48 Congedi

Tornata al carro Nynaeve indossò un abito decente, lamentandosi in modo esasperato per il fatto di doversi sbottonare l’abito e riabbottonarlo da sola. Il vestito di semplice lana grigia, di buona qualità e ben tagliato ma non molto elaborato, sarebbe passato inosservato quasi ovunque, ma era decisamente caldo. Era comunque una bella sensazione essere di nuovo vestita in maniera decente. In un certo senso era anche strano, come se stesse indossando troppi abiti. Forse era colpa del caldo.

Si inginocchiò velocemente davanti alla stufa di mattoni con la sottile ciminiera e aprì lo sportellino di ferro per prendere gli oggetti di valore.

L’anello di pietra ritorta era ben riposto nel sacchetto da cintura vicino al pesante anello di Lan e il Gran Serpente d’oro. Il piccolo cofanetto dorato che conteneva i gioielli che Amathera aveva donato loro lo ripose nelle sacche di pelle con le erbe prese da Ronde Macura a Mardecin e il mortaio e il pestello di piccole dimensioni per prepararle. Toccò i sacchetti per ricordarsi cosa contenessero, dal guariscitutto a quella disgustosa radice biforcuta. Le lettere di credito erano conservate nello stesso posto insieme a tre delle sei borse di monete, non grosse come all’inizio, dopo aver pagato il passaggio con il serraglio fino al Ghealdan. Luca forse non era interessato a quei cento marchi, ma non si era fatto scrupoli a ricevere il denaro. Una delle lettere che autorizzava il portatore a fare qualsiasi cosa volesse in nome dell’Amyrlin Seat teneva uniti gli anelli. Solo delle vaghe voci di alcuni problemi a Tar Valon avevano raggiunto Samara. Porse avrebbe potuto usarla, anche con la firma di Siuan Sanche. La scatola di legno scura la lasciò dov’era, vicino ai tre sacchetti, come anche la rozza sacca di juta che conteneva l’a’dam, quella certo non aveva voglia di toccarla, e la freccia d’argento che Elayne aveva trovato la notte del disastroso incontro con Moghedien.

Per un po’ guardò corrucciata il dardo, pensando a Moghedien. Era meglio fare tutto il possibile per evitarla. Ma una volta l’ho battuta! si disse. Ed era rimasta appesa come una salsiccia in cucina la seconda. Se non fosse stato per Birgitte... Ha fatto la sua scelta. La donna l’aveva detto ed era vero. Avrei potuto sconfiggerla di nuovo. Avrei potuto. Ma se avessi fallito... se avesse fallito...

Nynaeve stava solo cercando di evitare la sacca di pelle in fondo alla stufa e lo sapeva, eppure non c’era differenza fra il disgusto verso quell’oggetto e l’idea di perdere contro Moghedien un’altra volta. Inspirando profondamente, la prese con cautela dai legacci anche se si rendeva conto di avere sbagliato. Il male sembrò impregnarle la mano, più forte che mai, come se il Tenebroso stesse davvero tentando di passare attraverso il sigillo di cuendillar che era conservato all’interno. Meglio soffermarsi tutto il giorno sulla sconfitta di Moghedien, c’era un enorme divario fra il pensiero e la realtà. Doveva trattarsi di immaginazione, non aveva provato nulla di simile a Tanchico, ma desiderava che Elayne potesse portare quell’oggetto. O lasciarlo lì.

Smettila di comportarti da sciocca! si disse con fermezza. Mantiene chiusa la prigione del Tenebroso. Stai solo lasciando correre liberamente la fantasia. Lo fece comunque cadere sul vestito rosso che Luca le aveva dato, come fosse un topo morto da una settimana, quindi ce lo avvolse attorno molto velocemente. Il fagotto di seta finì in mezzo a uno più grande pieno di abiti che voleva portare con sé, tutti contenuti nel mantello grigio da viaggio. Alcuni centimetri erano abbastanza per eliminare la sensazione di oscuro squallore, ma aveva ancora voglia di lavarsi le mani. Se solo non fosse stata consapevole della presenza dell’oggetto. Stava comportandosi da sciocca. Elayne avrebbe riso di lei, anche Birgitte. E a ragione.

