25 Inglesina

— Cosa ne pensi, Rocky?

Cirocco si era lasciata prendere dal ritmo di quella salita interminabile, e si era svuotata la mente di ogni pensiero. Alzò lo sguardo, sorpresa.

— Di Crio? Lascialo perdere. Forse si potrebbe trovare il modo di farlo entrare in qualche gruppo organizzatosi sul momento. Ma in futuro. Per ora, lascialo perdere.

— Non lo giudichi un segno positivo? — insistette Gaby. — Il fatto che accennasse a lamentarsi di te presso Gea? Cosa ne pensi?

Cirocco sbuffò. — Niente.

— Non credi di poter accendere quella scintilla?

— Cerca di non essere tanto ansiosa, Gaby. Il ghiaccio è molto sottile, e dal modo in cui riscaldi le cose…

— Mi spiace. Ma sai come la penso.

— Certo. Ma preferirei che tu lasciassi stare i ragazzi. Mi riferisco al "diritto di sapere" e via di seguito. Meno ne sapranno, meglio sarà per loro nel caso che le cose dovessero andare male. Non gli fai certo un favore, parlando in loro presenza di Crio e della sua fedeltà o meno. Se la cosa dovesse arrivare alle orecchie sbagliate, se uno di loro dovesse fare innocentemente qualche osservazione, a qualcuno potrebbero venire in mente delle cose che non mi piacciono. Adesso mi pento di averli portati qui sotto.

— Hai ragione — disse Gaby. — Starò più attenta.

Cirocco sospirò e le toccò la spalla.

— Continua come prima. Fai la guida turistica. Mostra le meraviglie della regione. Racconta qualche storia, divertili, e ricorda che sono qui per imparare cose che serviranno a tenerli lontano dai guai, e non per farsi coinvolgere nei nostri affari.

— Pensi che potresti aprirti un po’ di più? Potresti insegnargli un mucchio di cose.

Cirocco si fece seria. — Potrei insegnargli un mucchio di cose sul bere.

— Non essere così dura con te stessa.

— Non so Gaby. Pensavo di stare meglio. Ma adesso c’è Inglesina.

Gaby rabbrividì. Prese la mano di Cirocco e la strinse forte.

Poco al di là della fila di cavi verticali, Ofione iniziava una serie di grandi meandri. Il terreno era piatto, e pressoché orizzontale, e il fiume rallentava fino a dare l’impressione di strisciare.

Robin impiegò il tempo a perfezionare la sua abilità con i remi. Remava tutto il giorno, e Oboe le insegnava le raffinatezze dell’arte de! vogatore. Assegnava a Robin il compito di manovrare da sola la canoa, facendole fare una stretta figura di "otto" nel minor tempo possibile. Poi riprendevano a vogare insieme per raggiungere gli altri. Robin si rafforzò le spalle, e sulle mani le vennero prima le bolle e poi i calli. Alla fine della giornata era esausta, ma lo era sempre di meno ogni mattina.

Non c’era fretta. Sulla riva comparivano gruppi di titanidi, che cantavano alla Maga. Gaby o Cirocco gridavano loro qualcosa, e quelli galoppavano via, al massimo dell’eccitazione. La parola era "Inglesina". Robin venne a sapere che era il nome di una grande isola dell’Ofione. Come Grandioso, prendeva il nome da una delle marcette tanto amate dai titanidi, ed era la sede del Festival Rosso di Crio.

Il Festival doveva avere luogo 120 rivoluzioni dopo l’incontro con la prima delegazione di Crio. Questo periodo di tempo era necessario ai titanidi locali per radunarsi. Perciò, il gruppo della Maga si accampava presto e si alzava tardi. Robin cominciò a trovare di proprio gusto il sacco a pelo, a dare meno retta ai mille rumori di Gea. Giunse addirittura ad amare il mormorio del fiume quando si rilassava e aspettava che arrivasse il sonno. In fondo non era molto diverso dal ron-ron che faceva il sistema di aerazione, a casa sua.

Non ci furono ulteriori guai con il cibo, e non ci furono visite di creature ignote. Ma una volta, all’accampamento, allorché Robin si sentiva particolarmente annoiata, chiese a Chris di accompagnarla a caccia di beccaccini. Pensava che lui non avrebbe messo in dubbio la sua affermazione che i titanidi volevano un po’ di beccaccini per la cena, e che non avrebbe trovato niente di strano nel tradizionale modo di catturarli. Dopotutto, che cosa c’era, su Gea, che non fosse strano?

