10 Fichi e topi

Elayne si accorse che la stavano trasportando di peso al piano superiore. Aprì gli occhi e si accorse che riusciva a vedere, ma il resto del corpo sembrava appartenesse a qualcun’altra per come non riusciva a controllarlo. Anche sbattere le palpebre le risultava difficile. Aveva la sensazione che il cervello fosse pieno di piume.

«Si è svegliata, comare!» gridò Luci, lasciandola quasi cadere. «Mi sta guardando!»

«Ti ho detto di non preoccuparti» la voce di comare Macura giunse da sopra la testa di Elayne. «Non può incanalare o muovere un muscolo, non con un infuso di radice biforcuta. L’ho scoperto per caso, ma di certo è utile.»

Era vero. Elayne ciondolava fra loro due come una bambola di pezza che avesse perso metà dell’imbottitura, battendo contro le scale con il posteriore, e non poteva fare un movimento. Percepiva la Vera Fonte, ma cercare di abbracciarla era come tentare di infilare un ago guardando in uno specchio e con le dita gelate. Fu travolta dal panico e sulle guance le scivolarono delle lacrime.

Forse queste donne l’avrebbero consegnata ai Manti Bianchi perché fosse giustiziata; ma non poteva credere che costoro si servissero di donne che disseminavano trappole nella speranza che un’Aes Sedai capitasse da quelle parti. Restavano le Amiche delle Tenebre, quasi probabilmente al servizio dell’Ajah Nera oltre che della Gialla. Sarebbe certamente stata consegnata all’Ajah Nera a meno che Nynaeve non fosse riuscita a fuggire. Ma se doveva scappare, non poteva contare su nessun altro. E non poteva nemmeno muoversi o incanalare. Di colpo si accorse che stava cercando di gridare, riuscendo solo a mugolare sommessamente. Smettere richiese tutte le forze che le erano rimaste.

Nynaeve sapeva tutto di erbe, o così sosteneva. Perché non aveva riconosciuto di cosa era fatto quel tè? Piantala di lamentarti! La vocina ferma che aveva in testa sembrava proprio quella di Lini. Un maialino che grida perché è rimasto incastrato sotto al recinto attira solo le volpi, quando invece dovrebbe cercare di fuggire. Si concentrò disperatamente sul semplice esercizio di abbracciare saidar. In teoria doveva essere semplice, ma adesso era come tentare di raggiungere saidin. In ogni caso continuò a provare, era la sola cosa che poteva fare.

Comare Macura non sembrava preoccupata. Non appena ebbero adagiato Elayne su un lettino in una piccola stanza con una finestra, fece uscire di corsa Luci senza nemmeno voltarsi indietro. La testa di Elayne ciondolava da un lato e vedeva un altro letto e un settimino con le maniglie di ottone lucidato sui cassetti. Era in grado di ruotare gli occhi, ma muovere il capo era oltre le sue forze.

Dopo alcuni minuti le donne fecero ritorno ansimanti, con Nynaeve sospesa fra loro due, e la misero sull’altro letto. Il viso dell’altra era stanco e coperto di lacrime, ma gli occhi scuri... erano colmi di furia e anche paura. Elayne sperava che la rabbia avesse il sopravvento; Nynaeve era più forte di lei, quando poteva incanalare. Forse sarebbe riuscita dove lei falliva sempre. Quelle dovevano essere lacrime di stizza.

Dicendo alla ragazza magra di restare nella stanza, comare Macura uscì velocemente ancora una volta, stavolta ritornando con un vassoio che appoggiò sopra al mobile, con una teiera gialla, una tazza, un imbuto e una clessidra. «Luci, assicurati di somministrare loro almeno sessanta grammi di infuso non appena si svuota la clessidra. Subito, mi raccomando!»

«Perché non glielo diamo adesso?» la ragazza si lamentò sfregandosi le mani. «Voglio che riprendano a dormire, non mi piace che mi guardino.»

«Sarebbero come morte, ragazza, in questo modo invece possiamo lasciarle deste quanto basta perché camminino quando ci serve. Darò loro una dose massiccia quando giungerà il momento di mandarle via. Avranno mal di testa e crampi allo stomaco, ma non più di quanto si meritino, suppongo.»

«E se possono incanalare, comare? Cosa faccio se ci riescono? Mi guardano.»

