— Se temi una causa per riconoscimento della paternità — disse Cirocco — non devi preoccupartene. I titanidi non ragionano in questo modo.
— Non volevo dire… Forse mi sono spiegato male.
Chris era salito sulla canoa di Cirocco. Sedeva nel centro, mentre la Maga stava a prua, con la testa appoggiata a un cuscino. Aveva grosse borse sotto gli occhi, e aveva la faccia pallida e tirata. Comunque, era notevolmente migliorata, rispetto a poche ora prima. Chris aveva scelto di viaggiare con Cirocco perché aveva intenzione di chiederle informazioni sui rapporti sessuali tra umani e titanidi, ma poi aveva cambiato idea quando aveva visto che il discorso non le piaceva.
Chris non era stato l’unico che avesse cambiato barca. Gaby era salita su quella di Robin e Oboe, mentre Valiha e Salterio erano in testa alla squadra con le loro due canoe.
Erano passati sotto la Scala di Cirocco, esperienza di cui Chris avrebbe fatto volentieri a meno. Il grande cavo sospeso sopra la testa gli aveva richiamato alla mente il Golden Gate e quel giorno di vento in cui Dulcinea l’aveva incamminato lungo il sentiero che conduceva a Gea. La Scala di Cirocco assomigliava a un cavo del ponte. Ma al posto del pilone c’era solo la bocca spalancata, conica, del Raggio di Rea, che si perdeva all’infinito, portando con sé il cavo che lassù diventava invisibile.
Il cavo era una curva esponenziale, un’astrazione geometrica divenuta reale. Una decina di Golden Gate, messi l’uno in fila all’altro, non sarebbero riusciti a misurare la sua terrificante immensità.
Mancava poco alla confluenza tra Ofione e Melpomene. Già le acque si muovevano leggermente più in fretta, ansiose di cimentarsi con i Monti Asteria, visibili a est sotto forma di un profilo scuro.
Chris distolse gli occhi dal fiume e decise di riprovare.
— Tanto per dirne una, so che è già gravida. Non c’è quindi in ballo nessun figlio che debba nascere. Giusto?
— Hai ancora in mente il babbo e la mamma di tipo umano — disse Cirocco. — Qui la tua posizione è quella di potenziale antepadre, e Valiha è una potenziale antemadre. L’uovo potrebbe essere inserito in… ecco, per esempio in Cornamusa, e lui sarebbe così la retromadre; a questo punto, uno qualsiasi degli altri tre potrebbe fecondarlo, compresa Valiha.
— Prima, comunque — fece Cornamusa, dal fondo della barca — dovrei conoscerlo un po’ meglio…
— In questa cosa — disse Chris — io non ci trovo niente da ridere.
— Scusa. Comunque, di un figlio non si parla neppure. Per prima cosa, io non darei la mia approvazione. Per seconda cosa, due titanidi non proporrebbero mai un figlio, senza prima pensarci molto più a lungo. E, terzo, l’uovo è stato regalato a te.
— Allora, come devo interpretare la cosa? È un regalo che ha qualche significato? Che cosa voleva dirmi?
Dall’aria che aveva, pareva che Cirocco non avesse voglia di rispondere alle domande, ma tirò un lungo sospiro e si accinse a spiegare la situazione.
— Non deve necessariamente significare qualcosa. Oh, significa che le piaci, su questo non ci sono dubbi. Per prima cosa, non avrebbe fatto l’amore con te se non le piacessi, ma non ti avrebbe dato l’uovo se tu non le piacessi tuttora. I titanidi sono dei grandi sentimentali, capisci? Entra in qualsiasi casa titanide, e alla parete troverai una fila di uova, messa come soprammobile. Meno di uno su mille verrà mai usato, o viene prodotto con l’intenzione di usarlo. Sono comuni come… come i goldoni lungo il sentiero degli innamorati.
Cornamusa emise un forte brontolio.
