37 Esibizioni a Samara

Forse per la centesima volta, Nynaeve prese una ciocca dei suoi capelli e la guardò sospirando. Mormorii e risate provenivano da centinaia se non migliaia di gole, musica lontana da cui era quasi coperta, tutto riusciva ad attraversare le pareti del carro. Non le importava di rimanervi dentro con Elayne durante la parata, delle occhiate occasionali dalla finestra l’avevano convinta che non aveva la minima intenzione di trovarsi in quella folla compatta, gridando e riuscendo a malapena a muoversi; ma ogni volta che guardava il rosso bronzeo dei suoi capelli, pensava che avrebbe preferito stare fuori a fare le capriole con i Chavanas piuttosto che averli tinti.

Stando ben attenta a non guardarsi, si avvolse nello scialle grigio, si voltò e sobbalzò vedendo Birgitte sulla porta. Aveva viaggiato con Clarine e Petra durante la parata, e la donna aveva modificato il vestito rosso in precedenza destinato a Nynaeve secondo le istruzioni di Luca. Gliele aveva date prima che Nynaeve potesse dichiararsi d’accordo. Adesso lo indossava Birgitte, con la treccia nera su una spalla di modo che scendesse fra i seni, del tutto indifferente alla profonda scollatura. Solo a guardarla Nynaeve si strinse ancor più nello scialle. Birgitte non avrebbe potuto mostrare un altro centimetro di seno e sostenere di essere ancora decente. Anche allora non sarebbe stata credibile, anzi, sarebbe apparsa ridicola. Vederla le fece venire un nodo allo stomaco, ma la foggia dell’abito e la sua scollatura non c’entravano nulla.

«Se indosserai quel vestito, perché coprirti?» Birgitte entrò e si chiuse la porta alle spalle. «Sei donna. Perché non esserne fiera?»

«Se pensi che non dovrei» rispose esitante Nynaeve, lasciando lentamente scivolare lo scialle sui gomiti e rivelando un abito identico a quello della donna. Si sentiva nuda. «Pensavo solo che... pensavo...» Stringendo forte la gonna di seta e tenendo le mani lungo i fianchi, rivolse gli occhi all’altra. Anche sapendo che indossava esattamente lo stesso vestito, era più facile a quel modo.

Birgitte fece una smorfia. «E se volessi che la tua scollatura fosse ancora più profonda?»

Nynaeve aprì la bocca, con il viso rosso come l’abito, ma per un po’ non riuscì ad articolare alcun suono. Quando riuscì a parlare sembrava che qualcuno la stesse strangolando. «Non c’è nulla da aumentare. Guarda il tuo. Non si può!»

Compiuti tre lunghi passi Birgitte si chinò leggermente per osservare Nynaeve negli occhi. «E se dicessi che devi abbassarla di un centimetro?» ringhiò mostrandole i denti. «Se volessi dipingerti il viso per dare a Luca il suo pagliaccio? Se ti spogliassi e ti colorassi dalla testa ai piedi? Saresti un bel bersaglio. Ogni uomo nel raggio di cinquanta chilometri verrebbe a vederti.»

Nynaeve mosse la bocca, ma non ne uscì alcun suono. Voleva chiudere gli occhi. Forse una volta riaperti nulla di tutto ciò sarebbe stato vero.

Scuotendo disgustata la testa, Birgitte si sedette su uno dei letti con un gomito sul ginocchio e gli occhi intenti. «Questo deve finire. Quando ti rivolgo lo sguardo, salti. Vai in giro servendomi in ogni cosa. Se mi giro intorno alla ricerca di uno sgabello, me ne porti uno. Se mi inumidisco le labbra, mi metti fra le mani un bicchiere di vino prima di sapere se ho sete. Mi laveresti la schiena e mi infileresti le scarpe se te lo lasciassi fare. Non sono un mostro, un’invalida o una bambina, Nynaeve.»

«Sto solo cercando di rimediare a...» iniziò timidamente e saltò quando l’altra esplose. «Rimediare? Stai cercando di sminuirmi!»

«No. No, non è così. E colpa mia se...»

«Ti prendi la responsabilità per le mie azioni» la interruppe Birgitte con fierezza. «Sono io che ho scelto di parlarti nel tel’aran’rhiod. Ho scelto di aiutarti. Ho scelto di rintracciare Moghedien. E ho deciso di portarti da lei. Io! Non tu, Nynaeve, io! Non ero una tua marionetta, il tuo segugio e non lo sarò adesso.»

