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Quella sera i bar erano sovraffollati e il tempo concesso al singolo cliente era stato ulteriormente diminuito. Ed Wonder aveva rinunciato alla speranza di riuscire a stare seduto in pace abbastanza a lungo per annegare i pensieri nell’alcool e per scacciare dalla bocca il sapore delle parole di Jim. Non era un sapore gradevole.

Non solo i bar erano sovraffollati, ma anche le strade. Ed non ricordava di aver visto in vita sua tanta gente in giro. Ciò che più colpiva, era che nessuno pareva avere una meta precisa. Camminavano su e giù, senza sapere dove stavano andando. Le code agli ingressi dei cinema erano così lunghe da diventare assurde. Quelli che si trovavano in fondo alla fila non sarebbero riusciti a entrare nel locale fino al giorno successivo.

Ed era tornato nel suo appartamento e aveva ordinato al bar automatico un whisky allungato. Si era sprofondato nella sedia di lettura, bicchiere in mano, grugnendo con disprezzo contro l’arredamento di Jim Westbrook. Comodo? Certamente, ma fino a che punto si poteva andare contro corrente?

Ah, lui era stereotipato, eh? Ma che andasse al diavolo, quello! Ed Wonder si era fatto strada nella vita a duro prezzo. Al liceo aveva la media del sette, con qualche otto perfino in materie come Arte Drammatica e Ginnastica. Voti sufficienti per aprirgli facilmente la strada all’università. Ma lì era stata dura. La borsa di studio statale non arrivava a coprire tutte le spese. Aveva dovuto comprare un’auto usata, mangiare alla mensa dell’università, portare gli stessi abiti fino a quando non incominciavano ad andare a pezzi. Sì, Ed Wonder si era fatto una cultura a caro prezzo. Quattro anni di studi duri su materiale come Arte Drammatica, Dibattito, Danza, Tecnica del Sesso e Vita Sociale.

Poi i lunghi anni per salire il sentiero della carriera. Non era cosa da Ed Wonder passare immediatamente dall’università ai sussidi della disoccupazione. No, signori. Aveva solo accettato un sussidio temporaneo mentre si dava da fare per cercare un impiego. Per dieci anni il suo nome era stato su tutte le liste d’attesa di teatri, studi cinematografici, stazioni radio-TV; era disposto a qualsiasi parte, anche la più piccola.

Certo, il sussidio temporaneo pagava di più della semplice assicurazione contro la disoccupazione. Ma presupponeva che la persona in questione stesse effettivamente cercando un lavoro; ciò dimostrava che Ed Wonder non era un tipo stereotipato. Il solo fatto che uno si desse da fare per cercare un impiego passava per sospetto anticonformismo agli occhi di molti.

Infine il passaggio alla radio-TV. Era riuscito, con molta fortuna, una bustarella e una storia d’amore con la grassa moglie di un dirigente, a fare il suo ingresso in una compagnia drammatica della radio.

Stereotipato, eh? E allora, come aveva fatto a conquistarsi il suo programma personale, Ai limiti del reale?

Si alzò e compose l’ordinazione di un altro whisky lungo.

Vuotò il bicchiere in poche rapide sorsate.

Stereotipato!

Si era perfino tagliato i baffi, che diamine!

La mattina seguente, Ed Wonder entrò nella cucina automatica e ordinò la colazione. Si sarebbe dovuto sentire depresso, dopo tutto quello che aveva bevuto la sera prima, ma non era così. Non sapeva perché si sentisse così bene, ma era proprio in perfetta forma. Si sentiva pronto ad andare da qualche parte, ma non sapeva dove.

