11. Un mago in ogni rifugio

E così alla fine sono stato costretto a lasciarmi il mondo alle spalle per nascondermi. Mi sono creato un buco in cui rifugiarmi, l’ho richiuso alle mie spalle, ed ecco fatto: ero scomparso nel nulla.


Il personaggio dell’Arcimago Greatghalont

nella Scena Prima della commedia Epiloghi a Innarlith

di Skamart «l’Astuto» Thallea

rappresentata per la prima volta nell’Anno del Tuono

Ci fu un momento di azzurre nebbie che accompagnarono una caduta interminabile, poi avvertirono la solida pietra sotto gli stivali, videro la luce intensa del sole del mattino e fiutarono un odore di salsiccia troppo cotta e di pane tostato bruciacchiato.

«Sono già stata qui una volta, una sola, quando Vangerdahast mi stava mettendo alla prova», affermò Caladnei, guardandosi intorno. «In quell’occasione lui ha però schermato in qualche modo il percorso, nascondendomelo, e non sino più riuscita a trovare il modo di tornare.»

Accanto a lei, Myrmeen Lhal si stava guardando intorno con cautela, scrutando in tutte le direzioni con la spada parzialmente snudata. Quando poi scoccò a Elminster un’occhiata che grondava veleno, il Vecchio Mago reagì con un sorriso e le mandò un bacio, a cui lei rispose fissandolo con aria glaciale.

I tre si trovavano in una dispensa pavimentata con lastre di arenaria, il cui basso soffitto arcuato era a non più di una spanna al di sopra delle loro teste; più avanti, al di là di due tavoli ingombri e di una sedia dallo schienale ricurvo coperto di asciugamani piuttosto sporchi, si scorgeva quella che sembrava essere una cucina, dove un piano di marmo sfregiato, affiancato a due lavandini, era nascosto da un mucchio di pentole e di piatti sporchi; al di sopra del piano c’era una finestra incassata in profondità in un terrapieno coperto di felci, da dove essa si affacciava su una gradevole radura boschiva.

In piedi accanto al piano di marmo, con una ciotola di burro di mandorle in una mano, una grossa pagnotta sotto il braccio e l’altra mano occupata da un coltello, con cui era intento a pescare il burro dalla ciotola per spalmarlo sull’estremità della pagnotta, c’era un uomo dall’aspetto fin troppo familiare.

Curvo e grasso, indossava una sporca veste nera e sandali, e aveva un’arruffata barba fra il grigio e il bianco che gli scendeva sul petto e si protendeva anche in ogni altra direzione. La bocca, nascosta tra quella nuvola di peli, era impegnata nell’attività per cui l’uomo non aveva sentito il clangore della spada di Myrmeen che veniva parzialmente snudata dal fodero né le sommesse e stupite parole di Caladnei.

Il mago Vangerdahast stava cantando una canzone da taverna che parlava di una ragazza proveniente da Arabel… cosa che indusse Myrmeen a serrare le labbra in un’espressione seccata… che era caduta sotto il suo incantesimo… e qui fu la volta di Caladnei di accigliarsi… e adesso stava implorando altro amore… sebbene certi maghi si stessero irritando…

La voce di Vangey era qualcosa di atroce… un suono piatto, rozzo e affaticato che cercava di imitare i virtuosismi vocali che il mago aveva senza dubbio sentito eseguire a corte dai bardi più dotati (anche se con ogni probabilità essi avevano mantenuto l’intonazione giusta, cosa che l’ex-Mago Reale non correva il rischio di fare), e per di più Vangerdahast continuava a interrompere la canzone per annaspare, tossire e sputare con vigore nel lavandino.

Nel frattempo, il coltello stava spalmando uno strato di burro di mandorla già spesso un dito, e in ulteriore crescita, sull’estremità tagliata della pagnotta, e la distesa di oleosa crema marrone era già spruzzata di prezzemolo e aglio tritato.

Elminster si concesse un astuto sorriso nel lanciare un’occhiata in tralice al volto inorridito di Caladnei, notando come la sua espressione si stesse irrigidendo per la disgustata previsione di ciò che il suo antico mentore avrebbe probabilmente fatto un momento più tardi… e cioè addentare l’estremità della pagnotta spalmata di burro di mandorle senza preoccuparsi di tagliare la fetta in questione, di cercare un piatto… anche se sarebbe stata una sfida non da poco riuscire a trovarne uno pulito in quel caos… o di rendere grazie agli dei, sia pure rapidamente.

