Ebbene, noi tutti dobbiamo lavorare a QUALCOSA… perfino gli dei, quindi prendi quel secchio e smettila di tergiversare.
Una piccola torre ariosa e luminosa si levava da un angolo del Palazzo del Dragone Purpureo, in Suzail, una camera isolata le cui quattro finestre erano archi aperti attraverso cui la brezza poteva soffiare a piacimento senza però che entrassero gli uccelli o una sola goccia di pioggia.
La porta che collegava quella stanza della torre a un angolo dell’ultimo piano del palazzo era sempre aperta, e sorvegliata in ogni momento da quattro veterani dei Dragoni Purpurei. Per alcuni anni, prima dell’avvento di Caladnei, quella torre si era trasformata in una colombaia abbandonata, ma adesso era un posto che la Maga Reale utilizzava di frequente per riflettere, camminare e spingere lo sguardo sui cortili e sui giardini sottostanti nel corso delle proprie riflessioni.
Caladnei di Cormyr (come lei preferiva esplicitamente essere chiamata) si teleportava spesso dentro e fuori dalla stanza della torre, ma prima di allora non era mai accaduto che lo facesse in compagnia di qualcuno, per cui le guardie rimasero notevolmente sorprese di sentire la profonda e calda risata di un impavido vecchio provenire da un punto alle loro spalle.
I quattro veterani si girarono di scatto, le scintillanti punte di lancia spianate, e fissarono a bocca aperta lo spettacolo che avevano davanti: la Maga Reale che abbracciava un vecchio dal naso aquilino e dalla barba bianca, avvolto in logore vesti sporche. Caladnei stava piangendo sommessamente, e il vecchio mago… che più di uno dei quattro guerrieri aveva già avuto modo di vedere in precedenza… le cingeva le spalle con un braccio con fare protettivo.
«Avanti, ragazza, calmati», continuava a mormorare. «È un’esperienza sopraffacente, d’accordo, ma è qualcosa che tutti i maghi dovrebbero vedere nel corso della loro vita, prima di avere troppo tempo per fare cose stupide, senza pensare alla gloria che noi tutti condividiamo.»
«Uh… Lady Caladnei?» azzardò una delle guardie, con voce incerta, sollevando la lancia per minacciare il vecchio.
«Lord Elminster!» esclamò però con gioia il più anziano dei veterani, battendo la mano sulla propria corazza in un gesto di saluto. Quell’atto di rispetto venne emulato dalla seconda guardia, mentre gli altri due Dragoni Purpurei si voltavano a fissare a bocca aperta i compagni… per poi tornare a girarsi con inorridita lentezza a fissare il vecchio che avevano osato minacciare.
Un paio di luminosi occhi azzurri li squadrarono da sotto le sopracciglia castane, poi il Vecchio Mago annuì, ammiccò e si portò un dito alle labbra per chiedere silenzio, nell’accennare alla donna singhiozzante che teneva fra le braccia. Le due guardie che lo avevano salutato assentirono in silenzio e spinsero di lato le lance dei compagni, indietreggiando di un passo senza far rumore, cosa che fruttò loro un cenno di approvazione da parte di Elminster.
«G… grazie, Lord Elm…»
«Chiamami El, ragazza, per favore. Soltanto “El”, o magari “Vecchio Mago”, se hai intenzione di rimproverarmi», la corresse Elminster, afferrandola per le spalle snelle e facendola indietreggiare di un passo per fissare con aria grave il suo volto lucido di pianto. «Come ti senti?»
Caladnei riuscì a sorridere prima di distogliere rapidamente lo sguardo… salvo poi tornare a fissarlo con un gesto deliberato.
«Rinsavita, scossa e, potrei aggiungere, più rispettosa nei tuoi confronti e in quelli di Vangerdahast, anche, dannazione a lui. Io… grazie, è stato… è stato magnifico.»
«Hai molte cose su cui riflettere, vero?» osservò Elminster, protendendo due dita a sfiorarle la fronte. «Questo almeno posso farlo: garantire che nulla di tutto ciò svanisca con il tempo. Ricorderai tutto quello che abbiamo visto, in maniera vivida, ogni volta che vorrai richiamarlo alla mente. Esso sarà con te, sempre.»
«Che… che…» cominciò Caladnei, scuotendo il capo con meraviglia.
«Storm l’ha definito un “giro nel vortice”», ridacchiò Elminster, «ma io ti ho mostrato soltanto una manciata delle meraviglie di questo nostro mondo vasto e affascinante. Era tempo che tu le vedessi, ne avevi bisogno per poter mettere nella giusta prospettiva questa bella terra che proteggi e moderare la tua rabbia nei confronti di Vangey. Sappi questo: quando l’ho portato a vedere queste stesse cose, lui ha pianto più di te, ha chiesto perdono per la sua scortesia e mi ha detto che si vergognava».
«Io… sento che dovrei fare lo stesso», confessò Caladnei, con una risata tremante, chinando il capo e tornando a fissarlo dal basso in alto.
«Cosa?» esclamò Elminster, ritraendosi con un’espressione di finto orrore. «E perdere l’occasione di comportarti prima con me in modo veramente scortese?».
La maga scoppiò in una risata sorpresa e si aggrappò alle vesti del vecchio per sorreggersi. Elminster l’abbracciò con affetto, poi… gesto che indusse i Dragoni Purpurei di guardia a socchiudere gli occhi con fare sospettoso… portò una mano alla cintura, frugando dentro una sacca che vi era appesa, alla ricerca di qualcosa.
Mani cormyriane si strinsero intorno all’impugnatura delle daghe, si contrassero e… si riabbassarono senza aver dovuto agire, perché la mano di Elminster riapparve, stringendo una sottile catenella. Tenendola in alto, in modo che la Maga Reale potesse vederla, lui attese che Caladnei notasse l’oggetto.
«È tua, ragazza», annunciò allora, in tono rude. «È una cavigliera. Non è preziosa, ma… portala indosso, adesso e sempre. Se avrai bisogno di me, e dirai la parola “amulamystra” avendo questa indosso, io verrò da te.»
