Quella sera era il turno di Elayne a cucinare, il che significava che nessun piatto sarebbe stato semplice, sebbene mangiassero seduti su sgabelli attorno al fuoco da campo, con le cicale che frinivano nel bosco circostante e, di tanto in tanto, un uccello notturno a emettere un debole e triste richiamo nella notte che calava. La zuppa veniva servita frédda e sotto forma di gelatina, cosparsa di una spezia verde. Solo la Luce sapeva dove aveva trovato quell’ingrediente, o le piccole cipolle che univa ai piselli. Il manzo era tagliato talmente fino che pareva trasparente e avvolto attorno a qualcosa fatto di carote, pisellini dolci, erba cipollina e formaggio di capra; per dolce c’era anche una piccola torta di miele.
Era tutto gustoso, anche se Elayne si lamentava che nulla fosse come doveva, quasi fosse in grado di eguagliare i cuochi del palazzo reale di Caemlyn. Nynaeve era abbastanza sicura che la ragazza non fosse a caccia di complimenti. Elayne li evitava sempre e diceva esattamente cosa c’era di sbagliato. Thom e Juilin protestavano perché c’era poca carne, eppure Nynaeve notava che non solo divoravano fino all’ultima briciola, ma sembravano anche scontenti quando finiva. Quando cucinava lei, per qualche motivo gli uomini andavano sempre a mangiare in qualche altro carro. Se uno di loro preparava la cena, era sempre stufato e fagioli, così pieno di peperoni secchi che si gonfiava la lingua.
Naturalmente non consumavano i pasti da soli. Ci pensava Duca, portando il suo sgabello e sistemandosi proprio di fianco a dei, la cappa rossa dispiegata per fare maggiore effetto e le lunghe gambe distese per mostrare i polpacci che uscivano dal bordo rivoltato degli stivali. Stava con loro quasi ogni sera. Stranamente mancava solo quando cucinava lei.
In effetti era piacevole avere gli occhi dell’uomo su di sé quando era presente una donna graziosa come Elayne, però. Sedeva troppo vicino; quella sera si era allontanata tre volte, ma lui l’aveva seguita senza perdere una parola e apparentemente senza farci caso; alternava paragoni tra lei e diversi fiori, a sfavore di questi ultimi, ignorando l’occhio nero che non poteva non notare a meno che non fosse cieco e dicendole quanto sarebbe stata bella con quel vestito rosso facendole poi i complimenti per il coraggio mostrato. Per due volte aveva proposto una passeggiata sotto la luna, in maniera così velata che non ne era mai sicura fino a quando non ci rifletteva. «Quell’abito incornicerebbe il tuo ardimento alla perfezione,» le sussurrava «ma non così tanto come fai tu, perché i fiori notturni di gigli ‘dara’ piangerebbero dall’invidia vedendoti passeggiare vicino all’acqua illuminata dalla luna, come farei io, e mi trasformerei in bardo per cantare le tue lodi proprio sotto l’astro.» Nynaeve lo guardò mente elaborava la frase. Luca sembrava convinto che la donna gli facesse gli occhi dolci. Nynaeve lo aveva colpito per sbaglio fra le costole con un gomito prima che lui riuscisse a mordicchiarle un orecchio. Almeno, quelle erano sembrate le sue intenzioni, anche se adesso tossiva sostenendo di aver ingoiato male un pezzo di torta. L’uomo senza dubbio era attraente — smettila! — e aveva un bel polpaccio — ma che fai, gli guardi le gambe? — ma doveva ritenerla una cretina scervellata. Tutto questo per migliorare il suo maledetto spettacolo.
Nynaeve spostò di nuovo lo sgabello mentre l’uomo stava riprendendo fiato. Non poteva allontanarsi troppo senza far palesemente capire che era da lui che fuggiva, comunque aveva pronta la forchetta in caso l’avesse seguita di nuovo. Thom stava esaminando il suo piatto come se sotto gli occhi non avesse altro che una macchia. Juilin fischiettava sommessamente, fissando il fuoco che si estingueva con falsa intensità. Elayne la guardò e scosse il capo.
«Sei stato molto gentile a unirti a noi» disse Nynaeve alzandosi. Luca fece lo stesso con un’espressione speranzosa nel volto illuminato dal bagliore del fuoco. Nynaeve aggiunse il suo piatto a quello che Luca aveva in mano. «Thom e Juilin saranno grati del tuo aiuto a lavare le stoviglie, ne sono certa.» Prima che la bocca dell’uomo finisse di spalancarsi, Nynaeve si rivolse a Elayne. «È tardi e mi aspetto che presto passeremo il fiume.»
«Certo» mormorò Elayne, con appena l’accenno di un sorriso. E unì il suo piatto a quello di Nynaeve prima di seguirla nel carro. Nynaeve aveva voglia di abbracciarla. Fino a quando quella disse: «Davvero non dovresti incoraggiarlo.» Le lampade montate sui sostegni di bronzo si accesero di colpo.