— Un paragone alquanto prosaico, vero? — Cirocco rise.
— Che cos’è un goldone?
— Sei nato troppo tardi per saperlo, eh? Un anticoncezionale di gomma, da usare una volta sola. Comunque, il paragone mi sembra corretto. Ogni volta che una femmina ha un rapporto anteriore, salta fuori uno di questi, due ettoriv più tardi. Ossia duecento rivoluzioni, nel caso che nel luogo da cui provieni abbiano smesso di insegnare il sistema metrico decimale. Sai, c’è davvero da ridere, quando un titanide sa cos’è un goldone, pur non avendone mai visto uno, e un umano non lo sa. Che cosa vi insegnano a scuola? Che la storia comincia dal 2096?
— Be’, credo che ultimamente includano anche il 2095.
Cirocco si massaggiò la fronte e gli rivolse un debole sorriso.
— Scusa. Divagavo. La tua istruzione non è cosa che mi riguardi. Tornando ai titanidi… gran parte delle uova viene gettata via. O subito, o la prima volta che si fa pulizia. Alcune sono conservate per il loro valore sentimentale, per molto tempo dopo la scadenza. Tra l’altro, durano cinque anni.
"Devi tenere in mente la duplice natura del sesso per i titanidi. Il sesso posteriore ha due funzioni, di cui una è assai più frequente dell’altra. La prima è il puro divertimento: edonismo. E lo fanno in pubblico. La seconda funzione è la procreazione, quando ne hanno il permesso, cosa che capita con meno frequenza di quanto non vorrebbero. Il sesso frontale è diverso. Raramente viene fatto allo scopo di produrre un uovo. Quasi sempre è un’espressione di strettissima amicizia o di amore. Non precisamente l’amore che conosciamo noi, perché i titanidi non formano coppie fisse. Ma s’innamorano. È una delle cose che so con certezza, e l’elenco delle mie certezze è molto breve. Un titanide può avere rapporti sessuali posteriori con individui con cui non si sognerebbe mai di fare l’amore anteriore. L’amore anteriore è sacro.
"Comunque, questa situazione si alleggerisce leggermente quando ci sono di mezzo gli umani, che non possono praticare il sesso posteriore. Le frange più liberali del pensiero titanide ritengono che sia permesso avere rapporti frontali con gli umani per divertirsi. Resta una cosa da fare in privato, ma non è necessario amare l’essere umano o essere amici intimi. Cornamusa?"
— Giusto — disse il titanide.
— Perché non continui tu? — chiese Cirocco. — Io ho il mal di testa.
Quando Chris si voltò verso di lui, Cornamusa cessò di pagaiare per un momento e allargò le mani.
— Non c’è più molto da dire. Cirocco ha spiegato tutto.
— Allora, mi dici che l’uovo è solo una sorta di ricordo. E Valiha era agitata perché mi sono dimenticato di quello che è successo tra noi. Non è che mi ami.
— Oh, no, non dico niente del genere. Valiha è una ragazza all’antica che non ha mai fatto l’amore con un essere umano. È disperatamente innamorata di te.
Su Gea, il brutto tempo portava la notte a occupare molto più spazio di quanto ne occupasse normalmente. Quando oltrepassò la foce del Melpomene, il gruppo entrò in un’area che normalmente era considerata crepuscolo, ma che adesso era notte.
Ma la notte su Gea non era mai totale. Quando il cielo era sereno, lo stesso centro di Rea era chiaro come una notte di luna piena sulla Terra. Con le nubi, il buio diventava più fitto, ma non impenetrabile. Il territorio ai piedi dei Monti Asteria era rischiarato da un sottile chiarore che giungeva da sopra le nuvole. Vennero accese alcune lampade che furono collocate in appositi contenitori nella parte posteriore delle canoe. Il gruppo proseguì.
