Ed seguì le indicazioni ricevute e alla fine arrivò al parco. Quei due tipi di prima sarebbero rimasti molto delusi: all’ingresso della tenda di Tubber c’era già una lunga coda. Era appena passato mezzogiorno, eppure si era già formata la ressa.
«Solo posti in piedi» mormorò Ed azionando la leva per l’atterraggio. Chissà se Tubber faceva spettacolo doppio. Parcheggiò e si avviò all’ingresso della tenda.
«Mettiti in fila, furbacchione. Aspetta il tuo turno» gli sibilò qualcuno alle spalle. Altre facce si voltarono verso di lui.
«Non sono venuto per sentire la predica» disse Ed in fretta. «Io…»
«Certo, certo, lo sappiamo, furbacchione. Mettiti in fila anche tu. Sto aspettando da due ore. Se cerchi di passarmi davanti, ti faccio volare a calci, hai capito?»
La minaccia di violenza fisica gli diede la solita stretta allo stomaco. Ed fece due passi indietro precipitosamente. Guardò sconcertato i due o tre seguaci di Tubber che cercavano di mantenere l’ordine.
«Tutti potranno udire la Voce della Verità» ripeteva continuamente uno di loro. «Ha abbreviato le prediche a mezz’ora per dare a tutti la possibilità di ascoltare, a turno. Tutti potranno udire la Voce della Verità.»
Uno di quelli in fila borbottò: «Mezz’ora! Sta dicendo che sono stato qui in piedi tutto questo tempo per uno spettacolo che dura solo mezz’ora?»
«Non è proprio uno spettacolo» buttò lì Ed Wonder. Tentare di entrare dall’ingresso principale era un’impresa che sarebbe durata ore. Per di più non era il modo migliore per raggiungere Tubber e parlargli. Doveva affrontare il profeta, se così lo si doveva chiamare, a tu per tu. La prospettiva lo attraeva sempre meno.
Girò intorno alla tenda e trovò che, dietro, come l’altra volta, c’era la tenda più piccola. Ed Wonder esitò. Proseguì oltre la tenda-abitazione. C’era un vecchio carro di quelli che si usavano un tempo in campagna, e un cavallo che pascolava tranquillamente.
Respirò profondamente e tornò deciso all’ingresso. Come si faceva a bussare all’uscio di una tenda?
Si schiarì la voce e chiamò: «Nessuno in casa?»
Sentì un movimento all’interno poi il telo che copriva l’entrata si aprì e apparve Nefertiti Tubber.
La ragazza lo guardò e arrossì. «Buongiorno, caro fratello» disse. E poi, d’un fiato: «Oh, Ed, mi dispiace per quello che è successo l’altra notte. Io… io avrei dovuto impedire a papà di… Io lo sapevo…»
«Le dispiace» ribatté Ed amaro. «Dispiace al mondo intero. Ma sa quello che è successo?»
Nefertiti annuì senza parlare.
«Glielo dirò io che cos’è successo» incominciò Ed.
Lei si guardò intorno, poi tenne aperto il lembo di tela che faceva da porta… «Per favore, entri, Edward.»
Ed la seguì. La tenda era sorprendentemente spaziosa e si divideva in tre ambienti, due dei quali disponevano di ingressi autonomi chiusi da lembi di tela. Dovevano essere le camere da letto, pensò Ed. L’ambiente più ampio era una combinazione di cucina, soggiorno e sala da pranzo, e aveva perfino un tappeto sul pavimento. Un tappeto di lana, fatto a mano, del tipo che Ed Wonder non aveva più visto dai primi anni della sua infanzia.
C’erano alcune sedie pieghevoli intorno a un tavolo; Nefertiti, sia pur esitando, accennò a Ed di sedersi. Ed accettò. Il fatto che Tubber non fosse presente gli dava coraggio.
Con voce d’accusa disse: «Lo sa, vero, che ogni stazione radio e TV di tutto il mondo è muta.»
Lei annuì. «L’ho scoperto appena un’ora fa. Sono scesa in città per ritirare della roba da un fedele che attualmente non risiede a Elisio.»
Ed lasciò perdere la seconda frase che suonava alle sue orecchie come una sciocchezza bella e buona e prese in considerazione solo la prima. «Ha visto quanta gente per strada?»
Lei fece di nuovo un cenno affermativo, con aria vacua.
«Da quanto tempo va avanti questa storia?»
Nefertiti capì benissimo quello che Ed voleva dire.
«Intende dire… il suo potere? Il potere di pronunciare la Parola?»