Nynaeve si portò le mani ai fianchi. «Incoraggiarlo! Il solo modo in cui potrei incoraggiarlo di meno sarebbe pugnalandolo!» Tirò su con il naso per accentuare l’enfasi su quanto aveva detto e guardò corrucciata le lampade. «La prossima volta usa uno dei bastoncini di Aludra. I batacchi. Un giorno ti dimenticherai e incanalerai dove non dovresti, allora dove ci ritroveremo? In fuga per la nostra salvezza con un centinaio di Manti Bianchi appresso.»
Ostinata fino in fondo, l’altra donna si rifiutava di mollare la presa. «Forse sono più giovane di te, ma a tratti penso di saperne sugli uomini più di quanto mai scoprirai tu. Per un uomo come Valan Luca, anche solo quella vostra piccola disputa di stasera equivaleva a chiedergli di intensificare la caccia. Se gli staccassi il naso come hai fatto il primo giorno, forse si arrenderebbe. Non gli dici di smetterla, non glielo domandi nemmeno! Continui a sorridergli, Nynaeve. Cosa dovrebbe pensare? Non hai sorriso a nessuno per giorni!»
«Sto cercando di tenere a bada il mio carattere» borbottò Nynaeve. Tutti se ne lamentavano, e adesso che tentava di controllarlo a Elayne non andava bene! Non che fosse così stupida da apprezzare i complimenti dell’uomo. Certo non era tanto sciocca. Elayne rise di lei e Nynaeve si imbronciò.
«Oh, Nynaeve. Non puoi trattenere il sole quando albeggia. Lini forse pensava a te.»
Con uno sforzo Nynaeve mantenne l’espressione impassibile. Poteva tenere a bada la sua indole. Non glielo ho appena dimostrato? si chiese. Allungò la mano. «Dammi l’anello. Luca vorrà passare il fiume domattina presto e vorrei dormire sul serio dopo.»
«Ho pensato che sarei andata io stasera.» La voce di Elayne era leggermente preoccupata. «Nynaeve, sei entrata nel tel’aran’rhiod quasi ogni notte tranne che per gli incontri con Egwene. Quella Bair ha intenzione di fare i conti con te. Ho dovuto dir loro perché non ti eri presentata di nuovo e lei ha risposto che non dovresti avere bisogno di riposare per le volte che sei entrata nel Mondo dei Sogni, a meno che non stessi facendo qualcosa di sbagliato.» La preoccupazione divenne fermezza e la donna più giovane piantò i pugni sui fianchi. «Mi sono sorbita una predica che era destinata a te e non è stato piacevole, con Egwene in piedi che annuiva a ogni parola. Adesso credo davvero che stanotte dovresti...»
«Per favore, Elayne.» Nynaeve non abbassò la mano tesa. «Ho delle domande per Birgitte e le sue risposte potrebbero farmene venire altre in mente.» Ne aveva alcune. Potevano sempre sorgerle nuove domande per Birgitte. Non aveva nulla a che vedere con l’evitare Egwene o le Sapienti. Se visitava tel’aran’rhiod così spesso da costringere sempre Elayne ad andare agli incontri con Egwene, era una pura coincidenza.
Elayne sospirò ma prese l’anello di pietra ritorta. «Chiediglielo di nuovo, Nynaeve. È molto difficile affrontare Egwene. Ha visto Birgitte. Non ne parla, ma mi fissa. Quando ci incontriamo dopo che le Sapienti sono andate via, è peggio. Allora potrebbe chiedere ma non lo fa, e questo rende tutto peggiore.» Elayne aggrottò le sopracciglia mentre Nynaeve infilava il piccolo ter’angreal attorno alla corda che portava al collo, con il pesante anello di Lan e il Gran Serpente. «Perché pensi che nessuna delle Sapienti venga mai con lei? Non scopriamo molto nello studio di Elaida, ma sarebbe naturale se avessero l’intenzione di vedere almeno la Torre. Egwene non ne vuole nemmeno parlare davanti a loro. Se sembra che mi avvicini all’argomento, mi rivolge uno sguardo come se desiderasse colpirmi.»
«Credo che vogliano evitare la Torre il più possibile.» Per quello erano molto sagge. Se non fosse stato per la guarigione, ne sarebbe stata lontano, come anche le Aes Sedai. Non stava diventando Aes Sedai, sperava solo di imparare di più sulla guarigione. E di aiutare Rand. «Sono donne libere, Elayne. Anche se la Torre non si trovasse nella confusione in cui è, vorrebbero davvero che le Aes Sedai entrassero nel deserto, portandole via per condurle a Tar Valon?»
«Suppongo che sia così.» Il tono di voce di Elayne però rendeva evidente che non riusciva a capire. Credeva che la Torre fosse meravigliosa e non comprendeva come qualsiasi donna desiderasse evitare le Aes Sedai. Legata alla Torre Bianca per sempre, dicevano quando ti mettevano l’anello al dito. Ed era così. Eppure quella sciocca ragazza non lo considerava affatto un onere.
