Robin alzò la testa quando Gaby scese a raggiungerla nella veranda. Sedeva sugli scalini, e leggeva un manoscritto ingiallito da lei trovato nello studio di Cirocco. Era un’opera affascinante, una descrizione delle relazioni tra flora, fauna e… l’unica parola per descriverli era "organismi indecisi", che vivevano nel raggio di un chilometro dalla Casa della Melodia. Non era un testo scientifico, ma era scritto in uno stile stringato che Robin trovava estremamente leggibile. Il manoscritto era posato su un mobile, accanto a una fila di libri che comprendeva una decina di volumi scritti da C. Jones.
— Come vanno i pazienti? — chiese Robin, e vide che Gaby pareva sfinita. Probabilmente non aveva più preso sonno, dopo il loro primo accampamento accanto al fiume… quanto tempo addietro? Due decariv? Tre? Forse non aveva dormito neppure allora.
— Sbagliato — disse Gaby, sedendosi accanto a lei. — La frase giusta è: "Come va la pazienza?" La tua.
Robin alzò le spalle. — Io non ho nessuna fretta. Allargo le mie prospettive culturali. Non pensavo che la Maga scrivesse così bene.
Gaby si allontanò dalla faccia una mosca invisibile, e aggrottò la fronte.
— Vorrei che evitassi di chiamarla "la Maga". Le rende la vita troppo impegnativa. È solo una persona umana, come te.
— Sì, lo so… forse hai ragione. La smetterò.
— Be’, non volevo sgridarti. — Fece correre lo sguardo sul prato. — I pazienti stanno come previsto. Chris ha smesso di urlare, ma si nasconde ancora nell’angolo. Valiha non riesce a farlo mangiare. Rocky è chiusa a chiave nella sua camera. Tutto l’alcool è finito giù dal ponte, a quanto ne so io. Naturalmente, con un’alcolizzata, non si può mai sapere. Potrebbe averne delle scorte nascoste. — Si portò le mani alla faccia, come per riposarsi per un attimo. Robin vide che storceva le labbra, e udì un suono miserevole. Gaby piangeva.
— L’ho chiusa nella sua stanza — riuscì infine a dire, tra i singhiozzi. — Non riesco ancora a crederci. Non pensavo che potesse arrivare a questo. Quando mi vede, mi maledice. Vomita, suda e rabbrividisce, e io non posso aiutarla. Non posso fare niente.
Robin era mortificata. Non sapeva cosa fare. Sedere accanto a una donna da lei rispettata, e vederla consumarsi nelle lacrime, era una situazione inconcepibile.
Non sapeva cosa fare delle sue mani. Continuò a sbertucciare il manoscritto che aveva in grembo, e poi s’interruppe accorgendosi che strappava le pagine.
Con una scossa, ricordò che anche lei aveva pianto davanti a Oboe. Allora era stato diverso, naturalmente. Lo aveva detto anche Oboe, e lei aveva capito che non c’era niente di cui vergognarsi. Ma la titanide non si era limitata a starsene seduta senza fare niente.
Con esitazione, Robin appoggiò il braccio sulla spalla di Gaby. E lei, senza vergogna, rispose a quel gesto voltandosi e premendo la faccia contro la sua spalla.
— Va tutto bene — disse Robin.
— L’ho amata così tanto — mormorò Gaby. — E l’amo ancora. Che scherzo. Dopo settantacinque anni, la amo ancora.
Gaby sollevò dal cuscino la testa di Cirocco e le accostò un bicchiere alle labbra.
— Bevi. Ti farà bene.
— Che cos’è?
— Acqua pura, di fonte. La miglior bevanda del mondo.
Cirocco aveva la faccia grigia e le labbra esangui. Con la mano con cui le teneva sollevata la testa, Gaby sentiva che Cirocco aveva i capelli bagnati di sudore. Sotto le dita, sentiva anche un bernoccolo, che Cirocco si era procurata battendo la testa contro la sbarra di ottone in cima al letto.
Bevve qualche piccolo sorso, poi cominciò a trangugiare avidamente.
— Ehi, non troppo in fretta — disse Gaby. — Ultimamente, non sei riuscita a tenere niente nello stomaco.
