49 Verso Boannda

Fu alquanto problematico far salire la piccola folla di uomini, donne e bambini a bordo. Non una volta Nynaeve rese chiaro al capitano Neres che lui doveva trovare posto per tutti e qualsiasi prezzo pensasse di far pagare, sapeva lei esattamente quanto avrebbe dato per il loro passaggio a Boannda. Certo, sarebbe stato meglio se la donna avesse preso la precauzione di suggerire a Uno di far fare qualcosa con le spade agli Shienaresi. Quindici uomini dall’espressione truce e vestiti rozzamente, tutti con le teste rasate e il codino, per non parlare delle macchie di sangue, che oliavano e affilavano le lame, ridendo fra loro mentre uno raccontava all’altro come era stato quasi infilzato come un agnello, be’, facevano un certo effetto. Nynaeve contò il denaro in mano all’uomo e anche se le doleva, doveva solo rievocare il ricordo di quei moli a Tanchico per continuare a contare. Neres aveva ragione su una cosa: questa gente non pareva avere troppo denaro. Avrebbero avuto bisogno di ogni singola monetina che possedevano. Elayne non aveva il diritto di chiedere con quella sua voce dolce e mielosa se le stavano cavando un dente.

La ciurma accorse a eseguire gli ordini gridati da Neres per salpare, mentre l’ultimo del gruppo stava ancora salendo a bordo con i suoi poveri averi fra le braccia, almeno chi aveva qualcosa oltre gli stracci dietro le spalle. In verità, avevano riempito anche il grande veliero, tanto che Nynaeve aveva iniziato a chiedersi se Neres non avesse ragione anche in questo. Eppure, vedendo la speranza dipingersi sui volti di quegli uomini quando misero piede sul ponte, Nynaeve si pentì di aver pensato una cosa simile. E quando quelli scoprirono che aveva pagato, le si riunirono tutti attorno, cercando di baciarle le mani, l’orlo della gonna, ringraziandola e benedicendola, alcuni con le lacrime che scendevano sulle guance, gli uomini come le donne. Avrebbero voluto sprofondare fra le assi del veliero.

Gli uomini sul ponte erano affaccendati, mentre il veliero prendeva il largo e le vele venivano issate, e Samara cominciò a diventare piccola alle loro spalle prima che Nynaeve riuscisse a bloccare quella dimostrazione di riconoscenza. Se Elayne e Birgitte avessero detto una parola, le avrebbe prese a calci per due giri della nave.

Erano sul Serpente di fiume da cinque giorni, cinque giorni roventi, scendendo lentamente a valle del fiume Eldar, e le notti non erano molto più fresche. Alcune cose erano cambiate in meglio, ma il viaggio non era iniziato sotto i migliori auspici.

Il primo vero problema erano le cabine di Neres a poppa, la sola sistemazione sul veliero escluso il ponte. Non che Neres fosse riluttante a lasciarle. I modi frettolosi, brache, giubba e camicia buttati sopra le spalle o che pendevano da un grande mucchio che aveva fra le braccia, gli arnesi per radersi in una mano e il rasoio nell’altra, tutto questo indusse Nynaeve a guardare Thom e Juilin, anche Uno. Un conto era che li usasse quando lo decideva, altro che prendessero l’iniziativa di farlo alle sue spalle. Le loro espressioni non avrebbero potuto essere più franche, o gli occhi più innocenti. Elayne enunciò un altro dei detti di Lini. ‘Un sacco aperto non nasconde nulla e una porta aperta nasconde poco, ma un uomo aperto sicuramente nasconde qualcosa’.

Ma qualsiasi fosse il problema che avrebbero potuto creare gli uomini, adesso quello reale era la cabina. Odorava di muffa anche con le piccole finestre aperte, che lasciavano entrare poca luce nell’umido recesso. ‘Recesso’ era la parola adatta. La cabina era minuscola, più piccola del carro e la maggior parte dello spazio era occupata da un grande tavolo con una sedia dall’alto schienale fissati al suolo, oltre la scala che portava sul ponte. Un lavabo incassato nella parete, con una sudicia brocca e un catino con un piccolo specchio riempivano ancora di più la stanza e completavano l’arredamento, tranne alcuni scaffali vuoti e ganci per appendere gli abiti. Le travi del soffitto passavano proprio sopra le loro teste, inoltre vi era un solo letto, più grande di quello in cui avevano dormito fino a quel momento, ma non abbastanza per due. Malgrado la sua altezza, Neres avrebbe potuto vivere in una scatola. L’uomo certamente non aveva rinunciato a un solo centimetro utile per immagazzinare merce.

«È giunto a Samara nella notte,» mormorò Elayne, posando i fagotti in terra e appoggiando le mani sui fianchi mentre si guardava intorno con fare sprezzante «e voleva andare via di notte. Lo ho sentito dire a uno dei suoi uomini che intendeva navigare di notte qualsiasi cosa le... le serve... volessero. Pare non gli piaccia molto muoversi alla luce del sole.»

Pensando alle gomitate e ai piedi freddi dell’altra donna, Nynaeve si chiese se non avrebbe fatto meglio a dormire sul ponte con i rifugiati. «Cosa stai cercando di dirmi, Elayne?»

«Quell’uomo è un contrabbandiere, Nynaeve.»

«Con questo veliero?» Lasciando cadere in terra il suo fagotto, Nynaeve appoggiò la borsa di cuoio sul tavolo e si sedette sul bordo del letto. No, non avrebbe dormito sul ponte. Forse la cabina puzzava, ma fuori era troppo ventilato, e se il letto era troppo stretto, aveva comunque un bel materasso di piume d’oca. L’imbarcazione ondeggiava in maniera inquietante, tanto valeva che cercasse conforto dove poteva. Elayne non poteva cacciarla fuori da lì. «È una baracca. Saremo fortunate se riusciamo a raggiungere Boannda in due settimane. Solo la Luce sa quanto sia lontana Salidar.» Nessuna delle due sapeva veramente quanto fosse distante quel posto, e non era ancora giunto il momento di affrontare l’argomento con il capitano Neres.

«Tutto calza a pennello. Anche il nome, Serpente di fiume. Quale onesto commerciante chiamerebbe così la propria imbarcazione?»

«Be’, e se anche lo fosse? Non sarebbe la prima volta che ci serviamo di un contrabbandiere.»

Elayne alzò le mani al cielo esasperata. Credeva che obbedire sempre alla legge fosse importante, anche se la legge in questione era sciocca. Condivideva più cose con Galad di quanto fosse disposta ad ammettere. E Neres le aveva chiamate serve, eh?

Il secondo problema era lo spazio per gli altri. Il Serpente di fiume non era un gran veliero, anche se largo, e al momento trasportava più di cento persone. Una certa quantità di spazio doveva essere dedicata al lavoro della ciurma per remare, badare alle corde e alle vele, e non restava molto spazio per i passeggeri. Non era d’aiuto sapere che i rifugiati cercavano di tenersi alla larga dagli Shienaresi. Sembrava che ne avessero abbastanza di uomini armati. C’era poco spazio per far sedere tutti e nessuno per sdraiarsi. Nynaeve andò diretta da Neres. «Questa gente ha bisogno di più spazio. Specialmente le donne e i bambini. Visto che non hai altre cabine, dovremo usare i magazzini.»

Il volto di Neres s’incupì. Fissando davanti a sé, da qualche parte a un passo a sinistra di Nynaeve, gridò: «I magazzini sono pieni di carico di valore. Molto prezioso.»

«Mi chiedo se i guarda finanza siano attivi su questo lato dell’Eldar» disse pigramente Elayne, guardando le file di alberi sulle rive da entrambi i lati. Qui il fiume era largo solo un centinaio di passi, circondato da fango secco e argilla gialla. «Il Ghealdan da un lato e l’Amadicia dall’altro. Potrebbe sembrare strano che tu abbia dei beni provenienti dal Sud e ti diriga a sud. Chiaramente hai tutti i documenti che mostrano quanto hai pagato per il dazio. E potresti anche spiegare che non scarichi perché ci sono problemi a Samara. Ho sentito dire che gli esattori delle tasse sono uomini molto comprensivi.»

Con gli angoli della bocca rivolti all’ingiù, Neres si ostinava a non guardarle, motivo per il quale ebbe un’ottima visuale quando Thom aprì le mani vuote, fece uno svolazzo e si ritrovò a far roteare improvvisamente un paio di pugnali fra le dita prima di farne scomparire uno.

«Mi sto solo esercitando» disse Thom, grattandosi un lungo baffo con l’altra lama. «Mi piace mantenere certe... conoscenze.» Il taglio fra i capelli bianchi e il sangue fresco essiccato sul viso, aggiunti a una macchia di sangue sulla spalla della giubba tutta lacerata, gli davano un’aria furfantesca come fosse uno qualsiasi del gruppo di Uno. Non c’era traccia di allegria nel sorriso dello Shienarese, che anzi strideva con la lunga cicatrice bianca e il nuovo taglio sul viso, rosso e fresco. L’occhio rosso dipinto sulla toppa quasi svaniva a confronto.

Neres chiuse gli occhi e sospirò.