Stupita, Caladnei chiuse le dita intorno alla delicata catenella, e il Vecchio Mago chinò il capo per deporle sulla testa un bacio paterno.
L’istante successivo le braccia di Caladnei erano vuote, e lei si trovò a barcollare in avanti, sbilanciata, attraverso la stanza, in cui non c’era più traccia di Elminster di Shadowdale. Sconcertata, si guardò freneticamente intorno, ma scorse soltanto le quattro guardie, intente a fissarla.
La Maga Reale rivolse ai soldati un accenno di sorriso contrito, come una bambina colta a fare qualcosa di sbagliato, e le guardie reagirono mettendosi sull’attenti ed eseguendo il saluto militare.
«Lady Maga», affermò la più anziana delle quattro, con cortesia, «ci è stato chiesto di informarti che Lady Laspeera, il Sommo Cavaliere Rhauligan e una prigioniera ti aspettano nella Camera dell’Ala del Drago».
Caladnei si erse sulla persona, tornando di colpo a essere in tutto e per tutto la Maga Reale che i quattro conoscevano tanto bene.
«Grazie», replicò in tono secco, poi sorrise di nuovo come una ragazzina, si chinò per sfilarsi lo stivale destro e si allacciò la cavigliera intorno alla caviglia.
«Ti sta bene», commentò una guardia, con fare burbero, e si girò con la rapidità del fulmine per darle le spalle, rigidamente sull’attenti, manovra imitata all’unisono dai suoi compagni, per cui Caladnei, quando si raddrizzò, non riuscì a determinare chi dei quattro avesse parlato. Sorridendo all’indirizzo delle quattro schiene coperte dalla corazza, spinse da parte due di esse con mani salde.
«Vecchi libertini», borbottò, passando fra le guardie per allontanarsi con andatura decisa lungo il corridoio.
Le guardie le rivolsero un sorriso silenzioso e si volsero per riprendere a sorvegliare la porta aperta.
Roblar di Lantan si appoggiò allo schienale della sedia e sospirò, massaggiandosi l’arco del naso, dolorante a causa degli occhiali, e poi sfregandosi anche gli occhi, per buona misura.
Il solito monaco, presente come sempre alle sue spalle, si chinò sul mercante.
«C’è qualcosa che non riesci a trovare, buon signore?» domandò.
«Ah, sta cominciando», mormorò Thaerabho, rivolto al Custode di quella particolare camera di lettura, a Candlekeep. «È arrivato il momento di togliere una maschera.»
Con passo reso silenzioso dalle morbide pantofole, si avviò con determinazione verso la figura seduta del Lantano.
«Puoi vedere tu stesso cosa sto cercando», replicò Lady Nouméa Cardellith, rivolta alla sua scorta.
L’alto monaco dal volto butterato si passò una mano fra gli arruffati capelli color paglia e si chinò maggiormente.
«Tutto il possibile sul conto dei Maghi Rossi di Thay, in particolare scritti recenti sull’argomento», affermò, a bassa voce. «Se sei venuta a Candlekeep in cerca dei loro incantesimi, temo che il tuo sia stato un viaggio sprecato, perché li teniamo in un posto sicuro per motivi più che validi.»
Senza bisogno di girarsi a guardarli, Nouméa era comunque consapevole che numerosi monaci si stavano raccogliendo silenziosamente intorno a lei.
«No, Esmer», ribatté, con un sottile sorriso. «Che se ne farebbe mai un mercante di Lantan di quegli incantesimi? La mia vita e la mia morte sono legate al commercio, e ciò riguardo a cui sto cercando di apprendere tutto il possibile è questa nuova politica di stabilire centri di commercio thayani e quale membro della gerarchia thayana si celi dietro di essa.»
«Mi rendo conto dell’eccessiva audacia della mia domanda, e tu puoi tranquillamente decidere di rifiutare di rispondermi», intervenne un monaco che non conosceva, «ma perché questa ricerca?».
Nouméa sollevò lo sguardo su di lui con un sorriso.
«Dal momento che stiamo parlando con tanta franchezza… ho il sospetto che questo sia soltanto il primo passo di un piano elaborato che ha lo scopo di dominare economicamente e poi anche… sia pure di nascosto… politicamente tutti i regni di Faerûn.»
«Questo è ovvio», affermarono all’unisono due dei monaci, mentre almeno altri tre fra quelli che si erano disposti silenziosamente in cerchio alle sue spalle annuivano a loro volta.
«Da questo deriva il mio interesse per scritti e rapporti recenti», aggiunse Nouméa, indicando i fasci di pergamene e i volumi accumulati sul tavolo di lettura leggermente inclinato che aveva davanti.
«Mi rendo conto che conosci il mondo e che hai viaggiato molto», osservò un monaco, alle sue spalle. «Permettimi allora di menzionare qualcosa che non si può trovare in questi documenti, ma soltanto nei diari che noi compiliamo con le notizie e le voci che giungono quotidianamente alle nostre porte.»
«Prego», replicò con cortesia Nouméa, cambiando appena posizione e accennando al tratto di panca vuota che aveva accanto.
I monaci sorrisero, come se lei avesse appena superato una prova di qualche tipo, e quello che aveva parlato tenendosi alle sue spalle venne avanti, sedendole tanto vicino che la sua veste quasi le sfiorò un fianco; una vecchia cicatrice bianca lasciata da un colpo di spada gli segnava in diagonale una guancia, e i suoi capelli erano grigi come una lama che avesse bisogno di essere lucidata.
«Mi chiamo Thaerabho», si presentò, con un sorriso, «e il mio campo d’interesse sono le azioni di coloro che in Faerûn usano la magia al di fuori dei nostri templi e delle confraternite sacerdotali. Hai sentito parlare dei Prescelti di Mystra?».
Nouméa annuì entusiasta, e il sorriso di Thaerabho si accentuò.
