La luce del sole che filtrava dalla finestra svegliò Nynaeve. Per un momento rimase sdraiata sopra la coperta a strisce. Elayne dormiva nell’altro letto. La mattina era già calda e la notte non lo era stata meno, ma non poteva avere bagnato le lenzuola sudate e arrotolate. I sogni che aveva fatto dopo aver parlato con Elayne di quello che aveva visto non erano stati belli. Nella maggior parte di essi si trovava alla Torre e veniva trascinata dall’Amyrlin, che a volte era Elaida e a volte Moghedien. In alcuni Rand era disteso ai piedi dell’Amyrlin come un cane, con collare, guinzaglio e museruola. Il sogno su Egwene era stato altrettanto brutto: felcegatta bollita e foglia dell’intenditore in polvere avevano sempre lo stesso sapore disgustoso.
Si lavò il viso e pulì i denti con sale e soda. L’acqua non era calda, ma non si poteva nemmeno dire che fosse fredda. Si tolse la camicia da notte sudata e prese una sottoveste pulita dal baule, assieme a una spazzola e uno specchio. Guardando la propria immagine, si rattristò di aver disfatto la treccia per stare comoda. Non era servito, e adesso i capelli erano annodati fino alla vita. Seduta sul baule spicciò a fatica i nodi, quindi iniziò con le solite cento spazzolate.
Sul collo aveva tre graffi che scomparvero sotto la veste. Non erano rossi come avrebbero dovuto essere, grazie all’unguento di guariscitutto che aveva preso a casa di quella Macura. Aveva spiegato a Elayne che se li era fatti con delle spine. Sciocca. Probabilmente non le aveva creduto, come al fatto di essere andata in giro intorno alla Torre dopo aver salutato Egwene, ma era troppo sconvolta mentre raccontava per ragionare con chiarezza. Aveva più volte aggredito verbalmente Elayne, per nessun motivo particolare, solo perché stava pensando a come l’avevano trattata ingiustamente Melaine ed Egwene. Non che le faccia male se le viene ricordato che qui non è l’erede al trono, si disse. Ma non era comunque colpa della ragazza, avrebbe dovuto scusarsi anche con lei.
Dallo specchio vide Elayne che si alzava e incominciava a vestirsi. «Credo ancora che il mio piano sia il migliore» disse strofinandosi il viso. I capelli tinti di nero corvino non sembravano avere dei nodi malgrado i ricci. «Potremmo trovarci a Tear molto prima con il mio sistema.»
Il suo piano consisteva nell’abbandonare la carrozza in qualche piccolo villaggio dell’Eldar dove sarebbe stato improbabile che ci fossero troppi Manti Bianchi e, altrettanto importante, nessun occhio e orecchio della Torre. Da lì con un battello fluviale discendere verso Ebou Dar e quindi con un’imbarcazione raggiungere Tear. Che dovessero andare a Tear non c’erano dubbi. Tar Valon l’avrebbero evitata a tutti i costi. «Quanto tempo passerà prima che una barca si fermi dove ci troviamo?» chiese Nynaeve pazientemente. Credeva che questo argomento fosse stato chiarito prima di andare a dormire. A suo parere lo era. «Tu per prima hai detto che non tutte le imbarcazioni potrebbero fermarsi. E quanto dovremo aspettare a Ebou Dar prima di trovare un vascello diretto a Tear?» Posando la spazzola iniziò a rifarsi la treccia.
«Gli abitanti del villaggio mostrano una bandiera se vogliono che una barca si fermi e la maggior parte lo farebbe. E in un porto grande come quello di Ebou Dar ci sono sempre imbarcazioni dirette ovunque.»
Come se la ragazza si fosse mai trovata in un porto di qualsiasi grandezza prima di lasciare la Torre con Nynaeve. Elayne era convinta che ciò che non aveva imparato del mondo nella veste di erede al trono, lo avesse appreso alla Torre, anche dopo innumerevoli dimostrazioni del contrario. E come osava assumere quel tono di voce con lei! «Non credo che troveremo le Azzurre riunite su una nave, Elayne.»
Il piano di Nynaeve era di rimanere sulla carrozza, attraversare il resto dell’Amadicia, quindi Altara e Murandy, fino a Far Madding sulle colline del Kintara, poi oltre le pianure di Maredo per raggiungere Tear. Sarebbe certamente stato un tragitto più lungo, ma, a parte la possibilità di trovare la riunione delle Aes Sedai, le carrozze raramente affondavano. Sapeva nuotare ma non si sentiva a suo agio quando la terra non era in vista.
Asciugandosi il viso Elayne cambiò la sottoveste e aiutò l’amica a intrecciare i capelli. Nynaeve sapeva che avrebbe di nuovo sentito parlare di imbarcazioni. Al suo stomaco non piacevano molto. Non che la cosa avrebbe influenzato la sua decisione, naturalmente. Se avesse potuto fare in modo che delle Aes Sedai aiutassero Rand, il lungo viaggio sarebbe valso la pena.
