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Helen Fontaine e Buzz De Kemp riuscirono a tirarlo fuori versando la cauzione poco prima di mezzogiorno, il giorno successivo.

Buzz mise per primo la testa nella cella; ghignava dietro il sigaro e teneva in mano una Polaroid-Leica nuova di zecca. Aveva un cerotto sopra l’occhio destro, e questo gli conferiva un aspetto ancora più piratesco del solito.

«Buzz!» esplose Ed. «Tirami subito fuori di qua!»

«Un momento di pazienza» gli disse Buzz. Mise a fuoco l’obiettivo della macchina fotografica e scattò tre o quattro istantanee. «Se mi va bene, riuscirò a metterti in prima pagina» disse felice. «Impiegato della stazione radio spinge folla al linciaggio. Che te ne pare?»

«Oh, piantala, Buzz» disse Helen comparendo da dietro le sue spalle. Squadrò Ed dentro la cella e scosse la testa in segno di disapprovazione. «Che cosa è successo al nostro elegantone?» domandò. «Mai mi sarei aspettata di vedere la cravatta del Piccolo Ed Wonder fuori posto.»

«Mi prendete anche in giro!» reagì Ed. «“Seguimi” mi dice Buzz De Kemp “andiamo a salvare l’operatore del cinema.” Arrivano i nostri! E via che parte come la cavalleria che appare all’ultimo istante al sommo della collina. Splendido eroismo. Lui scompare e io quasi annego sotto gli idranti dei pompieri, poi arriva la polizia e mi schiaffa dentro.»

Buzz lo guardò con aria strana. «Piccolo Ed, ti ho sentito gridare che tutti i proiettori cinematografici erano fuori uso. Ma come lo sapevi? Non era passato nemmeno un quarto d’ora da quando era cominciato. Le telescriventi non avevano ancora dato alcun annuncio.»

«Tiratemi fuori di qui» ripeté Ed. «Come credi che facessi a saperlo? Non fare domande idiote.»

Un secondino in uniforme comparve con un mazzo di chiavi e aprì la porta a sbarre della cella. «Andiamo» disse a Ed. «Ti hanno tirato fuori dai guai.»

Buzz riprese: «Allora tu eri là quando ha scagliato la nuova maledizione, eh?»

«Nuova maledizione?» domandò Helen.

«E che altro?» rispose Buzz. «Ezechiele Giosuè Tubber ha colpito di nuovo. Prima attacca a tutte le donne un’allergia contro cosmetici e straccetti di lusso. Poi rovescia il suo sortilegio sulla radio e la televisione. Ora, improvvisamente, le immagini proiettate sugli schermi cinematografici hanno una singolare persistenza; ci vuole almeno un ottavo di secondo prima che scompaiano, e così si vedono immagini sovrapposte. Il disturbo non interferisce con la proiezione di diapositive, ma il movimento è reso impossibile.»

Erano giunti all’ufficio del sottufficiale di turno; Ed si riprese gli oggetti personali che gli avevano tolto. La sua situazione fu chiarita immediatamente. Formalmente, era in libertà su cauzione. In realtà Buzz avrebbe sostenuto la sua causa sul giornale e la polizia avrebbe ritirato la denuncia. Se per qualche strana ragione l’accordo non funzionava, Helen avrebbe mosso qualche pedina tramite suo padre. Ed, personalmente, era dell’avviso che l’unica circostanza in cui Jensen Fontaine avrebbe mosso qualche pedina per lui sarebbe stata per farlo andare in prigione, non per tirarlo fuori. Comunque…


Per strada, Buzz disse: «Andiamo a bere da qualche parte.»

«Forse da qualche parte è un buon posto» ribatté Ed «ma certamente in un bar non si entra, né per denaro, né per amore. Solo posti in piedi, e con il tempo limitato per giunta, in modo che tutti possano entrare, prima o poi.»

«Il sindaco ha annunciato oggi il rilascio di speciali licenze per la vendita di superalcolici, limitate alla durata dello stato d’emergenza» li avvertì Buzz. «Saranno aperti nuovi spacci entro poche ore.»

«Intanto possiamo andare a bere al mio club» suggerì Helen. «Vi farò entrare come miei ospiti.»

