4 Crepuscolo

Rand si diresse al tetto delle Fanciulle del Rhuidean con la sua scorta di Far Dareis Mai. Delle scale bianche larghe come il palazzo, ogni gradino profondo un passo, salivano fino ad alte colonne ampie venti passi che sembravano nere alla luce crepuscolare, ma blu durante il giorno e scanalate con motivi a spirale. L’esterno del palazzo era decorato a mosaico con tasselli di vetro bianchi e blu disposti in motivi a spirali che parevano infiniti, e una grande finestra di vetro colorato proprio sopra le colonne rappresentava una donna dai capelli neri alta quattro metri e mezzo, con indosso un abito elaborato, la mano destra sollevata, forse per benedire o forse per ordinare a qualcuno di fermarsi. Il volto era sereno e severo al contempo. Chiunque fosse stata, certamente non era aiel, non con quella pelle chiara e gli occhi scuri. Forse un’Aes Sedai. Svuotò la pipa battendola sul tacco dello stivale e se la mise in tasca prima di salire le scale.

Tranne che ai gai’shain, agli uomini non era consentito entrare sotto al tetto delle Fanciulle, a nessun uomo in nessuna fortezza del deserto. Un capo clan o un parente di una Fanciulla poteva morire nel tentativo, anche se nessun Aiel ci avrebbe mai pensato. Era lo stesso in ogni società; solo le Fanciulle e i gai’shain erano ammessi all’interno.

Le due giovani di guardia alle alte porte di bronzo si parlarono con il linguaggio delle mani, rivolgendo lo sguardo verso di lui mentre attraversava le colonne, quindi sorrisero. Rand desiderava sapere cosa si fossero dette. Anche in una terra arida come il deserto, il bronzo si scuriva con il passare del tempo, ma i gai’shain avevano lucidato le porte fino a farle sembrare nuove. Erano spalancate e le due guardie non fecero una sola mossa per bloccarlo mentre le varcava, con Adelin e le altre alle calcagna.

Il vasto corridoio coperto di mattonelle bianche e le grandi stanze all’interno erano piene di Fanciulle, sedute su cuscini dai colori brillanti, che parlavano, si occupavano delle loro armi, giocavano a carte, a sassolini o a mille fiori, un gioco aiel che consisteva nello scoprire il proprio percorso di sassolini piatti con incisi sopra cento simboli diversi. Naturalmente vi era un gran numero di gai’shain affaccendati nei loro compiti, pulire, servire, riparare, rifornire di olio le lucerne di terracotta dorate, bottino di guerra preso chissà dove, fino alle alte lampade sui sostegni trovati nella città. Nella maggior parte delle stanze i pavimenti e le pareti erano coperti da tappeti e arazzi dai colori brillanti, con quasi tutti i motivi e stili possibili. I muri e il soffitto erano decorati con mosaici raffiguranti foreste, fiumi e cieli che non si erano mai visti nel deserto.

Giovani o vecchie, le Fanciulle sorridevano alla sua vista e alcune facevano un cenno familiare con la testa o addirittura gli davano pacche sulle spalle. Altre chiedevano come stava, se aveva mangiato, o se desiderava che i gai’shain gli portassero acqua o vino. Rand rispondeva brevemente, anche lui sorridendo. Stava bene, non aveva né fame né sete. Continuava a camminare senza nemmeno rallentare mentre parlava. Se lo avesse fatto inevitabilmente si sarebbe fermato e quella notte non ne aveva intenzione.

Le Far Dareis Mai lo avevano adottato, in un certo modo. Alcune lo trattavano come un figlio, altre come un fratello. L’età non sembrava avere nulla a che vedere con quelle reazioni. Donne con i capelli bianchi potevano parlargli come a un fratello mentre bevevano il tè, mentre Fanciulle che non avevano nemmeno un anno più di lui cercavano di accertarsi che indossasse gli indumenti adatti per quel calore. Non poteva evitare questi atteggiamenti materni, lo facevano e basta, e Rand avrebbe potuto impedirglielo solo usando il Potere contro tutte loro.