Elayne la aiutò a svestirsi e Nynaeve si distese sul piccolo letto sbadigliando. Era stato un giorno lungo ed era sorprendente quanto ci si stancasse a rimanere fermi in piedi quando qualcuno che non potevi vedere ti lanciava contro dei pugnali. Diversi pensieri le passavano pigramente in testa mentre chiudeva gli occhi. Elayne sosteneva che stava allenandosi quando aveva fatto la sciocca con Thom. Non che giocare al padre affettuoso con la figlia preferita fosse meno sciocco. Forse anche lei avrebbe potuto esercitarsi, solo un po’, con Valan. Be’, questo sì che era sciocco. Gli occhi degli uomini a volte vagavano — sarebbe stato meglio per Lan non farlo! — ma lei sapeva come essere costante. Semplicemente non avrebbe indossato quel vestito. Troppo seno scoperto.
Vagamente intese Elayne dire, «Ricordati di chiederglielo di nuovo.»
Quindi cadde addormentata.
Stava in piedi fuori dal carro nella notte. La luna era alta e le nuvole di passaggio lanciavano ombre sul campo. Le cicale frinivano e gli uccelli notturni lanciavano il loro richiamo. Gli occhi dei leoni brillavano mentre guardavano da dietro alle gabbie. Gli orsi dal muso bianco dormivano dietro le sbarre. La lunga linea di picchetti era senza cavalli. I cani di Clarine non erano ai guinzagli legati dietro al carro suo e di Petra e lo spazio dove stavano di solito gli s’redit nel mondo reale era vuoto. Aveva capito che solo gli animali selvatici avevano dei riflessi in questo mondo, ma, qualsiasi cosa sostenesse la donna seanchan, era difficile pensare che quelle grosse creature grigie fossero talmente addomesticate da non essere più selvatiche.
Di colpo si accorse che indossava quel vestito. Rosso fuoco, troppo aderente sui fianchi per essere considerato decente e la scollatura dal taglio squadrato era così profonda che il seno avrebbe potuto fuoriuscirne. Non riusciva a immaginare nessun’altra donna, tranne Berelain, indossarlo. Per Lan lo avrebbe fatto. Se fossero stati da soli. Stava pensando a Lan quando si era addormentata. Lo stavo facendo, vero? si chiese.
In ogni caso, senza dubbio non avrebbe lasciato che Birgitte la vedesse con quella cosa indosso. La donna sosteneva di essere un soldato, e più tempo Nynaeve trascorreva con lei, più si rendeva conto che alcuni dei suoi comportamenti e considerazioni, erano tremendi come quelli degli uomini. Peggiori. Una combinazione di Berelain e un frequentatore rissoso di taverne. Non commentava sempre, ma di certo lo faceva quando Nynaeve permetteva ai suoi pensieri di avvolgerla in abiti come quello. Si cambiò indossando della robusta lana dei Fiumi Gemelli, scura con una semplice sciarpa che non le serviva, i capelli in un’acconciatura come si deve, e aprì la bocca per chiamare Birgitte.
«Perché ti sei cambiata?» disse la donna uscendo dalle ombre e appoggiandosi al suo arco d’argento. L’intricata treccia bionda le scendeva su una spalla e la luce della luna risplendeva sull’arco e le frecce. «Mi ricordo che una volta indossai un abito che avrebbe potuto essere il gemello di quello. Era solo per attirare l’attenzione e far passare di soppiatto Gaidal — i soldati avevano strabuzzato gli occhi come rospi — ma era divertente. Gaidal odiava ballare, ma era così impegnato a evitare che ogni uomo mi si avvicinasse che non fece altro.» Birgitte rise con affetto. «Quella sera ho guadagnato cinquanta pezzi al gioco perché era così intento a fissarmi che non guardava le sue pedine. Gli uomini sono strani. Non che non mi avesse mai vista prima, ma...»
«Potrebbe essere» la interruppe Nynaeve, stringendosi lo scialle attorno alle spalle con fermezza.
Prima che riuscisse a porre la sua domanda, Birgitte disse: «L’ho trovata» e tutte le possibili richieste scomparvero.
«Dove? Ti ha vista? Puoi portarmi da lei? Senza che se ne accorga?» Lo stomaco di Nynaeve era pieno di paura, certamente Valan avrebbe parlato molto del suo coraggio se avesse potuto osservarla adesso, ma era sicura che si sarebbe trasformata in rabbia non appena avesse scorto Moghedien. «Se riesci a farmi avvicinare...» si interruppe mentre Birgitte sollevava una mano.
«Non credo che mi abbia vista, o dubito che ora sarei qui.» Adesso era seria. Nynaeve trovava molto più facile starle accanto quando mostrava quell’aspetto dell’essere soldato. «Posso lasciarti avvicinare per un po’, se vuoi andare, ma non è sola. Almeno... Vedrai. Devi restare in silenzio e non fare nulla contro Moghedien. Ci sono altri Reietti. Forse riusciresti a distruggerla, ma sei in grado di eliminarne cinque?»
L’agitazione nello stomaco le salì al petto. E scese nelle ginocchia. Cinque. Avrebbe dovuto chiedere cosa aveva visto e sentito Birgitte e limitarsi a quello. Quindi avrebbe potuto ritornare al suo letto e... Ma Birgitte la stava guardando. Non metteva in dubbio il suo coraggio, la guardava. Pronta a farlo se glielo avesse chiesto. «Resterò in silenzio e non penserò nemmeno a incanalare.» Non con cinque Reietti tutti assieme. Anche se in quel momento non avrebbe nemmeno potuto incanalare una scintilla. Irrigidì le ginocchia per evitare che battessero. «Non appena sei pronta.»