«Ti è venuto in mente quel nome?» chiese Elayne, intrecciando le ciocche di capelli.
«Almeno ricordo che c’era un nome. Luce, dammi tempo.» Era sicura di averlo visto. Doveva essere di una città o di un villaggio. Non avrebbe potuto scorgere il nome di una nazione e dimenticarlo. Respirando profondamente mantenne il controllo dei nervi e proseguì con un tono di voce più pacato. «Me lo ricorderò, dammi solo tempo.»
Elayne emise un verso indefinito e continuò a intrecciarle i capelli. Dopo un po’ disse: «È stata davvero una mossa saggia mandare Birgitte alla ricerca di Moghedien?»
Nynaeve lanciò alla ragazza un’occhiata di traverso, ma quella le scivolò addosso come acqua sulla seta. Non era lì che avrebbe condotto il discorso per cambiare argomento. «Meglio che siamo noi a trovare lei piuttosto che il contrario.»
«Immagino di sì. Ma cosa faremo una volta che la troviamo?» A questo non aveva risposta, ma era preferibile essere le cacciatrici che la selvaggina, per quanto potesse andare male. L’Ajah Nera glielo aveva insegnato.
La sala comune non era affollata quando scesero, eppure anche a quell’ora del mattino c’erano dei mantelli bianchi fra quelli degli avventori, prevalentemente uomini anziani, tutti con il rango di ufficiali. Senza dubbio preferivano mangiare alla locanda piuttosto che ricevere il rancio dell’esercito. Nynaeve avrebbe quasi mangiato di nuovo su un vassoio, ma la piccola stanza era davvero un buco. Tutti quegli uomini sapevano scegliere il cibo, come anche i Manti Bianchi. Certamente era abbastanza sicuro. Gli odori della cucina riempivano la stanza: gli avventori volevano manzo o montone anche di prima mattina.
Il piede di Elayne si era appena sollevato dall’ultimo gradino, che comare Jharen si fece subito avanti per offrire loro, o meglio, a ‘lady Morelin’, una stanza da pranzo privata. Nynaeve non spostò mai lo sguardo su Elayne, ma questa disse: «Credo che mangeremo qui. Raramente ho la possibilità di pasteggiare in una sala comune, e in realtà la cosa mi diverte. Chiedi a una delle tue ragazze di portarci qualcosa di fresco. Se la mattina è già così, temo che soffocherò prima che raggiungiamo la nostra prossima meta.»
Nynaeve era stupefatta che con quelle maniere altezzose non fosse già stata gettata di peso in strada. Ormai aveva incontrato abbastanza signori e dame per sapere che almeno la metà si comportava a quel modo. Lei non lo avrebbe sopportato per un minuto. La locandiera però rivolse a Elayne una riverenza sorridendo e sfregandosi le mani, quindi le accompagnò a un tavolo vicino alla finestra che si affacciava sulla strada e si affrettò a eseguire gli ordini della signora. Forse era il suo modo di ricambiarla. Si ritrovarono da sole, ben lontano dagli uomini agli altri tavoli, ma ogni cameriera che passava lanciava loro un’occhiata e se il cibo era caldo — sperava che non lo fosse — si trovavano alla massima distanza dalle cucine.
Quindi fu servita loro la colazione che consisteva in focaccine speziate, avvolte in un panno bianco e ancora tiepide, molto buone, pere gialle, uva nera leggermente appassita e delle bacche rosse che la cameriera aveva chiamato fragole, anche se Nynaeve non le aveva mai viste. Di sicuro non avevano un sapore riconoscibile, coperte poi com’erano di crema rappresa. Elayne sosteneva di aver sentito parlare di queste bacche, ovviamente. Fu servito del vino delicatamente aromatizzato in teoria fresco di cantina, ma un sorso le fece capire che non era così; in ogni caso, fu una colazione gradevole.
L’uomo più vicino, forse un commerciante agiato, si trovava a tre tavoli di distanza e indossava una giubba di lana blu, ma le due preferivano non parlare. Avrebbero avuto molto tempo una volta in viaggio e senza orecchie indiscrete attorno. Nynaeve finì di mangiare molto prima di Elayne. Il modo in cui la ragazza era impegnata a tagliare la sua pera faceva pensare che avessero tutto il giorno per stare sedute a tavola.
Di colpo Elayne sgranò gli occhi e il piccolo coltello cadde sul tavolo. Nynaeve voltò il capo di scatto e vide un uomo che sedeva dall’altro lato del tavolo. «Mi eri sembrata tu, Elayne, ma i capelli all’inizio mi hanno ingannato.»
