19. Ira di drago e inganno

Inganno e falsità mi infliggono ferite più profonde di quelle di una semplice daga… avvelenata o meno che sia. Ovviamente, il tuo grado di tolleranza può essere diverso.


Selemvarr di Pyarados,

«Il Vecchio Mago Rosso»

Il mio secolo di potere e di follia: una carriera in vesti rosse

Anno del Guanto di Sfida

Fuori dalla cucina ci fu un violento schianto e qualcuno urlò, mentre il suolo tremava, facendo dondolare le lanterne, e Myrmeen si muoveva verso la finestra con fare guardingo, la spada in pugno.

«Non ora», scattò Vangerdahast, senza neppure sollevare la testa. «Come riuscirò mai a…»

«Vangerdahast», ribatté la Signora di Arabel, in tono altrettanto secco, «vieni qui! C’è un drago che sta scavando per dissotterrare il tuo rifugio come un cane farebbe con un osso!».

«Eh? Un drago? Eccellente! Allora posso sperimentare il mio…»

«Dubito che l’uno o l’altro dei due Maghi della Guerra che quel drago ha appena scagliato al disopra degli alberi sarebbe d’accordo con quel tuo “eccellente”», lo interruppe Myrmeen, in tono tagliente, «così come dubito che la mia spada possa fare molto più che divertire il nostro inatteso ospite! Non ho mai visto un drago di questo genere… di un azzurro argenteo, ma con la forma di un drago ramato…».

Con un verso di esasperazione mista a irritazione, Vangerdahast abbandonò l’incantesimo, annullandolo con un gesto delle mani, e si diresse a grandi passi verso la finestra.

«Un drago del canto! Ma guarda!» esclamò, sfregandosi le mani. «Mi chiedo che aspetto abbia la sua forma umana.»

Myrmeen gli scoccò una strana occhiata, più o meno nello stesso momento in cui la coda massiccia ruotava verso la finestra in una sferzata improvvisa. Essa s’infranse verso l’interno, con gli incantesimi di protezione che si attivavano come sottili scariche di energia che cercavano di tenere insieme il vetro, le schegge del telaio e i blocchi di pietra smossi… poi i frammenti esplosero in tutte le direzioni. La Signora di Arabel lanciò un urlo quando una di quelle scariche di energia entrò in contatto con la sua armatura e le scivolò fugacemente lungo il corpo, e Vangerdahast emise un grugnito di dolore allorché un’altra si abbatté su uno dei suoi anelli, che esplose senza però attivare la propria magia, e scagliò quasi con indifferenza il mago dalla parte opposta della stanza. Nel frattempo, l’estremità settentrionale della cucina emise un gemito scricchiolante, dovuto al crollo delle retrostanti dispense causato dal fatto che le camere al di là di esse erano state scoperchiate e fatte a pezzi.

«Mago!» tuonò una grande voce ruggente. «Dove sei, mago?»

La risposta di Vangerdahast fu di tre parole, scandite con cura, che attivarono le difese del rifugio.

Gli schermi disposti tutt’intorno a lui divamparono di una luce bianca e fluirono verso l’esterno in una carica possente che scagliò il drago del canto dalla parte opposta della radura, dove gli orrori con l’elmo emersero di corsa dai resti degli alberi, rapidi come frecce, convergendo sulla sua forma che si dibatteva. Intanto, un pallido bagliore verde prese a formarsi intorno a Vangerdahast, scaturendo dall’aria come un insieme di scintille vibranti che lo avviluppassero, ammantandolo di un potere crescente.

«Ragazza», ringhiò il mago, palesemente a disagio. «Vedi quella pietra? Quella su cui è incisa una runa?»

Myrmeen sollevò lo sguardo dal pavimento, dove giaceva scomposta e annaspante, pallida in volto e con i capelli strinati… poi girò la testa per guardare nella direzione da lui indicata.

«Spostala, e usa le pozioni di risanamento che ci sono dietro, tutte quelle di cui hai bisogno», grugnì l’ex-Mago Reale di Cormyr, oltrepassandola con andatura decisa, il bagliore verde che lo accompagnava e andava crescendo d’intensità. «Per una volta, mostra un po’ di buon senso, striscia da qualche parte e resta tranquilla e fuori dai piedi. Con tutta quell’armatura di metallo addosso, sei soltanto un’esca per draghi… e quello là fuori esala gas incandescente!»

La Signora di Arabel lo fissò per un momento… poi, sempre distesa al suolo, cercò di sfibbiarsi l’armatura con mani tremanti e di togliersela di dosso. Vangerdahast le scoccò un’occhiata, scosse il capo con aria disgustata e flesse le dita.

Scariche di energia verde scaturirono da esse, e in tutto il rifugio bastoni, bacchette, anelli, diademi e sfere lampeggiarono, tremarono e si avvolsero a loro volta di un alone verde.