Ciò che Vangerdahast fece invece fu di lanciarsi in una seconda strofa ancora più scurrile, mentre masticava un grosso boccone di pane e burro di mandorle, e si dondolava sui talloni, immaginando di danzare con la sua lasciva ragazza al ritmo della canzone. Così facendo, il mago girò su se stesso quanto bastava per scorgere i tre visitatori, che certamente non si sarebbe mai aspettato di vedere fermi in piedi nella sua dispensa vuota, al posto delle casse di provviste di cui stava attendendo l’arrivo.

Vangerdahast sbatté le palpebre, si girò di nuovo verso la finestra nel cantare l’ultimo verso, poi si volse ancora in direzione della dispensa con aria accigliata… forse nella speranza di scoprire che quelle tre figure erano state soltanto una specie di sogno a occhi aperti, o il risultato del contenuto della bottiglia da lui recentemente svuotata, che raccolse dal lavandino per fissarla con occhi roventi.

Le tre figure non svanirono… neppure dopo che lui ebbe sputato quanto restava del pane e burro nella loro direzione in un impeto improvviso di timore e di mortificazione.

«Per tutte le Sette Sorelle, come siete arrivati qui voi?» ruggì.

«Con la magia», rispose allegramente Elminster, sfoggiando un ampio sorriso da monello.

Con occhi roventi, Vangerdahast scagliò il pane in una direzione e il coltello nell’altra, lasciando ricadere fragorosamente nel lavandino la bottiglia di vino vuota, poi sollevò le braccia tremanti e mosse un passo in direzione del Vecchio Mago come se avesse avuto intenzione di strangolarlo. Subito dopo, però, lasciò ricadere le braccia e nello spostare lo sguardo dalla punta della spada sguainata di Myrmeen Lhal, al di sopra della quale la Somma Signora di Arabel lo stava fissando con occhi roventi, al volto gelido e pieno di disapprovazione di Caladnei, la ragazza che aveva scelto perché gli succedesse come Mago Reale, esalò il fiato in un sospiro e parve ripiegarsi visibilmente su se stesso.

Scuotendo il capo come per schiarirsi la mente, Vangerdahast incrociò poi le braccia sul petto e adocchiò i tre con espressione furente, come se fossero stati comuni ladri che lo avessero sorpreso in una situazione imbarazzante.

«Questo non dovrebbe essere possibile», ringhiò quindi. «Siete arrivati proprio sopra la mia più potente trappola contro il teletrasporto e in qualche modo siete riusciti a oltrepassarla. Attualmente, ciascuno di voi tre si dovrebbe trovare in un diverso e molto lontano punto di Toril… un punto che speravo sarebbe risultato abbastanza lontano da darmi un po’ di tempo per me stesso.»

«Vecchio amico», replicò Elminster, con un altro sorriso, «ricorda che queste cose funzionano per volontà di Mystra… e che io stesso continuo a vivere e… ah… a operare in virtù di quello stesso potere divino».

Vangerdahast scosse il capo con evidente contrarietà e volse le spalle ai tre.

«Non sareste dovuti venire qui, e non dovreste essere qui proprio adesso», ribadì. «Mi sono ritirato per allontanarmi dall’adulazione e dai sorrisi e dal dover fare quello che ci si aspettava da me. Adesso il mio tempo è soltanto mio.»

«E vedo che lo impieghi molto bene», commentò Myrmeen, con voce tagliente.

«Quanto a te, signorina», ribatté l’ex-Mago Reale, girandosi di scatto verso di lei, «faresti meglio ad andare a conservare e proteggere Arabel per conto della Corona, tanto per cambiare! Se non fossi tanto decisa a essere più aggressiva e più abile con la spada di ogni uomo del regno, come una pallida eco della piccola, orgogliosa Alusair, forse saresti riuscita a diventare un governatore molto utile, invece di governare un singolo uomo per volta nella tua camera da letto! Io…».

«Lord Vangerdahast!» lo interruppe Caladnei, in tono secco, «nessuno dovrebbe parlare così a un funzionario del regno… e tanto meno a una dama! Tu… tu mi disgusti! Le tue parole mi inducono a chiedermi cosa stessi realmente pensando sul mio conto quando mi hai coperta di lodi e mi hai nominata a succederti! Magari qualcosa come: “Oh, ecco una sgualdrinella dalla pelle scura che potrà attirare nel suo letto più nobili di quanto io mi potrei mai indurre a fare”?».