Gli abiti che voleva tenere erano divisi in due fagotti e rimpiangeva ognuno di quelli che doveva abbandonare. Anche il vestito di seta azzurra con la scollatura profonda. Non che volesse indossare ancora nulla di simile, né aveva intenzione di toccare l’abito rosso, certo non fino a quando avesse consegnato intatto il sigillo alle Aes Sedai in Salidar; ma non poteva fare a meno di calcolare il costo di abiti, cavalli e carri che aveva lasciato da quando erano partite da Tanchico. La carrozza e i barili di tinta. Anche Elayne avrebbe fatto una smorfia se ci avesse pensato. Quella giovane donna pensava che avrebbero sempre trovato del denaro ogni volta che metteva le mani nella borsa.

Stava ancora preparando il secondo fagotto quando Elayne ritornò e si cambiò in silenzio indossando un abito di seta blu. In silenzio a parte i borbottii quando dovette piegare indietro le braccia per abbottonarselo. Nynaeve l’avrebbe aiutata se glielo avesse chiesto, ma visto che non lo aveva fatto si mise a osservarla mentre si cambiava, alla ricerca di lividi. Le sembrava di averla sentita gridare qualche minuto prima e se lei e Birgitte erano venute alle mani... Non era contenta di non averne visto nessuno. Un battello fluviale sarebbe stato angusto quanto il carro a modo suo, e meno piacevole se le donne fossero state una contro l’altra. Ma in fondo sarebbe anche stato di aiuto se avessero tenuto a freno qualche aspetto del loro pessimo carattere.

Elayne non disse una parola mentre raccoglieva le sue cose, nemmeno quando Nynaeve le chiese, amabilmente, dove era andata a finire visto che sembrava si fosse seduta sulla bardana spinosa. Ottenne solo un mento sollevato e uno sguardo gelido, come se la ragazza pensasse di essere già sul trono della madre.

A volte Elayne era anche più silenziosa, in un modo assai più eloquente delle parole. Trovati i tre sacchetti rimanenti, fece una pausa prima di prenderli e la temperatura nel carro scese considerevolmente, anche se quei soldi erano solo la sua parte. Nynaeve era stanca delle osservazioni su come distribuiva le monete. Che la donna le vedesse svanire e che si rendesse conto che un giorno avrebbero potuto non averne più per un po’. Quando Elayne però si accorse che l’anello era sparito e che la scatola scura era ancora nella stufa...

Elayne sollevò il coperchio della scatola, inumidendosi le labbra mentre ne studiava il contenuto, gli altri due ter’angreal che si erano portate da Tear. Un piccolo disco di ferro con delle spirali su entrambi i lati e una placca sottile lunga due centimetri e mezzo, apparentemente di ambra ma più dura dell’acciaio, con intagliata all’interno una donna addormentata. Entrambi potevano essere usati per accedere al tel’aran’rhiod, anche se non con la stessa facilità dell’anello di pietra ritorta. Per usare questi era necessario incanalare Spirito, il solo dei Cinque Poteri che poteva essere incanalato nel sonno. A Nynaeve era sembrato giusto lasciarli a Elayne, visto che lei aveva preso possesso dell’anello. Chiudendo la scatola con uno scatto netto, Elayne la fissò, assolutamente priva di espressione, quindi ripose il tutto in uno dei suoi fagotti assieme alla freccia d’argento. Il silenzio della donna minacciava tempesta. Anche Elayne aveva due fagotti, ma i suoi erano più grossi, non aveva lasciato nulla tranne la giubba e le brache con i lustrini. Nynaeve si trattenne dal suggerire che se li era fatti sfuggire. Sarebbe stato opportuno, con quel suo atteggiamento scontroso, ma lei sapeva come favorire l’armonia. Si limitò a tirare su con il naso quando Elayne aggiunse con ostentazione l’a’dam alle sue cose, anche se dallo sguardo che aveva ricevuto in cambio sembrava avrebbe reso note le sue obiezioni. Quando abbandonarono il carro, il silenzio avrebbe potuto essere fatto a pezzi e usato per rinfrescare il vino.

