9. Chi uccide i potenti signori di Waterdeep?

Un continuo strisciare, tra spine e tormenti…

[immagini di un uomo grasso e ansimante e di una ragazza snella, che si affrettano di notte in una città]

TI OSTINI A COINVOLGERMI IN QUESTA STORIA? SARÀ MEGLIO CHE ORA DELLA FINE CI SIANO SCENE VIVIDE E UTILI DI MAGIA, ELMINSTER, ALTRIMENTI TI FORNIRÒ RICORDI DI DOLORI CHE NON SCORDERAI FACILMENTE.

E NON DIRMI CHE HAI GIÀ UDITO TALI MINACCE.

[silenzio]

EBBENE?

Mi limito a esaudire i tuoi desideri, demone, perciò rimango in silenzio.

HUMMPH. DENTRO DI TE BRUCI COME TUTTI I DEMONI, NON È VERO?

[silenzio compiaciuto]

PROSEGUI, MAGO!

«Useremo il tunnel», borbottò Mirt. «Non ho tempo per scambiare battute con i cortigiani.»

«Che novità!» ribatté Asper, divertita. L’uomo si limitò a grugnire. Già da un po’ correva per le strade e i vicoli bui accompagnato dal rumore dei suoi vecchi stivali, e ormai gli era rimasto poco fiato per parlare, il che accadeva di rado.

Asper lo udiva ansimare davanti a lei, il suo respiro ridotto a un sibilo costante nella notte. Il Vecchio Lupo brandiva con naturalezza la spada e si spostava a velocità sorprendente. La ragazza cercava di scrutare tutte le ombre notturne più scure, sempre tesa e all’erta, nell’eventualità di un attacco che sperava non si sarebbe verificato.

Mirt, invece, non si sforzava d’essere furtivo o cauto; caricava nella notte come un toro infuriato, diretto verso il braccio roccioso del Monte Waterdeep, sul quale si ergeva il Castello. S’inerpicò fra i vicoli, superò mucchi di spazzatura e cortili posteriori col bucato appeso. L’uomo cominciò a emettere un ruggito dal profondo della gola, a intermittenza, un ruggito che non prometteva nulla di buono per chiunque, o qualunque cosa, gli avesse intralciato la strada. Come sempre.

Attraversarono Gem Street a passo di corsa, e per poco non investirono una pattuglia di guardie. Mirt si tuffò in un vicolo laterale, mentre Asper sgattaiolò sotto il braccio di un soldato e cercò di raggiungerlo, ignorando le grida incollerite che le intimavano l’alt.

Mirt stava armeggiando con la cintura. «Ecco», ringhiò affibbiandole la spada. «Tieni questa!»

«Sento queste parole almeno tre volte al giorno», ansimò Asper. La ragazza si voltò… e vide due ufficiali che venivano loro incontro di corsa. Lasciare che il suo signore soddisfacesse il suo bisogno in un momento simile! Ma, no…

Mirt si voltò con un grugnito più forte del solito e si tuffò mirando alle caviglie della guardia più vicina. Lo sfortunato gridò di protesta quando l’uomo lo sollevò in aria e lo lanciò come una bambola di pezza addosso ai compagni. Caddero tutti per terra con un gran tonfo, che fece trasalire Asper.

Il Vecchio Lupo si voltò verso di lei. In una mano dal dorso irsuto teneva un pezzo di nastro di seta che correva fino alla cintura, alla cui estremità libera era annodata una chiave, solitamente nascosta nella brachetta. Si fermò davanti a un muro del vicolo.

«Hah!» esclamò un attimo dopo. Un raggio randagio di luna si rifletté sulla chiave quando la lasciò cadere a penzoloni, voltandosi verso Asper. «Forza, ragazza!» ruggì. «Entra, svelta!»

Senza attendere risposta, Mirt si girò per dare un calcio al bastone di una delle guardie. «Non abbiamo tempo per questi idioti!», sbraitò, mentre sbatteva l’uomo contro il muro più vicino.

Asper si gettò oltre il Lupo, in un’oscurità ancor più tenebrosa. Mirt la seguì tastandole la spalla con le dita, ma solo dopo aver sferrato un calcio alla mano della guardia che aveva messo fuori combattimento, in modo da non schiacciargliela nella porta.

«Forse dopo», mormorò con un sorriso feroce. Si avvicinò al volto dell’uomo sbigottito, gli mostrò i denti scoloriti e sbatté la porta.

