26 Sallie Daera

Attorno alla testa di Logain lampeggiava irregolarmente l’alone di grandezza blu e oro, anche se cavalcava accasciato sulla sella. Min non capiva perché di recente accadesse più spesso. L’uomo adesso non sollevava nemmeno più lo sguardo dall’erba davanti allo stallone nero e dalle basse colline ondulate che li circondavano.

Le altre due donne cavalcavano assieme, Siuan più goffa che mai sull’irsuta Bela e Leane che guidava la giumenta con maestria, usando le ginocchia più che le redini. Solo un’innaturale linea di felci, che spuntava dal suolo della foresta coperto di foglie, segnalava che una volta lì c’era stata una strada. Le felci la stavano facendo arretrare, il tappeto di foglie frusciava e si spezzava secco sotto gli zoccoli dei cavalli. I rami spessi e intricati offrivano un po’ di protezione dal sole del pomeriggio, ma non si poteva dire che fosse fresco. Il sudore colava sul viso di Min, malgrado le brezze occasionali che giungevano alle loro spalle.

Ormai cavalcavano da quindici giorni a ovest e sud di Lugard, guidati solo dall’insistenza di Siuan che sosteneva di sapere esattamente dove stessero andando. Non che condividesse quell’informazione con gli altri; Siuan e Leane tenevano le bocche chiuse come delle trappole per orsi. Min non era nemmeno sicura che Leane ne fosse al corrente. Quindici giorni, mentre le città e i villaggi si diradavano e si distanziavano fra loro, finché non ve ne furono più. Di giorno in giorno le spalle di Logain si erano accasciate sempre più e l’alone appariva più spesso. All’inizio si lamentava che stavano dando la caccia a Jak delle Ombre, ma Siuan aveva ripreso il comando senza alcuna opposizione mentre l’uomo si chiudeva sempre più in se stesso. Durante gli ultimi sei giorni non sembrava che avesse l’energia di interessarsi alla loro destinazione o se mai vi sarebbero giunti.

Siuan e Leane parlavano serenamente davanti al gruppo. Tutto quello che Min riusciva a sentire era un mormorio appena udibile, che avrebbe anche potuto essere il vento fra le foglie. Se cercava di avvicinarsi le donne le dicevano di tenere d’occhio Logain o semplicemente la fissavano fino a quando non rendevano l’idea che solo una sciocca bendata avrebbe ficcato il naso dove non doveva. Lo avevano fatto entrambe abbastanza di frequente. Di tanto in tanto però Leane si voltava a guardare Logain. Alla fine lasciò che Margherita si recasse dietro allo stallone nero. Il caldo non sembrava darle noia, sul viso dalla carnagione ramata non c’era nemmeno una traccia di traspirazione. Min tirò le redini di Rosa Selvatica per spostarla da un lato e fare spazio all’altra donna.

«Non ci vorrà molto» gli disse Leane con voce ardente. L’uomo non sollevò lo sguardo dall’erba. Leane si piegò verso di lui appoggiandosi a un suo braccio per mantenere l’equilibrio, premendovisi contro. «Solo un altro po’, Dalyn. Avrai la tua vendetta.» Gli occhi dell’uomo rimasero fissi sulla strada.

«Un morto presterebbe più ascolto» disse Min convinta. Aveva notato tutto quello che faceva Leane e le aveva anche parlato, cercando però di non farle capire il motivo. Non sarebbe mai stata in grado di comportarsi come lei, a meno che non bevesse abbastanza vino da non essere più in grado di pensare, si disse, eppure alcune indicazioni potevano essere utili. «Se lo baciassi?»

