di solito parlava come se avesse un’ape sotto la gonna. Probabilmente era seduta su una roccia acuminata. In quel caso non si sarebbe mossa, ma si sarebbe aspettata che fosse la roccia a muoversi. «Te lo ripeto, Moiraine Sedai, gli Aiel seguono Colui che viene con l’Alba, non la Torre Bianca.»

Ovviamente erano convinte che Egwene avrebbe capito ascoltando il seguito del discorso.

«Può essere» intervenne Amys con voce atona, «che gli Aiel serviranno di nuovo le Aes Sedai, ma quel momento non è ancora arrivato, Moiraine Sedai.» Non smise di strofinarsi mentre guardava l’Aes Sedai con calma.

Egwene sapeva che sarebbe giunto, adesso che Moiraine sapeva che alcune delle Sapienti potevano incanalare. Le Aes Sedai si sarebbero avventurate nel deserto per trovare ragazze che potevano essere addestrate e avrebbero quasi certamente provato a riportare alla Torre anche le Sapienti con quella capacità. Una volta aveva temuto che le Sapienti potessero essere tiranneggiate e dominate, trascinate via indipendentemente dalla loro volontà. Le Aes Sedai non lasciavano mai nessuna donna che poteva incanalare libera a lungo dalla Torre. Adesso però non si preoccupava più, anche se sembravano farlo le Sapienti in persona. Amys e Melaine potevano eguagliare le Aes Sedai in forza di volontà, come dimostravano ogni giorno con Moiraine. Bair probabilmente sarebbe riuscita a far saltare anche Siuan Sanche attraverso un cerchio, e non poteva nemmeno incanalare.

Ma Bair non era la Sapiente con la maggiore forza di volontà. Quell’onore era riservato a una donna anche più anziana, Sorilea, della setta Jarra degli Aiel Chareen. La Sapiente della fortezza Shende poteva incanalare meno di tante novizie, ma era capace di inviare un’altra Sapiente a fare una commissione per lei come fosse gai’shain. E loro andavano. No, non c’era motivo di preoccuparsi per le Sapienti.

«È comprensibile che desideri risparmiare le tue terre» continuò Bair, «ma Rand al’Thor non intende guidarci a compiere una punizione. A nessuno che si sottometterà a Colui che viene con l’Alba o agli Aiel verrà fatto del male.» Ecco di cosa si trattava allora.

«Non sono solo preoccupata di salvare vite e territori.» Moiraine si deterse il sudore dalla fronte con un gesto regale, ma la voce sembrava tesa come quella di Melaine. «Se lo permetterete, sarà un disastro. Anni di piani stanno per realizzarsi e lui intende rovinare tutto.»

«Piani della Torre» rispose Amys, con una tale calma che sembrava fosse d’accordo. «Quei piani non hanno nulla a che vedere con noi. Noi e le altre Sapienti dobbiamo tenere in considerazione cosa è bene per la nostra gente. Faremo in modo che gli Aiel facciano ciò che è meglio per gli Aiel.»

Egwene si chiese cosa ne avrebbero pensato i capo clan. Certo si lamentavano spesso che le Sapienti si immischiassero in affari che non erano i loro, per cui forse non sarebbe stata una sorpresa. I capi sembravano tutti uomini dalla grande forza di volontà e intelligenti, ma contro una coalizione di Sapienti avevano le stesse possibilità del Consiglio del Villaggio contro la Cerchia delle Donne a Emond’s Field.

Stavolta però Moiraine aveva ragione.

«Se Rand...» iniziò a parlare Egwene, ma Bair la interruppe con fermezza. «Ascolteremo quanto hai da dire più tardi, ragazza. La tua conoscenza di Rand al’Thor è preziosa, ma resterai tranquilla ad ascoltare fino a quando ti chiederemo di intervenire. E piantala di mettere quel broncio o ti faccio bere un infuso di spino blu.»

Egwene fece una smorfia. Il rispetto per le Aes Sedai, pensato come rispetto fra uguali, riguardava poco l’alunna, anche una che credevano fosse Aes Sedai. Egwene in ogni caso rimase in silenzio. Bair era capace di mandarla a prendere il sacchetto delle erbe e farle preparare quell’infuso terribilmente amaro da sola. Non serviva a nulla tranne a curare testardaggine, antipatia o qualsiasi cosa le Sapienti reputavano sconveniente e questo solo con il sapore. Aviendha le diede un colpetto su un braccio per confortarla.