Nynaeve deglutì e afferrò la gonna. Non aveva diritto di arrabbiarsi con questa donna. Alcun diritto. Ma Birgitte li aveva tutti. «Hai fatto quello che ho chiesto. È colpa mia se tu... ti trovi qui. È tutta colpa mia!»

«Ho parlato di colpe? Non ne vedo nessuna. Solo gli uomini e le ragazzine senza fegato si prendono la colpa dove non c’è, e tu non rientri in nessuna delle due categorie.»

«È stato il mio stupido orgoglio a farmi pensare che sarei riuscita a batterla di nuovo e la mia codardia a lasciare che... che lei... Se non avessi avuto tutta quella paura, avrei potuto fare qualcosa in tempo.»

«Codardia?» Birgitte sgranò gli occhi, decisamente increduli, e la voce divenne canzonatoria. «Tu? Credevo che avessi senno sufficiente da non confondere la paura con la codardia. Avresti potuto fuggire da tel’aran’rhiod quando Moghedien ti ha rilasciata, ma sei rimasta per lottare. Nessuna colpa o vergogna se non ti è stato possibile farlo.» Inspirando profondamente si toccò la fronte per un momento, quindi si chinò concentrata in avanti. «Ascoltami bene, Nynaeve. Io non mi prendo nessuna colpa per quello che ti è stato fatto. Ho visto, ma non potevo muovermi. Se Moghedien ti avesse annodata o sbucciata come una mela, non mi sarei comunque presa nessuna colpa. Ho agito nel modo in cui ho potuto quando ho potuto. E tu hai fatto lo stesso.»

«Non era lo stesso.» Nynaeve cercò di mantenere calma la voce. «Era per colpa mia che ti trovavi lì. Colpa mia se ti trovi qui. Se tu...» si interruppe per deglutire di nuovo. «Se tu... avessi fallito la mira... quando mi hai scagliato contro le frecce oggi, voglio che tu sappia che avrei capito.»

«Non sbaglio quando prendo la mira» rispose seccamente Birgitte. «E il punto dove miro non sei tu.» Iniziò a togliere delle cose da una delle credenze e a deporle sul tavolino. Frecce non ancora terminate, aste, punte di acciaio, un contenitore di colla, della corda fine, piume grigie di oca per l’impennatura. Aveva detto che si sarebbe costruita il suo arco non appena avrebbe potuto. Luca lo chiamava ‘un ramo nodoso strappato da un albero, con venature incrociate da un idiota cieco nel mezzo della notte’. «Mi piaci, Nynaeve.» Disse mentre tirava tutto fuori. «Spine, verruche e tutto. Io non faccio di più, come te adesso...»

«Non c’è motivo per cui dovrei piacerti» rispose quasi commiserandosi Nynaeve, ma l’altra parlò simultaneamente, senza nemmeno guardarla.

«...e non ti permetterò di sminuirmi, di sminuire le mie decisioni, dichiarandoti responsabile per esse. Ho avuto poche donne come amiche, ma la maggior parte aveva il carattere di un fantasma delle nevi.»

«Vorrei che tu fossi di nuovo mia amica.» Cosa era, per la Luce, un fantasma delle nevi? Qualcosa di un’altra Epoca senza dubbio. «Non cercherei mai di sminuirti, Birgitte, solo...»

Birgitte non le prestò attenzione ma alzò la voce. Sembrava concentrata sulla freccia. «Vorrei tornare ad apprezzarti, che tu lo ricambi o meno, ma non posso farlo fino a quando non sarai di nuovo te stessa. Potrei vivere con una gattamorta tremante se fosse quello che sei. Prendo le persone per quello che sono, non per come vorrei che fossero, altrimenti le abbandono. Ma non è quello che sei e non ho intenzione di accettare le tue motivazioni per la trasformazione. Clarine mi ha raccontato del tuo incontro con Cerandin. Adesso so cosa fare la prossima volta che ti appropri delle mie decisioni.» Fustigò vigorosamente l’aria con un pezzo di abete. «Sono sicura che Latelle sarebbe felice di darmi un bastone.»

Nynaeve si sforzò di allentare le mascelle, cercando di rendere il tono di voce normale. «Hai perfettamente diritto di fare con me quello che preferisci.» Le mani tremavano più della voce.