Leane le rivolse uno sguardo torvo che avrebbe essiccato un torrente, Min però non reagì in maniera eclatante. Con Leane non aveva mai avuto gli stessi problemi che aveva con Siuan, non altrettanti in ogni caso, e le poche difficoltà erano diminuite da quando l’altra aveva lasciato la Torre. Erano poi divenute molte meno da quando avevano incominciato a parlare di uomini. Come potevi essere intimidita da una donna che ti aveva raccontato con serietà mortale che c’erano centosette modi diversi di baciare e novantatré modi di toccare il viso di un uomo con le mani? Leane sembrava credere a queste cose. Min non voleva prenderla in giro suggerendole un bacio. Leane stava civettando con Logain, rivolgendogli dei sorrisi che gli avrebbero fatto uscire il fumo dalle orecchie, fin dal giorno in cui avevano dovuto tirarlo giù dal letto invece di essere lui ad alzarsi per primo e sollecitare le altre. Min non sapeva se Leane provava qualcosa per lui, però trovava difficile anche ammetterne la possibilità; oppure stava solo cercando di evitare che si arrendesse e morisse, di mantenerlo in vita qualsiasi fosse il piano di Siuan.

Leane certamente non aveva rinunciato ad amoreggiare con altri, oltre a lui. Lei e Siuan sembravano aver raggiunto un accordo per cui Siuan si sarebbe occupata delle donne e Leane degli uomini, a cominciare da Lugard. Gli sguardi e i sorrisi di Leane erano serviti a procurare delle stanze per ben due volte dopo che il locandiere aveva dichiarato di non averne disponibili, a far ridurre i conti in ben cinque occasioni, e per due notti avevano ottenuto dei fienili invece di dormire all’addiaccio. Erano anche stati cacciati tutti e quattro da una contadina con in mano un forcone, una invece aveva scagliato contro di loro della farinata d’avena fredda, ma Leane aveva trovato divertenti quegli episodi, anche se gli altri non erano dello stesso parere. Negli ultimi giorni però Logain aveva smesso di reagire come tutti gli alta uomini che la osservavano per più di due minuti. Aveva smesso di reagire a lei e a qualsiasi altra cosa.

Siuan fece rallentare Bela, con i gomiti aperti, e sembrò per un momento che stesse per cadere. Il caldo non sfiorava nemmeno lei. «Hai avuto delle visioni su di lui oggi?» non lo guardò quasi.

«È sempre lo stesso» rispose Min pazientemente. Siuan si rifiutava di capire o credere per quante volte lo avesse ripetuto, come anche Leane. Non sarebbe importato se non avesse scorto quell’aura dalla prima visione a Tar Valon. Se Logain si fosse trovato disteso in strada in preda alle convulsioni della morte, avrebbe scommesso tutto quello che aveva e anche più su una guarigione miracolosa. La comparsa di un’Aes Sedai che lo avrebbe guarito. Qualcosa. Quello che vedeva era sempre vero. Accadeva sempre. Lo sapeva come sapeva, dalla prima volta che aveva incontrato Rand, che si sarebbe innamorata disperatamente di lui, e che avrebbe dovuto dividerlo con altre due donne. Logain era destinato a una gloria come era capitato a pochi uomini.

«Non assumere quel tono di voce con me» le disse Siuan, con lo sguardo dei suoi occhi azzurri che diveniva più penetrante. «Già è un problema che dobbiamo imboccare questa carpa pelosa per farla mangiare, senza che tu metta il muso come un martin pescatore d’inverno. Forse devo sopportare lui, ragazza, ma se anche tu incominci a causarmi problemi lo rimpiangerai a breve. Sono stata chiara?»

«Sì, Mara.» Almeno avresti potuto usare un pizzico di sarcasmo, pensò sdegnata. Non devi essere remissiva come un’oca. A Leane glielo hai detto in faccia. La donna domanese aveva suggerito che Min si esercitasse su quanto avevano discusso con il maniscalco dell’ultimo villaggio. Un uomo alto e attraente, con le mani forti e un sorriso lento, ma pur sempre... «Cercherò di non mettere il broncio.» La cosa peggiore era aver tentato di essere sincera. Siuan le faceva quell’effetto. Min non riusciva nemmeno a immaginare la donna che argomentava su come sorridere a un uomo. Lo avrebbe guardato negli occhi, gli avrebbe detto cosa fare e si sarebbe aspettata di essere ubbidita all’istante. Proprio come si comportava con chiunque altro. Se agiva diversamente, come con Logain, sarebbe stato solo perché non era abbastanza importante per insistere.

