26 Il cammino della gloria

La distesa di acque collocata per metà in Crio e per metà in Febe era di solito designata sulle cartine come Febe o Mare di Febe, ma nessuno la chiamava mai così. Su Febe si viaggiava, e si navigava sul Mare del Crepuscolo.

E il nome era giusto. La parte occidentale del mare era in Crio, e perciò si trovava alla luce del giorno, ma poi il mare proseguiva lungo tutta la zona del crepuscolo fino alla notte di Febe. Osservate da una distanza sufficiente perché la curvatura di Gea le facesse apparire verticali, le acque del Crepuscolo avevano all’inizio una tinta azzurra e verde, che poi passava all’arancione e al rame, e che terminava con il nero. Pressappoco nel centro c’era una grande isola chiamata Unome, immersa in un crepuscolo perpetuo, e su di essa c’erano due laghi chiamati Gandra e Concordia. Sull’isola, e solo su di essa, viveva una razza di creature simili agli insetti, che era nota agli umani e ai titanidi come i Fabbri Ferrai. Dal poco che le venne detto, Robin capì che era una razza del tutto sgradevole, a partire dall’odore e continuando con ogni altro aspetto dei loro usi e costumi. Si rallegrò del fatto che la Maga non avesse da trattare alcun affare con loro.

In realtà, avevano deciso di scegliere il percorso di massima sicurezza.

La costa settentrionale del Mare del Crepuscolo era quasi lineare, e seguendo una rotta parallela a essa, si aveva sempre a disposizione un porto: cosa utile, perché Crepuscolo era noto per le sue tempeste improvvise.

La navigazione del Mare del Crepuscolo si svolse senza incidenti, ma Robin passò l’intero periodo tenendosi in disparte. L’incidente con Chris l’aveva scossa. Non lo incolpava di niente, ma provava un certo timore quando si accorgeva che lui la guardava. Si riproponeva sempre di ricavare lezioni dalle disgrazie della vita, e i suoi esperimenti di amore eterosessuale le avevano insegnato che il suo peggior nemico, su Gea, era la sua ignoranza.

Non era una scoperta nuova. Per tutta la vita aveva cercato di escludere le cose che non riguardavano direttamente la sua sopravvivenza. Facendo questo, spesso aveva trascurato particolari che invece erano regolarmente notati da persone più pazienti, meno esclusiviste, che ascoltavano e osservavano ogni cosa, anche se poteva sembrare inutile.

E adesso era giunto il momento di rinunciare al preconcetto che la Maga fosse solo un’alcolizzata, rispettata soltanto per la fama delle sue passate imprese. Non era stata una grande cosa, ma Robin, quando aveva avuto il tempo di riflettere, ne era rimasta impressionata. Cirocco non poteva avere udito niente finché Chris non si era messo a miagolare, ossia non era già giunto sul ciglio del precipizio. Cirocco aveva pensato rapidamente, aveva messo insieme alcuni particolari come la perdita degli anticoncezionali e il difetto genetico di Robin, ne aveva dedotto che entrambi ignoravano la realtà e che Robin era probabilmente fertile, ed era passata immediatamente all’azione senza curarsi delle conseguenze. Ciò che aveva fatto era socialmente impensabile, ma Cirocco aveva ragione, sapeva di averla, e aveva agito.

Si chiese se il pugno di Chris aveva davvero colto Cirocco di sorpresa, o se era stata lei a lasciarsi colpire. Era ovvio che Chris si vergognava di essere il peggiore, nella lotta, in un gruppo composto di tre donne e un uomo. Riuscire a colpirla in un momento così brutto per lui gli aveva permesso di conservare un po’ di amor proprio.

Ma era impossibile saperlo. Sapeva però che in futuro non avrebbe mai più sottovalutato Cirocco.