«Dove siamo, Signore!» sussurrò Asper con una nota d’apprensione nella voce. Mirt ridacchiò.

«A casa di Shyrrhr», rispose. «Resta ferma, ragazza, mentre cerco una lampada.» Con destrezza le prese la spada dalle mani, come se riuscisse a vedere perfettamente.

«Non ce n’è bisogno», esclamò una voce nell’oscurità. «Ne ho una pronta.» Una porta si aprì con un lieve cigolio. Un cappuccio si sollevò da dietro una lanterna, forse a quattro passi di distanza. «Benvenuto… Mirt?»

«Sì, Lady.» Asper sentì l’uomo sorridere. «Il tuo allarme funziona ancora, vedo.»

Davanti a loro vi era una signora alta e meravigliosa, in pantofole e camicia da notte color verde smeraldo, lavorata in oro. Teneva la lanterna in una mano e qualcosa che sembrava una bacchetta magica nell’altra. Gli occhi erano dello stesso colore della camicia. La donna sorrise.

«Di nuovo alle prese con i tuoi giochetti, Vecchio Lupo!»

Mirt si rinfilò con noncuranza la chiave nei pantaloni. «Lady, questa è la mia signora, Asper. Asper, lei è Lady Shyrrhr. So che vi siete viste molte volte da lontano a corte, perciò possiamo fare a meno di tante chiacchiere. Siamo di fretta, Sheer, dobbiamo raggiungere il palazzo.»

La donna aggrottò le sopracciglia. «Venite», esclamò semplicemente, e li condusse attraverso numerose porte e giù per una ripida scala a chiocciola. «Se non fossi quello che sei, Mirt», aggiunse piano, mentre scendevano nell’umidità, «non ti lascerei passare da questa parte. C’è qualcosa che non va a palazzo.»

Mirt ne fissò intensamente i capelli bronzei, come se il suo sguardo potesse mettere a nudo i pensieri della donna. «E anche fuori», mormorò l’uomo. «Alcune guardie ci hanno seguito».

Shyrrhr emise una risata musicale. «So che posso sempre contare su di te per una serata divertente, Vecchio Lupo. Senza offesa, Lady Asper.»

«Nessuna offesa, Signora», rispose la ragazza.

La scala terminò in un tunnel rivestito di pietra. Shyrrhr prese una lampada da uno scaffale, dove ve n’era una fila pronta, e la porse ad Asper. «Lui le fa sempre cadere», esclamò, indicandole Mirt con lo sguardo mentre accendeva lo stoppino. «Fate in fretta. Che gli dei vi proteggano.»

«Che siano con voi, Lady», rispose Asper.

Shyrrhr agitò la mano e con leggiadria risalì le scale. «Terrò lontane le guardie», aggiunse a bassa voce.

Mirt grugnì. «Tamaeril Bladesemmer e il mago Resengar sono morti stanotte, Lady. Guardati le spalle.»

Shyrrhr si voltò, gli occhi più verdi che mai. «Lo faccio sempre», ribatté. «Grazie per la notizia, Mirt. Dimmi di più quando potrai.» Quindi si voltò e scomparve.

Mirt annuì in risposta. «Una brava ragazza, Sheer. Senza dubbio di sopra ha con lei qualche inviato, che le svelerà involontariamente un sacco d’informazioni mentre si scola le sue bottiglie di vino.»

Asper inarcò un sopracciglio. «Scommetto che tu ti sei scolato le sue bottiglie, una volta o due, senza rivelarle ciò che voleva sapere.»

Mirt sogghignò. «È il miglior agente di Piergeiron», affermò in modo distaccato, «ma non è una signora, se sai che cosa intendo. Se Piergeiron si dovesse risposare, tuttavia, non mi sorprenderebbe di trovare Shyrrhr al suo fianco, inginocchiata davanti ai sacerdoti».

L’uomo sogghignò ancora e proseguì a lunghi passi nel tunnel. «Ora stai molto attenta. Le pietre sono un po’ sconnesse.» Il Vecchio Lupo sbuffò e accelerò il passo, procedendo quasi al trotto. «Tieni alta la lanterna, ragazza, e prega Tymora di arrivare in tempo!»

HO ATTESO PIÙ DEL NECESSARIO PER UN MISERO INCANTESIMO. SPERO PER TE CHE CI SIA DELL’ALTRO… E DI MEGLIO, ANCHE! MAGO, MI DIVERTI, MA MI STAI FACENDO PERDERE TEMPO.

Hai impegni più urgenti, Lord Nergal?