«Lascia allora che condivida con te questa informazione: alcuni di essi stanno operando contro i Maghi Rossi in maniera adorabile, mediante incantesimi che “distorcono” molti dei portali stabiliti dai Thayani nei loro centri, in modo che coloro che se ne servono per la traslocazione vengono manipolati mentalmente durante il tragitto, subendo la sottrazione di incantesimi, l’inserimento di suggerimenti, la lettura di ricordi e informazioni, e così via.»
«Dolce Mystra», sussurrò Nouméa, sinceramente impressionata.
«Se mai i Thayani dovessero diventare troppo potenti in un posto in particolare, il portale di quel luogo… o tutti quanti i portali, insieme a quanti li stanno usando in quel momento… potrebbe esplodere. Oppure, un suggerimento inculcato nella mente di tutti i maghi che hanno usato uno dei portali thayani potrebbe essere ridestato, contemporaneamente, in tutto Faerûn… magari il suggerimento di precipitarsi in una particolare città di Thay e di aggredire Szass Tam o qualche altro zulkir del luogo, prima che questi possa portare a termine qualche spaventoso piano che costerebbe la vita a tutti loro.»
«Che accadrebbe, se io fossi un Thayano o uno dei Prescelti, e non volessi che nessuno, in tutto Faerûn, avesse il minimo sospetto di questo?» sussurrò Nouméa, scuotendo il capo.
«No, Lady Nouméa Cardellith, tu non sei nessuna di queste due cose… e non sei neppure un’Arpista», ribatté il monaco, così vicino che il suo naso quasi sfiorava quello di lei. «Sei soltanto una ricercatrice di sapere, e noi forniamo a tutti coloro che vengono qui le armi costituite dai fatti, dal sapere e dalle dicerie vagliate con raziocinio. Ciò che essi fanno di questi strumenti, una volta andati via di qui, non ci riguarda. Il nostro solo scopo è di armare in modo adeguato quanti sono abbastanza saggi… o astuti… da venire a cercare ciò di cui hanno bisogno.»
«Chi siete voi?» sussurrò Nouméa, sconvolta.
I monaci in cerchio sorrisero all’unisono.
«Semplici abitanti di Faerûn che amano gli antichi libri e il sapere, e leggere dei pensieri, delle speranze e delle azioni di esseri che ormai sono polvere», replicò Esmer.
«Io credo invece che voi siate una delle forze più potenti e pericolose di tutto Toril», ribatté Nouméa, guardandosi intorno e scuotendo il capo.
I monaci smisero di sorridere.
«Siamo anche questo», ammise Thaerabho, in tono leggero. «Sapendolo, cosa farai adesso, Lady Nouméa Cardellith, maga e moglie infelice?»
Altri monaci stavano intanto entrando nella sala di lettura, per affluire in silenzio verso di lei da tutti i lati.
Nouméa fissò Thaerabho per un lungo momento, ignorando la silenziosa assemblea di monaci e le aste che alcuni di essi tenevano in mano, pronte all’uso, poi scrollò le spalle.
«Io… non lo so», ammise.
I monaci raccolti in cerchio parvero rilassarsi e alcuni di essi tornarono ad allontanarsi, mentre Thaerabho riprendeva a sorridere.
«Ah, la verità», commentò. «Essa è sempre la risposta più giusta da fornire, con noi.»
Nouméa fissò a lungo i suoi occhi nocciola, poi trasse un lungo respiro, e chiese:
«Cosa pensi che dovrei fare?»
«Ah», esclamò con soddisfazione il monaco sfregiato, mentre parecchi fra i suoi confratelli tornavano a raccogliersi intorno a Nouméa, allungando la mano sotto il grande tavolo di lettura per staccarne alcuni sgabelli pieghevoli e sedersi su di essi. «Hai fatto la seconda cosa giusta. Noi non ti diremo cosa fare adesso, non lo facciamo mai, ma ti diremo tutto ciò che ci sarà possibile per aiutarti a decidere da te che direzione dare alla tua vita quando uscirai di qui.»
«Perché non sono venuta qui anni fa?» si chiese Nouméa, fissandolo con sconcerto.
«Già, perché?»
Quando le guardie spalancarono per lei le grandi porte, la Maga Reale di Cormyr sollevò lo sguardo verso i draghi intagliati nella pietra e immobilizzati in eterno nell’atto di erompere dal soffitto per scagliarsi verso la stanza sottostante. La scena era splendida come sempre, tutta scaglie, forza possente e grandi ali ricurve, un insieme che aveva qualcosa di felino e che al tempo stesso ricordava i rettili.
«Dannazione a te, Vecchio Mago», borbottò fra sé, con affetto, Caladnei, nel trovarsi di nuovo sull’orlo del pianto, poi entrò da sola nella Camera dell’Ala del Drago.
Tre persone si trovavano in attesa nel centro del vasto ambiente vuoto dal pavimento lucido: Laspeera, Rhauligan e la ladra che era fuggita dalle cantine e che era stata finalmente catturata, Narnra Shalace.
Notando che Rhauligan era intento a contorcersi per rimettersi il giustacuore senza slacciarsi la cintura, Caladnei sfoggiò un sottile sorriso, consapevole che la ragazza doveva aver costretto l’Arpista a una caccia non indifferente; quanto all’incantesimo di paralisi che bloccava attualmente la ragazza, esso doveva essere opera di Laspeera.
Rivolto a Laspeera e a Rhauligan un cenno di ringraziamento, Caladnei si avvicinò alla prigioniera, paralizzata ma libera da legami, e annullò al tempo stesso la magia di Laspeera.
«E così ci incontriamo di nuovo, Narnra di Waterdeep», esordì, in tono cordiale.
La ladra, che era china in avanti e impegnata a massaggiarsi mani e caviglie, e a scuotere gli arti come se non avesse avuto familiarità con il proprio corpo, non rispose.
«Narnra», continuò Caladnei, «ti trovi nel Palazzo del Dragone Purpureo di Suzail, nel regno di Cormyr, e sei quindi completamente in mio potere. Non dovrebbe la semplice prudenza indurti a collaborare in qualche misura, con cortesia, quali che siano i tuoi sentimenti nei nostri confronti?».
