16 Il club dei circumnavigatori

Anche se c’era il forte braccio di Cornamusa a sorreggerla, Cirocco cadde due volte mentre veniva fatto il carico dei titanidi. Continuò però a dichiarare che intendeva farcela con i propri mezzi.

L’equipaggiamento che Chris si era procurato era ad attenderlo, come promesso, in una capanna dietro La Gata, insieme con l’equipaggiamento degli altri. I titanidi avevano sacche doppie, da sella, che si mettevano sulla schiena e che venivano legate dalla parte di sotto. Valiha si girò su se stessa e si mise sulla groppa due capaci sacche di cuoio e tela, lasciando a Chris ancora lo spazio per stare in sella. Lui salì e aprì le sacche, che già contenevano l’equipaggiamento di Valiha. Lei gli passò l’equipaggiamento che lui si era comprato, un pezzo alla volta, dicendogli di fare attenzione a equilibrare bene il carico. Una volta terminato, le sacche erano ancora mezzo vuote, e lei gli disse di non preoccuparsi, perché una volta lasciato il fiume e raggiunta la strada, lo spazio rimasto vuoto sarebbe stato occupato dalla provviste che avrebbero trovato ad attenderli sulle barche.

Mentre metteva a posto il bagaglio, Chris osservò Gaby e Cornamusa che cercavano di calmare Cirocco e di farla salire sul titanide. La scena era un po’ patetica, ma anche leggermente preoccupante. Notò che anche Robin, in groppa a Oboe pochi metri più in là, osservava la scena. Era buio pesto, e l’unica luce veniva dalle lucerne a olio dei titanidi, ma Chris poté vedere che Robin aggrottava la fronte.

— Hai cambiato idea e non vuoi più partire? — le chiese.

Lei lo fissò, sorpresa. Non si erano mai parlati in precedenza, almeno nei periodi in cui lui non soffriva di amnesia, e Chris si chiedeva che cosa la ragazza pensasse di lui. Quanto a lui, la trovava decisamente strana. Aveva saputo che quelli che gli erano parsi disegni erano in realtà dei tatuaggi. Serpenti dalle scaglie multicolori che partivano, con la coda, in basso dall’alluce destro, e in alto dal mignolo sinistro, poi salivano arrotolandosi lungo il braccio e la gamba per infine sparire sotto i vestiti. Si chiedeva che aspetto avessero le teste, e se ne avesse ancora degli altri.

Lei tornò a dedicarsi ai pacchi. — Quando prometto di partire, parto — disse. Le erano caduti i capelli sugli occhi, e quando scosse la testa per rimetterli a posto, rivelò un’altra delle sue stranezze. Si era rasata gran parte del lato sinistro della testa, per fare in modo che si vedesse un complesso disegno a forma di pentagono, tutt’intorno all’orecchio sinistro. Pareva che portasse la parrucca e che questa le fosse scivolata fuori posto.

Robin lanciò ancora un’occhiata all’indirizzo di Cirocco, poi rivolse a Chris quello che forse poteva essere interpretato come un sorriso amichevole. I tatuaggi non permettevano di capirlo.

— Capisco cosa vuoi dire, però — ammise. — Possono chiamarla Maga, se vogliono, ma quando vedo un’alcolizzata la so riconoscere anch’io.

Chris e Valiha furono gli ultimi a emergere dall’oscurità sotto l’albero di Titantown. Lui batté per un attimo gli occhi, a causa della forte luce, e poi sorrise. Era lieto di essere in cammino. La destinazione verso cui era diretto non aveva importanza.

Gli altri tre gruppi facevano una bella figura, mentre si arrampicavano sulla prima collina e scendevano lungo la strada polverosa e cotta dal sole, tra i campi di grano giallo e alto. Gaby procedeva davanti a tutti, vestita del suo completo da Robin Hood, verde e grigio, montata su Salterio, dal mantello color cioccolato scuro e dalla criniera arancione. Dietro di loro veniva Cornamusa, con Cirocco stesa sulla sua schiena. Si vedevano solo le gambe, che spuntavano dalla coperta stinta. Vista nella penombra, la criniera di Cornamusa sembrava nera, ma ora, agitata dal vento dietro di lui, scintillava come un nido di minuscoli cristalli. Anche i disegni bruni e oliva di Oboe parevano bellissimi alla luce del sole, e la sua esplosione di capelli bianchi era uno spettacolo indimenticabile. Robin cavalcava in piedi, con la schiena dritta e i piedi sulle sacche dei bagagli, vestita di un paio di calzoni larghi e di una leggera camicia di maglia.