Gli uomini che attendevano fuori erano pronti. Si lamentavano e lanciavano occhiate impazienti a lei ed Elayne. Non era giusto. Galad e Uno non avevano nulla da preparare. Il flauto e l’arpa Thom li aveva appesi dietro alle spalle nelle custodie di cuoio, insieme a un piccolo fagotto, e Juilin, con il frangilama appeso in vita appoggiato al bastone, ne aveva uno anche più piccolo, ben legato. Gli uomini erano capaci di indossare gli stessi abiti finché non marcivano.

Anche Birgitte era pronta, con l’arco in mano, la faretra sul fianco e il fagotto ricavato dal mantello posato vicino ai piedi, non più piccolo di uno di quelli di Elayne. Nynaeve non escludeva che Birgitte avesse preso gli abiti di Luca, ma era ciò che indossava che la fece fermare per un momento. La gonna divisa avrebbe potuto essere quel paio di voluminosi pantaloni che portava nel tel’aran’rhiod, anche se era più dorata che gialla e non legata alle caviglie. La corta giubba blu era dello stesso taglio.

Il mistero della provenienza di quegli indumenti fu risolto quando Clarine uscì di corsa, scusandosi perché ci aveva messo troppo, con altre due gonne e una giubba che aveva aggiunto al fagotto di Birgitte. Si soffermò per dire quanto fosse dispiaciuta che avessero deciso di lasciare lo spettacolo, e lei non fu la sola ad approfittare di qualche minuto in mezzo al trambusto per sistemare i cavalli e fare i bagagli. Aludra venne ad augurare loro un viaggio sicuro, ovunque stessero dirigendosi, con il suo accento di Tarabon. E con altre due scatole dei suoi bastoncini per il fuoco. Nynaeve li ripose nella sacca con un sospiro. Aveva lasciato gli altri di proposito, ed Elayne li aveva spinti in fondo allo scaffale dietro a un sacchetto di fagioli quando pensava che Nynaeve non stesse guardando. Petra si offrì di scortarli fino al fiume, fingendo di non cogliere l’espressione preoccupata della moglie, come anche i Chavanas, Kin e Bari, i giocolieri, ma quando Nynaeve disse loro che non ce ne era bisogno e Petra si accigliò, non riuscirono a nascondere il sollievo. Dovette parlare velocemente, perché Galad e gli altri uomini sembravano sul punto di accettare. A sorpresa, anche Latelle fece una breve apparizione, con parole di dispiacere, sorrisi e sguardi che suggerivano che avrebbe portato i loro fagotti se fosse servito a mandarle via prima. Nynaeve fu stupita di non vedere Cerandin, anche se in un certo qual modo era contenta. Forse Elayne andava d’accordo con la donna, ma dopo l’incidente durante il quale lei era stata assalita Nynaeve aveva sempre avvertito tensione in sua presenza, forse anche di più perché Cerandin non mostrava lo stesso sentimento.

Luca fu l’ultimo, e le offrì una manciata di fiori selvatici mezzo appassiti — solo la Luce sapeva dove li aveva trovati — con dichiarazioni di amore perenne, elogi stravaganti alla sua bellezza e un giuramento drammatico di trovarla ancora anche se avesse dovuto viaggiare ai quattro angoli del mondo. Non era sicura di cosa le avesse incendiato le guance, ma il suo sguardo gelido allontanò il sorriso dal volto di Juilin e lo stupore da quello di Uno. Qualsiasi cosa pensassero Thom e Galad, dimostrarono abbastanza giudizio da rimanere inespressivi.

La cosa peggiore fu dover restare impalata ad ascoltare, con i fiori appassiti che le pendevano in mano e il viso rosso. Cercare di allontanarlo lasciandogli una pulce nell’orecchio probabilmente lo avrebbe invitato a sforzi maggiori e dato agli altri più alimento di quanto avessero già ricevuto. Nynaeve fu sul punto di emettere un sospiro di sollievo quando quell’idiota la fece finita, inchinandosi in modo elaborato con degli svolazzi della cappa.