[borbottio, schiaffo mentale]

[dolore mozzafiato]

[denti digrignati; soddisfazione]

Torgent era vecchio per essere incaricato a proteggere un signore. I suoi baffi da grigi erano diventati bianchi come la neve, e le sue spalle non erano più possenti e muscolose come una volta. Ma lui se ne stava eretto e fiero nella sua livrea e nessuno l’aveva mai visto fare più di un paio di sbadigli durante un turno di guardia.

Messi insieme, i tre uomini al suo comando non arrivavano alla sua età, ma le sue vecchie orecchie furono le prime a udirlo: il debole scalpiccio di suole di cuoio su una delle pietre del tunnel.

«State pronti, ragazzi!» sbottò Torgent. «Arriva qualcuno!»

Le guardie impugnarono le balestre cariche. Torgent sguainò la spada e alzò lo scudo davanti a sé, poi si posizionò dietro il cancello dalle sbarre e dalle punte d’acciaio per sfidare chiunque stesse sopraggiungendo. Waterdeep la Potente dipendeva da Torgent, e lui era pronto.

«Fermatevi e dichiarate il vostro nome, la verità, senza omissioni», esordì il vecchio con le tradizionali parole di sfida. La sua voce profonda rimbombò nel tunnel. Tra i suoi echi s’intravidero due individui che avanzavano di fretta, uno rotondo e ansimante, l’altro esile e flessuoso. Entrambi brandivano una spada sguainata.

«Torgent! Sono io, Mirt di Waterdeep, con la mia signora, Asper», ruggì Mirt mentre si avvicinava al cancello. «Dobbiamo vedere Piergeiron, subito, perciò ordina ai tuoi ragazzi di abbassare quelle balestre e di aprire il cancello più in fretta possibile!»

«Mirt! Benvenuto, Vecchio Lupo!» ridacchiò Torgent, scostando la spada e lo scudo. Il cancello emise un forte clangore quando tutti i presenti lo presero per sollevarlo.

«Non tanto “vecchio”, giovanotto», borbottò Mirt mentre passava sotto le punte di ferro del cancello e stringeva la mano inguantata dell’amico. «Dov’è Piergeiron, a quest’ora!»

Torgent sembrava turbato, anche quando sorrise e aiutò Asper a rialzarsi. «Signora», la salutò automaticamente con un inchino. Poi il suo volto assunse di nuovo un’espressione truce. «Il lord è senza dubbio nella Stanza Interna delle Udienze, ben protetto dalle guardie. Sono felice che siate venuti. Non è più lui in questi giorni.» Gli altri soldati convennero con un mormorio, poi riabbassarono a fatica il cancello. «Tiene indosso l’armatura giorno e notte, con la visiera abbassata. Non è mai stato un gran chiacchierone, ma ultimamente parla ancor di meno. Solo “sì” e “no”, “prossimo” e “basta”. Ti sarei grato se ci facessi sapere che cosa c’è che non va.»

Mirt aggrottò le sopracciglia, cupo in volto.

Con un piccolo brivido Asper lo rivide nei suoi ricordi, ancora una volta a cavallo, nei suoi giorni da mercenario, che apprendeva del tradimento di un nobile tethyriano e giurava di rendere giustizia.

La spada che Mirt stringeva in pugno sussultò un po’. Vedendola muoversi, una delle guardie più giovani afferrò la sua per abitudine.

«Ti dirò ciò che potrò, quando potrò», rispose Mirt, incamminandosi. «Molte grazie, Tor. Conosco la strada.» Poi scomparve, sbattendo gli stivali. Asper trotterellò al suo fianco con passo più leggero.

Torgent tornò al cancello, un sorriso feroce sul volto. «Ora, per la mia spada, vedremo qualcosa! Ciò che si nasconde dietro a questo mistero, ragazzi… e quell’uomo riuscirà dove altri rimbalzerebbero contro un muro di pietra. Scoppierà un putiferio, se il mio intuito non m’inganna!» L’anziano si sedette e fischiettò una vecchia e allegra marcia.

Le guardie più giovani si scambiarono un’occhiata, scrollarono le spalle e sogghignarono. Più di una aveva osservato furtivamente il modo in cui Mirt e Asper si erano allontanati, ma nessuna aveva fatto commenti sulla bellezza della donna. Torgent sembrava esserne rimasto solo lievemente colpito.

MAGIA, ELMINSTER. QUANDO ARRIVA LA MAGIA?