«Non è molto lontano, vero?» chiese Leane con un tono vivace. L’altra voce la usava per l’uomo. «Non mi piace il suo aspetto e se dobbiamo fermarci per un’altra notte... Be’, se collabora meno di stamattina, non so se riusciremo a rimetterlo di nuovo in sella.»

«Non molto se le ultime indicazioni che ho ricevuto sono giuste.» Siuan sembrava irritata. Aveva posto delle domande nell’ultimo villaggio due giorni prima, naturalmente senza lasciare che Min sentisse; Logain non aveva mostrato interesse, e non le piaceva ricordare l’evento. Min non ne capiva il motivo. Siuan non poteva aspettarsi di avere Elaida alle calcagna.

Anche lei sperava che non fosse molto distante. Era difficile stabilire quanto si fossero spostati a sud da quando avevano lasciato la strada maestra per Jehannah. Nella maggior parte dei villaggi avevano solo una vaga idea di dove si trovassero a parte la città più vicina; ma quando avevano attraversato il Manetherendrelle per entrare in Altara, proprio prima che Siuan li guidasse lontano dalla strada frequentata, il battelliere dai capelli grigi aveva consultato una mappa rovinata, che arrivava fino alle Montagne della Nebbia. A meno che Siuan non si sbagliasse di grosso, avrebbero dovuto raggiungere un altro ampio fiume fra pochi chilometri. O il Boern, e allora erano già nel Ghealdan, dov’erano il Profeta e la sua combriccola, oppure l’Eldar, con l’Amadicia piena di Manti Bianchi dal lato opposto.

Era pronta a scommettere che si trattava del Ghealdan, Profeta o non Profeta, e che era anche una sorpresa che fossero così vicine. Solo uno sciocco avrebbe potuto pensare di trovare una riunione di Aes Sedai più vicino all’Amadicia di quanto dovevano e Siuan era tutto tranne che sciocca. Che si trovassero nel Ghealdan o in Altara, l’Amadicia non doveva essere molto distante.

«Adesso il fatto di essere stato domato sta prevalendo su di lui» mormorò Siuan. «Se resistesse solo qualche altro giorno...» Min tenne la bocca chiusa, se la donna non voleva stare ad ascoltarla non aveva senso parlare.

Scuotendo il capo Siuan guidò Bela di nuovo in testa al gruppo, afferrando le redini come se si aspettasse che la tozza giumenta scattasse, e Leane ritornò alla voce suadente mentre blandiva Logain. Forse provava qualcosa per lui, non sarebbe stata una scelta più strana di quella di Min.

Le colline coperte di foreste scorrevano senza mutamenti, tutte alberi, erba e rovi. Le felci che delineavano la vecchia strada proseguivano dritte come una freccia. Leane sosteneva che il terreno era diverso nel punto dove si era trovata la strada, come se Min avesse dovuto saperlo. Alcuni scoiattoli dalle orecchie pelose squittivano verso di loro da un ramo e occasionalmente qualche uccello lanciava un richiamo. Di che genere fossero, non ne aveva idea. Baerlon forse non era una città che potesse essere paragonata a Caemlyn, Illian o Tear, ma lei si riteneva una cittadina, un uccello era un uccello. E a lei non importava su che tipo di terra fosse cresciuta la felce.

I suoi dubbi riaffiorarono. Erano emersi più di una volta dopo le Sorgenti di Kore, ma allora era stato più facile respingerli. Dopo Lugard erano riapparsi più spesso e si ritrovava a considerare Siuan come non avrebbe mai osato. Non che avesse il coraggio di confrontare Siuan con uno qualsiasi di loro, le bruciava doverlo ammettere, anche a se stessa. Ma forse Siuan non sapeva dove stavano andando. Oppure stava mentendo, visto che l’essere stata quietata l’aveva liberata dai Tre Giuramenti. O ancora sperava che continuando a cercare avrebbe trovato qualche traccia di ciò di cui aveva disperatamente bisogno. In un certo modo, di sicuro insolito, Leane aveva iniziato a costruirsi una nuova esistenza oltre alle preoccupazioni di potere e del Potere di Rand. Non le aveva abbandonate del tutto, ma Min non credeva che per Siuan ci fosse dell’altro. La Torre Bianca e il Drago Rinato erano stati tutta la sua vita e vi sarebbe rimasta attaccata anche a costo di mentire a se stessa.

