24 La grotta

Una volta, Chris riuscì a vederlo. Era una minuscola macchietta, molto a nord e molto in alto, ma doveva essere l’origine del ruggito continuo che aveva già udito un paio di volte in precedenza. Vide che svaniva dietro una montagna, ma riuscì a udirlo ancora per un minuto.

— Valiha — disse — vado a sinistra.

— Ti vengo dietro.

Chris si accostò a Gaby e Salterio. Afferrò il bordo dell’altra canoa, posò sul fondo la pagaia, poi saltò agilmente da una all’altra. Gaby aggrottò la fronte.

— Non credi che sia ora di dirci tutto? Avevi promesso di insegnarci le cose che dovevamo sapere.

— L’ho detto, vero? — Si rabbuiò ancora di più, poi si arrese. — Non volevo tenervi nascosto niente, a dire il vero. Solo, si tratta di cose di cui non amo parlare. Io… — Alzò lo sguardo, e vide che Robin si univa a loro.

— Va bene. Le chiamiamo bombe volanti. Sono creature nuove. Recentissime. Ho visto la prima non più di sei o sette anni fa. Gea deve avere lavorato a lungo su di esse, perché sono talmente improbabili che non dovrebbero neppure essere vive. Sono la cosa più orrenda che abbia mai visto.

"Sono degli aeroplani vivi, spinti da motori a reazione. Ne ho esaminato uno solo, ma era bruciato dopo essere esploso. Qualche anno dopo la loro comparsa, ho ordinato sulla Terra un vecchio missile terra-aria guidato dal calore, e ne ho abbattuto uno. Era lungo trenta metri, e chiaramente organico, anche se aveva nel corpo un mucchio di metallo. Non so come funzioni; la sua biochimica deve essere qualcosa di fantastico, specialmente durante la gestazione.

"Comunque, mi sono chiesta come volasse. Aveva delle ali fisse, e due gambe che, quando volava, restavano ripiegate. Non credo che possa fare molta strada su quelle gambe. E aveva due vesciche-serbatoio che contenevano un liquido che forse era gasolio, o etanolo, o una loro miscela.

"Poi mi sono chiesta cosa potesse mangiare, per produrre il suo carburante nelle quantità occorrenti per il volo. Intendo dire che deve essere estremamente goffo, quando è sulla terra. Inoltre, se vola con un motore a reazione, non può atterrare che in cima a uno strapiombo o sulla punta di un albero molto alto. Il compressore non entra in moto se l’animale è fermo. Perciò, per partire, gli occorre una catapulta di lancio o una lunga caduta, e poi accende il motore quando arriva a una velocità limite. Per trovare la risposta a queste domande, dovevo mettermi al lavoro.

"Per prima cosa, pensai che era molto difficile che quelle creature si fabbricassero il combustibile da sole. Il cibo che mangiavano serviva per il loro normale metabolismo animale, e dovevano procurarsi il carburante da una fonte esterna. O più di una. Probabilmente si tratta di un’altra nuova creatura, e probabilmente vive negli Altopiani. Non ho ancora scoperto dove si trova."

— E sono pericolose? — chiese Robin.

— Pericolosissime. L’unica nostra fortuna è che non ce ne sono molte. All’inizio pensavo che incontrassero difficoltà ad assalire le persone, ma poi ho scoperto che non era così. Volano a circa cinquecento chilometri l’ora. Nonostante il rumore del motore, ti arrivano addosso prima che tu te ne accorga. Ma possono anche spegnere il motore quando sono in piena velocità, volare a poca distanza dalla superficie del terreno, e poi riaccendere dopo avere colpito, prima di scendere al di sotto della velocità critica. Se ne vedete una, affrettatevi a gettarvi in un fosso. Non possono virare per fare un secondo passaggio, a meno che il terreno non sia piatto come una sogliola. Se siete dietro una roccia, siete al sicuro, e avete buone possibilità di salvezza anche rimanendo semplicemente stesi a terra. Hanno degli arpioni uncinati sulla parte anteriore, e cercano di infilzarvi e di portarvi via, per poi mangiarvi con comodo da qualche altra parte.