Presto, demone, presto.

QUESTO RITORNELLO L’HO SENTITO MOLTE VOLTE, È QUASI DIVENTATO UNA CANTILENA.

Effettivamente, Nergal. Ti piacerebbe ascoltare l’intera ballata?

[disgusto] VA’ AVANTI COL RICORDO, MAGO. NON ME NE STARÒ SEDUTO A SENTIRTI CANTILENARE.

[divertimento, immagini chiare e brillanti]

S’infilarono in un passaggio segreto, poi in un altro ancora, ed evitarono gran parte delle guardie e dei servi. Mirt era conosciuto e le sue parole d’ordine, accompagnate dall’esibizione di un anello col sigillo di Waterdeep, gli permisero di raggiungere rapidamente le porte della Stanza Interna delle Udienze.

Le guardie sguainarono le spade e non le scostarono di un millimetro mentre il loro capitano entrava ad annunciare i visitatori. Passò tuttavia molto tempo prima che questi uscisse dalla sala. Quando le porte si spalancarono, la sua voce era fredda.

«Lord Piergeiron riceverà entrambi, pur con riluttanza. Lasciate le spade e seguitemi.»

Mirt scrollò le spalle e lasciò cadere l’arma. Nascoste addosso, ne aveva da vendere. Asper consegnò la sua, per l’impugnatura, alla guardia più vicina.

«I miei saluti e grazie», esclamò Mirt, ricambiando lo sguardo freddo del capitano con il gelo della sua rabbia. Se non fosse stato un signore di Waterdeep, non avrebbe potuto nemmeno raggiungere il Primo Lord. Quelle guardie non conoscevano il suo vero status.

Se non fossero stati signori, i suoi amici non sarebbero morti, né sarebbe stato necessario avvisare Piergeiron.

Il volto di Mirt era scuro come il suo umore quando entrò nella penombra della Stanza Interna delle Udienze. Davanti a lui, Piergeiron sedeva con addosso un’armatura completa, sotto un’unica lampada.

«Andate», sbottò Mirt rivolto al capitano delle guardie.

Questi lo ignorò. Chi si credeva d’essere quel grasso usuraio? Il signore di tutti i lord di Waterdeep!

Un gesto silenzioso di Piergeiron confermò il comando di Mirt.

Quest’ultimo fece cenno ad Asper con un dito di tenere d’occhio Piergeiron. Non appena la guardia ebbe richiuso la porta, il Vecchio Lupo si voltò, estrasse un pugnale da chissà dove, lo lanciò e trafisse la corda della campanella a pochi centimetri dalla mano del Primo Lord.

Asper rimase a bocca aperta.

Mirt avanzò, saltò su Piergeiron, infilò dita d’acciaio nella fenditura per gli occhi, e la sollevò mentre cadevano insieme sul pavimento.

«Non pensavo», ringhiò, fissando un paio d’occhi castani spaventati all’interno dell’elmo. «Chi sei, e che cos’hai fatto a Piergeiron!» Senza attendere risposta e senza distogliere lo sguardo sbottò: «Prendilo per il polso, ragazza e mettiglielo sopra la testa! Attenta ai pugnali!».

Chiunque vi fosse nell’armatura oppose solo una debole resistenza. In un attimo Mirt riuscì a togliere l’elmo, per rivelare il volto spaventato di una fanciulla più giovane di Asper.

«Chi mai… Aleena?» bofonchiò Mirt, sollevando un altro pugnale contro la gola nuda della ragazza in armatura.

«S-sì.» Aleena deglutì, il volto bianco come il marmo, la bocca tremante. Sollevò il mento e guardò l’uomo con rabbia. «Sei… hai tentato tu di uccidere mio padre?» La sua voce era profonda e cupa come quella di un uomo di mezz’età: Piergeiron, difensore di Waterdeep. Era strano udirla da labbra tanto delicate.

Mirt aggrottò le sopracciglia e si tolse da sopra la ragazza, indicando ad Asper di fare altrettanto. «No, naturalmente no», borbottò. «Che cos’è accaduto? Forza fanciulla, in fretta! Raccontami! Alcuni signori di Waterdeep sono morti questa notte! Che fine ha fatto tuo padre, e perché tu indossi la sua armatura! Piergeiron non sarebbe d’accordo a usarti come esca per intrappolare la spada che l’ha mancato una volta!»

Aleena annuì, triste. «Mio padre non è in condizioni di convenire o di proibire alcunché. È nella Torre di Blackstaff, immerso in un sonno profondo. Qualcuno l’ha quasi ucciso, tre notti fa.»