Nynaeve si mise a osservare Galad, il fratellastro di Elayne. Fissare era la parola giusta. Alto e slanciato, scuro di capelli e di occhi, era l’uomo più bello che avesse mai visto. Bello non era nemmeno un termine adatto, perché il ragazzo era molto di più. Alla Torre lo attorniavano nuvole di donne, anche le Aes Sedai, e tutte sorridevano come sciocche. Si tolse dal viso quel sorriso ebete. Però non poteva fare a meno di avere il battito cardiaco accelerato, o di respirare affannosamente. Non provava niente per lui, ma questo non negava che il ragazzo era bellissimo. Controllati, donna! si disse.
«Cosa ci fai qui?» Era contenta di non avere la voce soffocata. Non era giusto che un uomo avesse quell’aspetto.
«E perché indossi quella cosa?» La voce di Elayne era bassa, ma pur sempre tagliente.
Nynaeve sbatté gli occhi e si accorse che indossava una cotta di maglia e un mantello bianco con due nodi dorati di rango cuciti sotto al sole raggiato. Sentì le guance imporporarsi. Aveva fissato il viso dell’uomo così intensamente che non aveva nemmeno notato cosa indossasse! Si sarebbe nascosta, per la vergogna.
L’uomo sorrise e Nynaeve sospirò profondamente. «Mi trovo qui perché sono uno dei Figli richiamati dal Nord. E sono un Figlio della Luce perché mi era sembrata la cosa giusta da fare. Elayne, quando voi due ed Egwene siete scomparse, non ci abbiamo messo molto io e Gawyn a scoprire che non stavate scontando una punizione in una fattoria, qualsiasi cosa ci fosse stata detta. Non avevano alcun diritto di coinvolgervi nei loro complotti, Elayne. Nessuna di voi.»
«Sembra che ti sia guadagnato i gradi velocemente» osservò Nynaeve. Quello sciocco di un uomo non si rendeva conto che parlare di intrighi di Aes Sedai era un buon modo per farle uccidere entrambe?
«Eamon Valda sembra del parere che la mia esperienza li valga, comunque l’abbia ottenuta.» Sollevò le spalle per porre fine al discorso sui gradi come irrilevante. Non si trattava proprio di modestia, ma nemmeno di falsità. Era lo spadaccino più bravo fra quelli che studiavano con i Custodi alla Torre, aveva anche ottenuto una posizione elevata nei corsi di strategia e tattica, ma Nynaeve non ricordava che si desse delle arie per la sua bravura. Raggiungere dei risultati per lui non significava quasi nulla, forse perché gli riusciva facilmente.
«Mamma sa di questo?» chiese Elayne, sempre con il tono di voce calmo. Il suo sguardo però avrebbe spaventato un cinghiale selvatico.
Galad, a disagio, si mosse appena. «Non ho avuto occasione di scriverle. Ma non credere che ancora disapprovi, Elayne. Adesso non è più così amichevole con il Nord come lo era una volta. Ho sentito dire che la proibizione potrebbe divenire legge.»
«Le ho inviato una lettera di spiegazioni.» Lo sguardo feroce di Elayne si fece interdetto. «Deve capire. Anche lei è stata addestrata alla Torre.»
«Abbassa la voce» le disse Galad, con tono grave e severo. «Ricordati dove ti trovi.» Elayne arrossì, ma, se fosse per la rabbia o l’imbarazzo, Nynaeve non avrebbe saputo dirlo.
Di colpo si accorse che anche lui parlava a bassa voce e con la loro stessa cautela. Non aveva menzionato una sola volta la Torre o le Aes Sedai.
«Egwene è con voi?»
«No» rispose, e l’uomo sospirò.
«Speravo... Gawyn stava quasi impazzendo dalla preoccupazione quando è scomparsa. Anche Gawyn tiene a lei. Volete dirmi dove si trova?»
Nynaeve prese nota di quell’anche. L’uomo era diventato un Manto Bianco, eppure era interessato a una donna che voleva diventare Aes Sedai. Gli uomini erano così strani che di rado parevano umani.
«Non te lo diremo» rispose con fermezza Elayne, con il rossore che cominciava a scomparirle dalle guance. «Anche Gawyn si trova qui? Non posso credere che sia divenuto un...» fu abbastanza furba da abbassare ulteriormente la voce, ma disse comunque, «...un Manto Bianco!»
«È rimasto a nord, Elayne.» Nynaeve suppose che si riferisse a Tar Valon, ma certamente Gawyn era andato via. Non poteva sostenere Elaida. «Non puoi sapere cos’è accaduto da quelle parti, Elayne» proseguì Galad. «Tutta la corruzione e tutta l’abiezione in quel posto hanno raggiunto il massimo, come era prevedibile. La donna che vi ha mandate via è stata deposta.» Si guardò attorno e abbassò la voce in un sussurro momentaneo, anche se nessuno era abbastanza vicino da sentire. «Quietata e giustiziata.» Inspirando profondamente emise un sospiro disgustato. «Non è mai stato un posto adatto a te. O Egwene. Non sono stato molto con i Figli, ma sono sicuro che il mio capitano mi darà il permesso di scortare a casa mia sorella. Quello è il posto dove dovresti essere, con mamma. Dimmi dove si trova Egwene e farò in modo che venga scortata a Caemlyn. Sarete entrambe in salvo lì.»