Continuò a tenere i fiori, camminando davanti agli altri per non dover vedere i loro volti e lanciandosi furiosa i fagotti dietro le spalle ogni volta che si spostavano, fino a quando fu fuori dalla vista dei carri e del telone. A quel punto scagliò via i fiori avvizziti con tale violenza che Ragan e il resto degli Shienaresi, piazzati a metà strada nel prato di fianco alla via, si scambiarono delle occhiate. Ognuno aveva un fagotto dietro la schiena, piccolo naturalmente, con la spada, ma portavano molte borracce d’acqua che sarebbero durate giorni e un uomo su tre aveva una pentola appesa da qualche parte. Bene. Se bisognava cucinare, che lo facessero loro! Senza attendere che gli uomini decidessero se era saggio avvicinarla o meno, avanzò a grandi passi e si incamminò lungo la strada da sola.

Valan Luca era la causa della sua furia, umiliarla a quel modo! Avrebbe dovuto spaccargli la testa e che il Tenebroso si fosse portato chiunque avesse avuto da ridire! Ma la sua preda era Lan Mandragoran. Lan non le aveva mai regalato dei fiori. Non che fosse importante. Aveva espresso i propri sentimenti con parole più profonde e sentite di quanto Valan Luca avrebbe mai potuto fare. Lei era stata molto sincera con Luca, ma se Lan avesse detto che l’avrebbe portata via di peso, le minacce non sarebbero mai riuscite a fermarlo. Incanalare non lo avrebbe trattenuto, a meno che non ci fosse riuscita prima che le trasformasse il cervello e le ginocchia in gelatina a forza di baci. Eppure i fiori sarebbero stati un gesto carino. Senza dubbio più carino di qualsiasi altra spiegazione del perché il loro amore era impossibile. Gli uomini e le loro parole! Gli uomini e il loro onore! Così era sposato con la morte, vero? Lui e la sua guerra personale contro l’Ombra! Avrebbe vissuto, avrebbe sposato lei e se la pensava diversamente su un qualsiasi punto, intendeva raddrizzarlo. C’era solo la piccola questione del suo legame con Moiraine da risolvere. Si sarebbe messa a gridare per la frustrazione.

Ormai aveva già percorso un centinaio di passi lungo la strada prima che gli altri la raggiungessero, guardandola di traverso. Elayne tirò su con il naso mentre si affaticava a sistemare i due grandi fagotti dietro le spalle — aveva dovuto prendere tutto — ma Birgitte le camminava di fianco facendo finta di parlare a bassa voce, ma in modo da risultare ben comprensibile per tutti, di come certe donne se ne andavano in giro come ragazze di Carpan che saltavano da una scogliera. Nynaeve ignorò tutti allo stesso modo.

Gli uomini si sparpagliarono, Galad alla guida affiancato da Thom e Juilin, gli Shienaresi in lunghe file da entrambi i lati, occhi sospettosi che investigavano i cespugli e le fosse nel suolo. Camminando in mezzo a loro Nynaeve si sentiva sciocca, sembrava che si aspettassero un esercito che spuntasse dalla terra e che lei e le altre due donne fossero indifese; specialmente quando gli Shienaresi seguirono silenziosamente la guida di Uno e allentarono le loro spade. Il perché non lo capiva, non c’era anima viva in vista. Anche i villaggi di catapecchie sembravano abbandonati. La lama di Galad era rimasta nella custodia, ma Juilin incominciò a maneggiare il bastone invece che usarlo per camminare e fra le mani di Thom apparvero e svanirono dei pugnali, come se fosse inconsapevole di quello che aveva fatto. Anche Birgitte incoccò una freccia. Nynaeve scosse il capo. Ci voleva una banda di delinquenti molto coraggiosa per attaccarli.

Quando raggiunsero Samara Nynaeve si pentì quasi di non aver accettato l’offerta di Petra e dei Chavanas, o di chiunque altro avesse trovato.