La sua Cyclon della General Ford era parcheggiata lungo il marciapiede. Ci salirono tutte tre e Helen trasmise al pilota automatico la destinazione. La vettura si alzò e s’immerse nel traffico.

Buzz De Kemp osservò colpito l’orda di pedoni vaganti sui marciapiedi. «Era già un caos ieri» disse, «Ma oggi le scuole sono chiuse. Anche i ragazzini non sanno come passare il tempo.»

«Come i loro genitori» aggiunse Helen. «Ma nessuno lavora in questa città? Mi pare…»

«E tu lavori?» domandò Ed, ancora irritato dopo l’avventura.

«Questo è un altro discorso, mio caro» ribatté lei petulante. «Mi occupo di beneficenza al circolo delle sorelle cristiane e…»

Buzz la interruppe. «Ho controllato i dati. Due terzi delle forze di lavoro di Kingsburg sono iscritti nelle liste di disoccupazione. Di quelli che lavorano, la maggior parte ha una settimana lavorativa di venticinque ore; ma le categorie con un sindacato più progressista… mi piace questo termine… lavorano solo venti ore.» Gettò il sigaro fumato a metà sulla strada sottostante. «Vuol dire un bel po’ di tempo libero.»

Il club dei Fontaine, che riuniva le famiglie più in vista di Kingsburg, era a circa tre chilometri dalla periferia cittadina. Se Helen Fontaine aveva pensato di trovarlo relativamente vuoto, si era sbagliata. Non era stata la sola a condurre ospiti al bar del club. Con tutti i locali della città pieni fino all’inverosimile, anche i due o tre club privati riservati ai cittadini più ricchi erano affollati quasi come gli esercizi pubblici.

Riuscirono comunque a conquistare un tavolo che si era liberato proprio nell’istante in cui arrivavano. Helen prese dalla borsetta la tessera di credito e la inserì nell’apposita fessura del tavolo. «Signori, offro io. Che cosa volete?»

I due uomini espressero i loro desideri e Helen compose le ordinazioni sul dispositivo automatico; quando le bevande furono servite e tutti ebbero bevuto la prima sorsata, disse: «Allora, mettiamoci subito al lavoro. Io non sono al corrente degli ultimi sviluppi relativi al cinema.»

Ed Wonder fornì una relazione dettagliata sugli avvenimenti di Saugertis. Quand’ebbe finito, Helen e Buzz lo fissavano a occhi sbarrati.


«Santo cielo!» esclamò Helen. «Vorresti dire che finché non gliel’hai detto non sapeva nemmeno del guaio che aveva combinato? Alla radio e alla TV, dico.»

«Non ricordi la trasmissione?» le disse Buzz. «Si era dimenticato di aver maledetto la vanità femminile.» La scrutò con sguardo calcolatore. «Sai che a te sta bene la Moda Domestica?»

«Grazie, gentile signore. Se potessi farei anch’io un commento gentile sul tuo aspetto. Ma proprio non mi viene in mente niente. Perché non ti fai tagliare i capelli?»

«Fai un complimento a una ragazza e che cosa ricevi in cambio?» si lamentò Buzz. «Un insulto. Non posso permettermi la spesa del barbiere. Sono l’uomo più imprevidente del mondo. Sono noto come il tipo che va a fare la doccia e ne esce con tre dollari in meno.»

Con aria afflitta Ed disse: «Ammetto di aver parlato troppo. Ormai è inutile chiudere la stalla dopo che le vacche sono scappate. Adesso lo sa.» Gli altri lo guardarono senza capire. Ed spiegò: «Tubber. Adesso sa di avere il potere, come lo chiama Nefertiti. E quel che è peggio, sembra che continui ad accrescersi.»

«Che cosa continua ad accrescersi?» chiese Buzz.

«Il potere di scagliare maledizioni. Evidentemente l’ha sempre avuto, ma solo da poco ha cominciato a servirsene su larga scala.»

«Vuoi dire che…» intervenne Helen lasciando inespresso il suo pensiero.