«Smettila di ciarlare, ragazza» scattò la donna anziana. «Se avessero potuto non credi che ormai lo avrebbero fatto? Sono indifese come gattini in un sacco e resteranno in questo modo fino a quando somministrerai loro delle belle dosi di infuso. Adesso fai come ti ho detto, hai capito? Devo andare a dire al vecchio Avi di spedire uno dei suoi piccioni e organizzare alcune cose, ma tornerò appena possibile. Farai meglio a preparare un’altra teiera di radice biforcuta, per sicurezza. Uscirò dal retro. Chiudi il negozio. Qualcuno potrebbe entrare e non va bene.»

Dopo che comare Macura fu andata via Luci rimase in piedi a fissarle per un po’, sempre sfregandosi le mani, poi finalmente si allontanò anche lei.

Il respiro leggermente affannato svanì mentre scendeva le scale.

Elayne vedeva la fronte di Nynaeve imperlata di sudore e sperava che fosse per lo sforzo, non a causa del caldo. Prova, Nynaeve, pensò. Anche lei si protese verso la Vera Fonte, annaspando goffamente fra i batuffoli di lana che sembravano imbottirle la testa, falliva, tentava ancora, falliva di nuovo, ritentava... Oh, Luce, prova Nynaeve, prova!

La clessidra le riempiva gli occhi, non riusciva a guardare altro. La sabbia scendeva e ogni granello contrassegnava un fallimento da parte sua. Cadde l’ultimo e Luci non arrivò. Elayne si sforzò maggiormente verso la Fonte, voleva muoversi. Dopo un po’ le dita della mano sinistra fecero un movimento. Sì! Trascorse ancora qualche minuto e riuscì a sollevare la mano. Solo pochi millimetri prima che ricadesse, ma l’aveva mossa. Con uno sforzo riuscì a voltare il capo.

«Lotta» mormorò Nynaeve con la voce impastata, appena comprensibile. Con le mani stringeva forte la coperta sotto di lei, sembrava che stesse provando a sedersi. Non si sollevava nemmeno la testa, ma stava provando. «Lo sto facendo» cercò di rispondere Elayne, ma alle sue orecchie suonò più come un grugnito.

Lentamente riuscì ad alzare la mano in un punto dove poteva vederla e mantenerla sospesa. Fu pervasa da una sensazione di trionfo. Fai bene ad avere paura di noi, Luci. Resta in cucina un altro po’ e...

La porta si spalancò ed Elayne fu pervasa da singulti di frustrazione quando Luci entrò nella stanza. Era stata così vicina... la ragazza le guardò e con un grido di puro terrore scattò verso la settimina.

Elayne cercò di combatterla, ma anche se era magra Luci scansò le sue mani senza alcuno sforzo e le infilò l’imbuto in bocca altrettanto facilmente. La ragazza ansimava come se stesse correndo. Una bevanda fredda e amara le scivolò giù per la gola. Guardò la ragazza, che aveva in volto il panico che provava anche lei. Ma Luci teneva chiusa la bocca di Elayne carezzandole il collo con torva determinazione, anche se era spaventata, mentre questa deglutiva. Elayne fu sopraffatta dall’oscurità e sentì dei gorgoglii di protesta provenire da Nynaeve.

Quando poté vedere di nuovo, Luci era andata via e la sabbia scendeva di nuovo dalla clessidra. Gli occhi scuri dell’amica erano stralunati, forse per la rabbia o magari per la paura, non avrebbe saputo dirlo. No, Nynaeve non si sarebbe arresa. Era una delle qualità che ammirava in lei. La testa di Nynaeve avrebbe potuto trovarsi sul ceppo del boia e non si sarebbe arresa. Ma le nostre teste sono sul ceppo! pensò.

Si vergognava di essere tanto più debole di Nynaeve. Un giorno sarebbe stata la regina di Andor e adesso si sarebbe messa a gridare dalla paura. Non lo fece, nemmeno dentro di sé. Con ostinazione provò di nuovo a muoversi, a toccare saidar, ma avrebbe voluto strillare. Come poteva salire sul trono se era così debole? Si protese di nuovo verso la Fonte. Ancora e ancora. Gareggiando con i granelli di sabbia.

Ancora una volta la clessidra si vuotò e Luci non era presente. Lentamente, raggiunse di nuovo il punto in cui poteva sollevare la mano. Poi la testa! Anche se ricadde subito. Poteva sentire Nynaeve che borbottava e riusciva a capire quasi tutte le parole.