A Mirt si rizzarono tutti i peli. «E non siamo stati informati? Come sta

Aleena scrollò le spalle, gli occhi umidi. «È vivo. Laeral gli ha fatto bere sette pozioni guaritrici. È stato… trafitto più di una volta. Lui… oh, per tutti gli dei, Mirt!» La fanciulla si aggrappò a lui e scoppiò in lacrime. Mirt le batté goffamente una mano sulla schiena, rivolgendosi ad Asper con sguardo supplicante.

La ragazza prese la caraffa più vicina e versò un bicchiere del liquido che conteneva, qualsiasi cosa fosse.

Mirt la ringraziò con lo sguardo e avvicinò il bicchiere alle labbra di Aleena. Lei scosse violentemente il capo fra le lacrime. «Ne ho già bevuto troppo», affermò. Mirt alzò le spalle e si scolò la bevanda.

«Ero così spaventata!» singhiozzò Aleena. «Seduta qui, in attesa che l’assassino tornasse… non riesco nemmeno a toccare questa spada! È la spada sacra di papà, anche se sono in grado di difendermi come i guerrieri!»

Asper fece spostare delicatamente Mirt e s’inginocchiò per cingere la ragazza con un braccio. La sontuosa armatura di ferro era fredda e dura al tatto.

Aleena abbozzò un vago sorriso. «M-mi perdoni, Signora», mormorò desolata «lo… non sta bene piangere davanti a estranei. Io sono Aleena, figlia di Piergeiron. Qual è il suo nome!»

Asper sorrise. «Sono Asper. Mirt è il mio signore. Siamo venuti per avvisare tuo padre: almeno due signori di Waterdeep sono stati uccisi stanotte. Lady Tamaeril Bladesemmer è morta, ma è riuscita a mandare un messaggio telepatico al mio signore, e sappiamo che l’ha uccisa un uomo mascherato, che è stato capace di superare le sue barriere. Prima ancora, anche il mago Resengar era stato ammazzato nel suo salotto. Sapete se ci siano altre vittime?»

Aleena scosse la testa. «Non so nemmeno chi siano tutti i signori. Laeral mi disse che Mirt era uno di loro, prima di mandarmi qui.»

Mirt la fissò, la caraffa mezza vuota in mano. «Ti ha mandato Laeral? Che sciocchezza è mai questa!»

Aleena sollevò di nuovo il mento. «Signore», mormorò, «è mio dovere nei confronti di Waterdeep, come per voi lo è il vostro servizio. Il trono di palazzo non poteva essere lasciato vuoto, altrimenti quest’uomo o questi uomini, e i loro mandanti, avrebbero creduto d’essere riusciti nell’intento… e che cosa accadrebbe allora alla Città degli Splendori? Verrebbe attaccata da un esercito? Da una flotta! Dobbiamo prevenire eventuali massacri!»

«Uomini, hai detto», affermò Mirt, la fronte aggrottata, ignorando le altre parole. «In quanti hanno attaccato tuo padre?»

Aleena scrollò le spalle. «Nessuno lo sa. Ha usato un anello per il teletrasporto donatogli da Khelben molti anni fa, per raggiungerci nella Torre di Blackstaff. Il mago sta effettuando un viaggio nei piani ormai da diciannove giorni, per un lavoro di cui non mi ha parlato. Laeral e io abbiamo accudito mio padre e, dopo aver fatto tutto il possibile, lei mi ha detto di indossare l’uniforme di mio padre e sedere qui sul trono, visto che sono all’altezza del compito. Io non ho fatto obiezioni. Abbiamo lavato il seggio e lei mi ha fatto un incantesimo, in modo che…», un sorriso le sfiorò le labbra, per scomparire subito dopo… «la mia voce somigliasse a quella di mio padre. Un effetto ridicolo, mi dicono».

Mirt sogghignò. «Già, ci penserei due volte ad abbracciarti, con la visiera abbassata. E ora?»

Aleena allargò le mani inguantate. «I-io non so che fare. Non riesco a dormire tanto sono preoccupata per mio padre. Sono stanca di decidere chi debba essere impiccato o chi debba qualcosa a chi, che cosa sia dannoso o… sono stufa di tutto! Non so come mio padre o chi altro riesca a farlo giorno dopo giorno! I-io non posso andare avanti così». La ragazza arricciò il naso. «E poi puzzo in maniera tremenda dentro quest’armatura, e presto chi conosce mio padre saprà che l’odore non è il suo.»