Ofione uscì dal Mare del Crepuscolo come era uscito dal Nox: il mare si restrinse gradualmente, e a un certo punto divenne un fiume. Ma invece di una serie di pompe, il gruppo si trovò di fronte a cinque chilometri di rapide. Si fermarono nell’ultimo tratto tranquillo, e le quattro barche si accostarono per decidere come procedere. Solo Cirocco e Gaby conoscevano quella parte del fiume. I titanidi si limitarono ad ascoltare, pagaiando lentamente all’indietro per tenersi lontano dalla corrente.

Entrarono nella corrente uno alla volta: per primi Cirocco e Cornamusa, per ultimi Gaby e Salterio. Quando giunse il suo turno, Robin esultò per la velocità e per il rumore delle acque.

Si inginocchiò a prua e si mise a pagaiare vigorosamente, finché Oboe non le consigliò di risparmiare le forze e di lasciare che il fiume lavorasse per lei. Robin vide l’effetto dei pochi colpi di remo, forti e calcolati, della titanide, e fece del suo meglio per aiutare anziché ritardare. Occorreva trovare un ritmo, trovare il modo per entrare in sintonia con il fiume. Per due volte allontanò con il manico della pagaia massi sommersi, e una volta ricevette da Oboe un grido di incoraggiamento. Sorrideva ancora quando, girando dietro un’ansa, si trovarono in un tratto di acque caotiche, lungo cento metri, che parevano scendere a precipizio.

Non ci fu il tempo di riflettere. Robin recitò una preghiera, senza accorgersene, e si tenne forte.

La canoa tremò. Un’onda superò il bordo della canoa e bagnò la faccia a Robin, che poi dovette fare del suo meglio per mantenere la prua orientata in avanti. Le parve di udire un grido di Oboe, ma il rumore del fiume era troppo forte. Il legno si ruppe sotto di lei, e all’improvviso Robin si trovò nel fiume, appesa al bordo della canoa.

Quando riuscì a emergere con la testa dall’acqua e a riaprire gli occhi, vide che anche Oboe era finita in acqua, ma che teneva i piedi sul fondo ed era sommersa fino alla vita. Era riuscita a condurre la barca fino a una zona di relativa quiete accanto alla riva; ora salì su una piattaforma di roccia e sollevò la poppa della canoa.

— Tutto a posto? — chiese, e Robin annuì. Alzando gli occhi, scorse Gaby e Salterio.

Dopo avere esaminato la canoa, decisero che doveva giungere fino al termine delle rapide: le altre erano già sovraccariche. Robin doveva salire con Gaby, e Oboe doveva far compiere alla canoa il resto del tragitto. Robin non disse niente, ma salì sulla canoa di Gaby con un senso di fallimento.

— Non sono in grado di ripararla — disse Oboe, dopo avere esaminato le centine rotte della canoa. — Dobbiamo recuperare la tela e aspettare finché non incontreremo un altro gruppo di alberi-canoa.

— Robin può venire con me e Valiha — disse Chris.

Robin ebbe un attimo di esitazione, e poi annuì.

Erano sbarcati su una larga distesa di fango, alla confluenza dell’Ofione e del fiume Arges, nel centro di Febe. La zona era scura, e si scorgeva unicamente qualche albero rinsecchito che assumeva un colore argenteo e traslucido in quella penombra lunare. In realtà, Febe era leggermente più chiara di Rea. Questo grazie al Mare del Crepuscolo, che in parte era illuminato, e che rifletteva la luce assai meglio delle terre che salivano ai due lati del Nox. Ma quel leggero guadagno si perdeva a causa dello squallore del territorio. Rea, se non altro, era accidentata; la parte centrale di Febe era invece una palude.

Robin la trovò insopportabile. Era piantata nel fango fino alle caviglie e vedeva soltanto un territorio che doveva essere il paradiso delle anguille e delle rane, ma non di altri. Già si era scordata del piacere provato nel discendere le rapide. Era inzuppata fino all’osso e non c’erano prospettive di asciugarsi entro breve termine. E anche il pensiero che se non ci fosse stata lei nella parte anteriore della canoa, l’incidente non sarebbe successo, non le dava molta consolazione. Si chiese ancora una volta cosa facesse, laggiù.

