22. Lo svuotamento di Elminster

La voce che amava tanto sembrò scaturire roca e turbinante dal fuoco. «Perché Aglarond? Ti stai stancando di battere sempre gli stessi vecchi posti, O Spada di Mystra?»

L’uomo barbuto, vestito di nero smise di camminare per guardare nelle fiamme crepitanti. «Auluua?» gridò. «Maestra?»

«Esattamente.» Le fiamme scoppiettarono e si sollevarono in lingue lambenti di fuoco. «Sono un po’ sola, Principe di Athalantar. Gli anni passano, io trascorro le notti seduta ad attendere, e tu non vieni mai da me.»

Elminster quasi entrò nel fuoco, le mani tese ad abbracciare… il nulla. Il bagliore ondeggiante si rifletté sul suo viso mentre s’inclinava sul focolare, e illuminò le lacrime improvvise che caddero crepitanti nel fuoco ai suoi piedi.

«I tuoi stivali si bruceranno, El», esclamò la Srinshee, la voce più bassa, e meno giocosa. «Allontanati e smetti di piangere, altrimenti farai singhiozzare anche me.»

Quasi riluttante Elminster le ubbidì, lo sguardo fisso nelle fiamme. «Perché sei venuta da me!» chiese meravigliato.

«Mi hai chiamato… proprio ora, nel tuo mormorio. Quando hai detto “Quest’assassina di maghi dev’essere al pari della Srinshee nello sferrare incantesimi mortali”. Proprio così!»

El sogghignò e misurò la stanza a grandi passi, agitando le mani. «Beh, dev’esserlo. Ascolta: alcuni emissari sferrano incantesimi nel palazzo di Aglarond, e quella siniscalco-apprendista, la Simbul, mai sentita prima, li batte tutti con i suoi incantesimi… tre volte

Il mago giunse in fondo alla stanza, poi si voltò per tornare indietro. «Non è un lavoro facile, stupire i Maghi Rossi, ma questa donna misteriosa vi è riuscita in maniera tanto poderosa. Invece di firmare la resa del regno, la Grande Regina Ilione sottoscrive un trattato con Thay, che li rende quasi alleati! Dappertutto fra i maghi sento parlare di questa donna di temperamento e dei suoi incantesimi micidiali, e si mormora che Ilbrul Cornadariete, che affermava di venire da Netheril, Englezaer l’Incantatore, il cacciatore d’incantesimi Ammarask e Brastimeir il Coraggioso stiano andando tutti in battaglia contro di lei! Aglarond sta diventando troppo forte, secondo me… e questa Simbul dev’essere fermata!»

«Quella lista dei caduti è vera, eppure, audace leone, c’era un tempo in cui ammiravi le maghe potenti! Oppure la tua memoria della serena Cormanthor e dei tempi gloriosi di Myth Drannor vacilla!»

«No, ma Mystra mi chiede di insegnare la magia, non di starmene ozioso mentre uno stregone ambizioso, uomo o donna che sia, uccide mago dopo mago, estinguendo tanto sapere in pochi istanti!»

«Allora perché non ti sei ancora avvolto in abiti d’ira e di potenza e non hai ancora distrutto Aglarond, per calpestare con esso la Simbul! Hai paura?»

Elminster sbuffò. «Sarò anche pazzo, ma anche timoroso di fare la cosa sbagliata, se mi permetti un vanto. No, ogni volta che decido di sfidare questa Simbul, sento Mystra che mi sussurra: “Guarda bene, prima”.»

«E allora!»

«Sono stato troppo occupato in altre questioni di magia e in altre missioni per Mystra. Tuttavia è passato troppo tempo, ed è ormai ora che rovesci questa Simbul, dopo aver studiato le sue gesta e le sue imprese come suggerisce la dea, naturalmente».

