31

Raccontai al giovane ufficiale Tsihn tutta la mia storia, e la verità su Aton e gli altri Creatori. Ebbi l’impressione che mi ascoltasse con grande interesse, anche se era difficile interpretare l’espressione del suo muso. Era cortese, e manifestava curiosità per quanto dicevo, interrompendomi di tanto in tanto per farmi una domanda.

Ma non riuscivo a togliermi dalla mente la convinzione che l’esito sarebbe stato comunque una condanna a morte. Per tutti. Ma perché? Perché uccidere soldati leali che avevano combattuto per loro?

Era colpa mia. Avevo disobbedito agli ordini e mi ero diretto su Prime. Agli occhi della Suprema Alleanza, ero un traditore e, con molta probabilità, una spia dell’Egemonia. Frede, Emon e tutti gli altri sarebbero stati uccisi per causa mia.

Poi, però, presi in considerazione anche altri fattori. In quel pasticcio doveva esserci la mano di Aton il Radioso, che tentava di manipolare gli umani, i loro alleati, i loro nemici, persino i Creatori. Avrebbe ucciso Anya, ora che l’aveva in suo possesso. Ed ero stato io a consegnargliela.

— Ucciderà anche lei —dissi ad alta voce. L’ufficiale mi puntò addosso i suoi occhi giallastri.

— Sarebbe a dire?

— Aton non vuole che le sue creature scoprano di essere manipolate. Non vuole che la Suprema Alleanza sappia che questa guerra è dovuta solo a divergenze tra i Creatori.

Tacque per un lungo istante. Poi disse: —O sei un bugiardo dotato di una fantasia straordinaria, Orion, oppure sei completamente pazzo. Questa tua invenzione dei Creatori ha un che di poetico, devo ammetterlo, ma la stai portando troppo oltre.

— Lui la ucciderà per impedirle di divulgare la mia storia —ribadii.

— Io non sono una delle sue creature… ammesso e non concesso che questo Aton esista.

— Quanti Tsihn sono morti in questa guerra? Quanti ancora moriranno?

— Ora basta —mi interruppe. —La nostra conversazione finisce qui.

Mi alzai. Avevo le gambe intorpidite dalla lunga immobilità. —La sua vita è in pericolo —insistei. E indicando le due guardie ai lati della porta. —E così la loro.

Lui non si mosse. —Sciocchezze! —replicò soltanto.

— Crede? Presumo che questo interrogatorio sia stato registrato, anche se non vedo nessuna strumentazione.

I suoi occhi dardeggiarono verso un angolo del soffitto.

— Ascolti la registrazione, verifichi se è integra. Scommetto che è già stata cancellata.

— Sciocchezze! —ripeté, ma questa volta con voce più incerta. Ordinò alle guardie di portarmi via.

Mentre la porta della cella si chiudeva alle mie spalle con un tonfo, sapevo che solo una persona avrebbe potuto salvare me e i miei soldati dall’esecuzione. Mi abbandonai sulla branda e chiusi gli occhi per concentrarmi. Aton era nelle vicinanze; percepivo la sua presenza, mi sembrava di fiutarla nell’aria.

Ma si rifiutava di stabilire un contatto con me. Nonostante i miei sforzi, c’era tra noi una sorta di parete, uno scudo di energia che forse si era costruito per tenermi lontano.

Molto bene. Avrei provato altrove. Feci appello a tutte le mie forze e alle mie conoscenze e cercai di mettermi in contatto con gli Antichi. Invocai il loro aiuto, la loro saggezza, attraverso gli anni-luce. “Fai cessare la guerra, Orion.”

— Ma come? Che cosa posso fare? Non sono neppure in grado di proteggere i miei soldati!

“Trova la forza” fu la loro risposta.

— Aiutatemi! —implorai. —Se volete che questa guerra finisca, aiutatemi.

Un sospiro di disappunto. “È un vostro problema, Orion, non nostro. Il problema della razza umana. Non diventeremo i vostri guardiani, la vostra coscienza, i vostri protettori. Dovete fare da soli.”

— Eppure siete pronti a sterminarci —rammentai loro.