Perciò lo portò lontano dal campo, gli mostrò come appoggiare a terra l’imboccatura del sacco, gli consigliò di legarlo strettamente, una volta che le piccole creature fossero entrate, e poi gli disse che si recava dietro una collina per stanare i beccaccini e spingerli verso di lui. A questo punto fece ritorno al campo e cominciò ad aspettare.

Si sentì un po’ colpevole. Era stato talmente facile, ingannare Chris, che si era persa gran parte del divertimento. E si chiese, non per la prima volta, se era giusto ingannare i compagni mentre si svolgeva quello che tutti definivano un viaggio pericoloso. Il guaio era che fino a quel momento non era parso molto pericoloso, e che lei, doveva ammetterlo, non sapeva resistere alla tentazione.

Chris ritornò quasi due ore più tardi. Robin stava già per andare a cercarlo, quando fece ritorno da solo, con un’aria infelice. Tutti erano intorno al fuoco, intenti a finire un altro ottimo pranzo; Gaby e Cirocco sollevarono lo sguardo, sorprese, nel vedere che si sedeva e prendeva il piatto.

— Pensavo che fossi nella tua tenda — disse Cirocco.

— Anch’io — disse Gaby, fissando attentamente Robin. — Ma, adesso che ci penso, Robin non lo ha detto espressamente. Mi ha solo indotto a credere che tu fossi là.

— Mi spiace… — disse Robin, rivolgendosi a Chris.

Lui alzò le spalle, poi riuscì a sorridere. — Me l’hai fatta, certo. Poi mi sono ricordato di una cosa che avevi detto. Sul fatto che le streghe apprezzano una menzogna ben raccontata. — Robin fu lieta di constatare che Chris non era offeso con lei. Era irritato, come prevedibile, ma, a quanto pareva, anche i terrestri, come le streghe, non si offendevano per uno scherzo amichevole. Almeno, Chris non si offendeva.

La storia venne fuori poco per volta, perché Robin non poteva vantarsene onorevolmente, e Chris, del resto, non era molto soddisfatto di fare la figura del credulone. Mentre pian piano si chiariva l’accaduto, Oboe incrociò lo sguardo con quello di Robin e le rivolse un cenno d’avvertimento. La titanide continuò a osservare con attenzione Cirocco. Poi, all’improvviso, le rivolse un cenno, e Robin scavalcò con un balzo la roccia su cui sedeva e scappò via di corsa.

— Un pollo gigante! — gridava Cirocco. — Pollo gigante? Te lo do io, il pollo gigante. Non riuscirai più a sederti per un mese!

Cirocco aveva la falcata più lunga, Robin lo scatto. Comunque, non si poté mai sapere chi delle due corresse di più, perché tutti si unirono all’inseguimento, e presto Robin, che rideva istericamente, venne accerchiata. Si divincolò con tutte le sue forze, ma non incontrarono difficoltà a buttarla nel fiume.

L’indomani trovarono un altro viaggiatore che chiese loro un passaggio. Era il primo umano da loro incontrato dopo la partenza da Iperione. Un uomo nudo, di bassa statura e con una barba nera fluente; comparve sull’argine e li salutò, poi raggiunse a nuoto la canoa di Cirocco e le chiese il permesso di salire. Chris si avvicinò per dargli un’occhiata. Dalle rughe e dall’aspetto della pelle, pareva avere una sessantina di anni. Parlava inglese con una cantilena che faceva pensare alla lingua dei titanidi. Li invitò a pranzo nella sua comunità, e Cirocco accettò a nome del gruppo.

La comunità si chiamava Brazelton, ed era costituita di varie cupole in mezzo a campi coltivati. Quando tirò in secco la canoa, Chris vide un uomo nudo che guidava un aratro trainato da una coppia di titanidi.

I brazeltoniani erano una ventina. Erano nudisti per convinzione religiosa. Tutti avevano la barba, uomini e donne. Sulla Terra, la barba da donna era una moda che era andata e venuta varie volte nel corso del ventunesimo secolo. Ormai era rara, ma la donna barbuta fece ritornare in mente a Chris la sua giovinezza, quando sua madre portava il pizzetto. La trovava un’usanza simpatica.

Gaby non conosceva quel gruppo, ma sapeva che praticava l’incesto. L’uomo che avevano raccolto si chiamava Nonno, e quello era il suo solo nome. Gli altri si chiamavano Madre-2 e Figlio-3, e così via. C’era una Bisnonna, ma nessun uomo della sua generazione. Man mano che nascevano i figli, ciascuno cambiava nome e passava alla categoria superiore.

