20. In guerra

Quando gli uomini fanno i gradassi e i draghi volano, il risultato è sempre lo stesso: rossa guerra, molte morti e una quantità di cose rovinate e infrante. Ben poco viene deciso, molto va perduto e a tanti non resta che piangere. E tuttavia, per il resto di noi, sembra una cosa divertente.


Amundreth, Saggio di Secomber

Riflessioni sulla follia dei re

Anno dell’Altomanto

Mentre percorreva il passaggio, Ondreth si arrestò di colpo.

«Per il Trono del Drago!» sussultò, posando una mano sul braccio di Telarantra. «Cos’è quello?»

L’altro Mago della Guerra che divideva con lui il turno di guardia seguì la direzione del suo sguardo giù per il passaggio più lungo di tutto il rifugio, appuntandolo su ciò che in lontananza lo stava attraversando nel percorrere un corridoio trasversale.

«Direi che si tratta di Vangerdahast, della Signora di Arabel e di una donna sottoposta a incantesimo… altrimenti come farebbe a fluttuare supina a mezz’aria con gli occhi chiusi?» ribatté, con la consueta praticità.

«No, no», insistette Ondreth, in tono eccitato. «L’ho vista cambiare forma durante la battaglia! Quello è il drago che ci ha recato tanto danno!»

«Ma davvero?» commentò Telarantra, a bassa voce.

L’incantesimo che serrò Ondreth Malkrivyn in una morsa gelida risultò improvviso quanto inaspettato e prese a prosciugare la sua forza vitale prima ancora che avesse il tempo di parlare o di sollevare una mano.

L’ultima cosa che vide, mentre il mondo circostante si faceva indistinto, fu il sorriso trionfante di Telarantra che, china su di lui, stava adagiando con delicatezza sul pavimento il suo corpo che avvizziva progressivamente.

«Addio, stolto», gli disse la maga, quasi con affetto. «Sappi che la Legittima Cospirazione apprezza il tuo sacrificio. Il mio prossimo incantesimo infrangerà la stasi di quel drago del canto… e allora vedremo come farà il nostro vecchio Mago Reale a cavarsela in una battaglia senza avere a portata di mano tutte le difese attivate del rifugio.»

Poi si volse e fece qualcosa, ma Ondreth Malkrivyn era ormai morto e non poté vedere di cosa si trattava… o avvertire la potente esplosione che seguì. Essa scagliò contro il soffitto il guscio vuoto a cui era ridotto il suo corpo e scosse tutto il passaggio, facendo piovere le piastrelle della volta, mentre pareva che il rifugio stesse cercando di saltare verso l’alto per congiungersi al cielo.

* * *

Anche se all’apparenza era immobile come una statua, dentro di sé Rhauligan stava quasi saltellando per l’impazienza, ma non si poteva interrompere la Regina Madre di Cormyr a metà di una frase… non quando la Reggente d’Acciaio era al suo fianco e stava fissando con occhi volutamente roventi un impaziente Arpista. Alusair arrivò addirittura a portarsi un dito alle labbra con fare imperioso mentre Filfaeril invitava Laspeera a rispondere.

«Adesso abbiamo chiare prove del sostegno fornito da Amn e Sembia» cominciò la Maga della Guerra più anziana di grado, «e inoltre i nobili che appartengono a questa “Legittima Cospirazione” si stanno facendo sempre più audaci, al punto che a mio parere avremmo visto snudare le spade apertamente già da molto tempo se non fosse stato per l’intelligenza dei più saggi fra loro. Uno dei nostri Sommi Cavalieri è morto per informarci che si sta elaborando un piano complesso che mira a uccidere tutti gli Obarskyr in modo tale da permettere ai cospiratori di ottenere il controllo del regno evitando un confronto disastroso o, soprattutto, una guerra civile una volta che tutto il Sangue Reale sia stato eliminato. L’intento è quello di massacrare tutti i pretendenti al trono tranne uno: il loro prescelto, un burattino dalla mente sottoposta a controllo. Non sappiamo con certezza quale dei Crownsilver, degli Huntsilver o dei Truesilver sia il loro candidato, ma puoi essere certa che…»

«Stiamo facendo tutto il possibile, naturalmente», interloquì con disinvoltura Caladnei, poi sospirò, allargò le mani come per sgombrare un tavolo immaginario… o forse la sua mente… e aggiunse: «Una delle mosse più audaci fra quelle a cui ha appena accennato Speera è stato un tentativo di rapire il giovane Azoun, effettuato con l’appoggio di maghi prezzolati. Esso è stato sventato da alcuni cavalieri e dai nostri maghi più fidati, che tengono sotto costante sorveglianza il re da lontano, “sorvegliando i custodi” che lo proteggono per rilevare qualsiasi segno di tradimento.»