La porta si spalancò un’altra volta. Elayne sollevò il capo per guardarla disperatamente e... rimase a bocca aperta. Thom Merrilin era là in piedi come l’eroe di una delle sue storie, con una mano afferrava per il collo una Luci quasi svenuta, con l’altra era pronto a lanciare un pugnale. Elayne rise deliziata, anche se il suono era simile a un gracidio.

Thom spinse sgarbatamente la ragazza in un angolo. «Resta lì o affilerò questa lama sulla tua pelle!» In due passi si trovò di fianco a Elayne togliendole i capelli dal viso con la preoccupazione dipinta in volto. «Cosa hai somministrato loro, ragazza? Dimmelo o...»

«Non lei» mormorò Nynaeve. «Altra. Andata via. Aiutami. Devo camminare.»

Thom lasciò Elayne con riluttanza. Mostrò di nuovo il pugnale a Luci, che si era accovacciata come se non intendesse muoversi mai più, quindi lo fece scomparire sotto una manica con uno sfavillio. Aiutando Nynaeve ad alzarsi incominciò a camminare avanti e indietro nel piccolo spazio della stanza. La donna si appoggiava pesantemente a lui barcollando.

«Sono contento di sentire che questa gatta spaventata non vi ha intrappolate» disse Thom. «Se fosse stata lei...» scosse il capo. Senza dubbio avrebbe avuto poco rispetto anche per loro se Nynaeve avesse raccontato la verità; Elayne di certo non voleva farlo. «L’ho trovata che correva su per le scale in preda a un tale panico che non mi ha nemmeno sentito arrivare alle spalle. Ma un’altra è riuscita a uscire senza che Juilin la vedesse. Potrebbe portare dei rinforzi?»

Elayne si girò su un fianco. «Non penso, Thom» mormorò. «Non può far sapere a troppe persone... di lei.» Un altro minuto ancora e sarebbe stata in grado di sedersi. Adesso guardava Luci. La ragazza batté le palpebre e cercò di passare attraverso il muro. «I Manti Bianchi la prenderebbero... subito come farebbero con noi.»

«Juilin?» chiese Nynaeve. La testa le ondeggiava mentre guardava il menestrello, ma non aveva problemi a parlare. «Vi avevo detto di restare al carro.»

Thom soffiò irritato sui baffi. «Ci hai detto di mettere via le provviste, e la cosa non richiedeva due uomini. Juilin vi ha seguite e quando nessuno di voi ha fatto ritorno, sono andato a cercarlo.» Sbuffò di nuovo. «Per quanto ne sapeva lui qui poteva esserci anche una dozzina di uomini, ma era pronto a entrare da solo. È stato un bene che abbia deciso di venire a cavallo. Penso che ne avremo bisogno per farvi uscire da qui.»

Elayne si accorse che riusciva a sedersi, trascinandosi a fatica e poco per volta, ma lo sforzo per alzarsi la fece quasi ricadere distesa. Saidar era irraggiungibile e aveva ancora la testa ovattata. Nynaeve incominciava a stare un po’ più eretta e a sollevare i piedi, ma ancora era appoggiata a Thom. Dopo qualche minuto arrivò Juilin che spingeva comare Macura davanti a lui con il coltello. «È entrata da un cancello sul retro. Credevo che fosse un ladro. Mi è sembrato meglio portarla dentro.»

Il viso della sarta era talmente sbiancato alla loro vista che gli occhi sembravano anche più scuri e pronti a uscire dalle orbite. Si umettava le labbra e strofinava incessantemente l’abito, lanciando delle occhiate veloci al pugnale di Juilin come se si chiedesse se non fosse stato meglio tentare di fuggire. Ma il più delle volte fissava Elayne e Nynaeve. Elayne si chiedeva se sarebbe scoppiata in lacrime o svenuta.

«Mettila là» disse Nynaeve facendo un cenno con il capo verso Luci ancora tremante nell’angolo con le braccia avvolte attorno alle ginocchia, «e aiuta Elayne. Non ho mai sentito parlare di radice biforcuta, ma camminare sembra d’aiuto per farne svanire gli effetti. Puoi curare quasi tutto camminando.»

Juilin indicò nell’angolo con il pugnale e comare Macura corse e si sedette di fianco a Luci, sempre umettandosi le labbra spaventata. «Non avrei... fatto quello che ho fatto... se non avessi avuto ordini precisi. Dovete capirlo. Avevo degli ordini.»

