13 Ospitalità

L’interno della tenda della Maga era fresco e in penombra. Il tetto era spesso e opaco, mentre i teli laterali erano di seta bianca, aperti per lasciar passare la brezza. In alto c’era un ventaglio che andava avanti e indietro, e che agitava i nastri e gli scialli di cui era adorno il palo centrale. Seduti su enormi cuscini c’erano Gaby, Robin, Salterio e Chris, che aspettavano che la Maga si decidesse ad arrivare.

In occasione del Festival, i titanidi volevano che la tenda della Maga fosse quanto più sfarzosa possibile. Sul terreno erano stesi numerosi tappeti annodati a mano, uno sull’altro, e in cima a tutti ce n’era uno che mostrava la grande ruota a sei raggi. Due delle pareti della tenda erano interamente costituite di cuscini. La terza faceva da sfondo al Trono di Neve, costituito di sacchetti trasparenti da venti chili di Polvere degli Altopiani, la miglior cocaina dell’universo conosciuto e principale prodotto esportato da Gea. A ogni Festival, i titanidi costruivano un nuovo trono, accatastando i sacchi di polvere cristallina come quando si fa un argine con i sacchetti di sabbia.

Su due bassi tavoli erano ammucchiate le delizie della cucina titanide, alcune fumanti, altre infilate in secchielli di argento pieni di ghiaccio tritato e coperti di goccioline di vapore acqueo condensato. Alcuni titanidi andavano e venivano in continuazione, portando via i piatti che si erano raffreddati, e sostituendoli con altri sempre nuovi.

— Dovresti assaggiarne un po’ — consigliò Gaby. Vide che Chris sollevava di scatto la testa, e sorrise. Iperione faceva sempre quello scherzo ai nuovi venuti. La luce non cambiava mai, e la gente rimaneva sveglia quaranta o cinquanta ore di fila, senza accorgersene. Si chiese quante ore fosse riuscito a dormire, il poveretto, dall’inizio del Festival. Ricordava i primi tempi passati su Gea, quando lei e Cirocco continuavano a marciare finché, letteralmente, crollavano. Era passato molto tempo da allora. Ricordava che a quell’epoca si era sentita vecchissima. Adesso si chiedeva se era mai stata così giovane.

Lo era stata davvero, un tempo, sulle rive del Mississippi, nei pressi di New Orleans. C’era una vecchia casa, con una soffitta polverosa dove lei andava a nascondersi ogni sera, per non sentire gridare sua madre. C’era una finestra, e lei l’apriva per far passare l’aria. Con la finestra aperta, i fischi dei barconi coprivano i suoni provenienti dai piani inferiori, e lei poteva vedere le stelle.

Più tardi, dopo la morte della madre e l’arresto del padre, gli zii l’avevano portata in California. E sulle Montagne Rocciose aveva osservato per la prima volta la Via Lattea. L’astronomia era diventata per lei un’ossessione. Leggeva tutto quello che trovava, saliva con l’autostop fino all’osservatorio di Monte Wilson, imparava la matematica anche se il sistema scolastico della California faceva di tutto per fargliela odiare.

Non si concesse mai delle amicizie o degli affetti. Quando sua zia se ne andò, prese con sé i quattro figli, ma non Gaby. Non la voleva neppure lo zio, e lei se ne andò via con l’assistente sociale senza voltarsi indietro neppure una volta. A quattordici anni le piaceva andare a letto con un compagno che aveva un telescopio. Poi il ragazzo vendette il telescopio, e lei lo piantò. Il sesso la annoiava.

Crescendo, divenne una donna tranquilla, e molto carina. La bellezza per lei era un fastidio, come lo smog e la povertà, ma trovò la maniera di porre rimedio a tutt’e tre le cose. Scoprì un certo genere di occhiataccia per togliersi dai piedi i ragazzi prima che le dessero fastidio. Sui monti non c’era smog, e lei cominciò a recarsi lassù portandosi un telescopio nello zaino. Inoltre, l’università "Cal Tech" era sempre disposta ad accettare gli studenti squattrinati, perfino quelli di sesso femminile, se dimostravano di essere i migliori di tutti. E così lo furono la Sorbona, Monte Palomar, la Zelenchukskaya e Copernico.