«Se la sola protezione effettiva di Azoun fosse stata quella delle sue guardie del corpo», concluse con un altro sospiro, «l’attentato sarebbe certamente riuscito».

Poi accennò a girarsi verso Laspeera… ma di colpo sussultò e barcollò per il dolore.

Contemporaneamente, anche Laspeera si comportò nello stesso modo, un involontario gemito di angoscia che le sfuggiva dalle labbra mentre incespicava in avanti, e dalla parte opposta della stanza, dalla manciata di Maghi della Guerra e di Sommi Cavalieri di guardia all’interno delle porte, giunsero altre grida di dolore; uno dei maghi si accasciò addirittura sul pavimento, svenuto.

Rhauligan, Filfaeril e Alusair si protesero intanto per sorreggere le due maghe, e la Reggente d’Acciaio fu la prima a parlare.

«Cosa è successo?» chiese, in tono secco.

«Il rifugio», ansimò Caladnei, serrandosi le tempie. «Una scarica di energia magica violenta… molto massiccia! Noi siamo sintonizzati con le sue difese. Esse devono…»

«Essere crollate», concluse Laspeera, che era caduta in ginocchio, poi si sforzò di rialzarsi in piedi, pallida e sudata, e aggiunse: «Dobbiamo…».

Il gong posto vicino alla porta rintoccò. Immediatamente, Alusair e Filfaeril si girarono in quella direzione, assumendo in un istante posa ed espressione regale, e Rhauligan si affrettò a prendere Caladnei per un braccio per aiutarla a voltarsi a sua volta, perché quel gong significava che le guardie che si trovavano all’esterno avevano intercettato qualcuno che aveva un motivo legittimo per entrare.

Fra i Sommi Cavalieri e i Maghi della Guerra di guardia all’interno delle porte ci fu un affiorare di bagliori che indicavano l’attivazione di schermi magici mentre essi aprivano il battente di una fessura; subito dopo, il mago più anziano di rango mormorò un messaggio che la sua magia trasmise direttamente a Caladnei, in tono udibile per quanti le erano accanto: Un araldo, solo. Lo abbiamo spogliato e sondato con la magia. Indossa soltanto un tabarro che noi gli abbiamo dato.

«Fatelo entrare», ordinò Alusair, posando la mano sull’elsa della spada.

L’araldo, che fece il suo ingresso a piedi scalzi, palesemente nudo sotto il tabarro, era pallido in volto e aveva le labbra serrate, ma nessuno nella stanza riuscì a stabilire se quel pallore nasceva dall’ira o dalla paura.

La sola a non riconoscerlo fu Caladnei, in quanto quell’uomo era un araldo a pagamento sembiano professionista, che aveva alle spalle una lunga carriera ed era noto per la sua assoluta correttezza.

Badando a fermarsi a sei passi di distanza, l’araldo rivolse un profondo inchino alla Regina Madre e poi alla Reggente d’Acciaio, prima di sollevare la mano come se volesse racchiudervi l’aria, il gesto tradizionale che indicava la richiesta di parlamentare pacificamente.

«Parla», ordinò Alusair.

«Mi è stato detto», scandì per tutta risposta l’araldo, con voce altisonante, «di richiedere la presenza della Regina Filfaeril Obarskyr di Cormyr e della Reggente Principessa Alusair Nacacia Obarskyr nel Palazzo Thundaerlyn di Marsember, domani alla Prima Candela, per discutere del luminoso futuro di questo regno con alcuni nobili cormyriani fedeli al regno e preoccupati per Cormyr… nobili che rappresentano coloro che ora ospitano con ogni attenzione il piccolo Re Azoun e l’ex-Mago Reale».

Filfaeril e Alusair scoccarono una rapida occhiata a Caladnei, che scosse il capo per indicare loro che quell’affermazione doveva essere una menzogna, almeno per quanto riguardava Vangey.

Ritengo che noi vi si possa proteggere, se doveste accettare, comunicò mentalmente la maga alle due donne.