— Ho sete, Gaby — piagnucolò Cirocco. — Senti, bambina, ti prometto che non ti insulterò più. Mi spiace di averlo fatto. — Proseguì in tono implorante: — Ma, ascolta, cara, farei qualsiasi cosa per bere un sorso. Ricordati dei nostri vecchi tempi…
Gaby appoggiò le mani sulle guance di Cirocco e strinse, facendole sporgere le labbra in una maniera che, in altre circostanze, sarebbe stata comica. Cirocco si tirò indietro, con gli occhi rossi e spaventati. Era molto più robusta di Gaby, ma non pareva avere desiderio di lottare. Ogni bellicosità si era spenta in lei.
— No — disse Gaby. — Non oggi, e neppure domani. Non ero certa di avere la forza di continuare a dire di no, e allora ho buttato via tutti i liquori che c’erano in casa. Perciò, non devi più chiedermelo, d’accordo?
Gli occhi di Cirocco si riempirono di lacrime, ma Gaby, guardando attentamente, vi scorse con grande dolore anche una punta di astuzia. Dunque, c’era davvero una scorta segreta, qualcosa che era stato nascosto per i momenti di emergenza. Però, se non altro, non era in quella stanza. La porta doveva rimanere chiusa a chiave.
— D’accordo. Mi sento già molto meglio. Presto sarò in piedi, e non berrò più. Vedrai.
— Certo. — Gaby distolse lo sguardo, poi si costrinse a fissare di nuovo Cirocco. — Non sono venuta qui per avere delle promesse. Almeno, non di questo genere. Volevo sapere se sei ancora con noi. Con me.
— Con… oh, intendi dire… quello di cui abbiamo parlato. — Si guardò rapidamente attorno, come per cogliere di sorpresa qualche spia nascosta. Rabbrividì, e parve volersi mettere a sedere. Gaby la aiutò. Cirocco si avvolse strettamente nelle coperte. Il caminetto ruggiva e scoppiettava, e manteneva la temperatura della stanza a trentacinque soffocantissimi gradi, ma Cirocco pareva non riuscisse mai a riscaldarsi.
— Io… ci ho pensato — disse Cirocco, e Gaby fu certa che mentiva. L’unica cosa a cui aveva pensato era a qualche piano per procurarsi da bere. Ma la cosa non aveva importanza. Adesso avrebbero parlato per lei le sue paure, direttamente, senza nascondersi dietro un piano articolato.
— Pensavo che forse… forse dovremmo rifletterci ancora un poco. Voglio dire, non bisogna gettarsi a capofitto. È un passo molto importante. Io… certo, io sono sempre con te, ma non dovremmo… non dovremmo spingere la cosa al limite, sai. Non penso che si debba, si debba parlare con Rea e Crio e…
— Non direi che vent’anni sia proprio "gettarsi a capofitto" — osservò Gaby.
— Be’, certo, hai ragione, ma io voglio soltanto dire… — S’interruppe, perché evidentemente non era molto sicura di quello che voleva dire. — Se tu mi dessi soltanto… No, no. Non lo dico più. Non ti chiedo più niente. Farò la brava bambina, d’accordo? — Sorrise debolmente, per rabbonirla.
— Allora, intendi tirarti indietro?
Cirocco aggrottò la fronte. — Non ho detto questo. Perché, ti ho dato questa impressione? Suvvia, Gaby, lo sai che è pericoloso. L’hai detto tu stessa. Quello che dovremmo fare è questo: tenerci indietro, non fare mosse avventate, e tra poco… be’, è ovvio che… — Ancora una volta aveva perso il filo del discorso.
— D’accordo — disse Gaby, e si alzò. — Non so se ci sia davvero il tempo, ma avevo già l’impressione che tu mi avresti detto qualcosa di simile. Non credo che Gene ci lasci molto tempo. Credo che abbia qualche suo piano. Non so quale. Ma dobbiamo incominciare subito, e non "poi". È solo uno studio preliminare, Rocky. Consideralo sotto questo aspetto.
— Non so se mi sia possibile… be’, farlo senza destare sospetti.
— Lo puoi se lo vuoi.
— No, no, è una cosa troppo avventata. Ci ho pensato bene. Per ora, aspettiamo; poi ti aiuterò.