Fuori, gli orrori con l’elmo stavano colpendo ripetutamente il drago che si rotolava al suolo e dibatteva la coda, per nulla danneggiati dalla nube di gas che scaturiva dalle sue fauci. Spesso gli artigli ne afferravano uno e lo scagliavano lontano, e di tanto in tanto riuscivano a distruggerne uno in un divampare di bagliori bianchi, i pezzi di armatura che cadevano al suolo separatamente.

Con calma, Vangerdahast guardò il drago del canto spostarsi attraverso la foresta continuando a rotolare e a contorcersi, abbattendo alberi in tutte le direzioni. Se esso avesse cominciato a usare la magia, lo avrebbe abbattuto attingendo al potere ridestato di tutto il rifugio, ma fino ad allora, e finché gli orrori con l’elmo avessero tenuto duro…

Quei guardiani non avevano comunque una lunga durata, perché gli incantesimi di volo che lui forniva loro consumavano di continuo la magia che li animava e li teneva uniti, quindi erano una perdita che poteva permettersi. I criminali imprigionati che avevano acconsentito a essere messi in uno stato di sonno magico in modo da trascorrere il tempo della loro condanna animando quegli orrori, si sarebbero svegliati improvvisamente, con ogni probabilità in preda a qualche incubo, terrorizzando i loro carcerieri e aumentando il consumo di viveri in alcune remote fortezze del regno che erano state trasformate in prigioni… ma sarebbero stati ancora lì quando fosse giunto il momento di sostituire gli orrori danneggiati.

Essi stavano sciamando come calabroni infuriati intorno al drago che si dibatteva, e sebbene venissero scagliati lontano a dozzine a ogni colpo d’ala o di coda, erano pronti a scattare di nuovo in avanti per colpire senza posa. Nel cuore di quella mischia aleggiò poi un breve bagliore luminoso, e Vangerdahast sollevò prontamente una mano, socchiudendo gli occhi.

L’istante successivo il drago si accasciò, il grande corpo coperto di scaglie che si trovava in mezzo alla calca di armature in movimento svanì all’improvviso…

E una donna barcollante, con il respiro affannoso e coperta dai laceri brandelli di un abito rosa, apparve davanti alle finestre infrante.

«Vangerdahast?» chiamò. «Mago? Dove sei? Dobbiamo parlare!»

«Sono qui», rispose con calma Vangerdahast, il bagliore verde che gli si sollevava davanti come un muro. «Se avessi saputo che stavi arrivando, avrei potuto mostrarmi più accogliente. Così come stanno le cose, preferirei che le tue prossime parole fossero il tuo nome e cosa vuoi… a meno che, naturalmente, tu non desideri che siano le tue ultime parole.»

La donna posò una mano sullo stipite infranto della finestra e lo scavalcò con grazia per entrare nella cucina. Le condizioni del suo abito rendevano evidente che non aveva armi indosso, ma Myrmeen, ancora stesa al suolo, posò la fiala di pozione che aveva appena bevuto e allungò di nuovo la mano verso la spada.

«Il mio nome, Vangerdahast, è Ammaratila Cyndusk», affermò la donna, acquattandosi come un felino sul piano di lavoro posto fra due mensole per i piatti. «Nella mia forma umana dimoro a Marsember, i cui abitanti mi conoscono come Lady Joysil Ambrur.»

«Ah, la ragazza che ama conoscere tutti i segreti», commentò il mago, annuendo. «E adesso devi essere venuta al corrente anche del mio. Posso sapere chi te lo ha rivelato?»

«Un Arpista… da me però non saprai il suo nome… che mi ha detto di aver sentito un Mago della Guerra che parlava della cosa con un altro Mago della Guerra. Prima di gettare via la mia vita nel tentativo di porre fine alla tua, vorrei accertarmi di aver capito bene: stai davvero sviluppando incantesimi intesi a dare la caccia ai draghi, intrappolarli e controllarli, con l’intenzione di accumulare una collezione di draghi da vincolare… mediante altri incantesimi a cui stai lavorando… perché diventino dormienti difensori di Cormyr, come lo erano in passato i Signori Dormienti?»

«Sì, è esatto.»

«E non intendi lasciarti dissuadere dall’attuare questo piano? Usando magari Maghi della Guerra, Dragoni Purpurei o altri umani di Cormyr disposti a collaborare?»

«La partecipazione umana è probabile, ma ho la ferma intenzione di utilizzare principalmente i draghi come difensori del regno. Sei interessata a candidarti?»

La donna svanì di botto dal piano di lavoro, per ricomparire con le gambe serrate a forbice intorno alla testa di Vangerdahast, torcendole di lato nel tentativo di spezzargli il collo mentre inarcava il corpo all’indietro davanti a lui e calava di scatto le braccia dietro di sé per colpire quelle di lui e interrompere qualsiasi incantesimo stesse cercando di lanciare.

«Dopo che sarai morto, mago», annaspò, crollando contro lui e andando a sbattere con la schiena contro le sue caviglie.

Vedendo che Vangerdahast era ancora in piedi, il collo immobile, la donna prese poi a oscillare a destra e a sinistra in modo da spostare le gambe di qua e di là, ma parve ruotare intorno a qualcosa di rigido, immobile e duro come la pietra. Un qualcosa avvolto in una verde luminosità pulsante e sempre più intensa.