Aprì le porte e ceste e barili finirono in acqua; alcuni erano pesanti, altri leggeri e odorosi di spezie. Neres sobbalzava ogni volta che uno di questi oggetti affondava. Si riprese, per così dire, quando Nynaeve ordinò di lasciare sulla nave i rotoli di seta, i tappeti e le balle di ottima lana. Ma poi si rese conto che voleva usarle per farci dormire sopra le persone. Se il viso prima era cupo, adesso avrebbe potuto cagliare il latte nella stanza accanto. Anche se durante tutto il processo non aveva detto una parola. Quando le donne incominciarono a raccogliere secchi d’acqua per lavare i bambini proprio lì sul ponte, Neres si diresse a poppa con le mani dietro la schiena e rimase a fissare le poche ceste galleggianti che rimanevano indietro.

In un certo modo fu il comportamento particolare di Neres nei confronti delle donne che tenne a freno la lingua acida di Elayne e quella di Birgitte. Nynaeve la vedeva a quel modo. Lei naturalmente aveva mantenuto la solita disponibilità. A Neres non piacevano le donne. La ciurma parlava velocemente quando doveva rivolgersi a una delle donne, mentre lanciava continuamente occhiate al capitano fino a quando non potevano ritornare ai loro doveri. Neres urlava ordini a chiunque sembrava non aver nulla da fare o si fermava a parlare con una donna. I loro commenti frettolosi e gli avvisi sussurrati rendevano l’opinione di Neres perfettamente chiara.

Le donne per un uomo costavano, litigavano come gatti selvatici ed erano fonte di problemi. Qualsiasi guaio avesse un uomo, poteva essere imputato a una donna, in un modo o nell’altro. Neres si aspettava che la metà di loro si sarebbe messa a rotolare sul ponte e ad azzuffarsi prima del tramonto. Avrebbero tutte amoreggiato con la ciurma e causato discordia se non addirittura scatenato delle liti. Se avesse potuto mandare via tutte le donne dalla sua barca, per sempre, sarebbe stato felice.

Nynaeve non aveva mai incontrato un tipo così. Certo aveva sentito gli uomini lamentarsi delle donne e del denaro, come se loro non sprecassero denaro — erano meno adatte di Elayne a maneggiarlo — e li aveva anche sentiti incolparle di ogni tipo di problema, di solito quando erano stati loro stessi a causarli. Ma non riusciva a ricordare di aver mai incontrato un uomo al quale davvero non piacevano le donne. Fu una sorpresa scoprire che Neres aveva una moglie e un’orda di bambini a Ebou Dar, ma rimaneva a casa solo il tempo necessario per un nuovo carico. Non voleva nemmeno parlare a una donna. Era semplicemente sconcertante. A volte lei lo guardava di traverso, come se stesse osservando uno strano animale. Ben più strano degli s’redit o di qualsiasi altra bestia nel serraglio di Luca.

Naturalmente non c’era modo per Elayne o Birgitte di manifestare la loro bile quando l’uomo poteva sentire. Roteare gli occhi e lanciare occhiate significative fra Thom e gli altri non era bello da vedere, ma almeno loro facevano lo sforzo di nascondere i propri sentimenti. L’aperta soddisfazione di Neres vedendo le sue ridicole aspettative compiute, cosa di cui certo si sarebbe preso cura, sarebbe stato insopportabile. Non lasciava loro alcuna scelta tranne ingoiare il rospo e sorridere.

Nynaeve si sarebbe accontentata di trascorrere un po’ di tempo con Thom, Uno e Juilin, lontano dagli occhi di Neres. Stavano di nuovo dimenticando i loro ruoli, che dovevano fare quello che lei voleva. Il risultato non importava. Dovevano tutti aspettare. E per qualche motivo sconosciuto avevano tutti iniziato a tormentare Neres, sorridendogli in modo tetro o facendo commenti su teste spaccate o gole squarciate. Il solo posto dove era certa di poter evitare Neres era la sua cabina. Non erano uomini particolarmente grossi, anche se Thom era alto e Uno abbastanza massiccio, ma tutti ammucchiati riempivano lo spazio angusto, torreggiando su di lei. Non cooperavano molto sapendo che li aspettava una ramanzina. Dai a un uomo la possibilità di guardarti dall’alto in basso, e lui ha già parzialmente vinto la battaglia. Per cui la donna assunse un’espressione piacevole, ignorando gli sguardi stupiti di Thom e Juilin, increduli di Uno e Ragan, e si godette il buon umore che le altre due donne erano state costrette ad adottare.

Nynaeve riuscì a mantenere il sorriso quando scoprì perché andavano a gonfie vele e le rive ondulate le sfrecciavano di fianco sotto al sole pomeridiano come un cavallo al trotto. Neres aveva fatto fermare i rematori; sembrava quasi contento. Quasi. Un basso pendio di argilla si trovava sulla riva dal lato dell’Amadicia, da quello del Ghealdan c’era un’ampia fascia di canne fra la riva e gli alberi, prevalentemente marroni dove non c’era acqua. Samara si trovava a solo qualche ora di distanza.

«Hai incanalato» disse a Elayne sibilando fra i denti. Si asciugò il sudore dalla fronte con il dorso della mano, e respinse il bisogno di correre sul ponte. Gli altri passeggeri avevano lasciato uno spazio di un paio di passi per loro due e Birgitte, ma Nynaeve mantenne comunque bassa la voce, affabile più che poteva. Le sembrava che lo stomaco seguisse il ritmo della nave, e questo non aiutava a migliorare il suo umore. «Il vento è opera tua.» Sperava di avere abbastanza finocchio rosso nella sacca.

A giudicare dall’apatica compostezza di Elayne e gli occhi sgranati, dalla bocca avrebbe dovuto spillare latte e miele. «Ti stai trasformando in un coniglio spaventato. Riprenditi. Samara si trova a diversi chilometri di distanza. Nessuno potrebbe percepire nulla così lontano. Dovrebbe trovarsi su questo veliero per accorgersene. Sono stata velocissima.»

Nynaeve pensava che le si sarebbe spaccato il viso se avesse ancora mantenuto il sorriso, ma con la coda dell’occhio poteva vedere Neres, che studiava i passeggeri e scuoteva il capo. Era talmente arrabbiata che riusciva anche a vedere il residuo quasi svanito della tessitura dell’altra donna. Lavorare con il tempo era come spingere un sasso in discesa: continuava a procedere dopo una prima spinta. Quando si fosse fermato, come sarebbe accaduto prima o poi, bisognava solo rimetterlo in carreggiata. Moghedien avrebbe captato un flusso di quella portata da Samara, forse, ma certo non abbastanza bene da dire dove era stato creato. Lei aveva la stessa forza di Moghedien, e se non era abbastanza forte per fare qualcosa, probabilmente non lo era nemmeno la Reietta. E voleva viaggiare alla massima velocità; proprio in quel momento un giorno vicina a quelle due era per lei attraente quanto condividere la cabina con Neres. Inoltre un altro giorno sull’acqua non era nulla da desiderare. Come poteva una barca muoversi a quel modo quando il fiume sembrava così calmo?

Sorridere cominciava a farle male alle labbra. «Avresti dovuto chiedere, Elayne. Fai sempre le cose senza chiedere, senza pensare. È ora che incominci a riflettere che se cadi in una fossa mentre corri alla cieca, la tua vecchia nutrice non verrà ad aiutarti e a lavarti il viso.» All’ultima parola gli occhi di Elayne erano grandi come tazze e i denti snudati sembravano pronti a mordere.

Birgitte mise una mano su ognuna di loro, inchinandosi e facendo cenni come se fosse felice. «Se non la smettete vi butto nel fiume tutte e due, così vi raffreddate. Vi state comportando come cameriere Shago con il male d’inverno!»

I volti sudati si guardarono amabilmente, poi le tre donne si allontanarono a grandi passi in diverse direzioni, il più lontano possibile fra loro quanto la nave consentiva. Era quasi il tramonto quando Nynaeve sentì Ragan dire che lei e gli altri dovevano essere contenti di essere lontano da Samara. Visti i gran sorrisi, gli altri uomini sembravano dello stesso parere; ma il resto delle donne a bordo le guardava con espressioni impassibili. Riconoscevano i guai quando li vedevano.

Eppure un poco alla volta quei problemi svanirono. Nynaeve non capì bene come avvenisse. Forse i volti gradevoli che Elayne e Birgitte assumevano per gli altri avevano prodotto il loro effetto. Forse l’aspetto ridicolo di tutto questo sforzo di sorrisi e gentilezza aveva inciso in profondità. Qualunque fosse la causa, non poteva lamentarsi del risultato. Lentamente, giorno dopo giorno, le parole e i toni di voce incominciarono a coincidere con i volti, e di tanto in tanto una di loro sembrava anche imbarazzata, ricordando bene come si era comportata. Nessuna rivolse le scuse all’altra, cosa che Nynaeve poteva capire bene. Se fosse stata sciocca e degenerata come loro, certamente non voleva ricordarlo a nessuno.