A Gaby non piacevano i viaggi. Ma si era recata sulla Luna perché lassù si potevano effettuare osservazioni perfette. Quando vide il progetto del telescopio che sarebbe stato inviato a studiare Saturno, si disse che doveva essere lei a usarlo. Ma attorno a Saturno trovarono Gea, e la catastrofe. Per sei mesi, l’equipaggio del Ringmaster rimase chiuso nel nero ventre di Oceano, il semi-dio ribelle di Gea, alternandosi tra il sonno e la privazione sensoriale totale. Per Gaby, quei sei mesi furono come venti anni, perché li visse tutti, un istante dopo l’altro. Ebbe il tempo di capire che non aveva una singola amicizia, che non amava nessuno e che nessuno amava lei. E che la cosa aveva importanza.

Tutto questo era successo settantacinque anni prima. Da allora, lei non aveva più guardato una stella, e non ne aveva neppure sentito il bisogno. Cosa farsene delle stelle, quando si hanno gli amici?

— Che cosa c’è? — domandò Robin.

— Niente. Ero solo inciampata nei miei ricordi. Succede spesso, a noi vecchietti.

Robin le rivolse un’occhiata carica di esasperazione, e Gaby sorrise. Quella ragazza le piaceva. Raramente le era capitato di incontrare una persona altrettanto piena di orgoglio e di ostinazione, e con così tanti lati spigolosi nel carattere. Era più strana di un titanide, nel suo modo di vedere le cose: ignorava gran parte di quella che tutti chiamavano la cultura "umana", sapeva di ignorarla, e univa un cieco sciovinismo all’ansia di imparare. Parlando con Robin, bisognava andarci con i piedi di piombo. Non c’era da fidarsi delle sue reazioni, finché non ci si era guadagnata la sua fiducia.

Anche Chris le era simpatico, ma se da un lato sentiva il bisogno di proteggere Robin da se stessa, dall’altro desiderava proteggere Chris dal folle mondo esterno. Quel mondo non poteva avere molto senso per lui, eppure Chris continuava ugualmente a lottare, pur tra mille handicap, e la sua visione del mondo era completamente distorta dall’abitudine di tutta la vita: essere dominato da una serie di spiriti malevoli che parlavano con la sua voce, guardavano con i suoi occhi, e talvolta colpivano con i suoi pugni. Chris non si fidava più di lasciarsi coinvolgere negli affetti, perché sapeva che uno dei suoi alter ego l’avrebbe presto tradito. Chi si sarebbe fidato di lui, dopo che lui avesse rivelato ai quattro venti i grandi o piccoli segreti d’amore?

Chris si accorse che Gaby lo guardava, e le rivolse un sorriso impacciato. I capelli lisci, color castano chiaro, tendevano a scivolargli sull’occhio sinistro, e questo lo portava a scuotere spesso la testa per allontanarli. Era alto, almeno un metro e ottantacinque se non un metro e novanta, di costituzione media, con una faccia tirata che poteva sembrare crudele finché non si scorgeva la tristezza del suo sguardo. La prima impressione di durezza veniva data dal naso leggermente appiattito e dalla fronte sporgente.

Anche come costituzione era abbastanza robusto, ma in quel momento, sia a causa dei calzoncini corti che portava, sia a causa della pelle assurdamente bianca, aveva un aspetto talmente funereo che era impossibile pensare a lui come a una minaccia. Braccia e gambe erano muscolose, e aveva buona schiena, ma attorno allo stomaco aveva ancora troppa ciccia. Non era peloso, e Gaby preferiva che non lo fossero.

Tirandone un bilancio conclusivo, Gaby capiva perché Valiha lo trovava attraente. Si domandò se Chris l’avesse già capito oppure no.

