«Un raduno religioso sotto la tenda!» esclamò la ragazza incredula. «Pensavo che fossi arrivato al massimo dell’aberrazione, quando mi hai proposto di assistere al congresso degli esperti di foglie di tè, e invece…»
«Era l’Associazione dei Precognitori» la interruppe Ed, con aria infelice. «E si trattava di cristalloscopia, non di foglie di tè.»
«Non c’è limite alla tua pazzia. Chi ti ha messo in testa che sarei disposta a venire con te ad ascoltare un fanatico che fa propaganda religiosa, Piccolo Ed Wonder?»
Ed le spiegò velocemente la situazione. Le disse che avrebbe lasciato andare volentieri Mulligan al suo posto, se non ci fosse stata di mezzo l’Associazione Stephen Decatur. Le disse di aver pensato che lei sarebbe stata felice di mettersi a disposizione dell’Associazione, che sarebbe stato un fastidio molto breve, che lui era capace di riconoscere un sovversivo appena apriva bocca, che lo sapeva fare fin dall’infanzia, e che in terza elementare aveva denunciato due compagni di scuola come comunisti camuffati.
All’ultima spiegazione, Helen sembrò finalmente disposta a cedere e accennò una smorfia con le labbra. «Va bene, furbacchione. Ma è meglio che papà non ti senta parlare in tono così frivolo. Lui prende l’Associazione molto sul serio. Mentre vado a incipriarmi il naso, prepara un martini. Ne avremo certo bisogno. Eppure, propaganda religiosa… mah!»
Più tardi, nella Volksair, la ragazza chiese: «Quando smetterai di lavorare a ore impossibili, Piccolo Ed? Credevo che una volta lanciato il programma alla radio, contassi di metterlo in televisione la domenica mattina.»
«Ci conto ancora» rispose Ed «ma chissà per quale motivo quel grassone di Mulligan non la pensa allo stesso modo. Non si rende conto di quanta sia la gente che va matta per queste fesserie. Metà della popolazione del nostro Paese crede in una o in un’altra delle teorie che porto al microfono. E si tratta proprio di gente che passa metà della vita davanti allo schermo di quelle stupide scatole.» Tossicchiò. «Ecco, se potessi convincere tuo padre a metterci una mezza parola…»
«Oh, ma a papà non importa proprio niente della radio e della televisione» lo interruppe Helen poco interessata. «È vero che è il proprietario della stazione trasmittente. Ma è anche proprietario di un mucchio di altre cose. Quello che lo interessa veramente è l’Associazione. La settimana scorsa è andato al Congresso nazionale di Los Angeles, e ora sta mettendo in giro la voce che fra i soci della costa occidentale si sono infiltrati elementi di sinistra. E sai perché? Perché hanno approvato una risoluzione in cui si afferma che Goldwater non è rosso nemmeno un po’.»
Raggiunsero le zone non edificate della periferia. Proprio al centro di uno spiazzo libero era stata eretta una tenda da circo, di media grandezza. Quando si furono avvicinati, si accorsero che dietro alla tenda grande ce n’era una più piccola.
«Santo cielo!» esclamò Helen. «Possibile che qualcuno viva in quella tenda, come fanno gli zingari?»
Le aeromobili parcheggiate nello spiazzo intorno alla tenda erano pochissime. E infilò il suo scarafaggio fra le vetture già parcheggiate e spense il motore e le luci. «Mi pare che la predica sia già cominciata» disse.
«Quando comprerai un’aeromobile vera, Piccolo Ed?» chiese Helen. «Mi sembra di essere una lucertola quando devo strisciare dentro e fuori da questo trabiccolo.»
Trattenendo il respiro per sfilarsi da sotto il volante, Ed borbottò: «Quando sarò ricco, tesoro, quando sarò ricco.»
La prese sottobraccio per accompagnarla a quello che evidentemente era l’ingresso della tenda più grande.
«Ricordati che dobbiamo fare un’entrata e un’uscita talmente rapide da far pensare che siamo due fantasmi» gli disse Helen.
All’ingresso c’era un piccolo comitato addetto a ricevere gli ospiti, due donne di mezza età e una ragazza. Non bloccavano completamente il passaggio, ma era quasi impossibile non fermarsi un attimo prima di entrare.
Una delle due donne di mezza età fece una smorfia che probabilmente voleva essere un sorriso, e chiese: «Cari fratelli, siete pellegrini sulla via di Elisio?»