— Bel programmino.

— Vero.

— Che cosa mangiano? — domandò Chris.

— Tutto quello che riescono a sollevare.

— Sì, ma in particolare? Lo scontro con un corpo grosso come quello di un uomo potrebbe rallentarli al di sotto della velocità critica.

— Grazie, ma pare che riescano a trasportare bene gli umani. L’osservazione è giusta, comunque, e di solito preferiscono prede che vanno dai quaranta ai sessanta chilogrammi.

— Ehi — esclamò Robin. — Quella sono io.

— Anch’io, bambina. Ma pensa al respiro di sollievo che sta tirando il nostro amico. — Sorrise a Chris, che a dire il vero non tirava nessun respiro. — In realtà, se ne hanno l’occasione, attaccano anche un maschio umano adulto, e finora non hanno incontrato difficoltà a portarli via. Finora, sette umani sono stati uccisi da loro. Assalgono anche i titanidi, ma questo rientra già nella categoria del volere e non potere. So di una decina di casi in cui sono riusciti a sollevare i titanidi, ma almeno in altri due casi la bomba volante è precipitata ed è bruciata nel tentativo.

"Tutto sommato, non me ne preoccuperei eccessivamente. Io mi sento accapponare la pelle quando ne passa una, perché le odio in modo feroce. Le ho sempre odiate, ancor prima che una di esse uccidesse un mio amico. Quando troverò la loro stazione di rifornimento, farò un bel fuocherello, ve lo assicuro. Sono bestie oscene, spaventose. Non attaccano gli aerostati, ma pare che si divertano a volare loro attorno, finché le povere creature non impazziscono per la paura. E gli aerostati hanno ragione di spaventarsi, da quando uno di essi è scoppiato perché è stato colpito dai gas roventi dello scarico; gli altri ne stanno ancora fischiando tra loro.

"Ma statisticamente ci sono molte cose che sono assai più pericolose. Se ti prendono, sei finito; ma le probabilità che ti prendano sono scarse."

A Chris, Crio piacque molto. Forse questo era anche dovuto al fatto di essere usciti dalla notte di Rea, ma sotto alcuni aspetti gli pareva più bello di Iperione. A ovest c’erano i Monti Nemesi che chiudevano l’orizzonte, e non si scorgeva il proibitivo mare di ghiaccio di Oceano.

Dopo avere ripreso il suo corso verso est nella parte meridionale di Crio, Ofione s’immergeva nella più grande delle giungle. Gaby gli riferì che in realtà c’erano delle foreste, nella parte occidentale di Iperione, che erano ancora più impenetrabili, ma per Chris era sufficiente quella. Alberi simili a quelli della Terra spuntavano spalla a spalla di forme aliene: punte, piume, cristalli, file di perle, pellicole, sfere e trine. Nella loro competizione per la luce e per lo spazio, oltrepassavano il limite della riva e si sporgevano sull’acqua e, anche se il fiume era largo, in taluni punti finivano per costituire una galleria che copriva del tutto l’acqua.

Si accamparono una sola volta nella giungla, e tutti rimasero sul chi vive, perché tra quegli alberi c’erano creature che assalivano umani e titanidi. Robin si spaventò e sparò a una creatura grossa come un toro che era venuta a curiosare nei pressi della sua tenda, e poi venne a sapere che era innocua. Ne mangiarono alcune parti per colazione. Cinque minuti dopo avere gettato la carcassa nel fiume, l’acqua pullulava di anguille che si disputavano la sua carne. Spazzini, disse Cirocco, e aggiunse che laggiù le acque non erano pericolose. Chris, a ogni buon conto, saltò il bagno.