Aiutando gentilmente Elayne ad alzarsi, Juilin la sostenne perché provasse a camminare nel piccolo spazio disponibile, incrociando l’altra coppia. Elayne avrebbe voluto che a farlo fosse Thom. Il braccio di Juilin attorno alla vita si prendeva troppe confidenze.

«Ordini di chi?» gridò Nynaeve. «Con chi comunichi nella Torre?»

La sarta sembrava star male, ma si ostinò a tenere la bocca chiusa.

«Se non parli» la minacciò Nynaeve con l’espressione torva, «ti lascerò a Juilin. È un cacciatore di ladri di Tairen e sa come far confessare alla svelta la gente come un qualsiasi Inquisitore dei Manti Bianchi. Vero, Juilin?»

«Mi serve della corda per legarla» rispose, facendo un sorriso così malvagio che Elayne cercò quasi di allontanarsi da lui, «alcuni stracci per imbavagliarla finché non sarà pronta per parlare, dell’olio da cucina, sale...» La risata dell’uomo ghiacciò il sangue nelle vene di Elayne. «Parlerà.» Comare Macura era appoggiata rigida al muro e lo fissava, con gli occhi sgranati. Luci lo guardava come se si fosse trasformato in un Trolloc, alto due metri e mezzo e con tanto di corna.

«Molto bene» disse Nynaeve dopo un po’. «Dovresti trovare tutto quello di cui hai bisogno in cucina, Juilin.» Elayne guardò stupita prima Nynaeve poi il cacciatore di ladri, per tornare quindi su Nynaeve. Non intendevano davvero...? Non Nynaeve!

«Narenwin Barda» esclamò improvvisamente la sarta. Le parole si accavallarono mentre parlava. «Invio i miei resoconti a Narenwin Barda, in una locanda di Tar Valon che si chiama La corsa del fiume in piena. Avi Shendar ha dei piccioni viaggiatori a mia disposizione, proprio al limitare della città. Non sa a chi mando i messaggi o da chi li ricevo e nemmeno gli importa. Sua moglie ha una malattia grave e...» si interruppe tremando e guardando Juilin.

Elayne conosceva Narenwin, o almeno l’aveva vista nella Torre. Una piccola donna magra che passava inosservata per quanto era tranquilla. Anche molto buona. Un giorno la settimana lasciava che i bambini portassero i loro animali domestici alla Torre per guarirglieli. Ma in fondo una delle Sorelle dell’Ajah Nera che conosceva era Marrilin Gemalphin. La donna amava i gatti e cambiava strada solo per aiutarne uno.

«Narenwin Barda» ripeté torva Nynaeve. «Voglio altri nomi. Nella Torre e fuori.»

«Non ne ho altri» rispose debolmente comare Macura.

«Vedremo. Da quanto tempo siete Amiche delle Tenebre? Da quanto tempo servite l’Ajah Nera?»

Da Luci provenne un grido di indignazione. «Non siamo Amiche delle Tenebre!» guardò comare Macura e si allontanò da lei. «Almeno, io non lo sono! Cammino nella Luce! Lo faccio!»

La reazione dell’altra donna non fu meno energica. Se aveva gli occhi sgranati prima, adesso erano pronti a saltare fuori dalle orbite. «L’Ajah Nera! Vuoi dire che esiste davvero? Ma la Torre ha sempre negato... Perché... Ho chiesto a Narenwin il giorno che mi aveva scelta per essere le orecchie e gli occhi delle Gialle, e non sono riuscita a smettere di piangere fino alla mattina dopo, quando sono strisciata fuori del letto. Io non sono una... un’Amica delle Tenebre! Mai! Io servo l’Ajah Gialla! La Gialla!»

Ancora appoggiata al braccio di Juilin, Elayne scambiò uno sguardo interrogativo con Nynaeve. Era chiaro che ogni Amica delle Tenebre avrebbe negato di esserlo, ma pareva esserci un alone di verità nella voce delle donne. Il risentimento per l’accusa oltraggiosa rivolta loro quasi superava la paura. A giudicare dal modo in cui esitò, Nynaeve doveva essere della stessa opinione.

«Se servite le Gialle» disse lentamente, «perché ci avete drogate?»