Nynaeve si sentiva il viso intorpidito. Quietata. E giustiziata. Non una morte accidentale o una malattia. Che avesse contemplato questa eventualità non riduceva il colpo. Rand doveva esserne la causa. Se mai c’era stata una minima speranza che la Torre non si opponesse a lui, adesso era svanita. Elayne era del tutto inespressiva e aveva gli occhi persi nel vuoto.
«Vedo che questa mia notizia vi ha turbate» disse a bassa voce Galad. «Non so quanto profondamente quella donna vi avesse invischiate nel suo complotto, ma adesso ne siete libere. Lasciate che vi scorti al sicuro a Caemlyn. Nessuno deve sapere che voi avete avuto più contatti con lei di qualsiasi altra ragazza andata lì per imparare. Nessuna di voi.»
Nynaeve digrignò i denti in quello che sperava sembrasse un sorriso. Era bello essere stata finalmente inclusa nella lista. Avrebbe potuto prenderlo a schiaffi. Se solo non fosse stato così attraente.
«Ci penserò» rispose lentamente Elayne. «Quello che dici è sensato, ma devi darmi il tempo di pensare. Devo pensare.»
Nynaeve la fissò. Era sensato? La ragazza vaneggiava. «Posso darti un po’ di tempo» fu la risposta, «ma non ne ho molto se devo chiedere il permesso di allontanarmi. Potrebbero ordinarci...»
Di colpo apparve un Manto Bianco con il viso squadrato e i capelli neri che diede un colpo sulle spalle di Galad e sorrise apertamente. Più anziano, aveva anche lui i due nodi di rango sul mantello. «Be’, giovane Galad, non riesci a tenere le donne graziose lontane da te. Ogni ragazza della città sospira quando passi, e così la maggioranza delle loro madri. Presentami.»
Galad spostò indietro la panca per alzarsi. «Mi è sembrato... di riconoscerle quando le ho viste scendere le scale, Trom. Ma qualsiasi fascino credi che io possegga, non funziona su questa donna. Non le piaccio e credo che non le piacerebbe nessun mio amico. Se ti eserciti nella scherma con me questo pomeriggio, forse riuscirai ad attirarne una o due.»
«Mai, con te in giro» borbottò Trom bonario. «E preferirei che il maniscalco mi prendesse la testa a martellate piuttosto che esercitarmi con te.» Ma lasciò che Galad lo accompagnasse verso la porta con solo uno sguardo di rimpianto alle due donne. Mentre andavano via, la rapida occhiata che Galad rivolse verso il tavolo apparve piena di frustrazione e indecisione.
Non appena furono fuori dalla visuale Elayne si alzò. «Nana, ho bisogno di te al piano di sopra.» Comare Jharen si materializzò al suo fianco chiedendo se le era piaciuta la colazione ed Elayne rispose, «Mi servono subito il mio conducente e il maggiordomo. Nana si occuperà del conto.»
Si diresse verso le scale prima ancora di finire di parlare.
Nynaeve la fissò, quindi prese il denaro e pagò la donna rassicurandola che tutto era stato di gradimento della sua padrona e cercando di non fare una smorfia quando le fu detto il prezzo. Una volta che si fu liberata della locandiera si affrettò a salire. Elayne stava infilando le loro cose a casaccio nel baule, incluse le sottovesti sudate che avevano appeso ai piedi dei letti ad asciugare.
«Elayne, che ti prende?»
«Dobbiamo andare via immediatamente, Nynaeve. Subito.» Non alzò lo sguardo fino a quando non ebbe sistemato l’ultima cosa. «Proprio in questo momento, ovunque si trovi, forse Galad sta pensando a qualcosa che prima non ha intuito. Due cose che sono giuste ma opposte. Nella sua testa è giusto legarmi in groppa a un cavallo da soma se fosse necessario e mandarmi da mamma, per evitarle delle preoccupazioni e salvarmi dal diventare Aes Sedai, qualsiasi cosa io voglia. Ed è anche giusto fare la spia, ai Manti Bianchi, all’esercito o entrambi. Questa è la legge in Amadicia e anche quella dei Manti Bianchi. Qui le Aes Sedai sono fuorilegge come pure qualsiasi donna che abbia seguito l’addestramento alla Torre. Mamma ha incontrato Ailron una sola volta per firmare un trattato di scambio, e hanno dovuto farlo in Altara perché lei non poteva entrare legalmente in Amadicia. Ho abbracciato saidar appena l’ho visto e non la lascerò finché non saremo lontane.»