«Stai mostrando un po’ di carattere? Proprio in extremis?» Birgitte sorrise, allo stesso momento divertita e brutale. «Quanto passerà prima che esplodi? Sono disposta a sopportare un congruo numero di bastonate se ve ne fosse bisogno.» Il sorriso divenne serio. «Ti dimostrerò che ho ragione, ti ricondurrò sulla retta via. Non c’è un altro sistema possibile. Non posso e non voglio lasciare Elayne. Quel legame mi onora e io lo ricambierò. Non ti permetterò di pensare di aver deciso per me. Io sono me stessa, non una tua protesi. Adesso vai via. È meglio che termini queste frecce se voglio averne almeno alcune che volino come si deve. Non intendo ucciderti e non vorrei che accadesse per sbaglio.» Aprendo il barattolo della colla si protese sul tavolo. «Non dimenticare di farmi la riverenza come una brava ragazza mentre te ne vai.»

Nynaeve giunse fino agli scalini e lì si batté furiosa le mani sulle cosce. Come osava quella donna? Pensava davvero di poter anche solo...? Credeva che Nynaeve avrebbe tollerato...? Credevo che potesse farti tutto quello che voleva, echeggiò una vocina nella sua testa. Ho detto che poteva uccidermi, rispose, non umiliarmi! Fra non molto tutti l’avrebbero minacciata con quella maledetta donna seanchan!

I carri erano abbandonati se si eccettuava la presenza di alcuni guardacavalli vicino i recinti di teli montati per lo spettacolo. Da questa ampia distesa di erba marrone a mezzo chilometro da Samara le mura grigie della città erano chiaramente visibili, con delle torri piatte di fianco ai cancelli e alcuni degli edifici più alti che mostravano tetti di paglia o tegole. Fuori la cinta i villaggi e le rozze capanne dei ripari si estendevano in ogni direzione come funghi, pieni dei seguaci del Profeta che avevano spogliato ogni albero nel raggio di tre chilometri per costruire o usare la legna da ardere.

L’entrata per gli avventori era dal lato opposto, ma due dei guardacavalli, con dei grossi randelli, si trovavano da questa parte per scoraggiare chi non voleva pagare dal passare dall’ingresso degli artisti. Nynaeve li aveva quasi raggiunti, camminando a passi lunghi e borbottando furiosa, quando quei sorrisi idioti le ricordarono che aveva ancora lo scialle appoggiato sui gomiti. Il suo sguardo torvo li fece sbiancare. Solo allora si coprì, lentamente. Non avrebbe permesso a quei bifolchi di pensare che l’avrebbero vista saltare e squittire. Quello magro, con un naso che gli prendeva metà del viso, tenne aperto un lembo del telone e Nynaeve entrò in un vero pandemonio.

C’era gente ovunque, rumorosi gruppi di uomini, donne e bambini, in file che fluivano da un’attrazione all’altra. Tutti tranne gli s’redit si esibivano su dei palchi di legno che Luca aveva allestito. I cinghiali-cavalli di Cerandin avevano radunato la folla maggiore, i grossi animali grigi stavano in equilibrio sulle zampe anteriori, anche il piccolo, con la proboscide distesa, mentre i cani di Clarine richiamavano il minor numero di persone, visto che facevano solo salti e capriole. Molti si fermavano a guardare i leoni e gli altri animali pelosi nelle gabbie, i cervi dalle strane corna che provenivano dall’Arafel, la Saldea e l’Arad Doman, gli splendidi uccelli che solo la Luce sapeva da dove venissero, delle creature dalla pelliccia marrone che camminavano ondeggiando, dagli occhi grandi e le orecchie rotonde che stavano sedute placidamente mangiando delle foglie dai rami, afferrandoli con le zampe anteriori. La storia di Luca sul loro paese di origine variava — Nynaeve supponeva che lo ignorasse — e non era riuscito a inventare un nome che ritenesse soddisfacente. C’era anche un enorme serpente dalle paludi di Illian, lungo quattro volte un uomo, che ottenne quasi tanto clamore quanto gli s’redit, per il solo fatto di giacere nella gabbia apparentemente addormentato; ma fu soddisfatta di constatare che gli orsi di Latelle, al momento in piedi su delle enormi sfere di legno che facevano girare in tondo con le zampe, attiravano poche più persone dei cani. Gli orsi quella gente poteva vederli nelle proprie foreste, anche se questi avevano il muso bianco.