Chris cercò di mettersi comodo sulla larga schiena di Valiha. Quando trasse un profondo respiro, gli parve di cogliere nell’aria quella caratteristica indefinibile che precede un temporale estivo. A ovest poteva vedere nubi scure al di sopra di Oceano. Parevano grandi fiocchi di cotone, e si assottigliavano verso nord e verso sud. Alcune avevano forma di salsicce, e quelle più alte e sottili parevano srotolarsi progressivamente, lasciando sotto di sé un sottile strato bianco. Era dovuto alla forza di Coriolis, gli avevano detto, ma lui non sapeva che cosa fosse.

Era la giornata ideale per mettersi in viaggio, concluse.

Chris non aveva mai pensato di poter dormire sulla schiena di un titanide, ma evidentemente si sbagliava. Venne destato da Valiha.

Salterio si era diretto verso un lungo argine che giungeva a Ofione. Valiha lo seguì, e presto i suoi zoccoli batterono su assi di legno. Legate al pontile c’erano quattro grandi canoe. Erano fatte di centine di legno, su cui era teso un materiale argenteo. Assomigliavano alle barche di alluminio che da quasi due secoli erano usate sui laghi e sui fiumi della Terra. Il fondo era rinforzato con assi di legno. Al centro di ciascuna c’era un mucchio di viveri, coperto di tela rossa e tenuto fermo da corde.

Pescavano poco, ma quando Salterio salì su una di esse, la barca si immerse notevolmente. Chris osservò affascinato il titanide che si muoveva sullo stretto ponte della barca, intento a togliersi il carico e a riporlo a poppa. Non aveva mai pensato ai titanidi come a una razza di marinai, ma Salterio pareva sapere perfettamente come si conduceva una barca.

— Adesso devi scendere — gli disse Valiha. Aveva girato la testa di centottanta gradi, cosa che faceva sempre accapponare a Chris la pelle del collo, quando glielo vedeva fare. Cercò di darle una mano con le cinghie, ma presto si accorse che riusciva soltanto a rallentarle il lavoro. Quelle pesanti sacche parevano cuscini di piume, tanta era la facilità con cui le spostava la titanide.

— Le barche possono contenere due titanidi e un po’ di bagaglio, o tutt’e quattro gli umani — diceva Gaby. — Oppure possiamo lasciare le coppie come sono, una per barca. Come preferite?

Robin era ferma sul bordo dell’argine e fissava le barche con aria preoccupata. Poi si voltò e alzo le spalle. Ficcò le mani in tasca e guardò l’acqua aggrottando la fronte, come se qualcosa le desse fastidio.

— Non so — disse Chris. — Forse sarebbe preferibile… — Si accorse che Valiha lo teneva d’occhio, e che poi si affrettava a girarsi dall’altra parte. — Rimanere con Valiha, penso.

— Per me non ha importanza — disse Gaby — purché in ciascuna delle barche ci sia almeno una persona in grado di manovrare i remi. Tu sei capace di farlo?

— Un po’. Ma non sono un esperto.

— Non importa. Valiha può controllarti. Robin?

— Non ne so niente. Preferirei…

— Allora, va’ con Oboe. Possiamo cambiare le coppie in seguito, allo scopo di conoscerci meglio. Chris, dammi una mano per sistemare Rocky.

— Suggerirei una cosa — disse Robin. — Adesso è fuori combattimento. Perché non la lasciamo qui? Metà del suo bagaglio sono liquori, li ho visti io. È un’alcolizzata, e ci sarà solo…

Non fece in tempo a terminare, perché Gaby la inchiodò all’argine prima che Chris riuscisse a capire cosa stava succedendo. Gaby stringeva Robin per il collo, costringendola a spostare la testa all’indietro.

