51 Rivelazioni a Tanchico

Elayne era indaffarata con le due bacchette laccate di rosso cercando di sistemarle nel modo giusto fra le dita. Sursa, si rammentò. Non bacchette, sursa. Un modo stupido di mangiare, qualunque sia il loro nome, si disse.

Dall’altro lato del tavolo nella stanza dei fiori cadenti, Egeanin guardava assorta le sursa, una in ogni mano come se fossero davvero delle bacchette. Nynaeve teneva le sue alla maniera che le aveva mostrato Rendra, ma sino a quel momento era riuscita a portare alla bocca soltanto un pezzetto di carne e alcune fette di peperone e aveva gli occhi tesi per la determinazione. Tante piccole ciotole bianche erano disposte sul tavolo, ognuna piena di pezzettini di carne e verdure, immerse in salse di vari colori. Elayne pensò che le sarebbe servito il resto della giornata per finire quel pasto. Rivolse un’occhiata di gratitudine alla locandiera dai capelli biondo miele quando questa si chinò su di lei per posizionare correttamente le bacchette.

«La vostra terra è in guerra con l’Arad Doman» osservò Egeanin arrabbiata. «Perché servi i piatti dei vostri nemici?»

Rendra si strinse nelle spalle con una smorfia da dietro al velo; oggi indossava un rosso molto chiaro e delle perline dello stesso colore infilate nelle treccine che tintinnavano leggermente quando muoveva la testa. «Adesso è di moda. Ha iniziato quattro giorni fa il Giardino delle Brezze d’Argento, e adesso quasi ogni avventore chiede cibo domanese. Credo significhi che se non possiamo conquistarli, almeno potremmo conquistare il loro cibo. Forse a Bandar Eban mangiano agnello con salsa di miele e mele glassate, no? Fra altri quattro giorni probabilmente sarà qualcos’altro. La moda adesso cambia velocemente, e se qualcuno prova a opporsi...» si strinse ancora nelle spalle.

«Credi che ci saranno altre sommosse?» chiese Elayne. «Su che tipo di cibo viene servito nelle locande?»

«Le strade sono inquiete» fu la risposta di Rendra, allargando le braccia con fatalismo. «Chi può dire cosa accenderà nuovamente i loro animi? Il tumulto l’altroieri derivava da una voce su Maracru schierato dalla parte del Drago Rinato, o forse caduto nelle mani dei fautori del Drago, o forse dei ribelli — il motivo non sembrava determinante — ma la sommossa ha scatenato la gente contro Maracru? No. Ha imperversato per le strade tirando giù le persone dai palanchini, e poi ha incendiato la Grande Sala dell’Adunanza. Forse giungerà voce che l’esercito ha vinto una battaglia — o persa — e la folla si scatenerà contro il cibo domanese. O forse incendierà i magazzini ai moli del Calpene. Chi può dirlo?»

«Non c’è ordine» mormorò Egeanin, infilando le sursa fermamente fra le dita della mano destra. Dall’espressione che aveva in volto, potevano essere pugnali che avrebbe usato per accoltellare ciò che aveva nel piatto. Un pezzo di carne cadde dalle sursa di Nynaeve non lontano dalle labbra, la quale ruggendo lo scansò dal grembo, pulendo l’abito di seta color crema con un tovagliolo.

«Aha, ordine» rise Rendra. «Mi ricordo l’ordine. Forse un giorno tornerà? Alcuni hanno pensato che la Panarca Amathera avrebbe riportato la Vigilanza Civile al proprio dovere, ma se io fossi in lei, con il ricordo della folla accalcata durante la mia investitura... I Figli della Luce hanno ucciso molti dei rivoltosi. Forse questo significa che non ci sarà un’altra rivolta, ma forse significa che la prossima sarà grande il doppio, o forse dieci volte. Pensando anche a questo terrei la Vigilanza e i Figli molto vicini. Ma questa non è una conversazione adatta al pasto.» Esaminando il tavolo annuì soddisfatta e le perline fra i capelli tintinnarono. Mentre si voltava verso la porta, si fermò e sorrise. «È di moda mangiare cibo domanese con le sursa e naturalmente la gente segue la moda, ma... qui non c’è nessuno per vedervi se non voi, giusto? Se desiderate avere cucchiai e forchette, sono sotto ai tovaglioli.» Indicò il vassoio in fondo al tavolo. «Buon appetito.»

