20

Avevano assegnato un appartamento nel Nuovo Empire State Building a Ed Wonder, mentre Helen Fontaine e Buzz De Kemp avevano trovato posto in due alberghi vicini.

La mattina seguente, quando Ed Wonder scese in ufficio presto, i suoi collaboratori, uomini e donne, erano già immersi nel lavoro fino al collo. Chissà che cosa stavano facendo, si chiese distratto. Non aveva impartito tanti ordini da giustificare nemmeno un decimo di quell’attività frenetica. Si fermò di fronte a una scrivania. «Che cosa sta facendo?» chiese all’impiegato.

Il giovanotto alzò gli occhi. «Incantesimi» rispose. Aveva davanti a sé una montagna di libri, opuscoli e manoscritti, e teneva in mano un microfono collegato a un dittafono.

«Incantesimi?» domandò Ed.

L’altro, che era già tornato al suo lavoro, rialzò gli occhi. Ovviamente non riconosceva in Ed il suo capo. D’altra parte, nemmeno Ed lo conosceva. Non l’aveva mai visto prima.

Il giovanotto ripeté: «Incantesimi. Espressione o declamazione di parole ritenute dotate di poteri magici. Sto accumulando informazioni base.»

«Vorrebbe dire che abbiamo un impiegato che lavora tutta la giornata solo per raccogliere dati sugli incantesimi?»

Il giovanotto gli rivolse un’occhiata di compatimento. «Io sto traducendo testi dal serbocroato. Ci sono almeno altre cinquanta persone per le altre lingue. E ora voglia scusarmi, per cortesia» e tornò ai suoi libri.

Ed Wonder entrò nel suo ufficio.

C’erano alcune novità di cui Randy Everett lo mise immediatamente al corrente. Il numero degli uffici e del personale addetto al Progetto Tubber era stato notevolmente accresciuto durante la notte. La sua sezione stava ora lavorando a ciclo continuo con tre turni di personale che si avvicendavano ogni otto ore. Ed non lo sapeva. Il signor De Kemp non era ancora arrivato ma aveva fatto sapere che si sentiva indisposto.

Ed interruppe a quel punto, con una parolaccia, il rapporto della signorina Everett. «Indisposto! Telefoni a quel disgraziato e gli dica di precipitarsi qui, sbornia o non sbornia. Gli dica anche che manderò una squadra di marines se non viene immediatamente.»

«Sì, signore» rispose Randy.

«E adesso mi chiami il maggiore Davis, per cortesia.»

La figura che riempì lo schermo del citofono aveva i gradi di maggiore sulla spallina della camicia ma non aveva la faccia del maggiore Davis.

«Dov’è Lenny Davis?» chiese Ed.

«Davis non è più con noi, signore. Ha avuto una specie di esaurimento nervoso o qualcosa del genere. Il mio nome è Wells.»

«Ah, davvero? Bene, senta, Wells, non voglio più esaurimenti nervosi fra voi dell’esercito, ci siamo capiti?»

«Sì, signore.»

«Se qualcuno può permettersi il lusso di esaurimenti nervosi qua dentro, quello sono io.»

«Sì, signore.»

Ed cercò di ricordare la ragione per cui aveva chiamato il maggiore Davis, ma non ci riuscì. Spense il citofono, che si riaccese immediatamente per mostrare la faccia del colonnello Fredric Williams.

«Il signor Dwight Hopkins desidera vederla immediatamente, Wonder.»

«Ok» disse Ed. Si alzò. Desiderava che ci fosse anche Buzz per sostenerlo moralmente. Nel suo piglio di neo dirigente c’erano ancora delle lacune.