Ed chiuse gli occhi e assunse un’espressione esasperata. «Lasciamo da parte le frasi fiorite, per il momento. Che cosa fa suo padre?»
Lei lo guardò come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Esercita il potere e pronuncia la Parola. Ma di solito, naturalmente, solo quando è preso dalla sacra ira. Lei e il suo amico, Buzz De Kemp, lo avete fatto adirare. Come aveva fatto la prima volta Helen Fontaine.»
«È così semplice come dice, vero?»
«Non si arrabbi, caro fratello.» Corrugò la fronte, pensosa. «Prima non era mai successo su scala così vasta. Forse mio padre non era mai stato provocato tanto in passato.»
«Ma senta, come può fare queste cose?»
«Lui è la Voce della Verità, il profeta della Via di Elisio, il predestinato dalla Grande Madre.»
«Splendida risposta» mormorò Ed, sempre più spazientito. «Fai una domanda stupida e ti senti dare una risposta stupida.»
Involontariamente allungò una mano e l’appoggiò sul braccio della ragazza. «La prego, Nefertiti, è una questione importantissima.»
Gli occhi di Nefertiti si socchiusero e le sue labbra tremarono leggermente. Ed ritrasse subito la mano.
«Mi scusi.»
Nefertiti parlò con voce calda, gutturale. «Non c’era niente di male.»
Ed si schiarì la gola con un colpo di tosse. Chissà quanti anni aveva Nefertiti Tubber. Probabilmente non era mai stata toccata in vita sua dalla mano di un uomo, pensò Ed. Almeno, non da un uomo della sua età. Santo cielo, era incredibile a quell’epoca!
«Mi ascolti» riprese Ed. «Quando parlo con uno di voi ho l’impressione di entrare nella conversazione con una dozzina di battute di ritardo. Mi dica chiaramente: qual è l’obiettivo finale del suo vecchio, cioè, di suo padre? Che cosa vuol dire che il comunismo è una filosofia troppo blanda per lui? Non abbastanza radicale?»
Una voce disse alle spalle di Ed: «Ah, abbiamo un visitatore.»
Ed incassò la testa nelle spalle, in attesa che un fulmine gli si abbattesse addosso. Poi, lentamente, si voltò.
L’uomo che gli stava di fronte con un’espressione di profonda comprensione e tristezza sulla faccia sembrava pericoloso come una Vergine di Michelangelo nell’atto di cullare il bambino Gesù.
Ciononostante, Ed Wonder scattò in piedi. «Ah, buongiorno, signor… Oh, scusatemi, non signore… Ezechiele sì, caro fratello.»
«Buongiorno Edward.» Il profeta dalla barba grigia lo fissò negli occhi. «Cerca nuova luce che illumini la Via verso Elisio?» Il vecchio si lasciò cadere con un sospiro su una sedia pieghevole. Evidentemente non serbava alcun rancore per ciò che era avvenuto la sera della trasmissione.
Anche Nefertiti si era alzata. Attinse da un secchio un bicchiere d’acqua e lo offrì a suo padre. Ed notò che camminava, suo malgrado, come le donne malesi che aveva visto alla televisione: testa e spalle fieramente erette, anche se dolcemente ondeggianti.
«Ecco… ah, sì» cominciò Ed. «Argomento affascinante. Per quanto ne capisca io, lei persegue una specie di Utopia. Un…»
Ezechiele Giosuè Tubber corrugò la fronte. «Caro fratello, non ha compreso la Parola. Noi non cerchiamo un’Utopia. La società utopistica è per definizione perfetta, e le cose perfette automaticamente cessano di progredire; pertanto, la concezione stessa di Utopia è conservatrice, se non reazionaria. Questo è l’errore di molti, compresi i cosiddetti comunisti. Pensano che una volta raggiunta la loro terra promessa, ogni progresso si arresterà. Sciocchezze! La Grande Madre non conosce punto d’arrivo. La Via di Elisio è eterna!»
All’inizio Ed Wonder pensava di capire il ragionamento del vecchio, ma verso la fine la logica si era perduta in un’astrazione senza senso.
Però Ed aveva trattato con i fanatici più di una volta. Il fatto che il vecchio possedesse facoltà mai viste prima non aveva molta importanza. Era un fanatico. Con voce calma, Ed disse: «Già, quello che dice è molto chiaro. L’Utopia è un concetto reazionario.»
