Nynaeve formò con prudenza l’immagine mentale dello studio dell’Amyrlin, proprio come aveva visualizzato il Cuore della Pietra quando era andata a dormire. Non accadde nulla e aggrottò le sopracciglia. Avrebbe dovuto trovarsi nella Torre Bianca, nella stanza che aveva visualizzato. Provando nuovamente visualizzò una camera che aveva frequentato molto più spesso, anche se non con gioia.
Il Cuore della Pietra divenne lo studio della maestra delle novizie, una piccola stanza con dei pannelli di legno, arredata con i mobili semplici e robusti usati dalle generazioni di donne che avevano occupato quella posizione. Quando le inadempienze delle novizie erano tali che le ore in più a pulire i pavimenti o a rastrellare i sentieri non erano sufficienti, era qui che venivano mandate. Per un’Ammessa ricevere quella convocazione richiedeva una trasgressione più grande, eppure si muoveva con i piedi di piombo, nella consapevolezza che il risultato sarebbe stato altrettanto doloroso, forse anche di più.
Nynaeve non voleva guardare la stanza — Sheriam l’aveva chiamata testarda e ostinata durante le sue numerose visite — ma si trovò a osservare lo specchio appeso alla parete, dove le novizie e le Ammesse dovevano guardare i loro volti in lacrime mentre ascoltavano la ramanzina di Sheriam sull’obbedire alle regole, mostrare il giusto rispetto o altro.
Obbedire alle regole degli altri e mostrare il dovuto rispetto era sempre stato un problema per Nynaeve. I vaghi residui della doratura sulla cornice dicevano che era stato appeso in quel punto fin dalla Guerra dei Cento Anni se non dalla Frattura.
Il vestito taraboniano era bellissimo, ma chiunque l’avesse vista con quello addosso sarebbe stato sospettoso. Anche le Domanesi vestivano modestamente quando visitavano la Torre e tutte nella Torre adottavano il comportamento migliore. Non che avrebbe incontrato qualcuno tranne visitatrici occasionali che si erano sognate di essere nel tel’aran’rhiod per qualche attimo. Prima di Egwene non c’era stata una donna nella Torre in grado di accedere al Mondo dei Sogni senza aiuto dopo Corianin Nedeal, oltre quattrocento anni prima. Ma, d’altro canto, dei ter’angreal rubati dalla Torre che erano ancora fra le mani di Liandrin e le sue amiche, almeno undici erano stati studiati da Corianin. Gli altri due studiati da Corianin e adesso nelle mani sue e di Elayne davano entrambi accesso al tel’aran’rhiod, per cui era meglio supporre che lo facessero anche gli altri. C’erano poche possibilità che Liandrin o le altre si sognassero della Torre dalla quale erano fuggite, ma era comunque un rischio troppo grande se poteva subire un agguato. Per la verità non era nemmeno sicura che i ter’angreal rubati fossero i soli che Corianin aveva studiato. I rapporti erano spesso vaghi riguardo a quegli oggetti che nessuna capiva e altri potevano benissimo essere in possesso delle Sorelle Nere ancora presenti nella Torre.
Il vestito cambiò completamente, divenne di lana bianca, morbido ma di nessuna particolare qualità, con delle bande colorate in fondo all’orlo, una per ogni Ajah. Se avesse visto qualcuna che non fosse scomparsa dopo qualche momento, sarebbe tornata a Sienda e avrebbero pensato che era solo una delle Ammesse che aveva toccato tel’aran’rhiod nei sogni. No. Non la locanda ma lo studio di Sheriam. Una qualsiasi di quelle sarebbe appartenuta all’Ajah Nera e comunque lei in teoria doveva dar loro la caccia.
Per completare la mascherata afferrò la treccia rosso oro e fece una smorfia vedendo il volto di Melaine riflesso nello specchio. Questa sì che era una donna che le sarebbe piaciuto mandare da Sheriam.
Lo studio della maestra delle novizie era vicino alla loro residenza e gli ampi corridoi coperti di mattonelle riflettevano il movimento occasionale degli arazzi, l’immagine delle lampade da terra spente e i rapidi passaggi di ragazze spaventate vestite col tipico abito bianco. Sheriam era presente in molti degli incubi delle novizie. Li ignorò mentre passava velocemente, le ragazze non si trovavano abbastanza a lungo nel Mondo dei Sogni per vederla, o, se lo facevano, avrebbero pensato che era parte del loro sogno.
Per giungere allo studio dell’Amyrlin c’era solo da salire una breve rampa di ampi gradini. Mentre si avvicinava si trovò improvvisamente di fronte Elaida, il viso imperlato di sudore, vestita di un abito rosso sangue e la stola dell’Amyrlin Seat attorno alle spalle. Qualcosa mancava alla stola dell’Amyrlin; la striscia azzurra era assente.
Quegli occhi severi e scuri si focalizzarono su Nynaeve. «Sono l’Amyrlin Seat, ragazza! Non sai come si mostra rispetto? Ti farò...» a metà della frase scomparve.
Nynaeve sospirò di sollievo. Elaida come Amyrlin, quello era davvero un incubo. Probabilmente il suo sogno più caro, si disse. Nevicherà a Tear prima che venga eletta Amyrlin.
L’anticamera era come se la ricordava, con una grande scrivania e una sedia per la Custode degli Annali. Altre sedie erano addossate al muro per le Aes Sedai che aspettavano di parlare con l’Amyrlin. Le novizie e le Ammesse stavano in piedi. Le carte sistemate in ordine sul tavolo, rotoli di pergamena e lettere sigillate non sembravano disposti nello stile di Leane. Non che fosse disordinata, piuttosto il contrario, ma Nynaeve credeva che la notte mettesse tutto via.
Aprì la porta della stanza interna ma rallentò il passo mentre entrava. Non si meravigliava di non essere stata in grado di sognarsi qui. La stanza non era affatto come se la ricordava. Quel tavolo intagliato e quell’alta sedia che assomigliava a un trono. Gli sgabelli decorati con i viticci disposti a formare una curva perfetta davanti al tavolo, nessuno fuori posto. A Siuan Sanche piacevano i mobili semplici, come se pretendesse di essere considerata ancora la figlia di un pescatore, e aveva solo una sedia in più, che non sempre lasciava usare ai visitatori. E quel vaso bianco pieno di rose rosse, sistemato su un piedistallo come un monumento. A Siuan piacevano i fiori, ma preferiva mazzi di tutti i colori, come la miniatura di un campo di fiori selvatici. Sopra al camino aveva appeso un semplice dipinto che rappresentava una barca di pescatori in un canneto. Adesso vi erano due dipinti, uno dei quali fu riconosciuto da Nynaeve. Rand, che combatteva il Reietto che si faceva chiamare Ba’alzamon, fra le nuvole sopra Falme. L’altro, su tre pannelli di legno, riportava scene che non si collegavano a nulla che potesse ricordare.