Dopo aver finito la colazione gettò i piatti nella pattumiera e tornò in salotto. Chiamò l’ufficio del Lavoro, s’iscrisse nelle liste dei disoccupati temporanei, fece una domanda d’impiego come direttore di programmi radio-TV, chiese il sussidio temporaneo da versare sul suo conto corrente. Poi compose il numero dell’Amministrazione Internazionale Crediti e inoltrò una domanda per la sospensione di tutte le cambiali in scadenza. Mentre telefonava, Ed Wonder pensò che chiunque fosse stato il brillante economista inventore della sospensione delle cambiali, aveva tappato uno dei più giganteschi buchi potenziali nella struttura della Società Affluente. A mano a mano che gli acquisti a rate assumevano proporzioni sempre più colossali, il potere economico aveva trascorso sempre più notti insonni al pensiero delle possibili conseguenze di una recessione anche lieve. Se fosse venuta meno su larga scala la possibilità di redimere i debiti, l’intera economia sarebbe crollata, i prodotti di seconda mano avrebbero invaso i mercati, le fabbriche avrebbero chiuso i battenti ovunque, aggravando ulteriormente la recessione. Sì, chiunque avesse inventato la sospensione temporanea dei debiti, aveva evitato quel precipizio del capitalismo classico. Naturalmente, per tutto il periodo in cui uno godeva della sospensione non poteva contrarre nuovi debiti a rate, ma non si poteva avere tutto, dalla Società del Benessere.

Sistemati gli affari, si sdraiò sul divano a riflettere. Era senza lavoro. Se il sistema di ricerca automatica dell’ufficio del Lavoro avesse trovato un possibile impiego per lui, gliel’avrebbe fatto sapere. Nel frattempo, non aveva altro da fare. Non aveva senso andare a presentarsi personalmente alle stazioni radio-TV. Avrebbero pensato che era matto.

Bene, bisogna pur passare il tempo in qualche modo. Allungò un braccio e accese il televisore.

Se n’era dimenticato. Lo schermo era la quintessenza dell’astrazione. Lo spense subito.

Per fare un po’ di moto scese fino all’angolo a comperare il giornale. Erano già stati venduti tutti. Fortunatamente il suo amico proprietario del bar ne aveva conservata una copia nel retro e gliela diede.

C’era ancora folla intorno al banco dei giornali. «Vanno bene gli affari, vero?» chiese al proprietario.

«Oh, no» ribatté quello scuotendo la testa. «Siamo di nuovo a corto di pubblicazioni a fumetti. In città sono tutte esaurite. L’agente dice che le rotative girano giorno e notte per tirare copie in più, ma per il momento non abbiamo niente. Ora comprano libri tascabili e settimanali. Ma anche le riviste più popolari sono esaurite. Per “Roguette”, “Playguy”, “Verità e Nudo” ho spuntato prezzi formidabili. E non ho più nemmeno un giallo né un western.» Smise di sorridere. «Sto facendo affari d’oro grazie a questa emergenza, ma quando torno a casa dalle mie donne, la sera, è un inferno. Non c’è altro da fare che litigare, e i bambini si scatenano senza la televisione da guardare.»

Ed Wonder tornò a casa prima di aprire il giornale. Era evidentemente il grande ritorno della stampa quotidiana, e i giornali assaporavano ogni istante di quel successo. Con la televisione e la radio fuori combattimento, tornava l’era della carta stampata.

I titoli dicevano: Mondiale il caos radio-TV. Speciale conferenza stampa del Presidente. Il sindaco Smyte raziona i divertimenti. Sabotaggio occidentale, accusa il Complesso Sovietico.

Cominciò a leggere i particolari ma fu quasi immediatamente interrotto da una telefonata.

La faccia di Buzz De Kemp con il sigaro in bocca apparve sullo schermo dell’apparecchio. «Salve, Piccolo Ed. Il grande mistero è stato risolto.»

Per un istante Ed pensò che volesse dire che… ma no, impossibile. «Che mistero?» chiese.

«Dove sono scomparsi Zechi e Nefertiti.»

«Ah» disse Ed interessatissimo.

Buzz aspirò una boccata. «È stata una fatica d’inferno. Ho tentato tutte le vie, tranne l’FBI.»

«Va bene, va bene» sbottò Ed. «Sentiamo questa scoperta.»

«Hanno risalito il corso del fiume fino alla città più vicina, Saugertis, e hanno piantato di nuovo le tende. Il vecchio Zechi continua il suo giro di conferenze.»