Sulle rive cominciarono a scorgersi alberi altissimi. Dapprima erano radi, ma in seguito diventarono una fitta foresta. Erano simili a pini, con il tronco dritto e le foglie a forma di ago. Il sottobosco era pressoché assente. Chris vide gruppi di creature a sei zampe che procedevano a balzi prodigiosi, come canguri. Cirocco spiegò che quell’area era un resto della protoforesta generata da Gea quando era un giovane titano, e che negli Altopiani c’erano piante e animali simili a quelli che ora si vedevano attorno.
Entrarono in uno stretto canyon, e Chris ebbe un’illusione ottica. Gli parve che le canoe salissero verso l’alto. In realtà, il terreno era in leggera discesa verso est; gli alberi non erano verticali, bensì inclinati di qualche grado, cosicché la loro cima era a dieci o venti metri più a est delle radici. Dopo averli osservati per qualche tempo, l’occhio si convinceva che tutto fosse verticale e che il fiume vincesse la forza di gravità. Era uno degli scherzi caratteristici di Gea.
Quando i titanidi tirarono in secco le barche, ai piedi di una ripida salita, cominciò a piovere. Dall’alto continuavano a giungere strani rumori, che fecero venire in mente a Chris una cascata, o le onde che battevano ritmicamente sulla spiaggia.
— Aglaia — spiegò Gaby, raggiungendo Chris e Valiha che tiravano in secco la loro canoa. — Probabilmente non riuscirai a vederla, se le nubi non si apriranno un poco.
— Che cos’è Aglaia?
Gaby gli descrisse il funzionamento delle tre pompe fluviali, e intanto i titanidi smontarono le canoe. Fecero molto in fretta. La pellicola argentea venne staccata dall’intelaiatura di legno, piegata e arrotolata, e infilata nelle sacche. Si chiese cosa intendessero fare delle chiglie, dei ripiani e delle centine, e vide che, a quanto pareva, intendevano lasciarli lì.
— Potremo fabbricarci delle altre canoe quando ne avremo bisogno — spiegò Valiha. — Ma prima dovremo attraversare il Mare di Mezzanotte e giungere a Crio.
— E per attraversare il mare? Dobbiamo dare la mano alla Maga per camminare sulle onde come fa lei?
Valiha non lo degnò di risposta.
Gli umani montarono in groppa ai titanidi, e il gruppo si avviò verso l’oscurità sempre più fonda.
— Ho costruito io questa strada, molto tempo fa — disse Gaby.
— Davvero? E a che scopo? E perché non c’è nessuno che la ripari?
Si trovavano sulla parte di strada Circum-Gea che era già stata percorsa da Gaby per raggiungere la Casa della Melodia. I titanidi facevano a turno per aprire una strada in mezzo alla vegetazione.
— Osserva Oboe con il suo machete, e ne capirai la ragione. La vegetazione cresce troppo in fretta, la strada richiederebbe troppa manutenzione, e nessuno ha voglia di farlo. Sono pochissimi coloro che hanno fatto l’intero tragitto. Era già in partenza un progetto assurdo. Nessuno voleva questa strada, tranne Gea, ma siccome i suoi desideri sono importanti, io gliel’ho costruita.
— In che modo?
— Facendomi aiutare dai titanidi, soprattutto. Quando dovevo costruire un ponte, me ne facevo portare qualche centinaio dagli aerostati. Invece, per livellare, sbancare e stendere l’asfalto, io…
— Asfalto? Vuoi scherzare.
— No. Quando ci sarà più luce, potrai verderne ancora le tracce. Gea ha chiesto una strada a una sola corsia, asfaltata, larga a sufficienza per assali di due metri, massima inclinazine dieci per cento. Abbiamo costruito cinquantasette ponti sospesi di corda e centoventidue su piloni. Molti di quei ponti sono ancora in piedi, ma ci penserei due volte, prima di salirci sopra. Dovremo accettarli così come sono.