La ladra si raddrizzò e la fissò con aria fredda e riflessiva, poi lanciò un’occhiata a Laspeera e a Rhauligan, che sostennero entrambi il suo sguardo con pazienza, impassibili in volto.
Scuotendo il capo, Narnra guardò infine con ira in direzione di Caladnei.
«Hai già un pubblico per i tuoi discorsi altisonanti», ribatté, accennando all’uomo che l’aveva catturata e alla donna che con un incantesimo l’aveva paralizzata. «Che cosa vuoi da me?»
«Risposte. Poche risposte educate, sincere ed esaurienti riguardo a quello che sai», replicò la Maga Reale.
«Non riesco a immaginare quali cose preziose potrei mai sapere che possano esserti in qualche modo utili», sospirò Narnra. «Non avrai intenzione di diventare il terrore dei tagliaborse che operano nel Quartiere Commerciale, vero?»
«No», dichiarò Caladnei, in tono asciutto. «Ecco, hai visto? Mi hai dato una risposta, e per di più in fretta e senza difficoltà. Prova a continuare così per un po’ di tempo, fallo bene, e sarai libera di andartene.»
«Di andare dove?» ringhiò Narnra. «A morire di fame là fuori, nelle strade della tua città? Pronta per essere arrestata dal prossimo dei tuoi soldati a cui non dovesse piacere il mio aspetto? “Oh, signore, sono soltanto una ladra di Waterdeep… sì, esatto, una ladra… e poco fa stavo parlando con la vostra Maga Reale, e lei… ” oh, certo, sono sicura che mi crederebbero!»
«Ami così tanto Waterdeep?»
«Cosa? Questa è una delle tue domande? Non avresti potuto trovare un mercante itinerante per chiedere…»
«Ami cosi tanto Waterdeep?»
«Conosco Waterdeep», precisò Narnra, con voce ringhiante, allargando le mani in un gesto d’impotenza. «È la mia casa, il solo posto che conosco, dove so come procurarmi qualcosa da mangiare, dove…»
D’un tratto tacque, socchiudendo gli occhi.
«Visto?» sorrise Caladnei. «Non è poi così difficile rispondere sinceramente, una volta che si comincia a farlo. Basta una o due volte, e la cosa diventa un’abitudine.»
Narnra le scoccò un’occhiataccia e si strinse le braccia intorno al corpo, come se avesse avuto freddo.
«I maghi sono così astuti», borbottò. «A volte mi chiedo se non staremmo meglio senza di loro.»
Quel commento le fruttò un asciutto sorriso da parte di tutti e tre i Cormyriani.
«A Waterdeep hai molti amici con cui parlare?» chiese quindi Caladnei, in tono quasi gentile. «Gente con cui condividere i pettegolezzi?»
Narnra chinò il capo e non disse nulla.
«Adesso basta con questi atteggiamenti», mormorò la Maga Reale, accigliandosi. «È ora… più che ora… di estorcere la verità.»
Poi sussurrò un incantesimo e tracciò un disegno nell’aria con la punta delle dita.
La reazione fu un improvviso lampo di fuoco fra il bianco e l’azzurro, che indusse Caladnei a ritrarre la testa di scatto, come se si fosse bruciata.
«È protetta», affermò a bassa voce, lanciando un’occhiata a Laspeera.
«Da Elminster?» chiese lei, a voce altrettanto bassa, scrollando le spalle, poi sollevò a sua volta le mani, operando lo stesso incantesimo.
Sette stelle fra il bianco e l’azzurro brillarono e vorticarono per un momento intorno alla giovane waterdhaviana, che sembrava in trance.
«Da Mystra», sussurrò la Maga Reale, tornando a guardare verso Laspeera, con uno sguardo che ora esprimeva impotenza.
La Maga della Guerra più anziana scrollò nuovamente le spalle.
«Allora prova nella maniera più dura, Cala», suggerì. «Possiamo soltanto provare con gli incantesimi che sembrano essere necessari… e vedere cosa succede.»
Caladnei annuì con aria contrariata, trasse un profondo respiro, lanciò un’occhiata a Rhauligan… che reagì con un cupo sorriso e un cenno di approvazione… e chiese:
«Narnra? In che modo vieni a conoscenza delle notizie portate dai mercanti, quando arrivano a Waterdeep con le loro carovane? Gli araldi locali le gridano ad alta voce nelle taverne, in cambio di qualche moneta?»
Silenzio.
«Narnra?»
La sola risposta della ladra fu spiccare di colpo la corsa verso Caladnei, zigzagando due volte. La Maga Reale sollevò di scatto una mano per far fermare Rhauligan, che già si stava muovendo, e mormorò in fretta un incantesimo.
Una stella bianca e azzurra si allontanò vorticando… e si spense.
Narnra si abbassò per afferrare una daga e scagliarla, in modo da interrompere l’incantesimo, ma scoprì che il fodero era vuoto e cercò invece di aggirare Caladnei, che si trasse cortesemente di lato per facilitarle le cose.
«La porta non è un’opzione disponibile», avvertì la maga, rivolta alla ladra in fuga.
Narnra abbassò la testa con un ringhio e continuò a correre. Dita invisibili stavano già cercando di trattenerla, e lei sapeva bene che con due maghi di Cormyr presenti nella stanza il suo tentativo di fuga era condannato a fallire, ma che altro poteva fare?
Adesso stava correndo a mezz’aria, agitando le gambe a vuoto mentre fluttuava all’indietro, verso il punto in cui si trovava prima, e pur essendo consapevole di quanto doveva apparire ridicola, continuò a correre. Tutti sapevano che gli incantesimi stancavano la mente, e quella Caladnei avrebbe dovuto rimetterla a terra, prima o poi. Se quando fosse giunto il momento lei fosse stata ancora in corsa, con un po’ di fortuna avrebbe forse potuto riuscire a…
«Narnra, rispondimi: come vieni a conoscenza delle notizie e dei pettegolezzi, a Waterdeep?»
Narnra rispose con un ringhio inarticolato dettato dalla frustrazione crescente e continuò a correre.