— No. — Attese che il senso di questa parola penetrasse bene nella mente di Cirocco, e vide il suo debole sorriso svanire pian piano. — Forse, è già troppo tardi. Se non vuoi farlo tu, lo farò io. E credo sia meglio avvertire i due pellegrini che saranno maggiormente al sicuro senza di noi.
Cirocco voleva dire qualcosa, ma Gaby non intendeva ascoltarla. Lasciò la stanza il più rapidamente possibile.
La Casa della Melodia era stata costruita dai titanidi per le esigenze dei titanidi. Il soffitto era alto, e le porte erano larghe. I pochi tappeti erano collocati solo dove c’erano sedie adatte agli umani, e questo ricordava ai titanidi di tenersi lontani.
Gran parte del pavimento, fatto di un legno simile al tek, era coperto di segatura e di paglia. Il grande tavolo della biblioteca aveva un lato per gli umani e un altro lato per i titanidi: da una parte le sedie, e dall’altra la paglia. C’erano alte finestre che si affacciavano a est, verso il Mare di Mezzanotte, e un caminetto di pietra, che adesso era spento. E proprio a causa della vista di cui si poteva godere da quelle finestre, Gaby aveva detto a tutti di radunarsi laggiù. Mentre lei faceva il suo discorso, gli altri potevano osservare il territorio che dovevano ancora percorrere, e così prendere la loro decisione con maggiore conoscenza di causa.
— Non è facile dirvi quello che devo dirvi. Anzi, mi è ancor più difficile dopo quello che ho detto in passato ad alcuni di voi. Ma da questo momento in poi, devo cancellare tutte le promesse che ho fatto a nome di Cirocco. È ridotta assai peggio di quanto credessi. Non so se verrà con me, ma, in qualsiasi caso, è ora di rimettere in discussione certe decisioni che abbiamo preso tutti, e che si basavano su informazioni sbagliate. Vi ho detto che Rocky si sarebbe rimessa a posto e che sarebbe stata utile a tutti, e che… e che sarebbe stata un elemento positivo, e non un peso. Ma adesso non credo di poter più ripetere questa affermazione.
Esaminò le sei facce che stavano davanti a lei. A eccezione di Oboe, sapeva già cosa avrebbe detto ciascuno dei titanidi. Quanto a Chris e Robin, non ne era sicura. Chris aveva un suo problema, forse soltanto temporaneo, e sulla reazione di Robin non si sentiva di fare alcuna previsione.
— Il succo è questo. Io intendo fare il giro del bordo. Rocky forse verrà con me, forse non verrà. Ciascuno di voi sarà il benvenuto, se vorrà accompagnarmi. Se verrà anche Rocky, può darsi che sia di impaccio a uno o a più di uno di noi, in qualche modo grave. Con questo, mi riferisco a qualcosa di più grave del fatto che può ubriacarsi di nuovo e che in tal caso dovremo prenderci cura di lei. Non è questo il problema. E anche se la cosa può dare fastidio a te, Robin, e a te, Chris, anche voi due potete costituire per gli altri lo stesso pericolo. In un certo senso, Rocky non ha il controllo di se stessa, esattamente come voi. Ma io sono disposta ad accettare la situazione. Non saprei dirne il motivo, ma sono disposta ad accettarla, nel caso di tutti e tre. Mi prenderò cura di voi quando non sarete in grado di farlo da soli.
— A dire il vero, i vostri disturbi non ci sembrano molto più gravi della caratteristica umana di passare il tempo dormendo — disse Cornamusa, con una leggera esitazione. — Per noi è la stessa cosa. Quando dormite, dobbiamo prenderci cura di voi.
— Giusto — disse Gaby. — Comunque, il mio timore è che Rocky ci metta nei guai per una crisi di nervi. Non avrei mai creduto di giungere a dire queste cose, eppure è così. Non sono più sicura che metta il benessere del gruppo al di sopra delle proprie esigenze. Ho l’impressione di non conoscerla più. Ma devo considerarla come un rischio potenziale.
"Comunque, come ho detto, io vado lo stesso. Vorrei però sapere le vostre intenzioni. Cornamusa?"
— Io resto con Cirocco. Se lei viene, per me va bene.