«Non pensate che sarà una catastrofe per gli Aiel?» Doveva essere difficile per lei parlare con una voce fredda come l’inverno, madida com’era dalla testa ai piedi di vapore condensato e sudore, ma Moiraine lo fece sembrare facile. «Sarà di nuovo la Guerra Aiel. Ucciderete, incendierete e saccheggerete le città come faceste allora, fino a quando tutti gli uomini e le donne si saranno rivoltati contro di voi.»

«Il quinto ci spetta, Aes Sedai.» Intervenne Melaine, gettandosi indietro i lunghi capelli per poter usare la staera su una spalla. Anche appesantita dall’umidità del vapore, la sua chioma risplendeva come seta. «Non abbiamo preso di più nemmeno agli assassini dell’albero.» Lo sguardo che rivolse a Moiraine era troppo blando per essere privo di significato; sapevano che era originaria di Cairhien. «I vostri re e regine tolgono lo stesso con le tasse.»

«E quando le nazioni si rivolteranno contro di voi?» insisté Moiraine. «È già successo durante la Guerra Aiel, e accadrà di nuovo, con grandi perdite da entrambe le parti.»

«Nessuno di noi teme la morte, Aes Sedai» le disse Amys, sorridendo gentilmente come se stesse spiegando qualcosa a una bambina. «La vita è un sogno dal quale ci dobbiamo tutti svegliare prima di poter sognare di nuovo. Inoltre solo quattro clan varcarono il Muro del Drago agli ordini di Janduin. Sei sono già qui e hai detto che Rand al’Thor intende guidare tutti i clan.»

«Le Profezie del Rhuidean dicono che ci spezzerà.» La scintilla negli occhi verdi di Melaine poteva essere rivolta a Moiraine forse perché non era così rassegnata come sembrava. «Cosa importa se succede qui o oltre il Muro del Drago?»

«Perderà il supporto di ogni nazione a ovest del Muro del Drago» rispose Moiraine. Sembrava calma come sempre, ma una certa incisività nel suo tono diceva che era pronta a masticare sassi. «Deve avere il loro appoggio!»

«Ha il supporto della nazione aiel» replicò Bair con quella sua voce fragile e inflessibile. Enfatizzò le parole gesticolando con una sottile lama di metallo. «I clan non sono mai stati una nazione, ma adesso ne sta creando una.»

«Non ti aiuteremo a impedirlo, Moiraine Sedai» aggiunse Amys con la stessa fermezza.

«Adesso puoi andare, Aes Sedai, se credi» Bair si rivolse a lei. «Abbiamo parlato di quello che volevi per quanto siamo disposte a fare, stasera.» Era stato pronunciato educatamente, ma era pur sempre un congedo.

«Vi lascerò» fu la risposta di Moiraine, ancora una volta serena. Lasciò che sembrasse un suo suggerimento. Ormai era abituata alle Sapienti che specificano di non dipendere dalla Torre. «Ho anche altre cose di cui occuparmi.»

Doveva essere vero. Probabilmente qualcosa che riguardava Rand. Egwene era ben consapevole di non dover fare domande. Se Moiraine voleva che sapesse glielo avrebbe detto, altrimenti... avrebbe ricevuto una di quelle risposte ambigue che le Aes Sedai usavano per non mentire, oppure le avrebbe replicato senza giri di parole che non erano affari suoi. Moiraine sapeva che ‘Egwene Sedai dell’Ajah Verde’ era un imbroglio. Tollerava la bugia in pubblico, ma le ricordava sempre quale era il suo posto.

Non appena Moiraine andò via in un refolo di aria fredda, Amys disse: «Aviendha, versa il tè.»

La giovane donna aiel sobbalzò e aprì la bocca due volte prima di mormorare, «Devo ancora prepararlo.» Detto ciò uscì carponi dalla tenda. La seconda folata di vento da fuori fece diminuire il vapore.

Le Sapienti si scambiarono delle occhiate sorprese quasi quanto quella di Aviendha. E di Egwene. Aviendha svolgeva il compito più oneroso in maniera efficiente, anche se non sempre con grazia. Qualcosa la preoccupava molto, se si era dimenticata di preparare il tè. Le Sapienti lo volevano sempre.

«Altro vapore, ragazza» disse Melaine.

Egwene si rese conto che si rivolgeva a lei, visto che Aviendha era andata via. Si affrettò a versare l’acqua sulle rocce, incanalò per scaldare ulteriormente pietre e bollitore, fino a quando queste cominciarono a sfrigolare e il bollitore irradiò calore come una fornace. Gli Aiel forse erano abituati a passare dal caldo al freddo, ma lei no. Delle calde nuvole dense salirono a riempire la tenda. Amys annuì con approvazione. Lei e Melaine riuscivano a vedere il bagliore di saldar che la circondava, anche se Egwene non poteva. Melaine continuò a strofinarsi con la staera.