Mirt e Asper ridacchiarono. «Sì, ora che ti sei tolta l’elmo si sente», affermò Asper. «Andiamo alla Torre di Blackstaff a parlare con Laeral, allora, altrimenti ci ritroveremo in un vicolo cieco.»

Mirt annuì. «Hai ragione. Rimettiti l’elmo, andremo a fare un bagno, se non altro.»

Aleena sorrise. «Come avete fatto a scoprirlo, così in fretta intendo!»

Il Vecchio Lupo alzò le spalle. «Il modo in cui sedevi. Il modo in cui hai fatto cenno alla guardia. Il modo in cui non ti sei offesa a priori per la battuta sporca con la quale sapevi ti avrei salutato… tutto questo, più quello che mi ha detto Torgent.»

«Torgent?»

«Una delle guardie di palazzo. È di turno al tunnel di Shyrrhr questa notte. Se hai bisogno di un amico o di un protettore qui a palazzo, Lady, non c’è uomo migliore. Cerca un vecchio con i baffi bianchi. Mi ha detto che parlavi poco e che in questi ultimi giorni tenevi l’armatura; sapeva che qualcosa non andava; mi ha praticamente detto che nell’armatura non c’era Piergeiron. Il popolo capisce, ragazza. La gente capisce sempre.» Mirt alzò le spalle. «Inoltre, se non sbaglio, tuo padre ha qualche debito con me. Non è mia abitudine saltare addosso a ogni donna che incontro, sai.»

«Negli ultimi tempi?» chiese Asper sollevando un sopracciglio. «Non esiste un tunnel che porti fino alla Torre di Blackstaff!»

«Sì», esclamarono all’unisono Mirt e Aleena, poi ridacchiarono. «Venite», ordinò loro il grasso usuraio dirigendosi verso una colonna. «Da questa parte.»

Aleena si accigliò. «Qui! Ma si scende nell…»

Mirt sogghignò. «Fidati, Lady.» La interruppe. «Ci sono numerosi passaggi in questo palazzo. Non vorrai perdere l’occasione di far prendere un accidenti a quello scorbutico che sta fuori dalla porta, no! Quando scoprirà che te ne sei andata gli verrà un colpo!»

Scuotendo il capo, Aleena li seguì. «Mio padre mi aveva messo in guardia da te, una volta. Ma non avevo idea…»

«Come tutti», esclamò Mirt compiaciuto, mentre le pietre si aprivano per rivelare uno stretto passaggio segreto. «Attente alla testa, ragazze…»

Un topo affamato in un angolo del locale ebbe il tempo di fare solo tre respiri dopo che la porta segreta si chiuse, e prima che un guizzo illuminasse la stanza.

Fiamme fredde si proiettarono in avanti e tutt’intorno. Da esse uscì una figura mascherata, la spada sguainata nella mano. La stanza era buia e vuota. Dopo una breve occhiata silenziosa, l’uomo alzò le spalle e ritornò nelle fiamme. Il fuoco e la luce scomparvero e la sala fu invasa nuovamente dall’oscurità.

Il topo si affrettò a uscire dal nascondiglio, nel caso lo strano visitatore avesse lasciato qualcosa di commestibile, ma non trovò nulla. Non era come ai vecchi tempi, tutto era cambiato, rifletté con calma. Forse era così che andava il mondo.

SIGNORE DEGLI ABISSI, MAGO, DOV’È QUESTA DANNATA MAGIA? [silenzio, il verme mentale che fruga arcigno nell’oscurità cavernosa]

«Da questa parte», ansimò Mirt, trotterellando a testa china. «Il passaggio si apre…»

«Esattamente! Un pericolo in più per chiunque sia un signore di Waterdeep, del resto Faerûn è un luogo pericoloso!»

La voce era allegra e inaspettata, molto vicina all’orecchio di Mirt. Il Vecchio Lupo fu più rapido di quanto non sembrasse; con prontezza sollevò la spada nel punto giusto e, con un ringhio, fece un balzo all’indietro.

Il suo aggressore borbottò un’imprecazione. Una sottile lama d’acciaio sferrò sibilando un colpo violento, che tuttavia trafisse solo aria.

La spada più robusta del Vecchio Lupo lo colpì da sopra, affondando nel cuoio e nella carne sottostante; l’uomo singhiozzò di dolore improvviso. Mirt ritrasse la spada gocciolante di sangue scuro e colpì l’arma del suo avversario.