Già in passato Gaby aveva accennato a quella strada. Secondo Chris, desiderava parlarne, ma per qualche motivo preferiva aspettare che fosse un altro a chiederglielo. E lui glielo chiese.
— Non mi dirai che hai portato l’asfalto con gli aerostati? Dicevi che hanno paura del fuoco, e inoltre mi sembra che ne sia occorso un mucchio.
— Certo. No, niente aerostati. Gea ci ha procurato qualcosa, anzi, diverse cose, che ci hanno facilitato il lavoro. Non dico però che sia stato un lavoro piacevole. C’era una creatura, grande come un tirannosauro, che mangiava gli alberi. Io ne avevo cinquanta. Si aprivano una strada in mezzo alla foresta, e lasciavano dietro di sé grandi mucchi di segatura di legno. Credo che riuscissero a digerire un millesimo di quello che mangiavano, e quindi ti garantisco che mangiavano un bel mucchio di alberi. Poi c’era un’altra bestia, e giuro che è la verità: un mostro grosso come un vagone ferroviario, che mangiava segatura e cacava asfalto. Non riusciresti mai a immaginare il puzzo. E, tieni presente, non era asfalto puro, pulito, che a dire il vero non ha un buon odore neanche lui. Questo… questo sterco, era pieno di esteri e chetoni, e non so neanch’io di cosa. Immagina una balena, morta da tre settimane. Può darti un’idea approssimativa.
"Fortunatamente, non c’era bisogno di stare vicino a quelle bestie. Le segherie… così chiamavamo i mangiatori di alberi… non erano molto svegli, ma erano docili, e si poteva insegnare loro a mangiare soltanto gli alberi che noi contrassegnavamo con certe sostanze chimiche di odore particolare. Noi passavamo per primi, segnando la strada da percorrere, e le segherie venivano dopo di noi. Poi tornavamo indietro e accumulavamo tutta quella segatura nel punto dove volevamo che passasse la strada. A questo punto prendevamo le distillerie… era il nome che davamo alle creature che producevano l’asfalto… le portavamo sulla striscia di segatura, e quelle si mettevano al lavoro. Noi stavamo a dieci chilometri di distanza, sopravento. Non c’era il rischio che scappassero, perché potevano mangiare soltanto la segatura di legno, e non segatura qualsiasi, ma soltanto quella che era stata pre-digerita da una segheria. Avevano un cervello di lumaca.
"Due o tre settimane più tardi, quando la puzza si era sufficientemente vaporizzata, mandavo laggiù una squadra di una cinquantina di titanidi con grandi rulli compressori: l’asfalto veniva spianato, ed ecco che avevi immediatamente la tua strada. Naturalmente, stupide come erano, a volte le distillerie prendevano lucciole per lanterne, per esempio quando avevamo lasciato in giro qualche traccia di segatura. Allora rimanevano bloccate, e cominciavano a piagnucolare come cagnolini da duecento tonnellate. Noi tiravamo a sorte, per decidere chi dovesse andare a mettere a posto il pasticcio. Successe varie volte, e c’era da rischiare la vita ad avvicinarsi alla zona incriminata, credimi. Ma alla fine ho trovato la soluzione."
— In che modo?
— Ho trovato una titanide che era stata ferita sulla faccia da un colpo di spada, durante le guerre con gli angeli — disse Gaby, sorridendo. — Il colpo le aveva tagliato il nervo, e lei non sentiva più gli odori. Lei raggiungeva la bestia e la riportava sulla giusta strada, legata a una cordicella. Quando il lavoro fu finito, chiesi a Rocky di darle una retromaternità al successivo Festival, tanto ero contenta.