Nynaeve ed Egeanin attesero fino a quando la porta si chiuse alle spalle della locandiera, quindi sorrisero e si diressero velocemente verso il vassoio con fretta indecorosa. Elayne riuscì comunque a raggiungere le posate per prima. Nessuna delle altre due aveva dovuto mangiare nei pochi minuti che separavano i doveri di una novizia dalle lezioni.

«È abbastanza buono» osservò Egeanin dopo la prima forchettata «quando riesci a prenderlo.» Nynaeve rise con la donna.

Nei sette giorni da quando avevano incontrato la donna dai capelli scuri con gli acuti occhi azzurri e la parlata lenta e strascicata, avevano incominciato ad apprezzarla. Era una gradevole alternativa alle chiacchiere di Rendra sui capelli, i vestiti e la carnagione, o alle occhiate della gente che sembrava avrebbe tagliato qualche gola per un centesimo di rame.

Questa era la quarta visita da quel primo incontro, ed Elayne le aveva gradite tutte. Egeanin era diretta e indipendente in un modo che lei ammirava. Forse la donna era solo una piccola commerciante, ma poteva sfidare Gareth Bryne nel dire quello che intendeva senza inchinarsi davanti a nessuno.

Eppure Elayne desiderava che le visite non fossero state così frequenti. O che lei e Nynaeve non si fossero trovate al Cortile delle tre susine così spesso da essere rintracciate. Le rivolte quasi costanti dall’investitura di Amathera rendevano quasi impossibile muoversi per la città, malgrado la scorta dei duri marinai di Domon. Anche Nynaeve lo aveva ammesso dopo che erano state costrette a fuggire da una sassaiola. Thom stava ancora promettendo che avrebbe trovato carrozza e cavalli, ma non era certa che cercasse molto intensamente. Lui e Juilin sembravano soddisfatti che lei e Nynaeve fossero impantanate nella locanda. Loro ritornano lividi o sanguinanti, e a noi non vogliono che si spezzi neanche un’unghia, pensò ironicamente. Perché gli uomini credevano sempre che fosse giusto tenerti più al sicuro di quanto facessero con se stessi? Perché pensavano che le loro ferite fossero meno importanti di quelle delle donne?

Dal sapore della carne, sospettava che Thom avrebbe dovuto cercare nelle cucine della locanda se voleva trovare dei cavalli. Il pensiero di mangiare carne di cavallo le diede il voltastomaco. Scelse una ciotola con solo delle verdure, pezzi di funghi scuri, peperoni rossi e alcuni germogli immersi in una salsa pallida e piccante.

«Di cosa parleremo oggi?» chiese Nynaeve a Egeanin. «Hai posto quasi ogni domanda che mi viene in mente.» Quasi tutte quelle alle quali erano in grado di rispondere. «Se vuoi imparare altro sulle Aes Sedai, dovrai recarti alla Torre come novizia.»

Egeanin trasalì inconsapevolmente, come faceva per ogni parola che la collegava al Potere. Per un momento rimestò il contenuto di una delle piccole ciotole, guardandolo seria. «Non avete fatto nessun vero sforzo» osservò lentamente «per tenermi nascosto che state cercando qualcuno. Donne. Se non mi intrometto nei vostri segreti, vorrei chiedere...» si interruppe sentendo bussare alla porta.

Bayle Domon entrò senza aspettare, sul viso una bieca soddisfazione che combatteva con il disagio. «Le ho trovate» iniziò, quindi sobbalzò alla vista di Egeanin. «Tu!»

Sconvolta, Egeanin fece cadere la sedia scattando in piedi, e sferrò allo stomaco di Domon un pugno quasi troppo veloce per essere visto. In qualche modo Domon afferrò il pugno con la grande mano, lo torse — vi fu un momento confuso in cui sembrò che cercassero di agganciarsi le caviglie con i piedi, Egeanin tentò di colpirlo alla gola — poi la donna si ritrovò con il viso in terra, il piede di Domon fra le scapole e il braccio teso verso il ginocchio dell’uomo. Malgrado tutto lei riuscì a prendere il pugnale.