«Taci, signorinella!» ruggì Vangerdahast, con un bagliore di fuoco nello sguardo. «Ne ho abbastanza…»

«Anch’io», annunciò Elminster, in tono cortese. «Vangey, una volta eri più abile e astuto quando volevi scatenare una lite e indurre la gente a perdere il controllo al punto da dimenticare quali fossero state le proprie intenzioni iniziali. Stai perdendo il tuo tocco. Per contro, io sarò sgradevole con te quanto tu lo sei stato nei confronti dei tuoi connazionali di Cormyr per… ormai saranno una sessantina d’anni, giusto?»

Nel parlare, venne avanti di un passo, e anche se non parve lanciare incantesimi di sorta né attivare un anello, un’asta, un bastone o un qualsiasi altro congegno magico, Vangerdahast si trovò a sollevarsi da terra e a fluttuare rigido nell’aria, incapace di muovere gli arti.

«E adesso parla», ingiunse Elminster. «Spiegaci cosa stai effettivamente combinando qui. Sono certo che era intenzione di Mystra che io affrontassi la cosa in maniera un po’ meno diretta, ma non sono dell’umore giusto per essere gentile con te. Hai cercato di far infuriare queste due signore in modo da distoglierle dal tentare di strapparti qualche riposta. Perché?»

«Io… non voglio parlare di ciò a cui sto lavorando… con nessuna di queste due signore, che mi dispiace di aver offeso», ribatté Vangerdahast, in tono rude. «Io… no, non posso. Caladnei, Myrmeen, perdonatemi, ma la vostra presenza qui rovina e rivela tutto. Non posso essere sincero con voi, non oso esserlo.»

«No, Vangerdahast», lo corresse Elminster, con calma, «tu non puoi osare di non dire tutta la verità a queste due persone: la Maga Reale di Cormyr e un funzionario inviato come testimone dalla Corona».

«Non sei più il mio maestro, El», ribatté con freddezza Vangerdahast, «e non ho più bisogno delle tue lezioni sull’obbedienza o sull’autorità morale. A mio parere, che è condiviso da molti abitanti di Faerûn, le tue azioni non ti permettono di criticare chiunque altro al mondo a questi riguardi».

«Vangey», avvertì Elminster, sempre in tono gentile, «la mia non è una richiesta. È un ordine». Poi mosse un altro passo in avanti e aggiunse: «Entrambi siamo caduti molto tempo fa nella trappola del “il potere da’ il diritto, e comunque so che questo è giusto, quindi sta’ fermo mentre ti sistemo”… e oserei dire che entrambi abbiamo trovato più facile rimanere al suo interno. Io ci sono ancora adesso. Ora mi risponderai».

«Non intendo farlo», ringhiò Vangerdahast. «Io… io…»

«Sei disgustato da quanto io riesca a essere crudele e tirannico?» domandò Elminster, con voce che era quasi un sussurro. «Lo sono anch’io, vecchio amico, lo sono anch’io, ma molto tempo fa mi sono schierato dalla parte di Mystra, e faccio ciò che lei si aspetta da me. Tuttavia, il mio disgusto di me stesso non è ancora arrivato al punto da indurmi a opporle un rifiuto e sfidarla.»

Mentre parlava, il Vecchio Mago era consapevole che le due donne stavano istintivamente indietreggiando per allontanarsi da lui, la preoccupazione che sul loro volto combatteva con l’apprensione.

«Come te», continuò, senza mai distogliere lo sguardo da quello del suo allievo di un tempo, «sento infine gli artigli del tempo che cominciano ad aggredirmi. Anch’io non so con esattezza quanto mi rimanga da vivere, ma avverto che non è molto, e come te mi sento indotto a fare tutto quello che desidero, il più in fretta possibile, senza curarmi di tutti questi giovani stolti che m’intralciano la strada. So esattamente come ti senti, Vangey, credimi».

«Per questo motivo», continuò, sollevando una mano aperta, come se stesse offrendo qualcosa d’invisibile, «adesso intendo costringerti spietatamente a parlare… sarà una cosa spiacevole, ma è assolutamente necessaria, e se non altro ih questo modo faremo più in fretta».