"Naturalmente, non è asfaltata per l’intera lunghezza. Sarebbe una cosa troppo stupida, perfino per Gea. Non vale la pena di coprire d’asfalto le sabbie del deserto o i ghiacciai. Una terza parte di Gea è deserto o ghiaccio, e laggiù ci limitavamo ad aprire una strada dove potevamo, e a lasciare una serie di punti di rifornimento. Se dovessi mai trovarti nei guai e vedessi una capanna con la scritta ’Gruppo Edile Plauget’ sulla porta, adesso sai chi ce l’ha messa."
— Come fai, per far attraversare il ghiaccio ai carri? — domandò Chris.
— Cosa? Ah, usando il solito sistema che si usa sul ghiaccio. Ma non sono molti, coloro che hanno percorso la Circum-Gea con i carri. Si prende una slitta. Quando sei su Tea, passi sull’Ofione gelato; probabilmente, è l’unico modo possibile per attraversare le montagne. Oceano è un unico strato di ghiaccio, liscio e spesso, e quindi non ci sono problemi, nel senso che non ci sono problemi oltre a quelli soliti di Oceano. Nel deserto, invece, cerchi di uscirne fuori come meglio puoi. Abbiamo creato alcune oasi.
Chris vide una strana espressione sulla faccia di Gaby. Era un po’ meditabonda, ma pareva contenta. Sapeva che ripensava con affetto a quei vecchi giorni, e gli spiacque di doverle rivolgere la domanda successiva. Ma era probabilmente la ragione che l’aveva spinta a parlare: per sentirsela rivolgere.
— Perché l’hai costruita?
— Eh?
— A cosa serve? Hai detto tu stessa che non c’era necessità di una strada. Nessuno si cura della manutenzione e non c’è traffico. Perché l’hai costruita?
Gaby era seduta nella sua solita posizione, con la faccia rivolta in senso contrario a quello di marcia, e con la schiena appoggiata contro la schiena di Salterio. Gaby non riusciva a viaggiare come lei, perché gli piaceva vedere dove andava. Il problema, come Gaby aveva scoperto molto tempo prima, era che il torso dei titanidi era troppo alto e troppo largo per permettere una buona visuale. Ora si drizzò per osservare Chris.
— L’ho fatto perché Gea me lo ha ordinato. Anzi, perché mi ha assunto per farlo. Ti ho spiegato come sono i nostri rapporti.
— Certo. E hai anche detto che è stato un lavoro poco piacevole.
— Non sempre — disse lei. — I ponti costituivano sempre un problema, e mi piaceva risolverlo. Non ero una costruttrice di strade… non ero neppure un ingegnere, anche se ho fatto abbastanza in fretta a imparare i calcoli necessari… e all’inizio mi sono servita di un paio di persone dell’ambasciata. Per i primi venticinque chilometri mi sono fatta insegnare da loro. Poi ho trovato soluzioni mie. — Rimase in silenzio per qualche istante, poi lo fissò.
— Hai ragione. Non l’ho fatto perché mi piacesse farlo. Sono stata pagata, esattamente come sono pagata per tutti i lavori che faccio per Gea. Il lavoro della strada, in particolare, avrei preferito evitarlo, ma il pagamento era allettante.
— Di cosa si trattava?
— L’eterna giovinezza. — Sorrise. — O qualcosa di sufficientemente simile. Rocky l’ha gratis, per il fatto di essere la Maga. Dopo essere stata qui per non molto tempo, ho scoperto che l’offerta non era estesa anche a me. Per questo mi sono accordata con Gea. Ottengo l’immortalità a rate. Il guaio di essere un lavoratore indipendente è che non hai la stessa assistenza medica di un normale impiegato. Quando Gea non avrà più lavori da affidarmi, io sarò finita. Probabilmente finirò mummificata in un solo giorno.
— Non parlerai sul serio.
— No. Penso che comincerò a invecchiare. Può darsi che invecchi più rapidamente del normale. Ma ho questo… Ehi, dov’è Rocky?
