39 L’avamposto

I soldi di Cirocco continuavano ad accumularsi sulla Terra da più di settantacinque anni. C’erano i diritti d’autore sui libri di testo e sui libri di viaggi su Gea da lei scritti, nonché sulla sua autobiografia Ho scelto l’avventura (titolo scelto dall’editore e non da lei), che era stato un bestseller a cui si erano ispirati due film e una serie televisiva. Inoltre il commercio della cocaina le rendeva bene. C’era perfino lo stipendio della NASA che aveva continuato ad accumularsi finché lei non aveva dato le dimissioni.

Si era rivolta a un consigliere finanziario svizzero e a un avvocato brasiliano, e aveva dato loro due istruzioni: tenersi lontano dall’inflazione e pagare meno tasse possibile. Aveva anche consigliato di investire nell’industria spaziale e di non usare il suo denaro in modi che andassero contro l’interesse degli Stati Uniti. L’avvocato aveva obiettato che si trattava di una richiesta un po’ antiquata, e quasi impossibile da rispettare, e lei gli aveva scritto che la Terra era piena di avvocati. L’avvocato aveva capito, e i suoi discendenti lavoravano ancora per Cirocco.

A questo punto, lei si era disinteressata della cosa. Due volte all’anno riceveva un rapporto, gli dava un’occhiata e lo ficcava in un cassetto. Il suo patrimonio aveva superato due depressioni che avevano spazzato via una grande quantità di investimenti a breve termine. Gli agenti di Cirocco sapevano che lei poteva pensare a lungo termine, e che una perdita iniziale non la preoccupava. C’erano stati degli anni neri, ma in complesso la tendenza era stata verso un costante aumento.

Per lei era una sorta di astrazione senza significato. Che importanza aveva per lei sapere che possedeva X chilogrammi d’oro, Y per cento della ditta W e Z marchi tedeschi in opere d’arte? Se il rapporto le arrivava quando non aveva niente da fare, passava qualche minuto a leggerlo, dagli affitti alle aviolinee, alle azioni e alle opere d’arte. Una sola volta aveva scritto, allorché aveva saputo per caso che possedeva l’Empire State Building e che intendevano demolirlo. Disse di restaurarlo, e nei due anni successivi perse vari miliardi. Poi li riguadagnò, e i suoi agenti si fecero l’idea che fosse un genio finanziario, ma Cirocco in realtà aveva voluto risparmiarlo perché sua madre l’aveva portata lassù in cima quando aveva sette anni, ed era uno dei più cari ricordi che avesse di lei.

Di tanto in tanto aveva pensato di lasciare il suo patrimonio a qualche ente o fondazione, ma era talmente lontana dalle preoccupazioni della Terra da non avere idea dell’utilità di una simile decisione. Ogni tanto, lei e Gaby si erano dette per scherzo che avrebbero potuto prendere un nome a caso dell’elenco telefonico e regalargli tutto, oppure costituire la fondazione per dare casa ai pesci rossi orfani.

Ma adesso, alla fine, quei soldi diventavano utili.

Grazie alle luci di atterraggio, Trini vide l’aeroplano quando era ancora a vari chilometri di distanza. Solo dopo alcuni secondi udì il sibilo del motore a reazione. Non era ben sicura che quel modo di volare fosse la cosa giusta. Il materiale ordinato da Cirocco sulla Terra non era ancora arrivato, quando Trini era stata messa di vedetta al Rifugio 11; per raggiungerlo si era fatta portare da un aerostato, come tutte le persone serie. Uno dei motivi che l’avevano indotta a recarsi su Gea era il desiderio di fuggire dalle oppressioni della civiltà meccanizzata. Come la maggioranza degli esseri umani che abitavano su Gea, guardava con molto sospetto le macchine troppo complicate. Ma capiva che la Maga aveva i suoi buoni motivi. Cirocco aveva dichiarato una guerra senza quartiere alle bombe volanti, e Trini era certa che presto le avrebbe spazzate via dal cielo.