«Sembra che tu abbia già deciso che quella donna debba morire, Spada di Mystra. Tuttavia, potrebbe rivelarsi tutt’altro che facile: non temi la sconfitta e la morte per mano di quest’ammazzamaghi di evidente potere! È pericolosa, potrebbe ucciderti.»

Elminster allargò le mani. «Potrei essere sopraffatto e ucciso in qualsiasi momento, e quale sarebbe allora il valore della mia vita? lo non sono nient’altro che una piccola parte dei servizi che ho reso ad altri.»

Le fiamme sembrarono allargarsi in un sorriso; un sorriso che conosceva bene, tanto che gli occhi gli si riempirono di lacrime fin quasi a soffocarlo.

«lo vado, El, perciò ascoltami ora: se vai ad Aglarond, armati per la peggiore battaglia d’incantesimi della tua vita. Parti anche con la mente aperta e preparati a rimanere sorpreso.»

Vi fu una grande folata di scintille e cenere, e il fuoco si spense, gettando la stanza nell’oscurità.

AHHH, E SEI RIMASTO SORPRESO. HAI CERTAMENTE FATTO LA TUA PARTE PER RENDERE FAERÛN UN LUOGO ECCITANTE PER I MAGHI… MA NON VEDO ANCORA LA MAGIA SEGRETA CHE STO ASPETTANDO, E TU?

[immagini limpide che sorgono]

«Le voci, Lord Elminster, corrono come un cane che guaisce; la verità striscia come una lumaca silenziosa nella sua scia.»

El sospirò e annuì. «Una bella frase, Thauntar. Tuttavia i maghi sono morti… e anche in numero impressionante.»

Il guerriero guercio scrollò le spalle nella sua vecchia armatura fatta di pezzi diversi e rispose: «lo cerco di vedere la verità, come mi ha insegnato la Signora che entrambi serviamo, e comprendo che tu possa aver udito molto più di ciò che è vero. Il trattato non è un’alleanza di guerra, ma un patto di non aggressione. Aglarond si assicura la sopravvivenza, per qualche anno, almeno, e Thay ottiene la possibilità incontrastata d’infiltrare e influenzare… A lungo termine, assorbirà il regno di Ilione con il minimo costo e il minimo sforzo».

El si strinse nelle spalle.

Thauntar sollevò un guanto arrugginito e aggiunse: «Inoltre, quest’accordo fu sottoscritto solo dopo che la donna chiamata Simbul uccise tre gruppi di emissari Thayani in visita».

«Già, e perché l’avrebbe fatto! Erano stati troppo sgarbati con lei?»

«Quale Thayano non è rude con tutti al di fuori di Thay? Ma c’è dell’altro, Lord: tutti gli inviati si rivelarono essere maghi desiderosi di uccidere tutti i presenti nel palazzo, una volta insediatisi.»

«So che questa Simbul distrugge quasi ogni mago che incontra sulla sua strada, eppure faccio fatica a credere alla quantità del suo raccolto, in così poco tempo!»

«La Simbul, Lord… e ascolta bene le mie parole: uccide solo quelli che minacciano Aglarond.»

«Oh, suvvia… che mi dici dei maghi di Cormyr

«Un’ambasciata giungerà da una città nel Chessenta proprio questa sera, Lord. Tuttavia, infiltrati Thayani si annidano fra essi. Perciò, anche Cormyr ospitava involontariamente i serpenti di Thay.»

Elminster si accigliò. «Ti ringrazio per il consiglio, saggio Thauntar. Andrò a vedere di persona questa cacciatrice di Thayani.»

«È sempre la cosa migliore», concordò il guerriero. Entrambi annuirono e poi s’abbracciarono, afferrandosi per le spalle. Si salutarono con la mano e partirono, l’uno in un turbine di scintille magiche, l’altro trascinandosi su per la collina con gli stivali logori.

SUPPONGO CHE AMAVI ANCHE LUI, IL GUERRIERO MUSCOLOSO?

Io no, ma Mystra sì.

E?