Aveva provato a usare un’altra società come guardia personale, Shae’en M’taal, i Cani di Pietra, oppure gli Aethan Dor, gli Scudi Rossi. Rhuarc era stato uno Scudo Rosso prima di diventare capo, ma non sapeva che spiegazione addurre. Di certo non la verità. Solo il pensiero di doverlo spiegare a Rhuarc e agli altri lo metteva a disagio. Con il senso dell’umorismo aiel che era quello che era, anche l’amareggiato Han probabilmente si sarebbe incrinato le costole a furia di risate. Qualsiasi motivo avrebbe offeso l’onore di tutte le Fanciulle. Almeno lo accudivano raramente se non sotto al tetto, dove non c’era nessun altro ad assistere tranne loro e i gai’shain che sapevano bene di non dover parlare di quanto accadeva lì. «Le Fanciulle» aveva detto una volta, «portano il mio onore.» Tutti se lo ricordavano e loro ne erano così fiere, come se avesse donato a ciascuna un trono. Ma aveva scoperto che lo facevano a modo loro.

Adelin e le altre quattro lo lasciarono per unirsi alle amiche, ma non era certamente da solo mentre continuava a salire nell’edificio, lungo le rampe ricurve di ampie scale bianche. Doveva rispondere alle stesse domande a ogni passo. No, non aveva fame. Sì, sapeva di non essere ancora abituato al caldo, no, non aveva trascorso troppo tempo sotto al sole. Rand sopportava tutto con pazienza, ma emise un sospiro di sollievo quando raggiunse il secondo piano sopra la grande finestra. Qui non c’erano Fanciulle o gai’shain negli ampi corridoi o sulle scale che portavano più in alto. Le pareti spoglie e le stanze vuote sottolineavano l’assenza di persone, ma, dopo aver attraversato il piano inferiore, la solitudine era una benedizione.

La sua camera da letto era una stanza senza finestre vicina al centro dell’edificio, una delle poche a non essere enorme, anche se i soffitti erano abbastanza elevati da rendere l’altezza la dimensione più rilevante della stanza. Rand non aveva idea del motivo per cui fosse stata originariamente costruita. Attorno al piccolo camino c’era un mosaico che rappresentava dei viticci ed era la sola decorazione. Avrebbe detto che si trattava della camera di un inserviente, ma questi non avevano le porte ricoperte di bronzo — anche se semplice — che Rand si chiuse alle spalle. I gai’shain avevano lucidato il metallo fino a farlo risplendere. Sul pavimento di mattonelle blu erano sistemati alcuni cuscini per sedersi decorati con tasselli e uno spesso pagliericcio, sopra strati di tappeti colorati, da usare come letto.

Una semplice brocca di vetro blu piena di acqua e una tazza verde scuro erano appoggiate in terra vicino al ‘letto’. Questo era tutto, a parte le due lampade a tre bracci che erano già accese e una catasta di libri in un angolo. Con un sospiro di stanchezza si sdraiò sul pagliericcio, senza neanche togliersi giubba e stivali. Non importava quante volte cambiasse posizione, non era molto più confortevole che dormire sul terreno.

Il freddo della notte stava già penetrando nella stanza, ma Rand non si scomodò ad accendere lo sterco di vacca essiccato posto nel camino. Preferiva affrontare il gelo piuttosto che quell’odore. Asmodean gli aveva mostrato un modo semplice di tenere caldi gli ambienti. Era semplice, ma pur sempre qualcosa che lui non aveva abbastanza forza per fare. La sola volta che aveva tentato si era svegliato nel mezzo della notte respirando a fatica mentre gli angoli del tappeto prendevano fuoco per il calore del pavimento. Non ci aveva provato più.

