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Ed Wonder provava una punta di disagio mentre si dirigeva verso la zona dove Ezechiele Giosuè Tubber aveva piantato la tenda. Che cosa avrebbe detto Mulligan, e che cosa avrebbe avuto da dire l’Associazione Stephen Decatur all’idea di mettere in onda la voce dell’uomo che la settimana precedente temevano fosse un sovversivo? Stabilì che si sarebbe guardato bene dall’informare il suo direttore. Se fosse riuscito a trascinare davanti al microfono Helen Fontaine, Mulligan avrebbe avuto ben poco da ridire. E Buzz aveva ragione: quel programma avrebbe attirato molta attenzione. Questa volta, la fortuna era dalla parte di Ed Wonder.

Quando arrivarono nel parcheggio della vasta area non edificata di cui si erano impossessati Tubber e i suoi fedeli, Ed azionò la leva di atterraggio della Volksair che si adagiò sul terreno.

«Ehi, che cosa sta succedendo?» domandò Buzz.

«Sembra che stiano facendo le valigie» rispose Ed. «Stanno smontando la tenda grande.»

I due uomini sgusciarono fuori dalla piccola vettura e si diressero lesti verso la tenda.

Li vide per prima Nefertiti Tubber. Stava uscendo dalla tenda piccola portando un vassoio con quattro tazzine di caffè.

Chissà per quale ragione, a Ed Wonder vennero in mente alcuni versi di una filastrocca infantile alla quale non aveva più pensato dai tempi delle elementari: La contadinella / nei giorni d’estate / andava nell’orto / a coglier patate.

Mormorò piano: «Sono due giorni che continuo a vedere questa Moda Domestica. Per la prima volta posso dire: su di lei sta bene.»

«Su di lei è naturale» disse Buzz. «Il quadretto della semplicità campagnola.»

La ragazza si fermò e li aspettò, guardandoli stupita.

Parlò per primo Ed. «Ah, signorina Tubber. Non starete andando via, lei e suo padre?»

La ragazza mosse appena la testa. «Temo di sì. Sono già due settimane che stiamo qui, sa?» Fece una pausa prima di aggiungere: «Edward Wonder.» Poi guardò Buzz. «Buongiorno, Buzz De Kemp. Ho constatato che si è servito di argomenti cari a mio padre, per i suoi articoli.»

«Sì, è vero.»

«E senza preoccuparsi di citare la fonte, o di dire almeno che mio padre era in città.»

Buzz pareva a disagio. «Ecco, francamente, signorina Tubber, avrei voluto fare un servizio sul vecchio… cioè, su suo padre. Ma il capo cronista non ne ha voluto sapere. Mi dispiace. A quanto pare non c’è molto interesse per i culti religiosi minori.»

«È proprio per questa ragione che siamo venuti a trovarvi» s’intromise Ed rapidamente.

La ragazza volse verso di lui gli occhi incredibilmente azzurri. «Perché non c’è interesse nei culti religiosi minori, Edward Wonder?»

«In un certo senso, c’è. Abbiamo pensato che se suo padre intervenisse alla mia trasmissione, raggiungerebbe centinaia di migliaia di ascoltatori, nelle loro case.»

La faccia di lei s’illuminò per un momento, poi la sua espressione ridivenne pensierosa.

«Ma il suo programma ha a che fare con ciarlatani, con imbroglioni, Edward, cioè, Ed. Mio padre…»

Ed si affrettò a interromperla. «Non è vero, Nefertiti. Non ha capito. La mia trasmissione ha lo scopo di offrire a certe persone, che normalmente non sono in grado di raggiungere il grande pubblico, la possibilità di esporre le proprie idee e credenze, anche le più estremiste. Ammetto che alcuni siano ciarlatani, alcuni anche imbroglioni, ma questo non vuol dire che non abbia mai invitato anche persone profondamente sincere. È la grande occasione per suo padre di diffondere su vasta scala il suo messaggio.»

La ragazza rispose con esitazione. «Mio padre non ha mai parlato alla radio… Ed. Non credo che approvi l’esistenza della radio. Lui è convinto che la gente troverebbe molto più piacere nel suonare la musica da sé, come succedeva quando ogni membro della famiglia sapeva suonare uno strumento, o almeno sapeva cantare.»

«E quando accadeva, questo?» domandò Buzz.

Nefertiti girò lo sguardo su di lui. «Accade ancora, a Elisio.»