E niente. È morto.

HAH! IL TEMPO E LA CURA CHE LA DEA GLI HA DEDICATO SONO ANDATI SPRECATI!

No, affatto. Lei non considera gli umani strumenti, da misurare in base alla loro utilità per i fini del momento, ma come fiori da curare in un giardino. Ogni anno che passa ne porta di nuovi e di migliori, e offre possibilità più grandi.

[sbuffata diabolica, artigli che si fanno largo fra i ricordi simili a ragnatele, dolore inferto al mago ansimante]

SMETTI DI FARMI PERDERE TEMPO, ELMINSTER.

L’uomo chiamato la Bocca di Moreyeus rabbrividì per la paura quando la donna slanciata, dai capelli incolti, vestita con una semplice tunica color malva, fece un languido segno con la mano che indicava la volontà di parlare pacificamente. La sua vita era cinta da una fascia, non da una cintura, e non portava armi. Persino i suoi piedi erano tra l’erba del cortile.

«Aglarond vi dà il benvenuto», affermò la donna con un sorriso lievemente divertito. I suoi capelli erano una cascata bianca di splendente, ma gli occhi erano un mistero scuro. «Tutti coloro che saranno veri amici sono i benvenuti in questo luogo.»

Dietro alla Bocca di Moreyeus, dalla barba puntuta, che ostentava ornamenti d’oro, anelli e abiti finemente ricamati, gli altri inviati ed emissari la osservarono in silenzio. Alcuni tremavano apertamente, altri stringevano fra le mani bianche armi o talismani. Quasi tutti erano madidi di sudore.

La donna diede al gruppo un caldo benvenuto, sorrise quasi maternamente e si voltò per condurli su per le ultime curve del sentiero. Aveva un aspetto grazioso e regale, più consono a una governatrice che a un’apprendista. Solo alcuni granelli di luce sparsi qua e là, fluttuanti come stelle irrequiete nella sua scia, rivelavano la potenza della sua Arte, uno scudo magico che avrebbe sventato qualsiasi tradimento perpetrato alle sue spalle. Nemmeno uno dei presenti pensò che tali stelle minuscole fossero visibili solo per caso. Si diceva che nessuna foglia osasse cadere ad Aglarond contro la volontà della Simbul.

Il sentiero si snodava fra piscine adorne di ninfee, nelle quali minuscoli pesci scintillanti, i soleargento, balzavano fuori dall’acqua per catturare le zanzare. Dopo aver attraversato pendii erbosi e ombreggiati, giunsero a un’entrata laterale del palazzo. Rincuorati dal sorriso della Simbul, gli ambasciatori varcarono la soglia, uno alla volta. Il siniscalco entrò dopo di loro e, casualmente, con una serie d’incantesimi furiosi ridusse in cenere alcuni degli uomini davanti a lei.

I sopravvissuti, illesi, si misero a gridare.

Da dietro un albero vicino, Elminster ringhiò un piccolo incantesimo. Questo generò la sua immagine, a mezz’aria fuori dalla porta.

«Assassina!» sbottò. «Voltati e affronta la tua morte! Il tuo massacro è durato fin troppo a lungo! lo ti sfido!»

La lancia d’argento brillante scaturita dall’incantesimo che lo avrebbe ucciso, se fosse stato lì in carne e ossa, fu scagliata ancor prima che la donna si voltasse con gli occhi fiammeggianti. «Vattene, servo di Thay.»

«Non sono un amico di Thay», rispose l’uomo barbuto che se ne stava sospeso nell’aria tutto vestito di nero.

«Se fai il loro lavoro, per me sei un Thayano. Tutti i nemici di Aglarond sono Thayani nel cuore, qualsiasi fede professino», ribatté la Simbul.

Elminster sollevò un sopracciglio. «Vieni avanti e combatti», la invitò dolcemente, «tu che attacchi alle spalle».