«Sarà nostro piacere recarci al Palazzo Thundaerlyn, all’ora indicata», replicò in tono pacato la Regina Madre, poi congedò l’araldo con un cenno.

Per un momento, questi parve sul punto di aggiungere altro, poi però si limitò ad annuire, a inchinarsi ancora e a lasciare la sala. Le due Obarskyr lo seguirono con lo sguardo, immobili come statue, finché le porte non si furono richiuse alle sue spalle.

«Speera?» chiese Caladnei, girando il capo.

Laspeera era ancora pallida, ma il suo sondaggio mentale era stato perfetto come sempre.

«Quell’uomo non sa nulla, tranne le parole che ha imparato a memoria, e non gli importa nulla di cosa esse implichino. Il messaggio gli è stato dato in forma scritta a Saerloon da una persona che non conosceva… un intermediario sembiano, a giudicare da quello che l’araldo ricorda del suo aspetto… ed è stato pagato profumatamente perché si affrettasse a venire a consegnarlo.»

«È una trappola», dichiarò Alusair.

«Questo è ovvio», convenne Filfaeril, in tono pacato.

«Allora dobbiamo mandare al vostro posto due Maghi della Guerra camuffati mediante magia?» suggerì Rhauligan.

«No», ribatté Alusair, scuotendo il capo. «Andremo di persona. Sono stufa e stanca che a Cormyr i pericoli si sviluppino sempre alle mie spalle o quando sono impegnata ad affrontare qualcosa d’altro… non riuscirò mai a mantenere il titolo di Reggente se mando gli altri a faticare o a morire al mio posto. Se il regno significa qualcosa per me, io ci dovrò essere.»

«Ben detto», approvò Filfaeril. «E tutte queste tue parole, così ben scelte, si applicano anche a me».

«Vostre Maestà», protestò Rhauligan, «sebbene il cuore mi si riempia di orgoglio nel sentirvi parlare così, pensate sia saggio che il regno corra il pericolo di perdervi entrambe in una sola volta? Che si debba rischiare la perdita di tutta la saggezza e influenza degli Obarskyr qualora voi… gli dei non vogliano… doveste essere abbattute entrambe?

«E anche se così mi espongo all’accusa di tradimento e alla morte», continuò, portando la mano a una fiala che aveva alla cintura, «posso osare di permettervi di mettere a repentaglio in questo modo le sorti del regno pur avendo il potere di impedirvelo?».

«Rhauligan», affermò con un sorriso la Regina Madre, posando in fretta la mano sul braccio di Alusair, per prevenire parole o azioni da parte sua, «la fedeltà e i servizi resi da te e da uomini che condividono i tuoi sentimenti e agiscono come te, sono la vera spina dorsale di Cormyr e il suo splendore, non il cognome che entrambe portiamo. Tuttavia, la verità è che io e mia figlia siamo entrambe sacrificabili finché un Azoun è vivo, al sicuro e guidato e istruito nel modo migliore, e tu devi confidare che lo sia».

Impulsivamente, Filfaeril venne avanti per stringere Rhauligan in un intenso abbraccio, e mentre lui rimaneva immobilizzato dalla sorpresa, gli ringhiò all’orecchio:

«Anch’io sono nauseata a morte di stare a guardare mentre potrei… dovrei… agire! Se Palazzo Thundaerlyn è una trappola, tanto meglio così. Il mio Azoun non avrebbe voluto che rimanessi inerte mentre il trascorrere dei giorni mi portava più vicina alla tomba… una cosa che lui non ha mai fatto! Se ti aiuterà a sentirti meglio, Rhauligan», continuò, allontanando da sé l’Arpista per guardarlo negli occhi, «potrai nasconderti all’interno di Thundaerlyn, pronto ad accorrere in mio aiuto in caso di bisogno… ma non puoi pararti davanti a me come uno scudo o rinchiudermi in un ripostiglio “per il mio stesso bene”. Ci siamo capiti?».

«Sì, signora», rispose Rhauligan, piegando a terra un ginocchio e portandosi alle labbra la mano di lei.

* * *

«Ti ho detto di stare indietro, Florin», ingiunse di nuovo la ragazza, quando il ranger si lanciò alla carica con la spada levata.

Nel frattempo le sue dita continuarono rapide a intessere un incantesimo… ma a pochi passi di distanza il suo duplicato finì per primo di eseguire il proprio, scagliandolo con un grido di trionfo.