All’ingresso del Progetto Tubber, Johnson e Stevens, i due cani da guardia, gli si accodarono. Evidentemente era ancora sotto protezione. Era un bene. Da solo non sarebbe mai riuscito a trovare la strada che conduceva all’ufficio di Hopkins. Ebbe la vaga impressione che l’intero comitato, o come diavolo si chiamava ufficialmente, fosse cresciuto di un buon cinquanta per cento durante la notte. La confusione nei corridoi era aumentata, si vedevano macchine trascinate su e giù, altre accatastate negli atrii, nuovi uffici venivano riempiti di scrivanie, mobili archivio, telefoni, citofoni e tutti gli annessi e connessi propri della burocrazia.

Fu immediatamente ammesso alla presenza di Dwight Hopkins e trovò il braccio destro del Presidente sul punto di concludere una riunione alla quale partecipavano quindici o venti personaggi assortiti, dalla faccia efficiente, parecchi dei quali in uniforme militare. Ed non fu presentato, e tutti gli altri se ne andarono tranne il professor Braithgale, l’unico che Ed Wonder avesse riconosciuto.

«Si sieda, signor Wonder» lo invitò Hopkins. «Come va il Progetto Tubber?»

Ed alzò le braccia al cielo. «Come vuole che vada? Abbiamo cominciato solo ieri pomeriggio. Stiamo studiando la natura delle maledizioni. O per lo meno ci stiamo provando. E ci diamo da fare per ricostruire nel modo più particolareggiato la personalità di Tubber, nella speranza di trovare la traccia che spieghi come abbia fatto ad acquistare i suoi poteri straordinari.»

Hopkins si agitò leggermente sulla sedia come se quello che stava per dire non fosse di suo gradimento. «La sua ipotesi, l’ipotesi Tubber, diventa sempre più solida con il passare delle ore, signor Wonder. Mi è venuto in mente che forse non le è noto un aspetto importante della situazione. Sapeva che il radar non è stato colpito?»

«Me l’ero chiesto» gli disse Ed.

«Ma non è nemmeno questo l’elemento che sta facendo diventare matti tutti i nostri tecnici e scienziati. Oltre al radar, funziona anche la radio, limitatamente alle comunicazioni commerciali internazionali, alle comunicazioni navali e aeree e analoghe. E ancora: le pellicole cinematografiche di tipo culturale sono perfettamente visibili. Ieri sera ho passato un’ora intera sull’orlo della pazzia, a guardare l’attuale idolo di Hollywood, Warren Waren, che presentava un documentario realizzato per promuovere l’insegnamento della geografia nelle scuole medie. L’attore si era prestato gratuitamente per quella pellicola. Quando poi abbiamo tentato di vedere uno dei suoi normali film commerciali, La regina e io, usando lo stesso proiettore e lo stesso tipo di pellicola, si è ripetuto quel fantastico fenomeno della persistenza delle immagini sullo schermo.»

Lo sguardo di Dwight Hopkins era fermo, ma c’era qualcosa di frenetico sotto quell’apparente fermezza.

«Nemmeno la TV, impiegata nei video-telefoni secondo gli stessi principi tecnici, subisce interferenze» precisò Ed. «La maledizione è selettiva, come per i libri. Solo la letteratura leggera è diventata illeggibile: e nemmeno tutta; quella che piace a Tubber è rimasta intelligibile. Accidenti, non ha nemmeno colpito il suo fumetto preferito! Ma non c’è niente di nuovo in quello che mi dice. Perché me ne parla?»

Il professor Braithgale parlò per la prima volta. «Signor Wonder, un conto era prendere in considerazione la sua teoria di per sé, appena ce l’ha esposta. Ma ora stiamo rapidamente arrivando alla conclusione che è l’unica teoria fondata. L’ipotesi più assurda di tutte è quella che si dimostra più giusta, o almeno più vicina al giusto.»

«Che cos’è stato delle macchie solari?»

Rispose Hopkins. «L’attività delle macchie solari potrebbe interferire con le onde radio, ma difficilmente potrebbe essere selettiva. Certamente non potrebbe esercitare la censura nei confronti della letteratura leggera.»