Aveva scelto questo edificio come residenza perché era integro e vicino alla piazza, i soffitti alti davano una parvenza di fresco anche nel momento più caldo della giornata e le mura spesse tenevano lontana parte del freddo notturno. Non era ancora il tetto delle Fanciulle. Una mattina al risveglio aveva scoperto Fanciulle in ogni stanza dei primi due piani e le loro guardie davanti alle porte. Ci aveva messo un po’ a capire che volevano farne il tetto della loro società nel Rhuidean, continuando però ad aspettarsi che lui sarebbe rimasto lì. Le donne erano pronte a spostare il tetto ovunque si fosse recato. Era il motivo per cui doveva incontrare i capi clan altrove. Il risultato migliore che era riuscito a ottenere fu di convincere le Fanciulle a restare al piano inferiore, e questo le aveva divertite da morire. Anche il Car’a’carn non è un re, si rammentò. Si era già spostato più in alto due volte mentre il numero di Fanciulle aumentava. Pigramente cercava di calcolare quante altre potevano entrare prima che si ritrovasse a dormire sul tetto.

Era meglio che ricordare in che modo Moiraine gli era entrata sotto alla pelle. Non era sua intenzione metterla al corrente dei propri piani fino al giorno in cui avrebbe fatto marciare gli Aiel. La donna sapeva esattamente come manipolare le sue emozioni, come farlo arrabbiare al punto di rivelare più di quel che voleva. Non mi sono mai arrabbiato così tanto. Perché è così difficile controllare i nervi? si chiedeva. Be’, non c’era nulla che Moiraine potesse fare per fermarlo. Non pensava ci fosse. Doveva ricordarsi di essere prudente nelle sue vicinanze. Le capacità crescenti spesso lo rendevano imprudente con la donna. Anche se lui era più forte, l’Aes Sedai ne sapeva di più, nonostante gli insegnamenti di Asmodean.

In un certo modo lasciare che Asmodean conoscesse i suoi piani era meno importante che rivelare le proprie intenzioni a Moiraine. Per lei sono ancora solo un pastore che può usare per gli scopi della Torre, ma per Asmodean sono l’unico tronco al quale appigliarsi in una piena, rifletté. Era strano pensare che poteva fidarsi più di uno dei Reietti che di Moiraine. Non che potesse fidarsi troppo di nessuno. Asmodean. Se i suoi legami con il Tenebroso lo avevano protetto dalla contaminazione di saidin, doveva esserci un altro modo di farlo. O di pulirla.

Il problema era che prima che si convertissero all’Ombra, i Reietti erano stati fra i più potenti Aes Sedai durante l’Epoca Leggendaria, quando cose che la Torre Bianca non potrebbe nemmeno sognarsi erano un fatto comune. Se Asmodean non conosceva un sistema, probabilmente non esisteva. Ma doveva esserci. Doveva esistere qualcosa. Non me ne resterò seduto fino a quando sarò impazzito e morirò, si disse.

Era una sciocchezza. Le Profezie avevano organizzato per lui un incontro a Shayol Ghul. Quando, non lo sapeva, ma dopo non avrebbe più dovuto preoccuparsi di diventare preda della follia. Rabbrividì e pensò di spiegare le coperte.

Il soffice rumore di passi nel corridoio lo fece scattare seduto. Le avevo avvisate! Se non possono...! Colei che aprì la porta, con molte coperte fra le braccia, non era nessuna che si aspettasse di vedere. Aviendha si fermò non appena dentro la stanza a guardarlo con i freddi occhi verdi. Una donna più che graziosa, era stata una Fanciulla fino a quando aveva rinunciato alla lancia per diventare una Sapiente, non molto tempo prima. I capelli rosso scuro erano ancora sopra le spalle e quasi non aveva bisogno della fascia per trattenerli indietro. Sembrava un po’ goffa con lo scialle marrone e impaziente con la gonna grigia.

Provò una fitta di gelosia vedendo la collana d’argento che indossava, un filo elaborato di dischi lavorati, ognuno diverso. Chi gliel’ha data? si chiese. Lei non l’avrebbe scelta, non sembrava che le piacessero i gioielli. Il solo altro pezzo che portava era uno spesso bracciale d’avorio con delle rose finemente incise. Glielo aveva regalato lui e non era sicuro che lo avesse ancora perdonato per questo. In ogni caso era sciocco a essere geloso.

«Non ti ho vista per dieci giorni» le disse. «Credevo che le Sapienti ti avrebbero legata al mio braccio una volta scoperto che avevo bloccato il loro accesso ai miei sogni.» Asmodean aveva trovato divertente che fosse la prima cosa che aveva voluto imparare, quindi si era sentito frustrato per quanto tempo ci aveva impiegato Rand a farlo.