Era la prima volta che Robin usava la pistola. Cirocco le chiese di vederla, sorpresa del fatto che una donna così minuta riuscisse a maneggiare un’automatica calibro 45. Robin spiegò che usava proiettili a razzo, invece di cartucce normali. Gran parte della spinta si produceva all’esterno della canna. Era particolarmente utile con la bassa gravità di Gea, dove il rinculo di una calibro 45 poteva far cadere a terra anche una persona molto più pesante. Aveva due tipi di caricatori, del formato standard a sette colpi: proiettili di piombo e proiettili che esplodevano all’urto.

Dagli ultimi contrafforti dei Monti Nemesi alla fine della giungla c’era una distanza di 120 chilometri in linea d’aria. Il fiume scorreva troppo lentamente e non riusciva a trasportarli, ma remando con alacrità riuscirono a giungere alle pianure in un unico turno e si accamparono a pochi chilometri dai confini della foresta.

Mentre Chris dormiva, ricevettero la visita di una delegazione di titanidi di Crio, che accolsero con grande gioia la notizia che la Maga faceva parte del gruppo dei viaggiatori e che cominciarono a implorarla di organizzare un Festival. Chris venne poi a sapere che avevano i loro buoni motivi di chiederlo; mentre gli Accordi di Iperione, molto più grandi, avevano un Festival ogni miriariv, quelli delle altre regioni dovevano aspettare che la Maga, nei suoi imprevedibili viaggi, passasse da loro. Crio attendeva da molto tempo una sua visita.

Quando Chris si alzò, i titanidi di Crio prendevano parte alla colazione preparata da quelli di Iperione. Chris raggiunse il gruppo, e vide immediatamente la differenza tra le due razze. Mentre Valiha aveva la mole di un cavallo normanno, i titanidi di Crio avevano la taglia dei pony dello Shetland. Il più alto di loro gli arrivava alle spalle. Avevano però lo stesso guazzabuglio di colori dei cugini venuti da Iperione. I colori di uno di essi parevano quelli di un tartan scozzese.

Nessuno di loro parlava inglese, che era una lingua che su Crio si parlava poco, ma Valiha presentò Chris e tradusse alcune frasi di saluto. Chrìs prese immediatamente in simpatia una femmina dalla pelle bianca, e dai suoi timidi sorrisi capì che anche lei lo trovava simpatico. Si chiamava Siilihi (Duetto Locriipolidio) Inno. Se avesse avuto due gambe di meno, Chris se ne sarebbe innamorato.

Gaby si recò nella tenda di Cirocco per comunicarle la richiesta. Si udì un lungo gemito, e Siilihi fece finta di guardare da un’altra parte, imbarazzata. Gli altri titanidi di Crio erano irrequieti. Chris si sentì in collera verso la Maga. Che cosa avvilente, per una razza così bella, recarsi a mendicare un favore da quella miserabile ubriacona!

Rimpianse di non poter svolgere lui le funzioni di Mago. Se c’era qualcuna che meritava di avere un bel bambino, quella era Siilihi. Si chiese se, la prossima volta che avesse visto Gea, potesse candidarsi per la carica di Mago, in modo da poter aiutare quella gente. Era certo di poterne affrontare le responsabilità meglio di Cirocco.

Sembrava una così bella idea, anzi, che gli venne in mente di cominciare all’istante. Il primo passo era la fecondazione frontale, e perciò tese le braccia verso Siilihi, e vide che sgranava gli occhi.

Quando riprese conoscenza era disteso supino, sulla schiena di Valiha. Gli faceva male la mascella. Cercò di rizzarsi a sedere, ma non ne fu capace. Era legato al dorso di Valiha, e gli avevano legato anche i polsi.

— Sto meglio — annunciò al cielo. Valiha girò il torso e lo guardò dall’alto.

— Dice che sta meglio — annunciò agli altri. Chris sentì una variazione nel ritmo degli zoccoli. Presto Robin e Gaby si affiancarono per osservarlo.

— Mi piacerebbe trovare un modo non pericoloso per controllare se è vero — disse Gaby. — L’ultima volta che ti abbiamo lasciato libero, sei volato addosso a Robin. Sei stato una grande spina.