I cancelli erano aperti e senza guardia e da sopra le mura grigie della città salivano sei colonne di fumo. Le strade oltre la cinta erano vuote. Sotto ai piedi avevano i vetri rotti delle finestre ed era l’unico rumore oltre a un ronzio distante, come un mostruoso sciame di vespe che si diffondevano sulla città. Mobili e pezzi di indumenti punteggiavano la pavimentazione, pentole e terraglie, oggetti portati via da case e negozi, non si capiva se dai saccheggiatori o dalla gente in fuga.

Non erano state distrutte solo le proprietà. In un posto era visibile un corpo con indosso una bella giubba di seta che sporgeva parzialmente da una finestra, immobile e privo di vita, in un altro un tipo vestito di stracci pendeva appeso per il collo dalla grondaia del negozio di uno stagnaio. A volte in fondo a una strada laterale o un vicolo Nynaeve vedeva scorci di quelli che sembravano abiti abbandonati, ma sapeva che non lo erano.

Da una porta scheggiata, aperta e fissata a un solo cardine, si vedevano delle piccole fiamme che indugiavano attorno a una scala di legno, con il fumo che incominciava in quel momento a salire. Forse le strade erano vuote adesso, ma chiunque fosse l’autore di tutto questo, non era andato via da molto. Le teste si giravano cercando di guardare in tutte le direzioni contemporaneamente. Nynaeve impugnò il pugnale da cintura con fermezza.

A volte il ronzio furioso diventava più forte, un ruggito gutturale di rabbia privo di parole che sembrava solo a una strada oltre loro e a volte sfumava in un mormorio tedioso; ma quando i problemi giungevano, lo facevano in maniera silenziosa e improvvisa. La massa di uomini sbucò da dietro l’angolo come un branco di lupi a caccia, riempiendo la via da un lato all’altro, senza emettere alcun rumore tranne quello degli stivali. La vista di Nynaeve e gli altri fu come una torcia lanciata in un fienile. Non vi fu alcuna esitazione, avanzarono come un corpo unico, ululando rabbiosi, agitando i forconi, le spade, le asce, i randelli o qualsiasi altra cosa potessero usare come arma. Nynaeve era ancora abbastanza in collera per abbracciare saidar e lo fece senza pensare prima di vedere il bagliore che si sprigionava intorno a Elayne. C’era una dozzina di modi in cui avrebbe potuto fermare quella folla da sola, un’altra dozzina con cui avrebbe potuto distruggerla se avesse voluto. Se non fosse stato per l’eventualità di attirare l’attenzione di Moghedien. Non era certa se Elayne avesse lo stesso pensiero. Sapeva solo che era aggrappata alla propria rabbia e la Vera Fonte con lo stesso fervore, ed era Moghedien più che la folla infuriata a rendere l’azione difficile. Rimaneva ancorata a queste due cose e sapeva di non essere in grado di osare nulla. Nemmeno se ve ne fosse stata la possibilità. Desiderava quasi poter recidere i flussi intessuti da Elayne. Doveva esserci qualche altro sistema.

Un uomo, un tipo alto con una giubba rossa stracciata che era appartenuta a qualcun altro, con il ricamo verde e oro, corse davanti agli altri sulle lunghe gambe, agitando un’ascia sopra la testa. La freccia di Birgitte lo trafisse in un occhio. Questi cadde in un mucchio convulso e venne travolto dagli altri, tutti con i volti contorti tra le urla silenti. Nulla li avrebbe fermati. Con un gemito quasi di oltraggio, in parte di puro terrore, Nynaeve estrasse il pugnale e allo stesso tempo si preparò per incanalare.