«Narnra?»
«Annega, maga! Esplodi, brucia e marcisci! Non m’importa delle tue domande o dei tuoi sgradevoli, piccoli complotti o del così bel regno di Cormyr! Lasciami andare!»
«A rubare nelle nostre strade?» ribatté Caladnei. «Non credo proprio.»
«O forse per fare anche di peggio», interloquì Rhauligan, esibendo una manciata delle daghe di Narnra.
A quella vista, la ragazza emise uno stridente urlo di rabbia e abbassò di scatto la mano verso il davanti dei pantaloni, estraendo da quell’intimo nascondiglio un piccolo coltello che scagliò con ira contro l’Arpista.
Rhauligan si affrettò a gettarsi di lato, perché il lancio era stato ben diretto, e Caladnei serrò le labbra in una linea dura.
L’istante successivo, Narnra si trovò a sbattere contro la parete opposta della camera con violenza sufficiente a toglierle il fiato. Annaspando per respirare, cercò di dibattersi, ma scoprì di essere schiacciata saldamente contro i pannelli di legno scuro per opera di una forza invisibile.
Un’altra stella fra il bianco e l’azzurro che scintillava e moriva…
«Come vieni a conoscenza di notizie e pettegolezzi, a Waterdeep?» domandò di nuovo la Maga Reale, allentando la morsa della sua magia appena del minimo necessario a permettere a Narnra di riprendere fiato, cosa di cui lei approfittò per trarre lunghi e tremanti respiri.
«Narnra?»
«Maga, non riesci a capire che non m’importa un accidente di tutto questo? Va’ a cavalcare un drago, da qualche parte, e lasciami in pace!»
«Narnra…»
«Caladnei», ribatté la waterdhaviana, imitando alla perfezione il tono di voce usato dalla Maga Reale, «va’ a buttarti in un canale. Se non ti dispiace».
L’incantesimo della Maga Reale tornò a schiacciare Narnra contro la parete, esercitando su di lei una pressione tale da impedirle di dilatare il costato per riuscire a respirare. La ragazza lottò in silenzio, dibattendosi e contorcendosi contro i pannelli di legno, fino a quando tutto cominciò a farsi sfocato e ad andare alla deriva…
La forza si attenuò, permettendole di nuovo di respirare. Narnra fissò lo sguardo al di sopra della testa dei suoi tormentatori e trasse alcuni preziosi, affannosi respiri.
Nell’ombra gelida, una stella fra il bianco e l’azzurro si spense…
«Dolce vento», mormorò Narnra, citando una popolare canzone portuale waterdhaviana.
«Cos’hai detto?» chiese subito Caladnei, in tono tagliente.
«Dolce vento, torna ancora», recitò Narnra, fra un ansimante respiro e il successivo, incontrando lo sguardo della Maga Reale. «Soffiami via, lontano, al di là del dolore.»
La Maga Reale si avvicinò di un passo, e soltanto allora Narnra notò con sorpresa sul suo volto tracce di pianto, per di più recenti.
«Narnra, per favore, rispondi a questo», insistette Caladnei, in tono sommesso. «Come fai a venire a conoscenza delle voci e di quello che succede, in tutta Waterdeep e in Faerûn?»
«Caladnei», replicò Narnra, con lo stesso tono di voce, «tengo occhi e orecchi aperti, anche quando maghi tirannici mi sbattono di qua e di là con i loro incantesimi».
Mentre il vortice di una forza invisibile l’allontanava dalla parete per poi tornare a sbatterla contro di essa con violenza sufficiente a scuoterle le ossa e a farle tremare i denti, Narnra ebbe l’impressione di sentire Rhauligan scoppiare in una breve risata.
Desolata e alla deriva, un’altra stella tremola… e si spegne…
«Anche adesso?» chiese Caladnei. «Quanto sei cocciuta, ladra?»
La sua magia allontanò nuovamente Narnra dal muro e la schiacciò contro di esso per la terza volta, con forza tale da far scricchiolare i pannelli di legno. Gli arti della ragazza rimbalzarono contro di essi, e lei prese ad ansimare come un cane per lo sforzo di respirare, lottando contro quella pressione schiacciante.
In silenzio, una quinta stella fra il bianco e l’azzurro si ammanta di luce… e svanisce…
La pressione esercitata dalla magia si fece sempre più intensa… rilassandosi soltanto quando lei fu di nuovo sul punto di perdere i sensi, permettendole di riprendere a respirare, tossendo e annaspando.
«Quando sei a Waterdeep, come fai a venire a conoscenza di notizie e pettegolezzi provenienti da luoghi lontani?» chiese con calma Caladnei.
Narnra scosse il capo, e quando la Maga Reale tornò a ripetere la domanda, ribatté in tono secco:
«Vattene, maga! Va’ a pestare qualcun altro! Prendi a calci una guardia, schiaffeggia un bambino, a seconda di cosa preferisci».
La magia la sbatté contro il muro della camera e la schiacciò contro di esso un’altra volta, poi un’altra e un’altra ancora.
Una sesta stella sbiadisce… lasciandone soltanto una a brillare.
Imperterrita, Caladnei continuò a ripetere la stessa domanda, con le stesse identiche parole, ogni volta che permetteva a Narnra di respirare.
L’ultima stella trema nell’oscurità… e svanisce.
Quando Caladnei ripeté con pazienza la domanda, per la quarta volta, Narnra infine rispose, con voce cupa.
«Origlio alle finestre e ascolto quello che la gente mormora nei vicoli; mi acquatto sui tetti e sto a sentire mentre i mercanti tramano e complottano… altrimenti come potrei fare per sapere dove trovare sia loro sia il loro prezioso denaro?»
«Vai anche nelle taverne?»
«Quando ho sete, ma vado nel Quartiere Meridionale o sui moli, mai nelle strade dove vivo.»
«Origli alle finestre dei nobili?»