Vangerdahast lo fissò con occhi roventi, tremando e facendosi paonazzo in volto nel cercare di lottare contro i vincoli invisibili della sua magia. Alla fine emise un breve e inarticolato grido di frustrazione e si arrese, accasciandosi inerte a mezz’aria.

«Fammi le tue domande», concesse, con amarezza.

«Mi dispiace, Vangerdahast», disse Elminster. «Innanzitutto, che genere di creature hai intenzione di vincolare, esattamente, con questi incantesimi segreti che stai forgiando?».

«Quali incantesimi segre…»

«Voglio la verità, Vangerdahast», ordinò Elminster, calmo ma implacabile. «La verità, se riesci ancora a ricordarti cosa sia, dopo tanti anni vissuti a corte.»

«Dei draghi», ammise Vangerdahast, fissandolo con occhi roventi. «Benevoli o neutrali.»

Caladnei e Myrmeen trattennero entrambe il respiro così bruscamente che quasi sussultarono, e incenerirono Vangerdahast con un’occhiata. Dunque era vero!

«Vincolati spontaneamente o contro la loro volontà?» continuò Elminster, senza degnare di un’occhiata le due donne.

L’ex-Mago Reale parve contrarsi su se stesso e rimpicciolire.

«Spontaneamente, se possibile», mormorò.

«Per svegliarsi in risposta a quale segnale?»

«Quando convocati.»

«Vangey», disse Elminster, fissando l’altro mago con espressione acida, «dobbiamo proprio continuare in questo modo, strappandoti ogni parola di bocca come se si trattasse di un pesce preso all’amo che viene trascinato a riva? In questa stanza non c’è nessuno che non ti consideri il salvatore e il valido difensore di Cormyr, la spina dorsale stessa del regno. Ammiriamo l’eredità che intendi lasciarti alle spalle… quindi perché non discuterne apertamente? Nessuno di noi tre vuole vedere Cormyr sopraffatta dai Maghi Rossi e dagli Zhentarim… o da tutti gli altri che verrebbero a dare la caccia a te e ai tuoi incantesimi, quindi è tutt’altro che probabile che noi si riveli a chiunque altro quello che sentiremo. Se loro lo vorranno, provvederò addirittura a schermare la mente di queste due dame, in modo che chiunque cerchi di leggere i loro pensieri o i loro ricordi venga investito da una magia che lo ridurrà a un idiota per qualche giorno, quindi perché non ti decidi a parlare liberamente?».

«D’accordo», sospirò Vangerdahast, socchiudendo gli occhi. «La mia intenzione è che i draghi guardiani vengano destati da chiunque sia in grado di pronunciare le parole di evocazione giuste. Perché esse funzionino, chi le pronuncerà dovrà trovare l’area attiva del portale giusto… dovrebbero esserci almeno due “portali giusti” per drago… e posizionarsi su di essa tenendo in mano un oggetto fatto della sostanza richiesta.»

«E di che sostanza si tratta?»

«Non lo so ancora. Con ogni probabilità si tratterà di una gemma di qualche tipo, ma è una cosa che non ho ancora deciso, e sarei comunque propenso a stabilire in tutti i casi due sostanze permesse, che possano funzionare entrambe. Ovviamente, sarebbe meglio se si trattasse di sostanze in grado di durare nel tempo.»

«Non c’è dubbio al riguardo. A quali ordini dovranno obbedire questi guardiani vincolati, una volta che saranno ridestati?»

L’ex-Mago Reale scoccò una rapida occhiata in direzione di Caladnei, e si affrettò a distogliere lo sguardo nel notare la sua espressione furente.

«Difendere e preservare il regno, il suo governo e quanti gli sono fedeli», rispose, con voce che era quasi un sospiro. «Colpire tutti i nemici del regno che il guardiano in questione sarà in grado di identificare come tali o che gli verranno indicati da chi l’avrà evocato e da altri esseri di cui il guardiano arriverà a fidarsi.»

«Di cui arriverà a fidarsi?» ripeté Elminster.

«In ultima analisi, tutto si riduce alla fiducia», borbottò Vangey, fissando il pavimento. «Sempre.»

Una delle due donne trattenne di nuovo il respiro in un sonoro sussulto, soffocando un violento singhiozzo che parve prossimo a trasformarsi in un fiotto di parole furenti.

