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Sin dall’inizio, la trasmissione non prese la strada che Ed Wonder e Buzz De Kemp avevano previsto. Anzi, assunse una piega che non si avvicinava nemmeno lontanamente alle loro previsioni.

Fino all’istante in cui Jerry, il tecnico nella cabina di regia, diede il segnale che erano in onda, ogni cosa si era svolta regolarmente. Ed Wonder aveva fatto preparare lo Studio Tre per cinque persone, quattro ospiti oltre a se stesso. Ciascuno di loro aveva un microfono a disposizione. Accanto a ogni microfono c’era un taccuino per appunti e una matita, in modo che ciascuno potesse prendere annotazioni o fare scarabocchi. Tubber e sua figlia Nefertiti erano arrivati un’ora buona prima della trasmissione. Helen e Buzz De Kemp arrivarono insieme, mezz’ora dopo. Buzz era passato a prendere Helen a casa, temendo che la ragazza cambiasse idea all’ultimo momento e non si facesse viva.

Dieci minuti prima di andare in onda, Jerry aveva controllato il livello delle voci. Poi, tutti avevano aspettato l’ora. Quando si era accesa la luce rossa a indicare che lo studio era collegato con la rete, Ed era partito con l’attacco iniziale che, essendo un programma in diretta e non registrato, variava da trasmissione a trasmissione. A volte il suo ospite e le persone intervenute a far domande riuscivano a consumare l’intera ora a disposizione e il programma filava liscio, senza sforzo. Altre volte, invece, Ed si trovava sulle spalle un impiastro incapace di rendere minimamente interessante la trasmissione: allora era costretto a mettere subito fine all’intervista e a, intrattenere lui, da solo, gli spettatori con quattro chiacchiere e un po’ di musica registrata, fino alla fine del tempo a sua disposizione.

Quella sera, aveva la soddisfatta certezza che non ci sarebbe stato bisogno di ricorrere alla musica.

Dopo gli annunci d’obbligo iniziali, la sigla della stazione radio e la denominazione del programma, Ed Wonder disse: «Amici ascoltatori, stasera abbiamo per voi qualche cosa di veramente speciale. Naturalmente, ogni venerdì sera cerchiamo di portare nelle vostre case argomenti e persone diverse. Abbiamo spaziato dall’uomo che parlava ai cavalli alla donna che volava. Detta così, è comprensibile, a molti di voi queste cose potrebbero sembrare ben oltre i limiti della realtà. Ma in questa trasmissione ogni cosa è speciale, diversa: infatti, non solo quel nostro ospite parlava ai cavalli come qualsiasi fantino o cow-boy sarebbe stato capace di fare, ma otteneva risposte poiché parlava il linguaggio dei cavalli. E la donna che volava non aveva bisogno di mettersi un aeroplano intorno ai fianchi. Volava da sola. Levitazione, diceva lei.»

Con la coda dell’occhio, Ed Wonder poté notare che l’ospite della serata, Ezechiele Giosuè Tubber, non apprezzava troppo le sue parole. E sua figlia, che sedeva accanto a lui, mostrava i sintomi di un’incontenibile apprensione.

Ed tagliò subito corto. «Ma stasera, amici, abbiamo qui per voi una persona che vi farà restare senza fiato. Un profeta, facciamoci il segno della croce e alziamo le braccia al cielo, che può scagliare maledizioni all’ingrosso. E, quello che più importa, siamo in grado di darvene la prova. Perché, amici, abbiamo qui nel nostro studio il responsabile della Moda Domestica, quella cosiddetta moda che ha sconvolto tutto il mondo negli ultimi due giorni. Non è una moda, amici ascoltatori, non è affatto una delle tante mode: si tratta di una vera e propria maledizione, un incantesimo che il nostro ospite della serata, Ezechiele Giosuè Tubber, ha scagliato sull’intera umanità femminile. Con noi, stasera, ci sono anche Nefertiti Tubber, figlia dell’ospite d’onore, Helen Fontaine, nota esponente dell’alta società di Kingsburg, e Buzz De Kemp, la cui firma nelle pagine del “Times Tribune” è ormai nota a tutti. Il signor De Kemp, che non crede agli incantesimi, porrà alcune domande al predicatore Ezechiele Giosuè Tubber.

«E ora, per entrare nel vivo, la prima domanda al signor Tubber. Immagino che, dato il suo nome, prosegua la lunga tradizione di un’antica famiglia cristiana, vero?»


A mano a mano che Ed procedeva, la faccia serena del profeta si era indurita. Tubber disse a denti stretti: «La sua deduzione è sbagliata, Edward. Nei miei raduni non cerco di immettere nuova linfa nella religione cristiana. Io insegno che il Cristianesimo, come le religioni ebraica e maomettana, e in verità come tutte le altre religioni organizzate dei nostri giorni, è una fede morta e senza significato. Non ho alcuna intenzione di far rivivere un cadavere.»