Il giornalista stava per aggiungere qualcosa, ma Ed Wonder lo batté sul tempo. «Non ha alcuna importanza se approva o meno l’esistenza della radio, né se ha mai parlato al microfono. Sono abituato a trattare con gente inesperta. Quasi tutti i miei ospiti lo sono. Le assicuro che è una grossa occasione per suo padre. E poi, parteciperà anche lei al programma. E Buzz. E, spero, anche la signorina Fontaine.»

La ragazza rifletté preoccupata per qualche istante, poi scrollò le spalle deliziosamente tondeggianti. «Chiediamolo a lui» disse infine. Si avviò, e subito Ed e Buzz che la seguivano videro il vecchio predicatore intento a smontare la grande tenda, con l’aiuto di alcuni seguaci. Le sedie di legno erano già state tutte piegate e accatastate all’esterno.

Quando vide i due uomini avvicinarsi, l’uomo disse qualche parola agli altri che continuarono a lavorare, e andò verso di loro.

Il solito vecchio Abramo Lincoln, pensò Ed Wonder rivedendolo. Quell’uomo aveva una personalità e un aspetto straordinari. Peccato che il programma non fosse già in televisione. Sarebbe stato un successo. Avrebbe sicuramente sfondato, se i telespettatori avessero potuto vedere un simile personaggio.

Ezechiele Giosuè Tubber guardò prima l’uno e poi l’altro dei due visitatori. «Ebbene, cari fratelli?» disse.

Ed Wonder si schiarì la voce. «Il mio nome è…»

«Conosco il suo nome, fratello. Mia figlia mi ha parlato di lei, l’altra sera.»

Improvvisamente, a Ed Wonder venne in mente che non sarebbe riuscito a far venire Tubber alla trasmissione facendo appello alla sua venalità. Per istinto, capiva che parlare di denaro con lui era inutile. Per strada, mentre viaggiava in aeromobile accanto a Buzz, Ed aveva pensato di prospettargli che una trasmissione radiofonica lo avrebbe messo in contatto con un pubblico così vasto da far impallidire il ricordo dei grandi predicatori del passato, come Billy Sunday e Billy Graham. A questo punto, decise che sarebbe stato meglio non fare alcuna allusione alla maledizione.

Ed incominciò il suo discorso. «Signor Tubber, io…»

Tubber lo interruppe con grande cortesia: «Il titolo di signore ricorda troppo il concetto di padrone, caro fratello. Non desidero essere il padrone di nessuno come non desidero avere nessun padrone. Mi chiami Ezechiele, per cortesia.»

«O Zechi, per brevità» suggerì Buzz De Kemp.

Tubber fissò il giornalista. «Sì» riprese gentilmente. «O Zechi, per brevità, se preferisce, caro fratello. È un nome onorevole, quello di uno dei profeti più progressisti del popolo ebraico, che scrisse il ventiseiesimo libro del Vecchio Testamento.»

«Calmo, Buzz…» sussurrò Ed. Poi, rivolto a Tubber: «Quello che volevo dirle, signore…»

«Il termine di signore, una variazione di sire, è un’eredità del feudalesimo, caro fratello. Riflette il rapporto che intercorreva fra nobile e servo. I miei sforzi sono diretti contro tali rapporti, contro ogni autorità esercitata da un uomo su un altro. Io sento che chiunque ponga la sua mano sopra di me per dirigere le mie azioni è un usurpatore e un tiranno. Costui, io lo dichiaro mio nemico!»

Ed Wonder chiuse gli occhi per un istante e rimase in silenzio. Li riaprì e disse: «Senta, Ezechiele, le piacerebbe essere ospite del mio programma alla radio, venerdì sera?»

«Ne sarei molto felice. È tempo che i nostri mezzi d’informazione di massa siano utilizzati per diffondere qualcosa di diverso dalla volgarità.» Il vecchio guardò con tristezza la tenda consunta che i suoi fedeli stavano smontando. «Non è per mio desiderio che le mie parole raggiungono così poche menti.» I suoi occhi fissarono di nuovo Ed Wonder e Buzz De Kemp. «Vi ringrazio per avermi offerto la possibilità di far giungere le mie parole a milioni di uomini, cari fratelli.»


Agganciare Ezechiele Giosuè Tubber era stato facilissimo. Ora toccava a Helen Fontaine, ed era un affare serio.