Rilasciando la Vera Fonte si sedette di nuovo al suo posto e si avvicinò a Bair per sussurrarle, «Aviendha ha fatto qualcosa di terribilmente sbagliato?» Non sapeva cosa provava Aviendha a riguardo, ma non vedeva alcun motivo per metterla in imbarazzo, anche quando era assente.

Bair non aveva gli stessi scrupoli. «Alludi alle frustate?» disse con voce normale. «È venuta da me confessando che oggi aveva mentito due volte, anche se non mi ha riferito a chi o riguardo a che cosa. Erano affari suoi, finché non mente a una Sapiente, ma riteneva di dover rispettare il toh.»

«Ti ha chiesto di...» esclamò Egwene, ma non riuscì a proseguire.

Bair annuì come se non si trattasse di qualcosa particolarmente fuori dell’ordinario. «Gliene ho data qualcuna in più per avermi seccata con questa faccenda. Se era coinvolto ji, il suo obbligo non era nei miei confronti. Molto probabilmente le sue presunte bugie erano qualcosa di cui solo le Far Dareis Mai si preoccuperebbero. Le Fanciulle, anche le ex Fanciulle, a volte sono pignole’ come gli uomini.» Amys le rivolse un’occhiata che apparve significativa anche in tutto quel vapore. Come Aviendha, Amys era stata Far Dareis Mai prima di diventare Sapiente.

Egwene non aveva mai incontrato un Aiel che non fosse pignolo riguardo ji’e’toh, per come la vedeva lei. Ma questo! Gli Aiel erano tutti matti come uno svasso, il buffo uccello delle paludi.

Bair sembrava aver già accantonato la questione. «Ci sono più Perduti nella terra delle Tre Piegature di quanti possa ricordarne» osservò rivolgendosi alla tenda in generale. Così gli Aiel chiamavano i Calderai, i Tuatha’an.

«Sfuggono ai problemi scavalcando il Muro del Drago» la risata beffarda nella voce di Melaine fu chiara.

«Ho sentito» continuò Amys lentamente, «che alcuni di quelli che scappano in seguito alla tetraggine sono andati dai Perduti chiedendo di essere accolti.» Seguì un lungo silenzio. Adesso sapevano che loro e i Tuatha’an avevano gli stessi avi, che si erano separati prima che gli Aiel oltrepassassero la Dorsale del Mondo per entrare nel deserto, ma questa consapevolezza non aveva fatto che aumentare la loro avversione.

«Rand porta il cambiamento» sussurrò dura Melaine nel vapore.

«Credevo vi foste rassegnate ai cambiamenti che porta Rand» rispose Egwene, con un crescente tono di simpatia nella voce. Dev’essere difficile vedere tutta la tua vita prossima alla fine. Si aspettava quasi che le dicessero di tacere, ma nessuna lo fece.

«Rassegnate» osservò Bair, come se stesse assaporando la parola. «Meglio dire che li sopportiamo, per quanto possiamo.»

«Rand trasforma tutto.» Amys sembrava preoccupata. «Il Rhuidean. I Perduti. La tetraggine e rivelare quanto non avrebbe mai dovuto essere rivelato.» Le Sapienti, tutti gli Aiel, avevano ancora difficoltà a parlare di quell’argomento.

«Le Fanciulle gli si raggruppano attorno come se dovessero più a lui che ai clan di appartenenza» aggiunse Bair. «Per la prima volta hanno permesso a un uomo di vivere sotto al tetto delle Fanciulle.» Per un po’ Amys sembrò voler dire dell’altro, ma qualsiasi cosa sapesse delle Far Dareis Mai la condivideva solo con chi era stata Fanciulla della Lancia.

«I capi non ci ascoltano più come una volta» mormorò Melaine. «Ci chiedono sempre consiglio, non sono diventati completamente sciocchi, ma Bael non mi racconta più cos’ha detto a Rand al’Thor, o il contrario. Dice che devo chiedere a Rand al’Thor, che a sua volta mi dice di parlare con Bael. Non posso fare nulla riguardo il Car’a’carn, ma Bael... È sempre stato un uomo testardo che dà sui nervi, ma adesso ha superato tutti i limiti. A volte vorrei prenderlo a bastonate sulla testa.» Amys e Bair risero come se fosse una battuta. O forse volevano dimenticare i vari cambiamenti per un po’.

«Ci sono solo tre cose che puoi fare con un uomo come quello» rise Bair. «Stanne lontana, uccidilo o sposalo.»