La porta si aprì e Nynaeve si ritrovò con il cuore in gola. Un’Ammessa con i capelli rossi che non aveva mai visto prima entrò nella stanza e la fissò. Non scomparve. Proprio mentre Nynaeve stava preparandosi a tornare nello studio di Sheriam, la donna con i capelli rossi disse: «Nynaeve, se Melaine sapesse che stai usando il suo viso ti infliggerebbe un castigo più grande che farti indossare un vestito da bambina.» Improvvisamente la ragazza si trasformò in Egwene con l’abito aiel.
«Mi hai tolto quasi dieci anni di vita per lo spavento» mormorò Nynaeve. «Allora le Sapienti hanno deciso di lasciarti libera di andare e venire come credi? O hai Melaine alle tue...»
«Dovresti avere paura» scattò Egwene, con le guance che le diventavano rosse. «Sei una sciocca, Nynaeve. Una bambina che gioca con una candela nel fienile.»
Nynaeve rimase a bocca aperta. Egwene che la rimproverava? «Stammi a sentire, Egwene al’Vere. Non l’ho accettato da Melaine, e non lo accet...»
«Farai bene ad accettarlo da qualcuno prima di farti ammazzare.»
«Io...»
«Non avrei dovuto lasciarti quell’anello di pietra. Avrei dovuto darlo a Elayne e dirle di non fartelo mai usare.»
«Dirle di non...!»
«Credi che Melaine stesse esagerando?» le rispose severa Egwene, agitando il dito proprio come aveva fatto Melaine. «Non lo stava facendo, Nynaeve. Le Sapienti ti hanno detto semplicemente la verità sul tel’aran’rhiod, ma tu sembri pensare che siano delle sciocche che fischiano al vento. Dovresti comportarti da donna adulta, non da bambina sciocca. Mi pare che quel poco di senno che avevi sia svanito come una nuvola di fumo. Be’, ritrovalo, Nynaeve!» La donna tirò su con il naso, sistemandosi lo scialle sulle spalle. «Proprio in questo momento stai cercando di giocare con quella fiamma nel fienile, troppo sciocca per accorgerti che potresti cadere.»
Nynaeve la fissava colma di stupore. Discutevano spesso, ma Egwene non si era mai permessa di trattarla come una bambina colta con le dita nella marmellata. Mai! Il vestito. Aveva un abito da Ammessa e il viso di qualcun’altra. Tornò a essere se stessa, indossando un abito di buona lana blu che aveva spesso usato per gli incontri della Cerchia e per raddrizzare il Consiglio. Adesso si sentiva investita di tutta la sua autorità di Sapiente. «Sono ben consapevole di quanto non so» le rispose a tono, «ma quelle Aiel...»
«Ti rendi conto che potresti sognarti in qualcosa dalla quale non sapresti come uscire? I sogni qui sono reali. Se ti lasci andare in un sogno sciocco, potrebbe intrappolarti. Fino a quando morirai.»
«Vuoi...?»
«Ci sono incubi ambulanti nel tel’aran’rhiod, Nynaeve.»
«Vuoi lasciarmi parlare?» gridò Nynaeve. O almeno ci provò. Suonava troppo come una supplica per soddisfarla. Anche se non fosse stata una supplica, sarebbe stato ancora troppo.
«No, non lo farò.» rispose Egwene con fermezza. «Non fino a quando dirai qualcosa che valga la pena di essere ascoltata. Ho parlato di incubi, e dico sul serio, Nynaeve. Quando qualcuno ha un incubo trovandosi in tel’aran’rhiod, è reale. A volte sopravvive dopo che il sogno è scomparso. Non te ne rendi conto, vero?»
Di colpo delle mani energiche afferrarono Nynaeve. La donna girò la testa da un lato all’altro con gli occhi sgranati. Due uomini enormi con abiti logori la sollevarono in aria, i volti erano segnati e ruvidi, le bocche schiumose di bava erano piene di denti acuminati e gialli. Cercò di farli svanire — se poteva farlo una Sapiente camminatrice dei sogni, poteva riuscirci anche lei — e uno dei due le strappò il vestito sul davanti come la busta di una lettera. L’altro le afferrò il mento con la mano callosa e la costrinse a voltare il viso verso di lui, abbassando il capo su di lei con la bocca aperta. Se per baciarla o morderla, non lo sapeva, ma Nynaeve avrebbe preferito morire piuttosto che una delle due alternative. Cercò di attingere a saidar e non trovò nulla, era terrorizzata, non arrabbiata. Delle spesse unghie le affondarono nelle guance tenendole saldamente il capo. Era stata Egwene a fare questo, lo sapeva. «Ti prego, Egwene!» Era un grido stridulo ma era troppo spaventata perché le importasse. «Ti prego!»
Gli uomini — le creature — svanirono e la donna ricadde al suolo. Per un po’ tutto quello che riuscì a fare fu tremare e piangere. Velocemente riparò i danni al vestito, ma i graffi di quelle lunghe unghie le rimasero sul collo e sul petto. Gli abiti potevano essere aggiustati facilmente in tel’aran’rhiod, ma qualunque cosa accadesse a un essere umano... Le ginocchia le tremavano così forte che riusciva appena a stare in piedi.
Si aspettava che Egwene sarebbe andata da lei per confortarla e, per una volta, lo avrebbe accettato volentieri. Ma l’altra donna disse solamente, «Ci sono cose peggiori qui, ma gli incubi sono già abbastanza brutti. Questi li ho creati e disfatti, ma anche io ho problemi con quelli che trovo. E non cerco di controllarli, Nynaeve. Se avessi saputo come disfarli, avresti potuto farlo.»
Nynaeve scosse il capo furiosa rifiutando di asciugarsi le lacrime sul viso. «Avrei potuto sognarmi altrove. Nello studio di Sheriam o nel mio letto.» Non parlava come una bambina capricciosa, per niente.