«Ho il mio addestramento da seguire, Rand al’Thor.» Sarebbe stata una delle Sapienti che potevano incanalare, era parte di quanto le veniva insegnato. «Non sono una delle tue donne delle terre bagnate che ti resta vicina affinché tu la possa guardare ogni volta che lo desideri.» Malgrado conoscesse Egwene ed Elayne, sembrava avere una visione sbagliata di quelle che chiamava donne delle terre bagnate, come di tutti gli altri in generale. «Non sono contente di quello che hai fatto.» Alludeva ad Amys, Bair e Melaine, le tre Sapienti Camminatrici dei Sogni che stavano addestrandola e cercando di controllarlo. Aviendha scosse il capo mesta. «Soprattutto che ti abbia lasciato scoprire che camminavano nei tuoi sogni.»

Rand la fissò. «Glielo hai detto? Ma in realtà non mi hai rivelato nulla. Ci sono arrivato da solo e lo avrei fatto anche se tu avessi tenuto la bocca chiusa. Aviendha, sono state loro a dirmi che potevano comunicare con gli altri nei sogni. Era solo il passo successivo.»

«Avresti voluto che mi disonorassi ulteriormente?» La voce era abbastanza atona, ma con gli occhi avrebbe potuto accendere un fuoco. «Non perderò l’onore per te o qualsiasi altro uomo! Ti ho fornito la traccia da seguire e non negherò la mia vergogna. Avrei dovuto lasciarti congelare.» Gli lanciò le coperte proprio in testa.

Rand se le tolse di dosso e le appoggiò di fianco, vicino al pagliericcio, mentre cercava di pensare a cosa dire. Si trattava di nuovo del ji’e’toh. La donna era ispida come un rovo. In teoria aveva il compito di insegnargli le usanze aiel, ma Rand conosceva il suo vero incarico, spiarlo per conto delle Sapienti.

Qualsiasi disonore comportasse lo spiarsi fra gli Aiel, pareva non estendersi alle Sapienti. Le donne sapevano che lui sapeva, ma per qualche motivo non sembrava importare loro e finché erano disposte a lasciare tutto com’era, a lui andava bene. Tanto per incominciare Aviendha non era una brava spia, non cercava quasi mai di scoprire qualcosa e poi ci si metteva quel suo carattere a farlo arrabbiare o sentire colpevole, come con Moiraine. A volte invece era una compagnia piacevole, quando si dimenticava di stare sulla difensiva. Almeno Rand conosceva colei che era stata scelta da Amys e le altre per controllarlo. Altrimenti avrebbero incaricato qualcun altro e lui si sarebbe costantemente chiesto chi. E poi la donna non era mai diffidente quando stava con lui.

Mat, Egwene e perfino Moiraine a tratti lo guardavano con occhi che percepivano il Drago Rinato, o quantomeno il pericolo di un uomo che poteva incanalare. I capi clan e le Sapienti vedevano Colui che viene con l’Alba, colui che, secondo la profezia, avrebbe spezzato gli Aiel come ramoscelli secchi; anche se non lo temevano a volte lo trattavano come una vipera rossa con la quale dovevano convivere. Qualunque cosa vedesse Aviendha, non le impediva mai di essere mordace ogni volta che voleva, vale a dire la maggior parte delle volte.

Una magra consolazione, ma, paragonata al resto, era comunque un conforto. Le era mancata. Aveva anche raccolto dei fiori da una pianta spinosa attorno al Rhuidean — ferendosi le dita fino a quando aveva pensato che poteva usare il Potere — e glieli aveva inviati, almeno una mezza dozzina di volte. Li avevano consegnati le Fanciulle in persona invece di mandare i gai’shain. Naturalmente non li aveva mai accettati.

«Grazie» le disse alla fine Rand toccando le coperte. Sembrava un soggetto sicuro. «Immagino che non siano mai troppe con queste vostre notti.»