«Voglio dire che ha tirato fuori i due primi grossi sortilegi in un impeto d’ira, senza sapere che cosa stava facendo. La terza maledizione l’ha scagliata coscientemente. Ora sa di poterlo fare quando e come vuole.»

Come obbedendo a un comando, alzarono contemporaneamente i bicchieri e li vuotarono d’un fiato. Senza domandare il loro parere, Helen ne ordinò altri tre.

«Vi rendete conto che noi siamo i soli al mondo, all’infuori del gruppetto di Tubber, a sapere cosa sta succedendo?» disse Ed.

Buzz tirò fuori un sigaro nuovo e se lo cacciò in bocca. «E come potrei non rendermene conto? Un giornalista che ha tra le mani il fatto di cronaca più colossale dal tempo della resurrezione di Cristo e che non può nemmeno scriverne una riga! Il Vecchio Ulcera mi ha promesso di licenziarmi in tronco per etilismo cronico se gli riparlo una sola volta di Tubber e delle sue maledizioni.»

«Per lo meno tu hai ancora un lavoro» gli disse Ed con amarezza. «Guarda come sono ridotto io. Sudo sangue due anni per sfondare con la trasmissione Ai limiti del reale, un programma dedicato allo spiritualismo, alla telepatia, ai dischi volanti, alla reincarnazione, alla levitazione, e non so a che cosa altro ancora, e per due anni riesco a pescare solo imbroglioni, mitomani ed esaltati. Finalmente salta fuori un vero fenomeno, e che cosa mi capita? Ho la carriera rovinata.»

«Mi state spezzando il cuore tutte due» sbottò Helen. «E che dire di me, allora? Ero in lizza nel concorso per le dieci donne più eleganti dell’anno.»

Buzz la guardò. «E tuo padre? Era presente quando Tubber ha maledetto la radio. Non si rende conto di quello che succede?»

«Per il cinquanta per cento sì, mi pare» rispose Helen. «In realtà lui pensa che Tubber sia un agente del Complesso Sovietico inviato in America per sabotare la nostra industria. Vuole che l’Associazione Stephen Decatur compia un’indagine e inoltri le informazioni raccolte all’FBI. Mulligan è d’accordo con lui, naturalmente.»


Ed Wonder chiuse gli occhi per nascondere la sua pena. «Oh, splendido. Me li immagino quei quattro fanatici andare a ficcare il naso nella tenda di Tubber. Le nuove maledizioni volerebbero come uno stormo di folaghe.»

«L’Associazione non è fatta di fanatici, come sostieni tu» ribatté Helen, ma senza metterci troppa convinzione.

Buzz ammiccò attraverso il fumo del sigaro appena acceso. «E da chi è composta allora?»

Helen scoppiò a ridere all’improvviso. «Da ciarlatani!»

Buzz la guardò strabiliato. «Credo che potresti diventarmi simpatica» disse unendosi alla risata.

«Va bene, va bene» disse Ed. «Dobbiamo fare qualcosa. Ve ne rendete conto, sì o no?»

«Sì, certo» rispose Buzz. «Ma che cosa?»

«E se andassimo tutti insieme a trovare Tubber?» propose Helen accigliata.

Ed alzò una mano interrompendola. «È inutile che tu vada avanti, per favore. Eccoci qua seduti tutt’e tre insieme. Helen l’ha fatto andare in furia con il risultato di far esplodere la Moda Domestica e provocare, a lungo andare, il crollo dell’industria tessile e dei cosmetici. Buzz l’ha fatto arrabbiare e il risultato è stato la fine della radio e della televisione. Accalorato dalla discussione io ho parlato troppo e il risultato è stato identico: si è infuriato, e l’industria cinematografica è andata in malora. Con questi precedenti, pensate davvero che uno di noi tre possa anche solo avvicinarglisi di nuovo? Mi sembra che noi tre siamo diventati l’occasione accidentale di un fenomeno di cui l’intera razza umana gode i benefici.»

Buzz borbottò fra i denti: «Penso che tu abbia ragione, amico.»

«Eppure, dobbiamo fare qualcosa» protestò Helen.

«Che cosa?» chiese dubbioso Buzz.

«L’unica mossa intelligente a cui potrei pensare ora» propose Ed «è di ordinare ancora da bere.»