«Una vista interessante», riuscì a dire il mago, un istante prima che Myrmeen Lhal si abbattesse su Joysil, strappandogliela di dosso e scagliandola sul pavimento della cucina.

Le due donne scivolarono insieme su di esso mentre il mago le fissava entrambe con aria accigliata.

«Ragazza, ti ringrazio ma posso combattere da solo le mie battaglie. Vedi questo campo che mi circonda, questo bagliore verde? Non solo mi protegge il collo, ma impedisce anche al drago del canto di assumere la sua vera forma e di schiacciarci entrambi contro le mura e il pavimento. Inoltre, adesso che è cosi vicina, dovrebbe per di più impedirle di teleportarsi ancora. Adesso togliti di mezzo, perché voglio parlare con lei.»

Myrmeen reagì fissandolo con aria interrogativa, e quando lui annuì si tolse di dosso a Joysil, allontanandosi di scatto per evitare che lei la facesse inciampare o le sottraesse una delle daghe che aveva addosso.

«Ah, naturalmente, grazie, ragazza», aggiunse Vangerdahast in tono burbero, posandole una mano sul braccio.

Scoccandogli una strana occhiata, Myrmeen indietreggiò fino al lavandino. «Tanto vale che tu mi uccida», ansimò Joysil, che giaceva al suolo ammaccata e ansimante, «perché a meno che tu non rinunci a questo tuo piano, e riesca a convincermi della cosa, continuerò a tentare di ucciderti. Una volta che quei tuoi incantesimi saranno pronti, e scritti, nessun drago di Faerûn sarà più al sicuro».

Vangerdahast annuì, e un bagliore verde gli scaturì dalle dita. In una stanza lontana, dalla parte opposta del rifugio, due bacchette emisero un lampo di luce.

«Adesso, temo, scoprirai di non poterti muovere, Lady Cyndusk… o Ambrur, se preferisci. Gradirei non essere ucciso, se non ti dispiace… e tuttavia c’è del vero in quello che dici. Questi incantesimi saranno la mia eredità per Cormyr, altri dovranno essere in grado di utilizzarli, una volta che io non ci sarò più, per aumentare le file dei difensori o per sostituire quelli caduti in battaglia, ed è possibile che alcuni maghi se ne servano in maniera… meno giudiziosa di come farei io. Quindi… sì, è vero, io sono un pericolo per la razza dei draghi.»

«Per tutta la vita», continuò con un sospiro, «ho dovuto soffocare i miei desideri… e i miei sogni, le mie simpatie… per aderire sempre a uno scopo supremo, che mi faceva da guida: migliorare e difendere Cormyr. Sono disposto a fare qualsiasi cosa per mantenere forte questo regno… e perché esso continui a essere quello che è adesso e che è sempre stato. Ritengo che esso sia una delle cose migliori realizzate dalla mia razza, drago, e voglio mantenerlo così… a qualsiasi costo per chiunque».

Avvicinatosi a un cassetto, tirò fuori una tovaglia pulita e la distese con cura sulla forma immobilizzata di Joysil.

«Non ho vesti della tua taglia, ma se non ti secca usare uno dei miei mantelli invernali… certo, le tarme li bucano sempre, ma…»

«Mago», sibilò dal pavimento il drago del canto ridotto all’impotenza, «creerai la peggior specie di schiavitù per i draghi. Anche ammesso che tu possa trovare alcuni schiavi disposti a fungere da guardie per te, questi incantesimi diverranno noti, e verrà il giorno in cui i soli draghi non sottoposti al controllo di qualcuno saranno quelli che moriranno combattendo, dopo che gli altri tuoi incantesimi li avranno trovati, attirati e presi all’amo!».

«Sì, è una conseguenza che ho previsto», annuì Vangerdahast, con una nota di tristezza nella voce. «Hai da propormi qualche brillante soluzione che finora mi sia sfuggita?»

«Tu… tu… razza di mostro!» tempestò Joysil, tremando per lo sforzo di contrastare la magia paralizzante che la bloccava. «Tuuuu….»

Poi cercò di girare la testa quando Vangerdahast si chinò su di lei, e quando scoprì di non poterlo fare chiuse gli occhi e urlò… un grido che ben presto calò di tono, si fece indistinto e si spense.

«Dormi», le disse il vecchio mago, in tono gentile. «Se per una volta Mystra mi vorrà sorridere, avrò trovato una soluzione prima di essere costretto a svegliarti… anche se è più probabile il contrario», aggiunse in tono amaro, voltandosi con un sospiro.

Myrmeen Lhal lo fissò con aria grave, la spada riposta nel fodero e gli occhi che avevano di nuovo un’espressione strana, diversa da quella di poco prima.

«Avresti potuto ucciderla… facilmente… ma non lo hai fatto. Perché?» chiese.

«Nella mia vita», replicò il mago, guardandola con una punta di acidità, «ho visto troppi problemi perché mi vada ancora di eliminarli con l’assassinio, ragazza. Ho bisogno di tempo per decidere quale sia il modo migliore per calmarla e risanarla».