«Ah!» esclamò Ed allibito. «Evidentemente mi sono fatto un’impressione sbagliata, amici. E allora, qual era l’oggetto delle sue prediche nella tenda di Houston Street, signor Tubber?»

«Una religione nuova, Edward. Una religione adatta ai nostri tempi.» La sua voce, ora, aveva un tono ispirato.

Buzz De Kemp intervenne in tono asciutto. «L’umanità ha bisogno di un’altra religione come ha bisogno di un terzo occhio nella testa. Ci sono tante religioni, al giorno d’oggi, che non si è più in grado di distinguerle l’una dall’altra.»

Tubber si voltò verso di lui di scatto. «Al contrario. Basta avere un’elementare conoscenza del problema, per rendersi conto che nessuna grande religione è apparsa sulla scena del mondo da quasi millecinquecento anni. E che religione era? Il Maomettanesimo, una fede, come il Giudaismo e il Cristianesimo, nata nel deserto per esprimere i bisogni religiosi di una popolazione nomade e semi-barbarica. Le grandi religioni orientali, come l’Induismo e il Buddismo, sono ancora più antiche. Io vi dico, cari fratelli, che forse, originariamente, queste credenze dei nostri antenati avevano un significato positivo. Ma il mondo è mutato. L’uomo è mutato. Oggi è necessaria una nuova religione che sia adatta ai tempi nuovi. Che indichi il cammino verso una vita più piena, e che non si limiti a ripetere come un disco le parole di uomini dei secoli passati che non conoscevano i problemi che la nostra generazione deve affrontare. La prova che queste decrepite religioni del passato non sono più valide è visibile nel comportamento religioso del nostro popolo. Nelle nostre chiese, sinagoghe e moschee preghiamo solo con le labbra, dal momento che poi la vita che conduciamo è priva di morale.»

Buzz De Kemp ribatté scettico: «E lei pensa di poter iniziare questa nuova religione?»

«Un solo individuo, caro fratello, non dà origine a una religione. Una religione sorge dai cuori della gente, in risposta a una necessità. Se Cristo fosse nato duemila anni prima, nessuno avrebbe ascoltato le sue parole, perché il suo tempo non era ancora venuto. Se fosse ora in vita il profeta Maometto, troverebbe orecchie sorde, invece dell’aperta accoglienza che gli fu accordata nel Sesto secolo. Semplicemente, io sono stato fra i primi a sentire questa necessità di una nuova fede. L’ho sentita e su di me grava il dovere di diffondere la parola.»

Ed Wonder non era per niente soddisfatto di come si mettevano le cose. Mulligan gli aveva ripetuto fino alla noia di tenersi lontano dalla politica e da chiunque attaccasse le religioni accettate. Mulligan non voleva né sovversivi né atei, a radio Wan.

Ed cercò di puntellare la situazione: «Bene, amici, tutto questo è molto interessante» disse in fretta. «Il nostro ospite d’onore sembra pensare che il mondo aspiri a una nuova religione. Mi ricorda quel personaggio che abbiamo avuto in trasmissione alcuni mesi fa, il quale ci disse di essere stato su Giove, dove gli fu consegnata una Nuova Bibbia che avrebbe pubblicato sulla terra.»

La faccia di Tubber si stava rabbuiando e Nefertiti fece inutilmente dei segni a Ed Wonder nel tentativo di distoglierlo da quella chiacchierata.

«Ma torniamo a questa faccenda della maledizione, signore. Ora…»

Buzz De Kemp lo interruppe. «Aspetta un momento, Piccolo Ed.» Poi si rivolse a Tubber. «Da quello che ha detto e dai sermoni ai quali ho assistito, mi sono fatto l’idea che entrino nel nuovo credo alcuni elementi economico-sociali. Può ora esporci brevemente i pilastri fondamentali della sua nuova religione?»

«Sì, certamente.» Ora sembrava che Tubber si fosse un poco placato. «Noi cerchiamo la via che conduce a una vita migliore, cioè a Elisio, dove una nuova società si sostituirà a quella attuale.»

«Un attimo» intervenne Buzz. «Vuol dire che questa sua religione tende a rovesciare l’attuale ordine sociale?»

«Esattamente» gli rispose Tubber.

«A rovesciare anche il governo?»

«Naturalmente» rispose Tubber, come se niente fosse più ovvio.

«Ha intenzione di stabilire una specie di comunismo?»

«No di certo. I comunisti non sono abbastanza estremisti per noi, caro fratello.»

Ed Wonder chiuse gli occhi. Si sentiva venir meno. Si immaginava Fontaine, Mulligan e l’intera Associazione Stephen Decatur, tutti intenti ad ascoltare la radio.

Cercò di fare qualcosa, disperatamente. «Occupiamoci ora di questa maledizione.»