Tubber lo squadrò con aria interrogativa. «Vedo, caro fratello, che il motivo che l’ha spinto a farci visita forse non è l’interesse nella Via.» Sorrise benignamente guardando Nefertiti che per tutto il tempo non aveva distolto gli occhi da Wonder. La ragazza arrossì. Ed pensò che Nefertiti molto probabilmente passava la sua vita ad arrossire. Non era possibile che fosse così timida.
Tubber riprese dolcemente: «Forse è venuto per gli occhi di mia figlia?»
Per quanto l’avesse detto dolcemente, Ed riuscì a fatica a rimanere seduto. Il suo istinto gli diceva di alzarsi. Alzarsi… e via di volata!
«Oh, no…» protestò. «Oh…»
«Padre!» esclamò Nefertiti.
Ed non se la sentì di guardare Nefertiti. Se arrossiva solo alla vista di un uomo, ora doveva essere diventata del colore dei mattoni appena usciti dal forno. Reagì con voce spezzata: «Oh, no. Sono venuto solo per via della radio e della televisione.»
Ezechiele Giosuè Tubber era perplesso; ma quando corrugava la fronte la sua espressione rimaneva pur sempre più gentile di quella di chiunque altro. Disse con voce triste: «Peccato. La Via d’Elisio che ci indica la Grande Madre, in verità, è resa più luminosa dall’amore che nasce fra i nostri giovani. E io temo che la vita a cui costringo Nefertiti le faccia perdere la possibilità di incontrare pellegrini della sua età.» Sospirò e aggiunse: «Ma che cosa vuole dirmi a proposito della radio e della televisione? Lei sa, Edward, che io ho ben poca stima per la direzione che i nostri mezzi di comunicazione di massa hanno preso in questi ultimi anni.»
Ed dimenticava la paura di fronte ai modi cortesi del profeta. Tubber non pareva per niente risentito contro di lui, dopo il fiasco alla radio. Riprese: «Ecco, penso che non avrebbe dovuto portare alle estreme conseguenze questa sua antipatia.»
Tubber era stupito: «Non credo di capirla, caro fratello.»
Ed disse impaziente: «La maledizione. La maledizione che ha scagliato sulla televisione e sulla radio. Santo cielo, non mi dica che non si ricorda di averlo fatto!»
Gli occhi di Tubber, pieni di meraviglia, passarono da Ed a Nefertiti. La ragazza era seduta accanto a loro, e la sua concentrazione su Ed a poco a poco lasciò il posto a una crescente apprensione.
«Padre» disse «probabilmente te ne sei dimenticato, ma l’altra sera, al programma radiofonico di Ed, ti sei adirato. Hai… hai invocato il potere e hai maledetto la radio.»
Ed esplose: «Ed ora non c’è una sola stazione radio o TV in tutto il mondo che funzioni.»
Tubber guardò i due sbalordito. «Volete dire che io ho invocato il potere dell’ira su queste due perverse istituzioni umane e che… la maledizione è stata efficace?»
«È stata efficace eccome» disse Ed tetro. «E ora sono senza lavoro. Parecchi milioni di persone impiegate nell’industria radio-TV in tutte le parti del mondo sono disoccupate.»
«In tutto il mondo?» disse lentamente Tubber.
«Oh, padre» protestò Nefertiti. «Sai di avere il potere. Ti ricordi il giovane che continuava a strimpellare la chitarra?»
Tubber fissava affascinato Ed Wonder. Disse a sua figlia: «Sì, ma rompere cinque corde di chitarra a poche centinaia di passi di distanza non è niente in confronto…»
Nefertiti riprese: «E quell’insegna al neon che dicevi farti schizzare gli occhi fuori dalla testa?»
«Vorrebbe sostenere di aver maledetto la radio senza sapere che poi nessuna stazione avrebbe più potuto trasmettere?» intervenne Ed. «Pensava davvero che la maledizione non funzionasse?»
Tubber disse con voce venata di un timore reverenziale: «Il potere che la Grande Madre può delegare è davvero stupefacente.»
«Sono d’accordo sul fatto che sia stupefacente» ribatté Ed amaro. «Ma il problema reale è questo: lei può esercitare il potere in senso inverso e rimettere le cose a posto? La gente è sull’orlo della disperazione. Migliaia di persone vagano per le strade. Non hanno niente da fare. Perfino un piccolo raduno religioso come il suo diventa un colossale richiamo e…»
Ed lasciò la frase a metà. La faccia di Tubber si era fatta all’improvviso tragicamente inespressiva.