Annuendo, la Signora di Arabel incrociò le braccia sul petto.

«Tuttavia», obiettò, «lo spietato difensore del regno potrebbe sostenere che la cosa migliore per Cormyr sarebbe eliminare adesso questo drago, in maniera misericordiosa, mentre è reso impotente dal sonno. Un nemico di meno, un pericolo rimosso, il regno reso più forte, sia pure in misura minima».

«Questo non è il Drago Demoniaco», sospirò Vangerdahast, «e se proprio vuoi sapere la verità, ragazza, ho visto e causato troppe morti».

Allargata una seconda tovaglia, la stese sul pavimento, poi fece qualcosa in reazione a cui la luminosità verde s’intensificò tutt’intorno, sollevando nell’aria il corpo rigido di Joysil. Forze invisibili alzarono quindi da terra l’altra tovaglia, verso di lei, e così avvolto nella stoffa il corpo fluttuò verso la porta della cucina.

«Ritengo», aggiunse Vangerdahast, avviandosi per seguire Joysil, «di essere infine cresciuto abbastanza da comprendere che le persone il cui modo di vedere differisce dal mio non sono necessariamente nemici da abbattere».

Myrmeen lo fissò con evidente rispetto, sorrise e improvvisamente si protese a posargli una mano sul braccio.

Il mago vi batté un colpetto con la propria, d’un tratto fin troppo conscio del fianco di lei che sfiorava il suo, poi si volse a guardarla, e quando i loro sguardi s’incontrarono avvertì… con non poca sorpresa… sentimenti da tempo repressi che tornavano a destarsi in lui.

* * *

Levando gli occhi al cielo per il disgusto, Narnra saltò giù dall’ennesima finestra. Per gli dei, quante piccole liti meschine, quanta arroganza e quante rivalità! Questi Maghi della Guerra erano sgradevoli quasi quanto i nobili di Waterdeep!

Quasi. E se questi erano i custodi della legge, che sorta di soggetti potevano mai essere i nobili di Cormyr?

«Chi è stato quell’idiota che ha detto: “Ci sono sempre maggiori tesori dietro la prossima collina”?» borbottò fra sé, ad alta voce… poi tornò a immobilizzarsi, carponi sul balcone pieno di vasi di felci, quando due Maghi della Guerra uscirono su di esso e si vennero a fermare a ridosso della ringhiera, a meno di quattro passi da lei, ridendo con fare cinico.

«Ebbene, ho sempre saputo che il Vecchio Incantesimi di Tuono non avrebbe abbandonato così facilmente la sua presa sul trono!»

«Draghi! E questo dopo tutto il sangue che gli elfi hanno versato perché questa terra smettesse di essere il terreno di caccia privato di svariati draghi! Non riesco a crederci!»

«Io invece sì. Del resto, chi altri dorme per secoli? Chi altri può continuare a esistere per così tanto tempo restando in vita, invece di trasformarsi in un non-morto che odia tutti i viventi? E di chi altri si dovrebbe fidare, qui in Cormyr? Dei nostri nobili

I due condivisero una risata amara e sprezzante, poi il secondo mago scosse il capo e replicò:

«Ma chi si può veramente fidare di un drago? Chi può sapere cosa pensano di noi, che li massacriamo, li derubiamo, ci impadroniamo delle loro uova e… li costringiamo a farsi da parte, mentre un tempo erano loro a dominare tutto Faerûn?»

«Sono stati gli elfi a fare loro tutto questo», precisò il mago più alto e anziano, con una scrollata di spalle. «E poi c’è stato quel culto che si è diffuso fra gli hobgoblin, che erano convinti che mangiare carne di drago li avrebbe trasformati in una razza più forte e massiccia… loro hanno sottratto più uova di quanto abbiano mai fatto gli umani.»

«Credi che il vecchio Vangey si procurerà qualche uovo e cercherà di far nascere piccoli di drago da lui vincolati e controllati mentalmente con incantesimi?»

«È possibile che lo faccia», replicò il Mago della Guerra più anziano, volgendo le spalle alla ringhiera per tornare dentro, «ma gli servono anche draghi adulti, perché i piccoli di drago sono come ragazzi ignoranti ma spericolati e troppo sicuri di sé… e potrebbero arrecare involontariamente una quantità di danni non solo a loro stessi ma anche a ciò che dovrebbero difendere».

Miracolosamente, nessuno dei due maghi si accorse della ladra accoccolata poco lontano, immobile come una statua. Con la massima silenziosità possibile, Narnra esalò un lungo, lento respiro, riprese fiato e scavalcò d’un balzo la ringhiera del balcone.