«È stata lei» rispose la sarta indicando con il capo verso Elayne. «Me ne è stata inviata la descrizione un mese fa, con quel modo di tenere il mento che sembra ti guardi dall’alto in basso. Narenwin aveva detto che avrebbe potuto usare il nome Elayne e anche sostenere di appartenere a una casata nobile.» Parola dopo parola la rabbia per essere stata chiamata Amica delle Tenebre sembrava ribollire. «Forse tu sei una Sorella Gialla, ma lei non è Aes Sedai, solo un’Ammessa che è scappata. Narenwin mi ha detto che avrei dovuto riferire della sua presenza e chiunque fosse con lei. Trattenerla se avessi potuto. O anche catturarla. E chiunque fosse con lei. Come si aspettavano che catturassi un’Ammessa, non lo so, ma... credo che nemmeno Narenwin sappia del mio infuso di radice biforcuta! Ecco cosa dicevano i miei ordini! Avrei dovuto rischiare di espormi anche qui, dove significa morte, se fosse stato necessario! Aspetta fino a quando l’Amyrlin ti mette le mani addosso, ragazza! Su tutti voi!»

«L’Amyrlin!» esclamò Elayne. «Che cosa c’entra con tutto questo?»

«È stato per ordine suo. Per ordine dell’Amyrlin Seat. Il messaggio diceva che l’Amyrlin in persona mi aveva dato il permesso di usare qualsiasi mezzo tranne l’omicidio. Desidererai essere morta quando l’Amyrlin ti metterà le mani addosso!» La mossa del capo della donna denotava una furiosa soddisfazione.

«Ricordati che non siamo ancora nelle mani di nessuno» osservò asciutta Nynaeve. «Voi siete nelle nostre.» Negli occhi mostrava lo stesso stupore che provava Elayne. «Non sono state fornite ragioni?»

Il fatto che le fosse stato ricordato di essere lei la prigioniera affossò la breve esplosione di coraggio della donna. Si accasciò contro Luci ed entrambe dovettero sorreggersi per non cadere. «No. A volte Narenwin ce le dice, ma non stavolta.»

«Volevi semplicemente tenerci qui, drogate, fino a quando qualcuno non fosse venuto a prenderci?»

«Vi avrei mandate via con un carro, con qualche vestito vecchio addosso.» Nella voce della donna non c’era più nemmeno una traccia di resistenza. «Ho inviato un piccione per riferire a Narenwin che eravate qui e cosa stavo facendo. Therin Lugary è in debito con me e intendevo darvi radice biforcuta in quantità tale che l’effetto durasse fino all’arrivo a Tar Valon, se Narenwin non avesse inviato delle Sorelle a prendervi prima. Crede che siete malate e che l’infuso sia la sola cosa che possa mantenervi in vita fino alla guarigione di un’Aes Sedai. Una donna deve essere prudente, quando ha a che fare con erbe mediche in Amadicia. Se curi troppe persone o troppo bene, qualcuno sussurra Aes Sedai e subito dopo la tua casa sta bruciando. O peggio. Therin sa che deve stare zitto riguardo a quello...»

Nynaeve chiese a Thom di aiutarla ad avvicinarsi, per poter osservare la sarta. «E il messaggio? Il vero messaggio? Non hai messo quel segnale là fuori nel tentativo di adescarci.»

«Te l’ho detto» rispose stanca la donna. «Non credevo che avrebbe creato dei problemi. Non lo capisco e io... ti prego...» d’improvviso singhiozzò, abbracciando Luci con la stessa forza dell’altra, entrambe piangevano e balbettavano. «Per favore, non fargli usare il sale su di me! Ti prego! Non il sale! Oh, ti prego!»

«Legale,» disse disgustata Nynaeve dopo un po’ «e poi andremo giù dove possiamo parlare.» Thom l’aiutò a sedersi sul bordo del letto più vicino, quindi tagliò delle strisce dalla coperta.

In breve entrambe le donne furono legate schiena contro schiena, le mani dell’una vicino ai piedi dell’altra, con dei tamponi ricavati dal copriletto e legati davanti alla bocca per mezzo di un bavaglio. Piangevano ancora mentre Thom aiutava Nynaeve a uscire dalla stanza.

Elayne desiderava poter camminare bene come l’altra donna, ma ebbe ancora bisogno del sostegno di Juilin per non cadere dalle scale. Provò una piccola fitta di gelosia vedendo Thom che sorreggeva Nynaeve. Sei una sciocca ragazzina, era la voce di Lini che le rimbombava in testa. Sono una donna adulta, rispose con una fermezza che non avrebbe osato utilizzare con la vecchia nutrice nemmeno allora. Amo Rand ma lui è lontano, Thom è sofisticato, intelligente e... era troppo simile a una scusa, anche per lei. Lini avrebbe sbuffato come fosse al limite della sopportazione.