«Mai. È troppo pericoloso. Perché correre un simile rischio, quando posso saperne di più oziando accanto a un venditore ambulante mentre scarica le sue merci dopo le ore di punta del mezzogiorno? Inoltre, i nobili sono palloni gonfiati che sanno solo pavoneggiarsi e che mentono ogni tre parole per fare impressione sugli altri e manipolarli.»
«Così va molto meglio, Narnra, grazie. Quando avremo finito, provvederò a che tu abbia da mangiare e da bere in abbondanza. Ora dimmi: nell’ascoltare tutte queste chiacchiere quotidiane, ti capita mai di sentir parlare di Cormyr?».
«No. Credo di aver sentito nominare la tua terra qualche volta, quando i mercanti parlavano di prezzi vantaggiosi. Sembia… le loro conversazioni riguardano prevalentemente. Sembia, e l’acquisto di merletti, di gioielli, di oli profumati…»
«In Sembia circola più denaro», convenne la Maga Reale, in tono quasi di conforto. Adesso un’altra magia era entrata in essere, dall’altra parte della stanza, dove Laspeera stava eseguendo un incantesimo di qualche tipo, lungo e faticoso. Sospirando, Narnra distolse lo sguardo da lei, scoprì di non aver voglia in quel momento di contemplare il volto di Rhauligan, atteggiato a un tenue sorriso, e riportò infine lo sguardo su Caladnei, che stava formulando una nuova domanda.
«Aspetta», si affrettò a prevenirla Narnra. «Perché non dici tu una cosa a me? Che incantesimo mi sta lanciando addosso?» domandò, accennando con la testa in direzione di Laspeera.
«Uno in grado di determinare se le tue parole sono vere o false. Non fa alcun danno.»
Un bagliore di fiamma si accese per un momento negli occhi di Narnra.
«E quando avrai finito di estorcermi tutta la verità?» insistette. «A quel punto mi sarà permesso di continuare a respirare?»
«Sappi questo, Narnra Shalace: non è mia abitudine assassinare stranieri nel Palazzo Reale di Cormyr o in qualsiasi altro luogo… almeno quelli che riescono a trattenersi dallo scagliare daghe contro di me o contro altri Cormyriani fedeli al trono. Quindi adesso dimmi: appartieni a qualche corporazione, confraternita, società segreta, organizzazione commerciale costiera, ordine di agenti di templi, “fratellanza” nobiliare… o qualsiasi altra organizzazione che io mi sia dimenticata di elencare?»
«No, e non ho mai fatto parte di quella cospirazione in corso nelle cantine.»
«Hai parenti viventi? Amici? Nemici particolari?»
«La risposta è no, a tutte e tre le domande.»
«Hai qualche debito da saldare o sei vincolata da qualche accordo preso?»
«No.»
«Attualmente sei sottoposta a una qualsiasi minaccia di rappresaglie nell’eventualità che tu faccia, o non faccia, una determinata cosa?»
«No, esclusi i presenti.»
«Mi sembra giusto. Perché sei qui in Cormyr?»
«Per un caso sfortunato unito alla magia… e al fatto che sono troppo curiosa. Ho seguito un mago che mi aveva risparmiato la vita, e ho saputo dov’ero finita soltanto dopo essere arrivata qui.»
«Qual è la cosa che più ti manca nella vita, a parte la fama, una nobile nascita e denaro sufficiente a fare tutto quello che vuoi?»
«La mia libertà», scattò Narnra. «Cosa ti aspettavi che rispondessi?»
«Se fossi libera, se noi non ti avessimo mai vista, e se in questo momento stessi circolando inosservata per Marsember… cosa avrebbe maggiore importanza per te, se io ti incontrassi, ti dimostrassi di poterti uccidere con la mia magia qualora lo volessi, e ti chiedessi in che modo vorresti trascorrere il resto della tua vita?»
«Uscirne viva sarebbe la cosa più importante», replicò Narnra, con un amaro sorriso.
«Potremmo smetterla con questo duello verbale, Narnra?» chiese Caladnei, con un sospiro. «Ho cose migliori da farti che tenere te schiacciata contro una parete per tutto il giorno.»
«Maga Reale», ribatté Narnra, traendo un profondo respiro e fissandola negli occhi, «io voglio soltanto diventare ricca senza lavorare… insolito, vero?… e passare i miei giorni libera di andare e venire come più mi piace… rubando quello che posso e facendo quello che voglio».
«Mi sembra di sentire parecchie nobili dame di Sembia che ho conosciuto», borbottò Laspeera, inducendo Caladnei a zittirla con un’occhiata.
La Maga Reale tornò quindi a girarsi verso Narnra, e allentò la presa del proprio incantesimo fino a permetterle di staccarsi dalla parete e di tornare a posare i piedi per terra.
«Se non ti dispiace, cerchiamo di finire in fretta questo interrogatorio. Narnra, adesso credo di saperne abbastanza riguardo a chi sei tu, e mi piacerebbe moltissimo apprendere tutto quello che sai, sospetti o hai sentito sotto forma di voci circolanti a Waterdeep riguardo a qualsiasi campagna intesa a detronizzare gli Obarskyr.»
«I chi? Ah… è la famiglia regnante di qui, vero?» commentò Narnra, poi si girò verso Laspeera e si portò una mano alla fronte, aggiungendo: «Conferma che sto dicendo la verità, d’accordo?». Tornando a voltarsi verso Caladnei, attese che lei la fissasse negli occhi e scandì, con lenta fermezza: «Non… ho… sentito… una… sola… parola. Non ho udito niente di niente che riguardasse la politica di Cormyr, almeno finché non sono arrivata qui e mi è capitato di ascoltare tutte quelle discussioni sulla Legittima Cospirazione, in quelle cantine. Ancora adesso non ho capito bene di cosa si trattasse. Certo, c’è dello scontento nei confronti della Corona, ma…».
E lasciò la frase a metà, scrollando le spalle.
«Attieniti a Waterdeep, Narnra. Sai di acquisti di spade o di guerrieri assoldati? Magari con l’appoggio di mercanti o di nobili di Waterdeep? Sono stati comprati cavalli da guerra? Vengono assoldati maghi perché si rechino nell’entroterra? È possibile che la destinazione non sia Cormyr, ma Westgate, oppure Saerloon e Selagunt in Sembia, o anche Athkatla… o Iriaebor.»