Arrivò di gran carriera Cirocco, seguita dai suoi due titanidi identici. Si guardò attorno, si asciugò la faccia con un tovagliolo umido, e si avviò verso un angolo della tenda.

— Dov’è Valiha? — chiese. — E non doveva esserci un titanide per Robin? — Si sfilò la coperta e andò dietro un paravento di tela, alto fino alle spalle. Da una doccia appesa sopra di lei incominciò a scorrere l’acqua. Sollevò la faccia in direzione del getto e scosse la testa. — Scusatemi ancora un momento, ragazzi. Fa un caldo infernale, là fuori.

— Valiha è ancora con il suo gruppo — disse Chris. — Non sapevo di doverla portare qui.

— Stai correndo un po’ troppo, Rocky — protestò Gaby. — Perché non cominciamo dall’inizio?

— Scusate — disse Cirocco. — Hai ragione. Robin, non ci siamo ancora presentati. Chris, noi ci siamo già visti, ma tu non te ne ricordi. Il fatto è che Gea ha detto a Gaby che stavate scendendo qui.

— "Stavamo scendendo"? — strillò Robin. — Mi ha buttato giù.

— Lo so, lo so — disse Cirocco, cercando di calmarla. — Credimi, odio questa sua abitudine. Ho protestato in tutti i modi possibili, ma non è servito a niente. Non dimenticare, sono io a lavorare per lei, e non viceversa. — Con un’espressione indecifrabile sulla faccia, girò la testa verso Gaby, sostenne il suo sguardo per un momento; poi riprese la sua opera di convinzione.

— Comunque, sapevamo che stavate arrivando, e sapevamo che probabilmente sareste riusciti entrambi a farcela. Strano, ma quasi tutti i pellegrini ci riescono. L’unico modo di morire nel Grande Salto è quello di lasciarsi prendere dal panico. Ci sono alcune persone…

— Si può morire affogati — disse Robin, aggrottando la fronte.

— Cosa vuoi che ti dica? — rispose Cirocco. — Chiaramente, è pericoloso, ed è anche uno scherzo orribile. Ma cosa devo fare, chiedere scusa di una cosa che non è colpa mia? — Fissò Robin, che non rispose, ma che, alla fine, scosse la testa in segno di diniego.

— Come stavo dicendo, ci sono alcune persone che non si lasciano avvicinare dagli angeli che cercano di aiutarle e, d’altronde, anche gli angeli non possono fare più di tanto. Perciò, lo scopo di Gea… e premetto che mi limito a riferirvi quello che Gea ha detto a me, e che non dico queste cose per difenderla… è di insegnare loro a reagire nel modo giusto in un momento critico. Se vi lasciate prendere dal panico, non sarete mai degli eroi. O, almeno, così ragiona lei.

Chris aveva un’espressione sempre più perplessa.

— Se pensate che tutto questo discorso significhi qualcosa per me, — disse — allora temo di essermi perso la parte più importante.

— Il Grande Salto — spiegò Gaby. — Probabilmente, è un bene che tu non ricordi niente. Gea getta giù dal mozzo i pellegrini, servendosi di un ascensore truccato, dopo avere parlato con loro. Precipitano lungo tutto il raggio, fino alla periferia.

— Non ricordi proprio niente? — chiese Cirocco. Non si sentì più scorrere l’acqua della doccia, e un titanide le porse un asciugamano.

— Niente. Dal momento in cui ho lasciato Gea, e fino a non molto tempo fa, la mia memoria è una tabula rasa.

— Potrebbe essere comprensibile, anche senza il tuo disturbo — disse Cirocco. — Ma ho parlato con uno degli angeli. Guardò Robin. — Era un nostro vecchio amico: "Ciccio" Fred.

Gaby rise. — È ancora sulla breccia, quello? — Si accorse che Robin la guardava con occhi fiammeggianti, e cercò di smettere di ridere, ma non ci riuscì.