«Se non fossi stata troppo spaventata per pensarci» ribatté secca Egwene. «Togliti quello sguardo imbronciato dal viso. Su di te sembra sciocco.»
Nynaeve guardò torva l’amica, ma stavolta non funzionò come aveva sempre fatto: invece di dar luogo a una lite, Egwene si limitò a sollevare un sopracciglio. «Niente di tutto questo sembra tipico di Siuan Sanche» disse Nynaeve per cambiare argomento. Che cosa era successo alla ragazza?
«No, non lo sembra» concordò Egwene, guardandosi attorno. «Adesso capisco perché sono dovuta andare nella mia vecchia stanza nell’ala delle novizie. Ma immagino che le persone a volte decidano di provare qualcosa di nuovo.»
«Era quello che intendevo dire» rispose impaziente Nynaeve. Non aveva il tono di voce offeso né l’espressione imbronciata. Era ridicolo. «La donna che ha arredato questa stanza non vede il mondo come quella che aveva scelto il precedente mobilio. Guarda i dipinti. Non so cosa sia quello diviso in tre parti, ma l’altro lo conosci bene come me.» Entrambe avevano assistito al fatto.
«Direi che si tratta di Bonwhin» disse Egwene pensierosa. «Non hai mai seguito le lezioni come avresti dovuto. Si tratta di un trittico.»
«Qualunque cosa sia, è l’altro che è importante.» Aveva ascoltato le Gialle con molta attenzione. Il più delle volte, il resto erano solo cose senza senso. «Mi pare che la donna che lo ha appeso voglia tenere bene in mente quanto sia pericoloso Rand. Se Siuan Sanche adesso è contro Rand per qualche motivo... Egwene, questo potrebbe essere molto peggio che volere Elayne di nuovo alla Torre.»
«Forse» rispose saggiamente Egwene. «Forse le carte ci diranno qualcosa. Tu cerca qui. Appena finisco con la scrivania di Leane vengo ad aiutarti.» Nynaeve fissò indignata la schiena di Egwene mentre se ne andava. Cerca qui, davvero! pensò. Egwene non aveva alcun diritto di darle ordini. Avrebbe dovuto andarle appresso e farglielo presente senza mezzi termini. Allora perché te ne stai qui in piedi come un sacco? si chiese arrabbiata. Cercare fra le carte era una buona idea qui dentro come fuori. In realtà era più facile trovare qualcosa di importante nello studio dell’Amyrlin. Borbottando fra sé riguardo a quanto avrebbe fatto a Egwene per rimetterla in riga, si avviò verso il tavolo intagliato scalciando la gonna a ogni passo.
Su questo non c’era nulla tranne delle scatole di legno laccato sistemate con estrema precisione. Ricordando il tipo di trappole che potevano essere attivate da qualcuno che volesse assicurarsi la segretezza, creò un lungo bastoncino per sollevare il coperchio della prima, un oggetto d’oro e verde decorato con degli aironi al guado. Conteneva il necessario per scrivere, con penne, inchiostro e sabbia. La scatola larga, decorata con rose che si avvitavano su delle spirali dorate, conteneva venti e forse più miniature di avorio e turchese, raffiguranti animali e persone, tutte su velluto grigio chiaro.
Quando aprì il coperchio della terza — falchi dorati che combattevano fra nuvole bianche in un cielo azzurro — notò che le prime due erano di nuovo chiuse. Cose simili accadevano nel Mondo dei Sogni, sembrava che tutto dovesse rimanere come era nel mondo reale, inoltre se distoglievi lo sguardo per un momento, i dettagli potevano essere differenti quando ti voltavi di nuovo.
Nella terza scatola c’erano dei documenti. Il bastoncino svanì e la donna sollevò circospetta il primo foglio. Firmato formalmente ‘Joline Aes Sedai’, era un’umile richiesta di compiere una serie di penitenze che fecero inorridire Nynaeve solo osservandole. Nulla di importante, tranne per Joline. Uno scarabocchio in calce riportava la parola ‘approvato’ scritta con una calligrafia spigolosa. Quando cercò di rimettere a posto il foglio, scomparve. La scatola adesso era chiusa.
Sospirando l’apri di nuovo. Le carte al suo interno sembravano diverse. Mantenendo il coperchio sollevato le afferrò una per una e le lesse velocemente. Almeno ci provò. A volte le lettere e i rapporti svanivano mentre li stava ancora prendendo fra le mani, a volte quando era a metà della pagina. Se c’erano dei saluti riportavano solo, ‘Madre, con rispetto’. Alcuni erano firmati dalle Aes Sedai, altri da donne con titoli diversi, nobili o non onorifici. Nessuno sembrava essere importante. Il maresciallo generale di Saldea e il suo esercito non potevano essere trovati e la regina Tenobia si rifiutava di cooperare. Riuscì a leggere tutto quel rapporto, ma dava per scontato che il lettore sapesse perché l’uomo non fosse in Saldea e cosa avrebbe dovuto fare la sovrana per cooperare. Nessun rapporto era arrivato dagli occhi e dalle orecchie delle Ajah a Tanchico in tre settimane, ma poté cogliere un solo fatto. Alcuni problemi fra Illian da una parte e il Murandy dall’altra si stavano risolvendo e Pedron Niall se ne attribuiva il merito. Anche in quelle poche righe che riuscì a leggere poteva sentire il digrignare di denti della scrittrice. Le lettere erano tutte importanti, quelle che aveva potuto vedere e quelle che erano svanite sotto ai suoi occhi, ma di nessuna utilità per lei. Aveva appena iniziato a leggere quello che sembrava un rapporto su una sospetta — era quella la parola usata — riunione di Sorelle Azzurre, quando dalla stanza precedente provenne un grido pietoso, «Oh, Luce, no!»
Scaraventandosi verso la porta Nynaeve fece apparire un robusto randello di legno con la testa coperta di spuntoni. Ma quando entrò aspettandosi di trovare Egwene che si difendeva, la donna stava in piedi dietro la scrivania della Custode fissando nel vuoto. Con un’espressione terrorizzata, ma non ferita o minacciata da qualcosa che Nynaeve potesse vedere.
Egwene sussultò all’ingresso dell’amica, quindi si riprese visibilmente. «Nynaeve, Elaida è l’Amyrlin Seat.»