«Enaila mi ha chiesto di portartele quando ha scoperto che stavo venendo a trovarti.» Sollevò le labbra in quello che parve l’inizio di un sorriso divertito. «Alcune sorelle di lancia erano preoccupate che non fossi abbastanza al caldo. Devo accertarmi che stanotte tu accenda il fuoco, non lo hai fatto la scorsa notte.»

Rand si sentì arrossire le guance. La donna sapeva. Be’, certo. Le maledette Fanciulle forse non le dicono più tutto, ma non si preoccupano nemmeno di tenerle le cose nascoste, pensò. «Perché vuoi vedermi?»

Con sorpresa di Rand Aviendha si mise a braccia conserte attraversando la breve distanza che li separava prima di fermarsi a fissarlo. «Questo non era un dono di considerazione» disse con tono accusatorio scuotendo il braccialetto. «Lo hai ammesso.» Vero, anche se era convinto che la donna lo avrebbe accoltellato se lui non fosse stato d’accordo. «Era solo lo stupido regalo di un uomo sciocco al quale non importa cosa... cosa potrebbero pensare le mie sorelle di lancia. Be’, anche questo è privo di significato.» Estrasse qualcosa dal sacchetto e lo lanciò sul pagliericcio di fianco a lui. «Cancella i debiti fra noi.»

Rand raccolse l’oggetto e lo fece girare fra le mani. Una fibbia che rappresentava un Drago, decorata e fatta di ottimo acciaio, intarsiata in oro. «Grazie. È bellissima. Aviendha, non c’è alcun debito da cancellare.»

«Se non vuoi accettarla in pagamento del mio debito» spiegò Aviendha con fermezza, «allora gettala via. Troverò qualcos’altro per ripagarti. È solo una sciocchezza.»

«Non credo proprio, devi averla fatta eseguire su commissione.»

«Non pensare che significhi qualcosa, Rand al’Thor. Quando io... ho rinunciato alla lancia, le lance, il pugnale...» inconsciamente si passò la mano sulla cintura, dove una volta era appeso il pugnale dalla lunga lama, «...anche le punte delle mie frecce mi sono state tolte e date a un fabbro per creare oggetti semplici da dare via. La maggior parte l’ho donata alle amiche, ma le Sapienti mi hanno ingiunto di rivelare il nome dei tre uomini e delle tre donne che odio di più e mi è stato detto di dare loro un regalo ricavato dalle mie armi, con le mie mani. Bair sostiene che insegna a essere umili.» Con la schiena dritta e gli occhi furiosi, pronunciando ogni parola con durezza, non sembrava affatto umile. «Per cui non pensare che significhi qualcosa.»

«Non significa nulla» ripeté Rand annuendo tristemente. Non che desiderasse il contrario, davvero, ma sarebbe stato piacevole che iniziasse a considerarlo un amico. Era pura idiozia essere geloso di lei. Mi chiedo chi gliela abbia regalata, si disse.

«Aviendha? Il mio nome era fra quelli delle persone che odi?»

«Sì, Rand al’Thor.» Sembrò di colpo rauca. Per un momento voltò il viso dall’altra parte, con gli occhi chiusi e tremanti. «Ti odio con tutto il cuore. Davvero. E lo farò sempre.»

Rand non si prese il disturbo di chiedere perché. Una volta le aveva chiesto perché non le piaceva e la donna gli aveva quasi staccato il naso. E comunque non glielo aveva detto. Ma questo sembrava di più dell’intolleranza che a volte sembrava dimenticare. «Mi odi sul serio» ammise riluttante. «Chiederò alle Sapienti di inviare qualcun’altra per insegnarmi.»

«No!»

«Ma se tu...»

«No!» Stavolta la sua risposta fu più infuocata che mai. Si mise le mani sui fianchi e iniziò a spiegare come se volesse che ogni parola gli andasse dritta al cuore. «Anche se le Sapienti mi permettessero di smettere, ho un toh, obbligo e dovere, verso la mia sorella prossima Elayne, di vegliare su di te per lei. Le appartieni, Rand al’Thor. A lei e a nessun’altra donna. Ricordatelo.»