Birgitte sollevò l’arco e mise una mano sul braccio di Nynaeve... e il respiro della donna si fermò. Stavano in piedi sul nulla, attorno a loro l’oscurità infinita, non c’era modo di distinguere l’alto dal basso, e da ogni parte un abisso che avrebbe potuto durare per sempre. Con la testa che le girava si costrinse a guardare nella direzione verso cui Birgitte indicava.
Sotto di loro anche Moghedien stava in piedi nel buio, vestita quasi dello stesso nero che la circondava, china in avanti mentre ascoltava attentamente. E sotto di lei c’erano quattro enormi sedie dallo schienale alto, ognuna diversa dall’altra, erano piazzate su un pavimento di mattonelle bianche brillanti e fluttuavano nell’oscurità. Stranamente Nynaeve riusciva a sentire bene quello che dicevano le persone che erano sedute come se si fosse trovata fra loro.
«...mai stato un codardo,» sosteneva una graziosa donna paffuta dai capelli biondo oro «per cui perché iniziare?» Sembrava vestita di nebbia argentea e gemme brillanti, seduta su una sedia di avorio decorata dalla rappresentazione di una serie di acrobati nudi. Quattro uomini fungevano da zampe e le braccia poggiavano sulla schiena di donne accovacciate. Due uomini e due donne le tenevano un cuscino di seta bianca dietro la testa, mentre al di sopra altri erano contorti in figure che Nynaeve non credeva che un corpo umano potesse realizzare. Arrossì quando si accorse che alcuni facevano altro che figure acrobatiche.
Un uomo abbastanza alto, con una cicatrice livida sul viso, una barba dorata e squadrata, stava protendendosi in avanti furioso. La sua sedia era di legno, con delle incisioni che rappresentavano uomini in armatura e cavalli, una mano guantata stretta a pugno afferrava un fulmine dietro al picco. La giubba rossa compensava la mancanza di doratura della sedia, dato che sulle spalle e sulle braccia scendevano dei ricami di spirali dorate. «Nessuno mi hai mai chiamato codardo» disse in tono acido. «Ma se continuiamo a questo modo, verrà direttamente a cercare me.»
«Era il piano fin dall’inizio» puntualizzò una voce femminile e melodiosa. Nynaeve non riusciva a vederla, nascosta dietro lo schienale torreggiante della sedia che sembrava tutta realizzata in pietra candida come la neve e argento.
Il secondo uomo era grosso, scuro e attraente, con delle striature bianche sulle tempie. Giocava con un calice dorato, adagiato su un trono. Era la sola parola atta a descrivere quella sedia tempestata di pietre preziose. Di tanto in tanto si vedeva un fulgore e Nynaeve non dubitava che ci fosse oro massiccio sotto tutti quei rubini, smeraldi e pietre di luna, che sembrava pesante.
«Si concentrerà su di te» disse il grosso uomo con una voce profonda. «Se servisse, uno che gli è molto vicino potrebbe morire, per tuo ordine. Verrà a cercarti. E mentre è intento a farlo, noi tre uniti lo prenderemo. Cosa è cambiato per alterare questo piano?»
«Nulla» gridò l’uomo con la cicatrice. «Meno ancora, la mia fiducia nei vostri confronti. Sarò parte del legame o l’accordo finisce ora.»
La donna dai capelli biondo oro gettò indietro la testa e scoppiò a ridere. «Pover’uomo» disse prendendolo in giro e gesticolando verso di lui con una mano inanellata. «Credi che non noterebbe il legame? Ha un insegnante, ricordalo. Poco abile, ma non un completo sprovveduto. La prossima volta chiederai di includere abbastanza bambine dell’Ajah Nera per comporre un circolo oltre i tredici elementi, in modo che tu o Rahvin possiate avere il controllo.»
«Se Rahvin si fida abbastanza di noi per non legarsi quando dovrebbe permettere a uno di noi di guidare» intervenne la voce melodiosa, «potresti mostrare la stessa fiducia.» Il grosso uomo guardò nel calice e la donna vestita di nebbia sorrise leggermente. «Se non credi che non ci rivolteremo contro di te,» continuò la donna invisibile «confida almeno nel fatto che ognuno di noi controllerà gli altri. Hai acconsentito a tutto questo, Sammael. Perché adesso incominci a vacillare?»
Nynaeve sobbalzò quando Birgitte le toccò un braccio...
...e si ritrovarono fra i carri, con la luna che splendeva attraverso le nuvole. Sembrava quasi normale a confronto con il posto dove erano prima.
«Perché...?» iniziò Nynaeve, quindi deglutì. «Perché siamo andate via?» Il cuore le batteva in gola. «Moghedien ci ha viste?» Era così concentrata sugli altri Reietti — su quel miscuglio di stranezze e luoghi comuni — che aveva dimenticato di tenere d’occhio Moghedien. Sospirò di sollievo quando Birgitte scosse il capo.