«Stai davvero esagerando, Elayne. È tuo fratello.»
«Non è mio fratello!» Elayne inspirò profondamente ed espirò lentamente. «Abbiamo lo stesso padre» spiegò con voce calma, «ma lui non è mio fratello. Non lo accetterò. Nynaeve, te l’ho spiegato molte volte, ma non vuoi capirlo. Galad fa ciò che è giusto. Sempre. Non racconta mai bugie. Hai sentito cosa ha detto a quel tizio, Trom? Non ha detto che non sapeva chi fossimo. Ogni parola che ha pronunciato è vera. Fa quello che è giusto, non importa chi danneggia così, anche se stesso. O me. È abituato a rivelare tutto su Gawyn e me, qualsiasi cosa, anche su se stesso. Se prende la decisione sbagliata, ci ritroveremo in un’imboscata dei Manti Bianchi prima di raggiungere i confini del villaggio.»
Qualcuno bussò alla porta e Nynaeve rimase senza fiato. Galad non avrebbe sul serio... Il volto di Elayne era impassibile, pronto alla battaglia.
Nynaeve aprì con esitazione la porta lasciando solo uno spiraglio. Erano Thom e Juilin con quello stupido cappello fra le mani. «La mia signora ci ha mandati a chiamare?» chiese Thom, con un una nota di deferenza nella voce, in caso qualcuno stesse ascoltando.
Di nuovo in grado di respirare, senza curarsi di chi sentisse, aprì completamente la porta. «Entrate, voi due!» Cominciava a stancarsi di quelle occhiate fra di loro ogni volta che gli si rivolgeva.
Prima che la porta si chiudesse, Elayne disse: «Thom, dobbiamo andare via immediatamente.» Lo sguardo determinato le era scomparso dal viso e il suo tono era ansioso. «Galad è qui. Devi ricordare che tipo di mostro era da bambino. Be’, adesso che è cresciuto non è migliore e inoltre è diventato un Manto Bianco. Potrebbe...» Le parole sembrarono morirle in gola. Fissò Thom, muovendo silenziosa la bocca, ma anche gli occhi dell’uomo erano sgranati.
Thom si sedette pesantemente su uno dei bauli, senza mai distogliere lo sguardo da Elayne. «Io...» Schiarendosi la voce proseguì. «Mi era sembrato di averlo visto che controllava la locanda. Un Manto Bianco. Ma aveva l’aspetto dell’uomo che sarebbe diventato. Suppongo che non dovrei stupirmi che sia un Manto Bianco.»
Nynaeve si accostò alla finestra. Elayne e Thom non sembrarono fare caso a lei mentre passava fra loro. Il traffico cominciava a crescere nelle strade, contadini, carri e abitanti del villaggio erano mescolati ai Manti Bianchi e ai soldati. Dall’altro lato della strada un Manto Bianco era seduto su un barile capovolto, il volto perfetto inconfondibile.
«Ti ha...» Elayne deglutì. «Ti ha riconosciuto?»
«No. Quindici anni cambiano un uomo più di quanto cambiano un ragazzo. Elayne, credevo che avessi dimenticato.»
«Me ne sono ricordata a Tanchico, Thom.» Con un sorriso incerto Elayne protese il braccio e tirò uno dei lunghi baffi. Thom ricambiò il sorriso quasi con disagio, sembrava che stesse considerando se buttarsi dalla finestra o meno.
Juilin si grattava la testa e Nynaeve avrebbe desiderato avere almeno una vaga idea di cosa stessero parlando, ma adesso c’erano questioni più importanti. «Dobbiamo andare via prima che scateni tutto il distaccamento su di noi. Con lui di guardia non sarà facile. Non ho visto altri avventori che potrebbero avere una carrozza.»
«La nostra è la sola nella stalla» aggiunse Juilin. Thom ed Elayne si fissavano ancora, ovviamente senza sentire una parola.
Andare via tenendo le tendine chiuse non sarebbe stato di alcun aiuto. Nynaeve era pronta a scommettere che aveva già scoperto in che modo erano giunte a Sienda. «C’è un’uscita posteriore dalla stalla?»
«Un cancello abbastanza grande per far passare ognuno di noi alla volta» rispose asciutto Juilin. «E quello che si trova dall’altro lato è comunque poco più di un vicolo. Non ci sono più di due o tre strade nel villaggio abbastanza larghe da consentire il passaggio della carrozza.» Si guardava il cappello conico facendolo girare fra le mani. «Potrei avvicinarmi a sufficienza da spaccargli il cranio. Se foste pronti potreste approfittare della confusione per scappare. Io vi raggiungerei sulla strada.»