Melaine si irrigidì e il viso abbronzato avvampò di rossore. Per un po’ Egwene pensò che la Sapiente dai capelli rosso oro stesse per pronunciare parole più infuocate del suo volto. Poi una folata di vento gelido annunciò il ritorno di Aviendha che aveva fra le mani un vassoio d’argento lavorato con una teiera gialla, delle delicate tazze di porcellana dorata del Popolo del Mare e un vasetto di miele.

Rabbrividì versando il tè — senza dubbio non si era coperta mentre stava fuori — e fece girare velocemente le tazze con il miele. Non ne riempì una per lei ed Egwene fino a quando Amys non le disse che poteva.

«Più vapore» disse Melaine. L’aria fredda sembrava averla fatta calmare. Aviendha appoggiò la tazza e si diresse verso il contenitore dell’acqua, cercando di recuperare la mancanza di prima.

«Egwene» disse Amys sorseggiando il tè, «come la prenderebbe Rand al’Thor se Aviendha gli chiedesse di dormire in camera sua?» Aviendha si immobilizzò con la brocca in mano.

«Nella sua...?» Egwene rimase senza fiato. «Non potete domandarle di fare una cosa simile! Non potete!»

«Ragazza sciocca» mormorò Bair. «Non le chiediamo di andare a letto con lui. Ma penserà che è questo che vuole? Lo permetterà? Gli uomini nel migliore dei casi sono delle strane creature e lui non è cresciuto fra noi, per cui è anche più strano.»

«Certamente non penserebbe una cosa simile» balbettò Egwene. Quindi, più lentamente, aggiunse, «Non credo che lo farebbe. Ma non è rispettabile. Non lo è!»

«Vi prego di non chiedermi una cosa simile» intervenne Aviendha, con una voce più umile di quanto avrebbe creduto possibile Egwene. La donna versava l’acqua con dei movimenti a scatti facendo salire delle nuvole di vapore sempre più consistenti. «Ho appreso molto negli ultimi giorni non dovendo trascorrere tutto il tempo con lui. Da quando avete permesso a Egwene e Moiraine Sedai di aiutarmi con l’incanalare, sto imparando anche più velocemente. Non che insegnino meglio di voi, naturalmente» aggiunse veloce, «ma voglio davvero riuscirci.»

«Imparerai comunque» le rispose Melaine. «Non dovrai stare con lui ogni ora. Fino a quando ti applicherai le tue lezioni non saranno rallentate di molto. Non studi mentre dormi.»

«Non posso» mormorò Aviendha, con la testa bassa e lo sguardo rivolto alla brocca. Con voce più alta e ferma aggiunse, «Non lo farò.» Alzò la testa e gli occhi sembrarono fuoco verde azzurro. «Non voglio essere presente quando convocherà di nuovo quella insolente di Isendre nel suo letto!»

Egwene la guardò con gli occhi sgranati. «Isendre!» Aveva visto — e disapprovato profondamente — il modo scandaloso in cui le Fanciulle mandavano in giro nuda quella ragazza! «Non puoi davvero voler dire che...»

«Fate silenzio!» scatto Bair come una frusta. Quel suo sguardo dagli occhi azzurri avrebbe potuto spaccare le pietre. «Tutte e due! Siete entrambe giovani, ma anche le Fanciulle dovrebbero sapere che gli uomini sono degli sciocchi, specialmente quando non c’è una donna a guidarli.»

«Sono contenta» disse secca Amys, «di vedere che non trattieni più le tue emozioni come prima, Aviendha. Le Fanciulle sono sciocche come gli uomini quando sono coinvolti i sentimenti. Me lo ricordo bene e ancora mi imbarazza. Lasciare trapelare le emozioni per un momento, per poi tornare a tenerle a freno. Solo accertati di non rilasciarle troppo spesso, o quando è meglio che siano sotto controllo.»

Melaine si protese in avanti finché sembrò che il sudore sarebbe gocciolato sulle pietre roventi. «Conosci il tuo destino, Aviendha. Sarai una Sapiente di grande forza e autorità, anche altro. Hai già la forza. Ti ha aiutata durante la tua prima prova e lo farà anche con questa.»

«Il mio onore» disse Aviendha rauca, quindi deglutì incapace di proseguire. Rimase seduta stringendo la brocca come se contenesse quell’onore che voleva proteggere.

«Il Disegno non vede ji’e’toh» le spiegò Bair, con appena un cenno di simpatia. «Solo quello che è e che sarà. Uomini e Fanciulle si affannano contro il destino anche quando è chiaro che il Disegno tesse malgrado i loro sforzi, ma non sei più Far Dareis Mai. Devi imparare a cavalcare il destino. Solo arrendendoti al Disegno puoi imparare ad avere un po’ di controllo sul corso della tua vita. Se combatti, il Disegno ti costringerà e troverai dispiacere dove invece avresti potuto trovare soddisfazione.»