Una luce fra il porpora e il rosso gli apparve fra le mani e saettò da ciascun dito sotto forma di un raggio dritto e sottile per trafiggere la ragazza che aveva intimato a Florin di stare lontano… solo per andare a sbattere contro qualcosa di invisibile che si trovava davanti al bersaglio, artigliando invano quella barriera per poi salire verso il cielo in un’onda crescente.

Florin Falconhand decise che era più prudente obbedire all’avvertimento e si affrettò a balzare all’indietro e su un lato rispetto alla ragazza che aveva lanciato l’incantesimo… e che stava ora riversando in esso la propria volontà e forse anche altre magie, le labbra ritratte in un ringhio silenzioso e il corpo scosso da un tremito simile a quello che faceva vibrare i fuochi generati dal suo incantesimo.

Mentre un sottile velo di sudore appariva su tutto il corpo della ragazza che stava scagliando fiamme, Florin provò a muovere un passo verso di lei… e subito l’altra ragazza identica ripeté la propria ammonizione, in un tono pungente e in certa misura familiare che indusse il ranger a socchiudere gli occhi con aria riflessiva.

Possibile che quello fosse… Elminster?

Il suo sguardo si spostò sulle magie che in alto si contrastavano a vicenda, osservando come i fuochi stessero venendo sospinti in alto e all’indietro, in modo che descrivessero una curva per ricadere sul loro creatore.

La ragazza sudata era consapevole del pericolo e stava già tenendo d’occhio il potere che ribolliva sopra di lei; all’improvviso si gettò di lato con un’imprecazione e smise di far fluire il fuoco… ma la minaccia che la sovrastava la seguì come un grande drago in picchiata, e le piombò addosso con uno schianto che fece tremare il prato.

Il terreno sussultò, facendo perdere l’equilibrio a Florin, e la ragazza colpita scomparve fra le fiamme urlando disperatamente mentre il suo duplicato, che le aveva scagliato contro quel cataclisma, rimase fermo e saldo sulle gambe.

Qualcosa di sconcertante si verificò poi in quell’inferno vorticante, e di colpo la ragazza in esse avviluppata si ritrovò singhiozzante al suolo a una ventina di passi di distanza… ancora avvolta nelle ultime, deboli lingue di fiamma del fuoco da lei stessa creato, che le erano rimaste aggrappate addosso ed erano state spostate insieme a lei.

Scoccata una rapida occhiata alla ragazza ferma in piedi, Florin si avviò verso quella avvolta dal fuoco, guardandosi alle spalle in attesa di un’ammonizione che non giunse.

Adesso le fiamme magiche si stavano spegnendo in fretta, e la ragazza che ne era stata avvolta stava percuotendo il terreno in preda al dolore, contorcendosi e piangendo… e il volto sporco di lacrime e di fuliggine che sollevò verso Florin risultò non avere più nulla di femminile.

Ignorando le volute di fumo che ancora salivano dai resti anneriti e cinerei delle sue vesti, Florin si lanciò sul ferito, e quando questi cercò di formulare una parola lo colpì sulla bocca con i pesci che aveva ancora in mano; nel tempo che impiegò a smettere di annaspare e di sputare, l’uomo si ritrovò con i polsi saldamente bloccati sotto le ginocchia del ranger.

«Elminster?» chiamò allora Florin, rivolto all’altra ragazza.

«In effetti sono proprio io», confermò una voce familiare. «Nessuno può sperare di ingannarti, coraggioso Florin!»

La risposta del ranger fu un rapido, rude sbuffo di derisione.

«Questo cane ha l’aspetto di uno stregone», osservò poi il ranger. «Devo ucciderlo subito?»

«No, mi serve ancora per un paio di cose. Ti dispiace tenerlo fermo?»

Mentre parlava, il mago perse ogni somiglianza con la giovane donna dal naso aquilino e tornò ad assumere i più anziani, maggiormente aquilini, segnati e quanto mai familiari tratti del Vecchio Mago di Shadowdale… che si chinò prontamente e, con un grugnito, sollevò da terra la ragazza ferita che aveva avuto fra le braccia quando era apparso.

«Hai intenzione di dirmi come mai siete arrivati tutti e tre esibendo la stessa forma?» domandò ancora Florin, scuotendo il capo. «E a chi essa appartenga veramente?»