«Juilin» chiese esitante, «cosa avresti fatto con il sale e l’olio da cucina? Non ho bisogno dei dettagli» aggiunse velocemente. «Solo un’idea generale.»

L’uomo la guardò per un po’. «Non lo so. Ma nemmeno loro lo sapevano. È questo il trucco. La loro immaginazione lo ha reso peggiore di quanto avrei potuto fare io. Ho visto un uomo grande e grosso crollare quando chiesi un cesto di fichi e dei topi. Devi fare attenzione però. Alcuni confesserebbero qualsiasi cosa, vera o meno, solo per evitare ciò che immaginano. Non credo comunque che queste due lo avrebbero fatto.»

Anche lei era dello stesso parere. In ogni caso non poté evitare di reprimere un brivido. Cosa si potrebbe fare con dei fichi e dei topi? Doveva smettere di pensare a certe cose prima che le venissero degli incubi.

Quando raggiunsero la cucina, Nynaeve senza aiuto barcollò, andando a finire contro una credenza piena di contenitori colorati. Elayne invece ebbe bisogno di una delle sedie. La scatola blu era appoggiata sul tavolo come anche una teiera verde colma di infuso, ma cercò di non guardarle. Abbracciò saidar, ma perse immediatamente il contatto. Almeno adesso era sicura che il Potere le sarebbe tornato. L’alternativa era troppo spaventosa per essere anche solo presa in considerazione e non se lo era concesso fino a quel momento.

«Thom» disse Nynaeve sollevando i coperchi dei vari contenitori per osservarne il contenuto. «Juilin.» Fece una pausa, inspirò profondamente e, sempre senza guardare i due uomini aggiunse, «Grazie. Incomincio a capire perché le Aes Sedai hanno i Custodi. Grazie mille.»

Non tutte le Aes Sedai ne avevano. Le Rosse consideravano tutti gli uomini contaminati per quanto potevano fare quelli in grado di incanalare; alcune non se ne curavano minimamente perché non lasciavano mai la Torre o semplicemente non rimpiazzavano un Custode quando moriva. La Verde era la sola Ajah che permetteva il legame con più di un Custode. Elayne voleva essere una Verde. Naturalmente non per quel motivo ma perché le Verdi si chiamavano l’Ajah da battaglia. Se le Marroni erano alla ricerca della conoscenza perduta e le Azzurre erano coinvolte con le cause nobili, le Sorelle Verdi si preparavano ad affrontare l’Ultima Battaglia, nella quale si sarebbero tuffate come avevano fatto durante le Guerre Trolloc, per affrontare i nuovi Signori del Terrore.

I due uomini si guardavano apertamente stupiti. Di sicuro si aspettavano la solita sfuriata di Nynaeve. Elayne era quasi sconvolta. A Nynaeve piaceva essere aiutata quasi quanto a lei piaceva avere torto, entrambe le cose la rendevano acida, anche se in teoria si diceva sempre che l’erede al trono era l’immagine della dolcezza e del buon senso.

«Una Sapiente.» Nynaeve prese un pizzico di polvere da una delle scatole e lo annusò, quindi lo assaggiò con la punta della lingua. «O comunque la chiamino da queste parti.»

«Qui non usano nessun titolo» rispose Thom. «Non sono molte le donne che seguono questa antica arte in Amadicia. Troppo pericoloso. Per molte di loro è solo una attività secondaria.»

Estraendo un foglio di pelle da sotto a una delle credenze, Nynaeve incominciò a raccogliere il contenuto di alcune delle scatole. «E a chi si rivolgono quando stanno male? Un dottore?»

«Sì» intervenne Elayne. Provava sempre piacere nel mostrare a Thom che anche lei conosceva i fatti del mondo. «In Amadicia sono gli uomini che studiano le erbe.»

Nynaeve aggrottò le sopracciglia sdegnata. «Cosa ne può sapere un uomo di come si cura qualcosa? Tanto vale chiedere a un maniscalco di cucirti un vestito.»

Di colpo Elayne si accorse che stava pensando a tutto e tutti tranne che a quanto aveva rivelato comare Macura. Non pensare alla spina non riduce il dolore al piede. Uno dei proverbi preferiti di Lini. «Nynaeve, cosa credi significasse quel messaggio? Tutte le Sorelle sono benvenute a tornare alla Torre? Non ha senso.» Non era ciò che voleva dire, ma almeno adesso si era avvicinata all’argomento.