La foresta si aprì per lasciare spazio a un grande villaggio con tale velocità che Min rimase abbagliata. Gli alberi della gomma, le querce e dei pini stentati — questi li riconosceva — giungevano a cinquanta passi dalle case con i tetti di paglia costruite con delle pietre di fiume rotonde vicino alle basse colline. Era pronta a scommettere che fino a non molto tempo prima la selva si addentrasse nell’abitato. Alcuni alberi si trovavano raggruppati in piccoli boschetti fra le case, e di tanto in tanto dei ceppi erano vicini alle entrate delle abitazioni. Le strade avevano l’aspetto della terra appena rivoltata, non la superficie battuta sulla quale avevano camminato generazioni di uomini. Alcuni individui in camicia stavano montando un nuovo tetto sopra tre grandi cubi di pietra che probabilmente erano locande, una aveva i resti di un’insegna sbiadita che pendeva sopra la porta, ma da nessuna parte si vedevano dei tetti vecchi. C’erano troppe donne in giro in confronto al numero degli uomini e troppi pochi bambini che giocavano rispetto alle donne presenti. L’odore del pasto di mezzogiorno nell’aria era la sola cosa normale in quel posto.

Se la prima occhiata aveva stupito Min, quando si accorse di cosa aveva di fronte cadde quasi dalla sella. Le donne più giovani, che battevano le coperte dalle finestre o che si affrettavano per compiere qualche commissione, indossavano dei semplici vestiti di lana, ma in nessun villaggio di qualsiasi dimensione c’erano state così tante donne con abiti da cavallo in seta o lana fine, di tutti i colori e tagli. Attorno a queste e alla maggior parte degli uomini fluttuavano aure e immagini, che mutavano e lampeggiavano. I più non le mostravano, ma alle Aes Sedai e ai Custodi di rado mancava un’aura per più di un’ora. I bambini probabilmente erano i figli degli inservienti della Torre. Le Aes Sedai sposate erano poche, ma conoscendole avrebbero fatto ogni sforzo per portare i servi con le loro famiglie fuori da qualsiasi luogo che sentivano di dover abbandonare. Siuan aveva trovato la sua riunione.

C’era un’immobilità misteriosa mentre cavalcavano nel villaggio. Nessuno parlava. Le Aes Sedai erano simili a statue e li guardavano, come anche le giovani ragazze e donne che dovevano essere Ammesse o forse anche novizie. Gli uomini che fino a un momento prima si erano mossi con la grazia di un lupo stavano fermi, con una mano nascosta fra la paglia dei tetti o dietro una soglia, dove avevano nascosto le armi. I bambini svanirono, riuniti velocemente dagli adulti che dovevano essere gli inservienti. Di fronte a tutti quegli sguardi fissi le si rizzavano i peli sulla nuca.

Leane sembrava a disagio e lanciava delle occhiate oblique alle persone che passavano, Siuan rimase con il viso disteso e tranquillo mentre si dirigeva verso la locanda più grande, quella con l’insegna illeggibile; smontò da Bela e la legò all’anello di ferro di uno dei fermi che sembravano messi solo di recente. Aiutando Leane a far scendere Logain da cavallo Min si accorse che stava scrutando i paraggi. Tutti guardavano ma nessuno si muoveva. «Non mi sarei mai aspettata di essere accolta come una figlia perduta da molto tempo,» mormorò all’altra «ma perché nessuna dice almeno ben arrivata?» Prima che Leane potesse risponderle, se ne aveva l’intenzione, Siuan disse: «Be’, non smettere di remare quando la riva è in vista. Portatelo dentro.» Siuan scomparve all’interno mentre Min e Leane stavano ancora guidando Logain verso la porta. Procedeva facilmente, ma quando le donne smettevano di spronarlo faceva solo un passo prima di fermarsi.