«No, Maga Reale, non ho sentito niente del genere, te lo giuro», garantì Narnra, scuotendo il capo. «Cessioni di qualche cavallo e di carri da parte di un mercante a favore di un altro, certo, ma nulla che potesse far pensare a una guerra… e neppure grosse casse di monete spedite da qualche parte, anche se nessuno, a Waterdeep, sarebbe tanto stolto da lasciare che circoli la voce riguardo a cose del genere.»
«È la verità, Cala», sussurrò Laspeera, «la pura verità».
«Benissimo, ma dovevamo esserne certi», annuì la Maga Reale, con un sorriso, poi avanzò di un altro passo, e chiese: «Conosci qualche magia, Narnra? Sai come lanciare incantesimi?».
«No. Se lo sapessi, credi che sarei…» cominciò Narnra, poi lasciò a mezzo la frase per non porre domande sgradevoli.
«Mi dispiace, Narnra. Il corpo che vediamo è la tua vera forma?»
«Certo», replicò la ragazza, in tono sconcertato. «Come potrebbe non esserlo?»
«Già, come potrebbe?», commentò Caladnei, e, senza mai distogliere lo sguardo da Narnra, chiese, da sopra la spalla: «Speera, le risposte che Narnra mi ha dato sono tutte assolutamente sincere e aderenti alla verità?».
«No, Maga Reale. C’è una cosa che lei vorrebbe fosse la verità, ma al cui riguardo nutre qualche dubbio.»
«E di cosa si tratta?»
«Dei parenti viventi. Fino a poco tempo fa era certa di non averne… ma adesso sa che non è così, ed è una scoperta che non le fa piacere.»
Nel silenzio che seguì, Caladnei adocchiò Narnra con espressione pensosa.
«Narnra, sei disposta a parlarmene senza altri incontri ravvicinati con la parete?» chiese infine.
La ragazza serrò i denti, abbassando lo sguardo sul pavimento.
«Non hai nessun diritto di farmi questo!» esplose poi. «Non voglio passare il resto dei miei giorni braccata da ogni dannato mago di Faerûn! Non posso conservare quest’unico segreto? Non ha niente a che vedere con Cormyr.»
«Questo devo essere io a giudicarlo», replicò la Maga Reale, in tono sommesso. «Avanti, Narnra, che danno ti può derivare dal dire un nome o due? Se questo non ha nulla a che vedere con Cormyr, come tu sostieni, allora non si può trattare di una famiglia che sia stata esiliata da qui, e perciò…»
Glarasteer Rhauligan si schiarì rumorosamente la gola, cosa che indusse Caladnei a girarsi a guardarlo, indietreggiando da Narnra per farlo.
«Tu credevi che entrambi i tuoi genitori fossero morti, giusto?» chiese l’Arpista, rivolto alla ragazza.
«Sì», confermò lei, fissandolo negli occhi.
«Non hai mai avuto fratelli o sorelle, vero?»
«Infatti.»
«Quindi hai appena appreso che tua madre… o tuo padre… è ancora in vita, non è così?»
«Sì», confermò Narnra, ritraendosi da lui, come se fosse stato sul punto di scagliarle contro qualcosa.
«E hai seguito un mago fin qui… è esatto?»
Narnra si limitò a fissarlo con occhi roventi, senza replicare. Quattro persone si squadrarono a vicenda nella vasta stanza vuota, poi Laspeera chiese:
«Sei la figlia di Elminster di Shadowdale, non è così?»
Narnra le scoccò un’occhiata omicida e annuì con riluttanza.
«Io… temo di sì», confermò, con voce ridotta a un sussurro.
Poi si affrettò a sollevare lo sguardo. Rhauligan la stava guardando con occhi accesi d’interesse, mentre lo sguardo di Laspeera aveva una strana espressione fatta di molte cose, prima fra tutte la compassione. Quanto a Caladnei, aveva l’aria accigliata.
«Nelle cantine di Marsember, Elminster non ha certo dato l’impressione di trattarti come una figlia», obiettò, tornando ad avanzare.
«Non credo che lui sappia di avermi generata», spiegò con voce atona Narnra, traendo un profondo respiro e fissando il pavimento.
«Questo ti sembra probabile?» domandò la Maga Reale, rivolta a Laspeera.
«Che l’abbia generata? Sì, molto probabile. Il fatto che lui non sappia tutto della sua progenie e delle sue attività mi sorprende. Credevo che il Vecchio Mago sapesse perfino con quanta frequenza si gratti ciascun mago di Faerûn.»
Caladnei annuì e tornò a rivolgersi a Narnra.
«Ti rendi conto del pericolo che correresti se si venisse a sapere di chi sei figlia», affermò… e questa volta non si trattava di una domanda.
«Fin troppo bene», confermò in tono amaro la ladra di Waterdeep, annuendo, poi scrollò le spalle e aggiunse: «Ma dal momento che pare sia condannata a trascorrere quel poco che rimane della mia vita come impotente prigioniera, sballottata da un mago spietato a un altro… presenti decisamente inclusi… la cosa non sembra avere importanza».
«Cosa farai, se ti lascio andare?» chiese Caladnei, con aria riflessiva.
«Probabilmente ruberò tutto quello che mi sarà possibile, fino ad avere abbastanza denaro da pagarmi un passaggio in una carovana diretta a Waterdeep», replicò Narnra, con un’altra scrollata di spalle. «A meno che, nel rubare qui a Cormyr, mi trovi tanto bene da decidere di rimanerci.»
«In qualità di Maga Reale, ho un’idea migliore», sorrise Caladnei. «Potresti rendere un miglior servigio a te stessa rimanendo viva e servendo Cormyr allo stesso tempo.»
«In che modo?»
«Venendo pagata come spia mentre rubi… con occasionali offerte di somme di denaro aggiuntive per incarichi più pericolosi, come eseguire furti particolari o “piazzare” oggetti perché vengano trovati… come fa per noi anche il qui presente Rhauligan.»