«La Torre ha le sue regole» le rispose Thom. «Ciò che le Aes Sedai fanno è per i loro scopi e spesso non per quelli che annunciano ufficialmente.» Lui e Juilin sapevano che le due ragazze erano solo Ammesse, e per questo motivo gli uomini non eseguivano quasi mai quanto veniva loro ordinato.

Il conflitto era palese sul volto di Nynaeve. Non le piaceva essere interrotta, o che altri rispondessero al posto suo. C’erano parecchie cose che non gradiva. Ma era passato appena un momento da quando aveva ringraziato Thom. Non era facile richiamare un uomo che ti aveva appena evitato di essere trasportata come un cavolo. «Poche delle decisioni della Torre hanno senso» aggiunse amara. Elayne sospettava che quel tono aspro fosse tanto per Thom quanto per la Torre.

«Credi a quello che ha detto la donna?» Elayne inspirò profondamente. «Parlo dell’Amyrlin che ha ordinato che dovevo essere riportata indietro a tutti i costi.»

Il breve sguardo che le rivolse Nynaeve era venato di simpatia. «Non lo so, Elayne.»

«Stava dicendo il vero.» Juilin girò una delle sedie e vi si mise a cavalcioni, appoggiandosi il bastone dietro le spalle. «Ho interrogato abbastanza ladri e assassini per riconoscere la verità quando la sento. La maggior parte del tempo era troppo spaventata per mentire e per il resto troppo arrabbiata.»

«Ascoltate, voi due...» Dopo un altro respiro profondo Nynaeve lanciò il pezzo di pelle sul tavolo e incrociò le braccia come per tenere le mani lontane dalla treccia. «Temo che Juilin abbia ragione, Elayne.»

«Ma l’Amyrlin sa cosa stiamo facendo. È stata lei per prima a mandarci via dalla Torre.»

Nynaeve tirò su con il naso. «Da Siuan Sanche mi aspetto di tutto. Mi piacerebbe averla per un’ora in un luogo dove non potesse incanalare. Allora vedrei quanto è dura.»

Elayne non credeva che la cosa avrebbe fatto differenza. Al pensiero dello sguardo imperioso di quegli occhi azzurri, probabilmente Nynaeve ne sarebbe uscita con almeno un bel po’ di lividi. «Ma cosa possiamo fare a riguardo? Le Ajah hanno occhi e orecchie ovunque, a quanto pare. Come anche l’Amyrlin. Potremmo incontrare donne che tentino di aggiungere qualcosa nel nostro cibo da qui fino a Tar Valon.»

«No, se assumiamo sembianze che non si aspettano.» Prendendo un recipiente giallo dalla credenza, Nynaeve lo appoggiò sul tavolo vicino alla teiera. «Questo è del pepe bianco. Cura il mal di denti, ma fa anche diventare i capelli neri come la notte.» Elayne si passò una mano fra i ricci rosso oro, i suoi capelli, non quelli di Nynaeve! Ma per quanto l’odiasse, l’idea era buona. «Un po’ di modifiche su certi vestitiin vetrina e non saremo più delle mercanti, ma due dame in viaggio con i loro servitori.»

«Su un calesse pieno di tinture?» chiese Juilin.

Lo sguardo negli occhi di Nynaeve mostrava che la gratitudine per essere stata salvata aveva un limite. «C’è una carrozza in una stalla dall’altro lato del ponte. Suppongo che il proprietario la venderebbe volentieri. Se ritornate al carro prima che qualcuno lo rubi — non so cosa vi sia saltato in mente, lasciarlo a disposizione di chiunque passi — se è ancora lì potreste prendere uno dei sacchetti di denaro...»

Alcune persone sgranarono gli occhi quando videro la carrozza di Noy Torvald fermarsi davanti al negozio di Ronde Macura con un tiro a quattro cavalli, delle casse legate sul tetto e un altro cavallo sellato dietro. Noy aveva perso tutto quando il commercio con Tarabon era crollato. Adesso si guadagnava da vivere facendo dei lavoretti per la vecchia vedova Teran. Nessuno prima di allora aveva visto il cocchiere in giro, un tipo alto e rugoso con dei lunghi baffi bianchi e gli occhi freddi e imperiosi, o lo scuro domestico con un cappello di Tarabon che era sceso di corsa per aprire la portiera. Gli sguardi stupidi si trasformarono in mormorii quando due donne uscirono dal negozio con dei fagotti fra le braccia. Una indossava un abito di seta verde, l’altra semplice lana azzurra, ma entrambe avevano la testa ricoperta da sciarpe e non era visibile nemmeno un capello. Le donne salirono subito sulla carrozza.