Helen Fontaine fulminò i due con un’occhiata che sembrava volesse incenerirli. «Io avvicinarmi a quel vecchio caprone, tanto da sentire di nuovo la sua voce? Oh, santo cielo! Vi sembro così pazza?»

Si trovavano nella cosiddetta sala da gioco di casa Fontaine. I divertimenti, per i Fontaine, dovevano consistere esclusivamente nel bere dato che la stanza offriva solo un complicato bar automatico. Ed stava ritto davanti al mobile, ordinando da bere per tre col dispositivo di selezione, quando Buzz aveva fatto la proposta a Helen.

Lei indossava un semplice abitino di cotone, scarpe senza tacchi e aveva i capelli pettinati in due lunghe trecce. La sua faccia sembrava essere stata pulita con la pomice non più di cinque minuti prima.

Buzz spostò il sigaro dall’angolo sinistro all’angolo destro della bocca, pensieroso. «Non c’è niente da temere da parte del vecchio» disse. «È un caro vecchio rimbambito, innocente come…»

«Una carica di dinamite» concluse Helen sarcastica. «Dammi un’altra birra, Piccolo Ed.»

«Non ti avevo mai vista bere birra prima di oggi» disse Ed.

Lei emise un brontolio.

«E nemmeno io: ma ho il terrore che la maledizione di Tubber contro la vanità includa anche l’eccesso di alcol. Per ora preferisco non bere cocktail troppo complessi, solo birra o vino rosso genuino.»

«Senta, signorina, non crederà davvero che Tubber le abbia fatto un sortilegio?» domandò Buzz con aria scandalizzata.

«E invece sì. E non ho nessuna intenzione di avvicinarmi a lui quanto basta perché me ne tiri addosso un altro, mio caro signor furbo.»

«E va bene» disse Buzz. «Ammettiamo pure, per un momento, che l’abbia davvero stregata. Ma se le può fare un sortilegio, potrà anche toglierglielo, non le pare?»

Lei guardò, con la fronte corrugata, al di sopra dell’orlo del bicchiere di birra. «Non… non saprei. Però, immagino di sì.»

«Certo che può» disse Ed incoraggiante.

«Tiriamo le somme, allora» disse Buzz. «Deve ammettere che è un caro vecchio imbroglione fino al momento in cui si scalda. Io non l’ho mai visto eccitato, ma sto a quello che dice lei e cioè che l’ha stuzzicato fino a farlo uscire dai gangheri, l’altra sera. Sostanzialmente però è una persona gentile. E ora, concludiamo: viene con noi alla trasmissione, gli chiede scusa e lo prega di ritirare la maledizione.»

Helen rifletté sugli argomenti di Buzz.

«Sa…» riprese infine «le sembrerà un’eresia, ma non ho niente in contrario a questa allergia che ho nei confronti dei cosmetici e degli abiti eleganti. Mi sento più a mio agio di quanto sia mai stata dai giorni dell’infanzia.»

«Certo, certo. Ma pensi alle altre donne del mondo. Miliardi di donne. Lei è giovane e bella. Qualsiasi moda le dona, perfino la Moda Domestica. Ma le altre donne che non hanno le sue qualità? Anche loro sono vittime di questa maledizione che si è tirata sulla testa.»

Wonder lo guardò stupito. «Ma io pensavo che tu non ci credessi.»

«Taci» ribatté Buzz. «È solo per amor di tesi.» Poi, rivolto a Helen: «E, oltre a tutto, è la grande occasione per il Piccolo Ed. Sarà una trasmissione clamorosa. Avrà altrettanta pubblicità dell’invasione dei marziani inventata da Orson Welles prima della seconda guerra mondiale. Lei è la testimone principale, e la principale vittima contro cui Tubber si è scagliato; ma, trascinato dall’ira, il vecchio ha esteso il sortilegio a tutte le altre donne. Il Piccolo Ed ha bisogno di lei, nel suo programma.»

Helen si decise. «D’accordo, sarò anch’io della partita. Sarebbe meglio che mi facessi bruciare il cervello, ma ci sarò. Però, glielo voglio dire fin da ora, mio caro signor furbo: la mia intuizione femminile mi dice che questa ciambella non riuscirà col buco.»

Buzz si tolse il sigaro di bocca e osservò attentamente l’estremità non accesa. «Intuizione femminile» disse con voce secca. «Prima, maledizione e sortilegi; adesso, intuizione femminile. La settimana prossima mi verrà fra i piedi qualcuno che crede alle fate.»

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