«Si tratta di acconsentire o di essere uccisa?»
«Oh, no», replicò Caladnei. «Ho bisogno di informazioni riguardo ai nemici di Cormyr, quindi mi sarà molto più utile spargere semplicemente la voce per Suzail riguardo al fatto che sei la figlia di Elminster e osservare quali lupi escono dall’ombra per assalirti.»
«Morirei comunque!»
«Moriamo tutti, prima o poi», ribatté la Maga Reale, scrollando le spalle. «E saresti libera di morire a modo tuo, come ritieni che lo siamo tutti noi sopraffattori. Allora?» chiese, dopo un momento di attesa.
Sospirando, Narnra si lasciò scivolare lungo la parete fino a sedersi sul pavimento.
«Essere alla mercé di qualsiasi mago mi fa infuriare», disse, rivolta al drago intagliato nel soffitto, poi girò la testa per fissare Caladnei con occhi roventi, e aggiunse: «Credo sia il caso di dirlo anche a te».
Lo sboffo divertito di Rhauligan fu accompagnato da una più controllata risata delle due Cormyriane.
«Inoltre, prima di acconsentire a fare qualsiasi cosa, ho bisogno di sapere non soltanto quali alternative ho, ma anche tutti i “che altro” e il “cosa succede dopo”.»
«E di cosa si tratterebbe?» replicò Caladnei, quasi sorridendo.
«Delle cose sgradevoli che non mi stai dicendo riguardo a questa faccenda… e di cosa ne sarà di me, nel momento in cui la Maga Reale di Cormyr dovesse ritenermi sacrificabile.»
«Finalmente un po’ di prudenza», approvò Caladnei, sfoggiando infine un asciutto sorriso. «Un po’ tardi, ma se non altro comincia ad affiorare». Inginocchiandosi accanto a Narnra, proseguì: «Per la salvezza di Cormyr, noi tutti siamo sacrificabili. Tuttavia, è mia speranza che tu riesca a diventare tanto utile per tutti noi da poter continuare a prestare fedelmente servizio per anni a venire… fino a poter essere ricompensata con una “via d’uscita”: un titolo nobiliare, un’elegante dimora in cui vivere la tua vecchiaia… un “dopo” migliore di quello in cui molti possono sperare. Quanto ai “che altro”, ho bisogno di sapere fino a che punto sei degna di fiducia, quindi comincerei sondando direttamente la tua mente?».
«Trasformandomi in una sorta di lumaca senza cervello?»
«No. Io non infliggo mai dolore da mente a mente, come ha fatto Elminster. No, se non dovessi ritenerti all’altezza, aprirei un portale e ti rispedirei a Waterdeep.»
«Puoi farlo?» esclamò Narna, alzandosi quasi di scatto.
«Oh, sì, però devo avvertirti che il portale a me noto ti scaricherà in una stanza ufficiale di uso decisamente pubblico del palazzo di Peirgeiron. Hai pronta una storia con cui giustificare la tua presenza lì?»
«Affermare di essere la figlia di Elminster dovrebbe essere sufficiente», mormorò Rhauligan, attirandosi tre occhiatacce simultanee.
«E… potrei semplicemente tornare al Quartiere Commerciale?» chiese Narnra, mordendosi un labbro. «Non mi seguirebbe nessuno?»
«Nessuno di Cormyr», precisò Caladnei, scrollando le spalle.
«Questo sondaggio mentale… che cosa mi farà?» volle sapere Narnra.
«Mi mostrerà i tuoi pensieri e i tuoi ricordi mentre frugherò in mezzo a essi. Se vuoi rassicurarti riguardo alla sorte a cui andrai incontro per mia mano, posso facilmente rendere il sondaggio mentale una cosa reciproca, in modo che tu possa giudicare me mentre io faccio lo stesso con te.»
Narnra fissò in silenzio la Maga Reale, sentendosi meravigliata, stranamente eccitata e… e improvvisamente pervasa di una rinnovata rabbia. Alzatasi in piedi, si allontanò da Caladnei di qualche passo incespicante, agitando le mani per segnalare ai Cormyriani di tenersi lontani da lei, e appoggiò la testa contro la parete.
«Io… lasciatemi riflettere.»
«Certamente», sussurrò Laspeera.
Con il respiro affannoso, Narnra abbassò lo sguardo e rifletté intensamente, vagliando le proprie emozioni.
Si fidava di quella gente? Laspeera sembrava un tipo materno, Rhauligan era… Rhauligan, un Arpista votato al suo lavoro… e Caladnei l’aveva percossa con la magia come un bullo di strada avrebbe potuto fare con i pugni… ma non l’aveva uccisa quando farlo sarebbe stato facile, sebbene lei fosse stata tanto stupida da provocarla ripetutamente.
Quindi, quali erano i suoi sentimenti? A essere sincera, adesso…
Era più terrorizzata che entusiasta, ed era furente, con se stessa per avere paura, e ancor più con Caladnei e con Rhauligan per averla condotta con la forza a fare quella scelta. Soprattutto, era infuriata con Elminster per averla generata e per averla attirata laggiù, lontana dalle strade che conosceva.
«È tutto vero», sussurrò con gentilezza Laspeera, alle sue spalle. «Ogni singola parola è la pura verità.»
Per gli dei, sta leggendo ogni mio pensiero… sussultò interiormente Narnra, e si girò di scatto con un ringhio spaventato, aspettandosi di vedere i tre Cormyriani convergere verso di lei… ma vide tutti esattamente dove si trovavano poco prima, Caladnei ancora inginocchiata.
«Se dovessi acconsentire a questa… questa follia», chiese, con voce tutt’altro che calma e salda, «quando dovrebbe aver luogo il sondaggio mentale?».
La Maga Reale di Cormyr si rialzò lentamente in piedi con un asciutto sorriso.
«In cose del genere, per un’azione audace e folle, non c’è mai un momento che sia più adatto dell’immediato presente», rispose.