Due Figli incominciarono a girare loro intorno per scoprire chi fossero, ma mentre il domestico stava ancora montando a cassetta il cocchiere fece schioccare la frusta, gridando qualcosa come ‘fate largo alla dama...’ Il nome non riuscirono a sentirlo e, scansandosi, i Figli caddero sulla strada impolverata mentre la carrozza si dirigeva al galoppo verso Amador.

I curiosi si allontanarono parlando fra di loro, ovviamente si trattava di una misteriosa dama con la sua cameriera che aveva fatto acquisti da Ronde Macura e si era congedata velocemente dai Figli. Di recente accadeva poco a Mardecin e le chiacchiere avrebbero movimentato la giornata. I Figli della Luce si ripulirono furiosamente dalla polvere, ma alla dovettero convenire che riferire di quell’incidente li avrebbe fatti sembrare sciocchi. E poi al capitano non piacevano i nobili. Probabilmente li avrebbe mandati a riprendere la carrozza, una lunga cavalcata al caldo solo per quella che sembrava poco più di un’arrogante giovane rampolla di una qualche casata. Se non fosse stato in grado di accusarla — con i nobili era sempre complicato — la colpa non sarebbe stata data al capitano. Nella speranza che il racconto della loro umiliazione non si diffondesse decisero di non interrogare Ronde Macura.

Poco dopo Therin Lugary fece entrare il carro nel cortile alle spalle del negozio, le provviste per il lungo viaggio che lo aspettava erano già sistemate sotto alla tela di copertura. Ronde Macura gli aveva curato una febbre che l’inverno precedente aveva ucciso ventitré persone, ma era il pensiero della moglie brontolona e la suocera bisbetica a renderlo contento del viaggio fino alla terra abitata dalle streghe. Ronde lo aveva avvisato che forse avrebbe incontrato qualcuno, ma non gli aveva detto chi, comunque sperava di arrivare a Tar Valon.

Bussò alla porta della cucina almeno sei volte prima di entrare, ma non trovò nessuno fino a quando non sali le scale. Nella stanza da letto sul retro c’erano Ronde e Luci distese sui letti, che dormivano vestite, anche se in disordine, mentre il sole era ancora alto nel cielo. Nessuna delle due donne si svegliò quando le scosse. Non capiva come e perché uno dei copriletto giacesse in terra tagliato a strisce, o per quale motivo ci fossero due teiere vuote nella stanza ma solo una tazza, o perché su uno dei cuscini di Ronde fosse appoggiato un imbuto. Ma aveva sempre saputo che c’erano molte cose al mondo che non poteva capire. Ritornando al carro pensò alle provviste che aveva comperato con il denaro di Ronde, alla moglie e alla suocera e quando ripartì fu con l’intenzione di andare a vedere come fosse l’Altara, o il Murandy.

Passò molto tempo prima che Ronde Macura si recasse barcollante a casa di Avi Shendar per inviare un altro piccione con un tubicino legato alla zampa. L’uccello si diresse a nord est, dritto come una freccia verso Tar Valon. Subito dopo però Ronde preparò un identico biglietto su un altro pezzetto di pergamena e lo legò a un uccello in un’altra gabbia. Stavolta il piccione andò a ovest, perché aveva promesso di inviare duplicati di tutti i messaggi. In quei tempi duri una donna doveva fare del suo meglio e non avrebbe potuto nuocere a nessuno agendo in tal modo, non con il tipo di cose che riferiva a Narenwin. Chiedendosi se sarebbe mai riuscita a togliersi dalla bocca il sapore della radice biforcuta, concluse che non le importava se il rapporto avrebbe dato un po’ di noie a quella di nome Nynaeve.

Mentre lavorava in giardino come sempre, Avi non prestò attenzione a quanto faceva Ronde. Come al solito non appena andò via si lavò le mani ed entrò in casa. La donna aveva piazzato un grande foglio di pergamena sotto alle striscioline poste a protezione del pennino mentre scriveva. L’uomo lo sollevò e lesse quanto l’altra aveva scritto. Presto partì un terzo piccione, che andò in un’altra direzione.

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