— È ancora sulla breccia, cercando di mettere il sale sulla coda alle umane di passaggio. Mi ha detto di avere recentemente trovato due veri gatti rabbiosi. Una alla fine si è decisa a collaborare, e lui l’ha lasciata nell’Ofione. L’altro, invece, era tutto pazzo. Non è riuscito ad avvicinarsi, ma l’ha tenuto d’occhio e lo ha seguito, pensando che, una volta giunto vicino alla terra, gli sarebbe entrato un po’ di sale in zucca. Immaginatevi il suo stupore quando l’uomo è finito a piena schiena sul dorso di un aerostato.

— Chi era? — fece Gaby. E aggiunse: — L’aerostato, intendo.

— Fred dice che era Corazzata.

Gaby parve sorpresa. — Dev’essere successo quando se n’è andato via, dopo avermi aiutato a sturare Aglaia.

— Lo credo anch’io. — Cirocco smise di asciugarsi per fissare attentamente Chris, che si affrettò a distogliere lo sguardo. Uscì dalla doccia e si infilò la vestaglia che le porgeva uno dei titanidi. Si legò la cintura e si mise a sedere sul pavimento, a gambe incrociate, davanti ai tre umani e al titanide. I suoi attendenti si inginocchiarono dietro di lei e incominciarono i pettinarle i capelli bagnati.

— Pensavo alla fortuna — disse. — Gea mi ha parlato dei tuoi disturbi, naturalmente, e ha parlato anche di fortuna. Francamente, io stento a credere che si possa avere una fortuna così sfacciata. È contrario a tutto ciò che ho studiato, anche se, lo confesso, si tratta di conoscenze ormai vecchie di settantacinque anni.

— La considerano una cosa relativamente assodata — disse Chris. — A quel che so, molti ritengono che i poteri psi non permettano di fare grandi cose. Ci sono delle equazioni che descrivono il fenomeno, ma non dico di capirle. La teoria del libero arbitrio delle particelle, gli strati sovrapposti di realtà… Ho letto degli articoli che ne parlavano.

— Qui non arrivano molti giornali. — Cirocco si fissò le mani, aggrottando la fronte. — La teoria dei poteri psi non mi piace. Anzi, non mi è mai piaciuta.

— A Einstein non piaceva la meccanica quantistica — disse Gaby.

— Hai ragione — disse Cirocco, con un sospiro. — Ma rimango sempre sorpresa, quando confronto tra loro le previsioni e i risultati. Ai miei tempi si pensava che sarebbe bastato qualche anno per capire dalla A alla Z il codice genetico. Poi avremmo potuto eliminare tutte le malattie, sia infettive che ereditarie. E nessuno pensava che presto avremmo risolto i problemi psicologici, mentre invece è successo esattamente il contrario. Hanno incontrato un paio di difficoltà impreviste, mentre invece si sono fatte grandi scoperte in aree dove nessuno se le aspettava. Chi poteva prevederlo? Comunque, si parlava della fortuna.

— Non so di cosa si tratta — spiegò Chris — ma a volte pare davvero che io abbia fortuna.

— Non mi piace pensare a tutte le varie implicazioni, se è stata veramente la fortuna a farti finire sulla schiena di Corazzata — disse Cirocco. — Certo, dipende dal punto a cui ci si vuole fermare nel far risalire all’indietro il ragionamento, ma si potrebbe dire che un albero titanico si è staccato ed è andato a infilarsi nella pompa di Aglaia appositamente perché tu potessi finire sulla groppa del suo aerostato. E mi rifiuto di credere che l’universo sia così deterministico!

Gaby sbuffò. — Anch’io, ma credo nella fortuna. Via, Rocky. Perché ti dispiace tanto, se c’è un misterioso super-burattinaio che tira qualcuno dei tuoi fili? Ormai dovresti esserci abituata.

Cirocco rivolse a Gaby un’occhiata omicida, ma per un attimo le comparve negli occhi uno sguardo atterrito.

— Va bene — disse Gaby, in tono conciliante, alzando le mani. — Scusa. Non riusciremo mai a metterci d’accordo su queste cose, vero?

Cirocco si rasserenò quasi subito, e annuì impercettibilmente con la testa. Rifletté ancora per un attimo, poi si guardò attorno.