Secondo Robin, quella comunità era molto strana. Chris sentì che lo diceva a Gaby.

— Certo — rispose Gaby. — Ma su Gea ci sono molti altri gruppi, altrettanto strambi. E ricorda che anche la vostra Congrega doveva avere un aspetto bizzarro, all’inizio. Anzi, agli occhi degli abitanti della Terra, lo ha ancora. Le vostre Madri sono andate nel Sargasso; oggi i gruppi dissenzienti vengono qui, se sono sufficientemente piccoli per ottenere il permesso di Gea.

Le stranezze del gruppo non si limitavano ai costumi. C’erano anche degli individui particolari. Chris vide i primi ibridi tra umano e titanide. Una donna, che per tutto il resto pareva normale, aveva le lunghe orecchie dei titanidi e una coda senza peli che le giungeva fino alle ginocchia. C’erano anche due titanidi con gambe e piedi umani. Quando li vide, Chris, che si era ormai abituato alla forma delle gambe dei titanidi, li scambiò per malformazioni.

Ne parlò con Cirocco, ma le sue conoscenze di genetica erano insufficienti, e non riuscì a capire la spiegazione. Anzi, ebbe l’impressione che la Maga ne sapesse meno di quanto faceva credere. In realtà, Gea non aveva mai permesso ad alcun umano di studiare i geni dei titanidi, e nessuno degli ibridi aveva mai lasciato Gea. Il motivo per cui due razze così dissimili potevano dare degli incroci rimaneva un mistero.

Inglesina era una bassa isoletta, lunga otto chilometri e larga tre, nella parte orientale di Crio, vicino a Febe, il Mare del Crepuscolo. Nella sua parte centrale c’era un perfetto anello di alberi, ben curati, che aveva il diametro di due chilometri. All’esterno del cerchio sorgevano le tende dei partecipanti.

Si poteva raggiungere l’isola mediante sei ponti di legno, che per l’occasione erano decorati di nastri e vessilli. A nord e a sud c’erano dei moli con ormeggiate le zattere dei titanidi. Accanto a essi, spiagge per le imbarcazioni più piccole. Il fiume era pieno di barche. I titanidi di Crio passavano molto più tempo sul fiume che non i loro cugini di Iperione. Una buona metà dei convenuti giunse con le barche, l’altra metà giunse per via di terra.

Il Festival doveva durare le tradizionali due ettoriv: nove giorni terrestri. Valiha piantò la tenda di Chris accanto alla grande tenda bianca preparata per la Maga, e accanto a essa furono piantate anche quelle di Robin e di Gaby. Chris si recò subito a osservare i preparativi.

L’ospitalità dei titanidi di Crio non aveva niente da invidiare a quella dei cugini di Iperione, ma Chris non riuscì a divertirsi. Temeva di imbattersi in Siilihi. Aveva l’impressione che la storia del suo tentativo di aggressione nei suoi riguardi fosse trapelata in giro, che tutti lo conoscessero e che si tenessero in disparte, per timore che l’incidente si ripetesse. Nessuno ne accennò con lui; tutti furono estremamente gentili. Era frutto della sua immaginazione, e nient’altro, pensò Chris, ma questo non riuscì a consolarlo. Si tenne in disparte anche lui, e cercò di non farsi notare.

Robin passava molte notti nella tenda con lui, anche se Chris aveva riavuto una tenda propria. Chris non sapeva dire perché continuava a dormire con lei. Gli piaceva la compagnia, ma a volte sorgevano delle difficoltà. Robin non si era più spogliata davanti a lui, dopo la sua scoperta sulle rive del Nox. Questo dava fastidio a Chris, perché tutti quegli sforzi indicavano che lei non era disponibile. A volte, gli veniva la tentazione di dirle che se ne andava. Ma poi si diceva che forse Robin voleva dimostrargli di non avere paura di lui, di essergli amica, e Chris rimaneva, anche se non dormiva sonni tranquilli.

La quinta notte fu la peggiore. Non riuscì a prendere sonno. Si mise le mani dietro la testa e guardò le macchie di luce sulla tenda. Domani, si disse, me ne vado. Ci sono dei limiti.

— Cosa c’è?

Chris la guardò, sorpreso che fosse sveglia.

— Non riesco a dormire.

— Per quale motivo?

Lui allargò le braccia, cercò le parole, e infine si disse che non era il caso di usare mezzi termini.