“Solo se diventerete una minaccia per le stelle. Non abbiamo alcun diritto di interferire, a meno che la vostra violenza non metta e repentaglio la vita dell’intera galassia.”

E mi mostrarono le ragioni della loro inquietudine. Vidi esplodere le stelle, una dopo l’altra. In un fitto agglomerato una reazione a catena ne distrusse a decine, e le onde d’urto provocavano l’esplosione di altre centinaia di corpi celesti. Vidi intere galassie smembrate da esplosioni titaniche che coinvolgevano milioni di stelle, decine di milioni di pianeti, e un numero infinito di creature viventi. Intere civiltà, razze intelligenti che avevano lottato per millenni per raggiungere le stelle, spazzate via in ondate di esplosioni che si diffondevano nello spazio, distruggendo tutto al loro passaggio, riducendo corpi, menti e speranze in nubi informi di gas ionizzato.

“Questo è stato fatto in altre galassie da intelligenze molto simili alla vostra” raccontarono gli Antichi. “Qui non può essere consentito. Non abbiamo alcun desiderio di diventare i vostri angeli custodi, Orion, ma saremo i vostri angeli sterminatori se tenterete di distruggere le stelle.”

Aprii gli occhi e mi ritrovai nella cella, solo, abbandonato dagli Antichi, evitato dai Creatori, senza neanche un topo a tenermi compagnia. Da qualche parte, i Tsihn stavano interrogando Frede e gli altri, ne ero certo. Da qualche parte, un plotone di esecuzione ci stava aspettando. Mi chiesi se il capitano Perry sarebbe stato invitato a godersi lo spettacolo.

Anya. Feci lo sforzo di raggiungerla nella criocapsula dove dormiva, l’attività cerebrale ridotta al minimo, e talmente debole che non riuscii a percepire neppure un alito della sua presenza. Percepii invece la presenza di una squadra di tecnici che esaminava la capsula, cercando di decidere se tentare di rianimare Anya oppure chiudere i sistemi crionici e lasciarla morire.

— Qualcuno ha lavorato molto per niente —disse uno di loro. —La capsula è vuota.

— Vuota!

— Com’è possibile? —proruppe il supervisore. —Quei soldati hanno detto di averla trasportata qui da Prime.

— Dia un’occhiata. Raggi X, risonanza magnetica, analisi del neutrino… Non c’è niente qui dentro. La capsula è vuota.

Esplosi in un ruggito di rabbia. Ancora una volta, il Radioso si era preso gioco di me. Aveva estratto dalla capsula il corpo morente di Anya, che adesso era nelle sue mani… forse già morta.

Mi aggiravo per la cella come un animale in gabbia. Con un grido, mi gettai contro la pesante porta. Non tremò neppure sotto la disperata gragnuola di pugni. Quello che avevamo sopportato, il sangue e i morti, le nostre sofferenze… tutto inutile. Aton aveva Anya, e noi saremmo finiti davanti a un plotone d’esecuzione senza che nessuno, nell’intero continuum, muovesse un dito per aiutarci.

“Usa il cervello, amico Orion” udii gli Antichi sussurrare. “La forza bruta non ti sarà di alcuna utilità in questo momento. È alla tua intelligenza che devi ricorrere.”

Ottimo consiglio! Chiuso in una minuscola cella, abbandonato e impotente. Picchiai la testa contro la porta. Come potevo uscire? E che cosa avrei dovuto fare, se anche ci fossi riuscito?

Potevo trasportarmi in un altro punto dello spazio-tempo, viaggiare attraverso il continuum verso un’altra era, ad anni luce da lì. Dovevo salvare i miei compagni. Dovevo far cessare la guerra. Doveva salvare Anya, ammesso che fosse ancora viva.

Chiusi gli occhi. In qualche posto della galassia, mi dissi, doveva esserci un teletrasportatore che i Creatori usavano per muoversi nello spazio-tempo, e certo molto più potente di quelli impiegati in questa era. Alimentato da una stella, ipotizzai, o forse da più d’una. Non lo avevo usato io stesso, pur senza saperlo? Le magie dei Creatori altro non erano se non strumenti di altissima tecnologia, dopotutto.