— Dimenticavo i doveri di una padrona di casa — disse. — Cornamusa, chiedi agli ospiti cosa bevono, e porta un paio di quei vassoi, in modo che tutti possano servirsi.

Gaby accolse con piacere l’interruzione. Non aveva alcuna intenzione di litigare con Cirocco. Si alzò e aiutò Cornamusa a portare il cibo, presentò Salterio a Robin e Chris, e Cirocco a Robin. Fecero educati commenti sul cibo e sulle bevande, battute e complimenti. Li fece ridere tutti parlando del suo primo incontro con una minestra dei titanidi che aveva come principale ingrediente vermi vivi marinati in salamoia. Dopo un quarto d’ora, dopo avere trangugiato qualcosa di alcolico, tutti parevano molto meno bellicosi.

— Come dicevo — riprese infine Cirocco — eravamo informati del vostro arrivo. Non so che progetti abbiate, ma penso che se aveste voluto ritornare a casa, ormai sareste già ritornati. Vero? Chris?

— Non so. A dire il vero, non ho ancora avuto il tempo di fare progetti. Mi sembra che siano passate solo poche ore dal momento in cui Gea mi ha spiegato le sue intenzioni.

— Gettandoti nella massima confusione, suppongo.

Chris sorrise. — Pressappoco. Penso di fermarmi, ma non so bene cosa potrò fare, durante la mia permanenza qui.

— È la natura stessa della prova — disse Cirocco. — Non sai mai di che cosa si tratti, finché non le sei davanti. L’unica cosa che puoi fare è quella di proseguire nella ricerca. È per questo che siete chiamati pellegrini. E tu, Robin?

Robin si fissò le unghie per qualche istante, senza rispondere, e infine sollevò lo sguardo e fissò Cirocco senza battere ciglio.

— Non so se sia consigliabile comunicarti le mie intenzioni. Non so fino a che punto posso fidarmi di te.

— Almeno, non usi perifrasi — disse Cirocco, con un mezzo sorriso.

— Dice di avere ancora dei conti da regolare con Gea — spiegò Gaby. — All’inizio, non voleva fidarsi di me. Anzi, può darsi che non si fidi neppure adesso.

— Intendo ucciderla — disse Robin, con una calma glaciale, minacciosa. — Lei ha cercato di uccidere me, e io l’ho giurato. Non riuscirai a fermarmi.

Cirocco rise. — Fermarti? Non credo che ci sia bisogno di me. Hai un paio di bombe nucleari? — Guardò la pistola che Robin portava al fianco. — È carica?

— A cosa serve una pistola scarica? — chiese Robin, sinceramente stupita della domanda.

— Giusto. Comunque, su almeno una cosa, puoi metterti il cuore in pace. Non sono la guardia del corpo di Gea. Ha un numero sufficiente di occhi e di orecchie, senza che debba farlo io per lei. Anzi, non le comunicherò neppure le tue intenzioni. Non sono affar mio.

Robin rifletté sulle sue parole. — Va bene. Conto di rimanere. Presto mi arrampicherò lungo uno dei raggi e, quando sarò arrivata lassù, la ucciderò.

Cirocco fissò Gaby, con l’aria di volerle chiedere: "Dove l’hai trovata, questa?". Gaby alzò le spalle e sorrise.

— Be’… è tutto. Non credo di poter aggiungere altro.

— Perché non continui, Rocky — chiese Gaby. — Può darsi che le interessi.

— Non credo — disse Robin, alzandosi in piedi. — Non so cosa intendete proporre, ma se si tratta di andarsene in giro a fare gli "eroi"… — Si guardò attorno, come se volesse sputare, ma non riuscì a trovare un punto che non fosse coperto da un tappeto. — Potete cancellare il mio nome. Non intendo lasciarmi coinvolgere in questo tipo di gioco. Ho un conto in sospeso, e voglio risolvere la questione per poi ritornarmene a casa, se sarò ancora viva.

— Allora, intendi davvero arrampicarti lungo il raggio.