Sfoggiando un sorriso privo di allegria, Elminster guardò in direzione delle due dame… Myrmeen con la spada sguainata in atteggiamento guardingo, pronta ad assalire l’uno o l’altro dei due maghi, e Caladnei che ribolliva di rabbia, bianca in volto e con le mani serrate a tal punto intorno allo schienale di una sedia da far supporre che stessero per schiacciarne il legno… e chiese:

«A chi obbedirebbero quei guardiani? Con chi si alleerebbero o collaborerebbero?».

«Il loro comandante sarebbe chi li avrà evocati», replicò Vangerdahast, «ma essi sarebbero svincolati dall’obbedirgli, all’istante e per sempre, se venisse ordinato loro di far del male a un qualsiasi membro della famiglia regnante Obarskyr, di danneggiare qualsiasi castello o fortificazione di Cormyr e… non ho ancora specificato le altre condizioni».

«Per lasciarti la libertà di modificarle in qualsiasi momento?» scattò Caladnei.

Il mago fluttuante nell’aria rimase in silenzio per un momento.

«No», affermò poi, lentamente, prima che Elminster potesse ordinargli di rispondere. «Io… non ho ancora deciso quanto debba essere lunga e precisa la lista dei comandi da imporre ai guardiani, e quali debbano essere le loro esatte specifiche.»

«E che accadrebbe se dovesse essere un Obarskyr a mettere in pericolo il regno?» chiese in tono tagliente la Maga Reale.

«Questo è esattamente il problema con cui sono alle prese da alcuni mesi», ammise Vangerdahast, girando la testa nella sua direzione, «ma non ho ancora trovato una giusta soluzione».

Caladnei parve sul punto di aggiungere altro… parole roventi, a giudicare dal tremito che la scuoteva… ma poi si limitò ad agitare con rabbia una mano come per accantonare le parole del mago e distolse il volto di scatto.

«Dove verranno tenuti questi guardiani vincolati, finché rimarranno in stasi?» continuò con calma Elminster, come se Caladnei non avesse parlato.

«In uno spazio extra-dimensionale ancorato ad almeno sette portali sparsi per tutto Cormyr, soltanto due dei quali saranno resi noti a qualcun altro, oltre a me», fu la pronta risposta di Vangerdahast.

«Chi conoscerà l’ubicazione della loro dimora?»

«Nessuno, se potrò impedirlo.»

Elminster annuì, indietreggiò di un passo e permise al suo antico allievo di scendere leggermente verso il pavimento.

«Come saranno protetti i draghi, mentre si troveranno in stasi?»

Per un momento, l’ombra di un sorriso affiorò sulle labbra di Vangerdahast.

«Non lo saranno affatto, almeno sulla base dei progressi fatti finora dai miei incantesimi. Tuttavia, dovrò fornire delle protezioni, se voglio che questo piano possa funzionare.»

«Una volta risvegliati per prestare i loro servigi, i guardiani torneranno poi a essere soggetti al vincolo?» proseguì Elminster, annuendo ancora.

«No», replicò con riluttanza Vangey. «Saranno liberi, anche se potrebbero essere nuovamente vincolati da chiunque conoscesse i giusti incantesimi. Si tratterebbe peraltro di un lungo processo, che richiederebbe la presenza fisica del guardiano da vincolare, il che significa che il drago dovrebbe essere prima sottomesso in qualche modo… o accettare spontaneamente di rientrare in stasi.»

«Nel nome di Mystra!» gridò Caladnei, cedendo infine all’ira. «Mago, sono sgomenta! Sono allibita! Disgustata da questo tradimento del regno che entrambi amiamo! Come hai potuto? Dopo aver servito questo regno e averlo tenuto insieme nel corso di anni di lotte e di sventure, adesso ti stai accingendo a infrangerlo per un puro atto di orgoglio? È una follia da irresponsabile!»

«Oho!» mormorò Elminster. «Bella frase.»

Oltrepassandolo a grandi passi, la Maga Reale si fermò sotto il volto segnato e infelice di Vangerdahast, agitando con rabbia un pugno verso di lui.

«Sono sgomenta che un Mago Reale del regno… cosa che tu sei ancora, sia che porti o meno tale titolo… abbia potuto agire in modo così folle e pericoloso, contemplando l’idea di forgiare una lama con cui colpire il cuore stesso di Cormyr! E poi, complottare una cosa del genere senza dirlo a nessuno… usandomi come fantoccio e paravento!»