E ciò che potevano fare loro, potevo farlo anch’io.

“Davvero?” mi sfidò una voce sarcastica nella mia mente. Era l’eco dello sdegno di Aton.

Raddrizzai le spalle. —Davvero —risposi ad alta voce. Speravo con tutto il cuore che mi sentisse. Volevo sapesse cosa mi accingevo a fare.

Sentivo la meravigliosa energia dell’immenso teletrasportatore pulsare attraverso le onde dello spazio-tempo, irradiarsi nel continuum come un battito cardiaco forte e regolare. E a quella energia mi collegai; non ciecamente come avevo fatto in precedenza, ma in piena consapevolezza.

Raggiunsi le celle in cui erano rinchiusi i miei compagni, frugai ogni angolo della capitale alla ricerca dei membri che componevano il Gran Consiglio della Suprema Alleanza. Poi mi spostai su Prime e localizzai tutti i componenti del Comando Centrale dell’Egemonia.

Li portai tutti nel luogo e nel tempo che preferivo: l’antica foresta del Paradiso sulla Terra, sul finire dell’ultima Era Glaciale.

Mentre traslavo i miei soldati, li vestii con uniformi blu e oro e a ognuno diedi una pistola infilata in una fondina di pelle bianca. I capi della Suprema Alleanza e dell’Egemonia erano vestiti come quando li avevo sorpresi: alcuni in abiti da passeggio, altri con la sola biancheria. Non tutti erano umani, naturalmente. All’incontro parteciparono anche rettili Tsihn, generali degli Skorpis, e diverse altre razze aliene, compresa una rappresentanza di Aracnidi.

Collocai un grande tavolo da riunioni in una radura vicina e i grandi vi presero posto: da una parte i membri della Suprema Alleanza, dall’altra quelli dell’Egemonia. Ai piedi del tavolo, sistemai una rete alta dieci metri per gli Aracnidi. Sul tavolo deposi blocchi per appunti per gli Skorpis e nebulizzatori per le specie anfibie.

All’inizio, regnò un comprensibile trambusto. Umani e alieni sbraitavano, stridevano, ruggivano e si bombardavano di domande. Ignorato da tutti, io stavo in piedi al capo del tavolo con indosso un’uniforme rosso sangue e le braccia incrociate sul petto. E i miei soldati non erano meno confusi e sorpresi degli altri.

Lasciai i politici alle loro beghe e chiamai Frede accanto a me.

— Che cosa significa tutto questo? —quasi mi aggredì. Aveva il fiato corto e un’espressione choccata sul viso. —Come hai fatto…

— Te lo spiegherò più tardi —la interruppi. —Ora voglio che tu e gli altri facciate da guardie d’onore. Assicuratevi che nessuno lasci il tavolo.

Mi guardò sbattendo le palpebre, e nei suoi occhi lessi migliaia di domande. Ma si voltò senza dire una parola e andò a impartire le necessarie istruzioni agli altri.

Estrassi la pistola dalla fondina di pelle rossa e diressi un raggio verso il tavolo che sfrigolò minacciosamente. Ogni voce si spense e sul tavolo cadde il silenzio più assoluto.

Sorrisi mentre rimettevo via la pistola. —Probabilmente vi starete chiedendo perché vi ho convocato qui questa mattina —esordii.

— Chi sei?

— Dove siamo?

Alzai la mano per indurii al silenzio. —Siamo sulla Terra, in un’era anteriore di dodici millenni alla vostra era.

— Sciocchezze!

— È una menzogna! Non è possibile viaggiare nel tempo. I nostri scienziati hanno tentato di…

— Silenzio! —intimai.

Ammutolirono.

— Siete padroni di non credere a nulla di quanto sto per dire —proseguii. —Non ha importanza. Ciò che invece importa è che resterete seduti a questo tavolo fino a quando non avrete stipulato un trattato di pace.

Li vidi irrigidirsi.

— Che ci vogliano giorni o anni, mi è indifferente. Nessuno lascerà questo tempo e questo luogo fino a che non avrete accettato di porre fine alla guerra. Solo allora sarete ricondotti nei luoghi e nelle epoche da cui siete stati prelevati.