I due lottarono, lama contro lama. Mirt usò la mano libera, con la candela e tutto, per assestare un pugno nel punto in cui ci sarebbe dovuta essere la ferita. Il nemico grugnì e rabbrividì, vacillando all’indietro. Per la prima volta, Mirt osò abbandonare il passaggio e correre nella stanza.

Asper lo chiamò, con voce bassa e tesa, da dietro Aleena.

Mirt mugugnò: «Sono vivo… e sto lottando con un uomo mascherato, tanto per cambiare».

«È il mio turno», ribatté Asper. «Tu hai ucciso l’ultimo assassino spietato che ci ha attaccato, ricordi!»

«Huh», mormorò Mirt in tutta risposta e agitò vigorosamente la spada per parare un altro fendente mortale. Il colpo, che fece risuonare la spada dell’avversario, riecheggiò da pietra a pietra e stordì l’aggressore.

L’uomo mascherato e inguantato agitò la spada come se stesse alimentando un fuoco, poi indietreggiò barcollando lungo il passaggio laterale dal quale aveva attaccato, si voltò e fuggì.

Mirt si precipitò all’inseguimento, ringraziando il cielo che quel passaggio avesse il soffitto alto.

«Chi è!» gridò Asper, affrettandosi dietro di lui.

Aleena cercò di tenere il passo, incespicando goffa e rumorosa nella sua armatura.

«Non lo so», ringhiò Mirt, saltando una breve rampa di scale a pochi passi dall’intruso ferito. «Qualcuno che sa chi sono e come trovarmi, ovviamente… oh! Il tuo nome, vigliacco! Te lo sta chiedendo una signora!»

Ansimante, la snella figura mascherata attraversò in fretta una stanza e si tuffò nell’oscurità fetida di una fogna. Mirt lo seguì grugnendo d’entusiasmo.

Più avanti avvampò una luce tremolante. Mirt intravide il nemico in abiti di pelle balzare in una ruota di fiamme bianche e fredde. Queste avvampavano a formare un anello che vorticava lentamente, a una spanna, forse, da un muro di pietra. Un cancello, che gli dei siano ringraziati.

Il Vecchio lupo s’arrestò all’improvviso ignorando un topo che si era avvicinato per vedere se i suoi stivali potessero fargli da cena, e guardò nella stanza. Alcuni tubi maleodoranti s’immettevano in essa; alcuni canali convogliavano le acque nere lungo un lato del locale. Il soffitto a volta era disseminato di vecchie e minuscole crepe. Tutti i passaggi erano sbarrati da fiamme fredde.

Mirt adocchiò il topo che gli stava mordicchiando lo stivale e guardò di nuovo il cancello… prima di colpire il suolo con la spada.

La sua lama curva si sollevò un istante più tardi, quando Asper irruppe nella stanza. La ragazza aggirò la spada ancor prima che lui la ritraesse e si fermò scivolando a pochi passi dalle fiamme.

«Non dovevi aspettare», affermò Asper con una smorfia, indicando l’anello di fuoco. «Non avremmo potuto perderci senza altre via d’uscita, no!»

Mirt le sbarrò la strada con la spada, poi sollevò un dito in segno d’avvertimento, abbassò l’arma per trafiggere il topo e lo lanciò dritto nell’anello infuocato.

Si vide un bagliore, si udì un forte sfrigolio e si sentì un odore che fece indietreggiare, nauseato, il guerriero in armatura che stava per entrare nella stanza. Aleena sollevò una mano, disgustata e strizzò gli occhi per il chiarore improvviso delle fiamme rotanti. Queste divennero più luminose, languirono, poi avvamparono nuovamente… e svanirono, lasciando dietro di loro soltanto fumo e un odore di topo di fogna bruciato.

«Avresti potuto fare la stessa fine», osservò cupa Aleena, fra i conati di vomito.

Asper scosse la testa. Se era spaventata, non lo dava certo a vedere. Sul suo viso c’era solo rabbia quando scrutò la stanza intorno a lei. «Potrebbe essere nel più basso degli inferi a quest’ora», affermò pungente, «o nella fogna adiacente… e non lo sapremo mai».

DIVERTENTE, ELMINSTER. IO RIDO, MA ORA MOSTRAMI UN PO’ DI MAGIA.