Ed chiuse gli occhi abbattuto. Pensava che Ezechiele Giosuè Tubber si fosse imbarcato clandestinamente su una nave per il Brasile, o avesse cercato asilo politico in un’ambasciata del Complesso Sovietico, o avesse scavato un buco sottoterra per nascondersi.

E invece quel predicatore svitato era a pochi chilometri di distanza, come se non fosse accaduto niente.

«Meraviglioso. Passo a prenderti» disse Ed.

«Calma, amico.» Il giornalista si tolse il sigaro di bocca e lo tese verso di lui. «Forse il vecchio esaltato ce l’ha un po’ con te, ma sicuramente vede me come fumo negli occhi. Sono stato io ad attaccarlo e a ridere di lui. È soprattutto a causa mia che durante il programma si è alzato a parlare in preda all’ira, o come diavolo dice sua figlia. Penso sia meglio che all’inizio gli si presenti davanti solo la tua faccia sorridente.»

«Un’idea brillante. Sarò io l’esca della tigre, eh?»

«È stata tua l’idea di ritrovarlo. Hai detto che eri dentro questa faccenda sin dall’inizio. Coraggioso. Arditissimo.»

Ed brontolò: «Hai detto anche tu che c’eri dentro fin dall’inizio.»

«C’ero dentro e continuo a esserci, ma a distanza, mio caro, a discreta distanza. Ora ascoltami. Finora non ho nemmeno osato sollevare la questione con il Vecchio Ulcera, il capocronista, ma se tiri fuori un pezzo in esclusiva per me e per il “Times Tribune”, troveremo il modo di dimostrarti la nostra gratitudine. È la storia del secolo, Ed!»


Solo in quell’istante entrò in testa a Ed Wonder l’idea che era veramente una storia colossale. Si esaltò immediatamente. Poteva vendere il pezzo a “Look at Life”, il grande settimanale illustrato. Poteva venderlo a…

Ritornò in sé immediatamente. Non ce l’avrebbe mai fatta. Se Buzz non era nemmeno in grado di avvicinare il capo cronista in una cittadina come Kingsburg, chi avrebbe prestato attenzione a un Ed Wonder qualsiasi a Super New York?

Sospettava che di tutti gli interessati, i soli a sapere che la Moda Domestica e il disastro della radio e della TV erano l’effetto delle maledizioni di Tubber fossero lui, Buzz e Helen. A parte, naturalmente, lo stesso Tubber, Nefertiti e alcuni seguaci della Voce della Verità, o come diavolo si autodefinivano.

«E allora?» lo incoraggiò Buzz impaziente.

Ed Wonder non seppe mai dove trovò il coraggio, ma rispose: «D’accordo. Andrò da solo a Saugertis, a vedere se riesco a cavarci qualche cosa. Ti terrò informato. Ma se ci sarà da guadagnare, ricordati che anch’io voglio la mia parte.»

Il giornalista si portò la destra al cuore come per sottolineare la promessa solenne. «De Kemp non tradisce mai la Fede» proclamò.

«Già, già» borbottò Ed allungando la mano per spegnere l’apparecchio.

«Fede Schultz, voglio dire. La mia donna. È la figlia del macellaio all’angolo.»

«Devo anche sopportare le tue freddure proprio prima di andare ad affrontare la morte» sbottò Ed chiudendo la comunicazione.

Ed Wonder scese in ascensore fino al garage sotterraneo e montò sulla Volksair. Mise in funzione il cuscino d’aria, sollevò la vettura di mezzo metro, imboccò la rampa d’uscita che conduceva alla strada e si diresse in volo a nord. Le strade erano sempre più affollate. Non si era mai reso conto di quanta gente vivesse nella sua città. Nel passato, probabilmente, la maggior parte della popolazione trascorreva le ore diurne al lavoro e la sera passava il tempo guardando la televisione, ascoltando la radio, o al cinema. Mentre negli ultimi anni, con la riduzione del numero dei posti di lavoro e le liste dei disoccupati molto più lunghe di quelle dei cittadini con un lavoro, l’americano medio conduceva un’esistenza molto più sedentaria. Ed aveva letto da qualche parte una statistica che affermava che il signor Americano Medio dipendeva dai divertimenti di massa per otto ore della sua giornata.