«E così sta cominciando a sospettare che io non sia un pazzo mitomane come pensava all’inizio.»

Il burocrate ignorò l’interruzione. «La ragione per cui l’abbiamo fatta venire qui, signor Wonder, è che desideriamo consultarla in merito a un suggerimento che ci è stato fatto. La proposta è di usare le linee telefoniche per immettere nelle case i programmi televisivi. Entro ventiquattr’ore si potrebbero cominciare le trasmissioni sperimentali; entro un mese circa, ogni casa degli Stati Uniti del Benessere sarebbe di nuovo fornita della normale quantità di programmi.»

Ed Wonder si alzò e si appoggiò al tavolo di Dwight Hopkins fissando negli occhi l’anziano uomo politico. «Sa quanto me qual è l’obiezione a questa stupida idea. Vuole davvero infliggere un altro colpo mortale alla nostra economia provocando l’interruzione delle comunicazioni telefoniche e telegrafiche, dopo il disastro della radio e della televisione?»

Hopkins gli restituì lo sguardo.

Braithgale tossì. «Anche noi temevamo questa conseguenza. Allora lei pensa…»

«Sì, lo penso. Tubber scatenerebbe una maledizione sulla “nuova televisione”, immediatamente.»

Sembrava un Edward Wonder più forte e sicuro di sé di quello col quale avevano parlato solo ventiquattr’ore prima. Dwight Hopkins lo squadrò con uno sguardo calcolatore. Infine disse: «Professore, perché non informa il signor Wonder degli ultimi sviluppi della crisi?»

Ed si risedette.

La voce del professore alto e grigio assunse il tono da lezione universitaria. «Siamo al boom degli oratori di piazza.»

«Che cosa diavolo sono questi oratori di piazza?» domandò Ed.

«Lei non era ancora nato. Stavano già scomparendo quando la radio cominciò a stendere la sua rete su tutto il territorio nazionale offrendo una vasta scelta di programmi per il divertimento delle masse. Ci fu un breve ritorno di questi oratori di piazza negli anni Trenta, dopo la grande crisi del ventinove; ma alla metà del secolo, tranne alcuni pochi anacronismi, come il giardino pubblico di Boston e Hyde Park a Londra, erano scomparsi del tutto. Sono oratori che apostrofano i passanti nelle pubbliche vie e piazze dopo aver eretto palchi improvvisati con cassette vuote. Ai vecchi tempi, quando molta gente passeggiava su e giù per le strade nelle serate di primavera e in estate, questi oratori erano in grado di radunare un bel numero di ascoltatori.»

«Bene, e di che cosa parlavano?» chiese Ed serio.

«Di qualsiasi argomento. Alcuni erano fanatici religiosi. Altri erano ciarlatani che vendevano portentose medicine. Altri erano radicali, socialisti, comunisti, anarchici.»

«E allora?» obiettò Ed. «Che parlino. Terranno occupata la gente, specialmente in questi primi tempi e fino a quando non verranno messi in funzione circhi, carnevali e spettacoli teatrali.»

«Non dia troppo credito a quelle anticaglie, Wonder» ribatté Braithgale. «Solo un numero limitato di persone può seguire gli spettacoli all’antica. Il teatro diventa una noia se lo spettatore è troppo lontano dal palcoscenico, e lo stesso dicasi per il circo. Forse è questa la ragione che ha determinato il fallimento della civiltà romana. Dovettero costruire sempre più arene per permettere a tutta la popolazione di godersi gli spettacoli. E accadde che non erano più in grado di organizzare tutti gli spettacoli necessari.»

«Non vedo che cosa ci sia di male in questi oratori di piazza.»