E non era la sola, a non gradire quel posto. Nasu continuava ad agitarsi nella borsa. Il serpente aveva sofferto il viaggio. Robin sapeva che avrebbe dovuto lasciare il demone sulla Congrega: aveva pensato di farlo, ma all’ultimo momento non ne aveva avuto il coraggio. Allargò l’apertura, e il serpente tirò fuori la testa e assaggiò l’aria con la lingua. Vedendo però che era fredda e umida come l’interno della borsa, e non trovando posti asciutti dove mettersi a dormire, presto ritornò dentro

Oboe e Salterio smontavano la canoa danneggiata, e portavano nelle altre il suo contenuto. Robin vide che gli altri erano poco lontano, e che si erano portati in un punto che senza dubbio, per Febe, era terreno elevato, ossia avevano i piedi qualche centimetro al di sopra dell’acqua. Rocky sedeva su una roccia e fissava il cavo centrale di Febe, che giganteggiava su di loro, ma gli altri guardavano verso nord. A Robin non pareva di scorgere niente di rimarchevole, ma attraversò il fango per raggiungerli.

— Cosa c’è di interessante? — chiese.

— Non so ancora — disse Chris. — Aspetto che Cornamusa me lo spieghi.

Cornamusa muoveva i piedi sul terreno, irrequieto.

— Forse era meglio non dire niente — fece.

— Forse era davvero meglio — annuì Valiha, fissandolo con occhi di fiamma. Ma Cornamusa proseguì.

— Be’, voi siete qui per dimostrare a Gea il vostro eroismo. Io mi limitavo unicamente a segnalarvi le possibili occasioni. Prendere o lasciare.

— Io lascio, grazie — disse Robin. Guardò Chris. — Non dirai sul serio, spero.

— Non so — ammise Chris. — Io sono venuto perché Gaby diceva che se non mi mettevo in cerca, le occasioni non spuntavano da sole, e mi pareva che il discorso fosse giusto. Non ho mai veramente deciso se accettare le regole di Gea o se rifiutarle. Visto che sono qui, non devo averle rifiutate. Ma ammetto di non avere mai pensato seriamente ad andare in viaggio da solo.

— E non devi pensarlo — disse Valiha.

— Comunque, vorrei sapere cosa c’è laggiù.

Robin sbuffò, ma alla fine dovette ammettere che voleva saperlo anche lei.

— Quella montagna — disse Cornamusa. Robin vide una macchia nera, di forma conica. — È quasi ai bastioni settentrionali — proseguì. — A quanto si dice, è un brutto territorio, dove ci sono poche forme di vita. Io non ci sono mai stato. Ma so che ci abita Kong.

— Chi è Kong? — domandò Chris.

— Una scimmia gigantesca — disse Gaby, che si era unita a loro. — Che altro può essere? Andiamo, ragazzi. Le canoe sono pronte.

— Ancora un attimo — disse Chris. — Vorrei sentire la storia.

— Cosa c’è da sentire? Se ne sta lassù… — Lo guardò con sospetto. — Ehi, non penserai di… oh. Vieni con me, Chris, e ti parlerò di Kong. — Lo condusse qualche metro più in là, tenendo d’occhio Cirocco. Robin li seguì, ma i titanidi non si mossero. Quando riprese a parlare, Gaby parlò a voce bassa.

— Rocky non ama sentir parlare di Kong — disse, facendo una smorfia. — E io non le do torto. Kong è una creatura unica, cioè è l’unica della sua specie, e ha un centinaio di anni. Appartiene alla stessa categoria dei draghi di cui vi ha parlato Gea; uno diverso dall’altro, nessuna possibilità di riproduzione. Escono dalla terra dopo che Gea li ha creati, vivono per tutta la durata di vita per cui sono programmati, che di solito è abbastanza lunga, e poi muoiono.