Erano a quel punto. Tutti convinti che si dovesse fare qualcosa. E la proposta migliore era quella di berci sopra.

Ed, infine, li lasciò fermi a quella soluzione e prese un taxi per raggiungere la Volksair che aveva lasciato la sera prima vicino al luogo del tentato linciaggio. Sembrava fosse sopravvissuta bene al fuoco incrociato della furia popolare e degli idranti dei pompieri.

Tornato sulla scena del linciaggio, Ed si chiese il perché di quell’esplosione collettiva d’isterismo: come mai normali cittadini perbene avevano potuto perdere completamente la testa solo per non essere riusciti a vedere un film dopo aver fatto la coda? All’inferno, si era alla fine del Ventesimo secolo e non nei giorni delle guerre fra indiani e visi pallidi. Non si lincia un uomo solo perché lo si sospetta responsabile del mancato divertimento di una serata.

O invece sì? Che cosa gli aveva detto uno di quegli esaltati? “Sono tutti sull’orlo di un precipizio.”

Tutto questo non aveva senso, per Ed Wonder. È vero, lui aveva molta familiarità con il mondo della radio e della TV e sapeva che la maggior parte dei cittadini dipendeva, per i propri divertimenti, dagli spettacoli radio-televisivi. Però Ed Wonder era un attore, non un destinatario passivo di quegli spettacoli e, sia pure inconsciamente, disprezzava i suoi ascoltatori. Per lui, la radio e la televisione erano solo un lavoro che faceva insieme ai colleghi.

Di ritorno al suo appartamento, si ricordò di fare un salto al bar dell’angolo a comprare il giornale, prima di salire in casa. Il proprietario gli aveva messo da parte una copia, altrimenti, come il giorno prima, non avrebbe trovato niente. L’edizione del mattino del “Times Tribune” era già esaurita.

Si fece la doccia e la barba, e indossò un abito pulito. Poi, prima di sedersi a leggere, si ordinò una birra, dato che l’effetto dell’alcol che aveva bevuto con Helen e Buzz cominciava a dileguarsi. Il bar automatico non diede il minimo segno di reazione; Ed guardò sorpreso l’apparecchio. Il bar era in grado di fornire quaranta tipi diversi di bevande e funzionava grazie a una centrale di distribuzione che riforniva tutti i bar automatici di quel quartiere. Anche la cucina automatica funzionava allo stesso modo. Compose allora sul dispositivo l’ordinazione di un aperitivo, e ottenne lo stesso risultato.

Seccato, si avviò al telefono e chiamò il centro di distribuzione. Una bionda cenere molto imbarazzata apparve sullo schermo e, prima che Ed potesse aprire la bocca, disse in fretta: «Sì, lo sappiamo. Il suo bar automatico non funziona. Disgraziatamente le scorte sono esaurite a causa di un imprevedibile aumento dei consumi. I rifornimenti da Super New York dovrebbero arrivare al più presto. Grazie per la cortese segnalazione.» La ragazza scomparve.

Ed Wonder emise un grugnito e si sedette a leggere. Imprevedibile aumento, eh? In fondo, non era sorprendente. Senza nient’altro da fare, la gente aveva aumentato il consumo di alcolici. A pensarci, anche lui aveva bevuto molto più del solito.

Il giornale non faceva il minimo accenno alla vera natura del guasto universale che aveva bloccato i mezzi di comunicazione di massa. Nessun accenno. Evidentemente, Buzz De Kemp era l’unico giornalista al mondo a sapere la verità, ma il capocronista gli aveva impedito con minacce di fare il nome di Ezechiele Giosuè Tubber e di parlare di nuovo delle sue maledizioni. L’AP-Reuter e le altre agenzie di stampa internazionali non avevano informazioni di sorta. Dotti articoli, su interminabili colonne, si affannavano a dimostrare questa o quella teoria, dalle macchie solari a interferenze radio da sistemi stellari lontani, a sinistri complotti da parte del Complesso Sovietico o dell’Europa Confederata, miranti a spezzare l’equilibrio americano mediante la sottrazione all’uomo della strada del giusto e riposante passatempo. Come agissero queste oscure cause su radio e TV era un mistero. Alcuni commentatori, polemizzando con la terza ipotesi, facevano notare che l’interruzione dei programmi radio e televisivi interessava anche l’intero Complesso Sovietico e tutta l’Europa Confederata.