«Non comportarti da oca» la derise Nynaeve. Eppure l’altra stanza così lontana dallo stile di Siuan Sanche... «Ti stai immaginando delle cose. Deve essere così.»
«Avevo uno scritto fra le mani, Nynaeve, firmato da Elaida do Avriny a’Roihan, Sorvegliante dei Sigilli Fiamma di Tar Valon, l’Amyrlin Seat e sigillato con il sigillo dell’Amyrlin.»
Lo stomaco di Nynaeve le balzò in petto. «Ma come? Cosa è accaduto a Siuan Sanche? Egwene, la Torre non depone un’Amyrlin tranne per motivi estremamente seri. È successo solo due volte in circa duemila anni.»
«Forse Rand era abbastanza serio.» La voce di Egwene era ferma, anche se aveva ancora gli occhi sgranati. «Forse si è ammalata di qualcosa che le Gialle non sono riuscite a guarire o è caduta per le scale spezzandosi il collo. Quello che importa è che Elaida adesso è l’Amyrlin. Non credo che sosterrà Rand come faceva Siuan.»
«Moiraine» mormorò Nynaeve. «Era così sicura che Siuan avrebbe messo la Torre alle spalle di Rand.» Non riusciva a immaginarsi Siuan Sanche morta. Aveva spesso odiato la donna, a volte in alcune occasioni l’aveva anche temuta — adesso poteva ammetterlo, almeno a se stessa — ma l’aveva anche rispettata. Credeva che Siuan avrebbe vissuto per sempre. «Elaida, Luce! È cattiva come un serpente e crudele come un gatto. È imprevedibile cosa potrebbe fare.»
«Temo di averne un’idea.» Egwene premette entrambe le mani sullo stomaco come a calmare l’agitazione. «Era un documento molto breve. Sono riuscita a leggerlo tutto. Tutte le Sorelle fedeli devono riferire la presenza della donna Moiraine Damodred. Se possibile dovrebbe essere trattenuta, con qualsiasi sistema, e riconsegnata alla Torre Bianca per essere processata con l’accusa di tradimento. Lo stesso tipo di linguaggio adoperato per Elayne.»
«Se Elaida vuole far arrestare Moiraine significa che sa che sta aiutando Rand e non le piace.» Parlare era un bene, le impediva di rimettere. Tradimento. Per quest’accusa quietavano le donne. Lei voleva creare problemi a Moiraine. Adesso Elaida lo avrebbe fatto al posto suo. «Di sicuro non agevolerà Rand.»
«Esattamente.»
«Sorelle leali. Coincide con quel messaggio di comare Macura. Qualsiasi cosa sia accaduta a Siuan le Ajah si sono divise sull’elezione di Elaida come Amyrlin. Deve essere così.»
«Ma certo. Molto bene, Nynaeve. Non me ne ero accorta.»
Il sorriso di Egwene era così gradevole che Nynaeve lo ricambiò. «C’è un rapporto sulla scrivania di Siu... sul tavolo dell’Amyrlin che parla di una riunione di Azzurre. Lo stavo leggendo quando hai gridato. Scommetto che le Azzurre non la hanno sostenuta.» Fra le Ajah Azzurra e Rossa c’era una specie di tregua nei tempi migliori mentre nei peggiori quasi si avventavano l’una alla gola dell’altra.
Quando però ritornarono nello studio non trovarono il rapporto. C’erano molti documenti, era riapparsa la lettera di Joline, Egwene la scorse velocemente e sollevò le sopracciglia, ma non quello che volevano.
«Ti ricordi cosa diceva?» chiese Egwene.
«Avevo letto solo alcune righe quando hai gridato... non ricordo.»
«Provaci, Nynaeve. Provaci seriamente.»
«Ci sto provando, ma non mi viene in mente. Ci sto provando.»
Quello che aveva appena detto colpì Nynaeve come una martellata fra gli occhi. Stava scusandosi. Con Egwene. Una ragazza che aveva sculacciato per aver fatto i capricci non più di due anni prima. E un momento fa era stata orgogliosa come una gallina che ha appena fatto l’uovo perché Egwene era soddisfatta di lei. Si ricordava molto bene il giorno il cui l’equilibrio fra loro era mutato, quando avevano smesso di essere la Sapiente e la ragazza che scattava ogni volta che lei lo chiedeva, per diventare invece solo due donne lontane da casa. Adesso sembrava che anche quel nuovo rapporto fosse ulteriormente mutato, e non le piaceva affatto. Doveva fare qualcosa per riportare tutto allo stato originale.
La bugia. Oggi aveva apertamente mentito a Egwene per la prima volta. Per quello la sua autorità morale era cambiata, e lei si agitava tanto, incapace di imporsi a dovere. «Ho bevuto l’infuso, Egwene.» Si costrinse a pronunciare quelle parole. «La bevanda di radice biforcuta di Macura. Lei e Luci ci hanno portate al piano superiore come dei sacchi di piume. Era tutta la forza che avevamo io ed Elayne assieme. Se Thom e Juilin non fossero arrivati a riprenderci per la collottola, probabilmente saremmo ancora lì. O forse sulla via della Torre, così piene di infuso di radice biforcuta che non ci saremmo svegliate fino al nostro arrivo.» Inspirando profondamente cercò di assumere un tono di voce fermo e deciso, ma era difficile quando avevi appena confessato di esserti comportata da sciocca completa. Esitò nel parlare molto più di quanto volesse. «Se lo racconti alle Sapienti, in particolar modo a Melaine, ti strappo le orecchie.»
Qualcosa in quella frase avrebbe dovuto far infuriare Egwene. Sembrava strano voler iniziare una discussione; di solito cominciavano con Egwene che non voleva ragionare e di rado finivano, fin da quando la ragazza aveva preso a fare l’ostinata, ma era certamente meglio della situazione attuale. Egwene però si limitò a sorriderle. Un sorriso divertito. Divertito e accondiscendente.
«Lo avevo più che sospettato, Nynaeve. Parlavi sempre di erbe giorno e notte, ma non hai mai nominato una pianta chiamata radice biforcuta. Ero sicura che non l’avevi mai sentita fino al tuo incontro con quella donna. Hai sempre cercato di edulcorare i fatti. Se cadessi di testa in un porcile, cercheresti di convincere tutti che è avvenuto intenzionalmente. Adesso ciò che dobbiamo decidere...»