Tubber ritrovò un filo di voce: «Vuole dire… caro fratello… che la grande folla che sono riuscito ad attrarre… questo immenso uditorio che mi obbliga a parlare dodici volte al giorno… vengono solo perché…»
«Solo perché non sanno in che altro posto andare a passare il tempo» concluse cinicamente Ed Wonder.
Nefertiti, compassionevole, venne in soccorso di suo padre: «Padre, stavo per dirtelo io stessa. Moltitudini vanno su e giù per le strade senza meta. Cercano disperatamente il modo di arrivare a sera, con un divertimento qualsiasi.»
La faccia dimessa di Tubber, rimasta inespressiva per qualche istante, stava riprendendo forza a poco a poco. «Divertimento!»
«Ezechiele» disse Ed «ma non capisce? La gente deve pur passare il tempo in qualche modo. Vogliono divertirsi. Vogliono essere intrattenuti piacevolmente. Non le pare ragionevole? A tutti piace la radio, piace la televisione, e lei non può impedirlo. E così, ora non sanno che cosa fare del tempo libero. Devono pur trovare il modo di ammazzare il tempo.»
«Arrivare a sera! Ammazzare il tempo!» tuonò Tubber. «Ammazzare il tempo non è un delitto, caro fratello. È suicidio! Stiamo commettendo un suicidio razziale con le nostre vite senza significato, inutili. L’uomo deve riprendere la Via di Elisio, non cercare espedienti per sprecare la propria esistenza!»
Ed ribatté: «Già, ma non vede, caro fratello, che la gente non vuole dare retta al suo messaggio? Sono tutti condizionati. Vogliono divertirsi. E lei non può impedirlo. Va bene, tolga loro la radio e la TV e…»
Mentre parlava, trascinato dal calore della discussione, Ed capì che era già andato troppo in là. Ezechiele Giosuè Tubber si stava ingigantendo sotto l’azione della sua ira incontenibile.
«Sì?» tuonò. «Io tolgo loro la radio e la televisione e loro che cosa fanno?»
Ed cercò di lasciar perdere, ma l’energia del vecchio lo afferrò come una vera e propria violenza fisica. Lo afferrava e pretendeva una risposta. Allora disse piano: «E loro si rifaranno con altri divertimenti, come il cinema.»
«Ah, davvero?»
Ed Wonder chiuse gli occhi.
Si sentì una nuova voce.
«La folla ti attende, caro fratello. Abbiamo fatto uscire dalla tenda l’ultimo gruppo e un nuovo uditorio anela di sentire la Voce della Verità.»
Ed aprì gli occhi. Era uno dei fedeli che aveva già notato prima all’ingresso della tenda maggiore.
Tubber era in piedi. A Ed sembrava alto più di due metri. Più di due metri, e centocinquanta chili di peso.
«Ah, sì, ah, sì? E allora udiranno la Parola!»
Wonder, ammutolito, guardò Nefertiti. La ragazza era seduta di fronte a lui con i gomiti stretti ai fianchi, come in un gesto di femminile protesta contro il potere psichico maschile emanato dal padre.
Il profeta uscì come una tromba d’aria dalla tenda.
Ed guardò di nuovo la ragazza. Disse la prima cosa che gli venne in mente. «Meno male che non ho parlato di circhi e carnevale.»
Nefertiti scosse la testa. «A mio padre piace tanto il circo» disse.
Rimasero seduti in silenzio ad aspettare. Nessuno dei due sapeva quanto sarebbe durata l’attesa. Nel silenzio sentivano rumori venire dalla tenda più grande, infine esplose come un colpo di tuono la voce di Tubber.
Nefertiti Tubber fece per parlare, ma Ed la interruppe. «Lo so» disse «sta parlando nell’ira.»
Lei annuì senza parlare.
La voce di Tubber giunse al parossismo.
«Il potere» mormorò Ed, disperato. «E io che morivo dalla voglia di vedere il nuovo successo Il ritorno di Ben Hur!»
Aveva indovinato. Oh, sì, aveva indovinato. Proprio indovinato.
Ne ebbe la prova nell’istante in cui rientrava a Kingsburg con la sua piccola Volksair. Per la prima volta in vita sua, Ed Wonder fu testimone di un linciaggio. Una folla urlante, caotica, carica d’odio, che si agitava come un esercito di formiche intorno a un bruco. Uno gridava: “Trovate una fune!”. Un altro urlava: “Un albero per attaccare la fune!”. Controurlo di un terzo: “Basta un lampione!”. In un punto imprecisato, verso il centro, la vittima urlava terrorizzata e si dibatteva nella stretta di tre individui con gli occhi spiritati e l’espressione sanguinaria, che sembravano i capi della sommossa, se si può dire che una folla in tumulto abbia dei capi.