Nynaeve tirò su con il naso. «Come? Galoppando appresso a noi in groppa a Scansafatiche? Anche se non cadessi di sella dopo un chilometro e mezzo, credi che riusciresti a raggiungere il cavallo se attaccassi un Manto Bianco in quella strada?» Galad si trovava ancora dall’altro lato e Trom lo aveva raggiunto, pareva stessero conversando oziosamente. Nynaeve si sporse e afferrò un baffo di Thom. «Hai altro da aggiungere? Nessun piano brillante? Tutto il vostro interesse per i pettegolezzi non vi ha fatto venire in mente nulla che possa essere di aiuto?»
Thom si portò una mano sul viso e le rivolse un’occhiata offesa. «No. A meno che non pensi possa essere di qualche utilità il fatto che Ailron reclami un villaggio ai confini dell’Altara. Una striscia di terra della lunghezza del confine, da Salidar a So Eban e Mosra. Ti è di qualche aiuto, Nynaeve? Lo trovi qui? Cercando di strappare i baffi a un uomo? Per una volta qualcuno dovrebbe tirarti le orecchie.»
«Perché Ailron vuole una striscia di terra lungo il confine, Thom?» chiese Elayne. Forse era incuriosita — sembrava le interessasse ogni stupido cambiamento nella politica o diplomazia — o forse stava solo provando a bloccare quella discussione. Cercava sempre di calmare le acque, prima che incominciasse ad amoreggiare con Thom.
«Non si tratta del re, bambina.» Per lei addolcì la voce. «Si tratta di Pedron Niall. Ailron di solito fa quello che gli chiedono anche se lui e Niall tentano di nasconderlo. La maggior parte di quei villaggi è stata abbandonata fin da quando è iniziata la guerra dei Manti Bianchi, quella che i Figli chiamano la Preoccupazione. Allora Niall era il generale in campo e dubito che abbia mai rinunciato all’idea di volere Altara. Se riesce ad avere entrambe le rive dell’Eldar potrebbe assumere il controllo del commercio fluviale con Ebou Dar e se arriva a spezzarla, il resto dell’Altara gli pioverà in mano come grano che scivola da un buco in un sacco.»
«Molto interessante» intervenne decisa Nynaeve prima che Elayne potesse rispondere. C’era stato qualcosa nel racconto di Thom che le aveva stuzzicato la memoria, ma non avrebbe saputo dire cosa o perché. In ogni caso non avevano tempo per le lezioni sulle relazioni fra Amadicia e Altara, non con Galad e Trom a controllare l’entrata della locanda. Lo sottolineò, aggiungendo, «Cosa ne pensi, Juilin? Tu ti aggreghi a tipi di rango più basso.» Il cacciatore di ladri cercava sempre la compagnia di tagliaborse, scassinatori e borseggiatori. Sosteneva che ne sapevano più di qualsiasi ufficiale. «Ci sono dei contrabbandieri che possiamo corrompere per farci uscire o... o... conosci il genere di cose di cui abbiamo bisogno, uomo.»
«Ho sentito poche cose. Non ci sono molti ladri in Amadicia, Nynaeve. Ruba una volta e vieni marchiato a fuoco, la seconda ti costa la perdita della mano destra e alla terza c’è l’impiccagione, che si tratti del furto della corona del re o di un pezzo di pane. Non ci sono tanti ladri in una città così piccola, non chi lo fa per vivere...» Juilin disprezzava i ladri occasionali, «...e la maggior parte voleva solo parlare di due cose. Se il Profeta stava davvero venendo in Amadicia, come si sente dire, e se i padri della città potrebbero lasciarsi commuovere e permettere al serraglio ambulante di fare lo spettacolo. Sienda è troppo lontana dai confini per permettere ai contrabbandieri di...»
Nynaeve lo interruppe soddisfatta. «Ecco la soluzione! Il serraglio!» La guardarono tutti come se fosse impazzita.
«Ma certo» disse Thom con calma eccessiva «Porremmo convincere Luca a riportare i cinghiali-cavalli indietro e andare via mentre distruggono un’altra parte di città. Non so quanto gli hai dato, Nynaeve, ma ci ha tirato un sasso dietro quando ci siamo allontanati.»
Per una volta Nynaeve perdonò il sarcasmo dell’uomo, per quanto fosse sottile. E la mancanza di prontezza nel vedere ciò che lei aveva notato. «Potrebbe essere, Thom, ma mastro Luca vuole una patrocinatrice e lo saremo io ed Elayne. Dovremo ancora abbandonare la carrozza e il tiro di cavalli...» quello le bruciava, avrebbe potuto costruire una casetta nei Fiumi Gemelli con la cifra che erano costati, «...e uscire dalla porta posteriore.» Aprì il baule con le chiusure a forma di foglia, e si diede a frugare fra abiti, coperte, pentole e tutto quello che non aveva voluto lasciare sul carro con le tinture — si era accertata che gli uomini prendessero tutto tranne i finimenti — fino a quando afferrò il cofanetto dorato e il denaro. «Thom, tu e Juilin uscite dalla porta posteriore e cercate un carro e dei cavalli. Comprate delle provviste e venirci incontro sulla strada verso il campo di Luca.» Con rimpianto diede dei soldi a Thom senza nemmeno contarli, non c’era modo di sapere il prezzo delle cose e non voleva che lui ne sprecasse mettendosi a contrattare.