La sala comune aveva un aspetto diverso da tutte quelle in cui si era imbattuta prima. I grandi camini naturalmente erano freddi e in alcuni c’erano degli spacchi dove le pietre erano cadute, il soffitto intonacato sembrava marcio, con dei buchi grandi quanto una testa, da cui si vedeva l’incannicciata. Dei tavoli scompagnati di tutte le dimensioni e forme si trovavano su un pavimento provato dal tempo che diverse ragazze stavano spazzando. Alcune donne dal viso privo dei segni dell’età erano sedute ed esaminavano pergamene impartendo ordini ai Custodi, alcuni dei quali indossavano mantelli cangianti, o ad altre donne, tra le quali dovevano esserci Ammesse e novizie. Altre erano troppo vecchie per esserlo, forse almeno la metà aveva i capelli grigi e mostrava con chiarezza gli anni che aveva. C’erano anche uomini che non erano Custodi, la maggior parte dei quali o sfrecciava mentre consegnava messaggi oppure portava le pergamene o serviva coppe di vino alle Aes Sedai. Il trambusto suggeriva la confortante idea di qualcosa che veniva fatto. Aure e immagini danzavano nella stanza, teste coronate, così tante che Min dovette tentare di ignorarle prima che la sopraffacessero. Non fu facile, ma era un trucco che era stata obbligata a imparare da quando si era trovata attorno più di un gruppetto di Aes Sedai.

Quattro Aes Sedai si fecero avanti per accogliere i nuovi arrivati, composte e aggraziate, con le gonne divise. Per Min vedere quei volti familiari fu come ritornare a casa dopo essersi perduta.

Gli occhi a mandorla di Sheriam si fissarono immediatamente sul volto di Min. Dai capelli rosso fiamma si elevavano dei raggi blu e argento e una debole luce dorata, Min però non ne conosceva il significato. Leggermente paffuta, con indosso un abito di seta blu scura, era molto severa. «Sarei più felice di vederti qui, bambina, se sapessi come hai fatto a scoprire la nostra presenza in questo posto e se avessi qualche indizio del perché hai concepito l’insana idea di portarci ‘lui’.» Una mezza dozzina di Custodi si era avvicinata con le mani sulle spade e gli occhi attenti su Logain, che però non sembrava notarli.

Min rimase a bocca aperta. Perché stava rivolgendo le domande a lei? «La mia insana...?» ma non ebbe la possibilità di aggiungere altro.

«Sarebbe molto meglio» si intromise Carlinya, una donna dalle guance pallide «se fosse morto come dicevano le voci.» Il tono impassibile non era dettato dalla rabbia, ma dal freddo ragionamento. La donna apparteneva all’Ajah Bianca. L’abito color avorio che indossava sembrava liso. Per un istante Min vide l’immagine di un corvo che volava vicino ai capelli scuri della donna, più la sagoma dell’uccello che l’animale stesso. Pensò che si trattasse di un tatuaggio, ma non ne conosceva il significato. Si concentrò sui volti cercando di non vedere il resto. «Sembra quasi morto» continuò Carlinya, quasi senza riprendere fiato. «Qualsiasi cosa tu abbia pensato, hai sprecato le tue forze. Ma anche io vorrei sapere come hai fatto a venire a Salidar.»

Siuan e Leane erano rimaste da parte e si scambiavano sguardi divertiti mentre l’assalto proseguiva. Nessuno le guardava.

Myrelle, di una bellezza misteriosa, con un abito di seta verde ricamata sul corpetto a linee oblique dorate, il volto di un ovale perfetto, di solito aveva un sorriso scaltro che avrebbe potuto gareggiare con i nuovi trucchi di Leane. Adesso però non sorrideva mentre si piazzava proprio dietro la Sorella Bianca. «Parla, Min. Non rimanere là in piedi a bocca aperta come una sciocca.» Era nota per il temperamento ardente, anche fra le Verdi. «Devi dircelo» aggiunse Anaiya con voce più gentile, anche se stavolta una tinta di esasperazione la alterava. Era una donna dai lineamenti franchi e materni malgrado il viso senza rughe tipico delle Aes Sedai, la gonna grigio chiaro, e sembrava una madre che stava cercando di non ricorrere al bastone. «Troveremo un posto per te e queste altre due ragazze, ma devi dirci come hai fatto a venire qui.»