Rand aveva voglia di alzare le braccia al cielo. Almeno stavolta non gli stava descrivendo l’aspetto di Elayne senza abiti; alcune usanze aiel erano anche più difficili da accettare di altre. Di tanto in tanto si chiedeva se lei ed Elayne si fossero messe d’accordo su questa forma di controllo. Non poteva crederci, ma in fondo anche le donne che non erano aiel erano strane il più delle volte. Ma si chiedeva soprattutto da cosa dovesse difenderlo Aviendha. Tranne le Fanciulle e le Sapienti, le donne aiel non sembravano guardare a lui come se fosse la Profezia in carne e ossa, non umano, e un’altra parte lo vedeva come un serpente velenoso che si aggirasse fra i bambini. Le Sapienti si comportavano come Moiraine quando provavano a fargli fare quello che volevano e alle Fanciulle non voleva pensare. L’intera faccenda lo rendeva furioso.

«Adesso Stammi a sentire. Ho baciato Elayne qualche volta e credo che le sia piaciuto quanto a me, ma non sono promesso a nessuna. Non sono nemmeno sicuro che lei se lo aspetti.» Nello spazio di alcune ore gli aveva scritto due lettere; in una lo chiamava la luce più cara della sua anima facendolo poi arrossire nel prosieguo, mentre nell’altra lo definiva un disgraziato dal cuore di ghiaccio che non voleva vedere mai più, quindi andava avanti facendolo a pezzi con più veemenza di quanta ne avesse mai mostrata Aviendha. Le donne erano davvero strane. «In ogni caso non ho tempo di pensare a loro. La sola cosa che ho in mente è di unire gli Aiel, anche gli Shaido, se posso. Io...» Si interruppe con un lamento quando l’ultima donna che sperava di vedere entrò nella stanza con un tintinnare di gioielli e un vassoio d’argento sul quale era appoggiata una brocca di vetro soffiato colma di vino e due tazze d’argento.

Il velo rosso chiaro e trasparente avvolto attorno al capo di Isendre non nascondeva nulla della bellezza di quel viso a forma di cuore. I lunghi capelli scuri e gli occhi neri non erano quelli degli Aiel. Le labbra carnose erano incurvate in maniera invitante, finché non si accorse di Aviendha. Allora il sorriso si fece amaro. A parte il velo aveva una dozzina di collane di oro e avorio, alcune con incastonate perle o gemme. Altrettanti bracciali ai polsi e anche di più attorno alle caviglie. Questo era tutto ciò che indossava. Si costrinse a mantenere gli occhi sul viso della donna, ma anche così si sentiva arrossire.

Aviendha sembrava una nuvola pronta a scagliare un fulmine. Isendre una donna che aveva appena saputo che sarebbe stata bollita viva. Rand avrebbe voluto trovarsi nel Pozzo del Destino o in un qualsiasi altro posto, ma non lì. Eppure si alzò in piedi, avrebbe manifestato maggiore autorità guardandole dall’alto in basso piuttosto che il contrario. «Aviendha» iniziò a dire, ma la donna lo ignorò.

«Ti ha mandata qualcuno con quello?» chiese con freddezza Aviendha all’altra.

Isendre aprì la bocca con l’intenzione di mentire dipinta in viso, quindi rispose in un sussurro, «No.»

«Ti avevo avvisata riguardo a questo, ‘sorda’.» La sorda era una specie di ratto, particolarmente subdolo secondo gli Aiel e del tutto inutile. La sua carne era così fetente che anche i gatti mangiavano di rado quelli che uccidevano. «Adelin era convinta che l’ultima lezione ti sarebbe bastata.»

Isendre sussultò e ondeggiò come se stesse per svenire.

Rand raccolse le energie e intervenne. «Aviendha, che qualcuno l’abbia mandata o meno, non ha importanza. Ho un po’ di sete e, se è stata così gentile da portarmi del vino, dovrebbe essere ringraziata.» Aviendha guardò con freddezza le due coppe e sollevò un sopracciglio. Rand inspirò profondamente. «Non dovrebbe essere punita solo per avermi portato qualcosa da bere.» Fece attenzione a non guardare il vassoio. «La metà delle Fanciulle sotto al tetto devono averle chiesto se io...»