Come un’ondata che travolgeva dei massi, la carica si diffuse sull’acciaio dello Shienar. Gli uomini con il codino, non meno stracciati di quelli contro cui combattevano, usavano gli spadoni a due mani metodicamente, artigiani all’opera, e il macello non superava la loro linea. Gli uomini cadevano gridando in nome del Profeta, ma altri li calpestavano e oltrepassavano. Juilin, quello sciocco, si trovava in quella fila, il cappello a cono dalla punta piatta in bilico sulla testa scura, il bastone sottile velocissimo mentre parava gli affondi, rompeva braccia e teste. Thom lavorava dietro la linea, zoppicando visibilmente mentre scattava da un punto all’altro per affrontare i pochi che riuscivano a passare, solo un pugnale per mano, eppure anche gli spadaccini morivano per quelle coltellate. Il volto rugoso del menestrello era cupo, ma quando un grosso tipo con la veste da fabbro ebbe quasi raggiunto Elayne con il forcone, Thom ringhiò in modo feroce, come l’intera folla di attaccanti, e quasi staccò la testa dell’uomo mentre gli squarciava la gola. In tutto questo Birgitte cambiava posizione con calma, ogni freccia centrava un occhio. Mentre loro mantenevano impegnata la folla, Galad la fendette. Affrontava la carica come se attendesse il prossimo ballo, con le braccia conserte e per nulla preoccupato, nemmeno si prendeva il disturbo di estrarre la spada prima che gli aggressori gli fossero quasi addosso. Allora danzava, tutta la sua grazia era convertita in un istante di fluida morte. Non rimaneva fermo davanti a loro, si scavava un percorso nei cuori, una fascia chiara mentre la grande spada affondava. A volte cinque o sei uomini lo circondavano, con spade, asce e zampe di tavoli da usare come randelli, ma solo per il breve momento che serviva loro a morire. Alla fine tutta la loro rabbia e quella sete di sangue non furono sufficienti per sopraffarlo. Fu da lui che fuggì il primo uomo scagliando lontano l’arma, e quando il resto lo imitò si divisero al suo fianco. Mentre svanivano nella direzione dalla quale erano giunti, Galad rimase a venti passi da chiunque altro, solo fra i corpi e i gemiti dei moribondi.

Nynaeve fu scossa dai brividi quando l’uomo si chinò per pulire la lama sulla giubba di uno dei cadaveri. Era aggraziato anche in quello. Era bellissimo, pure in quel momento. Nynaeve pensò che avrebbe vomitato.

Non aveva idea di quanto fosse durato il tutto. Alcuni Shienaresi erano appoggiati alle spade e ansimavano. Guardavano Galad con grande rispetto. Thom era chino in avanti con una mano su un ginocchio, cercando di allontanare Elayne con l’altra mentre le spiegava che stava solo riprendendo fiato. Minuti, un’ora, era lo stesso.

Per una volta, guardando gli uomini feriti a terra da tutte le parti, quelli che strisciavano via, non avvertiva il desiderio di guarire, non sentiva alcuna pietà. Non lontano vi era un forcone, rimasto dove qualcuno lo aveva lanciato, la testa decapitata di un uomo era infilata in una delle punte, quella di una donna su un’altra. Era solo nauseata e grata che non si trattasse della sua. Provava quello e il freddo.

«Grazie» disse ad alta voce, a nessuno in particolare e a tutti. «Grazie molte.» Le parole erano leggermente stridenti, non le piaceva confessare qualcosa che non era stata in grado di fare da sola, ma quegli uomini erano stati assai ferventi. A quel punto Birgitte annuì in assenso e Nynaeve dovette combattere con se stessa. Ma la donna aveva fatto molto come tutti gli altri. Più di quanto avesse fatto lei. Nynaeve ripose nuovamente il pugnale da cintura nella custodia. «Sai... tirare bene.»

Con un sorriso, come se si rendesse esattamente conto di quanto era stato difficile scegliere quelle parole, Birgitte incominciò a recuperare le frecce. Nynaeve rabbrividì e cercò di non guardare.

Molti Shienaresi erano feriti, anche Thom e Juilin sanguinavano in diversi punti; miracolosamente Galad non aveva segni, o forse non così miracolosamente, se solo ricordava come aveva maneggiato la spada, ma, uomini fino in fondo, ognuno insisteva che le proprie ferite non erano serie. Anche Uno sosteneva che dovevano continuare a muoversi, con un braccio che pendeva e un taglio sul viso la cui cicatrice sarebbe stata la gemella della prima se non l’avessero guarita immediatamente.

Per la verità Nynaeve non era riluttante ad andare via, anche se continuava a ripetersi che doveva curare le ferite. Elayne mise un braccio attorno a Thom per sostenerlo e questi rispose rifiutando di appoggiarsi a lei e incominciando a recitare un canto aulico così fiorito che era difficile riconoscere la storia di Kirulan, la bellissima regina soldato durante le Guerre Trolloc.