Ed avrebbe potuto andarsene. Tutti i suoi istinti, la sua repulsione alla violenza fisica, gli dicevano di allontanarsi al più presto possibile, di scappare, e in fretta, di preoccuparsi solo della propria salvezza. Ma lo stesso fascino fantastico dell’azione lo costrinse a fermarsi, come abbacinato.
Scese con la vettura fino al piano stradale e si fermò a guardare allucinato.
Dovevano essere almeno in cinquecento, e la loro rabbia era frenetica. Le urla bestiali, gli strilli laceranti delle donne… tutto contribuiva a dare alla scena un aspetto tragicamente insensato.
A un uomo che si precipitava nella calca Ed chiese urlando a pieni polmoni: «Ehi, che cosa diavolo succede? Dov’è la polizia?»
«L’abbiamo cacciata!» gridò in risposta il pedone esaltato, e scomparve nella mischia.
Ed Wonder continuava a guardare.
«I selvaggi sono un po’ eccitati stasera, non ti pare?» disse una voce accanto a lui. «Andiamo, Piccolo Ed, facciamoci sotto. Uccideranno quel povero bastardo.»
Ed girò la testa di scatto e vide Buzz De Kemp. Tornò a fissare la folla urlante. «Pensi che sia diventato pazzo del tutto?» disse. Lo stomaco gli si era strizzato per paura al solo pensiero di avvicinarsi di un passo a quella furia umana.
«Bisogna pur fare qualcosa per quel poveretto» grugnì Buzz. Il giornalista si tolse il sigaro di bocca e lo gettò in un tombino. «A star qui non si combina niente.» Si avviò verso la calca.
Ed Wonder volteggiò al di sopra del muso della Volksair e lo seguì per qualche passo. «Buzz! Ragiona!» L’altro non si voltò nemmeno e scomparve nella folla in tumulto.
Ed afferrò per un braccio la persona che gli stava più vicino e che pareva osservare piuttosto che prendere parte al linciaggio.
«Cosa sta succedendo?» gli domandò. Da lontano giunse l’ululato della sirena dei pompieri.
L’altro si liberò dalla stretta della mano e guardò Wonder. «È l’operatore del cinema!» gridò per sopraffare il fragore. «La gente ha fatto la coda per ore, poi quello salta fuori a dire che il proiettore è scassato e lui non può ripararlo.»
Ed Wonder lo guardò interdetto. «Vuole dire che impiccano quell’uomo perché il proiettore si è rotto? Ma nessuno è così pazzo!»
L’altro rispose sulle difensive: «Forse non capisce bene, amico. Sembra che tutti siano sull’orlo di un abisso. Questa gente aspettava di poter entrare a vedere il film, alcuni erano in fila da molte ore. E quel figlio di buona donna fa a pezzi il proiettore.»
In quel momento accadde a Ed Wonder una cosa che avrebbe poi avuto molta difficoltà a spiegare. Sentì scattare qualcosa dentro di sé. La sua mente, improvvisamente liberata dal terrore della folla, lo spinse a compiere un atto che due minuti prima non si sarebbe nemmeno immaginato. Cominciò a farsi strada a spallate fra la folla, sulle orme di Buzz, cercando di arrivare al centro del gruppo.
Come in un sogno sentiva la propria voce urlare a pieni polmoni. «Lui non c’entra. Non è colpa sua! È come la radio e la TV! È così in tutto il mondo. Tutti i proiettori cinematografici sono fuori uso. Non è colpa sua! Il cinema non funziona più! Il cinema non esiste più!»
Sembrava impossibile, ma in quel modo riuscì ad aprirsi un varco in mezzo a quegli ossessi urlanti fino al centro dove i tre corpulenti aguzzini stavano trascinando la loro vittima verso il lampione più vicino. Avevano già trovato la fune per impiccarlo.
Sentì la voce venirgli meno mentre ancora cercava di vincere le urla della folla impazzita. «Non è colpa sua! Il cinema non funziona più!»
Uno dei tre esaltati lo scaraventò a terra con una gomitata. Chissà dov’era De Kemp in quel momento, si domandò mentre si rialzava faticosamente e si slanciava in avanti ad afferrare l’operatore ormai completamente paralizzato davanti alla prospettiva della fine. «Non è colpa sua! Il cinema non funziona più!»
Fu in quell’istante che li investì il getto degli idranti.