«Non faccio certe cose» farfugliò Nynaeve.
«Le fai eccome. I fatti sono fatti. Tanto vale che la smetti di lamentarti e mi aiuti a decidere...»
Lamentarmi! Questa faccenda non stava andando per niente come voleva lei. «Non sono così. I fatti intendo. Non ho mai agito come dici tu.»
Per un momento Egwene la fissò in silenzio. «Non la smetterai, vero? Molto bene. Mi hai mentito...»
«Non era una bugia» mormorò Nynaeve. «Non esattamente.»
L’altra donna l’interruzione. «E menti a te stessa. Ti ricordi cosa mi hai fatto bere l’ultima volta che ti ho detto una menzogna?» Improvvisamente si ritrovò una tazza fra le mani, colma di un liquido vischioso e verde. Sembrava acqua raccolta da uno stagno. «La sola volta che ti ho mentito. Il ricordo di quel sapore è stato molto efficace per dissuadermi. Se non riesci a dire la verità nemmeno a te stessa...»
Nynaeve fece un passo indietro prima di trattenersi. Felcegatta bollita e foglia dell’intenditore in polvere; le si ritrasse la lingua al solo pensiero di quel sapore. «Non ho proprio mentito.» Perché stava scusandosi? «Solo non ti ho raccontato tutta la verità.» Sono la Sapiente! Ero la Sapiente, ma dovrebbe comunque contare, pensò. «Non puoi credere davvero...» Diglielo e basta. Non sei tu la bambina qui, e certamente non berrai, rifletté. «Egwene, io...» Egwene le mise la tazza sotto al naso. Nynaeve ne sentiva l’odore acre. «Va bene» disse velocemente. Non sta succedendo! tentò di autoconvincersi. Ma non riusciva a distogliere lo sguardo dalla tazza colma né a trattenere le parole.
«A volte cerco di far sembrare migliori le cose per me. A volte. Ma mai nulla di importante. Io non ho mai... mentito... su niente di importante. Mai, lo giuro. Solo sulle piccolezze.» La tazza svanì e Nynaeve emise un sospiro di sollievo. Sciocca, sciocca donna! Non te lo avrebbe fatto bere! Che cos’hai adesso? si chiese.
«Quello che bisogna decidere» disse Egwene come se non fosse accaduto nulla «è a chi riferirlo. Moiraine certamente deve essere messa al corrente e Rand, ma se qualcun altro lo viene a sapere... Gli Aiel sono particolari riguardo alle Aes Sedai come per ogni altra cosa. Credo che seguirebbero Colui che viene con l’Alba malgrado tutto, ma se si accorgono che la Torre è contro di lui forse non saranno così ferventi.»
«Prima o poi lo scopriranno» mormorò Nynaeve. Non me lo avrebbe fatto bere! pensò.
«Poi è meglio di prima, Nynaeve. Per cui non perdere la pazienza per raccontarlo alle Sapienti durante il prossimo incontro. Anzi, sarebbe preferibile se non parlassi affatto di questa visita alla Torre. Forse in questo modo riuscirai a mantenere il segreto.»
«Non sono una sciocca» rispose acida Nynaeve e si sentì avvampare in viso quando Egwene sollevò un sopracciglio. Non avrebbe parlato di questo incontro con le Sapienti. Non che fosse facile opporre loro resistenza. Nulla di simile. E non cercava di edulcorare le cose. Egwene se ne poteva andare in giro per tel’aran’rhiod come voleva mentre lei doveva vedersela con le ramanzine e le prepotenze.
«Lo so che non lo sei» rispose Egwene. «Quando non lasci che il tuo umore prenda il sopravvento. Devi controllare i nervi e stare calma se hai ragione riguardo ai Reietti, specialmente Moghedien.» Nynaeve la guardò furiosa, a bocca aperta; voleva rispondere che riusciva benissimo a tenere a bada il carattere e che le avrebbe tirato le orecchie se pensava il contrario, ma l’altra non gliene diede la possibilità. «Dobbiamo trovare quel gruppo di Azzurre, Nynaeve. Se si oppongono a Elaida, forse, dico forse, sosterranno Rand come faceva Siuan. Parlava di una città o un villaggio quella lettera? Magari una nazione?»
«Credo... non mi ricordo.» Faticò a non far sembrare il tono di voce difensivo. Luce, ho confessato tutto, mi sono resa ridicola e ho solo peggiorato la situazione! pensò. «Continuerò a provare.»
«Bene, dobbiamo trovarle, Nynaeve.» Per un momento Egwene la studiò mentre si rifiutava di ripetersi. «Nynaeve, fai attenzione a Moghedien. Non andartene in giro come un orso a primavera solo perché a Tanchico è andata via.»
«Non sono una sciocca, Egwene» puntualizzò Nynaeve con cautela. Era frustrante dover controllare i nervi, ma se tutto quello che avrebbe fatto Egwene era ignorarla o rimproverarla, non c’era nulla da guadagnare nell’apparire più testarda di quel che sembrava.
«Lo so, l’hai detto. Cerca solo di ricordarlo. Sii prudente.» Stavolta Egwene non scomparve gradualmente ma all’improvviso, come Birgitte.
Nynaeve fissò il punto dove si trovava l’amica, ripensando a tutte le cose che c’erano da dire. Alla fine si rese conto che avrebbe potuto restare là in piedi tutta la notte, stava ripetendosi, e il tempo per dire le cose giuste era passato. Borbottando sottovoce uscì dal tel’aran’rhiod per tornare nel suo letto a Sienda.
Egwene aprì gli occhi nella quasi totale oscurità, alleviata solo dalla fievole luce lunare che filtrava dal buco per il fumo. Era contenta di trovarsi sotto un cumulo di coperte, il fuoco era spento e la tenda gelida. Il fiato si condensava in nuvolette davanti alla bocca. Senza alzare la testa guardò verso l’interno. Non c’erano Sapienti. Era ancora sola.