Min si scosse e chiuse la bocca. Ma certo. Queste altre due ragazze. Si era talmente abituata a loro così com’erano che non pensava più a quanto erano cambiate. Di certo nessuna di quelle donne le aveva viste dopo che erano state trascinate nei sotterranei della Torre Bianca. Leane era sul punto di scoppiare a ridere e Siuan scuoteva il capo disgustata dalle altre Aes Sedai.

«Non volete parlare con me» rispose Min a Sheriam. Lascia che ‘queste altre due ragazze’ si prendano le occhiatacce tanto per cambiare, si disse. «Chiedete a Siuan o a Leane.» Le donne la fissarono come se fosse pazza finché Min non fece un cenno con il capo alle due compagne di viaggio.

Quattro paia di occhi delle Aes Sedai si diressero sulle altre, ma non vi era alcun segno che le avessero riconosciute. Le studiavano, aggrottavano le sopracciglia e si scambiavano delle occhiate. Nessuno dei Custodi mosse lo sguardo da Logain o le mani dalle spade.

«La quietatura potrebbe produrre questo effetto» mormorò Myrelle alla fine. «Ho letto dei resoconti che ne parlavano.»

«I volti sono in qualche modo simili» concordò Sheriam lentamente. «Qualcuno avrebbe potuto scovare delle donne che somigliano molto a loro, ma perché?»

Adesso Siuan e Leane non sembravano più compiaciute. «Siamo chi siamo» disse Siuan velocemente. «Facci delle domande. Nessun impostore potrebbe sapere quello che sappiamo noi.»

Siuan non attese le domande. «Il mio viso forse è cambiato, almeno però io so cosa sto facendo e perché. Scommetto che è più di quanto possa dire di voi.»

Min si lamentò sentendo quel tono di voce duro, ma Myrelle annuì dicendo, «Quella è la voce di Siuan Sanche. È lei.»

«La voce può essere imitata» osservò Carlinya, sempre freddamente calma.

«Ma quanti ricordi possono essere insegnati?» Anaiya aggrottò le sopracciglia severa. «Siuan, se sei davvero tu, quando hai compiuto ventidue anni litigammo, tu e io. Dove accadde e come andò a finire?»

Siuan sorrise rivolgendosi alla donna dall’aria materna. «Durante le tue lezioni alle Ammesse sul perché così tante delle nazioni ricavate dall’impero di Artur Hawkwing dopo la sua morte non riuscirono a sopravvivere. Ancora non condivido le tue ragioni, per inciso. Il risultato fu che trascorsi due mesi lavorando tre ore al giorno nelle cucine. ‘Nella speranza che il caldo vincesse e facesse diminuire il mio ardore’, mi sembra che fu questo che dicesti.»

Se aveva pensato che una sola risposta sarebbe bastata, si sbagliava di grosso. Anaiya aveva altre domande, per entrambe le donne, come anche Carlinya e Sheriam, che dovevano essere state novizie e poi Ammesse con le altre due. Riguardavano quel tipo di cose che una truffatrice non avrebbe potuto scoprire, piccoli dettagli, scherzi riusciti e non, opinioni generiche sulle varie insegnanti Aes Sedai. Min non poteva credere che le donne che sarebbero diventate Amyrlin Seat e Custode degli Annali si fossero fatte riprendere così spesso; ma aveva l’impressione che si trattasse solo della punta dell’iceberg e sembrava che Sheriam stessa non fosse da meno. Myrelle, la più giovane, si limitava a commenti divertiti, finché Siuan raccontò di una trota infilata nel bagno di Saroiya Sedai e di una novizia alla quale erano state insegnate le buone maniere per sei mesi. Non che Siuan potesse parlare di buone maniere. Lavare con l’ortica l’abito di una Ammessa che non le piaceva quando era novizia? Scappare dalla Torre per andare a pescare? Anche le Ammesse avevano bisogno del permesso per lasciare la Torre tranne in una specifica fascia oraria. Siuan e Leane assieme avevano anche inzuppato con un secchio d’acqua gelata un’Aes Sedai che le aveva fatte frustare secondo loro ingiustamente. Dalla luce negli occhi di Anaiya, era chiaramente un bene che non fossero state scoperte allora. Da quanto Min sapeva dell’addestramento da novizie e anche da Ammesse, queste donne dovevano ritenersi fortunate a essere rimaste nella Torre abbastanza a lungo da diventare Aes Sedai e ad avere ancora la pelle integra.