«Ho invitato possibili spie e vipere in questo luogo, il palazzo della grande regina», replicò la donna, voltandosi brevemente a guardare gli uomini che ancora tossivano e vacillavano dietro di lei. Perdute nel fumo dei suoi incantesimi, s’intravedevano alcune spade che dondolavano ciecamente. «Esse sono perciò una mia responsabilità. Io scelgo quando e dove combattere, uomo… e non ho alcun interesse d’impegnarmi in futili duelli. Vattene.»

Elminster le rispose con un mezzo sorriso. Poi si voltò, senza mai distogliere lo sguardo da lei, e puntò il braccio come una balestra. Fulmini lucenti scaturirono dalle sue dita. Una torretta del palazzo esplose e crollò nei giardini con un boato.

La Simbul rimase a bocca aperta. Il sorriso sempre più teso, El sollevò l’altra mano e distrusse un trio di guglie sottili.

Con gli occhi fiammeggianti la donna sollevò entrambe le mani sopra la testa e, dalle dita intrecciate, scaturì una raffica di saette fameliche, dirette verso il mago.

Queste ruggirono e frantumarono l’immagine magica in un istante; rimbalzarono, attraversarono sibilanti il giardino e sparirono alla vista, inducendo Elminster ad aprire brevemente la bocca per il dolore mentre rabbrividiva dietro il suo albero.

«Ha!» urlò trionfante la Simbul.

In tutta risposta, la torretta accanto alla porta dove stava la donna avvampò da cima a fondo di fiamme improvvise color rubino, e crollò con una pioggia di pietre calde.

«Combatti con me o perdi il palazzo», annunciò serenamente un gong accanto a lei. Con un grido di rabbia la Simbul si voltò e lo distrusse.

Un’altra torre crollò e l’elmo di una sentinella rotolò dalle macerie fino ai piedi della donna. «Oh, è una gara per sotterrare il trono di Ilione?» chiese.

Gli occhi della Simbul avvamparono. I suoi capelli s’agitarono come un uragano attorno a lei, mentre la donna si levava in aria, le braccia rapide come frecce saettanti. «Rivelami il nemico!» ululò. L’aria intorno a lei crepitò di grande potere. «Mostrami quella vipera!»

D’un tratto il cielo si riempì di archi di forza, una ragnatela enorme di sentieri incrociati… ed ecco, dietro un albero, un uomo che stava per sferrare un altro incantesimo.

La donna gli lanciò lacrime di morte, una magia che avrebbe bloccato qualsiasi trasmigrazione con le sue cortine di forza. Poi ringhiò la parola che le avrebbe portato la cintura di scettri conservata nelle sue stanze.

Mentre se l’allacciava in vita, spade lucenti di forza squarciarono le sue cortine micidiali, le cui energie presero a vorticare impazzite nell’aria. Un frammento roteante divenne una sfera di fuoco tonante e si abbatté fra le case in fondo alla collina, scosse il terreno e generò fiamme che si elevarono rapide e voraci.

La Simbul distolse gli occhi da tanta distruzione e gridò la sua rabbia fra le lacrime. Due dei suoi scettri squarciarono il terreno sotto ai piedi del nemico, facendolo ruzzolare giù per il giardino.

Pochi maghi avrebbero osato utilizzare entrambi gli scettri simultaneamente. La magia che uscì ringhiando dalla loro punta bruciacchiò le mani della donna. Un’energia potente percorse su e giù il suo corpo, facendola quasi soffocare. Sempre a piedi nudi, la maga fece un balzo nell’aria e urlò: «Trasferiamo il duello altrove, uomo, altrimenti, giuro, che ti legherò a me con gli incantesimi e mi getterò nel cuore di Waterdeep, o in una stanza interna di Candlekeep!».

Gli aghi di forza che la stavano stringendo come tenaglie giganti si allentarono. La voce del suo sfidante esclamò: «Dove, allora?».