Ora un ingranaggio del macchinario si era bloccato.

Prese la direzione nord a un’altezza di circa tre metri dal suolo e notò che il traffico era molto più intenso di quanto avrebbe dovuto essere a quell’ora della giornata. Non ci voleva molto a capire il perché. Erano abitanti della città diretti a laghi e fiumi vicini per andare a nuotare, o ai boschi vicini per un picnic. In generale, si leggeva sulle loro facce che non si aspettavano gran che da quell’evasione. Probabilmente perché le loro radio a transistor non funzionavano.

A Ed Wonder venne in mente che i passatempi tanto in voga nel passato erano molto scaduti da quando lui era ragazzo. Ai suoi tempi i giovani si divertivano ancora molto con il nuoto, il baseball, la pesca, il campeggio, le gite. Ora c’era la tendenza a evitare la vita all’aria aperta poiché interferiva con l’ascolto dei programmi preferiti. Se si andava a fare un campeggio nel fine settimana si rischiava di perdere L’Ora di Robert Hope III, oppure Cercami, Mary, per non parlare dei Racconti sadici. Naturalmente, era sempre possibile portarsi via un televisore portatile, ma allora si passava il tempo intorno a un fuoco guardando gli spettacoli alla TV invece che seduti comodamente in poltrona a casa, dove con ogni probabilità le zanzare sarebbero state meno aggressive.

E la pesca? Quando era ragazzo andava spesso a pescare con suo padre. E poi, anche da solo. A volte tornava a casa a mani vuote, altre volte con quattro pesciolini, eppure gli era sempre parso un gran divertimento. Al giorno d’oggi un ragazzo trovava più affascinante guardare alla televisione qualcun altro pescare un tonno da tre quintali nella corrente del Golfo o al largo delle coste peruviane, o fiocinare una cernia gigante tuffandosi dalla grande barriera corallina australiana. Era più emozionante vedere, sia pure sullo schermo, un pescecane di tre metri lottare con un pescatore subacqueo che sfidare il tedio dell’attesa aspettando che una boga lunga dieci centimetri mordesse finalmente il vermiciattolo attaccato all’amo.

Saugertis era una di quelle cittadine immutabili nella Nuova Inghilterra. Case quasi tutte di legno. Un piano, due piani, raramente più di tre piani anche in centro. Quel tipo di villaggio cresciuto troppo che fa riflettere sul perché della sua esistenza, e sul perché i suoi cittadini non siano emigrati verso ambienti più vivi.

Ed Wonder atterrò lentamente con la sua vettura di fronte al Teatro municipale che, come i cinema della sua città, aveva una lunga coda in attesa davanti l’ingresso. Sul marciapiede opposto c’erano tre o quattro cittadini disgustati che evidentemente avevano concluso che la coda era così lunga da rendere vana ogni speranza di riuscire a entrare.

Ed richiamò la loro attenzione: «Ehi, amici, potete dirmi dove ha piantato le tende il reverendo Tubber?»

«Mai sentito nominare» rispose uno di loro.

«Però» disse un altro «ho letto qualcosa sul giornale a proposito di un raduno religioso. Sapete cosa vi dico? Che potremmo andarci a passare qualche ora.»

«Che idea!» esclamò il primo, improvvisamente speranzoso. «Sapete cosa faccio? Vado a casa, do una voce a moglie e ragazzi e ci vado prima che tutti i posti siano occupati.»

«Potreste dirmi dove si trova la tenda?» domandò Ed paziente.

«Sì, certo» disse il secondo, evidentemente convinto dall’idea dell’amico e già pronto ad andarci lui stesso. «Segua la via principale fino al terzo incrocio, poi giri a destra e prosegua diritto fino al parco. Non può sbagliare.» L’ultima frase la gridò quando già si stava affrettando sulle orme del compagno, voltando la testa verso Ed.

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