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Il giorno dopo, Gunnar buttò nel fuoco il Grande Cifrario, su urgente richiesta di Franz, avallata da Cal e Saul, ma solo dopo averlo microfilmato. Da allora l’ha inserito più volte nei suoi elaboratori e l’ha fatto studiare variamente da specialisti di semantica e di linguistica, ma senza compiere alcun passo in avanti verso la decifrazione del codice, ammesso che il codice esista. Recentemente ha confidato agli altri: — Si direbbe quasi che Thibaut De Castries avesse creato l’araba fenice dei matematici, una serie di numeri completamente casuali.

Risulta che ci sono esattamente cinquanta simboli. Cal ha fatto osservare cht cinquanta è il numero complessivo delle facce di tutti e cinque i solidi pitagorici o platonici. Ma quando le è stato chiesto a cosa portava quel fatto, non ha saputo far altro che alzare le spalle.

All’inizio, Gunnar e Saul non poterono fare a meno di chiedersi se per caso non fosse stato Franz a fare a pezzi tutti i suoi libri e le sue carte, in una specie di passeggera crisi psicotica. Ma poi conclusero che era un’impresa impossibile, o almeno impossibile da realizzare in così poco tempo. — Quella roba era macinata come se fosse stata segatura.

Gunnar ha conservato qualche campione di quegli strani coriandoli: frammenti irregolari, aventi un diametro massimo di tre millimetri… ben diversi dai rifiuti di una macchina tranciadocumenti, per quanto perfezionata. (E questo sembra eliminare il sospetto che lo Stracciafogli di Gunnar, o qualche altra superacuta macchina italiana, avesse lo zampino, chissà come, nella faccenda.)

Gunnar ha smontato anche il binocolo di Franz (chiamando in aiuto un suo amico specialista di ottica, che tra le altre cose aveva studiato e risolto l’enigma del famoso Teschio di Cristallo); ma non hanno trovato tracce di manomissione. L’unica circostanza notevole era la meticolosità con cui erano stati frantumati i prismi e le lenti. — Ridotti come segatura anche quelli?

Gunnar trovò una lacuna nel resoconto particolareggiato che Franz gli fece non appena si sentì meglio. — Non si possono vedere i colori dello spettro alla luce della luna. I coni della retina non sono abbastanza sensibili.

Franz replicò, piuttosto seccato: — Moltissime persone non riescono neppure a vedere il lampo verde del sole al tramonto. Eppure, qualche volta c’è.

Il commento di Saul fu: — Bisogna proprio concludere che c’è una briciola di senso in tutto quello che dicono i pazzi. — Franz: — I pazzi? — Saul: — Sì, tutti noi.

Saul e Gunnar abitano ancora all’811 Geary. Non hanno più incontrato altri fenomeni paramentali, almeno per ora.

Anche i Luque sono ancora là. Dorotea tiene segreta l’esistenza dei ripostigli delle scope, soprattutto al proprietario del palazzo. — Se lo sapesse, mi chiederebbe di affittarli a qualcuno.

La storia di Fernando, così come la tradussero alla fine Dorotea e Cal, era semplicemente questa. Lui aveva notato il piccolo armadietto poco profondo nel ripostiglio delle scope mentre spostava gli scatoloni per fare spazio, e gli era rimasto impresso nella mente (“Muy misterioso!”); perciò, quando aveva avuto l’impressione che la casa di Miistar Juestón fosse infestata, se n’era ricordato e si era affidato al proprio intuito. L’armadietto, a giudicare dalle macchie sul fondo, una volta aveva contenuto lucidi per mobili, ottoni e scarpe, e poi, per quasi quarant’anni, soltanto il Libro cinquanta.

I tre Luque e gli altri (nove in tutto, con le donne di Gunnar e di Saul: proprio il numero ideale per una classica festa alla romana, come osservò Franz) finirono con l’andare veramente a fare un picnic su Corona Heights. Ingrid, la donna di Gunnar, era alta e bionda come lui, e lavorava all’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente; finse di essere molto impressionata dal Museo Junior. Invece Joey, la donna di Saul, era una piccola dietologa dai capelli rossi, molto attiva nella filodrammatica del quartiere. Corona Heights, adesso, sembrava molto diversa, dopo che le piogge dell’inverno l’avevano rinverdita. Eppure trovarono i sorprendenti ricordi di un periodo più tetro: incontrarono le due bambine col sanbernardo. Franz impallidì leggermente al vederle, ma si riprese subito. Bonita giocò un po’ con loro, fingendo cortesemente di divertirsi, nel complesso fu abbastanza piacevole, ma nessuno andò a sedersi sullo Scanno del Vescovo o vi frugò sotto alla ricerca delle tracce di una vecchia inumazione. In seguito, Franz commentò: — Qualche volta penso che l’ordine di non smuovere le vecchie ossa stia alla base di tutto il para… il sovrannaturale.