Latelle risplendeva nella luce del sole pomeridiano con il suo abito di lustrini neri. Cerandin brillava quasi alla stessa maniera con il blu e Clarine in verde, anche se nessuna di loro ne aveva tanti quanti Latelle, ma ognuno dei vestiti aveva il collo che arrivava sotto al mento. Petra e i Chavanas stavano esibendosi indossando solo delle brillanti brache blu, ma lo scopo era di mostrare i muscoli. Comprensibile. Gli acrobati stavano in piedi uno sulle spalle dell’altro, in quattro. Non lontano da loro il forzuto impugnava una lunga barra con delle grandi sfere di ferro a ogni estremità — per passargliela erano serviti due uomini — e incominciò immediatamente a rotearla fra le mani, facendola girare anche attorno al collo e sulla schiena. — Thom si cimentava nei giochi di prestigio con il fuoco e lo mangiava anche. Otto manganelli incendiati creavano un circolo perfetto, all’improvviso ne aveva quattro per ogni mano e uno spuntava da ogni gruppo. Rapidamente faceva passare le cime infiammate nella bocca a turno, sembrava le deglutisse e le restituisse spente, come se avesse appena divorato qualcosa di gustoso. Nynaeve non capiva come non si bruciasse i baffi, tantomeno la gola. Con un movimento del polso i manganelli si riaccesero disponendosi nella forma di un ventaglio. Un momento dopo stava formando due anelli intrecciati sopra la testa. Indossava la stessa giacca marrone di sempre, anche se Luca gliene aveva data una rossa con i lustrini. A giudicare da come Thom aveva sollevato le sopracciglia pelose al suo passaggio, non capiva perché la donna lo avesse guardato torva. La sua giubba!

Nynaeve si affrettò ma la densa folla impaziente si accalcava attorno a due alti pali con le corde ben tese in mezzo. Dovette raggiungere la prima fila facendosi largo a gomitate, e nel frattempo due donne la guardarono torve e tirarono via i loro uomini quando le cadde lo scialle. Avrebbe ricambiato quelle occhiate se non fosse stata così impegnata ad arrossire e coprirsi. Luca era lì, corrucciato e ansioso come un marito fuori dalla sala parto, vicino a un grosso tizio con la testa rasata e solo un codino al centro del capo. Nynaeve si mise dall’altro lato di Luca. L’individuo con la testa rasata aveva un aspetto malvagio, una lunga cicatrice lungo la guancia sinistra e una benda sull’occhio dipinta con un altro finto occhio rosso che scrutava bieco. Pochi degli uomini che aveva visto qui erano armati con più di un pugnale da cinturone, ma questo aveva una spada dietro le spalle e la lunga impugnatura spuntava da sopra la spalla destra. Per qualche motivo sembrava vagamente familiare, ma l’attenzione di Nynaeve era tutta rivolta alla corda. Luca guardò lo scialle, le sorrise, e cercò di metterle un braccio attorno alla vita.

Mentre ancora riprendeva il fiato dopo la gomitata e Nynaeve si stava sistemando nuovamente lo scialle sulle spalle, Juilin avanzò fra la folla barcollando, con il cappello rosso a cono inclinato, la giubba mezza sfilata e una tazza di legno traboccante in una mano. Con i passi fin troppo prudenti tipici di un uomo che ha in corpo più vino che cervello, si avvicinò alla scala di corda che conduceva alla piattaforma più alta e la fissò.

«Avanti!» gridò qualcuno. «Rompiti quello stupido collo!»

«Aspetta, amico» gridò Luca, incamminandosi verso di lui con sorrisi e svolazzi della cappa. «Non è il posto per un uomo con la pancia piena di...»

Appoggiando la tazza in terra Juilin corse agilmente sulla scala di corda e rimase in piedi ondeggiante sulla piattaforma. Nynaeve trattenne il fiato. L’uomo si trovava a suo agio con le altezze, ed era chiaro, dopo aver trascorso una vita a inseguire i ladri sopra i tetti di Tear, eppure...

Juilin si voltò come se fosse perso, sembrava troppo ubriaco per vedere, o anche solo ricordare, la scala di corda. Aveva gli occhi fissi sulla corda. Provò a mettere un piede sulla sottile fune, quindi lo ritrasse. Spingendo indietro il cappello per grattarsi la testa, studiò la corda tesa e di colpo si illuminò visibilmente. Pian piano scese a quattro zampe e strisciò ondeggiando sulla fune. Luca gli gridò di scendere e la folla scoppiò a ridere.