«Ragazza», ribatté in tono triste il mago fluttuante nell’aria, «la forza stessa di questa lama è, e sempre sarà, la segretezza. Tu sei la speranza del regno, e il suo futuro», continuò con voce più forte, sollevando il capo, «e sono convinto di aver fatto la scelta giusta, ma sei ancora giovane e inesperta mentre io sono quello che sa meglio di qualsiasi uomo, donna o bestia vivente, di cosa Cormyr abbia davvero bisogno… che questo ti piaccia o meno».

Caladnei rimase a bocca aperta per lo stupore, la mascella che le si contraeva per l’ira mentre si sforzava di dominare la propria furia incandescente quanto bastava per trovare le parole giuste da scagliare contro il suo mentore.

«C’è una cosa che sono disposto ad ammettere, Cala», affermò questi, con un gelido sorriso. «Spesso ho detestato le cose che ho dovuto fare per servire il regno… e ciò che quelle cose hanno a loro volta fatto a me, nel corso degli anni».

«Tu… tu! Tu!», ringhiò la Maga Reale, i pugni serrati lungo i fianchi, farfugliando e quasi piangendo per la rabbia. «C’è… no… come…»

Un lungo dito le accarezzò con gentilezza una guancia, inducendola a girarsi di scatto per la sorpresa, gli occhi fiammeggianti e le mani che già si affrettavano a modellare un incantesimo… solo per immobilizzarsi a metà del gesto nel trovarsi faccia a faccia con Elminster di Shadowdale, che la stava guardando con espressione gentile.

«Avanti, ragazza, adesso calmati», mormorò il Vecchio Mago. «Hai tutte le ragioni per essere furente di essere stata tenuta all’oscuro, ma adesso prova a immaginare che il futuro di Cormyr dipenda dalla tua capacità di mantenere la mente calma e di saper valutare le cose con freddezza… perché in effetti è così. Ora smettila di dare sfogo all’ira, mostra di possedere lo stesso ferreo autocontrollo che Alusair è in grado di conservare per quasi due secondi di fila, quando è necessario… e ascoltami».

Pur con il respiro affannoso e gli occhi roventi, Caladnei sollevò di scatto le mani in un gesto di assenso; alle sue spalle Myrmeen… che aveva sfoggiato un cupo sorriso nel sentire El accennare all’autocontrollo di Alusair… annuì a sua volta e abbassò la spada.

«Per quanto poco possa piacerti da un punto di vista personale, c’è qualcosa di valido nelle parole che Vangey ti ha appena rivolto, Maga Reale», dichiarò Elminster, afferrando Caladnei per le spalle e fissandola negli occhi.

«È ovvio che tu lo pensi!» ringhiò Caladnei. «Tu hai agito esattamente come lui… per secoli! Hai manipolato e ingannato con altezzosa segretezza… comportandoti in ogni modo esattamente come ha fatto questo vecchio cane astuto qui presente!»

«Certamente!» sorrise Elminster, assestandole un’allegra pacca sulle spalle. «Hai colpito nel segno! E se sopravviverai per servire Mystra a lungo quanto me, con ogni probabilità ti comporterai anche tu nello stesso modo!»

«Questa non è una cosa da ridere!» sibilò a denti stretti la Maga Reale. «E non tentare di rifilarmi la storiella secondo cui servire Mystra ti avrebbe spinto oltre i limiti della sanità mentale! Se sei in grado di disquisire di “cose giuste” e di “meriti” e di emettere continuamente giudizi, allora devi anche ammettere di aver conservato la capacità di giudicare!»

Continuando a sorridere, Elminster la strinse in un abbraccio, sopportando come un inattaccabile spettro sorridente la tempesta di calci, gomitate, graffi e ginocchiate che seguì e continuando nel frattempo a mormorare parole di conforto, come uno zio affettuoso avrebbe fatto con una bambina sconvolta.

«Così va bene, lascia affiorare l’ira… lasciala uscire, sì, così va bene. Però puoi fare molto più di questo, puoi essere una valida Maga Reale. E una brava Maga Reale, una volta informata appieno del piano segreto di Vangerdahast, e quindi messa sul chi vive, non dovrebbe sprecare altro tempo indugiando qui a inveire e a gridare… mentre le crisi quotidiane che affliggono il regno si accumulano alle sue spalle senza che lei se ne curi.»