* * *

Il segreto di Vangerdahast non era più tale: draghi vincolati da incantesimo come protezioni per Cormyr! Finora, Narnra aveva rintracciato Duskwinter, e quel mago gioviale dalla barba curata che stava facendo il bagno era stato Bathtar Flamegallow… più interessato a far galleggiare piccole navi di legno che a qualsiasi altra cosa, ma se non altro le sue battute erano risultate divertenti. Quanto a Calaethe Hallowthorn, era fuori città, nelle vicinanze di un posto chiamato Prato del Burlone… il fatto che fosse in campagna era però da considerare sospetto oppure no? Narnra ne sapeva troppo poco sul conto di quei Maghi della Guerra per poter dare una risposta. L’altra donna che doveva sorvegliare, Iymeera Juthbuck, pareva avere una vera e propria passione per gli avventurieri virili, se si doveva credere ai maligni pettegolezzi degli altri Maghi della Guerra.

Adesso, le sarebbe piaciuto appurare cosa ne pensavano gli Arpisti di tutto questo. Rhauligan aveva informato qualcuno di loro, oppure no?

* * *

Quello era il posto giusto: Oscura La Mia Arpa Ma Fiammeggiante… per gli dei, che razza di nome!

Appollaiata su un tetto vicino, Narnra si soffermò a scrutare il vecchio ritrovo fatiscente. A giudicare dal suo aspetto, un tempo doveva essere stato una grandiosa dimora, prima che proprietari successivi vi aggiungessero ali laterali di legno in tutte le direzioni. Se non altro, da quella distanza nessuna musica chiassosa o stonata le stava tormentando gli orecchi.

Nel formulare quelle riflessioni, Narnra si accorse con sgomento che almeno tre sentinelle la stavano tenendo d’occhio… una da un piccolo lucernario nel tetto del club e le altre da due diversi edifici, posti lateralmente rispetto alla sua posizione… ma con suo sollievo l’uomo che si trovava sull’edificio più vicino le rivolse un breve cenno del capo quando i loro sguardi s’incontrarono. Narnra rispose agitando una mano in un misurato gesto di saluto, poi scese in strada e si avviò per entrare apertamente nel club, perché ora che era stata avvistata non intendeva rischiare qualche freccia nella schiena.

La parrucca che aveva «preso a prestito» qualche ora prima attraverso una finestra aperta stava cominciando di nuovo a scivolare di lato, ma ben presto scoprì che non c’era bisogno di fare nessun tentativo di agire di soppiatto perché l’interno del club era fiocamente illuminato, affollato, accogliente e ribollente di conversazioni che vertevano esclusivamente sul piano di Vangerdahast.

«Per gli dei, ci ritroveremo sepolti fino al collo in una quantità di astuti e misteriosi maghi con le loro sporche maniche imbottite di sfere di fuoco nel momento stesso in cui si verrà a sapere del grande piano di Vangey!» ringhiò un uomo che portava un liuto appeso alla schiena e aveva daghe infilate in un assortimento di foderi sparsi ovunque sui logori abiti di cuoio, sbattendo sul tavolo un boccale grosso quanto la testa di Narnra. «Maghi di ogni tipo si vorranno impadronire dei suoi incantesimi e saranno disposti a uccidere per averli! Chi per primo riuscirà a controllare la maggior parte dei draghi potrà saldare un mucchio di conti in sospeso prima che il resto di noi si possa unire per cercare… e ho detto cercare… di salvare da lui tutti i regni!»

«E che accadrebbe se un drago riuscisse a impadronirsi di quegli incantesimi e a diventare un nuovo Re dei Draghi?» intervenne un uomo più basso dai folti baffi ispidi. «Questo è ciò che voglio sapere!»

Narnra ascoltò quelle supposizioni e molte altre parimenti preoccupate mentre attraversava la sala del club, sfruttando il vecchio trucco di far finta di essere alla ricerca di qualcuno.

Quando poi riconobbe due degli Arpisti che avevano fatto parte del cupo schieramento che l’aveva circondata nelle cantine di Marsember, quando Mystra stessa aveva seminato il terrore nel cuore di tutti, si mosse nella loro direzione, proprio mentre essi si avviavano con aria cupa su per una rampa di scale, ascoltando le diverse conversazioni e scambiandosi un’acida occhiata.

Allontanandosi dalla scala, Narnra svoltò un angolo e si precipitò su per un’altra rampa di gradini che aveva individuato in precedenza. Era certa che al piano superiore dovesse esserci un passaggio che univa le due rampe, ma se pure non ci fosse stato… la creatura che le si parò davanti in cima alle scale era il più grosso e brutto mezz’orco in cui si fosse mai imbattuta… tutto verruche, piaghe aperte e gialle zanne spezzate. Un paio di occhi decisi, che promettevano di saper elargire sia cordialità sia una rapida morte, la scrutarono con attenzione mentre una mano simile a un artiglio spingeva di lato il mantello del mezz’orco, rivelando la prima balestra a sei quadrelle che lei avesse mai visto.

Le punte lucide dei sei dardi, molto affilate, erano tutte puntate su di lei mentre il mezz’orco ritraeva le labbra dalle zanne per chiedere:

«E anche sul tuo letto di morte, piccolo ratto, tu…?»

Narnra deglutì, trasse un profondo respiro e riuscì a pronunciare le parole «suonerò l’arpa» in tono abbastanza sicuro da non far capire che stava tirando a indovinare.