Cercò di mettersi di nuovo in contatto con Jaime Byers, ma né le telefonate e neppure le lettere ottennero risposta. Poi venne a sapere che il ricco poeta e saggista, accompagnato da Fa Lo Suee (e anche da Shirl Soames, a quanto pareva) era partito per un lungo viaggio intorno al mondo.

— C’è sempre qualcuno che lo fa, alla conclusione di un racconto d’orrore sovrannaturale — commentò acido, con un umorismo un po’ forzato. — Il mastino dei Baskerville, eccetera. Mi piacerebbe tanto sapere chi erano i suoi informatori, a parte Klaas e Ricker. Ma forse è meglio non approfondire.

Adesso, lui e Cal hanno preso un appartamento un po’ più in alto, su Nob Hill. Anche se non si sono sposati, Franz giura che non vivrà mai più solo. Non volle più saperne di dormire un’altra notte nella stanza 607.

A proposito di quello che Cal udì e vide (e fece) alla fine, lei dice: — Quando sono arrivata al terzo piano, ho sentito Franz che cominciava a urlare. Io avevo la sua chiave. C’erano tutti quei brandelli di carta che gli turbinavano intorno, come un vortice. Ma al centro lo stringevano, e formavano una specie di colonna solida e sottile con un muso orrendo. E allora ho detto (pace all’anima di mio padre) le prime cose che mi sono venute in mente. La colonna è andata in pezzi come se fosse stata una piñata messicana ed è diventata parte dell’uragano di carta, che poi si è posato molto in fretta, come fiocchi di neve sulla luna. Sapete, aveva uno spessore di parecchi centimetri. Appena Saul mi aveva comunicato il messaggio di Franz, avevo capito che dovevo andare da lui al più presto possibile, ma solo dopo che avevamo eseguito il quinto concerto brandeburghese.

Franz pensa che il quinto concerto brandeburghese, in qualche modo, l’abbia salvato, insieme alla pronta azione di Cal: ma non sa spiegare come possa essere accaduto. Cal si limita a dire: — Ritengo una fortuna che Bach avesse una mentalità matematica e Pitagora un’anima musicale.

Una volta, comunque, ha detto: — Sai, i talenti attribuiti alla “giovane amante polacca del padre” di De Castries (e sua dama misteriosa?) corrisponderebbero pari pari a quelli di un essere formato interamente da brandelli di libri occulti scritti in molte lingue: straordinaria conoscenza di quelle lingue, eccezionale conoscenza del bizzarro, profonde doti di segretaria, una tendenza ad andare in pezzi come una bambola esplosiva, il velo nero a pois e tutto il resto… uno spietato animale notturno, tuttavia con una sapienza che risale all’Egitto, con un virtuosismo erotico (davvero, sono un po’ gelosa), una grande conoscenza della cultura e dell’arte…

— E una stretta troppo forte! — l’ha interrotta bruscamente Franz, con un brivido.

Ma Cal ha incalzato, con una sfumatura di malizia: — E poi, il modo in cui tu l’accarezzavi intimamente dalla testa ai piedi e le parlavi amorosamente prima di addormentarti… non c’è da meravigliarsi, se si è eccitata!

— L’avevo sempre saputo, che un giorno o l’altro saremmo stati scoperti. — Franz cercò di cavarsela con una battuta scherzosa, ma la mano gli tremava un po’ mentre si accendeva una sigaretta.

Dopo, per un certo tempo, Franz fu sempre molto attento a non lasciare mai sul letto un libro o una rivista. Però, proprio l’altro giorno, Cal vi ha trovato una fila di tre volumi, sul lato più vicino alla parete.

Non li ha toccati, ma ne ha parlato con lui. — Non so se riuscirei ancora a sconfiggerla — ha detto. — Quindi sta’ attento.

Cal dice: — Il rischio esiste sempre.


FINE
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