«Non posso rispondere alla tua prima domanda», replicò tranquillamente Elminster. «Quanto alla seconda, la forma appartiene a questa ragazza… una ladra di Waterdeep, quindi attento alle tue tasche… che si chiama Narnra Shalace. Quello sotto di te è un Mago Rosso di Thay».

L’uomo più avvenente di Shadowdale accolse la notizia senza traccia di sorpresa.

«Qualcuno di voi intende fermarsi per mangiare una bella frittura di pesce?» chiese soltanto.

«Temo di non saperlo ancora, perché dipende dai capricci di una donna.»

«Una…?» cominciò Florin, abbassando lo sguardo sulla figura pallida e infranta che Elminster stava adagiando teneramente accanto a lui. «Questa Narnra?»

«Infatti. Ora bada a trattenere saldamente il Thayano. Sconfiggere il suo incantesimo è stato semplice, mi è bastato attingere agli incantesimi difensivi della mia torre, ma adesso devo concentrarmi per eseguire una magia alquanto difficile.»

«Lo spero proprio», mormorò il ranger. «Gli incantesimi trasandati conferiscono a un mago una cattiva reputazione… soprattutto quando il castello sbagliato viene raso al suolo, un migliaio di persone sbagliate viene ucciso, e così via.»

«Non ci sono da qualche parte delle dame su cui potresti esercitare adesso il tuo fascino fino a farle svenire», commentò in tono acido Elminster.

«Con questi?» ribatté Florin, inarcando le sopracciglia ed esibendo i pesci ancora gocciolanti.

Sospirando, il Vecchio Mago gli segnalò di fare silenzio ed eseguì l’incantesimo. Nel profondo silenzio che seguì, i due uomini videro il corpo di Narnra che si risanava lentamente… e le sue lesioni che si trasferivano su quello del Mago Rosso, che ancora si dibatteva nella stretta di Florin.

Mentre il Thayano iniziava a sussultare e a gemere di dolore, Narnra aprì gli occhi, fissò i due uomini e registrò l’integrità degli arti e l’improvvisa assenza di sofferenza fisica con meraviglia e crescente apprensione.

«Do… dove sono?» mormorò esitante. «Ero su un tetto… qualcosa è caduto.»

Prendendola per le spalle, Elminster l’aiutò con gentilezza a sollevarsi a sedere.

«È stata soltanto magia, ragazza, magia cattiva», spiegò.

Narnra intanto osservò con maggiore attenzione la sconosciuta vegetazione e i prati di Shadowdale, e il volto contratto dal dolore del Mago Rosso che giaceva accanto a lei. Tingendosi in volto di un pallore assoluto, si ritrasse di scatto dalle mani posate sulle sue spalle.

«Vuoi rimandarlo indietro in questo stato?» chiese Florin, a bassa voce, notando l’espressione sconvolta di Narnra.

«No», replicò Elminster, nello stesso tono. «Gli insegnerò qualcosa in fatto di magia e gli mostrerò il perché di alcune delle scelte morali che ho fatto, poi lo lascerò libero… e sarà lui a decidere la sua sorte, nel bene o nel male. Il mondo ha bisogno di Maghi Rossi nello stesso modo in cui ha bisogno dei vermi che divorano i cadaveri, ma proviamo a vedere se ci riesce di indirizzare almeno questo nel modo giusto. Perfino la mia signora, la Simbul, non li può uccidere tutti. Peraltro…» Interrompendosi, guardò verso sua figlia e aggiunse: «Questo mago ha cercato di ucciderti con i suoi incantesimi, poco fa, a Marsember. Metto la sua sorte nelle tue mani».

Poi batté un colpetto sul braccio di Florin per segnalargli di alzarsi e di farsi indietro, lasciando Narnra seduta di fronte al Mago Rosso.

«Sta’ indietro!» ringhiò la ragazza, scattando in piedi e indietreggiando per mettersi fuori dalla sua portata.

«Sono… troppo malridotto per fare incantesimi o usare la violenza», replicò il Thayano, parlando con evidente difficoltà.

«Hai tentato di uccidermi!»

«Sì.»

«Perché?»

«Dovevi scomparire perché io potessi impersonarti, per apprendere i segreti di Elminster.»

Narnra lo fissò con occhi roventi, poi si girò a guardare verso il Vecchio Mago e infine riportò lo sguardo sul Thayano.