Elayne scagliò flussi d’Aria contro i due ancora prima di rendersi conto di aver abbracciato saidar, bloccandoli nelle loro posizioni. «Cosa significa tutto questo?» chiese con il miglior tono freddo che trovò.

«Come osi, mastro Domon?» La voce di Nynaeve era ugualmente gelida. «Rilasciala!» Con più calore e preoccupata aggiunse: «Egeanin, perché hai cercato di colpirlo? Ti ho detto di rilasciarla, Domon!»

«Non può, Nynaeve» Elayne desiderava che l’altra donna potesse almeno vedere i flussi senza essere arrabbiata. La donna aveva provato a colpirlo per prima. «Perché, Egeanin?»

La donna rimase distesa a occhi chiusi e bocca tesa, le nocche delle dita erano bianche per quanto stringeva forte il pugnale.

Domon guardò furioso da Elayne a Nynaeve, la strana barba nello stile di Illian quasi dritta. Elayne gli aveva lasciata libera solamente la testa. «Questa donna è Seanchan!» gridò.

Elayne si scambiò delle occhiate di stupore con Nynaeve. Egeanin? Seanchan? Era impossibile, doveva essere impossibile.

«Ne sei certo?» chiese lentamente Nynaeve, con calma. Sembrava sbalordita quanto Elayne.

«Non dimenticherò mai quel viso» rispose con fermezza Domon. «Il capitano di una nave. Fu lei a portarmi a Falme con la mia imbarcazione, prigioniero dei Seanchan.»

Egeanin non fece alcuno sforzo per negarlo. Si limitava a restare distesa con il pugnale in mano. Seanchan. Ma mi piace! pensò Elayne.

Con cautela Elayne mosse i flussi di Aria per scoprire la mano del pugnale di Egeanin fino al polso. «Lascialo, Egeanin» disse inchinandosi vicino alla donna. «Per favore.» Dopo un momento la mano di Egeanin si aprì. Elayne raccolse il pugnale e si fece indietro, liberandola completamente dai flussi. «Lascia che si alzi, mastro Domon.»

«È una Seanchan, signora» protestò «e dura come le punte di ferro.»

«Lasciala alzare.»

Borbottando, lasciò il polso di Egeanin, allontanandosi velocemente come se si aspettasse un altro attacco. La donna dai capelli scuri — la donna seanchan — rimase ferma in piedi. Si massaggiò la spalla che Domon le aveva storto guardandolo pensierosa, lanciò un’occhiata alla porta, quindi sollevò la testa e attese con esteriore calma apparente. Era difficile non continuare ad ammirarla.

«Seanchan» gridò Nynaeve. Afferrò una manciata di treccine, quindi le guardò stranamente e le lasciò andare, ma le sopracciglia erano ancora aggrottate e gli occhi duri. «Seanchan! Essere subdola per ottenere amicizia! Credevo che foste tutti tornati da dove eravate venuti. Perché ti trovi qui, Egeanin? Il nostro incontro è stato davvero casuale? Perché sei venuta a cercarci? Avevi intenzione di attirarci da qualche parte dove le tue sporche sul’dam potevano chiudere i loro guinzagli attorno alle nostre gole?» Gli occhi di Egeanin si allargarono di una frazione. «Oh, sì» esclamò dura Nynaeve. «Sappiamo di voi Seanchan e le vostre sul’dam e Damane. Ne sappiamo più di te. Imprigionate donne che possono incanalare, ma anche quelle che usate per controllarle possono incanalare, Egeanin. Per ogni donna che può incanalare alla quale avete messo il guinzaglio come un animale, camminate accanto ad altre dieci o venti senza nemmeno accorgervene.»

«Lo so» rispose semplicemente Egeanin, e Nynaeve rimase a bocca aperta.

Elayne pensò che gli occhi le sarebbero saltati fuori dalle orbite. «Lo sai?» Sospirò e proseguì con un tono stridulo e incredulo. «Egeanin. penso che tu stia mentendo. Non ho incontrato molte Seanchan prima d’ora e mai per più di alcuni minuti, ma conosco qualcuna che lo ha fatto. I Seanchan non odiano le donne che possono incanalare, pensano che siano animali. Non la prenderesti così facilmente se lo sapessi, o se anche lo credessi.»