Per di più, le conseguenze si facevano sentire con maggiore gravità fuori degli Stati Uniti del Benessere del Nordamerica. In Inghilterra, per esempio. C’erano stati disordini a Londra, Manchester e Birmingham. Disordini senza ragione, senza motivazioni plausibili. Non erano diretti contro qualcosa o qualcuno: erano solo risse di folle immense che non avevano nient’altro da fare.

Ed Wonder sentì lungo la spina dorsale il brivido dell’apprensione. La sera prima aveva visto all’opera una di queste folle. Era stato addirittura malmenato lui stesso.

Scorse rapidamente il giornale in cerca del pezzo sul tentato linciaggio del disgraziato operatore, colpevole di non aver proiettato il film. Non gli fu facile trovare il pezzo, e ne rimase sorpreso. Ed pensava che il fatto meritasse d’apparire in prima pagina, specialmente in una cittadina di provincia come Kingsburg. Probabilmente era stato l’unico tentativo di linciaggio in tutta la storia di Kingsburg. E invece la cronaca del linciaggio era relegata in una pagina interna, redatta in poche righe e in modo tale da far passare l’incidente più per uno scherzo che per un’incredibile violenza conclusa con l’intervento dei pompieri e dozzine di arresti.

Ed capì subito il perché. Il fatto era stato minimizzato deliberatamente. I governatori della città, o chi per loro, non volevano far sapere al popolo quanto fosse facile e divertente dedicarsi alle risse collettive. Bisognava ammetterlo: quando i disordini della sera prima erano giunti al parossismo, quella folla si stava godendo al massimo la gioia dell’azione collettiva; tutti quanti, uomini, donne e ragazzi.

Ritornò alla prima pagina. Il Presidente si era arrampicato sugli specchi per spiegare il disastro della radio e della televisione. Alla volta del cinema non era ancora arrivato. Quando sarebbe venuta l’ora della spiegazione, le parole del Presidente sarebbero state una vera delizia. Le macchie solari potevano interferire con la TV? Certamente. Era possibile. O potentissime emanazioni di onde radio dallo spazio? Sì. Possibilissimo. Ma il cinema? Come avrebbe spiegato il fatto che le immagini della pellicola cinematografica non si riproducevano più sugli schermi come al solito?

Ed scosse la testa. Era molto felice di non essere il capo del governo degli Stati Uniti del Benessere.

C’era un’altra notizia da Super Washington. Un appello della Casa Bianca a tutti gli attori in pensione, artisti del circo, veterani del teatro vaudeville, musicisti, cantanti e tutti quelli anche lontanamente collegati all’industria dello spettacolo; tutti questi dovevano presentarsi immediatamente al teatro della scuola più vicina. C’era un codicillo, al termine dell’appello. Coloro che non si fossero presentati subito avrebbero perso il diritto alla pensione o ai sussidi contro la disoccupazione.

Ed si fregò il naso con un dito, pensoso. L’appello riguardava anche lui. Doveva presentarsi. Era una conclusione ovvia. La maledizione della radio e della TV aveva pochi giorni di vita, ma già a Super Washington stavano correndo ai ripari. Ed si chiese, con una punta di disagio, quanto gravi fossero stati i disordini in Inghilterra.

Andò in cucina e si ordinò un pasto leggero. Trovò che non sapeva di niente benché da più di ventiquattrore non avesse mangiato un boccone decente. Ne lasciò metà e gettò piatti e avanzi nella pattumiera.

Ciò di cui aveva veramente bisogno era qualcosa da bere. Stava diventando una spugna come Buzz, o come Helen. A proposito di Helen, che strano! Quegli ultimi giorni, chissà come, avevano modificato i suoi sentimenti nei confronti della ragazza. Sì, Helen continuava a piacergli, ma non c’era nessuna passione vera in quel sentimento. E pensare che una settimana prima Helen era il pensiero più importante nella sua mente.

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