«Questa è un’idea meravigliosa» disse Elayne sorridendo. «Galad sarà alla ricerca di due donne, non di un gruppo di animali e giocolieri. E non penserebbe mai che ci dirigiamo nel Ghealdan.»
A quello Nynaeve non aveva pensato. Era sua intenzione far andare Luca a Tear. Un serraglio come quello che aveva messo insieme, con acrobati e giocolieri oltre gli animali, avrebbe potuto guadagnare in qualsiasi luogo, ne era certa. Ma se Galad le veniva a cercare o avesse mandato qualcuno, sarebbe stato a est. E forse era abbastanza furbo da controllare anche un serraglio, a volte gli uomini dimostravano di avere del cervello, di solito quando meno te lo aspettavi. «È stata la prima cosa che ho pensato, Elayne.» Ignorò il cattivo sapore che le si affacciò improvvisamente in bocca al ricordo di felcegatta bollita e polvere di foglia dell’intenditore.
Naturalmente Thom e Juilin protestarono. Non contro l’idea in se stessa, ma se uno di loro fosse rimasto indietro avrebbero potuto proteggere lei ed Elayne contro Galad e qualsiasi numero di Manti Bianchi. Non sembravano capire che, se fossero giunti a quello, sarebbe stato più efficace incanalare che la loro presenza con altri dieci uomini ad aiutarli. Erano ancora preoccupati, ma riuscì a dissuaderli entrambi con la severa ingiunzione: «non azzardatevi a ritornare qui. Ci incontreremo sulla strada.»
«Se dovremo incanalare» disse con calma Elayne quando la porta si chiuse alle spalle degli uomini, «ci troveremo presto a dover affrontare tutto il distaccamento dei Manti Bianchi e probabilmente anche l’esercito. Il Potere non ci rende invincibili. Tutto quello che servirà sono due frecce.»
«Ce ne preoccuperemo quando accadrà» le rispose Nynaeve. Sperava che gli uomini non ci avessero pensato. Altrimenti uno dei due si sarebbe appostato, rendendo Galad sospettoso. Era pronta ad accettare il loro aiuto quando serviva — Ronde Macura le era stata di lezione, anche se il fatto di essere stata salvata come un gattino lanciato in un pozzo ancora la infastidiva — ma quando lei lo riteneva necessario, non loro.
Scese al piano inferiore e trovò comare Jharen. La signora aveva cambiato idea, non credeva che avrebbe potuto affrontare il caldo e la polvere del viaggio così presto. Voleva schiacciare un pisolino e desiderava non essere disturbata fino alla cena, che avrebbe mandato a ordinare. Ecco, il denaro per un altro pernottamento. La locandiera capiva bene la delicatezza delle dame e sapeva quanto fossero incostanti. Nynaeve era convinta che comare Jharen avrebbe compreso tutto, fin quasi all’omicidio, purché venisse pagata.
Lasciando la donna grassoccia, Nynaeve bloccò una delle inservienti per un momento. Alcune monete d’argento cambiarono mano e la ragazza con il grembiule indosso scattò, alla ricerca di due cappellini che Nynaeve aveva detto sembravano molto freschi. Non il genere di accessorio che la sua signora avrebbe indossato, ma sarebbero stati perfetti per lei.
Quando fece ritorno alla sua stanza, Elayne aveva messo su una coperta il cofanetto dorato, la scatola di legno scuro lucidato con i ter’angreal recuperati e la piccola borsa di pelle con il sigillo. Il sacchetto di denaro era vicino alla sacca di Nynaeve sull’altro letto. Elayne ripiegò la coperta e la legò con della robusta corda presa da uno dei bauli. Nynaeve aveva conservato di tutto.
Adesso le dispiaceva lasciarselo alle spalle. Non si trattava solo delle spese. Non solo di quello. Non sapevi mai quando qualcosa ti sarebbe stato utile. Per esempio i due abiti di lana che Elayne aveva sistemato sul letto. Non erano abbastanza eleganti per una dama e lo erano troppo per la sua cameriera, ma, se avessero lasciato Mardecin come voleva fare Elayne, adesso si sarebbero trovate in un bel dilemma con gli abiti.
Inginocchiandosi Nynaeve frugò in un altro baule. Alcune sottovesti e altri due abiti di lana di ricambio. Le due pentole di ghisa messe in un sacco erano in ottime condizioni, ma troppo pesanti, e gli uomini non avrebbero certo dimenticato di comprarne delle altre. Gli utensili per il cucito erano nella scatola di osso inciso. Non avrebbero mai pensato a comperare nemmeno un spillo. Ma era solo parzialmente concentrata in questa selezione.