A Egwene sembrava molto simile a quanto le era stato insegnato riguardo l’Unico Potere. Per controllare saidar, prima devi arrenderti a esso. Se lo combatti ti verrà incontro in maniera selvaggia, ti travolgerà. Arrenditi, guidalo gentilmente, e farà quello che vuoi. Ma non spiegava perché volevano che Aviendha facesse una cosa simile. Lo chiese, aggiungendo anche, «Non è corretto.»

Invece di risponderle Amys esclamò: «Rand al’Thor si rifiuterà di lasciarla fare? Non possiamo costringerlo.» Bair e Melaine guardavano Egwene con molta attenzione, come Amys.

Non le avrebbero detto perché. Era più facile far parlare una roccia che ottenere informazioni da una Sapiente contro la sua volontà. Aviendha si guardava i piedi intenta, imbronciata ma rassegnata. Le Sapienti avrebbero ottenuto quello che volevano in un modo o nell’altro.

«Non lo so» rispose Egwene lentamente. «Non lo conosco più bene come una volta.» Lo rimpiangeva, erano accadute così tante cose oltre al fatto di essersi accorta che lo amava solo come un fratello. Il suo addestramento alla Torre e con le Sapienti aiel, insieme a ciò che lui era diventato, avevano cambiato molto i loro rapporti. «Forse se gli fornite una buona spiegazione. Credo che Aviendha gli piaccia.» La donna aiel emise un sospiro profondo senza mai alzare gli occhi.

«Una buona ragione» sbuffò Bair. «Quando ero una ragazza, ogni uomo sarebbe stato più che felice di avere una giovane donna che mostrasse tanto interesse per lui. Sarebbe andato a raccoglierle i fiori per preparare con le sue mani la corona nuziale.» Aviendha scattò e guardò torva le Sapienti con una traccia del suo vecchio spirito. «Be’, troveremo una ragione che anche qualcuno cresciuto nelle terre bagnate possa accettare.»

«Mancano alcune sere prima dell’incontro che hai concordato nel tel’aran’rhiod» disse Amys. «Stavolta con Nynaeve.»

«Quella potrebbe imparare molto» intervenne Bair, «se non fosse così testarda.»

«Le tue serate sono libere fino ad allora» aggiunse Melaine. «Se non entrerai nel tel’aran’rhiod senza di noi.»

Egwene sospettava quale sarebbe stato il seguito. «Certo che no» rispose loro. Era stato solo per un brevissimo periodo. Più di quello lo avrebbero scoperto certamente.

«Sei riuscita a trovare i sogni di Nynaeve o Elayne?» chiese Amys, quasi per caso, come se niente fosse.

«No, Amys.»

Trovare i sogni di qualcun altro era molto più difficile che entrare nel tel’aran’rhiod, il Mondo dei Sogni, specialmente se si trattava di persone lontane. Era più facile quando queste persone si trovavano vicine e quando le conoscevi bene. Le Sapienti volevano ancora che non accedesse al tel’aran’rhiod senza almeno una di loro, ma i sogni di qualcun altro forse erano altrettanto pericolosi a modo loro. Nel tel’aran’rhiod Egwene aveva un discreto controllo di se stessa e delle cose che la circondavano, a meno che le Sapienti non decidessero di prendere il comando. La sua capacità di dominio stava aumentando, ma ancora non riusciva a eguagliare nessuna di loro per via dell’esperienza. Entrando nel sogno di un altro, però, ne divenivi parte, erano necessarie tutte le tue forze per non comportarti come voleva il sognatore, e spesso nemmeno quelle bastavano. Le Sapienti erano state molto caute nell’osservare i sogni di Rand, nel non accedervi mai completamente. Anche così avevano insistito affinché imparasse. Se dovevano insegnarle a camminare nei sogni intendevano trasmetterle tutta la loro conoscenza.

Egwene non era riluttante, ma le poche volte che l’avevano lasciata esercitarsi, con loro e in un’occasione con Rhuarc, erano state esperienze frustranti. Le Sapienti avevano un discreto controllo dei propri sogni; quanto si era verificato — per mostrarle i pericoli, le avevano detto — era avvenuto tutto per opera loro, ma era stato un colpo scoprire che Rhuarc la considerava poco più di una bambina, come la figlia più giovane. E il controllo aveva vacillato per un momento, breve ma fatale. Dopo di allora ‘era stata’ poco più di una bambina. Ancora non riusciva a guardare l’uomo senza rammentare di aver ricevuto una bambola in premio per aver studiato con impegno. E d’essere stata molto contenta sia del regalo che della sua approvazione. Amys aveva dovuto intervenire e trascinarla via dai suoi giochi felici con la bambola. Che Amys sapesse era terribile, ma sospettava che anche Rhuarc ne ricordasse una parte.