«Non sei migliore di lui!» dichiarò, con disgusto.

«No», sussurrò il Thayano, «e ora sto anche molto peggio di lui».

«A cosa ti servono i suoi segreti?»

«Per avere potere. Tutti i maghi bramano il potere.»

«Per fare del resto di noi i vostri schiavi!» esclamò Narnra, con occhi fiammeggianti.

Starangh cercò di scrollare le spalle, ma quel movimento gli causò una tale sofferenza che finì invece per contorcersi e gemere.

«Perché non ti sei fatto prendere come apprendista da lui o da qualche altro mago?» insistette Narnra. «Perché uccidere e ingannare?»

«Fidarmi di accettare qualcun altro come mio maestro? Rendermi così vulnerabile? Quella strada è la via degli stolti», rispose il Thayano, con voce un po’ più energica.

«La fiducia è una forza», ribatté Narnra, con rabbia, protendendosi in avanti per scandire quelle parole con lenta enfasi.

«Tu sei una stolta», dichiarò Starangh.

«E tu sei un idiota crudele», replicò la ragazza, con disprezzo. «Tutti i Maghi Rossi di Thay sono come te, degli idioti che si pavoneggiano?»

«Uccidimi e falla finita con le tue provocazioni», affermò Starangh, scuotendo il capo.

«No», scattò Narnra, volgendogli le spalle. «Darò a mio padre l’opportunità di distorcerti e di modellarti, come fa con tanti altri. Non vedo perché dovresti sottrarti alla mia stessa sorte.»

* * *

Il bagliore accecante della magia che divampava loro in faccia fece barcollare Vangerdahast all’indietro e addosso a Myrmeen prima ancora che la grande massa coperta di scaglie del drago azzurro tornasse a materializzarsi, devastando la bassa volta del passaggio con un ruggito che era insieme di esultanza e di dolore nel proiettarsi verso il cielo, inondando il rifugio di luce solare.

Con un colpo d’ali e di artigli, il drago del canto si girò e piombò sulla Maga della Guerra Telarantra, facendola a pezzi senza che avesse neppure il tempo di urlare e offrendo poi i resti sanguinanti a Vangerdahast.

«Ecco la tua traditrice», disse, con voce che era una vasta, morbida eco di quella della sua forma umana.

Rialzandosi in piedi, Vangerdahast fronteggiò con calma il drago, e accanto a lui Myrmeen si risollevò a sua volta con la spada in pugno.

Il drago del canto non accennò però ad attaccare.

«Perché mi hai risparmiata?» chiese invece all’ex-Mago Reale.

«Signora», ripose Vangerdahast, in tono burbero, «tu hai combattuto per la tua causa e io per la mia. Hai dimorato a lungo fra la gente di Cormyr, e devi aver apprezzato la nostra compagnia per averla ricercata per tanto tempo. Non ho ostilità nei tuoi confronti… e spero di poterti indurre a sostenere i miei piani».

«In modo da poter diventare uno dei tuoi difensori volontari, e andare incontro al grandioso destino di essere… un utile strumento?» ribatté il drago, con una nota di amarezza nella voce.

«È ovvio che tu veda il vincolo imposto ai draghi come una cosa malvagia», sospirò Vangerdahast. «A dire il vero, è una cosa che eviterei, se riuscissi a trovare una soluzione migliore… ma per me ogni altra cosa occupa una posizione di secondo piano rispetto alla devozione verso Cormyr.»

«Cos’ha fatto Cormyr, per meritare tanta devozione?»

«Signora», affermò il mago, con un altro sospiro, «ciò che io faccio è difendere questo grande regno. Non esiste vocazione migliore, rischio più grande o premio maggiore in tutto Faerûn».

Il grande drago scosse il capo con rassegnazione, senza mai distogliere lo sguardo degli ardenti occhi turchesi da Vangerdahast.

«Cosa farai, Vangerdahast, se adesso io volerò via per radunare una dozzina di altri draghi e tornare a distruggerti totalmente… insieme al tuo prezioso rifugio?»

«Provaci pure», replicò il mago, con una scrollata di spalle.

«Non hai paura?»

«No», dichiarò l’ex-Mago Reale. «Sto diventando troppo vecchio per preoccuparmi di questa pelle rugosa e rinsecchita.»

«E non temi per il tuo prezioso regno?»