«Le donne che possono indossare il bracciale sono donne che possono imparare a incanalare» spiegò Egeanin. «Non sapevo che si potesse imparare — mi era stato insegnato che una donna poteva oppure no — ma quando mi avete detto che le ragazze devono essere guidate se non sono nate con il talento, ci ho pensato sopra. Posso sedermi?» Era davvero fredda.

Elayne annuì e Domon sollevò la sedia di Egeanin, restandole alle spalle mentre questa si sedeva. Guardandolo, la donna dai capelli scuri gli disse: «Non eri un... avversario... così difficile da battere, l’ultima volta che ci siamo incontrati.»

«All’epoca avevi venti soldati armati sul mio ponte e una Damane pronta a spaccare la mia nave a metà con il Potere. Solo perché posso pescare uno squalo dalla barca non mi offro di combatterlo in acqua.» Sorprendentemente le sorrise, strofinandosi un fianco dove probabilmente la donna lo aveva colpito senza che Elayne vedesse. «Nemmeno tu sei facile da battere come pensavo saresti stata senza armatura e spada.»

Il mondo della donna doveva essere stato messo a soqquadro dal suo stesso ragionare, ma stava affrontando la cosa come un dato di fatto. Elayne non riusciva a immaginare cosa poteva sconvolgere a quel modo il suo mondo, ma sperava che se mai lo avesse scoperto avrebbe trovato il modo di affrontarlo con la calma di Egeanin. Devo smettere di farmela piacere. È una Seanchan. Mi avrebbero messo il collare al collo come un animale domestico se avessero potuto. Luce, come fai a smettere di farti piacere qualcuno? si chiedeva Elayne.

Nynaeve non sembrava essere in tale difficoltà. Puntando i pugni sul tavolo, si chinò verso Egeanin con tale fierezza che le treccine caddero fra le ciotole. «Perché ti trovi qui a Tanchico? Pensavo che foste fuggiti tutti dopo Falme. E perché hai cercato di conquistarti la nostra fiducia come qualche serpente mangiatore di uova? Se credi di poterci mettere un collare, pensaci ancora!»

«Quella non è mai stata mia intenzione» rispose rigida Egeanin. «Tutto quello che volevo da voi era imparare cose sulle Aes Sedai. Io...» Per la prima volta sembrò esitante, insicura. Comprimendo le labbra guardò da Nynaeve a Elayne e scosse il capo. «Non siete collie mi è stato insegnato. Che la Luce risplenda su di me, mi... piacete.»

«Ti piacciamo.» Nynaeve lo fece sembrare un crimine. «Questo non risponde a nessuna delle mie domande.»

Egeanin esitò ancora, quindi sollevò il capo sfidandole a fare del loro peggio. «A Falme è stato lasciato indietro un certo numero di sul’dam. Alcune hanno disertato dopo il disastro. Alcuni di noi sono stati inviati per riportarle indietro. Io ne ho trovata solamente una, ma ho scoperto che un a’dam poteva trattenerla.» Vedendo che Nynaeve stringeva i pugni aggiunse velocemente: «L’ho lasciata andare la scorsa notte. La pagherò cara se verrà scoperto, ma dopo aver parlato con voi non potevo...» Facendo una smorfia scosse di nuovo il capo. «Questo è il motivo per cui sono rimasta con voi dopo che Elayne aveva rivelato la vostra identità. Sapevo che Bethamin era una sul’dam. Scoprire che l’a’dam poteva trattenerla, che poteva... dovevo sapere, capire, riguardo le donne che possono incanalare.» Inspirò profondamente. «Cosa intendete fare di me?» Le mani appoggiate sul tavolo non tremavano.

Nynaeve aprì la bocca furiosa, quindi la richiuse lentamente. Elayne capiva la sua difficoltà. Forse adesso Nynaeve odiava Egeanin, ma cosa ne avrebbero fatto? Non sembrava che avesse commesso dei crimini a Tanchico, e in ogni caso la Vigilanza Civile non pareva interessata ad altro che a salvarsi la pelle. Era una Seanchan, aveva usato sul’dam e Damane, ma, d’altro canto, proclamava anche di aver liberato questa Bethamin. Per quale crimine avrebbero potuto punirla? Per aver rivolto loro delle domande alle quali avevano risposto liberamente? Perché la donna se le era ingraziate?