Il mantello ricadde sulla balestra. La grossa testa annuì con riluttanza e quella montagna di carne si trasse da parte con rapidità sorprendente, permettendole di arrivare in cima alla scala e di procedere oltre.

Nell’oltrepassare quella… quella cosa… Narnra le rivolse un cenno impassibile e s’incamminò lungo il passaggio che aveva davanti come se avesse saputo benissimo dove stava andando.

A metà del corridoio c’era una porta aperta, da cui giungeva una voce.

«Non m’importa», essa stava dicendo. «Che ogni ladruncolo e ogni grasso mercante di tutta Suzail ci sentano pure discutere, Sareene! Voglio che siano tutti informati, avvertiti e consapevoli del pericolo che noi tutti abbiamo di fronte… perché ci riguarda tutti, indipendentemente da chi noi si sia o da dove ci si trovi!»

«Naetheless, Brammagar, quello che proponete è un doppio gioco molto pericoloso!»

«Che alternativa abbiamo?»

Poiché la schiena dei due uomini fermi appena oltre la soglia aveva per Narnra un aspetto fin troppo familiare, lei non osò chiedere quale fosse stata la proposta di Brammagar, ma per fortuna qualcun altro lo fece al suo posto.

«Attualmente, non oso lasciare Drangodusk», interloquì una voce stranamente remota ed echeggiante, «e la mia magia non è entrata in funzione in tempo per permettermi di sentire le parole di Brammagar. Qual è la sua proposta, per favore?».

«Che noi Arpisti si protegga Vangerdahast attendendo al varco tutti i maghi che verranno per derubarlo, in modo da avere la possibilità di abbatterli a mano a mano che si presenteranno per attaccare Vangey… poi, quando arriverà il momento giusto, ci rivolteremo contro il vecchio mago e rovineremo i suoi incantesimi, in modo da avere la certezza che non riesca mai a vincolare un drago mediante nuovi e più potenti mezzi magici.»

«E a chi di noi spetterà decidere quali maghi uccidere e quali lasciare in vita? Io dico che ci stai mettendo tutti nei guai.»

«Ne uccideremo comunque il più possibile, in modo da restituire almeno un po’ di potere su Faerûn a tutti noi che non usiamo incantesimi!» grugnì qualcun altro, scatenando una nuova discussione collettiva.

Narnra proseguì lungo il passaggio e raggiunse l’altra scala il più in fretta e silenziosamente possibile. I maghi traditori avrebbero dovuto aspettare, perché adesso doveva tornare al più presto da Caladnei: quella era infatti una notizia che andava riferita senza indugio alla Maga Reale!

* * *

Harnrim Starangh fissò sorridendo la snella figura vestita di cuoio nel portare a termine con cura il proprio incantesimo… e l’edificio che incombeva al disopra del tetto su cui la ragazza era appena atterrata cominciò a sgretolarsi e a crollare.

Per quanto fosse stata rapida nel saltare, la ragazza non poteva sperare di evitare la roboante massa di pietre che stava per schiacciarla. Esse avrebbero seppellito l’intero tetto e probabilmente avrebbero appiattito al suolo la struttura sottostante…

Lo schianto fu così violento da far tremare perfino la costruzione su cui lui si trovava, il tetto di uno dei palazzi più alti e nuovi di Suzail, poi si levò una grande nube di polvere… e con un gemito simile a quello di un drago morente, l’edificio su cui si era trovata la ladra si afflosciò sotto il peso delle pietre che lo avevano investito, accompagnato da una nuova ondata di urla.

Sì. Narnra Shalace era uscita di scena e al suo posto sarebbe entrato… un impostore.

Cercare di usare la vita della figlia di Elminster come merce di scambio per trattare con il Vecchio Mago e con tutti i Prescelti che lui avrebbe potuto chiamare in suo aiuto sarebbe stata pura follia… per non parlare di ciò che una prigioniera così dinamica avrebbe potuto fare per conto proprio, mentre lui era impegnato nelle trattative… ma essere lui stesso la figlia di Elminster… sì, anche ammettendo che Elminster avesse avuto qualche sospetto, sarebbe bastato sostenere di avere la protezione di Mystra per evitare sondaggi e manipolazioni mentali.

Certo, era un piano rischioso, ma tutto ciò che aveva a che fare con la magia comportava dei rischi, e se fosse riuscito a tenere testa al Vecchio Mago di Shadowdale e a impadronirsi di preziose informazioni sugli incantesimi dei Maghi della Guerra mentre si fingeva al tempo stesso la piccola agente di Caladnei e la figlia di Elminster, un certo mago soprannominato Incantesimi Oscuri avrebbe potuto ottenere parecchio da quella finzione, prima che divenisse necessario far sparire Narnra per sempre.

Con un freddo sorriso, il Mago Rosso agitò una mano e prontamente l’aria che lo circondava tremolò, formando un’immagine della Waterdhaviana che lui aveva appena ucciso.