«Sono soddisfatta» concluse la donna dall’aspetto materno, guardando le altre.

Myrelle annuì dopo Sheriam, ma Carlinya disse: «C’è ancora la questione di cosa fare di lei.» Guardò dritta Siuan, senza battere ciglio, e le altre all’improvviso sembrarono a disagio. Myrelle si inumidì le labbra e Anaiya prese a fissare il pavimento. Lisciandosi il vestito. Sembrava che Sheriam evitasse di guardare le nuove arrivate.

«Sappiamo ancora le cose che sapevamo prima» disse loro Leane, lo sguardo cupo parzialmente preoccupato. «Possiamo essere utili.»

Siuan era scura in viso. Leane si era divertita ad ascoltare delle birichinate di gioventù e le punizioni, ma a Siuan non era piaciuto per niente parlarne. Eppure, in contrasto con lo sguardo furioso, la voce era solo leggermente tesa. «Volevate sapere come vi abbiamo trovate. Ho preso contatto con una delle mie agenti che lavora anche per le Azzurre e mi ha riferito di Sallie Daera.»

Min non capiva affatto quella faccenda di Sallie Daera, chi era quella donna? Ma Sheriam e le altre annuirono fra loro. Min si rese conto che Siuan in quel modo aveva reso noto di avere ancora accesso agli occhi e alle orecchie che avevano servito l’Amyrlin.

«Siediti lì, Min» le disse Sheriam indicando un tavolo che non stavano usando, in un angolo. «O sei ancora Elmindreda? E tieni Logain con te.» Lei e le altre tre presero Siuan e Leane dirigendosi verso il retro della sala comune. Altre due donne con abiti da cavallo si unirono a loro prima che svanissero attraverso una porta di rozze tavole appena costruita.

Con un sospiro, Min afferrò Logain per un braccio e lo guidò verso il tavolo, lo fece sedere su una panca e prese una sedia instabile per lei. Due dei Custodi si misero vicino a loro appoggiandosi al muro. Non sembrava che guardassero Logain ma Min conosceva i Gaidin. Vedevano tutto ed erano capaci di sfoderare le spade in meno di un attimo, quando erano addormentati.

Per cui non sarebbero state accolte a braccia aperte, anche dopo aver riconosciuto Siuan e Leane. Be’, cos’altro si aspettava? Siuan e Leane erano state le due donne più potenti della Torre Bianca, adesso non erano nemmeno più delle Aes Sedai. Probabilmente le altre non sapevano come comportarsi nei loro confronti. E poi si erano presentate con un falso Drago domato. Era meglio che Siuan non mentisse riguardo al fatto di avere un piano per lui. Min non pensava che Sheriam e le compagne sarebbero state pazienti come lo era stato Logain.

E almeno Sheriam l’aveva riconosciuta. Si alzò di nuovo e rimase in piedi abbastanza a lungo per scrutare attraverso il vetro incrinato di una finestra che dava sulla strada. I cavalli erano ancora legati al giogo, ma uno dei Custodi che non stavano guardando l’avrebbe presa prima che riuscisse a sciogliere le redini di Rosa Selvatica. L’ultima volta alla Torre Siuan si era impegnata molto per camuffare il suo talento. In modo estenuante, a quanto sembrava. Però non credeva che le altre sapessero delle sue visioni. Siuan e Leane avevano tenuto quell’informazione strettamente per loro. Min sarebbe stata molto contenta se le cose fossero rimaste così. Se queste Aes Sedai lo scoprivano l’avrebbero imprigionata come aveva fatto Siuan e lei non avrebbe mai raggiunto Rand. Non avrebbe potuto mostrare quello che aveva imparato da Leane se l’avessero tenuta al guinzaglio in quel posto.