Era la paura più grande durante le escursioni solitarie nel tel’aran’rhiod. Ritornare trovando Amys o una della altre che la aspettavano. Be’, forse non era la più grande, i pericoli nel Mondo dei Sogni erano seri come aveva spiegato a Nynaeve, ma era comunque una fra le più grandi. Non era la punizione a spaventarla, non del tipo che assegnava Bair. Se si fosse svegliata trovando una Sapiente che la fissava, lo avrebbe accettato serenamente; ma Amys le aveva detto, quasi all’inizio, che se fosse entrata nel tel’aran’rhiod senza essere accompagnata da una di loro, l’avrebbero mandata via, rifiutandosi di procedere nell’istruzione. Questo la demoralizzava più di qualsiasi altra cosa potessero farle. Ma anche così, doveva andare avanti per conto suo. Le insegnavano velocemente, ma non abbastanza per lei. Voleva sapere subito, doveva sapere tutto.
Incanalando accese una lampada e il fuoco. Non c’era nulla che potesse bruciare ma Egwene legò i flussi in ogni caso. Rimase distesa a guardare l’alito che le si condensava e aspettando di scaldarsi abbastanza per vestirsi. Era tardi, ma forse Moiraine era sveglia.
Quanto accaduto con Nynaeve ancora la stupiva. Avrebbe bevuto se le avessi porto la tazza, pensò. Aveva avuto molta paura che Nynaeve venisse a sapere che non aveva il permesso delle Sapienti di andarsene in giro nel Mondo dei Sogni da sola, sicura che sarebbe arrossita se si fosse fatta scoprire; aveva pensato quindi di evitare che Nynaeve parlasse, arrivando alla verità. E sarebbe stata capace di fare la spia dicendo che era per il suo bene; per cui tutto quello che poteva fare era parlare, per mantenere l’attenzione di Nynaeve su quanto aveva fatto di sbagliato. Non importava quanto la stesse facendo arrabbiare, Nynaeve non riusciva a gridare. E in qualche modo Egwene aveva preso il sopravvento.
A pensarci bene, Moiraine raramente alzava la voce e quando lo faceva otteneva risultati inferiori. Era stato così anche prima che iniziasse a comportarsi stranamente con Rand. Le Sapienti non gridavano mai tranne fra loro e, anche se si lamentavano che i capi non ascoltavano più, sembravano comunque avere la meglio il più delle volte. C’era un vecchio detto che non aveva mai capito prima di allora; ‘si sforza di sentire un sussurro colui che rifiuta di ascoltare un grido’. Non avrebbe urlato di nuovo con Rand. Avrebbe usato una voce tranquilla, ferma e femminile, era quello il trucco. Non doveva nemmeno gridare con Nynaeve, era una donna, non una ragazzina capricciosa.
Si accorse che stava ridacchiando. In particolare non doveva alzare la voce con Nynaeve se parlare con calma produceva quel tipo di risultato.
Finalmente la tenda sembrò abbastanza calda ed Egwene uscì da sotto alle coperte vestendosi in fretta. Dovette comunque spezzare il ghiaccio nel lavabo prima di potersi sciacquare la bocca. Mettendosi il mantello di lana scura sulle spalle slegò i flussi di Fuoco, che era pericoloso lasciare legati e incustoditi, le fiamme svanirono e la ragazza uscì dalla tenda. Il freddo la strinse come una morsa di ghiaccio mentre si affrettava ad attraversare l’accampamento.
Solo le tende più vicine erano visibili, basse sagome in ombra che avrebbero potuto far parte di quel paesaggio frastagliato, se non fosse stato per il fatto che il campo si estendeva per chilometri fra la terra montagnosa da entrambi i lati. Questi alti picchi dentati non erano la Dorsale del Mondo, quella era molto più alta e si trovava a giorni di marcia verso est.
Si avvicinò alla tenda di Rand con esitazione. Dall’apertura si vedeva filtrare la luce. Una Fanciulla sembrò emergere dal terreno mentre Egwene si avvicinava, con l’arco di corno dietro le spalle, la faretra in vita, lance e scudo in mano. Egwene non riusciva a vedere nessun’altra nell’oscurità, ma sapeva che erano lì, anche ora, circondate da sei clan che avevano dichiarato fedeltà al Car’a’carn. I Miagoma si trovavano da qualche parte a nord, affiancandoli nella marcia. Timolan non voleva dichiarare quali fossero le sue intenzioni. Dove fossero gli altri clan non sembrava interessare Rand. La sua attenzione era tutta concentrata a raggiungere il passo di Jangai.
«È sveglio, Enaila?» chiese Egwene.
Le ombre proiettate dalla luna scivolarono sul viso della donna aiel mentre annuiva. «Non dorme abbastanza. Un uomo non può resistere senza riposo.» Sembrava proprio una madre che si preoccupava per il figlio.
Una sagoma di fianco alla tenda si mosse, e si rivelò come Aviendha, con lo scialle avvolto attorno alle spalle. Non pareva soffrire il freddo, ma l’ora tarda. «Gli canterei una ninna nanna se pensassi che servisse a qualcosa. Ho sentito parlare di donne tenute sveglie tutta la notte da un poppante, ma un uomo adulto dovrebbe sapere che agli altri piacerebbe riposare.» Lei ed Enaila risero sommessamente.
Scuotendo il capo per le stranezze aiel, Egwene si inchinò a guardare nella tenda. All’interno erano accese alcune lampade e Rand non era solo. Natael mostrava stanchezza negli occhi scuri e trattenne uno sbadiglio. Almeno lui voleva dormire. Rand era seduto in modo scomposto vicino a una delle lampade a olio dorate e leggeva un libro malconcio rilegato in pelle. Una traduzione qualsiasi delle Profezie del Drago, se lo conosceva.
Di colpo Rand scorse le pagine indietro, le esaminò e rise. Egwene cercò di convincersi che non c’erano tracce di follia in quella risata, solo amarezza. «Una bella battuta» si rivolse a Natael, chiudendo il libro di scatto e lanciandoglielo. «Leggi a pagina duecentottantasette e pagina quattrocento, poi dimmi che non sei d’accordo.»
Egwene tese le labbra mentre si tirava su. Avrebbe davvero fatto meglio a essere più cauto con quel libro. Non poteva parlargli, non davanti al menestrello. Era un peccato che dovesse avvalersi della compagnia di un uomo che conosceva a malapena. No. Aveva Aviendha e i capi, Lan tutti i giorni e a volte Mat. «Perché non ti unisci a loro, Aviendha? Se tu fossi presente forse parlerebbe di altro che del libro.»