Lentamente, con un leggero tremito, Gaby allentò la pressione e si tirò indietro. Robin tossì una sola volta, e non si mosse.

— Non devi mai più parlare di lei in questo modo — bisbigliò Gaby. — Tu non sai quello che dici.

Nessuno si era mosso. Chris spostò un piede e sentì il cigolio delle assi.

Gaby si alzò in piedi. Quando si allontanò, abbassò le spalle e parve improvvisamente divenuta molto vecchia e stanca. Robin si alzò in piedi a sua volta, si spolverò il vestito con dignità glaciale, e si schiarì la gola. Posò una mano sul calcio della pistola.

— Ferma — disse. — Ferma dove sei. — Gaby si fermò. Si voltò su se stessa, come se la situazione non avesse molto interesse per lei.

— Non ti ucciderò — disse Robin, parlando lentamente. — Quello che hai fatto richiede una compensazione, ma tu sei penista, e probabilmente non lo sapevi. Ma ora ascolta, e ritieniti avvisata. L’ignoranza non ti salverà una seconda volta. Se alzerai di nuovo le mani su di me, una di noi morirà.

Gaby guardò la pistola che Robin teneva nella fondina, annuì aggrottando la fronte, e si allontanò.

Chris la aiutò a infilare Cirocco nella parte anteriore di una delle canoe. L’intera situazione lo aveva lasciato stupefatto, ma sapeva riconoscere i momenti in cui era meglio tenere la bocca chiusa. Vide che Gaby saliva sulla barca e che copriva con una coperta il corpo inerte della Maga. Posò la testa della Maga su un cuscino, in modo da dare l’impressione che dormisse pacificamente, finché Cirocco non si mosse, sbuffò, e si tolse di dosso la coperta, con un calcio. Gaby uscì dalla barca.

— È meglio che tu ti metta davanti — gli disse Valiha, quando Chris si avvicinò alla barca destinata a loro. Si sedette sul fondo, trovò una pagaia, e provò a infilarla nell’acqua. Gli pareva perfetta. Come tutti gli oggetti costruiti dai titanidi, era artisticamente lavorata, con immagini di animali selvatici scolpite nel legno. Sentì che la barca sobbalzava quando Valiha salì a bordo.

— Dove trovate il tempo di abbellire tutti gli oggetti? — le chiese Chris, indicandole la pagaia.

— Se non vale la pena di abbellirlo — disse Valiha — non vale la pena di farlo. Non fabbrichiamo tanti oggetti quanti ne fabbricano gli umani. E non facciamo le cose per poi buttarle via. Facciamo le cose una alla volta, e non ne cominciamo una seconda finché non abbiamo finito la prima. Tra i titanidi non troverai mai la catena di montaggio.

Chris si voltò verso di lei. — Davvero, non c’è altro? È solo dovuto a un modo diverso di vedere le cose?

Valiha sorrise. — Solo in parte. È anche dovuto al fatto che non dormiamo mai. Voi umani passate un terzo della vita in stato di incoscienza. Noi no.

— Deve essere molto strano. — Sapeva che i titanidi non dormivano, ma non aveva mai pensato veramente alle implicazioni del fenomeno.

— Non certo per noi. Ma ho l’impressione che abbiamo un senso diverso del passare del tempo. Il nostro tempo non si interrompe mai. Noi lo misuriamo, ovviamente, ma come un flusso continuo, invece che come una successione di giorni.

— Sì… ma cosa c’entra con l’artigianato?

— Abbiamo più tempo. Non dormiamo, ma passiamo circa un quarto della vita riposando. Stiamo seduti, cantiamo e facciamo piccoli lavoretti. A lungo andare, il lavoro che si riesce a compiere è molto.

Coloro che navigano sull’Ofione spesso notano che il fiume dà un senso di assenza di tempo. Ofione è l’inizio e la fine di tutte le cose su Gea, il cerchio di acqua che lega insieme tutte le cose. Come tale, dava il senso di essere un fiume molto antico, perché la stessa Gea cominciava a invecchiare.