«Mi piacerebbe frustarti fino a farti brillare come il tramonto» gridò Nynaeve. Di colpo voltò il capo verso Domon. «Le hai trovate? Hai detto di averle trovate. Dove?» L’uomo cambiò posizione lanciando un’occhiata significativa dietro la nuca di Egeanin e sollevando interrogativo le sopracciglia.

«Non credo che sia un’Amica delle Tenebre» intervenne Elayne quando Nynaeve esitò.

«Certo che no!» Lo sguardo di Egeanin era fiero e offeso.

Incrociando le braccia come per trattenersi dal fare le treccine, Nynaeve lanciò un’occhiata furiosa alla donna, quindi rivolse uno sguardo accusatore a Domon, come se tutto questo disastro fosse colpa sua. «Non c’è nessun posto dove rinchiuderla,» disse alla fine «e Rendra chiederebbe certamente delle spiegazioni. Prosegui, mastro Domon.»

L’uomo rivolse un’ultima occhiata dubbiosa a Egeanin. «Al Palazzo del Panarca. Uno dei miei uomini ha visto due delle donne sulla lista. Quella con i gatti e quella della Saldea.»

«Ne sei certo?» chiese Nynaeve. «Al Palazzo del Panarca? Vorrei che le avessi viste tu di persona. Altre donne oltre Marillin Gemalphin amano i gatti. E Anse Zeramene non è la sola donna della Saldea che si trova a Tanchico.»

«Una donna dal viso sottile e gli occhi azzurri con un grosso naso che nutre una dozzina di gatti in una città dove la gente i gatti li mangia? In compagnia di un’altra con il naso tipico della Saldea e gli occhi a mandorla? Non è una coppia così comune, signora al’Meara.»

«Non lo è» concordò questa. «Ma nel Palazzo del Panarca? Mastro Domon, in caso lo avessi dimenticato, a guardia del palazzo ci sono cinquecento Manti Bianchi, comandati da un Inquisitore della Mano della Luce! Jaichim Carridin e i suoi ufficiali devono essere in grado di riconoscere un’Aes Sedai a vista. Resterebbero se vedessero che il Palazzo del Panarca offre rifugio alle Aes Sedai?» Domon aprì la bocca, ma Nynaeve aveva detto una cosa sensata e nulla ne uscì. «Mastro Domon,» osservò Elayne «cosa ci stava facendo uno dei tuoi uomini nel Palazzo del Panarca?»

L’uomo si toccò la barba imbarazzato e si strofinò il labbro superiore con un dito. «Vedi, la Panarca Amathera è nota per essere un’amante del pepe dei ghiacci, il tipo bianco che è il più piccante, e che cambi o meno atteggiamento una volta ricevuti dei regali, gli uomini della dogana sanno chi le ha procurato quel dono e saranno più tolleranti.»

«Regali?» ripeté Elayne con il peggior tono di rimprovero. «Eri più onesto sui moli chiamandoli lusinghe per corromperli.» Sorprendentemente Egeanin si torse sulla sedia per rivolgergli un’occhiata di disapprovazione.

«Fortuna toccami,» mormorò «non mi avete chiesto di rinunciare al mio commercio. E non lo farei se me lo chiedeste, nemmeno se me lo faceste chiedere dalla mia vecchia nonna. Un uomo ha il diritto di proseguire nei suoi affari.» Egeanin sbuffò e si raddrizzò.

«I suoi regali non sono un nostro problema, Elayne.» Nynaeve sembrava esasperata. «Non mi importa se corrompe l’intera città e tutti i contrabbandieri...» Un colpo alla porta la fece interrompere bruscamente. Rivolgendo un’occhiata d’avviso alle altre, scattò. «Tu resta seduta tranquilla» si rivolse a Egeanin, quindi, alzando la voce: «Avanti.»

Juilin infilò la testa nella porta con uno stupido cappello cilindrico, lanciando come al solito un’occhiataccia a Domon. Avere un taglio sulla guancia scura con il sangue già secco era normale. Le strade adesso erano pericolose anche di giorno. «Posso parlarti da sola, signora al’Meara?» disse quando vide Egeanin seduta al tavolo.

«Oh, entra» rispose Nynaeve dura. «Dopo ciò che ha già sentito, non importa se sentirà qualcosa di più. Anche tu le hai trovate nel Palazzo del Panarca?»