In silenzio, inespressivo in volto, Vangerdahast sollevò entrambe le mani… e una rete d’incantesimi scintillanti si materializzò nell’aria, simile a un insieme di ragnatele argentee, congiungendo gli anelli che lui portava alle dita e unendosi alle emanazioni degli incantesimi ridestati in una dozzina di bastoni magici. Quella rete formò un cerchio lucente intorno a Joysil e prese a pulsare di un potere tale da far sì che il drago non potesse dubitare della sua capacità di distruggerlo in un istante.

Il drago del canto contemplò quelle emanazioni di energia… e rabbrividì.

«Userai tutto questo se adesso cercherò di volare via?» chiese.

«No», dichiarò Vangerdahast, scuotendo il capo. «Ho giurato di difendere Cormyr, e in sua difesa sarò pronto ad affrontare coloro che muoveranno contro il regno e contro di me, ma non intendo aggredire per primo e agire da tiranno nei confronti di quanti potrebbero minacciare il regno o rivaleggiare con me. Non trasformerò mai Cormyr in qualcosa di simile a Thay o alla Fortezza di Zhentil o a Mulmaster soltanto per conservare il suo nome sulle mappe.» Quasi dimentico dell’estrema vicinanza del potente drago, il mago prese quindi a camminare avanti e indietro, aggiungendo: «Ho molte altre cose di cui preoccuparmi più che dei draghi… ci sono i soliti tradimenti fra i nobili, traditori annidati fra i Maghi della Guerra e più di un Mago Rosso unanimemente decisi ad abbattere il Regno della Foresta, ed attualmente è probabile che uno qualsiasi di loro sia in grado di danneggiare Cormyr più di qualsiasi tipo di drago».

Fermandosi, tornò a girarsi verso Joysil.

«Non intendo vincolare un drago che non sia disposto a servire… e adesso dovrò prendere misure adeguate per collegare gli incantesimi che tu tanto temi alla mia vita, in modo che se io dovessi essere ucciso essi si autodistruggano, per non lasciare a nessun altro mago il potere di vincolare te o altri della tua razza.»

Gli occhi turchesi del drago lo studiarono con espressione pensosa, poi Joysil balzò in aria e con una bassa virata si allontanò dietro ad alcuni alberi, volando via con rapidi e furiosi colpi d’ala.

Myrmeen e Vangerdahast rimasero fermi sotto la luce del sole, intenti a osservare la sua sagoma che rimpiccioliva in lontananza, poi il vecchio mago sospirò, scosse il capo e si guardò intorno per verificare se davanti a lui il passaggio fosse ancora percorribile.

«Tu», sussurrò accanto a lui Myrmeen, «sei il più grande stolto che io abbia mai incontrato… oppure il più grande fra gli uomini».

«Temo che la prima valutazione sia quella esatta», replicò Vangerdahast, girandosi a guardarla, «però se non altro posso aggrapparmi con orgoglio al fatto che non sto cercando di diventare il più grande fra i furfanti, sebbene abbia avuto più volte a disposizione il potere per farlo. È per questo che ammiro Elminster, il mio antico maestro, anche se il più delle volte riesce a farmi infuriare. La tentazione lo assale di continuo, ma non riesce mai a sconfiggerlo».

«Conosco Elminster… meglio di quanto alcune nobildonne di Cormyr conoscano i loro mariti», annuì Myrmeen. «È un emerito furfante, e ci siamo congedati ciascuno con la spada in pugno… rispettosi uno dell’altra, ma guardinghi.»

«Questa è una storia che mi piacerà sentire per esteso, prima o poi», commentò Vangerdahast, inarcando un cespuglioso sopracciglio, quindi si volse e si avviò con passo deciso lungo un altro passaggio, diretto alla stanza degli incantesimi, aggiungendo: «Ma non ora. Adesso devo fare quanto ho promesso a Joysil, e collegare quegli incantesimi alla mia vita».

«Con quanta rapidità può essere fatto, e con quali rischi per te?»

«Nell’arco di tempo necessario per un grandioso discorso da stolti come quello che ho appena pronunciato», rispose il mago, scrollando le spalle. «Quanto al rischio, non è superiore a quello che tu stessa puoi immaginare: la mia morte porrà fine a ogni pericolo per i draghi.»

«Cosa ti aspetti che facciano ora i draghi, e quegli altri nemici a cui hai accennato?»