A metà strada Juilin si fermò barcollando in maniera goffa e guardando verso il basso, gli occhi fissi sulla tazza che aveva lasciato in terra. Sembrava riflettere su come tornare a prenderla. Lentamente, con eccessiva cautela si levò in piedi a esaminare la via dalla quale era giunto oscillando da un lato all’altro. Dalla folla salì un boato quando Juilin mise un piede in fallo e cadde, tenendosi in qualche modo con una mano e un ginocchio piegato attorno alla corda. Luca prese al volo il cappello di Tarabon, gridando a tutti che l’uomo era folle e qualsiasi cosa fosse accaduta non era sua responsabilità. Nynaeve si premé forte entrambe le mani sullo stomaco, immaginava di trovarsi lassù e questo bastava per farla sentire male. L’uomo era uno sciocco. Un autentico toro idiota!

Con uno sforzo ovvio Juilin riuscì ad afferrare la corda con l’altra mano e si trascinò un palmo alla volta fino all’altra piattaforma. Sempre ondeggiando si pulì la giubba e cercò di sistemarsela, riuscendo solo a cambiare la spalla dove pendeva, e poi si diede a osservare la tazza ai piedi dell’altro palo. Indicandola allegramente si incamminò di nuovo sulla corda.

Stavolta almeno la metà degli spettatori gli gridò di tornare indietro, che alle sue spalle c’era una scala. Gli altri ridevano fragorosamente, senza dubbio in attesa che si rompesse il collo. Juilin camminò senza problemi, scese dalla scala di corda con le mani e i piedi all’esterno e afferrò la tazza per bere. Solo quando Luca gli piazzò il cappello in testa e si inchinarono entrambi — a Luca svolazzava la cappa in un modo che Juilin non riusciva a eguagliare — il pubblico si accorse che era tutto parte dello spettacolo. Dopo un momento di silenzio esplose un applauso clamoroso accompagnato da risa. Nynaeve era convinta che si sarebbero incattiviti dopo essere stati imbrogliati. Il tizio con il codino sembrava malvagio anche mentre rideva.

Lasciato Juilin in piedi vicino alla scala di corda Luca si rimise fra Nynaeve e l’uomo con il codino. «Era certo che sarebbe andata bene.» Sembrava incredibilmente soddisfatto e rivolgeva piccoli inchini alla folla come se fosse stato lui quello sulla corda.

Nynaeve gli rivolse uno sguardo di disappunto, ma non ebbe tempo per parlare, perché Elayne scese velocemente fra la folla e rimase in piedi vicino a Juilin con le braccia alzate e un ginocchio piegato.

Nynaeve tese la bocca e si strinse irritata lo scialle attorno alle spalle. Qualsiasi cosa pensasse del vestito rosso che si era ritrovava a indossare senza nemmeno sapere come, non era sicura che quello di Elayne non fosse peggiore. L’erede al trono di Andor esibiva un costume bianco candido, con dei lustrini sparsi che brillavano sulla corta giubba e le brache aderenti. Non credeva che Elayne avrebbe mostrato quegli abiti in pubblico, ma era troppo preoccupata per il proprio abbigliamento per esprimere la sua opinione. La giubba con le brache le richiamarono alla mente Min. Non aveva mai approvato che indossasse abiti maschili, ma il colore e i lustrini rendevano quell’abito anche più... scandaloso.

Juilin tenne la scala di corda per far salire Elayne, anche se non ce n’era bisogno. Si arrampicò con la massima destrezza. Juilin scomparve fra la folla non appena Elayne raggiunse la cima, dove si mise di nuovo in posa, inchinandosi agli applausi poderosi come se si trattasse di una folla di sudditi adulanti. Non appena fu sulla corda — sembrava più sottile di quando vi era stato Juilin — Nynaeve smise di respirare, di pensare ai vestiti di Elayne, ai suoi, a tutto. Elayne incominciò a camminare a braccia aperte e non incanalò una piattaforma di aria. Lentamente avanzò, un piede davanti all’altro, senza mai ondeggiare, sostenuta solo dalla corda. Incanalare sarebbe stato troppo pericoloso se Moghedien aveva un indizio di dove fossero, la Reietta o le Sorelle Nere potevano trovarsi a Samara e sarebbero state in grado di percepire il flusso. E se anche in quel momento non erano a Samara, presto avrebbero potuto arrivare. Sull’altra piattaforma, Elayne si fermò per ricevere un applauso più poderoso di quello riservato a Juilin — Nynaeve non riusciva a capirlo — e riprese il percorso. Quasi verso la fine fece una piccola giravolta, camminò parzialmente all’indietro, quindi fece un’altra giravolta. Oscillando e riprendendosi per tempo. Nynaeve aveva la sensazione che una mano l’avesse afferrata per la gola. Con passo lento e deciso Elayne raggiunse la piattaforma, mettendosi ancora una volta in posa per ricevere gli applausi e le acclamazioni.