Nell’atto di chiudere la porta Juilin lanciò un’occhiata inintelligibile a Domon. Il contrabbandiere sorrise, mostrando troppi denti. Per un momento sembrò che stessero per litigare.

«Allora milanese è davanti a me» mormorò mestamente. Ignorando Domon si rivolse a Nynaeve. «Ti avevo detto che la donna con la striatura bianca fra i capelli mi avrebbe guidato da loro. È una caratteristica molto distintiva. E ho anche visto la Domanese lì. Da lontano — non sono così stupido da camminare attraverso un branco di lucci — ma non posso credere che ci sia un’altra Domanese oltre Jeaine Caide in tutta Tarabon.»

«Vuoi dire che si trovano nel Palazzo del Panarca?» esclamò Nynaeve.

L’espressione di Juilin non cambiò, ma sgranò leggermente gli occhi scuri, guizzando verso Domon. «Per cui lui non aveva prove» mormorò soddisfatto.

«Avevo la prova» Domon evitò di guardare il Tarenese. «Se non volevi accettarla prima che arrivasse questo pescatore, signora al’Meara, non è colpa mia.»

Juilin si raddrizzò, ma Elayne si intromise prima che il cacciatore di ladri potesse parlare. «Le avete trovate entrambi ed entrambi avete portato prove. Probabilmente nessuna delle due sarebbe stata sufficiente senza l’altra. Adesso sappiamo dove si trovano grazie a voi due.» Se possibile sembravano più contrariati di prima. Gli uomini potevano essere assolutamente sciocchi, a volte.

«Il Palazzo del Panarca.» Nynaeve tirò una manciata di treccine, quindi le lanciò alle spalle accompagnando il movimento con la testa. «Ciò che stanno cercando deve trovarsi lì. Ma se lo hanno, perché stanno ancora a Tanchico? Il palazzo è grande. Forse non lo hanno ancora trovato. Non che questo aiuti se noi siamo qui fuori mentre loro si trovano lì dentro!»

Thom come al solito entrò senza bussare, guardando tutti simultaneamente. «Signora Egeanin» mormorò con un elegante inchino che l’andatura claudicante non sminuiva «Nynaeve, se posso parlare con te da sola, ho delle novità importanti.»

Il livido fresco sul viso vissuto rese Elayne anche più furiosa che il nuovo strappo nel mantello buono marrone. L’uomo era troppo vecchio per sfidare le strade di Tanchico. O qualsiasi strada malfamata, per dirla tutta. Era tempo che lo mandasse in pensione, in qualche posto sicuro e confortevole. Niente più menestrello che erra di villaggio in villaggio. Se ne sarebbe occupata lei.

Nynaeve rivolse un’occhiata dura a Thom. «Adesso non ho tempo. Le Sorelle Nere si trovano nel Palazzo del Panarca, e per quanto ne so, Amathera le sta aiutando a frugarlo da cima a fondo.»

«L’ho scoperto meno di un’ora fa!» esclamò l’uomo incredulo. «Come avete fatto...?» Guardò Domon e Juilin, ancora furiosi come ragazzini che volevano entrambi tutta la torta.

Era chiaro che li aveva esclusi come la fonte dell’informazione di Nynaeve. Elayne aveva voglia di ridere. Era così fiero di conoscere tutte le voci sommesse, tutti i fatti nascosti. «La Torre ha le sue vie, Thom» gli disse, fredda e misteriosa. «È meglio non indagare troppo a fondo i metodi delle Aes Sedai.» Thom aggrottò incerto le sopracciglia bianche e cespugliose. Molto soddisfacente. Elayne divenne consapevole di Juilin e Domon che la guardavano cupi e di colpo tutto quello che poté fare fu non arrossire. Se parlavano sarebbe sembrata una sciocca. Prima o poi lo avrebbero fatto, gli uomini lo facevano sempre. Meglio interrompere subito l’argomento e sperare. «Thom, hai sentito nulla che possa dirci se Amathera è un’Amica delle Tenebre?»