I bambini ebbero un ruolo considerevole per riappacificare Elayne e Birgitte, anche se tutto era iniziato con Nynaeve che curava le ferite degli uomini quella prima mattina sul fiume. Aveva preso la sacca con le erbe, preparato poltiglie e unguenti, tagliato le bende. Quelle ferite l’avevano resa abbastanza furiosa per guarire, la malattia e le ferite la facevano sempre arrabbiare, curò quelli nelle condizioni peggiori, anche se doveva essere prudente. La scomparsa delle ferite poteva far parlare la gente e solo la Luce sapeva cosa Neres avrebbe fatto se pensava di avere delle Aes Sedai a bordo. Molto probabilmente avrebbe fatto scendere un uomo di nascosto in Amadicia durante la notte e avrebbe cercato di farle arrestare. Per dirla tutta, forse alcuni dei rifugiati avevano già cambiato idea.

A Uno per esempio. Aveva spalmato un po’ di linimento di radichetta pungente sulle spalle molto livide, aveva tamponato con unguento di guariscitutto il taglio fresco sul volto; non aveva senso sprecare gli unguenti e gli aveva avvolto il capo nelle bende fino a quando non poté muovere la mandibola prima di guarirlo. Quando l’uomo sussultò agitando le braccia, la donna disse vivacemente: «Non fare il bambino, non credevo che un po’ di dolore avrebbe dato noia a un uomo così forte. Adesso non le toccare. Se lo fai nei prossimi tre giorni, ti somministro qualcosa che non dimenticherai presto.»

L’uomo annuì lentamente guardandola con tale incertezza che era chiaro non sapesse cosa gli aveva fatto. Forse se ne sarebbe reso conto una volta tolte le fasce; ma se avevano fortuna nessun altro si sarebbe ricordato di quel taglio e comunque avrebbe avuto abbastanza buon senso da tenere la bocca chiusa.

Una volta iniziato le era sembrato naturale proseguire con il resto dei passeggeri. Erano pochi i rifugiati senza lividi o graffi, e alcuni dei bambini mostravano segni di febbre o vermi intestinali. Questi poteva guarirli senza problemi, i bambini facevano sempre molta confusione quando veniva somministrato loro qualcosa che non sapesse di miele. Se avessero detto alle madri che avevano provato sensazioni strane, be’, i bambini hanno molta fantasia.

Lei non si era mai sentita a suo agio con loro. Era anche vero che voleva avere dei figli da Lan. Una parte di lei lo voleva. I bambini potevano fare una gran confusione per nulla. Sembravano avere l’abitudine di fare l’opposto di quello che dicevi non appena voltavi le spalle, solo per vedere come avresti reagito. Eppure si ritrovò a lisciare i capelli scuri di un ragazzo che le arrivava alla vita e la fissava con dei grandi occhi azzurri. Assomigliavano molto a quelli di Lan.

Elayne e Birgitte si unirono a lei, all’inizio solo per aiutarla a mantenere l’ordine, ma in un modo o nell’altro si tenevano anche loro vicine ai bambini. Stranamente, Birgitte non sembrava affatto a disagio con un piccolo di tre o quattro anni appoggiato sui fianchi, circondata da altri bambini, mentre cantava una canzoncina senza senso su alcuni animali danzanti. Ed Elayne distribuiva sacchetti di caramelle rosse. Solo la Luce sapeva dove le aveva trovate, o perché. Non aveva affatto l’aspetto colpevole quando Nynaeve la colse a mangiarsene una, si limitò a sorridere, rimosse gentilmente il dito dalla bocca di una bambina e lo rimpiazzò con un’altra caramella. I bambini ridevano come se si stessero ricordando in quel momento come si faceva e si nascondevano fra le gonne di Nynaeve, Elayne o Birgitte, come in quelle delle madri. Era molto difficile rimanere arrabbiate in queste circostanze. Anche lei non poteva fare altro che tirare su con il naso, piano stavolta, quando Elayne riprese a studiare l’a’dam nella riservatezza della cabina durante il secondo giorno di viaggio. La donna sembrava sempre più convinta che il braccialetto, il collare e il guinzaglio creavano una sorta di legame. Nynaeve si sedette anche con lei un paio di volte, la vista di quell’oggetto vile era abbastanza da permetterle di abbracciare saidar e proseguire.

Le storie dei rifugiati vennero a galla in questi incontri. Famiglie separate, perse o morte. Fattorie, negozi e barche rovinati mentre le notizie del mondo si diffondevano, scombussolando il commercio. La gente non poteva comperare se non poteva vendere. Il Profeta era stato solo l’ultimo mattone sul carro che aveva spezzato l’asse. Nynaeve non disse nulla quando vide Elayne dare un marco d’oro a un tizio con i capelli grigi diradati che, le nocche poggiate sulla fronte corrugata, cercò di baciarle la mano. Avrebbe imparato con quanta velocità svaniva l’oro. D’altronde, anche lei aveva sborsato qualcosa. Be’, forse più di qualche moneta.

Tutti gli uomini erano brizzolati e stempiati, con il viso e le mani rugosi, tranne due. Gli uomini più giovani venivano reclutati dall’esercito se non venivano presi dal Profeta, quelli che rifiutavano l’uno o l’altro erano stati impiccati. I due giovani, poco più di ragazzini — Nynaeve dubitava che si rasassero regolarmente — avevano sguardi da perseguitati, e sobbalzavano quando uno degli Shienaresi li guardava. A volte gli uomini più grandi parlavano di ricominciare tutto da capo, cercare un pezzo di terra o una fattoria da rilevare, o magari riprendere il loro commercio, ma il tono delle voci diceva che era più un inganno o una bravata che vera speranza. Prevalentemente parlavano con calma delle loro famiglie. Una moglie perduta, figlie, figli e nipoti scomparsi. Anche loro sembravano perduti. La seconda notte un tipo dalle orecchie a sventola che era sembrato il più entusiasta di tutti fra un gruppo di gente triste era scomparso. Era semplicemente andato via al sorgere del sole. Forse aveva nuotato fino a riva. Nynaeve sperava che lo avesse fatto.

Eppure furono le donne ad attirare la sua attenzione. Non avevano più prospettive degli uomini, non più certezze, ma la maggior parte aveva dei fardelli. Nessuna aveva un marito con sé, nemmeno sapeva se era ancora in vita, eppure le responsabilità che pesavano su di loro le mantenevano in movimento. Nessuna donna coraggiosa poteva arrendersi quando aveva un bambino. Anche gli altri volevano trovare un futuro. Tutte avevano almeno un po’ della speranza che gli uomini fingevano di avere. Tre l’avevano particolarmente colpita.

Nicola aveva circa la sua età, era alta quanto lei, snella, capelli scuri e grandi occhi, e voleva sposarsi. Fino a quando il suo Hyran si era messo in testa che il dovere lo chiamava per seguire il Profeta, per seguire il Drago Rinato; l’avrebbe sposata quando avrebbe assolto il suo dovere. Il dovere era importante, per Hyran. Sarebbe stato un buon marito e padre coscienzioso, come diceva Nicola. Solo che qualsiasi cosa avesse avuto in testa, non gli aveva fatto un gran bene quando qualcuno gliela aveva aperta in due con un’ascia. Nicola non sapeva chi era stato, o perché, solo che doveva fuggire il più lontano possibile dal Profeta. Da qualche parte doveva esserci un posto dove non si ammazzavano, dove non avrebbe sempre avuto paura di cosa poteva esserci dietro l’angolo.

Marigan, di qualche anno più grande, una volta era stata paffuta, ma l’abito marrone consumato adesso era largo sui fianchi, e il viso schietto sembrava più che stanco. I suoi due figli, Jaril e Seve, sei e sette anni, fissavano silenziosi il mondo a occhi sgranati, appoggiati uno all’altro sembravano avere paura di tutto e tutti, anche della loro mamma. Marigan si occupava di cure ed erbe a Samara, anche se aveva delle idee particolari a riguardo. Non era una grande meraviglia. Una donna che si offriva di curare con l’Amadicia e i Manti Bianchi proprio oltre il fiume doveva volare basso, e all’inizio dovette imparare da sola. Tutto quello che aveva sempre desiderato era curare i malati e sosteneva di averlo fatto bene, anche se non era stata in grado di curare il marito. I cinque anni dalla sua morte erano stati difficili, e la venuta del Profeta non aveva certamente aiutato nessuno. Le folle a caccia delle Aes Sedai l’avevano costretta a nascondersi quando le voci avevano trasformato la guarigione di un uomo dalla febbre in resurrezione. Questo dimostrava quanto poco la gente ne sapesse delle Aes Sedai. La morte era oltre il Potere della guarigione. Anche Marigan sembrava convinta che così non fosse. Non sapeva dove stesse andando come anche Nicola. Un villaggio da qualche parte, sperava, dove avrebbe potuto di nuovo distribuire le erbe in pace.