— Ricordo — disse Chris, senza nessun tono particolare.

— Perché non chiudi la bocca? — fece Robin, guardando Gaby con occhi di fiamma. Gaby la fissò, sorpresa, e poi annuì.

— Se ti senti in grado di occupartene, io mi ritiro.

— Allora, vattene. Me ne prendo io la responsabilità. — Gaby si allontanò, e Robin disse a Valiha di fermarsi per darle modo di liberare Chris. Lui si mise a sedere, strofinandosi i polsi e massaggiandosi la mascella. Si era trattato di un attacco breve, e di leggera intensità. Comunque, aveva avuto il tempo di insultare la delegazione di Crio, di cercare di dare un pugno a Cirocco sotto gli occhi dei titanidi, e di fare proposte amorose a Robin dopo avere convinto tutti che la crisi gli fosse passata. Queste sue attività gli avevano guadagnato un occhio nero da parte di Cirocco e un calcio nelle balle e un pugno sui denti da parte di Robin. A quanto pareva, la sua miracolosa fortuna non funzionava nei riguardi di Maghe e di streghe. Cercò una posizione più comoda sulla schiena di Valiha, e sentì nuovi dolori.

— Ascolta — disse a Robin. — Le uniche parole che mi vengono in mente sono che mi dispiace. E grazie per non avermi ucciso.

— Non c’è bisogno di scusarsi, e mi spiace di avere esagerato nel colpirti. Ma vedo che ti sei ripreso; del resto, mi eri saltato addosso. Comunque, adesso so come deve essere lo stupro.

Chris rabbrividì; e pensare che aveva creduto di poter andare d’accordo con quella ragazza… Si sentì di nuovo prendere dalla depressione.

— Ho detto qualche cosa che non andava? — domandò. Fissò Robin, chiedendosi se scherzasse, ma vide che era realmente preoccupata.

— Io… forse capisco — rispose lei. — Devi credermi, quando ti dico che non pensavo che un uomo potesse vergognarsi dell’accusa di stupro. Vedo che ti dispiace, ma non devi dispiacertene. Non ti ritengo responsabile. Intendo dire che adesso capisco perché tradizionalmente le mie sorelle ne hanno tanta paura. È stato spaventoso anche se non è successo niente. Anche se sapevo che non potevi farmi gravi danni. Se questi discorsi ti danno fastidio, dimmelo; io starò zitta.

— No, continua pure — disse lui. — La scorsa volta ti ho ingannato. Come puoi essere certa che non ti inganni anche questa volta?

— È Gaby, quella che hai ingannato — rispose Robin. — Io ti avrei lasciato legato. E non so come faccio a saperlo. Ma lo so.

— Come sapevi che non ti avrei fatto male… — trovò difficile dirlo, ma si costrinse a continuare — più del normale dolore dello stupro, intendo dire. Come sai che non ti avrei battuto, mutilato, o ucciso?

— Perché, avevo torto?

— No. No, io faccio cose terribili, ma non ho mai ucciso nessuno. Posso dare dei pugni, ma unicamente per togliere di mezzo qualcuno che mi dà fastidio. E dopo averlo colpito, me ne dimentico completamente. Ho molestato delle donne. Una volta, ne ho perfino violentata una. Ma si trattava soltanto… almeno, è così che mi hanno detto… di semplici impulsi sessuali non più sottoposti al controllo della coscienza sociale. Ma, anche nei momenti peggiori, non ho mai avuto rabbie omicide e non ho mai ricavato piacere facendo male alle persone. Con questo, però, sono capace di ferire le persone che mi vogliono fermare.

— Avevo anch’io l’impressione che si trattasse di qualcosa di simile.

Ma Chris doveva ancora dire una cosa, ed era la più difficile di tutte.

— Mi è venuto in mente — disse — che se entrambi fossimo colpiti nello stesso tempo… e nella circostanza, poco probabile, suppongo, che non ci fosse nessuno a proteggerti o a fermarmi… io potrei… senza volerlo, ma non sarei capace di frenarmi… — Non riuscì a terminare.