«Non ho mai distolto lo sguardo da lei per più di un momento e lei non ha mai mosso un muscolo. Ma non mi piace restare così esposta. Se avesse guardato in alto, o uno degli altri...»
Nynaeve si strinse nello scialle ma ancora rabbrividiva. «Rahvin e Sammael.» Avrebbe desiderato non avere la voce rauca. «Hai riconosciuto gli altri?» Certo che Birgitte lo aveva fatto. Era una frase sciocca, ma era scossa.
«Lanfear era quella nascosta dalla sedia. L’altra era Graendal. Non credere che sia una stupida perché si trastullava su una sedia che farebbe arrossire una tenutaria Senje. È ambigua e usa i suoi ‘cuccioli’ per riti che spingerebbero al celibato anche il più rozzo dei soldati di mia conoscenza.»
«Graendal è subdola» ripeté la voce di Moghedien, «ma non abbastanza.»
Birgitte si voltò di scatto sollevando l’arco d’argento, con una freccia dello stesso metallo quasi incoccata, e di colpo si ritrovò a precipitare con fracasso contro il carro di Nynaeve così forte che rimbalzò indietro e rimase accasciata al suolo.
Nynaeve si protese disperatamente verso saidar. La paura si faceva strada attraverso la rabbia, ma era abbastanza furiosa, e corse contro un muro invisibile fra lei e il caldo bagliore della Vera Fonte. Si mise quasi a ululare. Qualcosa le afferrò i piedi tirandoli indietro e sollevandoli dal suolo, la stessa cosa le sollevò le mani in altro e all’indietro finché incontrarono le caviglie sopra la testa. Gli abiti divennero polvere che scivolò sulla pelle e la treccia le tirò indietro la testa fino a sfiorarle le natiche. Angosciata cercò di abbandonare il sogno. Era piegata a metà e sospesa a mezz’aria come una creatura presa in una rete, ogni muscolo era teso al massimo. Il corpo era scosso da tremiti, le dita si agitavano debolmente sfiorando i piedi. Era convinta che se avesse provato a muovere qualche altra parte si sarebbe spezzata la schiena.
Stranamente la paura era sparita, adesso che era troppo tardi. Era sicura che sarebbe stata abbastanza veloce se non l’avesse travolta il terrore quando avrebbe dovuto attaccare. L’unica cosa che voleva era una possibilità di stringere le mani attorno alla gola di Moghedien. Sai quanto mi serve adesso! si rimproverò. Ogni respiro le costava fatica.
Moghedien si mise in un punto da dove Nynaeve poteva vederla, attraverso il triangolo tremante delle braccia. Il bagliore di saidar circondava la donna come se fosse una forma di irrisione. «Un dettaglio dalla sedia di Graendal» disse la Reietta. L’abito era di seta come quello dell’altra, e mutava d’aspetto da nebbia nera a quasi trasparente per poi diventare argenteo. Il tessuto cambiava quasi costantemente. Nynaeve l’aveva vista indossarlo prima, a Tanchico. «Non ci avrei pensato da sola, ma a volte Graendal può essere... edificante.» Nynaeve la guardò furiosa, ma Moghedien non sembrò farvi caso. «Riesco a credere a malapena che sei qui per darmi la caccia. Pensavi davvero che perché in un’occasione sei stata abbastanza fortunata da cogliermi con la guardia abbassata, puoi essere al mio livello?» La risata della donna era tagliente. «Se solo sapessi quanto mi sono sforzata di trovarti. E sei venuta tu da me.» Si guardò intorno osservando i carri, esaminando i leoni e gli orsi per un po’ prima di rivolgersi nuovamente a Nynaeve. «Un serraglio? Questo rende abbastanza facile trovarti. Se adesso ne avessi bisogno.»
«Fai quello che devi, che tu sia folgorata» ringhiò Nynaeve. Meglio che poteva. Ripiegata com’era, doveva forzare l’emissione delle parole, una per una. Non osava guardare Birgitte, anche perché non avrebbe potuto girare il capo, ma ruotando gli occhi come se fosse combattuta fra la rabbia e la paura, le lanciò uno sguardo. Le si era svuotato lo stomaco, anche distesa come una pelle di pecora appesa ad asciugare. Birgitte giaceva in terra, le frecce d’argento erano cadute dalla faretra appesa alla vita, l’arco dello stesso metallo era distante una spanna dalla mano immobile. «Fortunata, hai detto? Se non fossi riuscita a prendermi di sorpresa, ti avrei spellata fino a farti piangere. Ti avrei torto il collo come una gallina.» Aveva soltanto una possibilità, se Birgitte era morta, una scarsa. Voleva far arrabbiare Moghedien al punto tale da ucciderla velocemente in un moto di rabbia. Se solo ci fosse stato il modo di avvisare Elayne. La sua morte sarebbe stata abbastanza. «Ti ricordi di avermi detto che mi avresti impiegata come un oggetto per montare a cavallo? Quando poi io risposi che avrei fatto lo stesso? Fu dopo averti battuta. Quando singhiozzavi e mi imploravi di lasciarti in vita. Offrendomi di tutto. Sei una codarda senza fegato! Quello che resta in un pitale dopo averlo usato per la notte! Tu, pezzo di...» Qualcosa di spesso le entrò in bocca, abbassandole la lingua e costringendola a restare a bocca aperta.