Areina era la più giovane delle tre, con gli occhi azzurri e decisi su un viso livido viola e giallo; non era originaria del Ghealdan. Gli abiti lo lasciavano capire anche se non lo avesse fatto il resto: una corta giubba e pantaloni voluminosi non molto diversi da quelli di Birgitte. Erano tutto ciò che possedeva. Non voleva rivelare da dove provenisse, ma era contenta di aver fatto la strada che l’aveva portata al Serpente di fiume. Di parte di essa. Nynaeve dovette fare alcune deduzioni. Areina era andata a Illian con l’intenzione di riportare a casa il fratello minore prima che questi prestasse il giuramento di Cercatore del Corno. Con migliaia di persone in città non lo aveva trovato, ma si era ritrovata a prestare lei il giuramento, intenzionata a vedere il mondo anche non credendo all’esistenza del Corno di Valere, sperando che da qualche parte avrebbe trovato il giovane Gwil per riportarlo a casa. Le cose erano state... difficili da allora. Areina non era del tutto riluttante a parlare, ma faceva un grande sforzo a dare a tutto un bell’aspetto... Era stata cacciata fuori da diversi villaggi, derubata una volta e picchiata diverse altre. Malgrado ciò non aveva intenzione di rinunciare alla ricerca del suo santuario o di un villaggio pacifico. Il mondo era ancora lì fuori e Areina voleva entrarci. Non l’aveva detto chiaramente, ma Nynaeve sapeva che era quello che intendeva.

Nynaeve sapeva molto bene perché quelle donne l’avevano turbata così tanto. Ogni storia poteva essere il riflesso di un filo della sua vita. Quello che non capiva era perché le piaceva Areina più delle altre. I suoi problemi scaturivano dalle sue opinioni, dalla lingua troppo sciolta, dal fatto di dire alle persone esattamente cosa pensava. Non era una coincidenza che fosse stata allontanata da un villaggio per aver chiamato il sindaco ‘faccia di merlo’ e aver detto ad alcune donne che delle spazzacucine ossa secche non avevano alcun diritto di chiederle perché andava in giro da sola. Era quanto aveva voluto ammettere. Nynaeve pensava che prenderla come esempio per qualche giorno avrebbe fatto ad Areina un mondo di bene. E doveva esserci qualcosa che poteva fare per le altre due. Riusciva a comprendere molto bene il desiderio di pace e sicurezza.

Vi fu uno strano scambio la mattina del secondo giorno, quando gli umori erano ancora morbidi e le lingue — quelle di alcuni! — ancora di carta vetrata. Nynaeve aveva fatto un placido commento su Elayne che non stava al palazzo della madre, per cui certo lei non avrebbe dormito schiacciata contro il muro ogni notte. Elayne aveva storto la bocca, ma prima che potesse replicare Birgitte aveva detto: «Sei l’erede al trono di Andor?» Non si era guardata attorno per accertarsi che nessuno ascoltasse.

«Lo sono.» La voce di Elayne sembrava più dignitosa di quanto Nynaeve ricordasse, ma c’era una punta di... soddisfazione?

Con il volto completamente inespressivo si era voltata, camminando sul ponte dove si era seduta su delle corde arrotolate, fissando il fiume davanti a lei. Elayne l’aveva guardata torva, quindi alla fine si era andata a sedere vicino a lei. Rimasero a parlare a bassa voce per un po’. Nynaeve non si sarebbe unita a loro nemmeno se glielo avessero chiesto! Di qualsiasi cosa stessero discutendo, Elayne sembrava leggermente di cattivo umore, come se si fosse aspettata qualcos’altro, ma dopo non vi furono altri malintesi fra loro.

Birgitte assunse di nuovo il suo nome, anche se fu un ultimo strascico di rabbia che glielo fece fare. Con Moghedien lontana alle loro spalle, lei ed Elayne rimossero la tinta nera dai capelli con del bucafoglia e Neres vedendole una con i capelli ricci biondo ramato e l’altra con una intricata treccia bionda, con l’arco e la faretra, fece un commento acido riguardo a «Birgitte saltata fuori dalle maledette storie.» Fu una sfortuna per lui che la donna lo avesse sentito. Era il suo nome, le aveva riposto dura, e se non gli piaceva gli avrebbe inchiodato le orecchie a un qualsiasi albero di sua scelta. Bendata. L’uomo si allontanò rosso in volto e gridando di tirare corde che non avrebbero potuto essere tese maggiormente senza saltare.

A quel punto a Nynaeve non importava se Birgitte avrebbe portato a termine la minaccia. Il bucafoglia le aveva forse lasciato un riflesso rosso sui capelli, ma era abbastanza simile al suo colore naturale forse da farla piangere dalla gioia. A meno che qualcuno sul veliero non si fosse presentato con una infiammazione alle gengive o il mal di denti, aveva ancora abbastanza bucafoglia. E finocchio rosso per tenere calmo lo stomaco. Una volta che i capelli furono asciutti e nuovamente intrecciati, non poté fare a meno di sospirare per la soddisfazione.

Naturalmente, con Elayne che incanalava i venti buoni e Neres che correva leggiadro attraverso paesi scurì dai tetti di paglia e fattorie che oltrepassavano velocemente, punteggiati da gente che si sbracciava durante il giorno e accendeva le luci dietro le finestre la sera, non si vedevano altri segni di disordini lungo il fiume. Grande com’era, il veliero dal nome infelice andava veloce rollando lungo il fiume.

Neres sembrava diviso fra il piacere della buona sorte per dei venti così favorevoli e la preoccupazione di navigare alla luce del giorno. Più di una volta aveva guardato con desiderio un ruscello celato dagli alberi o un’insenatura sulla riva dove il Serpente di fiume avrebbe potuto attraccare e nascondersi. Occasionalmente, quando l’uomo poteva ascoltarla, Nynaeve faceva delle osservazioni su quanto doveva essere contento che quella gente di Samara sarebbe presto scesa dal suo veliero, con un commento casuale sul bell’aspetto di una donna adesso che era riposata e sul vigore di un’altra con i bambini. Era sufficiente a fargli passare la voglia di fermarsi. Forse sarebbe stato più facile minacciarlo con gli Shienaresi, o con Thom e Juilin, ma questo tipo era fin troppo montato. E lei certamente non aveva intenzione di discutere con un uomo che ancora non voleva guardarla o rivolgerle la parola.

L’alba grigia del terzo giorno vide gli uomini maneggiare i remi per avvicinarsi ai moli di Boannda. Era una discreta città, più grande di Samara, su un pezzo di terra dove il rapido fiume Boera, che discendeva da Jehannah, fluiva nel lento fiume Eldar. All’interno delle alte mura grigie c’erano anche tre torri e un edificio bianco sotto tegole rosse che poteva certamente passare per un palazzo, anche se di modeste dimensioni. Non appena il Serpente di fiume fu ormeggiato ai pilastri al limitare del molo, per metà sul fango secco, Nynaeve si chiese ad alta voce perché Neres fosse andato a Samara quando avrebbe potuto scaricare i suoi beni qui.

Elayne fece un cenno del capo all’indirizzo di un uomo robusto sul molo, che aveva sul petto una catena con degli oggetti simili a dei sigilli. Ve ne erano anche altri come lui, tutti con le catene e la giubba blu, e osservavano con attenzione altri due grossi vascelli che stavano scaricando la merce sul molo. «Gli esattori della regina Alliandre, direi.» Tamburellando con le dita sul corrimano, Neres non stava guardando gli uomini con la stessa attenzione con cui questi osservavano i velieri. «Forse aveva degli accordi con quelli a Samara, ma non credo che voglia parlare con questi.»

Gli uomini e le donne di Samara marciarono con riluttanza sulla passerella, ignorando gli esattori. Su questa gente non c’era alcun dazio da pagare. Per le persone di Samara era l’inizio dell’incertezza. Avevano le vite davanti a loro, per iniziare da capo, quello per cui si erano battuti e quello che Nynaeve ed Elayne avevano donato loro. Prima che fossero a metà strada sul molo, ancora tutti insieme, alcune delle donne sembravano scoraggiate come gli uomini. Qualcuna cominciò anche a piangere. Sul viso di Elayne era dipinto il dispiacere. Voleva sempre prendersi cura di tutti. Nynaeve sperava che Elayne non scoprisse che aveva dato altre monete d’argento alle donne.

Non tutti lasciarono la nave. Areina rimase a bordo, con Nicola e Marigan che stringeva i figli, che guardavano in silenzio gli altri bambini sparire verso la città. Da Samara, Nynaeve non li aveva sentiti pronunciare una sola parola.

«Voglio venire con voi» aveva detto Nicola a Nynaeve, stringendo inconsciamente le dita. «Mi sento al sicuro, insieme a voi.» Marigan annuì con enfasi. Areina non disse nulla, ma si avvicinò alle altre due donne, rendendosi parte del gruppo anche se guardava Nynaeve con una punta di arroganza, sfidandola a mandarla via.

Thom scosse leggermente il capo e Juilin fece una smorfia, ma furono Elayne e Birgitte che Nynaeve guardò. Elayne non esitò nel fare un cenno con il capo e l’altra donna fu la seconda. Raccogliendo le gonne Nynaeve marciò verso Neres, dritta e severa.

«Immagino che adesso avrò di nuovo la mia nave.» L’uomo indicò un punto indistinto fra la nave e il molo. «Non prima che sia giunto il momento. Questo viaggio è stato il peggiore che abbia mai intrapreso.»

Per una volta Nynaeve sorrise. Stavolta l’uomo la guardò prima che avesse finito. Be’, quasi.