«Conoscevi già Thom?» chiese in un tono che sperava apparisse casuale. Guardò Elayne con la coda dell’occhio mentre faceva finta di essere intenta ad arrotolare delle calze.
La ragazza aveva cominciato a prendere gli abiti, sospirando per quelli di seta prima di accantonarli. Rimase di sasso, con le mani sprofondate in uno dei bauli, e non guardò Nynaeve. «Era bardo di corte a Caemlyn quando ero piccola» rispose con calma.
«Capisco.» In realtà non capiva affatto. Come poteva un uomo, da bardo di corte che intrattiene famiglie reali, il rango più prossimo a quello di nobile, diventare un menestrello che errava di villaggio in villaggio?
«È stato l’amante di mia madre dopo la morte di papà.» Elayne era tornata alla cernita degli abiti e l’aveva detto come se si trattasse un fatto ordinario, lasciando Nynaeve a bocca aperta.
«L’amante di...»
L’altra donna ancora non la guardava. «Non me ne sono ricordata fino a Tanchico. Ero molto piccola. Sono stati i suoi baffi, l’essermi trovata abbastanza vicina da osservarlo bene e sentirlo recitare la Grande caccia al Corno. Credeva avessi di nuovo dimenticato.» Elayne arrossì leggermente. «Avevo bevuto troppo vino e il giorno dopo mi sono inventata che non rammentavo nulla.»
Nynaeve poté solo scuotere il capo. Ricordava la notte in cui la ragazza si era riempita di vino. Almeno non lo aveva fatto di nuovo. Le condizioni della sua testa la mattina seguente sembravano essere state una cura efficace. Adesso capiva perché si comportava a quel modo con Thom. Aveva visto la stessa cosa ai Fiumi Gemelli alcune volte. Una ragazza appena abbastanza grande da pensare a se stessa come una donna. Con chi altro poteva confrontarsi se non con la propria madre? E a volte qual era la donna migliore contro la quale competere, per dimostrare di essere adulta? Di solito finiva col tentativo d’essere migliore in tutto, dal cucinare al cucire, o forse con qualche innocente amoreggiamento con il padre; ma nel caso di una vedova, Nynaeve aveva visto la figlia adulta rendersi completamente ridicola cercando di conquistare l’uomo che la madre intendeva sposare. Il problema era che Nynaeve non sapeva cosa fare con Elayne. Malgrado le serie ramanzine e altri ammonimenti dalla Cerchia delle Donne, Sari Ayellin non si era calmata fino a quando la madre non si era di nuovo sposata e lei aveva trovato marito.
«Immagino che per te debba essere stato come un secondo padre» osservò con cautela Nynaeve, facendo finta di occuparsi dei suoi bagagli. Thom era certamente di quel parere. Ciò spiegava molte cose.
«Non penso a lui in quel modo.» Elayne sembrava concentrata su quante sottovesti di seta prendere, ma aveva gli occhi tristi. «Non riesco davvero a ricordarmi di mio padre, ero in fasce quando morì. Gawyn mi ha detto che trascorreva tutto il tempo con Galad. Lini ha cercato di fare del suo meglio, ma so che non veniva mai a vedere Gawyn o me nella camera dei bambini. Sarebbe accaduto, lo so, una volta che fossimo stati abbastanza grandi per imparare qualcosa, come Galad. Ma morì prima.»
Nynaeve fece un altro tentativo. «Almeno Thom è in forma per la sua età. Ci saremmo trovate in un bel guaio se avesse sofferto di artrosi. Agli uomini anziani capita spesso.»
«Potrebbe ancora fare i salti mortali se non fosse per la gamba. E non mi importa se zoppica. È intelligente e sa molto del mondo. È gentile e mi sento sicura con lui. Non credo che dovrei dirglielo. Cerca già di proteggermi troppo.»
Nynaeve si arrese con un sospiro. Almeno per adesso. Thom forse vedeva Elayne come una figlia, ma se la ragazza continuava con questo atteggiamento avrebbe potuto rammentarsi che non lo era, e a quel punto Elayne si sarebbe ritrovata in salamoia. «Thom ti vuole molto bene, Elayne.» Era il momento di cambiare discorso. «Sei sicura di Galad? Elayne? Sei sicura che Galad potrebbe fare la spia, Elayne?»
L’altra donna sobbalzò, facendo sparire un piccolo cipiglio dal viso. «Cosa? Galad? Ne sono certa, Nynaeve. E se scopre che non intendiamo permettergli di portarci a Caemlyn, la cosa lo forzerebbe ad agire.»
Borbottando Nynaeve prese un abito da cavallo di seta dal baule. A volte pensava che il Creatore avesse inventato gli uomini solo per creare problemi alle donne.