Chris si guardò alle spalle, poi comprese che Cornamusa era passato davanti a tutti per tracciare il sentiero. Era scesa la nebbia, e la visibilità si era ridotta. Riusciva a distinguere con difficoltà Robin e Oboe, e Cornamusa era totalmente inghiottito dalla nebbia.
Salterio corse avanti, e Valiha affrettò il passo per raggiungere Oboe. Presto il quartetto raggiunse Gaby, che era impegnata in un’animata conversazione con Cornamusa.
— Ha detto che si recava a parlarti, e…
— Ne sei proprio sicuro, Cornamusa?
— Cosa vuoi dire…? Oh, a dire il vero, non saprei. Ha detto che per qualche tempo voleva cavalcare con te. Può darsi che sia ferita. Forse è caduta, e…
— Balle. — Gaby aggrottò la fronte e si passò la mano nei capelli. — Tu, rimani qui, torna indietro per un piccolo tratto, per vedere se la trovi. Gli altri vengano con me. Credo di sapere dove possiamo trovarla.
Machu Picchu era appollaiato assai più in alto dello strato di nuvole simili a bambagia. Dalla veranda della Casa della Melodia, illuminata dal suo incredibile faro celeste, era possibile calare lo sguardo sul vasto mare di nebbia che si stendeva dall’uno all’altro dei grandi bastioni di roccia degli Altopiani, da nord a sud. Quella nebbia giungeva dall’invisibile imboccatura del raggio di Gea, sopra Oceano, e si espandeva su Iperione. Qua e là, alcune correnti ascendenti si arrotolavano sotto forma di grandi riccioli cavi di nebbia, salendo verso le regioni superiori, e perciò più lente, dell’atmosfera. Quei riccioli erano perturbazioni cicloniche, attenuate fino a sembrare trombe d’aria orizzontali, e venivano chiamati cirri. Di tanto in tanto, da Oceano giungevano perturbazioni violente, che venivano chiamate cavalloni.
Mentre gli altri andavano alla ricerca di Cirocco, Chris rimase a osservare il gioco delle nuvole. Alla fine sentì rumore di vetri infranti e il tonfo di un oggetto che cadeva sul pavimento. Qualcuno urlò. Rumore di piedi umani che salivano di corsa una scala, seguiti dal curioso scalpitio fatto da un titanide che passava con gli zoccoli sopra uno spesso tappeto. Poco più tardi si sentì ancora sbattere una porta, e infine i rumori ebbero termine. Chris continuò a studiare le nuvole.
Poi arrivò Gaby, che si teneva sulla faccia un asciugamano bagnato.
— Be’, pare che ci dobbiamo fermare qui un altro giorno, per rimetterla in piedi. — Si fermò accanto a Chris, ansimando. — C’è qualcosa che non va?
— Va tutto bene — mentì Chris.
— È stata molto furba — disse Gaby. — Ha chiamato Titantown con un seme radiofonico che aveva nascosto da qualche parte. Nessuno sa che cosa abbia detto con esattezza, ma deve avere dato l’impressione di trovarsi nei guai, perché ha detto a un amico di prendere un aerostato per raggiungerla, e di aspettarla nei pressi della strada. La nebbia l’ha fatta venire lei. Ha detto a Gea che le occorreva qualcosa per nascondersi. Poi si è allontanata dal gruppo e ha raggiunto il titanide che la aspettava, il quale l’ha portata qui. È qui da tre rivoluzioni, tempo sufficiente per bere un mucchio di roba. Perciò dobbiamo… Ehi, sei sicuro di stare bene?
Chris non ebbe il tempo di risponderle. La nebbia si stava sollevando come un’onda mostruosa. C’erano delle bestie orrende che si nascondevano in cantina, e lui riusciva a sentire il loro rumore. Allungando la mano alla cieca, afferrò il braccio nero di un cadavere pallido, che spalancò la bocca: ne uscirono dei vermi che presero a strisciare verso di lui.
Chris cominciò a urlare.