Non che Neres avesse molta scelta. Poteva a malapena rivolgersi alle autorità a Boannda. E se non gli piacevano i prezzi che Nynaeve stava offrendo, doveva comunque dirigersi a fondovalle in ogni caso. Per cui il Serpente di fiume prese nuovamente il largo, diretto a Ebou Dar, con una fermata da fare di cui non era stato informato finché Boannda non cominciò a svanire alle sue spalle.

«Salidar!» aveva gridato, fissando qualcosa al di là della testa di Nynaeve. «Salidar è stata abbandonata fin dalla guerra dei Manti Bianchi. Solo una sciocca vorrebbe scendervi.»

Anche sorridendo, Nynaeve era abbastanza arrabbiata per abbracciare la Fonte. Neres gridò, dandosi una manata sul collo e sui fianchi simultaneamente. «Le mosche cavalline sono terribili in questo periodo dell’anno» disse Nynaeve con comprensione. Birgitte ruppe in una risata fragorosa prima che fossero a metà strada sul molo.

In piedi sul ponte Nynaeve sospirò mentre Elayne incanalava per riesumare il vento per il Serpente di fiume, che si immise subito in una forte corrente che lasciava il Boern. A pranzo Nynaeve mangiò solo finocchio rosso, ma anche se lo avesse finito prima di Salidar, non le sarebbe importato. Il viaggio era quasi al termine. Tutte le esperienze che aveva avuto ne erano valse la pena. Certo, non l’aveva sempre pensata a quel modo, e non solo per le lingue taglienti di Elayne e Birgitte.

Quella prima notte nel letto del capitano, in camicia da notte mentre Elayne stava assonnata su una sedia e Birgitte appoggiata alla porta con la testa che sfiorava le travi, Nynaeve aveva usato l’anello di pietra ritorto. Una lampada solitaria arrugginita illuminava l’ambiente e, sorprendentemente, dall’olio proveniva profumo di spezie. Forse a Neres non piaceva l’odore della muffa. Se si stava sistemando l’anello al collo, accertandosi che le altre notassero che toccava la pelle, be’, aveva le sue ragioni. Qualche ora di comportamento superficiale da parte loro non l’aveva resa meno sospettosa.

Il Cuore della Pietra era esattamente come lo aveva trovato tutte le volte precedenti, luce pallida che proveniva da ovunque e nessun luogo, la spada splendente di cristallo, Callandor, affondata nella pietra della pavimentazione sotto la grande cupola, file di enormi colonne di granito levigato che sparivano nell’ombra. E quella sensazione di essere osservata così comune nel tel’aran’rhiod. Nynaeve dovette fare un grande sforzo per non fuggire o mettersi a cercare in maniera frenetica fra le colonne. Si sforzò di rimanere in un solo posto vicino a Callandor, contando lentamente fino a mille e fermandosi ogni cento per chiamare Egwene.

Non poteva fare altro. L’autocontrollo di cui andava tanto fiera era scomparso. Gli abiti cambiavano continuamente mentre si preoccupava di lei e Moghedien, di Egwene, Rand e Lan. Da un minuto all’altro la robusta lana dei Fiumi Gemelli diventata un mantello dal cappuccio profondo, la cotta di maglia dei Manti Bianchi si tramutava nel vestito di seta rosso — trasparente! — che si trasformava in un mantello che diveniva... Nynaeve era convinta che anche il viso mutasse. Una volta si era guardata le mani vedendo la pelle più scura di Juilin. Forse se Moghedien non l’avesse riconosciuta...

«Egwene!» Quest’ultimo richiamo echeggiò nella sala fra le colonne e Nynaeve si costrinse a restare immobile mentre rabbrividiva e contava di nuovo fino a cento. La grande sala era rimasta vuota tranne che lei. Desiderando poter provare più rimpianto che fretta, uscì dal sogno...

...e rimase sdraiata a giocare con l’anello di pietra appeso al laccio, fissando le spesse travi sopra il letto e ascoltando le miriadi di rumori della nave che discendeva il fiume attraversando l’oscurità.

«C’era?» chiese Elayne. «Non sei stata via a lungo e...»

«Sono stanca di avere paura» disse Nynaeve senza distogliere lo sguardo dalle travi. «Sono stanca di comportarmi da codarda.» Le ultime parole si dissolsero in lacrime che non riuscì a fermare né a nascondere, non importa quanto si strofinasse gli occhi.

Elayne fu accanto a lei in un istante, Birgitte le premette un panno umido dietro la nuca. Nynaeve continuò a piangere al suono delle voci delle amiche che le dicevano che non era una codarda.

«Se pensassi che Moghedien mi stesse dando la caccia» le disse Birgitte, «scapperei di corsa. Se non ci fosse altro nascondiglio all’infuori della tana di un tasso, mi farei piccola, mi rifugerei lì dentro e suderei fino a quando non fosse andata via. Non rimarrei davanti a uno degli s’redit di Cerandin se attaccasse e questo non vuol dire che sono una codarda. Devi scegliere il momento e il posto giusti e attaccarla quando meno se lo aspetta. Mi vendicherò di lei se mai potrò, ma quello è il solo modo in cui potrei farlo. Qualsiasi altra strategia sarebbe sciocca.»

Non era quello che Nynaeve voleva sentire, ma le lacrime e le parole di conforto avevano aperto un altro varco spinoso nel muro che le separava.

«Ti proverò che non sei una codarda.» Elayne prese la scatola di legno scuro dallo scaffale dove la aveva riposta e rimosse il disco di metallo con le spirali. «Ritorneremo là insieme.»

Questo Nynaeve voleva sentirlo anche meno. Ma adesso non c’era modo di evitarlo, non dopo che le avevano detto che non era una codarda. Per cui tornarono indietro.

Nella Pietra di Tear, dove fissarono Callandor; era meglio che guardarsi dietro le spalle e chiedersi se sarebbe apparsa Moghedien; quindi si ritrovarono nel palazzo reale di Caemlyn con Elayne che guidava, a Emond’s Field sotto la guida di Nynaeve. Quest’ultima aveva visto altri palazzi prima di allora, con grandi sale, bei tappeti e arazzi elaborati, ma questo era il posto dove era cresciuta Elayne. Vederlo ed esserne consapevole, le fece capire qualcosa di Elayne. Era chiaro che la donna si aspettasse che il mondo si inchinasse davanti a lei. Era cresciuta in un luogo dove questo già accadeva.

Elayne, una pallida immagine di se stessa per via del ter’angreal che stava usando, era stranamente calma in quel posto. Ma in fondo Nynaeve era stata silenziosa a Emond’s Field. Intanto il villaggio era più grande di come se lo ricordava, con più tetti di paglia e altre strutture di legno in fase di costruzione. Qualcuno stava costruendo una casa davvero grande proprio fuori del villaggio, a tre piani, e un piedistallo di pietra alto cinque passi era stato eretto nel prato comune, con una serie di nomi incisi sopra. Molti li aveva riconosciuti ed erano prevalentemente dei Fiumi Gemelli. Su entrambi i lati del piedistallo c’era un’asta di bandiera: su una sventolava un vessillo con una testa di lupo rossa, sull’altra vi era invece un’aquila rossa. Tutto sembrava ricco e felice, almeno per quello che poteva vedere in quel luogo deserto, ma non aveva senso. Cos’erano quelle bandiere? E chi stava costruendo una simile casa?

Poi entrarono nella Torre Bianca, nello studio di Elaida. Non era cambiato nulla, ma era rimasta solo una mezza dozzina di sgabelli nel semicerchio davanti al tavolo di Elaida. Il trittico con Bonwhin era sparito. Quello con Rand era ancora lì, con uno strappo nella tela riparato malamente proprio davanti al viso di Rand, come se qualcuno vi avesse scagliato contro qualcosa.

Scorsero le carte nella scatola laccata con i falchi d’oro e quelle sul tavolo della Custode nell’anticamera. Documenti e lettere cambiavano mentre li guardavano, eppure avevano scoperto qualcosa. Elaida sapeva che Rand aveva valicato il Muro del Drago ed era entrato a Cairhien, ma non avevano alcuna idea di cosa la donna intendesse fare a riguardo. Una richiesta furiosa di far rientrare immediatamente tutte le Aes Sedai alla Torre, a meno che non avessero ordini precisi da lei. Elaida sembrava essere adirata per molte cose, tanto che poche Sorelle avevano fatto ritorno dopo la sua offerta di amnistia. La maggior parte degli occhi e orecchi a Tarabon era ancora silenziosa.

Pedron Niall ancora richiamava i Manti Bianchi in Amadicia e lei non ne sapeva il motivo. Non riuscivano ancora a trovare Davram Bashere anche se aveva un esercito con lui. La furia colmava ogni documento che portava il suo sigillo. Nessuno sembrava di qualche utilità o interesse, tranne forse quello sui Manti Bianchi. Non avrebbero avuto problemi finché fossero rimaste sul Serpente di fiume.

Quando fecero ritorno nei loro corpi sulla nave, Elayne rimase in silenzio. Si alzò dalla sedia e rimise il disco nella scatola. Senza pensare, Nynaeve l’aiutò a togliersi il vestito. Birgitte si alzò quando le donne andarono a letto con indosso le camicie da notte, con l’intenzione di dormire in cima alla scala.