Poi la lasciò andare e indietreggiò… forse un po’ troppo in fretta.

Per un momento Caladnei continuò a fissarlo con occhi roventi, il respiro affannoso.

«Sì, Vecchio Mago, hai ragione», ammise poi, a denti stretti. «A patto che tu provveda a che non mi sia in seguito impedito con qualche incantesimo di raggiungere di nuovo questo posto, adesso dovrei andarmene, per riflettere, calmarmi, e guardare avanti.»

Poi si volse e scoccò un’occhiata significativa a Myrmeen Lhal. Soltanto Elminster aveva scorto il sorriso che pochi istanti prima aveva aleggiato sulle labbra della Signora di Arabel, sorriso di cui ora non rimaneva traccia mentre lei annuiva come in risposta a un ordine e si faceva avanti per fissare Elminster e Vangerdahast con espressione inflessibile.

«Io rimarrò qui a sorvegliare Vangerdahast, per il bene del regno», annunciò con fermezza. «Elminster, per favore, fallo tornare a terra… e poi ti chiedo di fare un’alta cosa per me: forniscimi una protezione che impedisca a un Mago Reale quasi in pensione di manipolare la mia mente con la magia.»

«Certamente», sorrise Elminster.

Alle loro spalle, Vangerdahast farfugliò una serie di proteste che vennero universalmente ignorate mentre il Vecchio Mago allargava le mani e muoveva un passo in direzione di Myrmeen… facendo apparire dal nulla uno schermo opaco che li avvolse entrambi.

Vangerdahast si abbatté al suolo come se fosse stato gettato giù da un carretto. Sussultando e zoppicando, si avvicinò allo schermo… soltanto per arrestarsi di colpo quando Caladnei lo aggirò a sua volta per intercettarlo, una bacchetta in ciascuna mano e un bagliore freddo e duro negli occhi.

«Avanti», lo incitò con voce cupa, «muovi un altro passo… ed entrambi rimpiangeremo lo scontro che seguirà. Se necessario, sono pronta a morire per difendere Cormyr dall’uomo che l’ha reso grande. Se volevi una schiava priva di spina dorsale, Vangerdahast, non avresti dovuto scegliere me».

«Non volevo nulla del genere e tuttora non lo desidero», ringhiò l’ex-Mago Reale. «Ma… cosa sta combinando Elminster, là dentro?»

«Se sta pensando quello che penso io, sta apponendo incantesimi su Myrmeen e sulle sue armi», fu la tagliente risposta di Caladnei. «Dovrai faticare parecchio per riconquistare la nostra fiducia, vecchio.»

«Ragazza, ragazza», commentò Elminster alle sue spalle, in tono di rimprovero, «dovrò proprio portarti via immediatamente, prima che tu trovi altre parole fredde e dolorose da rivolgere all’uomo che ti ha fatto l’onore di sceglierti a succedergli».

Caladnei si girò di scatto, ma il sorridente Elminster le posò una mano sul braccio prima che lei avesse il tempo di dire una sola parola di più… e un istante più tardi nella cucina in disordine ci furono una Maga Reale di Cormyr e un Prescelto di Mystra in meno.

Vangerdahast e Myrmeen si fissarono a vicenda attraverso quello spazio improvvisamente vuoto.

Il mago squadrò con freddezza la guerriera da testa a piedi, dalla spada snudata ai malconci e rammendati indumenti di cuoio, e un lento sogghigno gli affiorò sul volto.

Dal canto suo, Myrmeen lo esaminò a sua volta da testa a piedi con le sopracciglia inarcate, scosse il capo con un sorriso di derisione e gli passò accanto con decisione.

«Non toccare niente!» ringhiò il mago, girandosi di scatto per vedere dove lei stesse andando e cosa stesse facendo.

A tre passi di distanza, Myrmeen era ferma con le mani sui fianchi, intenta a girare lentamente su se stessa nell’esaminare con disgusto lo stato in cui versava la cucina.

«È questo ciò che hai mangiato finora?» commentò la Signora di Arabel, voltandosi a guardarlo con il naso arricciato per il disgusto. «Non mi meraviglia che la tua mente sia così annebbiata!»

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