«Sei così ingenua» mormorò Moghedien. «Credimi, sono già arrabbiata a sufficienza con te. Non penso che ti userò come oggetto per montare a cavallo.» Il suo sorriso le fece accapponare la pelle. «Ho idea che ti trasformerò in un cavallo. Qui è possibile. Un cavallo, un topo, una rana...» fece una pausa per ascoltare, «...una cicala. E ogni volta che verrai nel tel’aran’rhiod, sarai un cavallo, fino a quando non deciderò di cambiare. O che lo faccia qualche altro con le mie stesse conoscenze.» Dopo un’altra pausa, in tono quasi comprensivo, aggiunse: «No, non voglio darti una falsa speranza. Siamo solo in nove adesso, sanno di quel vincolo e non vorresti che nessuno degli altri ti avesse come non vuoi me. Sarai un cavallo ogni volta che ti porterò qui. Avrai la sella e la briglia. Intreccerò anche la tua criniera.» Tirò la treccia di Nynaeve quasi fino a strappargliela. «Anche allora ti ricorderai chi sei. Credo che mi divertirò a cavalcarti, ma tu forse no.» Moghedien inspirò profondamente e il vestito divenne qualcosa di scuro che brillava nella notte. Nynaeve non era sicura, ma pareva il colore del sangue. «Mi hai fatto apprezzare Semirhage. Sarà un bene farla finita con te, così poi potrò dedicarmi a faccende di maggiore importanza. Quella piccola smorfiosa bionda si trova con te nel serraglio?»
La cosa spessa scomparve dalla bocca di Nynaeve. «Sono sola, stupida...» Dolore. Come se l’avessero picchiata dalle caviglie fino alle spalle, ogni colpo simultaneamente. Gridò stridula. Ancora. Cercò di stringere i denti, ma aveva le orecchie colmate dal suo stesso grido infinito. Le lacrime le colarono senza vergogna sulle guance mentre singhiozzava, aspettando senza speranza il prossimo colpo.
«Sta con te?» ripeté paziente Moghedien. «Non sprecare tempo nel tentativo di lasciarti uccidere da me. Non lo farò. Vivrai molti anni servendomi. Le tue pietose capacità potrebbero essere utili una volte addestrata. Da me. Ma posso convincerti che ciò che hai appena provato sia solo una carezza. Adesso, rispondi alla mia domanda.»
Nynaeve riuscì a riprendere fiato. «No» gemette. «È fuggita con un uomo dopo che abbiamo lasciato Tanchico. Grande abbastanza da essere suo nonno ma con i soldi. Abbiamo sentito cosa è accaduto nella Torre...» era sicura che Moghedien ne fosse al corrente, «...e aveva paura di tornarci.»
L’altra donna rise. «Una storia deliziosa. Mi sembra quasi di vedere cosa ha affascinato Semirhage nello spezzare gli spiriti. Oh, mi farai divertire molto, Nynaeve al’Meara. Ma prima mi porterai la giovane Elayne. La schermerai e benderai gettandomela ai piedi. Sai perché? Perché alcune cose sono più forti in tel’aran’rhiod che nel mondo reale. Questo è il motivo per cui sarai una bella giumenta bianca ogni volta che ti conduco qui. E non sono solo le percosse e i lividi che ottieni qui a durare anche dopo. La coercizione è un’altra. Voglio che ci pensi per un momento o due, prima di iniziare a credere nella tua idea. Credo che la ragazza sia tua amica. Ma me la porterai come un animale domestico...» Moghedien gridò mentre una freccia d’argento improvvisamente spuntava da sotto al seno destro.
Nynaeve ricadde al suolo come un sacco. Il colpo le fece emettere tutto il fiato che aveva nei polmoni come una martellata nello stomaco. Respirando a fatica cercò di muovere i muscoli indolenziti, di lottare attraverso il dolore per raggiungere saidar.
Barcollando per alzarsi in piedi Birgitte annaspò alla ricerca di un’altra freccia nella faretra. «Vai, Nynaeve!» Era un grido soffocato. «Vai via!» La testa di Birgitte vacillò e l’arco d’argento traballò mentre lo sollevava.
Il bagliore attorno a Moghedien aumentò finché sembrò che fosse circondata da un sole accecante. La notte si ripiegò su Birgitte come l’onda di un oceano, avviluppandola nell’oscurità. Quando passò l’arco ricadde sopra alcuni abiti vuoti che collassavano. Gli indumenti svanirono come nebbia che evaporava, rimasero solo l’arco e le frecce, che risplendevano nella luce lunare.
Moghedien si piegò in ginocchio ansimando e afferrando con entrambe le mani la freccia che spuntava dal torace, mentre il bagliore che la circondava svaniva definitivamente. Poi fu il suo turno e la freccia d’argento cadde nel punto dove si era trovata, macchiata da sangue scuro.