Elayne incanalò per spegnere la lampada. Dopo un momento al buio, disse: «Il palazzo sembrava così... vuoto, Nynaeve. Sembrava vuoto.»

Nynaeve non sapeva come altro potesse essere un posto nel tel’aran’rhiod. «Si tratta del ter’angreal che hai usato. Mi apparivi quasi nebulosa.»

«Be’, per me avevo l’aspetto giusto.» Nella voce di Elayne vi era solo un tocco di malizia. Si addormentarono.

Nynaeve ricordava bene i gomiti dell’altra donna e le lamentele di Elayne mormorate riguardo ai suoi piedi freddi, ma niente poteva intaccare il suo buon umore. Lo aveva fatto. Forse dimenticarsi di avere paura non era lo stesso che non avere paura, ma almeno era ritornata nel Mondo dei Sogni. Forse un giorno avrebbe anche ritrovato il coraggio per non spaventarsi più.

Una volta cominciato era più facile andare avanti che fermarsi. Ogni notte entravano nel tel’aran’rhiod assieme, non mancando di visitare la Torre Bianca per vedere se potevano scoprire altro. Non c’era molto oltre un ordine di inviare emissari a Salidar per invitare le Aes Sedai a ritornare alla Torre. Solo che l’invito, per quanto aveva potuto leggere Nynaeve prima che si trasformasse in una relazione sulla ricerca di potenziali novizie con specifiche attitudini, era più una richiesta che le Aes Sedai si sottomettessero a Elaida, immediatamente grate del permesso ottenuto. Comunque era anche una conferma che non stavano dando la caccia a una lepre selvatica. Il problema era che quanto avevano visto nei frammenti non bastava a mettere insieme qualcosa di sensato. Chi era questo Davram Bashere e perché Elaida voleva trovarlo a tutti i costi? Perché Elaida aveva vietato a chiunque di pronunciare il nome di Mazrim Taim, il falso Drago, con la minaccia di severe punizioni? Perché la regina Tenobia di Saldea e re Easar dello Shienar avevano scritto lettere educate ma severe accusando la Torre Bianca di immischiarsi nei loro affari? Tutto faceva venire in mente a Elayne uno dei detti di Lini: ‘per conoscere il due, devi prima conoscere l’uno’. Nynaeve era pienamente d’accordo.

A parte le visite nello studio di Elaida, si esercitavano a non perdere il controllo, su di loro e quanto le circondava nel Mondo dei Sogni. Nynaeve non aveva intenzione di essere colta di nuovo alla sprovvista come era accaduto con Egwene e le Sapienti. Cercava di non pensare a Moghedien. Era molto meglio concentrarsi sulle Sapienti. O sul trucco di Egwene per apparire nei sogni come aveva fatto a Samara, che proprio non riuscivano a capire. Chiamarla serviva solo ad aumentare la crescente sensazione di essere osservate, e la ragazza non appariva più. Cercare di trattenere qualcuno nel tel’aran’rhiod era incredibilmente frustrante, anche dopo che Elayne aveva capito il trucco, che era vedere l’altra come parte del sogno. Alla fine Elayne vi riuscì e Nynaeve si congratulò con lei con la massima grazia che le fu possibile, ma lei non ne era proprio capace. Elayne poteva benissimo essere quella specie di nebbia che sembrava, scomparendo con un sorriso ogni volta che voleva. Quando alla fine Nynaeve riuscì a trattenerla, era affaticata come se avesse sollevato un masso.

Creare fiori fantastici o sagome con la forza del pensiero era molto più divertente. Lo sforzo necessario sembrava collegato alla grandezza dell’oggetto e alla sua reale esistenza. Alberi coperti da fiori dalle forme selvagge, rossi, oro e porpora erano più difficili da creare dello specchio che usava per vedere cosa indossasse, o cosa le avesse messo addosso l’altra donna. Un palazzo di cristallo splendente che spuntava dal suolo era ancora più difficile e, anche se al tatto sembrava solido, cambiava con il modificarsi dell’immagine che ne aveva in mente, e spariva con essa. Decisero di lasciare gli animali in pace dopo che un unicorno le aveva inseguite entrambe su una collina prima che riuscissero a farlo svanire. Ne era nata un’ennesima discussione, con ognuna che accusava l’altra di averlo creato; ma a quel punto Elayne si era ripresa abbastanza e aveva iniziato a ridere e scherzare sul loro aspetto mentre correvano sulla collina con le sottane alzate, gridando a quella creatura di andare via. Neanche il rifiuto ostinato di Elayne di ammettere che era stata colpa riusciva a frenare il riso di Nynaeve.

Elayne alternava il disco di ferro e quello di presunta ambra, la placca con l’incisione della donna dormiente, ma non le piaceva molto usare i ter’angreal. Anche se si impegnava molto con gli oggetti, non si sentiva completamente nel tel’aran’rhiod come con l’anello. E ognuno doveva essere lavorato. Non era possibile legare il flusso di Spirito, altrimenti si usciva immediatamente dal Mondo dei Sogni. Incanalare contemporaneamente qualcos’altro sembrava impossibile, ma Elayne non capiva perché. Sembrava più interessata alla loro origine, e non era per niente soddisfatta che non dischiudessero i loro segreti con la stessa facilità dell’a’dam. Non riuscire a penetrarne il mistero era una spina nel fianco.

Una volta Nynaeve aveva provato a usarne uno, casualmente, la volta che dovevano incontrare Egwene, una notte dopo aver lasciato Boannda. C’era una sola cosa che la faceva arrabbiare di più. Gli uomini!

Aveva iniziato Neres, camminando per il ponte mentre il sole incominciava a tramontare, lamentandosi che gli era stato rubato il cargo. Naturalmente Nynaeve lo aveva ignorato. Quindi Thom, che stava preparandosi il letto ai piedi di uno dei pennoni, le aveva detto con calma: «Ha ragione.»

Era chiaro che né il menestrello né Juilin, seduto vicino a lui, si erano accorti di lei nella luce che svaniva. «È un contrabbandiere, ma ha pagato per quei beni. Nynaeve non aveva il diritto di impossessarsene.»

«I maledetti diritti di una donna sono qualsiasi cosa quella sostiene, dannazione» rise Uno. «Questo comunque è quanto sostengono le donne nello Shienar.»

A quel punto la videro e smisero di parlare, anche se troppo tardi. Uno si toccò la guancia non più segnata dalla cicatrice. Si era tolto la benda quel giorno, e sapeva cosa gli era stato fatto. Nynaeve pensava che fosse imbarazzato. Era difficile dirlo nell’ombra, ma gli altri due sembravano privi di espressione.

Naturalmente a loro non fece nulla, ma si allontanò a grandi passi afferrando la treccia. Riuscì anche a scendere la scala a grandi passi. Elayne aveva già il disco di ferro fra le mani, la scatola di legno scuro al centro del tavolo. Nynaeve prese la placca gialla con la donna addormentata; emanava una sensazione untuosa e morbida, certo non di qualcosa che potesse graffiare il metallo. Con la rabbia che le bruciava in corpo, sentì saidar come un caldo bagliore proprio alle sue spalle. «Forse riesco a capire perché con questo puoi solo incanalare delle goccioline.»

Fu così che si ritrovò nel Cuore della Pietra, incanalando un flusso di Spirito nella placca, che in tel’aran’rhiod era infilata nel sacchetto appeso alla cintura. Come faceva spesso nel Mondo dei Sogni, Elayne indossava un abito degno della corte di sua madre, di seta verde ricamata in oro attorno al collo, con una collana e dei bracciali d’oro e pietre di luna, ma Nynaeve fu sorpresa di scoprire che anche lei aveva indosso qualcosa di non troppo dissimile, solo che i capelli erano intrecciati, e del suo colore, invece che sciolti sulle spalle. Il vestito era blu e argento, la scollatura non bassa come quella dei vestiti di Luca, ma più di quanto avrebbe scelto. Eppure le piaceva il modo in cui il singolo rubino appeso alla catena le brillava fra i seni. Egwene ci avrebbe pensato, prima di fare la prepotente con una donna vestita a quel modo. Naturalmente non c’entrava nulla con il motivo per cui lo aveva indossato, anche inconsciamente.

Adesso capiva cosa volesse dire Elayne quando parlava di avere l’aspetto giusto. Guardandosi, non si trovava diversa dall’altra donna che aveva l’anello di pietra inserito nella collana. Comunque Elayne aveva detto che lei aveva un aspetto... nebuloso. Anche saidar appariva nebuloso, tranne per il flusso di spirito che aveva iniziato a intessere da sveglia. Il resto era sottile e anche il calore invisibile della Vera Fonte sembrava mutato. Era ancora abbastanza adirata per incanalare. Se la rabbia contro gli uomini scompariva presto, il problema di per se stesso sarebbe stato irritante. Non era il caso di indurirsi per affrontare Egwene, e non vi era alcun motivo per quel debole sapore di felcegatta e polvere di foglia dell’intenditore sulla lingua! Produrre una singola fiamma che danzava a mezz’aria, una delle prime cose che venivano insegnate alle novizie, sembrava difficile come mettersi Lan in spalla. La fiamma sembrava attenuata anche agli occhi di Nynaeve e non appena legò il flusso incominciò a svanire. In alcuni secondi scomparve del tutto.