«Aveva il carattere di un cinghiale preso fra le spine quando era al meglio» disse piano Birgitte a nessuno in particolare. «Niente affatto come qualcuna qui vicino.»

Nynaeve digrignò i denti. Che non si azzardasse più a complimentarsi con la donna, non importa cosa facesse. Le venne in mente che qualsiasi uomo nei Fiumi Gemelli avrebbe tirato bene a quella distanza. Anche un ragazzino.

Furono seguiti da boati, ruggiti distanti che provenivano dalle strade, e spesso aveva la sensazione di occhi che osservavano da una delle finestre. Ma doveva essersi sparsa la voce, o forse avevano visto cosa era accaduto, perché non videro nessuno finché improvvisamente due dozzine di Manti Bianchi si fecero avanti nella strada davanti a loro, parte con le frecce incoccate, il resto con le lame snudate. Le lame degli Shienaresi si sollevarono all’istante.

Ci furono delle parole scambiate velocemente fra Galad e un uomo brizzolato con un elmetto a cono che riferì agli altri, anche se questi guardò dubbioso gli Shienaresi, Thom e Juilin e anche Birgitte. Fu sufficiente a far infuriare Nynaeve. Andava bene che Elayne si mettesse a camminare a mento alto, ignorando i Manti Bianchi come se fossero dei servi, ma a Nynaeve non piaceva essere data per scontata.

Il fiume non era lontano. Oltre alcune case di pietra e magazzini dai tetti scoscesi di ardesia, i tre moli della città raggiungevano appena l’acqua sopra il fango secco. Un grande veliero con due pennoni era ancorato alla fine di uno di essi. Nynaeve sperava che non ci sarebbero stati problemi per ottenere cabine separate. Si augurava che non avrebbe ondeggiato troppo.

C’era una piccola folla a venti passi dal molo sotto l’occhio attento di quattro guardie con i manti bianchi; quasi una dozzina di uomini, prevalentemente vecchi, vestiti di stracci e lividi e quasi un numero doppio di donne con due o tre bambini attaccati alle gonne, alcune anche con un neonato fra le braccia. Altri due Manti Bianchi si trovavano proprio davanti al molo. I bambini nascondevano i visi nelle vesti delle madri, ma gli adulti guardavano desiderosi la nave. Quella vista toccò il cuore di Nynaeve, ricordava gli stessi sguardi, molti, a Tanchico. Gente disperata che sperava di fuggire e mettersi in salvo. Quella volta non aveva potuto fare nulla.

Prima che potesse fare qualcosa per questi, Galad aveva afferrato lei ed Elayne per un braccio e le aveva spinte lungo il molo e su una instabile passerella. Altri sei soldati dai visi severi erano in piedi e tenevano d’occhio un gruppo di uomini a piedi e torso nudi, piazzati sotto alle vele del boma. Erano vicini quando il capitano in fondo alla passerella guardò i Manti Bianchi più amaramente che il gruppo disparato che stava salendo a bordo.

Agni Neres era un uomo alto e ossuto con una giubba scura, orecchie a sventola e un’espressione tetra in viso. Non prestava alcuna attenzione al sudore che gli colava in faccia. «Mi hai pagato il passaggio per due donne. Immagino che tu voglia far salire anche l’altra serva e gli uomini gratis?» Birgitte lo guardò pericolosamente, ma non sembrava prestarle attenzione.

«Avrai il tuo denaro, mio buon capitano» disse Elayne con freddezza.

«Finché chiedi una cifra ragionevole» aggiunse Nynaeve ignorando lo sguardo duro di Elayne.

Neres tese le labbra, anche se sembrava impossibile, e si rivolse di nuovo a Galad.

«Allora se fai scendere i tuoi uomini dal battello, salpiamo le ancore. Adesso mi piace stare qui meno che mai.»

«Non appena sono saliti tutti i passeggeri» disse Nynaeve, con un cenno del capo verso le persone ammucchiate sul molo.