Dopo quella che era sembrata un’eternità, Nynaeve riuscì a mettersi carponi. Singhiozzando strisciò verso l’arco di Birgitte. Stavolta non era la sofferenza a provocarle le lacrime. Inginocchiata, nuda e senza curarsene, lo afferrò. «Mi dispiace» gemette.
«Oh, Birgitte, perdonami. Birgitte!»
Non vi fu risposta se non il doloroso lamento di un uccello notturno.
Liandrin balzò in piedi mentre la porta che dava nella camera da letto di Moghedien si spalancava e la Prescelta entrò barcollante, con il sangue che le macchiava la camicia di seta. Chesmal e Temaile si affrettarono ad affiancarla, ognuna prendendola per un braccio per tenerla in piedi, ma Liandrin rimase ferma. Le altre erano lontano, forse fuori Amador, per quanto ne sapeva Liandrin. Moghedien diceva solo quello che voleva che sapessero e puniva le domande che non le piacevano.
«Cosa è accaduto?» esclamò Temaile.
La breve occhiata di Moghedien avrebbe dovuto gelarla sul posto. «Tu hai una vaga capacità di guarire» disse la Prescelta a Chesmal con la voce impastata. Il sangue le bagnava le labbra, scivolando dall’angolo della bocca in un rivolo che aumentava d’intensità. «Fallo. Adesso, sciocca!»
La donna dai capelli scuri del Ghealdan non esitò ad appoggiare le mani sul capo di Moghedien. Liandrin ghignò mentre il bagliore circondava Chesmal. La preoccupazione era dipinta sul bel viso dell’altra donna e i lineamenti delicati e volpini di Temaile erano contorti dalla paura. Erano così fedeli. Dei cani così obbedienti. Moghedien si sollevò in punta di piedi gettando il capo all’indietro. Gli occhi erano sgranati e tremava, il respiro fluiva dalla bocca spalancata come se fosse stata immersa nel ghiaccio.
La procedura si concluse in un momento. Il bagliore attorno Chesmal scomparve e i talloni di Moghedien ricaddero sul tappeto blu e verde. Senza il sostegno di Temaile forse sarebbe caduta. Solo una parte della forza per la pratica della guarigione proveniva dal Potere. Il resto dipendeva dalla persona che veniva guarita. La causa di tutto quel sanguinare era scomparsa, ma Moghedien era certamente debole come se fosse rimasta a letto malata per settimane. Prese la bella sciarpa di seta oro e avorio dalla cintura di Temaile per pulirsi le labbra mentre la donna la aiutava a entrare nella sua camera. Debole e di spalle.
Liandrin la colpì con tutta la forza, con l’energia che le derivava dalla consapevolezza di quanto la Prescelta le aveva fatto.
Mentre ciò avveniva, saidar sembrò colmare Moghedien come una piena. Il sondaggio di Liandrin si concluse quando venne schermata dalla Fonte. Dei flussi di aria la sollevarono e la sbatterono contro i pannelli della parete con forza sufficiente a falle tremare i denti. A braccia aperte e indifesa, rimase lì dov’era.
Chesmal e Temaile si scambiarono delle occhiate confuse, come se non capissero cosa fosse accaduto. Continuarono a supportare Moghedien mentre questa si poneva davanti a Liandrin, sempre pulendosi con calma la bocca con la sciarpa di Temaile. Incanalò e il sangue sulla camicia prima divenne nero e poi cadde in frantumi sul pavimento.
«Tu non capisci, somma signora» disse Liandrin in preda al panico. «Volevo solo aiutarti ad avere un buon sonno.» Per una volta in vita sua, usare un tono umile non le importava minimamente. «Volevo solo...» si interruppe quando un flusso di Aria le prese la lingua, tirandogliela fuori dai denti. Sgranò gli occhi marroni. Una pressione leggermente maggiore, e...
«Devo toglierla?» Moghedien le studiò il volto, ma sembrava parlasse da sola. «Non credo. È un peccato per te che la donna al’Meara mi faccia pensare come Semirhage. Altrimenti potrei limitarmi a ucciderti.» Legò improvvisamente lo schermo con alcuni intricati nodi, fino a quando Liandrin si perse nel seguirla. La donna proseguiva ad annodare. «Ecco fatto» disse finalmente compiaciuta Moghedien. «Cercherai a lungo prima di trovare qualcuna in grado di scioglierlo, ma non avrai occasione di andare alla ricerca.»
Liandrin incrociò lo sguardo di Chesmal e Temaile, per potervi cogliere un qualche segno di simpatia, pietà, o qualsiasi altra cosa. Gli occhi di Chesmal erano freddi e severi. Quelli di Temaile brillavano, mentre si toccava sorridendo le labbra con la punta della lingua. Non era un sorriso amichevole.
«Credevi di aver imparato qualcosa sulla coercizione» proseguì Moghedien. «Te ne insegnerò un altro po’.» Per un istante Liandrin fu scossa dai brividi. Lo sguardo di Moghedien le copriva la visuale mentre la voce le riempiva le orecchie, tutta la testa. «Vivi.» L’istante passò e il sudore imperlava il volto di Liandrin mentre la Prescelta le sorrideva. «La coercizione ha molti limiti, ma il comando di fare qualcosa che il soggetto vuole con tutto se stesso durerà per un’intera esistenza. Tu vivrai, per quanto desidererai toglierti la vita. E ci penserai. Piangerai per molte notti invocando la morte.»