Ofione era vecchio, ma questo è relativo. Pur essendo vecchio come Gea, era ancora un bambino, rispetto ai grandi fiumi della Terra. Inoltre, occorre ricordare che molti degli umani vedevano il fiume soltanto nel tratto che scorreva in Iperione, dove era largo e placido. In altre zone del suo corso di quattromila chilometri, Ofione era tumultuoso come il Colorado.

Chris aveva pensato che il viaggio fosse molto veloce. Del resto, era quello che si faceva quando si viaggiava in canoa: si sceglieva un fiume molto rapido, e ci si lasciava trasportare dall’acqua coperta di schiuma.

— Faresti bene a rilassarti — disse Valiha, dietro di lui. — Ti stancherai troppo presto, e poi avrai bisogno di dormire. Gli umani sono noiosissimi, quando dormono. Io conosco bene questa parte del fiume. Tra qui e Aglaia non c’è nessun pericolo. Qui, Ofione è misericordioso.

Chris posò la pagaia sul fondo della canoa e si voltò a guardarla. Valiha sedeva placidamente, dietro il cumulo delle provviste avvolte nella tela cerata. La pagaia della titanide era il doppio della sua. Valiha pareva tranquillissima, con tutt’e quattro le zampe ripiegate sotto il corpo, e la cosa parve alquanto strana a Chris, che non avrebbe mai creduto che una creatura tanto simile a un cavallo amasse stare seduta a quel modo.

— Voialtri non mancate mai di sorprendermi — le disse. — Pensavo di avere le allucinazioni, la prima volta che ho visto un titanide arrampicarsi sugli alberi. Adesso scopro che siete anche marinai.

— No, siete voi a stupirmi — ribatté Valiha. — Come facciate, per mantenere l’equilibrio, è un vero mistero. Quando vi mettete a correre, cominciate il movimento con una caduta in avanti, e poi le gambe si mettono alla pari del corpo. Vivete sempre sull’orlo del disastro.

Chris rise. — Hai ragione. Almeno, è quello che capita a me. — Osservò il suo ritmo di remata, e per qualche tempo si udì soltanto il leggero gorgoglio del remo.

— Dovrei darti una mano. Potremmo fare dei turni.

— Certo. Io remo per i primi tre quarti di riv, e tu per l’altro quarto.

— Non mi sembra giusto.

— So quello che dico. Non faccio nessuna fatica.

— Eppure, la barca va in fretta.

Valiha gli strizzò l’occhio, e cominciò a pagaiare con forza. La canoa parve volare sull’acqua, saltando sulle onde come una pietra piatta. La titanide remò in quel modo per una decina di colpi, poi riprese il ritmo di prima.

— Potrei mantenere quel ritmo per un’intera rivoluzione — disse. — Accetta il fatto che sono molto più robusta di te, anche se tu fossi in piena forma. E adesso non lo sei. Abituati gradualmente.

— Certo. Ma penso che dovrei fare qualcosa anch’io.

— Sono d’accordo. Riposati, e lascia a me i lavori servili.

Fece come lei gli diceva, ma le parole di Valiha non fecero che risvegliare una delle sue vecchie riserve mentali.

— Mi sento alquanto a disagio — disse. — E il motivo fondamentale è questo: che noi umani ci serviamo di voi titanidi come… ecco, come animali da soma.

— Noi possiamo portare un carico più grosso del vostro.

— Certo, lo so. Ma io non ho neppure uno zaino. E… ecco, mi sento sempre un po’ in colpa quando…

— Quando ti porto sulla schiena, vero? — Lei gli sorrise e roteò gli occhi verso l’alto. — Tra poco proporrai di fare la strada a piedi, per permettermi di riposare, vero?

— In un certo senso.

— Chris, non c’è niente di più noioso che camminare con un essere umano.

— Neppure guardarlo mentre dorme?

— Mi hai battuto. Sì, è più noioso ancora.

— A quanto sento, ci trovi noiosi.

