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Vedendo Teresa uscire correndo dalla stanza sul retro e sapendo che Oberg avrebbe potuto puntare la pistola su di lei, Keller raccolse le sue ultime forze e balzò di lato.

Udì il rumore dello sparo seguirlo. Ricadde contro il muro in posizione raccolta, illeso ma ancora una volta privo di difese. La pallottola successiva l’avrebbe centrato di sicuro. Alzò gli occhi verso Oberg, troppo esausto per provare paura.

Vide Teresa avvicinarsi all’uomo dell’Organizzazione.

Si muoveva in modo strano. Aveva gli occhi spalancati, e il suo viso era quasi trasformato. Sembrava una bambina, pensò Keller.

Aveva la pietra di Pau Seco nella mano sinistra. Con la destra toccò Oberg.

Gli cadde addosso.

Gli occhi dell’uomo erano fissi su Keller, e in quel momento lui vide l’orrore che li sconvolgeva. Un orrore profondo e lacerante…

— La pistola — disse Byron, alzandosi e incespicando nella sedia. — Per amor di Dio, Ray, prendi la pistola!


Oberg fu colto di sorpresa.

Stava puntando l’arma contro Keller, che in qualche modo doveva essere riuscito a liberarsi della presa neurale e ad arrivare fin lì, quando la donna era uscita dalla stanza sul retro correndo verso di lui.

Tese un braccio per scansarla. Di certo non sarebbe stato un problema. Ma la pietra…

Lei aveva la pietra in mano e lo toccò.

Oberg si sentì percorrere da una scarica elettrica.

Era come quell’altra volta, quando lo aveva toccato Tavitch. Anzi, peggio. Si sentì sprofondare tra i ricordi, i secondi divennero minuti, tutto rallentò tranne l’esplosione dirompente dei suoi rimorsi. Un villaggio in Brasile, cadaveri tutt’intorno a lui… Ma non erano morti: il loro dolore e la loro rabbia erano sopravvissuti, e adesso giungevano fino a lui attraverso la mano di quella donna.

Sbatté le palpebre e scorse Keller che si alzava. Keller, apparizione sanguinante di un uomo che avrebbe dovuto essere morto. E forse era morto davvero, aveva solo mandato il suo fantasma, un altro spettro ostinato, ad accusarlo.

Ancora sbalordito, Oberg si sentì assalire da un’ondata di odio feroce e antico.

La pistola gli scivolò dalle dita.

Il corpo di Teresa lo premette contro la parete della baracca. Il suo viso era trasfigurato da un’innocenza che lui non riusciva nemmeno a concepire. Non c’era niente di simile nel mondo in cui lui era vissuto. Rappresentava un altro rimprovero, luminoso e terribile. Si scostò da lei in un impeto di autodisgusto.

Senza preavviso, capì che tipo di uomo era.

Un mostro, aveva detto Ng.

La voce riecheggiò dalla collina della forca di Pau Seco. Un mostro. Ed era vero. Lo sentiva guardando Teresa. Lei era limpida, innocente, immune da menzogne. Oberg parve rimpicciolirsi sotto la luce ardente del suo odio.

La spinse via, urlando.

La pistola… ma Keller gliel’aveva tolta di mano prima che potesse accorgersene.

Oberg infilò correndo la porta.


Keller alzò la pistola, ma non ci fu nemmeno il tempo di sparare.

Al buio, sopraffatto dal panico, Oberg raggiunse con due falcate la rete metallica, la scavalcò e si gettò nel vuoto.

Dietro di lui, Keller strizzò gli occhi nell’oscurità. I cani abbaiavano e nelle balsas vicine si era accesa qualche luce.

Si sporse oltre la rete, per guardare giù verso il canale. Non era ancora l’alba, ma la luce era già sufficiente a fargli vedere il corpo di Oberg, steso a braccia aperte, alla base di un’alzata di cemento. Le acque scure del canale si sollevarono per reclamarlo, e la macchia di sangue scomparve a poco a poco, lavata dalle onde tranquille, nella notte fredda.

Il vento spirò dall’oceano sopra la diga. Ray si girò a guardare Teresa e all’improvviso se la trovò tra le braccia, sentì il calore del suo corpo contro di sé e si accorse che piangeva.

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