«Ma di quale maledizione parla?» chiese Tubber. Era evidente che la trasmissione non andava come lui si era aspettato. «Continua a parlare di maledizioni e sortilegi. Ma questo è un programma serio, o no?»

Nefertiti gli pose una mano sul braccio e sussurrò: «Padre mio…»

Tubber allontanò la mano della figlia e fulminò Ed con lo sguardo.

Buzz De Kemp stava sghignazzando silenziosamente. Ed guardò il futuro capo religioso con aria idiota. «Ma sì, la maledizione. Quella maledizione che lei ha scagliato sulla signorina Fontaine e su mezza umanità.»

«Ora fu Tubber a non capire.» È impazzito? «chiese.»

Ed Wonder si passò la mano sugli occhi e appoggiò per un istante la testa sul tavolo.

A questo punto intervenne Helen per la prima volta. Si sporse in avanti verso di lui e disse in fretta: «Il Piccolo Ed mi ha chiesto di chiederle scusa pubblicamente e di pregarla di ritirare la maledizione.»

Ezechiele Giosuè Tubber stava cominciando a gonfiarsi, la barba ritta come il pelo di un gatto.

«Che maledizione?» tuonò.

«Sabato scorso» spiegò Helen intimorita «stava parlando dello spreco di risorse nazionali e disse che le donne, adattandosi a tutti i cambiamenti di moda, contribuivano notevolmente a depredare la ricchezza del nostro Paese, o qualcosa del genere. Io mi sono alzata per discutere con lei.»

Nefertiti cercò di placare le acque. «Mio padre dimentica quello che dice, quando parla nell’ira.»

La voce di Ezechiele Giosuè Tubber tuonò minacciosa: «Comincio a sospettare che tu mi abbia trascinato qui per coprire di ridicolo la via che conduce a Elisio.»

Ed Wonder poteva vedere il suo superspettacolo andare in fumo a mano a mano che il tempo passava. «Senta un momento, signor Tubber…»

«Le ho già detto che proibisco a chiunque di rivolgersi a me chiamandomi signore…» Il predicatore aveva incominciato a respirare profondamente, e per la seconda volta Ed Wonder e Helen Fontaine furono testimoni del suo apparente ingigantimento fisico.


«Va bene, va bene» disse Ed, facendosi più piccolo possibile. «Tutto quello che posso dire è che non mi sembra per niente grato della possibilità che le ho offerto di raggiungere tanta brava gente che ascolta la radio per divertirsi un po’.»

«Per divertirsi!» esplose Tubber. «Sì, per divertirsi! Lei mi hai condotto di fronte alle ampie moltitudini per presentarmi come un buffone, come un fanatico. Non conoscevo la vera natura della sua trasmissione, Edward Wonder.» Si alzò.

«Oh no!» mormorò Nefertiti come in un lamento.

Buzz De Kemp si tolse il sigaro dalla tasca della giacca e lo portò alla bocca. Ghignava beato. «Deve accettare la realtà, Zechi vecchio mio. L’unica possibilità che ha di diffondere il suo vangelo è attraverso la radio e la televisione. Alla gente non piace l’idea di appollaiarsi su sedie di legno sotto una tenda. Vogliono vedere spettacoli divertenti e serviti a domicilio. E, mi creda, se vuole piazzare la sua storia, dovrà renderla più appetibile. Dovrà inserire qualche jolly nel mazzo» finì con una risata.

Ed Wonder vide con orrore, al di là della parete di vetro spesso dello studio, Jensen Fontaine e Matthew Mulligan avvicinarsi come due furie. Puntavano dritti verso la cabina di regia.

Ed chiuse gli occhi.

Quando li riaprì vide di fronte a sé Ezechiele Giosuè Tubber torreggiare da un’altezza apparente di almeno due metri, agitando sopra il capo la mano destra chiusa a pugno. «Radio!» proruppe con voce che sembrava la tromba del giudizio universale. «In verità io ora maledico la radio, questo frutto del male che ha derubato il nostro popolo di ogni individualità, che ha fatto di ogni uomo un oggetto senz’anima perpetuamente in attesa di futili divertimenti!»

«Fantastico!» mormorò Buzz, beato.

«…il potere…» sussurrò Nefertiti disperata.

Ezechiele Giosuè Tubber girò su se stesso e infilò come un turbine la porta dello studio, con Nefertiti che gli correva dietro.

Ed si lasciò sprofondare nella sedia con un gemito. Nella cabina di regia si agitavano Mulligan e Fontaine. Ed vedeva i loro movimenti, ma l’isolamento acustico gli impediva di sentire le parole, ovviamente ordini urlati al tecnico dal milionario paonazzo d’ira. Jerry non sembrava molto scosso. Aveva la testa china sul quadro di controllo e muoveva le mani fra interruttori e manometri.

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