L’aeroplano atterrò, sollevando nuvole di neve. Ofione, coperto di mucchi di neve portata dal vento, non pareva molto promettente, come campo di atterraggio, ma l’aereo si fermò in meno di una trentina di metri. Grazie alla densità dell’aria di Gea, era un aereo leggero come una farfalla, con ali trasparenti di plastica sottile. Quando la neve si posò, Trini scorse sulle ali alcune sagome nere e allungate: laser o mitragliatrici. Era un sei posti civile, modificato per il combattimento aereo.

Dal posto del pilota scese Cirocco, e dall’altro lato uscì una persona grande come lei.

Trini ritornò al fornello e aumentò la fiamma sotto il bricco del caffè. Si era offerta volontaria per quel servizio di vigilanza, anche se gli altri umani residenti su Gea non avevano alcun obbligo nei riguardi della Maga, quando aveva saputo che Cirocco cercava assistenza umana per una missione di salvataggio relativa a Robin della Congrega. Trini aveva sempre pensato a Robin dal giorno della partenza, e le era parso che l’attesa nel rifugio fosse più adatta ai suoi gusti che non la discesa lungo la scala che portava nella sala di Tea. Era giunta con cibi, coperte, medicine, bombole di gas per riaprire il vecchio rifugio stradale nel caso si fosse presentato qualcuno degli scomparsi. Cirocco l’aveva aiutata a rimettere in funzione l’insegna luminosa, ma a parte quello non c’era stato molto da fare. L’edificio era ancora robusto, e teneva lontano il vento. Lei passava il tempo alla finestra, leggendo, ma era all’interno della stanza quando aveva sentito vibrare leggermente il pavimento perché c’era qualcuno che saliva dalla scala a pioli.

Ora vibrava molto di più, mentre Cirocco e l’altra persona salivano. Aprì la porta per farli entrare. Cirocco si recò immediatamente da Robin, che dormiva sotto un’impressionante serie di coperte. Si inginocchiò e le toccò la faccia, poi guardò Trini con aria preoccupata.

— È spaventosamente calda.

— Le ho dato un po’ di brodo — disse Trini, che non sapeva cosa dire.

Il passeggero portato da Cirocco era una figura ben nota a Trini e a tutti i residenti di Titantown. Era Larry O’Hara, unico medico umano su Gea. Nessuno badava al fatto che si trovava su Gea perché sulla Terra non poteva più esercitare la professione, e nessuno si chiedeva perché non potesse più esercitarla. Probabilmente non era un asso nella chirurgia a cuore aperto, ma era in grado di mettere a posto un osso o di medicare una ferita, e non si faceva pagare. Aveva la classica valigetta degli strumenti dei medici del buon tempo antico, senza un briciolo di elettronica al suo interno. La posò a terra e si sfilò il cappotto di pelliccia. Era un uomo grande e grosso, con la barba nera e le guance rosse, e pareva più un boscaiolo che un medico. Cirocco si tirò indietro per lasciargli posto. E lui fece una visita accurata.

— Forse perderà le dita del piede — annunciò a un certo punto.

— Sciocchezze — disse Cirocco ; a Trini parve un’affermazione alquanto strana.

Per la prima volta diede una buona occhiata alla Maga e vide con sorpresa che indossava quello che le aveva visto indossare sempre: la coperta messicana color mattone stinto con un buco per la testa. Le scendeva addosso in modo alquanto informe, le arrivava al ginocchio, e quando stava ferma salvava abbastanza la decenza, ma quando si muoveva lasciava vedere tutto. Era a piedi nudi e aveva le caviglie ancora sporche di neve, che però si scioglieva in fretta.

Cos’era quella donna? si chiese Trini. Sapeva da molto tempo che Cirocco era diversa, ma aveva sempre pensato che fosse ancora umana. Adesso non ne era più sicura. Forse era qualcosa di più, ma le differenze erano difficili da determinare. L’unica differenza visibile era una caratteristica che condivideva con Gaby Plauget. Le uniche persone umane di pelle scura che abitavano su Gea erano nate così. Eppure Gaby e Cirocco sembravano eternamente abbronzate dal sole.