"Kong è basato su un film visto da Gea, come il gigantesco verme delle sabbie di Mnemosine. Quaggiù ci sono molte creature dello stesso tipo. Naturalmente, i pellegrini vanno a cercarle nelle loro imprese, e io mi rifiuto di pensare a quante persone siano state uccise da Kong. A meno che non si abbia un cannone o un vagone di dinamite, è impossibile ucciderlo. Credetemi, ci hanno provato in tanti."’

— Eppure, deve essere possibile — disse Chris.

Gaby alzò le spalle. — Tutto si può fare, se si prova un numero sufficiente di volte. Io non credo che tu sia pronto ad affrontarlo, comunque. Io, personalmente, non ho nessuna voglia di farlo. Andiamo, Chris, ci sono dei modi più semplici per suicidarsi.

— Perché Cìrocco ha paura di lui? — chiese Robin. — O forse "paura" non è la parola esatta?

— No, no, "paura" è proprio la parola esatta — disse Gaby, quasi bisbigliando. — Kong divora tutto quello che si muove. L’unica eccezione è la Maga. Gea lo ha costruito con un tropismo. Fiuta l’odore di Cirocco a cento chilometri di distanza, e il suo odore è l’unica cosa che possa farlo uscire dalla montagna. Non credo che si possa parlare di amore, ma è una coazione molto forte. La segue fino al bordo della zona crepuscolare. Di Gea si può dire quello che si vuole, ma di solito lascia sempre una scappatoia, e perciò ha costruito Kong con un’avversione per la luce; lo stesso si può dire per il verme delle sabbie, che non sopporta il freddo che c’è ai margini di Mnemosine. Kong non la seguirebbe fino a Teti o Crio.

"Ma se il vento soffiasse dal sud, in questo momento non saremmo su Febe. Rocky, quando può, e ammesso che sia costretta a venire su Febe, passa per gli altipiani meridionali, perché se Kong sente il suo odore, viene di corsa a prenderla. E se riesce a prenderla, la porta sulla sua montagna. È riuscito a prenderla una volta, cinquant’anni fa, e sono passati sei mesi prima che riuscisse a liberarsi."

— E cosa le ha fatto, lo scìmmione? — chiese Robin.

— Cirocco non è disposta a parlarne. — Gaby sollevò le sopracciglia e li fissò a uno a uno, poi si allontanò.

Robin tornò a guardare la montagna, e vide che anche Chris la guardava.

— Non penserai…

— Che cosa vi ha detto?

Robin fece un sobbalzo nel vedere quanto fosse vicina la Maga, e si chiese come avesse fatto ad avvicinarsi così silenziosamente.

— Niente — disse Robin.

— Via, ho sentito qualcosa, prima che così opportunamente vi portasse via. Non crederete a tutto, spero.

Robin rifletté su quanto aveva udito, e comprese, con un certo dispetto, che aveva creduto a tutto.

— Be’, non erano tutte invenzioni — disse Cirocco. — Laggiù c’è Kong, ed è alto venti metri, e mi ha catturato e mi ha tenuta prigioniera, e io non ne parlo perché si è trattato di un’esperienza molto spiacevole. Sporca il suo nido. Ormai, la cacca compressa, nella sua caverna, sarà alta novanta metri. Gli piace tirare fuori i suoi prigionieri e dare loro un’occhiata di tanto in tanto, ma se pensate a qualcosa di torbido, toglietevelo pure dalla testa. Non è neppure attrezzato per farlo: è sessualmente neutro.

"Ha un fiuto eccezionale, certo, ma la storia che fiuti soltanto me è una balla. Lo attirano tutte le femmine umane. Quello che lo fa accorrere è l’odore del sangue mestruale."

Robin cominciò a preoccuparsi. Perché diavolo dovevano passare per Febe proprio in quel momento?