— Sono eccitato. Si passa un mucchio di tempo senza fare l’amore, si è circondati tutto il giorno da belle donne… la cosa si accumula, a lungo andare.

— Ho anch’io lo stesso genere di problemi — disse lei.

Chris aprì la bocca per suggerire un rimedio, ma poi la richiuse. Che spreco, pensò; una soluzione così elegante e simmetrica…

— Dicevi che siamo uguali — continuò Robin. — Avevo già l’impressione che fosse questa la cosa che ti dava fastidio. — Lui rispose con un brontolio, e Robin aprì il sacco a pelo e si mise a sedere. Allungò un braccio e gli toccò le labbra con un dito. — Mi fai vedere come si fa?

Lui la fissò. Era ancora incredulo, ma cominciò a desiderarla con un’intensità che non aveva più provato da quando era ragazzino.

— Perché? Perché ti piaccio o per curiosità?

— Sono curiosa — confessò Robin. — Sul fatto che tu mi piaccia, non saprei. Cirocco dice che quello che noi consideriamo "stupro" è come quello che consideriamo "amore". Dice che anche la donna può provare piacere. Io ho le mie riserve. — Sollevò un sopracciglio. Poche settimane prima, Chris non se ne sarebbe accorto a causa dei tatuaggi complicati, ma ora aveva imparato a conoscerla. La prese tra le braccia.

Robin rimase assai sorpresa nel vedere che non si limitava a penetrare in lei. Quando capì che potevano fare l’amore come se fossero state due donne, non mostrò esitazioni. Anzi, fece varie cose per le quali Trini avrebbe certamente preteso un supplemento. Non aveva alcuna ritrosia. Diceva a Chris che cosa voleva e quando lo voleva, parlando come se Chris non lo avesse mai fatto. E, in un certo senso, aveva ragione. Anche se era stato con molte donne, Chris non ne aveva mai incontrata una che conoscesse così bene le proprie esigenze e che fosse così sicura di sé nel comunicarle.

Robin imparò presto. Dapprima era piena di domande e di osservazioni, voleva sapere cosa provava Chris quando lei faceva questo e quello, e scopriva con sorpresa come si presentavano le cose al tatto. Nessuna delle sorprese pareva spiacevole, comunque, e quando Chris pensò che fosse giunto il momento di passare ad attività più impegnative, anche Robin pareva ansiosa di prendervi parte.

Robin ritornò al suo scetticismo dopo la penetrazione. Ammise di non avere sentito dolore, e che poteva anche essere una sensazione piacevole, ma osservò che le pareva una pratica contro natura perché non riusciva a soddisfare le sue esigenze. Lui cercò di assicurarle che sarebbe andato tutto bene, e poi si accorse con raccapriccio che non era in grado di mantenere la promessa, perché ormai era troppo tardi per fermarsi.

Ebbe ancora il tempo di augurarsi che Robin fosse disposta ad attendere il tempo necessario per un secondo tentativo, ma in quell’istante si sentì afferrare rudemente per le spalle, da dietro, e venne staccato da Robin.

— Lasciala, idiota! — Era Cirocco. Chris non riuscì a capire altro, perché tutto accadde troppo in fretta. Finì a terra, proprio nel momento dell’orgasmo, e non capì se dovesse sentirsi imbarazzato, ferito, o offeso. Un istante più tardi, però, si rimise in piedi e colpì Cirocco con un pugno. La colpì sul mento, e Cirocco, finendo a terra, parve sorpresa quanto lui. Ma il trionfo di Chris durò un solo istante. Mentre Cirocco si afflosciava, e lui sentiva male alla mano, arrivò di corsa Gaby, che gli piombò addosso come se fosse caduta dal cielo. Dopo un attimo, Chris si trovò con la schiena a terra, e con Gaby che, inginocchiata sul suo petto, stava per colpirlo con un pugno.

Però, non lo colpì, e dagli occhi le scomparve la furia. Lo aiutò a rialzarsi e gli diede un buffetto sulla guancia.

— Non bisogna mai colpire sull’osso — consigliò. — Ci si fa male alle nocche.

Robin era ancora distesa a terra e pareva stupita. Cornamusa si occupava di Cirocco, che si massaggiava il mento.

Chris era ancora in collera, ma con Gaby e un titanide tra lui e Cirocco, l’unica cosa che potesse fare era lamentarsi a voce.

— Non avevi alcun diritto di farlo — gridò. — Maledizione, non riesco a capirne il motivo. Eppure, lo hai fatto. Vieni fuori, e vedrai!