Alla fine, Larry lasciò Robin e prese la tazza di caffè che Trini gli offriva. Le sorrise e si sedette, riscaldandosi le mani con la tazza calda.

— Allora? — chiese Cirocco.

— Preferirei portarla via di qui — disse. — Ma credo sia meglio non muoverla. D’altra parte, non credo che a Titantown potrei fare molto di più. Ha qualche inizio di congelamento, e anche la polmonite. Ma è giovane e forte, e la medicina dei titanidi che le ho dato è un portento per i malati di polmonite, e dovrebbe guarire abbastanza presto, con la giusta assistenza.

— Rimarrai qui a dargliela — disse Cirocco. Larry scosse la testa.

— Impossibile. A Titantown ho i miei malati che mi aspettano. Puoi guardarla tu, o può farlo Trini.

— Ho detto… — Cirocco si fermò con un uno sforzo che era perfettamente visibile sulla sua faccia. Si voltò dall’altra parte. Larry pareva incuriosito, ma non di più. Trini sapeva che il medico, una volta detta una cosa, non si lasciava più convincere a cambiare idea. Una volta deciso qualcosa, lo faceva e basta. Qualsiasi cosa gli fosse successa sulla Terra, su Gea prendeva molto seriamente i suoi giuramenti di Ippocrate.

— Scusa — disse Cirocco. — Quanto puoi fermarti?

— Fino a venti rivoluzioni, se occorre — la rassicurò Larry. — Ma posso spiegarti in dieci o venti minuti tutto quello che serve. La cura è vecchia come queste montagne.

— Prima, ha parlato, — disse Trini. Cirocco si voltò subito verso di lei, e per un attimo Trini ebbe l’impressione che stesse per afferrarla per le spalle. Ma si limitò a fissarla con uno sguardo penetrante.

— Ha parlato degli altri? Gaby? Chris? Valiha?

— Non era del tutto sveglia — disse Trini. — Penso che s’immaginasse di parlare con Tea. Aveva paura, ma doveva fare in modo che non se ne accorgesse. Era una storia un po’ confusa.

— Tea — mormorò Cirocco. — Mio Dio, come ha fatto a superare Tea?

— Credevo che te lo aspettassi — disse Trini. — Altrimenti, perché mi hai fatto venire qui?

— Per coprire tutte le basi — disse Cirocco, distrattamente. — Tu coprivi una possibilità molto remota. Non capisco come ha fatto a superare tutto quello che ha dovuto superare, e come ha poi fatto a uscire… — Aggrottò la fronte e fissò Trini. — Scusa, non volevo dire che…

— Oh, non fa niente — disse Trini. — Sono lieta di essermi trovata qui.

Cirocco infine sorrise. — So che sei qui da molto tempo, e te ne sono riconoscente. Vedrò di farti…

— No, grazie, non voglio niente — disse Trini. Di nuovo gli occhi di Cirocco la scrutarono.

— D’accordo. Ma non me ne dimenticherò. Dottore, posso svegliarla?

— Chiamami Larry. Per ora, sarebbe meglio lasciarla riposare. Si sveglierà a tempo debito, ma probabilmente sarà fuori di sé. Ha avuto la febbre alta.

— È molto importante che le parli. Gli altri potrebbero essere in pericolo.

— Capisco. Concedile qualche ora, e vedrò cosa posso fare.

Decisamente, il forte di Cirocco non era l’attesa. Non che passeggiasse nervosamente o che chiacchierasse; anzi, non disse niente e non si alzò mai dalla sedia. Ma la sua impazienza riempiva l’intera stanza e impediva a Trini di rilassarsi. Larry, invece, era uno che sapeva attendere. Passò il tempo dedicandosi alla lettura di uno dei libri di Trini.

Quanto a Trini, le era sempre piaciuto cucinare, e il rifugio era pieno di scorte alimentari. Robin aveva bevuto soltanto qualche sorso di brodo. Tanto per fare qualcosa, Trini cucinò uova, prosciutto, frittelle alla maniera messicana. Larry fece loro onore, ma Cirocco non assaggiò niente.