Starangh studiò con attenzione quel simulacro, accoccolandosi per guardarlo da ogni angolazione, prima di avviare l’incantesimo che gli avrebbe conferito un aspetto identico a quello di Narnra.

* * *

Dalla parte opposta di una distesa di tetti, Glaraaster Rhauligan fissò con orrore la crescente nube di polvere, l’ultima immagine di Narnra impegnata in un frenetico balzo sotto la pioggia di pietre ancora incisa nella sua mente.

«Narnra!» urlò, pur sapendo che era inutile. Nulla poteva essere sopravvissuto a quella frana schiacciante giunta dall’alto, anche se…

Su un altro tetto, un accenno di movimento attirò la sua attenzione, e lui si ritrovò a osservare un uomo dalle lunghe vesti a cui si stava proprio allora affiancando una compagna… l’immagine di Narnra, apparsa dal nulla accanto a lui. L’uomo la studiò con espressione accigliata, chinandosi per osservarla meglio, poi iniziò a modellare un incantesimo e il suo corpo si fece indistinto, cominciando a cambiare… e contemporaneamente l’immagine di Narnra prese a svanire.

Rhauligan spiccò la corsa, lanciandosi lungo la distesa di tetti con lunghi balzi mentre estraeva le daghe, pronto a lanciarle, e imprecava senza posa, furiosamente, nel tentare di avvicinarsi abbastanza da…

* * *

Harnrim Starangh si mise in posa e abbassò lo sguardo sullo specchio che in precedenza aveva appoggiato alla carcassa di un piccione morto da tempo. Sì, adesso era identico a quella ragazza imbronciata dal naso aquilino.

Recuperato lo specchio, lo ripose in una tasca che non gli era familiare e rivolse a Suzail un sorriso d’addio. Era tempo di rivedere Shadowdale, di entrare in confidenza con il grande Elminster e di scoprire finalmente qualcuno dei suoi segreti.

* * *

La figura sul tetto scomparve bruscamente e la prima daga scagliata da Rhauligan fendette soltanto l’aria per poi arrestarsi tintinnando dall’altra parte del tetto ormai vuoto, seguita dal ruggito di rabbia dell’Arpista.

* * *

Nella strada piena di macerie e di uomini che correvano e urlavano comparve di colpo un’ennesima figura… un individuo alto, magro, le cui vesti trasandate rivaleggiavano con la sua lunga barba bianca nell’apparire vecchie e logore.

Inarcando un folto sopracciglio, Elminster si guardò intorno, canticchiando pensosamente, mentre Maghi della Guerra e Dragoni Purpurei accorrevano frenetici da ogni parte.

A meno che avesse incontrato qualche barriera, il suo incantesimo tracciante avrebbe dovuto portarlo in un punto distante pochi metri da Narnra, il che poteva significare soltanto che lei era…

Oh, Mystra… misericordiosa madre Mystra.

Senza badare alle voci che gli gridavano di arrendersi o di identificarsi e di deporre qualsiasi arma avesse avuto con sé, il Vecchio Mago s’inginocchiò vicino al grosso mucchio di pietra infranta che si estendeva fino alla punta dei suoi logori stivali e borbottò un incantesimo molto antico. Alcune delle rocce che si trovavano proprio davanti a lui presero a risplendere, cosa che gli strappò un’imprecazione tale da indurre il Dragone Purpureo che gli stava piombando addosso con la spada in pugno a fissarlo a bocca aperta per la sorpresa.

Piantando saldamente i piedi per terra, il vecchio spinse indietro le maniche e sollevò entrambe le mani per avviare un incantesimo… cosa a cui il guerriero lanciato alla carica reagì com’era stato addestrato a fare: gridò per cercare di infrangere la concentrazione del mago e levò la spada per colpire una di quelle mani e interrompere la sequenza dei gesti magici.

Il vecchio però lo sorprese di nuovo… abbassandosi di colpo e girandosi a fronteggiarlo con tanta rapidità che la spada gli passò senza danno sopra la spalla; voltandosi ancora, il vecchio afferrò il guerriero per il braccio proteso, all’altezza del gomito e del polso, e lo scagliò verso il cumulo di macerie, urlando:

«Comincia a scavare, razza di cane senza madre!»

«Ecco là chi ha causato questo!» ululò un Mago della Guerra, puntando il proprio bastone.

Elminster scattò di lato senza prendersi neppure il disturbo di girarsi a guardare chi fosse il suo accusatore, e la scarica di energia partita dal bastone si abbatté sulle pietre, inducendo il barcollante Dragone Purpureo a lanciarsi al coperto urlando. Nel frattempo, Elminster rotolò dietro un mucchio di macerie e ringhiò un incantesimo che sollevò la maggior parte delle pietre circostanti… insieme all’isolato e ormai del tutto attonito Dragone Purpureo… e le scaraventò lungo la strada in una devastante grandinata che lasciò i Cormyriani lanciati alla carica stesi al suolo gementi e imprecanti.