«Signor Wonder» riprese Braithgale «con l’avvento del cinema, della radio e infine della televisione, la voce del dissenso è stata sradicata da questo Paese. I partiti di minoranza e i gruppi di malcontenti non potevano permettersi il costo enorme dei mezzi di comunicazione di massa. Furono costretti a ricorrere alla distribuzione di manifestini, libelli, periodici a scarsa tiratura, giornali settimanali. E, naturalmente, è noto quanto pochi siano coloro che leggono pubblicazioni che richiedono un minimo di concentrazione intellettuale. Anche quelli di noi che leggono si trovano quotidianamente di fronte tanto materiale da essere costretti a una selezione drastica. Per una questione di semplice autodifesa dobbiamo limitarci a scorrere i titoli delle letture che ci vengono presentate e fare una rapida scelta. Solo pochi gruppi di opposizione hanno l’abilità o le risorse economiche per presentare le loro idee nella veste attraente che sanno dare alle loro pubblicazioni gli editori più ricchi. La conclusione di questo discorso è che le idee di chi si oppone alla nostra Società Affluente non riescono più a raggiungere le masse.»

Ed cominciava a capire.

Intervenne Hopkins, per il tocco finale: «E invece ora, ogni sera, migliaia di oratori dilettanti scendono agli angoli delle strade ad arringare folle che non hanno altro da fare che stare lì ad ascoltarli. Gente che cerca disperatamente il modo di passare il tempo.»

«Vuole dire che questi oratori di piazza si sono organizzati?»

Hopkins sollevò la mano. «No, non ancora. Ma è solo questione di tempo. Prima o poi salterà fuori qualcuno con un’idea che farà presa sulle masse. Attirerà seguaci, altri oratori della domenica si uniranno a lui. Nelle condizioni in cui si trova ora il Paese, praticamente qualsiasi idea che diventi veramente popolare dilagherebbe in tutto il territorio in poco tempo: una nuova religione, o più probabilmente una nuova teoria politica, di estrema destra o estrema sinistra che sia.»

«Ah!» esclamò Ed. Ora comprendeva perfettamente che cosa passava nella mente politica di Dwight Hopkins. Il governo aveva grosse grane in vista. Gli sforzi di Tubber avrebbero potuto minacciare il clima di pace politica. Quello che Ed non riusciva a capire era che cosa c’entrava lui.

Non ci misero molto a spiegarglielo.

Hopkins proseguì: «Signor Wonder, i giorni passano; dobbiamo fare qualche cosa. È assolutamente necessario metterci in contatto con questo Ezechiele Giosuè Tubber.»

«Penso che sia una buona idea. Forse si potrebbe fare appello al suo patriottismo, o a qualcosa del genere. No, ora che ci penso, il patriottismo non va bene. Pensa che il suo Paese sia governato da una massa di idioti. È contrario alla Società del Benessere.»

«Piccolo Ed» disse a bassa voce Hopkins. «Temo che dovrà andare lei a trovare Tubber. Non riesco a pensare a nessun altro a cui affidare la missione.»

«Oh, no, impossibile! Senta, perché non manda qualche ragazzo dell’FBI? O forse la CIA. Loro sono abituati a cacciarsi nei guai. Io invece lo detesto.»

Dwight Hopkins diede fondo alle sue risorse di persuasione. «Se Tubber è veramente all’origine di tutti i nostri problemi, mandare agenti di polizia di qualsiasi razza sarebbe un disastro. Se invece lui non c’entra, ci copriremmo di ridicolo. No, è lei l’uomo adatto. Lui la conosce, e sua figlia è evidentemente attratta da lei.»

«Ma c’è bisogno di me per dirigere la nuova sezione, il Progetto Tubber…» disse Ed, disperato.

«Il signor De Kemp se ne occuperà fino al suo ritorno.»

«Potete fare a meno di me, vero?» disse Ed con amarezza.

«Se vuole metterla in questi termini, sì» rispose Hopkins.

«Va bene, ma l’avverto che ci saranno nuovi disastri. Mi fa paura l’idea di avvicinarmi a meno di dieci chilometri di distanza da quel vecchio pazzo» disse Ed in tono deciso.

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