— Niente affatto, siete sempre affascinanti. Uno non sa mai cosa farà un essere umano, e per quale motivo. Se avessimo delle università, il corso più frequentato sarebbe quello di Studi Umani. Ma io sono giovane e impaziente, come ha detto la Maga. Se vorrai, potrai camminare, e io cercherò di rallentare il passo. Ma non so se gli altri saranno d’accordo.

— Lascia perdere — disse Chris. — Semplicemente, non voglio essere di peso a nessuno, in nessun senso.

— Non lo sei affatto — lo rassicurò lei. — Quando ti porto in groppa, il mio cuore si solleva e i miei piedi volano come il vento. — Lo fissava negli occhi, e aveva una strana espressione sulla faccia. Lui non riuscì a interpretarla con esattezza, ma sentì il desiderio di cambiare argomento.

— Perché sei venuta, Valiha? Su questa barca, a fare questo viaggio?

— Io, personalmente, o parli anche degli altri titanidi? — Proseguì senza aspettare la risposta. — Salterio è con noi perché accompagna sempre Gaby. E lo stesso vale per Cornamusa. Quanto a Oboe, suppongo che sia venuta perché molte volte la Maga concede un figlio a coloro che fanno la circumnavigazione del grande fiume.

— Davvero? — rise lui. — Mi chiedo se farà avere un figlio anche a me, quando sarò di ritorno! — Si aspettava che lei ridesse, ma le rivide sulla faccia quella strana espressione. — Ma non mi hai detto perché sei venuta. Tu… be’, sei gravida, vero?

— Sì. Chris, mi dispiace veramente di essere corsa via, e di averti lasciato solo. Io avrei potuto…

— Oh, lascia perdere. Ti sei già scusata, e, poi, sono cose che mi rendono sempre nervoso. Non dovresti riposarti?

— C’è ancora molto tempo. E, poi, non è una condizione che dia gravi preoccupazioni. Sono qui perché viaggiare con la Maga è sempre un grande onore. E perché sei mio amico.

Di nuovo quello sguardo strano.

— Disturbo?

Chris sollevò lo sguardo, sorpreso. Non dormiva, ma non era neppure del tutto sveglio. Aveva le ginocchia rigide per avere mantenuto per molto tempo la stessa posizione.

— No, niente affatto. Sali sulla nostra barca. — La canoa di Gaby si era messa a fianco di quella di Chris e Valiha. Gaby passò dall’una all’altra e si mise a sedere davanti a Chris. Piegò di lato la testa e lo osservò con aria interrogativa.

— Stai bene? — gli chiese.

— Se intendi chiedermi se proprio in questo momento sono pazzo, devi deciderlo tu.

— Scusa, non volevo…

— No, parlavo sul serio. — E da offeso, si disse. Bisogna smetterla di sentirsi sempre in colpa, altrimenti perdiamo la stima di noi stessi. — Non me ne rendo mai conto, quando ho quello che i medici definiscono un "episodio". A me, in quei momenti, pare di comportarmi in modo del tutto ragionevole.

Lei gli sorrise. — Deve essere terribile — commentò. — Voglio dire… — Sollevò gli occhi al cielo ed emise un fischio. — Gaby, chiudi quella boccaccia — disse. Poi tornò a guardare Chris. — Non sono venuta per metterti a disagio, nonostante le apparenze. Possiamo ricominciare da zero?

— Salve! Lieto della visita.

— Dovremmo frequentarci di più — disse Gaby, sorridendo. — Devo dirti alcune cose, e poi devo andarmene di corsa. — Ma pareva ancora a disagio, perché, dopo avere detto queste parole, per alcuni minuti non disse altro. Si studiò le mani, i piedi, guardò l’interno della barca. Guardò ogni cosa, a eccezione di Chris.

— Volevo scusarmi di quello che è successo sulla riva — disse alla fine.

— Scusarti? Con me? Non mi pare di essere io la persona con cui ti devi scusare.

— Non sei la persona con cui mi devo scusare di più, ovviamente. Ma non posso parlare con lei finché non le sarà passata. Poi striscerò fino a lei, o farò quello che mi chiederà per dimenticare l’accaduto. Perché ha ragione lei, sai? Non ha fatto niente che meritasse una simile reazione da parte mia.