Ed ci pensò sopra un istante, poi rispose: «Credo di no.»
Helen fu più esplicita. «Per quanto riguarda me, lo so benissimo, e la risposta è no» disse.
Ed Wonder le lanciò un’occhiata, temendo che si fosse scolata un paio di martini prima del suo arrivo. Quando Helen alzava il gomito, poteva diventare pericolosa.
L’uscita di Helen suscitò una reazione inattesa. La più giovane del trio si mise a ridere divertita e le disse: «Temo proprio che non sia sulla via giusta, almeno per ora.» Tese una mano. «Sono Nefertiti Tubber» si presentò. «La Voce della Verità che parla stasera è mio padre.»
«Non solo stasera» intervenne una delle altre due donne. «Ezechiele Giosuè Tubber è sempre la Voce della Verità. Il maestro che indica la via di Elisio.»
«Chiunque può diffondere la verità, Martha» la corresse Nefertiti con dolcezza.
«Io comincio a non capire più niente» disse Helen. «Comunque, entriamo a vedere il grande spettacolo.»
Ed Wonder strinse la mano che la ragazza gli aveva teso. La stretta era energica e morbida insieme, e gli procurò una sensazione sconcertante. «Nefertiti, eh?» chiese. «Le sta a pennello.»
La giovane Tubber probabilmente non capì l’allusione. Li seguì con lo sguardo, sorridendo, mentre entravano sotto la tenda, Helen avanti, Ed dietro. Helen si sedette senza esitazione in prima fila, e lui dedusse che doveva proprio aver già bevuto prima del loro incontro. Ed avrebbe preferito sedersi nell’ultima fila.
Il raduno era già cominciato da qualche minuto, e inizialmente i nuovi venuti fecero un po’ di fatica a capire di cosa stesse parlando il predicatore. Mentre aiutava Helen a togliersi il cappotto e a sistemarsi sulla sedia pieghevole di legno, un po’ traballante, Ed Wonder fece mentalmente una serie di scongiuri. Anche se le poche decine di persone presenti non avevano l’aspetto di fanatici tipo al-rogo-la-strega, tuttavia si augurò che filasse tutto liscio. Un raduno di proselitismo religioso era l’ultimo posto in cui avrebbe voluto fare gazzarra.
Parlando più piano di un suggeritore che sussurra le battute dalla sua buca sul palcoscenico, Helen disse: «Con quella barba che pare la celata di un elmo, assomiglia più ad Abramo Lincoln che a un predicatore.»
Ed la zittì. «Sst! Stiamo a sentire quello che dice.»
Anche uno spettatore dietro a loro fece sttt!. Helen si girò di scatto e lo fulminò con un’occhiata.
Per la verità, Ed dovette ammettere che la descrizione di Helen non era tanto sbagliata. Qualche tratto della faccia del predicatore ricordava Lincoln, una bellezza trascendente che illuminava l’assoluta bruttezza dei lineamenti. Una malinconia infinita.
Il vecchio predicatore continuava a parlare. «…comunque sia organizzato il sistema di rappresentanza o di delega delle funzioni di governo, si crea inevitabilmente l’alienazione di una parte delle libertà dei cittadini…»
Helen disse di nuovo la sua: «Che cos’ha indosso, una tonaca fatta con sacchi di juta?»
«…tutti i partiti politici, senza eccezione, nell’atto stesso di battersi per conquistare il potere, sono esempi di assolutismo.»
Helen afferrò questa frase e intervenne a voce alta: «Anche il partito comunista?»
Tubber, Ed aveva deciso che si trattava di Ezechiele Giosuè Tubber in persona, s’interruppe e abbassò gli occhi su Helen con uno sguardo gentile. «Specialmente il partito comunista, cara sorella» disse. «Il comunismo non riconosce che, se è vero che l’uomo è un essere sociale tendente all’eguaglianza, è anche vero che l’umanità aspira all’indipendenza. La proprietà nasce dal desiderio dell’uomo di affrancarsi dalla schiavitù del comunismo, che è la forma più primitiva della società umana. Ma la proprietà, a sua volta, va fino alle estreme conseguenze e viola l’uguaglianza attribuendo una posizione di potere alla minoranza privilegiata.»
Se la risposta avesse soddisfatto o no Helen, Ed non lo sapeva, comunque non riusciva a capire che cosa avesse a che fare con la religione tutto quel discorso.
«Non so che cosa voglia, ma è certo che non è un rosso» sussurrò a Helen. «Andiamocene.»