Aiutare Siuan a trovare il ritrovo, a portare a Rand il soccorso delle Aes Sedai era molto importante, ma ancora aveva degli scopi personali. Far innamorare di lei un uomo che non l’aveva mai guardata neanche due volte prima che impazzisse. Forse era lei a essere pazza come era destinato a diventare lui. «Allora sì che formeremmo una bella coppia» mormorò.

Una ragazza lentigginosa e dagli occhi verdi, una novizia, si fermò al suo tavolo. «Desideri qualcosa da mangiare o bere? Abbiamo dello stufato di cervo e pere selvatiche. Forse anche del formaggio.» Si sforzava talmente di non guardare Logain che sarebbe stato lo stesso se lo avesse fissato a occhi sgranati.

«Pere e formaggio mi sembrano molto allettanti» le rispose Min. Negli ultimi due giorni era affamata. Siuan era riuscita a pescare qualche pesce in un torrente, ma era stato Logain ad andare a caccia quando non mangiavano nelle fattorie. A suo parere i fagioli secchi non erano un pasto. «E del vino, se ce n’è. Ma prima mi piacerebbe avere delle informazioni. Dove ci troviamo, se anche questo non è un segreto? Questo villaggio si chiama Salidar?»

«Ad Altara. L’Eldar è a circa un chilometro e mezzo. L’Amadicia è dall’altro lato.» La ragazza cercò con scarso successo di imitare il tono misterioso delle Aes Sedai. «Dove è meglio nascondere un’Aes Sedai se non in un luogo dove non penserebbero mai di cercarla?»

«Non dovremmo nasconderci» scattò una ragazza dai ricci scuri fermandosi al tavolo. Min la riconobbe, un’Ammessa che si chiamava Faolain, credeva fosse rimasta alla Torre. A Faolain non era mai piaciuto nulla o nessuno, che Min sapesse, e aveva spesso detto che avrebbe scelto l’Ajah Rossa una volta eletta Aes Sedai. Una perfetta seguace di Elaida. «Perché sei venuta qui? Con lui! Perché lei è venuta?» Min non aveva dubbi riguardo a chi si riferisse. «È colpa sua se dobbiamo nasconderci. Non credo che abbia aiutato Mazrim Taim a scappare, ma se si fa vedere qui con lui, forse lo ha fatto davvero.»

«Questo è troppo» disse una donna snella con i capelli neri che le scendevano sulle spalle fino alla vita, rivolgendosi all’Ammessa. A Min sembrò di riconoscerla, portava un abito da cavallo di seta dorata. Edesina. Doveva essere una Gialla. «Vai a fare quello che ti compete.» Le disse. «E se vuoi portare del cibo, Tabiya, sbrigati.» Non si soffermò sull’inchino brusco di Faolain, la novizia ne fece uno migliore e andò via, ma appoggiò una mano sulla spalla di Logain. Con gli occhi rivolti al tavolo, non sembrò notarlo.

Davanti agli occhi di Min apparve un collare d’argento stretto attorno al collo della donna che di colpo sembrò spezzarsi. Min fu scossa dai brividi. Non le piacevano le visioni connesse alle Seanchan. Almeno Edesina sarebbe in qualche modo fuggita. Anche se Min avesse voluto esporsi, non aveva senso avvisare quella donna, non avrebbe cambiato le cose.

«È perché è stato domato» disse l’Aes Sedai dopo un momento. «Ha rinunciato alla voglia di vivere. Non c’è nulla che possa fare per lui. Non che sia sicura di volerlo.» Lo sguardo che rivolse a Min prima di andare via era tutt’altro che amichevole.

Un’elegante donna dall’aspetto statuario con indosso un abito di seta color ruggine si fermò a qualche passo di distanza, esaminando freddamente Min e Logain con occhi privi di espressione. Kiruna era Verde e di maniere regali, sorella del re di Arafel, così aveva sentito dire Min, ma nella Torre si era comportata in maniera amichevole con lei. La ragazza le sorrise ma quei grandi occhi scuri la oltrepassarono senza riconoscerla e Kiruna uscì dalla locanda insieme a quattro Custodi, uomini differenti ma tutti con quel modo di muoversi così letale.

In attesa che arrivasse da mangiare, Min sperò che Siuan e Leane stessero ricevendo un benvenuto più caloroso.

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