— Basta — disse Cirocco, freddamente. Indicò a Cornamusa di lasciarla, e si mise a sedere. — Forse ho fatto una cosa che non dovevo fare. Se questo è vero, potete bastonarmi tutti e due, e io non protesterò. Ma, prima, ascoltatemi. Robin, che tipo di anticoncezionale usi?

— Non so di cosa parli.

— Esatto. E tu, Chris?

Chris sentì un brivido, ma non se ne preoccupò. Cirocco non poteva avere ragione.

— Io prendo delle pillole, ma non…

— Ricordo che me l’hai detto. Quando le hai prese l’ultima…

…Robin non può avere figli! Me l’ha detto lei stessa, e se tu…

— Basta. Ascoltatemi. — Cirocco tenne la mano sollevata finché non fu certa che tutti la ascoltassero.

— Credo che tu abbia interpretato male le parole di Robin. Lei ha detto che non poteva, e tu hai pensato che non potesse fisicamente. Invece intendeva dire che i suoi figli avrebbero ereditato il suo disturbo, e che quindi non poteva farsi inseminare. A cosa serve la sterilizzazione, se l’atto del concepimento è così complicato? — Fissò Robin, che scuoteva la testa, esasperata.

— Ma noi ci limitavamo a fare l’amore — spiegò.

Cirocco si avvicinò a lei, la prese per le spalle e la scosse. — Maledizione, come credi che si facciano i figli? Dappertutto, salvo che nella Congrega, si fanno sempre alla stessa maniera…

— Ma io mi fido di lui, non lo capisci? — gridò Robin. — Noi facevamo soltanto l’amore, non volevamo fare nessun figlio. Lui non… — Si girò su se stessa, e per la prima volta fissò Chris con espressione dubitativa. Lui dovette distogliere lo sguardo.

Quando Cirocco spiegò la vera situazione, Robin impallidì. Chris non l’aveva mai vista spaventarsi così, ma era chiaro che era atterrita al pensiero del pericolo che aveva corso, e che aveva ragione di esserlo. Lo strano malinteso era sorto perché Robin non sapeva che l’orgasmo maschile comportava l’eiaculazione, e che questa non era controllata dalla volontà, e dalla convinzione di Chris che Robin fosse sterile. Invece, lei non lo era affatto, e anche Chris era fertile, come dimostrato dalla produzione di un uovo con Valiha. In realtà aveva perso le pillole durante l’«episodio» del suo male, nel corso della quarantena, e non aveva potuto trovarne altre.

Robin era quasi alle lacrime. Sedeva con la testa tra le braccia, aveva i brividi, e diceva: — Non lo sapevo, non me lo sarei mai immaginato…

Chris si chiedeva quali potessero essere i futuri rapporti tra lui e Robin, ma una cosa era chiara.

— Ti devo delle scuse — disse a Cirocco.

Lei gli sorrise. — Non c’è niente di cui ti debba scusare. Io avrei fatto lo stesso. Non sono situazioni in cui si sta ad aspettare le spiegazioni. — Si massaggiò la mascella. — In realtà, è colpa mia perché non mi sono scansata in tempo. Può darsi che i miei riflessi si siano rallentati.

— O che siano diventati più veloci i miei.

— È una possibilità.

Come di comune accordo, gli altri ritornarono nelle loro tende, lasciando soli Chris e Robin. Il silenzio si trascinò a lungo, e Chris incominciò ad avere paura. Se la cosa era venuta in mente a Rocky, perché non era venuta in mente anche a lui? Forse perché aveva pensato solo al sesso. Robin ne pareva convinta. Ripensava alla loro precedente conversazione, si disse Chris. Robin evitò di guardarlo per qualche tempo, raccolse i propri pensieri, e alla fine disse, stando molto attenta alle parole, che le dispiaceva. In poche parole disse che la colpa era di tutti e due. Era stato un malinteso, ma per fortuna erano stati fermati in tempo. Disse che non aveva paura di lui.

Ma quella sera dormirono in tende separate.

Cirocco rientrò barcollante, dopo l’ultimo giorno del Festival, e intonando a voce alta una canzone. Gaby la mise a letto, e l’indomani mattina la caricò sulla canoa e la coprì con una coperta. Si lasciarono alle spalle l’isola di Inglesina e i suoi ultimi canti. Ofione ritornò a scorrere quieto e imperturbabile sotto di loro, e il gruppo continuò vigorosamente a remare verso il Mare del Crepuscolo.

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