«No, aspetta un momento. Voglio sentire ancora un po’ quello che ha da dire. Com’è possibile che un vecchio caprone pelle e ossa come lui abbia messo al mondo quella bella ragazza che abbiamo incontrato all’entrata? Dimostra almeno ottant’anni!»
Un altro ascoltatore dietro a loro intervenne. «Per favore, cari fratelli, non riusciamo a sentire la Voce della Verità!»
Questa volta Helen non si curò nemmeno di voltarsi, ma per il momento rimase zitta, con grande sollievo di Ed che cominciava a immaginarsi la scena di loro due portati di peso fuori dalla tenda; e se c’era qualcosa che Ed Wonder odiava era la violenza, specie se esercitata nei suoi confronti. Concentrò di nuovo l’attenzione sulle parole di Tubber che sembrava giunto al nocciolo della questione.
«Per questo noi proclamiamo che bisogna incamminarsi sulla strada di Elisio. È diventata tale la nostra brama di possesso, la nostra folle, disperata corsa alla ricchezza, alla proprietà, ai beni materiali, che stiamo trasformando questa terra promessa, donata ai nostri antenati dalla Grande Madre, in un vero e proprio deserto. Il nostro Paese ha già sfruttato un terzo della fertilità che il suolo aveva quando i Pellegrini vi sbarcarono. Il consumo di petrolio è triplicato dalla fine della seconda guerra mondiale, e benché gli Stati Uniti possiedano solo un settimo dei giacimenti accertati sulla Terra, nella nostra follia stiamo consumando più della metà della produzione mondiale. Un tempo eravamo i maggiori esportatori di rame e ora ne siamo diventati i principali importatori; le nostre riserve, un giorno enormi, di piombo e zinco, sono ora così depauperate che lo sfruttamento delle miniere è diventato anti-economico.
«Ma lo spreco continua senza posa, La domanda di una sempre maggior quantità di beni di consumo continua incessantemente. “Consumate! Consumate!” ci dicono. “Cercate la felicità materiale, desiderate cose nuove. Consumate! Consumate!” c’impongono. Milioni di dollari sono inghiottiti dagli uffici di pubblicità di Madison Avenue, per una perversione che costringe il nostro popolo ad allargare le sue richieste, a chiedere sempre più cose di cui non ha bisogno. Cari fratelli, sapete che in questo folle tentativo di attirarci nella trappola di un consumo sempre crescente, coloro che traggono vantaggio dal nostro modo di vivere spendono cinquecento dollari all’anno per ogni famiglia degli Stati Uniti solo per confezionare i prodotti venduti? Cinquecento dollari all’anno per famiglia, investiti in materiale che viene gettato via! E sapete, cari fratelli, che i nostri simili in terre come l’India godono di un reddito pro capite di soli trentasei dollari all’anno?»
Ora si era scaldato davvero, pensò Ed Wonder. E ciò nonostante, il suo discorso aveva ancora poco a che fare con la religione. A parte il riferimento incidentale alla Grande Madre, e l’abitudine che aveva Tubber di rivolgersi ai suoi fedeli con l’espressione “cari fratelli”, sembrava più una critica alla società che un appello a cercare la salvezza dell’anima.
Ed sbirciò Helen. Pensò che l’aria fresca stesse ormai per avere il sopravvento sui fumi dell’alcol che prima la ottenebravano, e che presto la ragazza sarebbe stata pronta a rifare il pieno nel più vicino bar automatico. Aveva anche l’impressione che stesse afferrando soltanto una frase su tre della diatriba di Tubber, nonostante la fronte aggrottata che denunciava profonda concentrazione.
«…consumi frivoli. Spendiamo più per cartoline illustrate che per la ricerca medica. Più per il fumo, il gioco d’azzardo e il bere che per l’istruzione. Più per gioielli e orologi che per la ricerca scientifica di base…»
«Non è un sovversivo» sussurrò Ed. «È solo uno scontento cronico. Che ne diresti di andarcene?» E per essere più convincente, aggiunse: «Possiamo fare un salto al bar automatico più vicino.»
Helen non lo stava nemmeno ad ascoltare. La sua voce risuonò chiara e distinta. «Ma di che cosa si lamenta, nonnino? Gli Stati Uniti hanno il più alto grado di benessere del mondo intero. Nessuno se l’è mai passata meglio di così.»
Si fece un profondo silenzio.
Nemmeno gli “sst!” sussurrati alle loro spalle riuscirono a romperlo.