«Tutte e due?» chiese Amys. Lei ed Egwene erano apparse, dall’altro lato di Callandor, entrambe con gli abiti aiel, bluse e scialle. Almeno Egwene non indossava tante collane e bracciali. «Perché hai questo aspetto, Nynaeve? Hai imparato ad apparire da sveglia?»

Nynaeve sobbalzò. Odiava essere colta di sorpresa. «Egwene, come hai...?» iniziò a chiedere lisciandosi l’abito, mentre Elayne diceva: «Egwene, non riusciamo a capire come...»

Egwene le interruppe. «Rand e gli Aiel hanno vinto una grande battaglia a Cairhien.» Raccontò il resto come un torrente in piena, da Sammael alla lancia seanchan. Ogni parola si accavallava sulla seguente, e parlava con lo sguardo concentrato.

Nynaeve scambiò occhiate confuse con Elayne. Di certo le aveva informate. Non potevano averlo immaginato, perché ogni parola confermava i fatti. Anche Amys, con i lunghi capelli bianchi che enfatizzavano lo sguardo non da Aes Sedai, sembrava stupita dal flusso di parole.

«Mat ha ucciso Couladin?» esclamò Nynaeve a un certo punto. Quello certo non lo aveva raccontato nel sogno. Non sembrava un’azione da Mat. Alla guida dei soldati? Mat?

Quando alla fine Egwene smise di parlare, sistemando lo scialle e respirando leggermente affannata — non aveva quasi mai preso fiato durante il racconto — Elayne chiese con voce flebile, «Sta bene?» Sembrava quasi che incominciasse a dubitare dei propri ricordi.

«Bene per come ci si può aspettare» disse Amys. «Si sforza molto e non ascolta nessuno. Tranne Moiraine.» Non era compiaciuta.

«Aviendha sta con lui tutto il tempo» aggiunse Egwene. «Sta prendendosi cura di lui al tuo posto.»

Nynaeve lo dubitava. Non sapeva molto sugli Aiel, ma sospettava che se Amys aveva usato la parola ‘sforzare’ chiunque altro avrebbe aggiunto ‘in maniera esagerata’.

Elayne sembrava d’accordo. «Allora perché lascia che si sforzi? Cosa sta facendo Rand?»

Dai racconti si capiva che stava facendo molto e, chiaramente, troppo. Due ore al giorno per esercitarsi alla scherma con Lan o chiunque altro riuscisse a trovare. Questo diede fastidio ad Amys. Altre due a studiare la tecnica aiel di combattimento senza armi. Egwene forse lo trovava strano, ma Nynaeve era fin troppo consapevole di quanto si era indifesi quando non si sapeva incanalare. Eppure Rand non si sarebbe mai trovato in quella condizione. Era diventato un re, o forse qualcosa di più, circondato da Far Dareis Mai e dava ordini ai signori e alle dame. Trascorreva molto tempo in quest’ultima attività, li inseguiva per accertarsi che facessero quanto veniva chiesto loro e non si sarebbe nemmeno fermato per mangiare se le Fanciulle non gli avessero portato il cibo ovunque si trovasse. Per qualche motivo, anche se questo sembrò irritare Egwene quasi quanto Elayne, Amys pareva palesemente divertita, anche se riprese l’espressione dura quando si accorse che Nynaeve l’aveva notata. Un’altra ora al giorno Rand la dedicava a una strana scuola che aveva fondato, invitando non solo gli scolari ma gli artigiani, da un tizio che fabbricava cannocchiali a una donna che aveva costruito una specie di balestra gigante con le pulegge, che poteva scagliare una lancia a un chilometro di distanza. Non aveva spiegato a nessuno i suoi propositi, o forse solo a Moiraine, ma la sola risposta che l’Aes Sedai aveva fornito a Egwene era che il bisogno di lasciarsi qualcosa alle spalle era forte in ognuno di noi. Non sembrava che a Moiraine importasse quel che faceva Rand.

«Quel che rimane degli Shaido si sta ritirando a nord,» aggiunse cupa Amys «e ogni giorno altri oltrepassano il Muro del Drago ogni giorno per unirsi a loro, ma sembra che Rand al’Thor non se ne curi. Sta inviando le lance a sud, verso Tear. La metà è già partita, Rhuarc mi ha detto che non ha nemmeno spiegato ai capi il motivo e non credo che Rhuarc mi mentirebbe. Moiraine è la più vicina a Rand tranne forse Aviendha, ma si rifiuta di chiederglielo.» Scuotendo il capo mormorò: «In sua difesa però voglio dire che nemmeno da Aviendha ho appreso qualcosa.»

«Il modo migliore di mantenere un segreto è non rivelarlo a nessuno» le rispose Elayne, che suscitò degli sguardi risentiti. Amys non era molto da meno di Bair quando si trattava di mettere qualcuno a disagio.

«Non lo scopriremo qui» intervenne Nynaeve, fissando lo sguardo su Egwene. L’altra donna sembrava agitata. Se c’era un momento propizio per recuperare l’equilibrio fra loro, sembrava fosse proprio quello. «Quello che voglio sapere...»

«Hai ragione» la interruppe Egwene. «Non siamo nello studio di Sheriam, dove possiamo trattenerci e chiacchierare. Cos’hai da raccontarci? Siete ancora con mastro Luca e il serraglio?»

Nynaeve rimase senza fiato mentre le domande le rimbalzavano nella testa. C’era così tanto da dire... E tanto da non rivelare. Nynaeve raccontò solo d’aver seguito Lanfear alla riunione dei Reietti e di aver visto Moghedien che spiava. Non che volesse evitare di raccontare come Moghedien l’aveva maneggiata, non proprio, ma Birgitte non le aveva liberate dalla promessa di mantenere il segreto sulla sua identità. Chiaramente questo significava non parlare affatto di Birgitte, rivelando che si trovava con loro. Era spiacevole sapere che Egwene fosse al corrente che Birgitte le stava aiutando, e dover comunque continuare a fingere di non sapere; ma Nynaeve ci riuscì, anche se balbettava quando Egwene arcuava le sopracciglia. Ringraziando la Luce, Elayne la aiutò spiegando che l’accaduto a Samara era colpa di Galad e Masema. Cosa che in fondo era vera. Se uno dei due avesse semplicemente inviato un messaggero per riferire che era stata trovata un’imbarcazione, non ne sarebbe scaturito nulla.

Quando finì con Salidar, Amys chiese con calma, «Sei sicura che supporteranno il Car’a’carn?»

«Devono conoscere le Profezie del Drago come la stessa Elaida» osservò Elayne. «Il modo migliore di opporsi a lei è attaccarsi a Rand e rendere chiaro al mondo che intendono supportarlo fino a Tarmon Gai’don.» Non vi fu il minimo tremito nella voce per far capire che non stava parlando di un estraneo.

«Altrimenti saranno solo delle ribelli, senza diritti o pretese. Hanno bisogno di lui almeno quanto è vero il contrario.»

Amys annuì, anche se non era pienamente d’accordo.

«Credo di ricordarmi Masema» disse Egwene. «Occhi incavati e bocca storta?» Nynaeve annuì. «Non riesco a immaginarlo come un profeta, ma di sicuro può dare il via a una sommossa o una guerra. Sono sicura che Galad ha fatto solo quello che riteneva giusto.» Le guance di Egwene si colorarono leggermente al ricordo del viso di Galad. «Rand vorrà sapere di Masema. E di Salidar. Se riesco a bloccarlo in un posto abbastanza a lungo da farmi ascoltare.»

«Voglio sapere come fate a trovarvi qui entrambe» chiese Amys. Ascoltò la spiegazione e osservò la placca che teneva fra le mani una volta che Nynaeve ebbe terminato il racconto. Far toccare il ter’angreal da qualcun altro mentre lo stava usando diede i brividi a Nynaeve. «Credo che tu sia meno presente in questo luogo di Elayne» puntualizzò alla fine la Sapiente. «Quando una Camminatrice dei Sogni accede a tel’aran’rhiod durante il sonno, solo una parte infinitesimale di lei rimane nel corpo fisico, abbastanza per mantenerla in vita. Se entra in un sonno superficiale, quando può essere qui e anche parlare con le persone che la circondano nel mondo reale, assomiglia a te, agli occhi di una che si trova completamente nel Mondo dei Sogni. Forse è lo stesso. Non credo che mi piaccia una qualsiasi donna in grado di incanalare e di accedere a tel’aran’rhiod, anche in questo stato.» Quindi restituì il ter’angreal a Nynaeve.

Con un sospiro di sollievo, Nynaeve ripose la placca nel sacchetto. Aveva lo stomaco sottosopra.

«Se mi avete rivelato tutto...» Amys fece una pausa mentre Nynaeve ed Elayne confermarono di averlo fatto. Gli occhi azzurri della donna erano incredibilmente penetranti. «Allora dobbiamo andare. Devo ammettere che questi incontri sono più utili di quanto supponessi all’inizio, ma stanotte ho ancora molto da fare.» Lanciò un’occhiata a Egwene e svanirono all’unisono.