«Suppongo che verranno qui al più presto per ucciderci», affermò Vangerdahast, in tono burbero, spalancando la porta e rivelando un chiarore di lanterne e pareti coperte di scaffali pieni di pergamene. «Perciò dovrò mandarti al sicuro lontano da qui prima di cadere combattendo. Sarà interessante vedere chi arriverà qui per primo.»

«Mio signore, io non intendo lasciarti», protestò Myrmeen, sollevando la spada.

«Ragazza», ridacchiò Vangey, «posso immergerti in un sonno magico e spedirti dall’altra parte di Faerûn prima che tu possa sbattere le ciglia».

«Ma non lo farai», ribatté Myrmeen, tuffandosi in avanti e sdraiandosi in atto di sfida su una scrivania coperta di pergamene d’incantesimi, una lanterna accesa stretta al petto. «Devo soltanto infrangerla e lasciar colare l’olio in fiamme…»

«D’accordo, ragazza… che cosa vuoi?» sospirò Vangerdahast.

«Restare con te e morire combattendo al tuo fianco. Anch’io ho giurato di difendere Cormyr.»

«Allora lo farai, ma adesso metti via quella dannata lampada… con cautela!… rimuovi la tua persona dai miei scritti e smettila di distrarmi, in modo che possa adempiere alla mia promessa!»

* * *

Il nuovo vincolo richiese molto tempo, e alla fine Vangerdahast stava tremando per lo sfinimento. Lui e Myrmeen si scambiarono un’occhiata, poi la ragazza gli posò una mano sulla spalla per sorreggerlo.

«E adesso?» chiese.

«Adesso aspettiamo che qualcuno ci attacchi», rispose il mago, con una scrollata di spalle. «I miei incantesimi sono pronti, ciascuno regolato per attivarsi al verificarsi di determinate condizioni. Suppongo non ci resti che aspettare di morire.»

Myrmeen gli scoccò una cupa occhiata e posò la spada.

«Bene, in tal caso, oserò trascinare nel mio letto il più grande uomo che Cormyr abbia mai conosciuto», dichiarò con fermezza, afferrando il mago per il davanti della veste.

«Io… signora, sono di centinaia di anni troppo vecchio per te», protestò Vangerdahast, «e per di più sono anche brutto. Io…».

Le labbra di Myrmeen trovarono le sue.

Quando fu di nuovo in grado di parlare, Vangerdahast tossì, scosse il capo e sussurrò:

«Ragazza? Lo vuoi davvero?»

* * *

Il drago dalle lunghe zanne sibilò d’ira e di timore quando non meno di una dozzina di altri draghi atterrarono improvvisamente sul bordo del grande pianoro roccioso in cima alla montagna che costituiva il suo covo… ma il drago del canto che si staccò dagli altri per venire avanti si avvicinò mormorando cortesi parole di supplica con voce che non esprimeva la minima ostilità.

In vero, il drago dalle lunghe zanne era un gigante fra quelli della sua razza, ed era segnato dalle cicatrici di molte battaglie vittoriose, inclusa una vasta striscia di scaglie color arcobaleno che gli attraversava un fianco, là dove una vecchia, grave ferita era guarita in maniera imperfetta. Se il drago del canto fosse stato solo, sarebbe balzato addosso a quell’intruso troppo audace e l’avrebbe eliminato all’istante.

«Ho bisogno di te», affermò con gentilezza Joysil.

Era passato molto tempo dall’ultima volta che Aegyl Dreadclaw aveva sentito parole del genere, quindi il grande drago accantonò i suoi folli piani di fuga e di vendetta per ascoltare… e quando lei ebbe finito di parlare, dimostrandogli l’assoluta verità delle proprie affermazioni con un incantesimo che Aegyl aveva visto usare in gioventù, un’era prima, il grande drago dalle lunghe zanne si sollevò in tutta la sua statura.

«Guidami», sibilò, «e io combatterò ala contro ala al tuo fianco. Questo pericolo deve essere spazzato via per il bene di tutti noi».

Il drago del canto si volse, allargando le ali, e tutti gli altri draghi spiccarono il volo, prendendo quota e spostandosi per permettere a Joysil e all’appena reclutato Dreadclaw di prendere posto in mezzo a loro.

«Dobbiamo affrettarci», avvertì Joysil, e saettò nell’aria alla volta di Cormyr… seguita da una dozzina di draghi, un esercito coperto di scaglie che stava andando in guerra.

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