Ignorandoli, il Vecchio Mago si rialzò in piedi e scrutò il davanti della frana, il cui fronte era stato ora notevolmente ridotto dal suo incantesimo. Là… un braccio insanguinato coperto da una manica di cuoio sporgeva da sotto due grosse rocce incastrate a cuneo. Affondando le mani sotto una di esse, Elminster provò a sollevare con tutte le sue forze… ma riuscì soltanto a farla slittare di lato di qualche centimetro.

Affannato e sconfitto, ricorse allora a un altro incantesimo, questa volta alzando le pietre in verticale in modo che non ci fosse la minima possibilità di recare ulteriori danni a Narnra.

La ragazza giaceva svenuta sotto uno spesso strato di polvere, una gamba palesemente spezzata, un braccio piegato da numerose fratture, e…

Sussultando, Elminster spostò quel corpo infranto con la massima delicatezza possibile, trascinandolo via da sotto i massi minacciosamente sospesi, e invocò il fuoco argenteo di Mystra.

Manipolarlo lentamente, con cautela, era sempre difficile, risanare lo era ancora di più, quindi Elminster persistette soltanto per il tempo necessario ad accertare che la ragazza era ancora viva e non correva un pericolo di morte immediato. Per poter procedere adeguatamente a risanarla, avrebbe dovuto dedicare a quel compito tutta la sua concentrazione, il che lo avrebbe lasciato indifeso e a stretto contatto con sua figlia… una cosa poco saggia se si considerava che altri furenti difensori di Cormyr sarebbero potuti accorrere da un momento all’altro.

Di conseguenza, scelse invece di modificare il proprio aspetto esteriore in modo da renderlo del tutto identico a quello di Narnra… addio, Vecchio Mago barbuto violatore di leggi… e si stese accanto a lei per lasciar fluire il fuoco argenteo in modo lento e accuratamente controllato.

Quando una compagnia di Dragoni Purpurei sopraggiunse con un frastuono di piedi in corsa, fu cosa di un momento lasciare che le pietre sospese in aria ricadessero in mezzo a essa, mentre lui rimaneva disteso accanto a Narnra, saldando e richiudendo, riducendo emorragie e ricongiungendo i frammenti d’osso spezzati.

Lentamente, procedette lungo tutto il corpo devastato della ragazza fino ad avere la certezza che sarebbe sopravvissuta; quanto al resto delle sue lesioni, avrebbe potuto provvedere meglio a risanarle nella sua torre, dove avrebbe potuto accudirla in maniera adeguata invece di essere costretto a tenere a bada di continuo nuovi Maghi della Guerra.

Sulla scena sopraggiunse proprio allora qualcuno che era quasi senza fiato e aveva il passo pesante tipico dello sfinimento. Girando la testa, Elminster vide Glarasteer Rhauligan avanzare barcollando verso di lui con la massima rapidità possibile lungo la strada cosparsa di macerie.

Sospirando, il mago si alzò in piedi, sollevò Narnra fra le braccia… ignorando il grido improvviso di Rhauligan… e teleportò se stesso e sua figlia a Shadowdale.

* * *

Barcollando, Rhauligan si arrestò, fissando con ira sconcertata il punto in cui due Narnra Shalace erano appena svanite proprio sotto il suo naso.

«Sangue e dannazione!» annaspò stancamente, nel guardarsi intorno con furente frustrazione. «Sangue… e… dannazione!»

* * *

Fischiettando fra sé, Florin Falconhand stava attraversando la distesa di logore lastre di pietra che portava alla torre di Elminster. In una mano gocciolante stringeva addirittura nove grossi greenfin, appena pescati nel fiume… il Vecchio Mago aveva una vera passione per i greenfin fritti in padella.

In fin dei conti, era proprio ora che uno dei Cavalieri si decidesse a invitare Elminster a cena, e…

Il ranger si arrestò di colpo, la mano che saettava verso l’impugnatura della spada.

Davanti a lui, sul sentiero… proprio all’altezza della svolta centrale, su un lieve pendio che pochi istanti prima era stato del tutto deserto… erano apparse due figure.

Si trattava di due figure identiche, una delle quali teneva fra le braccia una terza copia, accasciata e inerte, della stessa persona, coperta di sangue e polvere e con i vestiti laceri.

Florin fissò le apparizioni. Sì, tutte e tre erano copie della stessa donna snella e muscolosa, vestita con logori abiti di cuoio, con arruffati e corti capelli neri, occhi scuri e un naso aquilino che sembrava una versione meno marcata di quello di Elminster.

Ed entrambe le donne in piedi si stavano fissando a vicenda con evidente sorpresa… e con altrettanto evidente contrarietà.

Quella che trasportava la terza figura inerte, s’inginocchiò poi con un gesto rapido.

«Sta’ indietro, Fiorin!» ingiunse in tono secco, nel deporre al suolo il suo fardello per poi procedere a lanciare un incantesimo ancor prima di essersi rialzata.

Anche l’altra stava facendo altrettanto, con l’ovvia intenzione di annientare il suo doppione.

E adesso? pensò Florin Falconhand, snudando la spada e mettendosi a correre.

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