— Anch’io ho avuto questa impressione.

Gaby fece una smorfia, ma riuscì a guardarlo negli occhi.

— Certo, e in senso più vasto, nessuno di voi ha fatto niente per meritarsi una simile scenata. In questo viaggio siamo tutti uniti, e avete il diritto di aspettarvi da parte mia un comportamento migliore. Vi garantisco che in futuro sarà così.

— Certo. Chiuso l’incidente. — Le strinse la mano. Vedendo poi che Gaby non accennava a ritornare alla sua canoa, pensò che forse si poteva approfondire il problema. Ma non era facile arrivarci.

— Mi chiedevo… — cominciò, e Gaby alzò un sopracciglio, con aria più sollevata. — Be’, in poche parole, che aiuto possiamo aspettarci da Cirocco? Robin non è l’unica persona che sia rimasta impressionata dal suo comportamento.

Gaby annuì, e si passò entrambe le mani fra i capelli.

— In realtà, era di questo che volevo parlare. Devi capire che finora hai visto solo un lato di lei. Ne ha molti altri. Moltissimi, in realtà.

Chris non disse niente.

— Giusto. Che cosa puoi aspettarti? Francamente, non molto, per i prossimi giorni. Robin diceva il vero, quando ha affermato che il bagaglio di Rocky era costituito in prevalenza di alcool. L’ho gettato quasi tutto nel fiume pochi minuti fa. Ho sudato tre giorni a renderla presentabile per il Festival, e non appena le celebrazioni sono finite, lei è di nuovo schizzata fuori della ruota. Quando si sveglierà, cercherà qualcosa da bere, e io gliene darò un poco, perché è più facile toglierglielo gradualmente, che tutto in un colpo. Finito quello, ne terrò solo una piccola scorta di emergenza, nella sacca di Salterio.

Si sporse verso di lui e lo fissò negli occhi.

— So che è difficile crederlo, ma tra pòchi giorni, quando avrà superato l’astinenza e si sarà dimenticata del Festival, sarà completamente a posto. Voi l’avete vista in uno dei suoi momenti peggiori. Nei momenti migliori, ha più coraggio di noi tutti messi insieme. E più rispetto, più compassione, e… non devo dirlo io. Se non lo vedrete da voi, siete autorizzati a considerarla unicamente un’ubriacona.

— Adotterò un atteggiamento possibilista — disse Chris.

Gaby lo fissò in modo penetrante. Chris sentì che ogni grammo della grande energia di Gaby prendeva parte a quell’esame, come se tutto il suo essere cercasse di scoprire cosa c’era dentro di lui, e la cosa gli piaceva poco. Gli pareva che riuscisse a vedere cose che lui stesso ignorava.

— Meglio così — disse infine Gaby.

Cadde nuovamente il silenzio. Chris aveva l’impressione che Gaby avesse ancora qualcosa da dire, e tornò a darle l’imbeccata.

— Non capisco cosa c’entra il Festival — disse. — Hai detto che Cirocco deve dimenticarsi del Festival. Perché?

Gaby appoggiò i gomiti alle ginocchia e intrecciò le dita.

— Che cosa hai visto, al Festival? — Non attese la risposta. — Canti e danze e bevute, bei colori, fiori, grandi mangiate. Ai turisti, il Festival piacerebbe molto, ma i titanidi non glielo lasciano vedere. Il motivo è che si tratta di questioni molto importanti.

— Certo, so a cosa serve.

— Credi di saperlo. Conosci il suo scopo principale, certo. È un efficace metodo per limitare la popolazione, cosa che non piace mai a nessuno, umano o titanide, quando lo tocca di persona. La limitazione delle nascite va bene quando riguarda gli altri. — Gaby sollevò le sopracciglia, e Chris annuì.

— Cosa pensi della parte svolta al Festival dalla Maga? — gli domandò.

Chris rifletté per qualche istante. — Mi è parso che prendesse la cosa molto sul serio. Non so che criteri usasse, ma mi è parso che abbia studiato in modo approfondito tutte le proposte.