I flussi che bloccavano la lingua di Liandrin svanirono e la donna si fermò a malapena per deglutire. «Ti prego, somma signora, giuro che non intendevo...» La testa le risuonò e davanti agli occhi le ballarono delle farfalline nere e argentee per lo schiaffo di Moghedien.
«C’è una certa... soddisfazione... nel fare qualcosa fisicamente» sibilò la donna. «Desideri ancora pregare?»
«Ti prego, somma signora...» il secondo schiaffo le scompigliò i capelli.
«Ancora?»
«Ti prego...» Il terzo quasi le slogò la mandibola. La guancia le bruciava. «Se non riesci a essere più fantasiosa, non ti ascolterò. Tu invece lo farai. Credo che quello che ho in programma per te delizierebbe Semirhage in persona.» Il sorriso di Moghedien era oscuro quasi come quello di Temaile. «Vivrai, non quietata, ma consapevole che potresti incanalare di nuovo se solo trovassi qualcuna in grado di slegare lo schermo. E questo è solo l’inizio. Evon sarà contento di avere una nuova sguattera. E sono sicura che Arene vorrà tenere dei lunghi discorsi con te riguardo suo marito. Penso che godiamo talmente della tua compagnia che dubito vedrai l’esterno di questa casa nei prossimi anni. Lunghi anni in cui rimpiangerai di non avermi servita fedelmente.»
Liandrin scosse il capo, mentre le labbra si muovevano a formare le parole ‘no’ e ‘ti prego’, piangeva troppo per riuscire a parlare.
Rivolgendo la testa verso Temaile, Moghedien disse: «Preparala per loro. E di’ a queste persone che non devono ucciderla o storpiarla. Voglio che creda sempre di poter fuggire. Anche una futile speranza la manterrà in vita per soffrire.» Si voltò appoggiata al braccio di Chesmal e il flusso che bloccava Liandrin scomparve.
Le gambe della donna cedettero come paglia, facendola accasciare sul tappeto. Rimaneva solo lo schermo, che colpì futilmente mentre strisciava dietro a Moghedien nel tentativo di afferrare l’orlo della camicia e singhiozzando a dirotto. «Ti prego, somma signora.»
«Viaggiano con un serraglio» disse Moghedien a Chesmal. «Tutte le vostre ricerche, e ho dovuto trovarle da sola. Un serraglio non dovrebbe essere troppo difficile da localizzare.» «Servirò fedelmente» singhiozzava Liandrin. La paura le aveva mutato gli arti in acqua e non riusciva a muoversi abbastanza velocemente da raggiungerla. Non la guardarono nemmeno mentre strisciava sul tappeto appresso a loro. «Legami a te, somma signora. Qualsiasi cosa. Sarò un cane fedele!»
«Ci sono molti serragli che viaggiano verso nord» rispose Chesmal, ansiosa di negare il proprio fallimento. «Verso Ghealdan, somma signora.»
«Allora devo andare nel Ghealdan» rispose Moghedien. «Ti procurerai dei cavalli veloci e seguirai...» la porta della camera da letto si chiuse.
«Sarò un cane fedele» singhiozzava Liandrin accasciata sul tappeto. Sollevò il capo e batté le palpebre nel vedere Temaile che la osservava, strofinandosi le braccia e sorridendo. «Potremmo sopraffarla, Temaile. Noi tre insieme potremmo...»
«Noi tre?» rise Temaile. «Adesso non riusciresti a sopraffare quel grassone di Evon.» Socchiuse gli occhi mentre osservava lo scudo legato a Liandrin. «Tanto valeva che ti quietasse.»
«Ascoltami, ti prego.» Liandrin deglutì cercando di schiarirsi la voce, ma era ancora impastata, come se avesse fretta, quindi proseguì velocemente. «Abbiamo parlato del disaccordo che deve esserci fra i Prescelti. Se Moghedien si nasconde a questo modo, allora è dagli altri prescelti che non vuole essere scoperta. Se la prendiamo e gliela consegniamo, pensa a quale posizione potremmo ottenere. Potremmo essere elevate al di sopra di re e regine. Potremmo essere anche noi delle Prescelte!»
Per un momento — un benedetto, breve momento — sul viso da bambina della donna apparve dell’esitazione. Quindi scosse il capo. «Non hai capito fin dove potevi alzare lo sguardo. ‘Chi cerca di afferrare il sole si brucia’. No, non credo di essere disposta a bruciarmi per tentare di andare troppo in alto. Credo invece che farò quello che mi è stato detto e ti preparerò per Evon.» Improvvisamente sorrise, mettendo in mostra dei denti che ne rendevano i lineamenti anche più volpini. «Sarà molto sorpreso quando ti vedrà strisciare per baciargli i piedi.»
Liandrin iniziò a gridare prima ancora che Temaile agisse.