Nynaeve si sentì sollevata e ricominciò a respirare, forte, ma sapeva che non era finita.

Con le mani sopra la testa, Elayne fece di colpo una capriola sulla fune, le trecce nere ondeggiarono mentre le gambe coperte di bianco brillavano al sole. Nynaeve sussultò e afferrò Luca per un braccio mentre la ragazza arrivava all’altra piattaforma, compiendo una nuova capriola mentre atterrava e riprendendosi poco prima di cadere di sotto.

«Cosa succede?» mormorò Luca fra le esclamazioni della folla. «L’hai vista ripeterlo ogni sera fin da Sienda. Come anche in altri posti, direi.»

«Certo» rispose la donna debolmente. Con gli occhi fissi su Elayne notò a malapena che l’uomo le aveva passato il braccio attorno alle spalle, sicuramente non abbastanza da reagire. Aveva cercato di convincere la ragazza a fingere una distorsione alla caviglia, ma Elayne aveva insistito che dopo tutte quelle esercitazioni con il Potere adesso non ne aveva bisogno. Forse Juilin non ne aveva bisogno, ma Elayne non se ne era mai andata in giro sui tetti nella notte.

La capriola di ritorno fu perfetta come anche l’atterraggio, ma Nynaeve non distolse gli occhi né allentò la presa sulla manica di Luca. Dopo quella che sembrava essere l’inevitabile pausa per ricevere gli applausi, Elayne ritornò alla corda per altre giravolte, con una gamba sollevata e lasciata ricadere nel vuoto, tanto velocemente da vedersi a malapena, e per una lenta camminata sulle mani che ne fece sembrare i capelli delle lame di pugnale, con i piedi che puntavano verso il cielo. A un salto all’indietro la folla la folla ebbe un sussulto mentre lei ondeggiava, ma solo per recuperare l’equilibrio. Glielo aveva insegnato Thom Merrilin, come anche a camminare sulle mani.

Con la coda dell’occhio Nynaeve vide Thom, due posti indietro, con gli occhi inchiodati su Elayne in punta di piedi. Sembrava fiero come un pavone. E anche pronto a correre a raccoglierla se fosse caduta. In quel caso sarebbe stata almeno parzialmente colpa sua. Non avrebbe mai dovuto insegnarle quelle cose!

Un’ultima serie di capriole, con le gambe bianche che rilucevano e brillavano al sole, più veloci di prima. Un passaggio che non era mai stato spiegato a Nynaeve! Avrebbe sventrato Luca con la lingua se l’uomo non avesse borbottato furioso che inserire quell’esercizio solo per strappare un altro applauso era un ottimo sistema per rompersi il collo. Un’ennesima pausa per raccogliere ancora ovazioni e alla fine Elayne discese.

La folla le corse incontro gridando. Luca e quattro guardacavalli muniti di manganelli le apparvero attorno come se fossero saltati fuori dal Potere, ma anche così Thom li batté sul tempo, nonostante stesse zoppicando. Nynaeve saltò più in alto che poteva per riuscire a scorgere la testa di Elayne. La ragazza non sembrava spaventata o presa alla sprovvista dalle mani che si agitavano per toccarla, infilandosi fra la cintura di guardie. A testa alta e con il viso rosso per lo sforzo si degnò di regalare loro uno sguardo freddo e regale mentre veniva scortata via. Come riuscisse a farlo, abbigliata a quel modo, Nynaeve non capiva.

«Ha il volto di una maledetta regina» mormorò l’uomo con un occhio solo. Non aveva corso con gli altri ma si era limitato a lasciarli passare. Vestito rozzamente con una semplice giubba di lana grigio scura, sembrava abbastanza forte da non avere paura di essere abbattuto e calpestato. Pareva in grado di usare quella spada. «Che io sia folgorato, quella donna è tanto coraggiosa da poter eguagliare una maledetta regina!»

Nynaeve lo guardò stupefatta mentre si allontanava fra la folla, e non per il suo linguaggio. O almeno, solo in parte. Adesso si ricordava dove lo aveva visto, un uomo con un occhio solo e il codino che non era capace di dire due frasi senza imprecare.

Dimenticandosi di Elayne — di certo era al sicuro — Nynaeve incominciò a farsi strada fra la folla per inseguirlo.

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