«Devi continuare a tentare» disse Amys. «Hai la forza per raggiungerle, anche lontane come sono. E non ti danneggerà scoprire come ti vedono.»

Di questo non era certa. Elayne era un’amica, ma Nynaeve era stata la Sapiente di Emond’s Field per quasi tutto il tempo in cui lei era cresciuta. Sospettava che i sogni di Nynaeve sarebbero stati peggiori di quelli di Rhuarc.

«Stanotte dormirò a distanza dalle tende» proseguì Amys. «Non lontano. Dovresti riuscire a trovarmi facilmente, se provi. Se non ti sogno, ne parleremo domani mattina.»

Egwene trattenne un lamento. Amys l’aveva guidata nei sogni di Rhuarc — lei era rimasta solo un istante, solo per verificare che lui la vedeva ancora allo stesso modo, come la giovane donna che aveva sposato — e le Sapienti si erano sempre trovate nella tenda con lei quando aveva provato.

«Be’» disse Bair sfregandosi le mani, «abbiamo sentito quello che dovevamo. Potete rimanere se lo desiderate, ma io mi sento abbastanza pulita per andarmene a letto. Non sono giovane come voi altre.» Giovane o no, probabilmente era in grado di superare tutte loro in una corsa e poi trasportarle.

Mentre Bair si alzava parlò Melaine e, fatto strano per lei, sembrò esitante. «Ho bisogno... devo chiedere il tuo aiuto, Bair. E il tuo, Amys.» La donna anziana si sedette di nuovo, e insieme ad Amys la guardò con apprensione. «Io... vorrei chiedervi di avvicinare Dorindha per me.» Le ultime parole le pronunciò in fretta. Amys sorrise apertamente e Bair rise. Anche Aviendha sembrava aver capito ed essere stupita, ma Egwene si era perduta.

Quindi Bair disse ridendo, «Hai sempre sostenuto di non avere bisogno di un marito e che non ne volevi uno. Io ne ho seppelliti tre e non mi dispiacerebbe averne un altro. Sono molto utili quando fa freddo di notte.»

«Una donna può cambiare parere.» La voce di Melaine era abbastanza ferma, ma tradita da un profondo rossore sulle guance. «Non posso stare lontana da Bael e non posso ucciderlo. Se Dorindha mi accetterà come sorella moglie, preparerò la corona di fiori nuziale da deporre ai piedi di Bael.»

«Che cosa farai se ci cammina sopra invece di raccoglierla?» volle sapere Bair. Amys ricadde all’indietro, ridendo e dandosi delle manate sulle gambe.

Egwene non pensava che ci fosse quel rischio, almeno per quelle che erano le usanze aiel. Se Dorindha decideva di accettarla come sorella moglie, Bael non avrebbe avuto molta voce in capitolo. Il fatto che un uomo potesse avere più di una moglie adesso non la stupiva più. Non molto. Terre differenti significano usanze diverse, si ricordò con fermezza. Non era mai stata capace di chiedere, ma per quanto ne sapeva potevano esserci donne aiel con due mariti. Era gente strana.

«Vi chiedo di agire come mie sorelle prime in questa faccenda. Credo di piacere abbastanza a Dorindha.»

Non appena Melaine pronunciò quelle parole, l’ilarità delle due donne si trasformò in qualcos’altro. Ridevano ancora, ma l’abbracciarono e le dissero che erano felici di essere lì per lei e quanto sarebbe stata felice con Bael. Amys e Bair sembravano dare per scontata l’accettazione di Dorindha. Le tre andarono via a braccetto, ridendo e scherzando come ragazzine. Non prima di aver ordinato a Egwene e Aviendha di riordinare la tenda.

«Egwene, una donna delle tue terre potrebbe accettare una sorella moglie?» chiese Aviendha, usando un bastone per rimuovere la copertura dal buco per il fumo.

Egwene sperava che lo facesse alla fine; il calore cominciò a dissolversi immediatamente. «Non lo so» rispose raccogliendo velocemente le tazze e il vasetto del miele. Anche gli staera vennero riposti sul vassoio. «Non credo. Forse se si trattasse di una cara amica» aggiunse velocemente. Non aveva senso denigrare le usanze aiel.

Aviendha sbuffò e iniziò ad aprire la tenda.

Con i denti che le tremavano facendo lo stesso rumore delle tazze e gli staera di bronzo sul vassoio, Egwene uscì di corsa, come se fosse una nottata mite e loro si trovassero nelle camere da letto di qualche residenza. Una figura vestita di bianco, chiara alla luce della luna, le prese il vassoio dalle mani ed Egwene iniziò velocemente a cercare il mantello e le scarpe. Non erano fra gli indumenti a terra.