Da qualche parte a Waterdeep una fiala tintinnò su un tavolo, e a quel rumore si accompagnò un sospiro di soddisfazione. Un attimo dopo una mano inguantata si abbassò sul tavolo e prese una spilla d’argento a forma di arpa. Ridacchiando, la figura ondeggiò, creando dal nulla una ruota fiammeggiante. L’uomo dai vestiti in pelle entrò nel cerchio tremolante e scomparve.

MAGIA, SÌ, E UN ALTRO RICORDO CHE MYSTRA TI HA TRASMESSO, MA ANCORA NON TROVO CIÒ CHE CERCO! È RIDICOLO! MAGO, CONTINUA!

La storia prosegue, Lord Nergal.

[flusso d’immagini vivide]

Le ore che precedevano l’alba si facevano sempre più difficili col passare degli anni. Durnan si stava vestendo al freddo per cominciare un’altra lunga, lunga giornata. Lo Sbadiglio era la sua casa e la sua vita, e lo amava con tutto il cuore, ma talora - di solito in quelle buie ore mattutine - avrebbe voluto essere altrove. In un luogo in cui non fosse permesso agli osti di alzarsi prima dell’alba, quando i piedi e le gambe dolenti sarebbero stati scaldati dal sole, e qualcun altro avrebbe acceso il fuoco già da tempo, un pasto caldo già pronto, e…

L’urlo acuto e stridulo fece balzare Durnan fuori dai pantaloni. Tamsil, nel bar sottostante! L’uomo saltellò goffamente, calciò via gli indumenti con un’imprecazione, afferrò per l’elsa la spada e la cintura alla quale era attaccata e si lanciò fuori nell’oscurità urtando il telaio della porta.

Mentre, nudo, si precipitava giù per le scale, riuscì a liberare la spada dalla cintura e, con un ruggito furioso, corse a distrarre chiunque stesse assalendo sua figlia. Tam aveva un’età e una formosità tali da attirare l’attenzione di un ladro, probabilmente convinto che agli osti fosse effettivamente concesso dormire fino a tardi, e…

Con una scivolata Durnan attraversò la soglia del locale, in una mano la spada scintillante, nell’altra il pugnale, ma non trovò alcun nemico con cui combattere.

Tamsil e la madre Mhaere lo guardarono entrambe con occhi scuri, sgranati per la paura. La moglie impugnava una doppia balestra, la cui corda ancora vibrante indicava che erano stati scagliati entrambi i dardi. Sul pavimento davanti a loro non giaceva alcun nemico morto o gemente… ma all’occhio del locandiere nudo non sfuggirono le terrecotte in frantumi e alcune macchie di sangue fresco.

«State bene?», esclamò brusco Durnan. «Dov’è…» Indicò il disastro sul pavimento «… andato?»

Mhaere sorrise lievemente. «Sì, è scomparso. Un uomo mascherato, armato di spada. Lui…»

La donna fece un respiro profondo ed esitante, prova che non era tanto calma quanto appariva, poi reclinò il capo per respirare meglio e riprese a parlare con serenità, come se stesse discutendo del tempo. «Vestito di pelle, solo, aspetto sconosciuto. Un ovale… un ovale messo in verticale, simile a uno specchio per signora… di fiamme bianche e fredde, non bollenti, è apparso improvvisamente, proprio qui, e lui ne è uscito e si è gettato su Tamsil. Grazie a Tymora, lei stava portando dell’acqua… quella caraffa che vedi lì a pezzi… e gliel’ha gettata in faccia».

Durnan si voltò lentamente a osservare il campo di battaglia, annuendo. «Al che tu», ribatté l’uomo, «hai preso la balestra da dietro il bancone e lo hai colpito».

«Al petto e alla spalla», aggiunse Mhaere, una nota di soddisfazione nella voce. «L’uomo è fuggito nel cerchio di fiamme ed è svanito insieme a esso, in un istante».

Il locandiere attraversò la stanza a grandi passi, come una pantera, e si avventò su qualcosa di piccolo lasciato sul pavimento. «Ha perso qualcosa nella fretta», bofonchiò perplesso, mentre raccoglieva l’oggetto. Era una piccola arpa argentata.

«Papà», esclamò Tamsil con voce squillante, «Non voglio più vedere quell’uomo. In che modo possiamo evitare che torni!»

«Nell’unico modo in cui si può fermare veramente un nemico», brontolò Durnan, fissando la spilla nel palmo della mano. «Devo trovarlo… e ucciderlo».

Perbacco, i ricordi di Mystra fanno sembrare la tua Toril un luogo interessante. Ma non vedo quello che cerco, giusto?

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