Gaby annuì. — Certo. Conosce la genetica dei titanidi meglio dei titanidi stessi. È più vecchia di loro. Ormai ha già visto settantacinque Festival.

"All’inizio, la cosa le piaceva. — Gaby alzò le spalle. — A chi non piacerebbe? Qui su Gea, lei è un personaggio importantissimo, anche se mi sembra che tu e Robin non ve ne siate ancora resi conto. All’epoca del Festival, lei si sente grande. Ciascuno di noi ha bisogno di sentirsi grande. Forse Cirocco è un po’ troppo ansiosa di farlo, ma non sta a me dare giudizi."

Distolse nuovamente lo sguardo, e Chris pensò, e giustamente, come poi risultò, che in realtà avesse vari giudizi da dare sull’argomento. Capì che Gaby era una di quelle persone che non riescono a guardare in faccia le persone quando dicono una menzogna, e la cosa gli fece piacere, perché anche lui era fatto così.

— Dopo un poco, però — riprese Gaby — cominciò a sentirne il peso. Al Festival c’è un mucchio di gente disperata. Non te ne accorgi, perché i titanidi piangono in privato. E non dico neppure che corrono ad ammazzarsi, se vengono scartati. Non ho mai saputo che un titanide si sia suicidato. Però, per colpa di Cirocco ci sono sempre molte persone tristi. Lei ha continuato per molto tempo, anche dopo che il Festival ha cessato di essere per lei un divertimento, capisci, per un suo senso del dovere. Ma circa vent’anni fa è giunta alla conclusione di avere fatto tutto quello che si poteva pretendere da una persona. Era giunto il momento di passare quel lavoro a qualcun altro. Perciò si recò da Gea e le chiese di essere esonerata da quel compito. E Gea si rifiutò di farlo.

Lo fissò con attenzione, aspettandosi che capisse. Ma Chris non aveva ancora capito con esattezza. Gaby si appoggiò con la schiena alla barca, si mise le mani dietro la nuca. Fissò le nuvole.

— Quando accettò il suo lavoro, Rocky lo accettò con qualche riserva — disse Gaby. — C’ero anch’io, e lo so. Lo ha accettato a occhi aperti, o così le pareva. Non si fidava completamente della parola di Gea, e aveva il sospetto che tirasse fuori dalla manica, una volta o l’altra, l’asso pigliatutto. La cosa curiosa, comunque, è che Gea ha rispettato la sua parte dell’accordo. Ci sono stati dei buoni anni. Qualche pericolo evitato per un soffio, qualche guaio davvero brutto, ma nel complesso sono stati i migliori anni della sua vita. E anche della mia. Non sentivi mai una lamentela da parte nostra, neppure quando le cose si facevano davvero pericolose, perché sapevamo che cosa dovevamo aspettarci, allorché avevamo deciso di non ritornare sulla Terra. Gea non ci ha mai promesso una vita comoda. Ci ha detto che potevamo arrivare a una vecchiaia davvero venerabile, purché fossimo state attente a dove mettevamo i piedi. E tutto si è svolto come promesso.

"Non abbiamo mai pensato alla vecchiaia, perché non invecchiavamo. — Rise, e nella risata c’era una punta di derisione. — Eravamo come gli eroi di una serie televisiva o di una storia a fumetti: "Tornate con noi la prossima settimana per una nuova entusiasmante avventura…" e noi eravamo di nuovo lì, sempre uguali, sempre di partenza. Io ho costruito una strada attorno a Gea. Cirocco è stata rapita da King Kong e siamo stati costretti ad andarla a prendere. Noi… oh, basta, ordinami di stare zitta, per piacere. Vai a trovare un vecchio, e quello non fa che annoiarti con le sue storie."

— No, no, continua — disse Chris, divertito. A dire il vero, il paragone con gli eroi dei fumetti era venuto in mente anche a lui. La vita di quelle due donne era sempre stata così lontana da quella delle persone ordinarie, da farle parere leggermente irreali. Eppure, Gaby era davanti a lui, cent’anni di età e vera come un calcio in uno stinco.