«Voleva parlare con il menestrello, Egwene, e di rado ciò avviene davanti a me o altri. Se non fossi andata via io, lo avrebbero fatto lui e Natael.»
«Ho sentito dire che i bambini sono una grande preoccupazione» rise Enaila. «I maschi sono i peggiori. Potrai scoprirlo al posto mio adesso che hai rinunciato alla lancia.» Aviendha le rivolse un’occhiata cupa e tornò al suo posto di fianco alla tenda, come un gatto offeso. A Enaila sembrò divertente e rise ancora di più.
Borbottando fra sé sul senso dell’umorismo aiel — non lo capiva quasi mai — Egwene si avviò verso la tenda di Moiraine, non lontano da quella di Rand. Anche qui si vedeva la luce ed Egwene sapeva che l’Aes Sedai era sveglia. Moiraine stava incanalando, solo piccole quantità di Potere, ma abbastanza perché Egwene lo percepisse. Lan dormiva piuttosto vicino, avvolto nel mantello da Custode. Tranne la testa e gli stivali, il resto del corpo sembrava appartenere alla notte. Tenendosi il mantello sollevò la gonna e camminò in punta dei piedi per non svegliarlo.
Il respiro dell’uomo non mutò, ma qualcosa la spinse a guardarlo di nuovo. La luce della luna brillava negli occhi azzurri, aperti mentre la osservavano. Quando Egwene voltò la testa li chiuse di nuovo. Non mosse un solo muscolo. Poteva anche darsi che non si fosse svegliato. A volte l’uomo la innervosiva. Qualsiasi cosa Nynaeve vedesse in lui, lei non lo vedeva.
Inginocchiatasi vicino all’apertura della tenda guardò dentro. Moiraine era seduta circondata dal bagliore di saldar, la piccola pietra azzurra che di solito le pendeva sulla fronte stavolta la teneva in mano, davanti al viso. Risplendeva, aggiungendo un vago bagliore alla luce della lampada. Nella fossa per il fuoco non vi erano ceneri, anche l’odore era svanito.
«Posso entrare?» Dovette rinnovare la richiesta prima che Moiraine rispondesse. «Certamente.» La luce di saidar scomparve e l’Aes Sedai incominciò a legare di nuovo la sottile catenella d’oro fra i capelli.
«Stavi spiando Rand?» Egwene si sedette di fianco alla donna. Nella tenda era freddo come fuori. Incanalò le fiamme sopra le ceneri e legò i flussi. «Hai detto che non lo avresti più fatto.»
«Ho detto che visto che le Sapienti controllavano i suoi sogni dovevamo concedergli un po’ di riservatezza. Non me lo hanno chiesto di nuovo da quando Rand le ha escluse dai sogni e io non mi sono offerta. Ricordati che hanno i loro scopi e che potrebbero non essere quelli della Torre.»
Erano giunte velocemente al punto. Egwene non era ancora sicura di come riferirle cosa sapeva senza tradirsi con le Sapienti, ma forse l’unico sistema era dirlo e poi vedere cosa succedeva. «Elaida è l’Amyrlin, Moiraine. Non so cosa sia accaduto a Siuan.»
«Come fai a saperlo?» chiese con calma Moiraine. «Hai scoperto qualcosa camminando nei sogni? O forse il tuo talento di sognatrice si è finalmente manifestato?»
Era la sua via d’uscita. Alcune delle Aes Sedai nella Torre pensavano che potesse essere una sognatrice, una donna in grado di predire il futuro con i sogni. Ne faceva alcuni che sapeva avevano un significato specifico, ma imparare a interpretarli era un’altra questione. Le Sapienti sostenevano che la conoscenza doveva essere interiore e nessuna Aes Sedai le era stata di maggiore aiuto. Rand era seduto, e lei sapeva che la proprietaria della sedia sarebbe stata furiosa nell’accorgersi che era stata occupata, che fosse una donna era la sola cosa che aveva scoperto, niente altro. A volte i sogni erano complessi. Perrin disteso con in grembo Faile che lo baciava mentre giocava con i riccioli della barba che aveva nel sogno. Alle loro spalle garrivano due bandiere, con una testa rossa di lupo e un’aquila cremisi. Un uomo dalla giubba color giallo brillante a fianco a Perrin e una spada dietro le spalle; sapeva che era un Calderaio, ma nessuno di loro avrebbe mai toccato una spada. Ogni minimo dettaglio del sogno sembrava importante, tranne il particolare della barba. Le bandiere, Faile che baciava Perrin e anche il Calderaio. Ogni volta che questi si avvicinava a Perrin, un senso di destino incombente pareva attraversare tutto. Un altro sogno. Mat che lanciava dadi con il sangue che gli colava sul viso, le larghe falde del cappello erano abbassate e lei non riusciva a vedere le ferite, mentre Thom Merrilin infilava una mano nel fuoco per estrarre la piccola pietra azzurra che adesso pendeva sulla fronte di Moiraine. O il sogno di una tempesta, grandi nuvole scure che correvano senza l’ausilio di vento o pioggia, mentre i fulmini, tutti identici, scuotevano la terra. Sognava, ma come sognatrice per ora era un fallimento.
«Ho visto un mandato di arresto contro di te, Moiraine, firmato da Elaida come Amyrlin. E non era un sogno ordinario.» Tutto vero. Solo non tutta la verità. Fu improvvisamente contenta che Nynaeve non fosse presente. Altrimenti adesso sarei io a fissare una tazza, si disse.
«La Ruota tesse come vuole. Forse non importerà molto se Rand porta gli Aiel oltre il Muro del Drago. Dubito che Elaida abbia continuato ad avvicinare i governanti, anche se sa che Siuan lo stava facendo.»
«È tutto quello che hai da dire? Credevo che Siuan fosse tua amica una volta, Moiraine. Non riesci a versare una lacrima per lei?»