— Esattamente

Cirocco si voltò di nuovo verso Gaby, che capì all’istante cosa volesse dirle. "L’idea è stata tua" le diceva il suo sguardo. "Da questo momento in poi, tocca te convincerla."

— Ascolta, Robin — disse Gaby. — La tua intenzione è di risalire al mozzo, vero? Ma siccome hai già avuto il tuo viaggio gratuito, l’ascensore non ti porterà più su. Hai circa una possibilità su trenta di arrivare viva alla cima. Meno, anzi, dato che vuoi fare il tragitto da sola. Cirocco e io siamo riuscite ad arrivarci, ma abbiamo avuto fortuna.

— Lo so — cominciò a dire Robin, e Gaby si affrettò a riprendere il discorso.

— Quello che desidero chiarirti, è che seguendo la nostra proposta potrai arrivare alla cima più rapidamente, e con maggiore sicurezza. Non ti chiedo di prestarti al gioco di Gea: io stessa odio quel genere di cose. Io credo che sia… be’, lasciamo perdere. Ma considera una cosa. Non ti chiede di fare male a qualcuno, o di fare qualcosa di disonorevole. Ti ha suggerito di fare un viaggio attorno alla circonferenza. Ed è appunto quello che ci proponiamo di fare.

— Ho alcuni lavori da fare — spiegò Cirocco.

— Giusto. Noi due facevamo la stessa strada, e Gea ci ha detto che tu e Chris stavate arrivando. Io e Rocky l’abbiamo già fatto altre volte, con altri pellegrini, a volte insieme, a volte separatamente. Li aiutiamo a tenersi lontano dai guai finché non imparano a viaggiare da soli.

"Intendo dire che puoi venire con noi. Puoi imparare varie cose che poi ti saranno utili durante la scalata. Non dico che non ci siano pericoli. Esci da Iperione, e tutto, su Gea, comporta dei pericoli. Anzi, anche su Iperione c’è un mucchio di cose che possono ucciderti. Ma è questo il bello. Può darsi che lungo la strada tu possa fare qualcosa che Gea considera eroico. Niente di cui ti debba vergognare, te lo assicuro. Una cosa bisogna ammetterla, a proposito di Gea: che sa scegliere i suoi eroi. Ma, ricorda, soltanto se si presenterà l’occasione. Non devi pensare di accettare il suo gioco, o di cercare qualcosa in particolare. Devi solo venire con noi, nient’altro. E, quando tornerai, potrai fare un viaggio gratis fino alla cima. Cosa farai, una volta arrivata lassù, è soltanto affar tuo."

Tornò a sedere. Robin le piaceva, ma, per proteggerla, non poteva fare di più. In un certo senso, Gaby si sentiva come "Ciccio" Fred, l’angelo; alcune persone sarebbero state disposte a dare un braccio o una gamba per l’aiuto offerto da lei e da Rocky, mentre lei era costretta a faticare per convincere quella ragazzina ostinata.

Anche Robin tornò ad accomodarsi. Le fece la cortesia di mostrarsi leggermente imbarazzata.

— Mi spiace — disse. — Ti ringrazio dell’offerta, e sarò lieta di venire con voi. Quello che mi hai detto mi sembra giusto. — Gaby si chiese se anche Robin aveva pensato quello che aveva pensato lei: che, giunta a due o trecento chilometri d’altezza all’interno del raggio verticale, Robin poteva essere improvvisamente colta da paralisi. Nessuno, dopo avere provato una volta il Grande Salto, era ansioso di ripetere l’esperienza.

— Chris?

— Io? Certo. Sarei uno sciocco a rifiutare.

— Ecco lo spirito che mi piace — disse Cirocco. — Una valutazione realistica. — Si alzò in piedi, si tolse la vestaglia e si rimise la coperta. — Fate come se foste a casa vostra. Cibo e bevande sono offerte dalla ditta. Il Festival sarà finito tra un’ottantina di riv, e divertitevi finché dura. Ci rivedremo alla Gatta Incantata tra un centinaio di rivoluzioni.

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