— E fu così che Rocky finalmente se lo trovò davanti. L’asso piglia-tutto, e fu davvero una bella fregatura per lei. Comunque, dovevamo aspettarcelo. Gea ha sempre detto di non dare niente per niente. Noi avevamo creduto di rispettare la nostra parte dell’accordo, ma Gea voleva di più. Ecco la truffa da lei preparata.

"Ricordi che Rocky si è messa in bocca l’uovo durante il Festival? — Chris annuì, e Gaby continuò. — L’uovo ha cambiato colore. È diventato trasparente come vetro. Fatto sta che nessun uovo di titanide può essere fecondato se prima non si produce quel cambiamento."

— Vuoi dire che qualcuno deve metterselo in bocca?

— Ci sei quasi arrivato. La bocca di un titanide non è sufficiente. Deve essere una bocca umana. Anzi, una bocca umana in particolare.

Chris fece per dire qualcosa, poi s’interruppe e tornò a sedere.

— Solo lei?

— La sola, l’unica meravigliosa Maga di Gea.

Chris non desiderava sapere altro. Ora capiva tutto, ma Gaby continuò, per essere certo che ne cogliesse tutte le implicazioni.

— Finché Gea non cambierà idea — proseguì Gaby, inesorabile — Rocky è l’unica responsabile della sopravvivenza della razza dei titanidi. Quando lo venne a sapere, saltò il Festival successivo. Disse che non riusciva a sopportare l’idea. Era una responsabilità troppo grande, per una sola persona. E se lei fosse morta? Gea non le diede la risposta. Gea è perfettamente capace di lasciare che la razza si estingua, se Rocky si allontana, o se smette di recarsi al Festival, o se muore.

"Per questo motivo riprese ad andare al Festival. Che altro poteva fare?"

Chris ripensò all’ambasciatore titanide da lui conosciuto a San Francisco: Dulcinea, si chiamava. Era rimasto turbato quando Dulcinea gli aveva spiegato la propria posizione. Adesso era ancora peggio.

— Non capisco come…

— Si è comportata con molta astuzia. Quando Rocky accettò l’incarico, aveva appena convinto Gea a interrompere la guerra tra i titanidi e gli angeli. L’ostilità tra le due razze era inserita nel loro cervello, nei loro geni, penso. Gea ha dovuto riprenderli a uno a uno per fare in loro dei cambiamenti. Allo stesso tempo, io e Rocky ci siamo fatti trasmettere dalla mente di Gea una notevole quantità di conoscenze. Alla fine di questo, entrambe potevamo parlare il linguaggio dei titanidi e di molti altri, e conoscevamo a menadito l’interno di Gea. E le ghiandole salivarie di Rocky erano state leggermente cambiate, in modo da produrre una sostanza chimica di cui, dopo i cambiamenti operati da Gea, i titanidi avevano bisogno nella riproduzione.

"Non cominciò subito a bere. Quando era più giovane, ogni tanto fiutava un po’ di cocaina, ma aveva smesso da anni. Ritornò alla cocaina. In seguito scoprì che l’alcool era più efficace, e finì dunque per darsi a esso. Quando si avvicina l’epoca del Festival, lei fa del suo meglio per dimenticarsene. Ma non riesce a farlo."

Gaby si alzò in piedi e rivolse un segnale a Salterio, che remava a una decina di metri di distanza da loro. Subito Salterio si accostò.

— Tutto questo, naturalmente, non ha importanza — disse, parlando in fretta. — L’aspetto più importante, in un alcolizzato in un viaggio come questo, non è il motivo che lo porta a bere, ma se potrà essere di aiuto a qualcuno, se stesso incluso, allorché sorgerà una difficoltà. Torno a dire che potrà esserlo, perché, se così non fosse, non ti avrei invitato a venire con noi.

— Sono lieto di saperlo — disse Chris. — E mi spiace. Lei gli rivolse un sorriso obliquo. — Non devi dispiacertene.

Tu hai i tuoi problemi, noi abbiamo i nostri. Abbiamo quello che abbiamo chiesto, io e Rocky. Colpa nostra se non sapevamo cosa stavamo chiedendo.

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