Neres cercò Galad solo per scoprire che si era allontanato per parlare con altri Manti Bianchi, quindi guardò quelle persone e rivolse gli occhi allo spazio sopra la testa di Nynaeve: «Chiunque sia in grado di pagare. Non molti in quel gruppo, direi. E non potrei prenderli nemmeno se riuscissero a farlo.»

Nynaeve si mise in punta di piedi, perché l’uomo vedesse il suo sorriso. Gli fece ritirare il mento dentro al colletto. «Tutti, capitano. Altrimenti ti stacco le orecchie.»

L’uomo aprì la bocca furioso, quindi sgranò di colpo gli occhi guardando oltre lei. «Va bene» disse velocemente. «Ma mi aspetto una forma di pagamento, bada bene. Faccio l’elemosina durante la quaresima e questa è passata da parecchio.»

Abbassando di nuovo i talloni Nynaeve si guardò dietro le spalle sospettosa. Thom, Juilin e Uno erano là in piedi e osservavano a Neres con calma. Uno per quanto poteva con i suoi lineamenti e il volto insanguinato. Fin troppo calmi.

Tirando su con il naso Nynaeve disse: «Voglio vedere tutti a bordo prima che tocchiate una corda» e si mise alla ricerca di Galad. Supponeva di doverlo ringraziare. Credeva che quello che stava facendo fosse la cosa giusta. Quello era il problema con gli uomini migliori. Pensavano sempre di fare la cosa giusta. Comunque, qualsiasi cosa avessero fatto quei tre, le avevano risparmiato una discussione.

Lo trovò con Elayne, il viso bellissimo era dipinto di frustrazione. Si illuminò alla vista di Nynaeve. «Nynaeve, ho pagato il passaggio per voi fino a Boannda. È solo metà strada da Altara, dove il Boern affluisce nell’Eldar, ma non potevo permettermi di pagare ulteriormente. Il capitano Neres ha preso tutti i soldi che avevo e ho anche dovuto prenderne altri in prestito. Il tizio ha decuplicato la tariffa. Temo che da lì dovrete arrivare a Caemlyn con i vostri mezzi. Sono veramente dispiaciuto.»

«Hai già fatto abbastanza» intervenne Elayne, spostando lo sguardo verso i pennacchi di fumo che salivano sopra Samara.

«Avevo promesso» rispose rassegnato. Ovviamente avevano avuto lo stesso scambio di opinioni prima dell’arrivo di Nynaeve, la quale ringraziò in ogni caso, cosa che l’uomo congedò con grazia, ma con lo sguardo che diceva che nemmeno lei capiva. Nynaeve era pronta ad ammetterlo. Aveva iniziato una guerra per mantenere una promessa, su questo Elayne aveva ragione. Sarebbe diventata una guerra se già non lo era, ma con i suoi uomini che avevano trattenuto l’imbarcazione di Neres non avrebbe chiesto un prezzo più alto. Era la barca di Neres e questi poteva farsi pagare quello che voleva. Finché avesse portato via Nynaeve ed Elayne. Era vero. Galad non considerava mai il costo di fare qualcosa che riteneva fosse giusta. Per lui o chiunque altro.

Giunti alla passerella si fermò a guardare verso la città come se vedesse il futuro. «State lontano da Rand al’Thor» disse tetro. «Porta la distruzione. Spezzerà di nuovo il mondo prima di aver finito. State lontane da lui.» Detto questo Galad si allontanò lungo il molo, già chiamando per farsi portare l’armatura.

Nynaeve si trovò a condividere uno sguardo stupito con Elayne, anche se divenne presto imbarazzato. Era difficile condividere momenti simili con qualcuno che sapevi avrebbe potuto farti a pezzi con la lingua. Per questo si sentiva a disagio, perché Elayne sembrasse innervosita non riusciva a immaginarlo, a meno che la donna stesse recuperando il buon senso. Certo, Galad non sospettava che non avevano alcuna intenzione di andare a Caemlyn. Certamente no. Gli uomini non erano mai tanto perspicaci. Lei ed Elayne evitarono di guardarsi per un bel po’.

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