L’Aes Sedai la guardò e quello sguardo gelido e sereno le fece capire quanto ancora avrebbe dovuto camminare prima di riuscire a usufruire di quel titolo anche lei. Seduta Egwene era comunque più alta di Moiraine ed era anche più forte nell’uso del Potere, ma essere Aes Sedai non era solo una questione di forza. «Non ho tempo per le lacrime, Egwene. Il muro del Drago non è molto lontano adesso e gli Alguenya... Siuan e io eravamo amiche una volta. Tra qualche mese saranno ventun’anni da quando abbiamo iniziato la ricerca del Drago Rinato. Solo noi due, appena elette Aes Sedai. Sierin Vayu era stata eletta Amyrlin poco dopo, una Grigia con più di un aspetto delle Rosse. Se avesse scoperto cosa volevamo fare, avremmo trascorso il resto delle nostre vite a scontare punizioni, con le Sorelle Rosse a controllarci anche nel sonno. A Cairhien abbiamo un detto, che ho sentito anche a Tarabon o in Saldea. ‘Prendi quello che vuoi e paga il prezzo’. Ho intrapreso il percorso che volevamo e sapevamo che un giorno avremmo dovuto pagare per questa scelta.»
«Non capisco come fai a essere così calma. Siuan potrebbe essere morta o forse quietata. Elaida si opporrà a Rand o cercherà di chiuderlo da qualche parte fino all’arrivo di Tarmon Gai’don. Sai che non lascerà mai libero un uomo che può incanalare. Almeno non tutti sono con Elaida. Alcune dell’Ajala Azzurra stanno riunendosi da qualche parte, non so ancora dove, e credo che anche altre abbiano lasciato la Torre. A Nynaeve è stato riferito un messaggio secondo cui tutte le Sorelle sono le benvenute se ritornano alla Torre, da una degli occhi e orecchi delle Gialle. Se le Azzurre e le Gialle sono andate via, lo avranno fatto anche altre. E se si oppongono a Elaida potrebbero sostenere Rand.»
Moiraine sospirò. «Ti aspetti che sia contenta che la Torre Bianca sia divisa? Sono un’Aes Sedai, Egwene. Ho offerto la vita alla Torre molto prima che sospettassi che il Drago sarebbe rinato durante la mia esistenza. La Torre è sempre stata un baluardo contro l’Ombra per tremila anni. Ha guidato i governanti verso decisioni sagge, bloccato guerre prima che iniziassero, fermato guerre già iniziate. Se l’umanità ricorda che il Tenebroso aspetta di fuggire, che l’Ultima Battaglia giungerà, è grazie alla Torre. La Torre, unita e integra. Potrei quasi desiderare che ogni Sorella avesse prestato giuramento a Elaida, qualsiasi cosa sia successa a Siuan.»
«E Rand?» Egwene mantenne la voce ferma e calma. Le fiamme incominciavano a dissipare il gelo, ma Moiraine stava irradiando la sua, di freddezza. «Il Drago Rinato. Tu stessa hai detto che non può prepararsi a Tarmon Gai’don a meno che non gli sia garantita la libertà, sia di imparare che di influenzare il mondo. La Torre unita lo potrebbe prendere prigioniero malgrado tutti gli Aiel del deserto.»
Moiraine sorrise lievemente. «Stai imparando. Il freddo ragionamento è sempre meglio di parole infuocate. Ma dimentichi che solo tredici Sorelle unite possono schermare un uomo da saidin e, anche se non conoscessero il trucco per legare i flussi, poche meno potrebbero mantenere quello schermo.»
«So che non ti stai arrendendo, Moiraine. Cosa intendi fare?
«Intendo andare avanti finché potrò. Almeno Rand sarà... Più facile da... avvicinare, adesso che non devo più provare a distoglierlo da quello che vuole. Suppongo che dovrei essere felice che non mi costringa a servirgli il vino. Il più delle volte ascolta, anche se di rado dà segno di pensare a quanto gli dico.»
«Lascerò che sia tu a dirgli di Siuan e della Torre.» Ciò avrebbe evitato domande imbarazzanti. Per quanto montato era, Rand avrebbe voluto sapere di più sul sogno di quanto Egwene fosse capace di inventare. «C’è dell’altro. Nynaeve ha visto i Reietti nel tel’aran’rhiod. Ha menzionato ognuno di quelli ancora vivi, tranne Asmodean e Moghedien. Inclusa Lanfear. Crede che stiano complottando, forse assieme.»
«Lanfear» disse Moiraine dopo un po’.
Sapevano entrambe che Lanfear aveva visitato Rand a Tear e forse in altre occasioni di cui lui non aveva parlato. Nessuno sapeva molto sui Reietti, solo frammenti di frammenti rimanevano alla Torre, ma era noto che Lanfear aveva amato Lews Therin Telamon. Loro due e Rand sapevano che ancora lo amava.
«Se siamo fortunate» proseguì l’Aes Sedai, «non dovremo preoccuparci di Lanfear. Gli altri che ha visto Nynaeve sono una questione diversa. Tu e io dobbiamo essere molto attente. Vorrei che più Sapienti fossero in grado di incanalare.» L’Aes Sedai rise lievemente. «Ma potrei desiderare altrettanto che fossero state istruite alla Torre già che ci sono o di vivere per sempre. Forse sono anche forti, ma hanno carenze in altri campi.»
«Essere attente va molto bene, ma cos’altro? Se sei Reietti vanno da lui tutti insieme, avrà bisogno di ogni aiuto da parte nostra.»
Moiraine si sporse in avanti e le appoggiò una mano sulla spalla con un’espressione affettuosa in volto. «Non possiamo tenerlo per mano a tempo indefinito, Egwene. Ha imparato a camminare. Adesso sta imparando a correre. Possiamo solo sperare che apprenda prima che i suoi nemici lo catturino. E, naturalmente, continuare a consigliarlo. Per guidarlo dove possiamo.» Ergendosi si stirò e nascose uno sbadiglio con la mano. «È tardi, Egwene. Mi aspetto che Rand ci faccia smontare il campo fra poche ore, anche se non dormisse affatto. A me però piacerebbe riposare un po’ prima di affrontare la sella.»
Egwene si preparò ad andare via, ma prima aveva un’ultima domanda. «Moiraine, perché hai iniziato a fare tutto quello che Rand ti chiede? Anche Nynaeve non ritiene sia giusto.»
«Lo pensa, vero?» mormorò Moiraine. «Sarà un’Aes Sedai, qualsiasi cosa desideri. Perché? Perché mi sono ricordata come si controlla saidar.»
Dopo un po’ Egwene annuì. Per controllare saidar prima dovevi arrenderti a esso.
Solo quando, tutta tremante, fu sulla via del ritorno alla tenda, si rese conto che Moiraine le aveva parlato tutto il tempo da pari a pari. Forse era più vicina a scegliere l’Ajah di appartenenza di quanto credesse.