Gaby annuì. Sollevò un sopracciglio in direzione di Salterio, che fece un piccolissimo cenno d’assenso. Gaby sapeva fin dall’inizio che Salterio l’avrebbe accompagnata.
— Valiha?
— Io vorrei continuare — rispose. — Ma solo se viene anche Chris.
— Giusto. Oboe?
— Io devo completare il circuito — rispose lei. — Non sono mai stata retromadre, e questa è la mia migliore possibilità.
— Certo. Lieta di averti con me. E tu, Chris?
Pareva che Chris dovesse fare uno sforzo enorme anche per sollevare lo sguardo dal tavolo. Aveva superato l’attacco da qualche ora, ma, come gli capitava sempre nel caso di attacchi senza perdita di memoria, era esaurito emotivamente, e si sentiva come un cane bastonato.
— Credo che tu minimizzi eccessivamente il problema — mormorò. — Il mio problema, voglio dire. Perché dovrei pretendere da Cirocco un comportamento migliore del mio? — Valiha cercò di prendergli la mano, ma lui la allontanò. — Io verrò se sarai disposta a prendermi.
— Conoscevamo la situazione fin dall’inizio — disse Gaby. — Benvenuto tra noi. E tu, Robin?
Seguì una lunga pausa. Gaby continuò a preoccuparsi per lei, mentre Robin prendeva la sua decisione. Per la strega, a quanto capiva Gaby, l’unica alternativa era quella di arrampicarsi lungo il raggio. Robin era capace di farlo, pur sapendo di morire durante il tragitto.
— Verrò — disse alla fine.
— Sicura? Non potresti ritirarti con onore?
— Poiché sei stata tu a offrirmelo, sì. Ma verrò.
Gaby non intendeva indagare ulteriormente sui suoi motivi.
— Con questo, gli unici ancora dubbi sono Rocky e Cornamusa. Bene. Radunate le vostre cose. Ci troviamo sulla veranda tra una rivoluzione.
Fu una partenza triste. Le nubi che per due ettoriv si erano limitate a circondare il precipizio del Machu Picchu, adesso cominciavano a mandare le prime avanscoperte al di sopra della Casa della Melodia. La luce proveniente dal cielo venne cancellata. La grande casa bianca rimase immobile nell’ombra, come se le avessero prosciugato l’essenza vitale. All’interno, Gaby chiuse le imposte, pensando alla possibilità di un temporale.
I titanidi si erano fatti nuove scorte di provviste. Non c’erano altri lavori da fare, ma Gaby, come al solito, andava a controllare dappertutto, come un villeggiante timoroso di dimenticare qualcosa. Chris e Robin sapevano che aspettava che Cirocco comparisse, ma nessuno dei due pensava che la Maga si sarebbe presentata.
Tra i due picchi gemelli del rifugio montano di Cirocco dardeggiò un lampo. I titanidi rimasero imperturbati, ma Chris e Robin cominciarono ad aggirarsi nervosamente nel prato davanti alla casa. Poi Chris salì sulla mano di Valiha e si accomodò sulla sua schiena. Robin salì su Oboe. Tutti continuarono ad attendere.
Infine arrivò anche Gaby, che salì su Salterio con un balzo. Diede un’ultima occhiata alla casa, in tempo per vedere che la maniglia della porta si stava muovendo. Uscì Cirocco, alta, con la sua coperta rossa e a piedi nudi. Pareva debole e pallida. Scese lentamente gli scalini e si diresse verso Gaby e Salterio.
— Non ho niente. Controlla pure.
— Non ho voglia di farti la perquisizione, Rocky.
— Oh. — Pareva che la cosa non le importasse. Lasciò cadere le braccia, poi si appoggiò al fianco di Salterio. — Hai ragione, sai. È meglio che venga con te.
— D’accordo. — Nella voce di Gaby c’era un tono di sollievo, ma poco entusiasmo.
Riprese a piovere mentre attraversavano il ponte di corda. Giunta dall’altra parte, Robin udì un basso ronzio. Era difficile capire da dove provenisse, perché le montagne erano piene di echi. Sentì che il ronzio diventava più forte, e poi si abbassava. Gaby e Salterio osservavano con ansia le nuvole.
— Cos’era?
Gaby rabbrividì. — Non chiederlo.