— Non preoccuparti — le disse Cirocco. — Ha il naso talmente fino, che non c’è mai un momento in cui si sia veramente sicure. Comunque, l’odore, in un certo senso, è quello che ti protegge. Quando cattura un uomo, lo divora. I titanidi lo rendono perplesso. Di solito non si basa molto sulla vista, ma quando cattura un titanide, in parte lo mangia, ma risparmia il torso perché gli sembra che abbia l’aspetto giusto. Poi ci gioca finché non cade a pezzi. — Al ricordo, aggrottò la fronte e guardò da un’altra parte.

Poi proseguì:

— Comunque, è possibile ucciderlo. Conosco un paio di modi per farlo. C’è stato un cacciatore, trent’anni fa, che è perfino riuscito a catturarlo. Credo che pensasse di portarlo via vivo, anche se non saprei dire come, perché Kong è riuscito a liberarsi e lo ha mangiato. Il fatto, comunque, è che lo aveva catturato e che avrebbe potuto ucciderlo.

"Ma nessuno va sulla montagna a ucciderlo, perché, se siete un pellegrino, ci sono altre imprese più facili che possono produrre gli stessi risultati. Per esempio, si può salvare una delle sue prigioniere. Se siete una donna, non correte neppure il rischio di essere uccisa, perché non uccide mai le donne. Non che io consigli di farsi catturare da lui; ci sono vari modi più interessanti di passare il tempo. Comunque, di solito ha qualche prigioniera. So che sei mesi fa ha rapito una donna, e forse ne ha altre."

Fece per allontanarsi, ma si girò ancora a parlare.

— Una cosa che Gaby non vi ha detto è come ho fatto a uscire. Se pensate che abbia messo a frutto la mia conoscenza di Gea o che sia riuscita a battere in astuzia lo scimmione, ebbene vi sbagliate. Se fossi stata costretta a fare da me, sarei ancora lassù. Il fatto è che Gaby mi ha portata via con grave rischio per la sua libertà, e io preferisco non parlarne perché francamente si accorda poco con la mia immagine. Kong è uno stupido mostro, ma non è niente da ridere, e Gaby impersona meglio di chiunque altro la parte del cavaliere dalla lucente armatura, ma io temo di essere stata una ben misera damigella in pericolo. Quando mi tirò fuori di là, mi era rimasto ben poco orgoglio. — Scosse lentamente la testa. — E io non ho potuto darle neppure il premio tradizionale. — Si allontanò.

Robin guardò ancora una volta la montagna, poi Chris; gli scorse negli occhi uno sguardo sospetto, e ricordò cosa stava per dirgli prima di essere interrotta da Cirocco.

— No — disse Robin con decisione, prendendolo per il braccio e spingendolo verso le canoe che li attendevano. — È quello che Gea ti vorrebbe far fare. Vuole che tu le prepari un bello spettacolo, e non le importa che tu muoia nel farlo.

Chris sospirò, ma si lasciò trascinare.

— Devi avere un’idea molto bassa della mia capacità di badare a me stesso.

Robin rimase stupita dall’osservazione, e lo fissò negli occhi. — È quello che credi? Ascolta, capisco anch’io il bisogno di dimostrare le proprie capacità. Probabilmente, lo sento più di te. Ma l’onore personale non può essere messo al servizio della cattiveria. Deve significare qualcosa.

— Significherebbe qualcosa per quella donna lassù. Scommetto che lei non lo vedrebbe come un gioco.

— Quella donna non è affar tuo. È una sconosciuta.

— Mi sorprende sentirti dire questo di una sorella.

Anche Robin rimase leggermente sorpresa, e cercò una motivazione. Quando la trovò, non rimase molto soddisfatta, ma dovette prenderla ugualmente in considerazione. In parte l’aveva detto perché le ripugnava l’idea che qualcuno facesse imprese eroiche per impressionare la dea del fango, Gea. In parte perché…

— Non voglio che ti faccia del male. Sei mio amico.

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