— Tea! — esclamò a un certo punto, costringendo gli altri a sollevare lo sguardo. — Cosa dico, Tea! Come diavolo avranno fatto a superare Teti?

Aspettarono che continuasse, ma non aggiunse altro. Larry ritornò al suo libro, e Trini rimise in ordine per la diciassettesima volta. Sulla brandina, Robin dormiva tranquillamente.

Robin emise un gemito, e Cirocco fu subito da lei, seguita immediatamente da Larry. Trini aleggiò dietro di loro, ma dovette ritirarsi subito perché Cirocco si spostò per far passare Larry.

Quando Larry le prese il polso, Robin aprì gli occhi, cercò di allontanare il braccio, batté lentamente gli occhi. Ma la voce di Larry parve in grado di calmarla. Lo guardò, poi guardò Cirocco. Non vide Trini, che era più lontana.

— Ho sognato che… — Scosse la testa.

— Come ti senti, Robin? — chiese Cirocco. Robin spostò lentamente lo sguardo.

— Dove ti eri cacciata? — chiese, in tono d’accusa.

— Mi sembra una giusta domanda. Sei in grado di ascoltare la risposta? Così, per un po’, non dovrai affaticarti a parlare.

Robin annuì.

— Bene. Per prima cosa, ho mandato Cornamusa a Titantown a chiamare rinforzi per liberare dalle macerie l’ingresso delle scale. Ricorderai che era completamente bloccato.

Robin annuì di nuovo.

— C’è voluto del tempo per portarli tutti laggiù, e ce n’è voluto ancora di più per ripulire tutto. I titanidi avevano voglia di lavorare, ma all’interno del cavo si comportavano in maniera strana. Si allontanavano senza rendersene conto e, quando andavi a riprenderli, non si ricordavano di essersi allontanati. Perciò mi sono dovuta procurare anche un aiuto umano, e questo mi ha fatto perdere altro tempo.

"Ma alla fine abbiamo riaperto la strada e sono scesa fino a Teti con una squadra di sette umani. Il livello dell’acido, nella camera, era più alto di quanto non fosse mai stato in precedenza. Teti non volle neppure parlarmi, e io non potei farci niente, perché neppure Gea ha ascendente su Teti.

"Perciò, sono venuta qui. Ero certa che foste tutti morti, ma non volevo crederlo finché non avessi visto il vostro corpo, indipendentemente dal tempo richiesto. Se vi aveva ucciso Teti, io… non so cosa avrei fatto, ma gli avrei fatto qualcosa che avrebbe ricordato. Comunque, c’era la possibilità che foste riusciti a uscire da Teti e che aveste raggiunto le catacombe."

— È andata proprio così, e Valiha…

— Aspetta a parlare. Risparmia le forze. Ora, a quanto ne so io, io e Gaby siano i soli umani che siano scesi laggiù, e io stessa so molto poco delle catacombe, a parte che proseguono per sempre e che è impossibile trovare la strada quando si è dentro. Comunque, sono andata lo stesso a trovare Tea, e le ho detto che se si presentava uno di voi, doveva lasciarlo passare senza molestarlo. Ho cercato poi di esplorare la parte est delle catacombe, ma ho dovuto rinunciare dopo alcune settimane. Non riuscivo ad andare avanti. Mi sono detta che era preferibile ritornare in superficie, organizzare un gruppo bene equipaggiato, ed esplorare ogni metro quadro di quei sotterranei. Ma per farlo dovevo ordinare diverse attrezzature dalla Terra. Non pensavo che uno di voi ce l’avesse fatta, e…

— Capisco — disse Robin, tirando su con il naso. — Ma Tea… oh, maledizione, e io che credevo… credevo di essere riuscita a passare con le mie sole forze, mentre invece giocava a spaventarmi. — Pareva che volesse piangere, ma alla fine si accorse che era troppo debole per farlo.

Cirocco le prese la mano.