«Ho fatto portare le tue cose alla tua tenda» le disse Bair mentre si allacciava la blusa. «Non ne hai ancora bisogno.»

Il morale le scese sotto i piedi. Saltellando sul posto strinse le braccia nell’inutile tentativo di riscaldarsi, almeno non le avevano ordinato di restare ferma. Di colpo si rese conto che la figura vestita di bianco che aveva preso il vassoio era troppo alta per essere quella di una donna. Anche aiel. Serrando i denti guardò furiosa le Sapienti, alle quali non sembrava interessare se si stesse congelando a morte. Forse alle donne aiel non importava che un uomo, non un gai’shain, l’avesse vista nuda, ma importava a lei!

In un attimo Aviendha si unì a loro e, vedendola saltellare, rimase in piedi senza fare alcuno sforzo per cercare i suoi indumenti. Come le Sapienti, non sembrava soffrire il freddo.

«Dunque» disse Bair sistemandosi lo scialle sulle spalle. «Tu, Aviendha, non solo sei testarda come un uomo, ma non riesci nemmeno a ricordarti di un semplice incarico che hai svolto molte volte. Tu, Egwene, sei altrettanto ostinata e pensi ancora di poterti gingillare nella tua tenda quando vieni convocata. Speriamo che correre cinquanta volte attorno al campo mitighi la vostra testardaggine, schiarendovi la mente, e vi ricordi come reagire quando venite chiamate o di fronte ai vostri incarichi. Andate.»

Senza una parola Aviendha si diresse verso i margini del campo, schivando agilmente le corde delle tende. Egwene esitò solo un momento prima di seguirla. La donna aiel correva piano per darle modo di raggiungerla. L’aria della notte era gelida e l’argilla crepata a terra altrettanto fredda, così cercava di rattrappire le dita dei piedi. Aviendha procedeva senza sforzo.

Quando arrivarono all’ultima tenda e svoltarono a sud, Aviendha disse: «Sai perché studio così duramente?» Né la corsa né il freddo avevano alterato la voce della donna.

Egwene tremava così tanto che non riusciva a parlare. «No, perché?»

«Perché Bair e le altre ti portano sempre come esempio e mi dicono con quanta facilità apprendi, di come non devono mai spiegarti la stessa cosa due volte. Mi ripetono che dovrei essere come te.» Guardò Egwene di traverso e lei si mise a ridere mentre correvano insieme. «Questo è un motivo. Le cose che sto imparando a fare...» Aviendha scosse il capo, con uno stupore palese anche alla luce della luna. «È il Potere. Non mi sono mai sentita a quel modo. Così viva. Posso percepire l’odore più debole, sentire il più piccolo movimento nell’aria.»

«È pericoloso restarvi in contatto troppo a lungo» spiegò Egwene.

Correre sembrò riscaldarla un po’ anche se di tanto in tanto ancora rabbrividiva. «Te l’ho già detto e so che le Sapienti hanno fatto lo stesso.»

Aviendha tirò su con il naso. «Pensi che mi trafiggerei da sola il piede con la mia lancia?»

Per un po’ procedettero in silenzio.

«Rand ha davvero...?» chiese alla fine Egwene. Il freddo non aveva niente a che vedere con la difficoltà di pronunciare quelle parole, infatti stava di nuovo incominciando a sudare. «Mi riferisco a... Isendre.» Non riusciva a spiegarsi più chiaramente.

Alla fine Aviendha disse lentamente, «Non credo che lo abbia fatto.» Sembrava arrabbiata. «Ma per quale altro motivo quella dovrebbe ignorare le frustate se lui non mostrasse il suo interesse? È una gattamorta abitante delle terre bagnate che non aspetta altro che gli uomini vadano da lei. Ho visto come la osserva, anche se cerca di nasconderlo. Gli piace guardarla.»

Egwene si chiese se la donna considerava anche lei una gattamorta delle terre bagnate. Probabilmente no o non sarebbero state amiche. Ma Aviendha non si preoccupava mai se quello che diceva poteva ferire qualcuno e probabilmente sarebbe rimasta sorpresa di scoprire Egwene ferita.

«Se le Fanciulle la fanno andare in giro in quel modo,» ammise Egwene con riluttanza «qualsiasi uomo guarderebbe.» Al pensiero che anche lei si trovava all’aperto nuda, inciampò e fu sul punto di cadere mentre si guardava intorno ansiosamente. Il campo era sgombro per quanto riusciva a vedere. Anche le Sapienti si erano ritirate nelle loro tende. Al caldo fra le coperte. Stava sudando, ma le gocce di sudore sembravano congelarsi appena si affacciavano.