— Ci ho pensato anch’io — disse lei, con indifferenza. — Non appena ho saputo qual era il tuo problema, ho capito che c’era questa possibilità. Ho deciso di correre il rischio, altrimenti non sarei qui. Come dici tu, è un evento poco probabile. — Tese la mano e gli sfiorò il braccio. — Vorrei farti capire che non ti ritengo responsabile. Non tu. Riesco ancora a fare la distinzione.

Chris la guardò a lungo, e infine sentì che parte della sua oppressione svaniva. Azzardò un timido sorriso, e lei glielo restituì.

Ancora una volta, la loro destinazione era costituita dal cavo verticale centrale. Su Crio, si trovava a trentacinque chilometri a nord di Ofione.

Con notevole sorpresa di tutti, quando giunsero al cavo, Cirocco li invitò ad accompagnarla. Presto o tardi erano destinati a notare che la spedizione si fermava sempre nel centro di qualche regione, e non c’era bisogno di nascondere a nessuno la visita a Crio.

I titanidi preferirono non accompagnare Cirocco. La sola idea li innervosiva. Rimasero ai limiti dell’ombra del cavo, mentre Cirocco conduceva i tre umani nella foresta di colonne titaniche, nella zona dove i singoli fili, prima di avvolgersi tra loro, emergevano dal terreno. In quello che doveva essere il centro c’era un edificio che conteneva una scala in discesa. L’edificio era trasparente, e assomigliava a una cattedrale, ma era assai meno imponente dei monumenti che si trovavano nel mozzo.

La scala scendeva a elica, attorno a quello che doveva essere il filo centrale del cavo. Il corridoio era largo a sufficienza per ospitare venti persone poste l’una a fianco dell’altra, ed era alto cinquanta metri. Non ebbero bisogno di lanterne, perché erano appese al soffitto creature volanti che emettevano una luce rossastra.

Chris aveva pensato che Cirocco scherzasse, quando aveva detto che le scale scendevano per cinque chilometri, ma risultò che era la verità. Anche a una gravità pari a un quarto di quella terrestre, non si scendono tanti scalini senza fermarsi a riposare. Ma alla fine, anche quella scala ebbe fine, e Chris si accorse di essere in una forma migliore del previsto. A parte un indolenzimento ai polpacci, si sentiva perfettamente a posto.

Giunsero in una caverna assai meno imponente di quello che Chris aveva previsto. Quello era Crio, dopotutto, e anche se era solo un dio subordinato, Chris ricordava quanto fosse maestosa e bizzarra la residenza di Gea.

Crio era un dio sotterraneo, un troglodita che non aveva mai visto la luce del giorno. Il suo regno puzzava di acidi e dei rifiuti di un miliardo di creature, e pulsava del battito di cuori sotterranei. Era un dio lavoratore, un meccanico al servizio di Gea, un dio che lavorava in mezzo all’olio lubrificante e che teneva in funzione gli apparecchi.

Giunsero a una sala con un largo pavimento orizzontale, al cui centro era contenuta una struttura cristallina simile a una clessidra, che giungeva al soffitto. La caverna aveva un diametro di 200 metri, e c’erano due corridoi che portavano a est e a ovest.

Ma la misteriosa struttura contenuta nel centro era chiaramente la parte importante. A Chris fece venire in mente l’industria pesante, anche se non avrebbe saputo spiegare perché. In una forma come quella, poteva avvenire la fusione dei metalli, o la trasformazione dell’elettricità. Si chiese se Crio vivesse all’interno, e si domandò se il cervello potesse essere così piccolo. O forse era soltanto la parte più alta di una struttura assai più grande? Attorno a essa c’era un fossato circolare che era largo venti metri, e la cui profondità era indeterminata.

— Non fare il bagno là dentro — lo avvisò Gaby. — È acido cloridrico concentrato. Le creature di Gea sono programmate in modo da non venire qui: guarda cosa è successo ai titanidi. Ma il fossato è l’ultima trincea, per così dire.