Il vecchio dalla faccia gentile e l’espressione malinconica, che aveva dipanato i suoi argomenti con voce calma e persuasiva nonostante il tono fortemente polemico, sembrò improvvisamente crescere di parecchi centimetri in altezza e di una decina di chili di peso. Per un attimo, Ed si chiese scioccamente se la pedana avrebbe resistito.
«Avevi detto Abramo Lincoln?» sussurrò a Helen. «A me pare che assomigli di più a Giove che scaglia i fulmini sulla Terra.»
Helen stava per rispondere, ma le sue parole furono sommerse dalla voce di tuono di Ezechiele Giosuè Tubber.
«Alto grado di benessere, lei dice! È benessere avere un’aeromobile nuova ogni due o tre anni, mentre la vecchia viene gettata alle ortiche? È benessere che una donna debba possedere almeno mezza dozzina di costumi da bagno per non sentirsi miserabile? È benessere che gli utensili vengano fabbricati in modo tale che è quasi impossibile arrivare a casa dal negozio prima che vadano in pezzi? Obsolescenza pianificata, la chiamano… In verità, in questa falsa corsa al benessere noi cittadini degli Stati Uniti abbiamo consumato negli ultimi quarant’anni più risorse disponibili sulla Terra di quante ne abbia consumate l’intera umanità nella sua storia dalle origini al 1914. Cara sorella, questa è pazzia. Bisogna prendere la strada di Elisio!»
Ed la tirò per un braccio e la scosse, ma Helen non gli diede retta. «Non mi chiami cara sorella, nonnino. Il fatto che lei viva in una tenda e si vesta di sacchi di juta, non è una buona ragione per credere che anche gli altri vogliano fare lo stesso.»
Ezechiele Giosuè Tubber sembrò crescere di altri quindici centimetri. «Non sei stata capace di ascoltare la Verità, donna vana. Non ho forse detto che i doni della Grande Madre vengono gettati al vento nel nome della vanità? Guarda te stessa, guarda il tuo vestito, che indosserai sì e no cinque o sei volte, prima di abbandonarlo per una nuova moda, per un nuovo stile. Guarda le tue scarpe, così fragili da richiedere la cura del calzolaio dopo pochi giorni. Guarda la tua faccia, ritoccata da numerose creme acquistate a prezzi favolosi e sempre a costo di uno spreco dei doni della Grande Madre. Non ho detto, prima, che le nostre scorte di rame sono quasi esaurite? Eppure, ogni anno le donne buttano via centinaia di milioni di astucci da rossetto fatti con ottone. L’ottone è in gran parte composto di rame! Prendi la strada di Elisio, donna vana!»
«Senti, Helen…»
Helen ormai c’era dentro fino al collo. Si era alzata e sghignazzava in faccia al profeta furibondo.
«Se quella sua figlia che sta all’ingresso usasse un po’ di rossetto, forse in questo momento si godrebbe la compagnia di un uomo, invece di starsene a far niente davanti a una tenda. E può tuonare da quella pedana per tutta la notte su questa storia della via che conduce alla Grande Madre, o dove vuole lei, ma non riuscirà a convincere me o chiunque abbia quel pizzico di buon senso che permette di cercare di avere l’aspetto più attraente possibile. Il numero delle persone che tiene ad avere una faccia presentabile continua a crescere, e lei non ci può fare niente.»
«Andiamocene di qui» implorò Ed. Si era alzato anche lui e cercava di trascinare Helen nel passaggio fra le sedie, per raggiungere l’uscita. Di nuovo, come uno sciocco, si chiese come quella malferma pedana di legno potesse reggere il peso e il furore di Ezechiele Giosuè Tubber. Mentre cercava di trascinare via Helen, i suoi occhi vagarono sulle facce degli spettatori impietriti dallo stupore.
Tubber trattenne il respiro per qualche istante, poi la sua voce esplose in un tuono che avrebbe coperto i boati di un vulcano in eruzione.
«In verità, ora, maledico la vanagloria delle donne. In verità io dico che mai più tu troverai piacere nella vanità della tua persona. In verità mai più tu ti compiacerai di dipingerti il volto e di vestire abiti di ricercata eleganza.»
Per la prima volta negli ultimi cinque minuti si alzò un mormorio dal gruppo dei fedeli che apparentemente erano rimasti di ghiaccio di fronte alla temerarietà di Helen.
Una voce, terrorizzata, sussurrò: «…il potere…»