— Scusa — le disse — ma forse non hai capito. Non ero affatto certa che Tea prendesse un ordine da me, se non ero presente a farlo rispettare. È ossessionato dalla sua privacy. Temevo che se uno di voi fosse davvero comparso, Tea lo avrebbe ucciso e avrebbe distrutto il corpo, dandone poi la colpa a Teti, perché sapeva che io avevo già dei sospetti su Teti, e che contro Teti non potevo fare niente, salvo accamparmi per qualche mese sulla sua soglia. Forse avrei dovuto farlo, perché…

— Tutto a posto, ora — disse Robin. Sorrise. — Ce l’ho fatta.

— Certo, e un giorno mi dovrai raccontare come hai fatto. Comunque, ho fatto quello che ho potuto, anche se adesso penso che avrei potuto fare di più. Stavo per ritornare da Tea nei prossimi giorni, ma sono stata avvertita da Trini che ti eri presentata alla sua porta. Sono partita subito.

Robin chiuse gli occhi e annuì.

— Comunque — proseguì Cirocco, dopo una pausa — ti devo chiedere molte cose e, se te la senti, posso chiedertele subito. La prima è perché Gaby vi ha fatto scendere fino a Teti. Io la conosco, e lei conosce me, anche se non sempre andiamo d’accordo, e doveva sapere che avrei trovato la maniera di eliminare quelle rocce per venire a salvarvi. Poi, quando ho saputo che eri comparsa tu e non lei, mi sono chiesta perché non è venuta, e ora mi chiedo se è ferita e… — S’interruppe. Robin aveva riaperto gli occhi, con uno sguardo d’orrore così marcato che Trini capì subito cos’era successo e dovette voltarsi dall’altra parte.

— Pensavo che quando avete tolto le rocce… — cominciò Robin, con un gemito.

Trini si voltò, e le parve che Cirocco si fosse trasformata in pietra. Alla fine le sue labbra si mossero, ma la sua voce era spenta.

— Non abbiamo trovato niente — disse.

— Non so cosa dire. L’abbiamo lasciata là. Volevamo seppellirla, ma non c’era… — Incominciò a piangere, e Cirocco si alzò in piedi. Si voltò, con gli occhi fissi nel vuoto, e Trini pensò che non si sarebbe mai più dimenticata di quegli occhi spenti che passavano su di lei come se fosse assente, mentre la Maga di Gea cercava la maniglia della porta e usciva all’esterno. La sentirono ancora scendere lungo la scala; poi l’unico rumore rimasto fu il pianto di Robin.

Erano preoccupati per lei, ma quando andarono a vedere, la trovarono immobile, voltata dall’altra parte, a un centinaio di metri di distanza, immersa nella neve fino al ginocchio. Non si mosse per più di un’ora. Trini voleva andare a prenderla, ma Larry le disse di aspettare. Poi Robin disse che doveva parlarle, e Larry uscì per andare a riferirlo a Cirocco. Trini vide che le parlava e che Cirocco lo seguiva.

Quando fu all’interno, Cirocco s’inginocchiò accanto alla branda di Robin. La sua faccia era ancora priva di emozioni.

— Gaby ci ha detto alcune cose — iniziò Robin. — Mi spiace, ma credo che volesse farle sapere solo a te, e questa stanza è troppo piccola.

— Larry, Trini — disse Cirocco — vi spiace di aspettare nell’aeroplano? Quando avremo finito, vi farò un segnale con la luce.

Cirocco e Robin attesero che si mettessero stivali e cappotti e che uscissero, chiudendosi poi la porta alle spalle. Passarono nell’aeroplano un’ora sgradevole, protetti dal vento, ma non dal freddo. Nessuno di loro si lamentò. Quando videro accendersi e spegnersi la luce, fecero ritorno, e anche se Trini non si accorse subito della nuova espressione comparsa sulla faccia di Cirocco, la nuova espressione c’era. Era ancora dolorosa da vedere, e in un certo senso era un’espressione morta, fissa. Ma non era morta come la faccia di un cadavere; era come una faccia scolpita nel granito.

E gli occhi bruciavano.

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