— Allora, quello è proprio Crio?

— In persona. Non faremo le presentazioni. Tu e Robin state accanto alla parete, e non fate movimenti bruschi. Crio conosce la Maga, e con me parla perché ha bisogno di me. Sta’ tranquillo, ascolta e impara. — Indicò loro di sedere a terra, e poi raggiunse Cirocco ai margini del fossato.

— Parleremo inglese — disse Cirocco.

— Benissimo, Maga. Ti ho mandata a chiamare novemila trecento e quarantasei rivoluzioni fa. Queste inefficienze cominciano a danneggiare il buon funzionamento del sistema. Pensavo di lamentarmi con il dio degli dèi, ma per ora ho rimandato il momento.

Cirocco infilò la mano fra le pieghe della sua coperta e scagliò qualcosa contro la forma immersa nel lago di acido. Quando colpì Crio si vide un lampo, e sulla sua superficie presero a rincorrersi delle macchie rosse.

— Ritiro quanto detto — disse Crio.

— Hai ancora delle lamentele?

— No. Non ho nessuna lamentela.

— Cerca di non averne.

— Come tu dici.

Nonostante tutto, Chris era impressionato. Il battibecco era stato rapido, e privo di emozioni da parte di Crio. Cirocco non aveva alzato la voce. Eppure Chris aveva avuto l’impressione di vedere un genitore severo che sgridava un bambino.

— Hai parlato di un "dio degli dèi" — disse Cirocco. — Chi è?

— Ho parlato come umile servitore di Gea, l’unico dio. La frase era detta… in senso metaforico — terminò Crio, alquanto a mal partito, pensò Chris.

— Eppure hai usato la parola "dèi", al plurale. Questo mi sorprende, perché non pensavo che un simile concetto ti potesse entrare nella mente.

— Si ascoltano delle eresie.

— Ti riferisci a eresie d’importazione, oppure a quelle locali? Hai parlato con Oceano?

— Come sai, Oceano mi parla. Non è in mio potere cessare di ascoltare. Tuttavia, sono perfettamente riuscito a ignorarlo. Per quanto riguarda i concetti d’importazione, venuti dagli umani, conosco le loro grandi varietà di miti, e non me ne occupo.

Ancora una volta, Cirocco infilò la mano sotto la sua coperta. Questa volta, esitò a lungo e, mentre così faceva, sulla superficie di Crio comparvero altre macchie rosse, che danzavano ansiosamente. La Maga non se ne curò. Fissò il pavimento, pensosa, poi estrasse la mano, vuota.

La conversazione passò ad argomenti che non avevano molto significato per Chris, e che riguardavano le vicende quotidiane di Crio. Durante tutto il colloquio, Crio non rimase precisamente servile, ma diede l’impressione di sapere chi comandava. Aveva la voce bassa, un po’ ronzante, e non incuteva alcuna paura. Cirocco dava i suoi ordini con indifferenza, come se la sua posizione fosse quella di una regina che trattava con un plebeo che rispettava, ma che era pur sempre un plebeo. Ascoltava le sue parole, ma lo interrompeva a metà del discorso per comunicargli la sua decisione. Crio non tentò mai di discutere o di dare ulteriori spiegazioni.

Per più di un’ora discussero di questioni generali, poi il discorso passò a questioni più prosaiche, e Gaby venne invitata a partecipare. Anche ora, gran parte degli argomenti in discussione risultava incomprensibile per Chris, ma un certo punto accennarono a un guasto in un acceleratore di particelle che faceva parte di Crio, molto al di sotto della superficie. Cosa se ne facesse, Crio, di un acceleratore di particelle, era un mistero per Chris.

Venne abbozzato un contratto preliminare, e Gaby si impegnò a controllare entro un miriariv, purché Gea fosse disposta a corrispondere un pagamento adeguato. Si citò una razza, che abitava su Febe, che era abile nei lavori di scavo.