«È stata sorpresa dalle Fanciulle a rubare, Rand al’Thor.» La voce di Aviendha era anche più fredda di quanto lo era stata nei confronti dell’altra donna. «Ti sei già immischiato fin troppo negli affari delle Far Dareis Mai, più di quanto avrebbero dovuto permetterti. Nemmeno il Car’a’carn può ostacolare la giustizia, non è una faccenda che ti riguarda.»

Rand con una smorfia lasciò perdere. Qualsiasi cosa le avevano fatto le Fanciulle, Isendre aveva le sue ragioni. Non per questo motivo però. Era entrata nel deserto con Hadnan Kadere, ma non era valso a nulla quando le Fanciulle l’avevano presa per aver rubato dei gioielli, la sola cosa che adesso le lasciavano indossare. Rand aveva agito in tutti i modi perché non venisse mandata a Shara impastoiata come una capra o spedita nuda al Muro del Drago con solo una borraccia d’acqua. Vedendola implorare pietà dopo che aveva capito cosa volevano fare le Fanciulle, non era riuscito a restarne fuori. Una volta aveva ammazzato una donna, che lo voleva uccidere, ma il ricordo ancora bruciava. Non pensava che sarebbe stato in grado di commettere di nuovo un’azione simile, anche se fosse stato per difendere la propria vita. Una cosa sciocca con le Reiette che volevano vederlo morto o peggio, ma era così. E se non riusciva a uccidere una donna, come poteva restare in disparte e lasciarla morire? Anche se lo meritava?

Quello era il punto. In qualsiasi terra oltre il Muro del Drago Isendre avrebbe dovuto affrontare la forca o il ceppo del boia per quanto ne sapeva di lei. Di lei, Kadere e probabilmente la maggior parte degli uomini del mercante, se non tutti. Erano Amici delle Tenebre e non poteva denunciarli. Nemmeno loro sapevano che Rand sapeva.

Se uno qualsiasi di loro fosse stato scoperto... Isendre sopportava perché anche essere cameriera e costretta a rimanere nuda era meglio che legata mani e piedi e lasciata al sole, ma nessuno avrebbe taciuto quando Moiraine avesse messo le mani su di loro. Le Aes Sedai non avevano pietà per gli Amici delle Tenebre; li avrebbero fatti parlare velocemente. E Asmodean era venuto nel deserto con i carri dei mercanti, solo un altro Amico delle Tenebre per quanto ne sapevano Kadere e gli altri, anche se autorevole. Senza dubbio pensavano che fosse andato al servizio del Drago Rinato su ordine di qualcuno anche più potente. Per tenersi l’insegnante, per evitare che Moiraine cercasse di ucciderli entrambi, Rand doveva mantenere il segreto. Fortunatamente nessuno si chiedeva perché gli Aiel controllavano da vicino il mercante e i suoi uomini. Moiraine credeva che si trattasse della solita diffidenza aiel nei confronti degli stranieri nel deserto, amplificata perché si trovavano nel Rhuidean. Aveva dovuto usare tutte le sue armi per lasciare che Kadere entrasse nel Rhuidean con i carri. Il sospetto era lì. Rhuarc e gli altri capi probabilmente gli avrebbero messo le guardie addosso anche se Rand non lo avesse chiesto. E Kadere sembrava contento per il semplice fatto di non ritrovarsi ancora con una lancia conficcata fra le costole.

Rand non aveva idea di come avrebbe risolto la situazione. O se poteva farlo. Era un bell’imbroglio. Nelle storie dei menestrelli solo i furfanti si trovavano in impicci come questo.

Quando fu sicura che Rand non avrebbe cercato di interferire ulteriormente, Aviendha si rivolse di nuovo alla donna. «Lascia il vino.»

Isendre fece un mezzo inchino per posare il vassoio vicino al pagliericcio con una strana smorfia sul viso. Rand ci mise un po’ a riconoscere un tentativo di sorridergli senza che l’altra donna vedesse. «Adesso andrai dalla prima Fanciulla che riesci a trovare» proseguì Aviendha, «e le racconterai cos’hai fatto. Vai, sorda!»