Nynaeve ed Elayne non esitarono. Attorno a loro le grandi colonne di granito rosso divennero immediatamente una piccola stanza con i pannelli scuri, pochi mobili, semplici e solidi. La rabbia di Nynaeve aveva vacillato e con essa la presa su saidar, ma lo studio della maestra delle novizie aveva bloccato entrambe. Davvero ostinata e provocatoria! Sperava di trovare Sheriam a Salidar, sarebbe stato un piacere affrontarla allo stesso livello. Eppure avrebbe anche desiderato trovarsi altrove. Elayne osservava lo specchio con la cornice dorata, sistemandosi con disinvoltura i capelli. Solo che qui non aveva bisogno di usare le mani per farlo. Nemmeno a lei piaceva trovarsi in quella stanza. Perché Egwene aveva suggerito di incontrarsi lì? Forse lo studio di Elaida non era il posto più confortevole, ma era sicuramente meglio.

Un attimo dopo furono raggiunte da Egwene, dall’altro lato del grande tavolo, occhi gelidi e mani sui fianchi come se fosse l’occupante di diritto della stanza.

Prima che Nynaeve potesse aprire bocca, Egwene disse: «Per caso voi due linguesciolte scervellate siete diventate delle sempliciotte avventate? Se vi chiedo di tenere qualcosa per voi, sapete mantenere il segreto? Non vi è mai venuto in mente che non dovete rivelare tutto a tutti? Credevo che foste brave a mantenere i segreti.» Le guance di Nynaeve erano infuocate, ma almeno non era rossa come Elayne. Egwene non aveva ancora finito. «Il modo non posso insegnarvelo. Dovreste essere delle Camminatrici dei Sogni. Se potete toccare quelli che posseggono l’anello, non ve lo so dire. E dubito che possiate farlo con l’altro oggetto. Cercate di concentrarvi su quello che state facendo. Salidar potrebbe essere molto diversa da come ve la aspettate. Adesso, anch’io ho da fare stanotte. Almeno provate a essere accorte!» Scomparve così improvvisamente che l’ultima parola sembrò provenire dall’aria.

L’imbarazzo si scontrava con la rabbia di Nynaeve. Era quasi esplosa quando Egwene le aveva chiesto di non parlare. E Birgitte. Come si poteva mantenere un segreto quando una delle donne sapeva? Vinse l’imbarazzo e saidar le sfuggì come sabbia fra le dita.

Nynaeve si svegliò di soprassalto, con il ter’angreal giallo scuro fra le mani. La lampada era regolata su una luce soffusa. Elayne, sdraiata di fianco a lei, era ancora addormentata. L’anello di pietra appeso alla collana le era scivolato nella cavità sulla gola.

Parlando da sola Nynaeve scavalcò l’altra donna per riporre la placca, quindi versò dell’acqua nel bacile per lavarsi viso e collo. L’acqua era tiepida, ma dava una sensazione di frescura. Nella luce tenue le sembrava di vedere ancora un rossore sulle guance riflesse nello specchio. Era così che aveva recuperato l’equilibrio. Se solo si fossero incontrate in qualche altro posto. Se solo non avesse parlato come una ragazzina senza cervello. Sarebbe andata meglio se avesse usato l’anello, invece di essere un’apparizione per quanto riguardava l’altra donna. Era tutta colpa di Thom e Juilin. E di Uno. Se non l’avessero fatta arrabbiare... No. Era colpa di Neres. Lui... Prese la brocca con entrambe le mani e si sciacquò la bocca. Stava solo cercando di eliminare il sapore del sonno. Nulla che somigliasse alla felcegatta bollita e la polvere di foglia dell’intenditore. Nulla di simile.

Quando si voltò dal lavabo, Elayne stava mettendosi seduta e slacciava il laccio di cuoio con l’anello. «Ti ho vista perdere saidar, per cui sono andata nello studio di Elaida, ma non ho voluto rimanere a lungo per non farti preoccupare. Non ho scoperto nulla, tranne che Shemerin deve essere arrestata e degradata ad Ammessa.» Si alzò e mise l’anello nella scatola.

«Possono farlo? Degradare le Aes Sedai?»

«Non lo so. Credo che Elaida stia facendo tutto quello che vuole. Egwene non dovrebbe indossare quegli abiti aiel. Non sono molto eleganti.»

Nynaeve rilasciò il fiato che stava trattenendo. Chiaramente Elayne voleva ignorare quello che aveva detto Egwene. Nynaeve era d’accordo a non parlarne. «No, certamente non lo sono.» Salendo sul letto si appoggiò alla parete, facevano a turno per dormire da quel lato.

«Non ho nemmeno avuto l’occasione di inviare un messaggio a Rand.» Elayne si mise a letto dopo di lei e spense la lampada. Le piccole finestre lasciavano filtrare solo qualche raggio di luce lunare. «E uno ad Aviendha. Se sta prendendosi cura di lui per mio conto, dovrebbe farlo sul serio.»

«Non è un cavallo, Elayne. Non lo possiedi.»

«No ho mai detto di possederlo. Come ti sentiresti se Lan cominciasse a frequentare una donna cairhienese?»

«Non essere sciocca, dormi.» Nynaeve sprimacciò energicamente il cuscino. Forse avrebbe dovuto inviare un messaggio a Lan. Tutte quelle nobildonne, tarenesi e cairhienesi. Far mangiare a un uomo miele invece di dirgli la verità. Avrebbe fatto meglio a non dimenticare a chi apparteneva.

Sotto Boannda i boschi si erano fatti folti e correvano su entrambi i lati del fiume. Grovigli sani di alberi e viticci. I villaggi e le fattorie erano scomparsi. Sembrava che l’Eldar fluisse fra la boscaglia a chilometri di distanza dalle abitazioni umane. A cinque giorni da Samara, il Serpente di fiume aveva ancorato nel mezzo di un’insenatura del fiume, mentre una barca traghettava i rimanenti passeggeri su una spiaggia di fango essiccato circondata da basse colline boscose. Anche gli alti salici e le querce dalle radici profonde mostravano delle foghe marroni.

«Non c’era bisogno di dare quella collana all’uomo» disse Nynaeve una volta a riva, guardando la barca a remi che si avvicinava con quattro rematori, Juilin e gli ultimi Shienaresi. Sperava di non essere stata ingenua. Neres le aveva mostrato le mappe di quel lato del fiume, indicando il punto dove si trovava Salidar a due chilometri di distanza dall’acqua, ma nient’altro indicava che da queste parti vi fosse mai stato un villaggio. Sembrava esserci solo foresta.

«La tariffa che gli ho offerto era sufficiente.»

«Non per ripagare il carico» rispose Elayne. «Solo perché è un contrabbandiere non significa che abbiamo il diritto di depredarlo.» Nynaeve si chiese se avesse parlato con Juilin. Probabilmente no. Era solo la legge. «E poi gli opali gialli sono troppo vistosi, specialmente con quella montatura. Inoltre ne valeva la pena solo per vedere la faccia dell’uomo.» Elayne scoppiò a ridere. «Stavolta mi ha guardata.» Nynaeve cercò di trattenersi, ma anche lei non poté fare a meno di ridere.

Thom si trovava vicino agli alberi e cercava di divertire i due figli di Marigan facendo roteare delle palle colorate estratte dalle maniche. Jaril e Seve lo fissavano in silenzio, senza battere ciglio, e si tenevano stretti l’un l’altro. Nynaeve non era rimasta sorpresa quando Marigan e Nicola le avevano chiesto di accompagnarla. Adesso Nicola guardava Thom e rideva deliziata, ma avrebbe trascorso ogni momento accanto a Nynaeve se questa glielo avesse permesso. Che anche Areina volesse venire era stata una sorpresa. Stava seduta da sola su un tronco morto e guardava Birgitte, che metteva la corda all’arco. Le tre donne sarebbero rimaste di stucco quando avessero scoperto cosa si nascondeva a Salidar. Almeno Nicola avrebbe trovato il suo santuario e forse Marigan avrebbe avuto l’occasione di distribuire le sue erbe se non c’erano troppe Gialle in giro.

«Nynaeve, hai pensato a... a come verremo accolte?»

Nynaeve guardò Elayne stupita. Avevano attraversato metà del mondo, o quasi, e sconfitto l’Ajah Nera due volte. Be’, a Tear erano state aiutate, ma a Tanchico era stata tutta opera loro. Avevano notizie di Elaida e della Torre che, era pronta a scommettere, nessuna a Salidar conosceva. E, cosa più importante, potevano aiutare queste Sorelle a entrare in contatto con Rand. «Elayne, non direi che ci accoglieranno come eroine, ma non sarei sorpresa se ci baciassero prima della fine della giornata.» Rand da solo ne sarebbe valso la pena.

Due dei marinai scalzi balzarono fuori per tenere ferma la barca a remi contro la corrente, Juilin e gli Shienaresi andarono a riva mentre i marinai risalivano a bordo. Sul Sapente di fiume gli uomini stavano già issando l’ancora.

«Facci strada, Uno» disse Nynaeve. «Voglio trovarmi in quel luogo prima che sia buio.» Dall’aspetto della foresta, tutta viticci e sottobosco polveroso, due chilometri potevano richiedere molto tempo. Se Neres non l’aveva raggirata. Questo la preoccupava più di qualsiasi altra cosa.

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