Chris vide che Robin era già stufa dopo i primi dieci minuti. Lui resistette un poco di più, ma presto incominciò a sua volta a sbadigliare. Non che quel viaggio gli paresse sprecato… era interessante vedere l’aspetto dei cervelli regionali, ed era istruttivo vedere che Cirocco faceva qualcosa d’altro, oltre che bere… ma la scalinata era molto lunga. Pensava tristemente che adesso avrebbe dovuto rifare il tragitto in senso inverso.

Il colloquio terminò senza cerimonie. Cirocco si limitò a voltarsi, a fare un cenno a Robin e Chris, e tutt’e quattro si avviarono verso le scale. Passarono cinque minuti prima che la leggera curva del corridoio li portasse definitivamente fuori vista della grande sala sotterranea.

Cirocco si guardò dietro, poi abbassò le spalle. Si mise a sedere e si prese la testa fra le mani; infine la raddrizzò con un profondo sospiro. Gaby si sedette dietro di lei e cominciò a massaggiarle le spalle.

— Sei andata magnificamente, Rocky — disse.

— Grazie. Gaby, ho bisogno di qualcosa da bere. — Lo disse senza toni particolari. Gaby esitò per un attimo, poi infilò la mano nella borsa e prese una bottiglietta. Versò una dose di liquore nel coperchio-misurino, e lo passò a Cirocco, che bevve in un istante e le restituì il coperchio senza chiedergliene ancora. Secondo Chris, Gaby sarebbe stata disposta a dargliene un altro.

Gaby rivolse a Chris e Robin un’occhiata indispettita.

— Potreste fare qualche commento — disse.

— Lo farei — disse Robin — se sapessi di cosa parlavate.

— Io sono rimasto impressionato — disse Chris. — Ma mi pareva un lavoro di routine.

Gaby sospirò.

— Scusate. Lo penso anch’io, adesso che lo dite. Ma non riesco mai ad abituarmi. Anche con uno abbastanza sano di mente come Crio, non si sa mai come si comporterà da una visita all’altra. Poteva schiacciarci come pulci, sapete? Non è affatto contento di dover prendere ordini da un alieno. L’unica cosa che lo tiene in riga è la sua paura di Gea. O il suo amore per lei. Francamente, in un rapporto di quel genere, non c’è molta differenza tra le due cose.

Chris aggrottò la fronte. — Vuoi dire che siamo in pericolo?

— Il pericolo — disse Gaby, guardandolo. Rise. — Dieci minuti prima che entrassimo, quella sala era piena di acido, e adesso probabilmente lo è di nuovo. Non sarebbe stato difficile far succedere un incidente. Potrebbe addirittura convincere Gea che si tratti davvero di un incidente.

— Non lo farebbe mai — disse Cirocco, decisa. — Io lo conosco.

— Può darsi. Ma Oceano ha davvero parlato con lui, e lo sai. Me la sono vista brutta per un momento, quando ha iniziato con le sue "lamentele". Venendo da Crio, era come sentire un miliardario citare Carlo Marx.

— L’ho messo a posto — disse Cirocco, allegramente. — Gratta un po’ più sotto, ecco, proprio lì.

Chris all’improvviso sentì voglia di sedersi. Si chiese cosa stesse facendo, laggiù. Era ovvio che non sapeva cos’era successo, e neppure che cosa dicevano Gaby e Cirocco. Quelle donne trattavano faccende che non gli sembravano del tutto reali, ma il cervello cristallino era concreto e reale come un paio di pinze. In qualche punto, nella distanza, esisteva un altro cervello come quello, ma infido, dedito alla guerra e alla morte. E al di sopra di tutti c’era una dea che collezionava cattedrali come le fiches di un gioco di poker per megalomani.

Era un’idea odiosa. E non poteva fare a meno di pensare che quando i mortali ficcano il naso negli affari degli dèi, i furbi scommettono sulla vittoria di questi ultimi.

Загрузка...