— E se ci rifiutassimo? —saltò su il più grande dei Tsihn presenti, un autentico drago dalle scaglie multicolori.

— Vi ucciderò, uno alla volta, finché non vi deciderete ad avviare una discussione proficua.

Metà dei presenti balzò in piedi.

— Come osi? —sbraitò qualcuno.

E: —Non hai il diritto…!

Poi si accorsero dei soldati alle loro spalle, videro le pistole appese ai cinturoni. I loro volti giovani e sorridenti, ma segnati dalla guerra.

— Troverete un accordo, o morirete —ribadii in tono grave. —Voi che mandate i vostri soldati a morire in battaglia, guardate la morte in faccia ora!

— Chi ucciderebbe dei civili disarmati?

— Chi ha ucciso gli abitanti di Yellowflower? —rilanciai. —Chi ha annientato le colonie dell’Egemonia? Chi ha dato gli ordini?

Ricaddero sulle sedie.

— Ascoltatemi bene —ripresi. —Se la guerra continua, presto una delle due fazioni userà il distruttore di stelle. E allora le razze più antiche della galassia annienteranno voi, senza pietà e senza rimorsi. Sarete schiacciati come vermi.

Vollero ribattere, ma io ribadii con forza la determinazione degli Antichi. —Armi tanto potenti da distruggere le stelle possono provocare reazioni a catena in grado di distruggere l’intera galassia. E questo non può essere consentito.

— Chi sei tu, per proferire simili minacce?

Sorrisi gelidamente. —In un certo senso, sono l’ambasciatore degli Antichi e di altre antiche razze abitatrici della galassia. Razze che non hanno voluto stabilire rapporti con noi perché siamo troppo giovani e ignoranti per suscitare il loro interesse. Ma ora che ci apprestiamo a mettere a repentaglio la vita della galassia non hanno scelta: devono prendere atto del nostro operato e agire di conseguenza.

Non volevano credermi, ma dopo ore e ore di discussione cominciarono ad accettare ciò che avevo detto. Il sole sparì dietro la fitta vegetazione e scese la sera. Non permisi a nessuno di lasciare il tavolo, ma provvidi a proteggerli e tenerli caldi con una bolla di energia. Permisi loro di mangiare e anche di allontanarsi brevemente, sapendo che la fuga era impossibile.

— Nessuno farà ritorno nel proprio tempo fino a quando non avrete raggiunto un accordo —ripetei ancora una volta.

Passarono i giorni. I presenti si scambiavano accuse reciproche, discutevano animatamente, urlavano. E io non mi stancavo di rammentare loro che, se non si fossero messi seriamente al lavoro, avrei cominciato a sparare. E puntavo la pistola contro il più rumoroso di quei chiacchieroni.

— Tu sarai il primo —lo minacciavo.

E quello deglutiva e sgranava gli occhi, ma smetteva di insultare e di gridare.

Era come una gigantesca seduta di terapia di gruppo. Ci volle tempo perché prendessero coscienza dei propri risentimenti, delle proprie paure. All’inizio, si incolpavano a vicenda di ogni sorta di violenze e atrocità, ma a poco a poco, sapendo che non c’erano alternative e che rischiavano di perire, cominciarono a esaminare i motivi occulti della guerra.

Ma io sapevo che la causa autentica erano le manipolazioni dei Creatori. Qualunque cosa umani e alieni avessero deciso, i Creatori avrebbero potuto ribaltare tutto con un semplice schiocco di dita. Capii che, dopo i politici, avrei dovuto affrontare i Creatori. Capeggiati da Aton, il Radioso.

Fui sorpreso che non si fosse presentato, magari indirettamente sotto le sembianze di un politico. Probabilmente era più che soddisfatto di vedermi faticare per un accordo di pace, per poi mandarlo in fumo prima che si potesse applicarlo. Giocare con gli umani lo divertiva. Ci lusingava e poi ci umiliava quando ci vedeva tendere verso la grandezza. “Come farfalle tra le mani di un ragazzino” pensai. Solo che questa farfalla non aveva alcuna intenzione di permettere a un dio folle di strapparle le ali. Soprattutto ora che aveva imparato a volare.

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