«Alla Zanna di Crommor», sbottò la maga. «La conosci?»

«Ci vediamo là, assassina», giunse fredda la risposta, un istante prima che fulmini di forza le colpissero il mantello. Il mondo della Simbul si trasformò in un inferno assordante di fuoco bianco che le danzava intorno e le intorpidiva le membra.

Poche parole familiari la sottrassero rapidamente a quella confusione e la scagliarono al di là del Mare delle Stelle Cadute, alla Zanna. Da quel promontorio era solita scagliare le magie più violente, o guardare le stelle, sdraiata da sola sulle rocce. Questa volta la Simbul non fu baciata dalla brezza fresca del tramonto, ma avviluppata, scaldata e frenata nel cuore di una cupola magica lucente.

Mystra, quest’uomo è davvero rapido! Una difesa usata nei duelli dell’antica Myth Drannor! Ne aveva vista solo un’altra uguale, e quella…

Dal terreno sotto di lei spuntarono lance di roccia, che si sollevarono con furia potente. La Simbul ringhiò un incantesimo che le avrebbe rimandate alla fonte. Una delle due lance che si stavano dissolvendo le ferì una gamba. La donna cadde violentemente sulla dura pietra, fra rivoli del suo stesso sangue.

Le pietre tremarono sotto di lei per la violenza di un’esplosione distante. Il suo sfidante non amava le punte più di quanto non lo facesse lei. La Simbul sorrise trucemente e usò il suo sangue per lanciare un incantesimo che la portò dall’altra parte della Zanna, dove un altro umano stava sanguinando. Mentre il mondo turbinava, lei afferrò un medaglione alla cintura e infranse il minuscolo cristallo interno.

La magia vibrò come un arco che scocca una freccia, vorticò intorno a lei e creò una gabbia. Naso contro naso dentro di essa, un luogo in cui nessun incantesimo poteva esser compiuto, la Simbul e il suo sfidante si guardarono negli occhi. La sua magia aveva catturato per caso uno dei pochi alberi che crescevano sulla rupe, e i suoi rami spinosi gemettero mentre la gabbia vi si stringeva attorno. L’aria sarebbe stata ben presto piena di una gragnuola di frammenti…

Uno scettro divenne un pugnale nella mano della donna, che lo sollevò verso le costole del mago e colpì. Il nemico barbuto dal naso aquilino le sferrò un forte calcio all’inguine, scaraventandola in alto. Il pugnale lasciò una traccia del suo sangue nell’aria. La mano della donna colpì forte un ramo d’albero e l’arma roteò in aria.

L’uomo l’afferrò come un giocoliere. La Simbul rimbalzò a terra ed emise tutto il fiato che aveva in un gemito impotente. Elminster spiccò un balzo e saltò sopra di lei.

Rotolarono, mentre la magia sempre più stretta mormorava attorno a loro. La donna vide il pugnale sollevarsi in preparazione del fendente che le avrebbe squarciato la gola.

Disperatamente alzò una mano per proteggersi. L’acciaio luccicante la trafisse e la punta bagnata del coltello sbucò dal dorso della mano.

Mystra, che male!

Singhiozzando in maniera incontrollata, la Simbul si agitò sul terreno, cercando di levarsi di dosso il nemico, in modo da poter estrarre il dente del tormento, e…

Il peso sopra di lei era improvvisamente scomparso. Un brivido bollente le attraversò il corpo e la lama del pugnale si dissolse come fumo.

Elminster fissò il fuoco argenteo gocciolare dalle dita della Simbul. La sua ferita si richiuse e lei trasalì, agitando le mani come se potesse cacciare il dolore.

«Tu… tu servi Mystra!» riuscì a mormorare finalmente Elminster.

La donna lo guardò da sotto la chioma di capelli diventati improvvisamente argentei, che s’arricciavano e si dimenavano come serpenti. «Naturalmente», rispose pacata. «Non lo fanno forse tutti!»

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