«Appartiene a Elayne» disse Aviendha con fierezza.

«Conosco bene le vostre usanze, ma le nostre sono diverse. Non è promesso a Elayne.» Perché lo sto difendendo? Dovrebbe essere lui a prendersi le frustate! Pensò. Ma l’onestà la fece proseguire. «Anche gli uomini aiel hanno il diritto di dire di no, se gli viene chiesto.»

«Tu e lei siete sorelle prossime, come tu e io» protestò Aviendha, rallentando prima di riprendere. «Non mi hai chiesto di controllarlo per suo conto? Non vuoi che lei lo abbia?»

«Certo che lo voglio. Se anche lui la vuole.» Non era proprio così. Voleva che Elayne fosse felice, visto che era innamorata del Drago Rinato, e avrebbe fatto di tutto tranne legare Rand mani e piedi perché Elayne ottenesse quello che desiderava. Ne sarebbe stata capace se fosse servito. Ammetterlo era un’altra cosa. Le donne aiel erano molto più dirette di lei. «Altrimenti non sarebbe giusto.»

«Le appartiene» insisté Aviendha.

Egwene sospirò. Aviendha si rifiutava di capire le usanze altrui. Era ancora stupita del fatto che Elayne non avrebbe chiesto a Rand di sposarla, che fosse un uomo a porre quella domanda. «Sono sicura che le Sapienti domani mattina saranno più disponibili ad ascoltare le tue ragioni. Non possono farti dormire nella camera da letto di un uomo.»

L’altra donna la guardò sorpresa. Per un attimo perse i suoi modi aggraziati mentre inciampava in un sasso. Imprecò in un modo che avrebbe meravigliato anche i conducenti di carri di Kadere — e le avrebbe meritato lo spino blu da parte di Bair — ma non smise di correre. «Non capisco perché ti sconvolga tanto» disse quando terminò di inveire. «Ho dormito vicino a uomini molte volte durante le incursioni, abbiamo anche condiviso le coperte per scaldarci se la notte era molto fredda, ma ti disturba che io dorma a metri di distanza da lui. È parte delle vostre usanze? Ho notato che non vuoi fare i bagni di sudore nella tenda quando ci sono gli uomini. Non ti fidi di Rand al’Thor? O non ti fidi di me?» Verso la fine della frase la voce di Aviendha era diventata un sussurro preoccupato.

«Certo che mi fido di te» protestò Egwene con veemenza. «E di lui. È solo che...» Si interruppe incerta su come proseguire. Le norme morali degli Aiel erano molto più severe di quelle alle quali lei era abituata, ma per altri versi avrebbero spinto la Cerchia delle Donne di Emond’s Field a decidere se svenire o andare a prendere un bastone robusto. «Aviendha, se il tuo onore è in qualche modo coinvolto...» Era un argomento pericoloso. «Di certo se lo spieghi alle Sapienti non ti costringeranno ad andare contro il tuo onore.»

«Non c’è nulla da spiegare» rispose atona l’altra donna.

«Lo so che non capisco ji’e’toh, ma...» Iniziò Egwene e Aviendha rise.

«Dici di non capire, Aes Sedai, eppure tu vivi secondo le sue regole.» A Egwene dispiaceva mentirle a quel modo — era stato difficile convincere Aviendha a chiamarla solo Egwene e a volte ritornava sui suoi passi — ma il segreto doveva essere mantenuto con tutti se non voleva che nessuno lo sapesse. «Tu sei Aes Sedai e abbastanza forte con il Potere da vincere contro Amys e Melaine assieme» continuò Aviendha, «ma hai promesso che avresti obbedito, per cui lavi le pentole quando te lo dicono e corri quando te lo ordinano. Forse non conosci ji’e’toh, ma lo segui.»

Ovviamente non era la stessa cosa. Stringeva i denti e faceva quello che le ordinavano perché era il solo modo per imparare a camminare nei sogni e lei voleva apprendere tutto, più di qualsiasi altra cosa. Anche il solo pensiero di vivere secondo le regole di questo stupido ji’e’toh era assurdo. Faceva quel che doveva solo e perché doveva.

Stavano tornando al punto di partenza. Quando lo raggiunse, Egwene disse: «E uno» e corse nell’oscurità mentre tutt’intorno soltanto Aviendha poteva vederla; nessun altro si sarebbe accorto se fosse tornata alla tenda in quel momento. Aviendha non lo avrebbe detto, ma a Egwene non venne mai in mente di smettere di correre prima di aver terminato i cinquanta giri del campo.

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