Mugolando e strofinandosi le mani Isendre corse via con un gran tintinnio di gioielli. Non appena fu uscita dalla stanza, Aviendha si voltò verso Rand. «Appartieni a Elayne! Non hai il diritto di adescare altre donne, specialmente quella!»

«Lei?» Rand esclamò. «Pensi che io...? Credimi, Aviendha, se fosse l’ultima donna sulla faccia della terra, mi terrei ancora il più lontano possibile per quanto mi fosse consentito.»

«A parole.» Tirò su con il naso. «È stata frustata sette volte, sette! Per aver cercato di infilarsi nel tuo letto. Non insisterebbe a quel modo senza un tuo incoraggiamento. Affronta la giustizia delle Far Dareis Mai e non le importa del Car’a’carn.

Prendila come lezione quotidiana sulle nostre usanze. E ricordati che appartieni alla mia sorella prossima!» Senza dargli il tempo di replicare, si allontanò dalla stanza a grandi passi con un’espressione tale da far pensare che Isendre non sarebbe sopravvissuta se le fosse capitata fra le mani.

Emettendo un lungo sospiro, Rand prese il vassoio e lo mise in un angolo della stanza. Non avrebbe bevuto nulla che gli fosse stato portato da Isendre.

Ha cercato di raggiungermi sette volte? si chiese. Doveva avere scoperto che Rand intercedeva per lei, e se era disposto a fare tutto ciò per uno sguardo languido e un sorriso, cosa avrebbe fatto per qualcosa di più? Quel pensiero, insieme al freddo crescente, gli diede i brividi. Avrebbe preferito avere uno scorpione nel letto. Se le Fanciulle non riuscivano a convincerla, forse poteva raccontare quello che sapeva di lei, mettendo fine ai suoi complotti.

Spense le lampade e si infilò a letto al buio, sempre con gli stivali e del tutto vestito, quindi si agitò finché non ebbe trovato tutte le coperte. Senza il fuoco, forse avrebbe dovuto davvero esser grato ad Aviendha prima che fosse giunto il giorno. Piazzare la guardia di Spirito che schermava i suoi sogni dalle intrusioni adesso era quasi automatico, ma mentre lo faceva si mise a ridere. Avrebbe potuto andare a letto e poi spegnere le lampade con il Potere. Erano le cose semplici che non pensava mai a fare con il Potere.

Rimase sdraiato per un po’ aspettando che il calore del corpo riscaldasse le coperte. Come poteva lo stesso posto essere tanto caldo di giorno e così freddo di notte era qualcosa che davvero non capiva. Infilandosi una mano sotto la giubba si toccò la cicatrice della ferita parzialmente risanata che aveva sul fianco. Quella ferita, che Moiraine non poteva guarire completamente, prima o poi lo avrebbe condotto alla morte. Ne era certo. Il suo sangue sulle rocce di Shayol Ghul. Così dicevano le Profezie.

Non stanotte. Non ci penserò stanotte. Mi è rimasto ancora un po’ di tempo. Ma se adesso i sigilli possono essere scorticati con un pugnale, resisterebbero ancora con la stessa forza...? No, non stanotte, pensò.

Le coperte cominciavano a riscaldarsi e Rand cambiò posizione, senza trovarne una comoda. Avrei dovuto lavarmi, pensò assonnato. Egwene probabilmente si trovava proprio in quel momento in una delle calde tende con il vapore. Il più delle volte Rand ne usava una, ma un gruppo di Fanciulle aveva cercato di entrare con lui per poi rotolarsi in terra dalle risate quando aveva insistito che rimanessero fuori. Già non era gradevole svestirsi e rivestirsi in mezzo al vapore.

Alla fine il sonno giunse e con esso sogni protetti e sicuri, dalle Sapienti o chiunque altro. Però non era al riparo dai propri pensieri. Le donne li affollavano sempre. Non Isendre, tranne in un breve incubo che lo aveva quasi svegliato. Sognava a turno di Elayne, Min e Aviendha, a turno e tutte insieme. Solo Elayne lo aveva guardato come un uomo, ma tutte e tre lo vedevano per quello che era, non per cosa rappresentava. A parte l’incubo, furono tutti sogni piacevoli.

Загрузка...