«Nulla.» Si tirò irritato un baffo. «Pare non abbia visto Andric da quando ha indossato la Corona dell’Albero. Forse i problemi nelle strade rendono troppo pericoloso il viaggio fra il palazzo del re e quello del Panarca. Forse si è semplicemente resa costo che il suo potere adesso eguaglia quello del re e non è più compiacente come prima. Non si sa quali possano essere le sue alleanze.» Lanciando un’occhiata alla donna dai capelli scuri sulla sedia, aggiunse: «Sono grato per l’aiuto che la signora Egeanin vi ha offerto contro gli aggressori, ma sino a ora avevo pensato che fosse un’amicizia occasionale. Posso chiedere chi è lei per essere coinvolta in tutto questo? Mi sembra di ricordare di averti sentita minacciare di annodare qualsiasi lingua imprudente, Nynaeve.»

«È una Seanchan» rispose Nynaeve. «Chiudi la bocca prima di ingoiare una tarma, Thom, e siediti. Possiamo mangiare mentre cerchiamo di capire cosa fare.»

«Davanti a lei?» esclamò Thom. «Seanchan?» Thom aveva sentito alcuni dei racconti di Falme da Elayne — una parte — e aveva certamente sentito alcune voci qui; studiò Egeanin come se si chiedesse dove nascondeva le corna. Juilin sembrava soffocare, se gli occhi strabuzzati potevano essere un’indicazione. Forse anche lui aveva sentito le voci a Tanchico.

«Suggerisci che chieda a Rendra di chiuderla a chiave nel magazzino?» chiese con calma Nynaeve. «Questo provocherebbe dei commenti, non trovi? Sono abbastanza sicura che tre grossi uomini pelosi possono proteggere Elayne e me se decide di estrarre un esercito seanchan dalla tasca. Siediti Thom, oppure resta in piedi, ma smettila di fissarla. Tutti voi, sedetevi. Voglio mangiare prima che si freddi.»

Gli uomini obbedirono, Thom sembrava scontento quanto Juilin e Domon. A volte le maniere rudi di Nynaeve sembravano funzionare.

Togliendosi Rand dalla testa Elayne decise che era ora di aggiungere qualcosa di valore. «Non riesco a vedere come sia possibile che le Sorelle Nere possano trovarsi nel Palazzo del Panarca senza che Amathera lo sappia» osservò sedendosi. «Per come la vedo io, questo ci offre tre possibilità. Uno, Amathera è un’Amica delle Tenebre. Due, crede che siano Aes Sedai. Tre, è loro prigioniera.» Per qualche motivo il cenno di approvazione di Thom le fece piacere. Sciocco. Anche se conosceva il Gioco delle Casate, era solo uno stupido bardo che aveva buttato tutto all’aria per diventare un menestrello. «In ogni caso, le aiuterà a cercare quello che vogliono, ma penso che se Amathera credesse che sono Aes Sedai, potremmo ottenere il suo aiuto raccontandole la verità. Se è prigioniera potremmo ottenerlo liberandola. Anche Liandrin e le sue amiche non possono mantenere la presa sul Palazzo se la Panarca ordina che venga sgomberato, e quello ci darebbe mano libera con la ricerca.»

«Il problema è scoprire se è una loro alleata, se è stata imbrogliata o se è prigioniera» intervenne Thom, gesticolando con la coppia di sursa. Sapeva perfettamente come usare quelle cose!

Juilin scosse il capo. «Il vero problema è raggiungerla, qualunque sia la situazione. Jaichim Carridin ha cinquecento Manti Bianchi intorno al Palazzo come martin pescatori intorno ai moli. La Legione del Panarca ha circa il doppio degli elementi e la Vigilanza Civile quasi lo stesso numero. Alcuni anelli della fortezza sono altrettanto ben guardati.»

«Non li combatteremo» osservò asciutta Nynaeve. «Smettila di pensare con i peli del petto. Questo è un momento in cui bisogna usare la testa, non i muscoli. Per come la vedo io...»

La discussione proseguì durante il pasto fino a quando l’ultima piccola ciotola venne svuotata. Egeanin offrì addirittura alcuni commenti convincenti dopo essere rimasta in silenzio per un po’, senza mangiare e senza dar segno di ascoltare. Aveva una mente acuta, e Thom accettava prontamente ogni suo suggerimenti con cui era d’accordo, anche se rifiutava ostinatamente gli altri, proprio come trattava chiunque altro. Anche Domon, piuttosto sorprendentemente, sosteneva Egeanin quando Nynaeve voleva che rimanesse in silenzio. «Dice cose sensate, signora al’Meara. Solo uno sciocco rifiuta le cose sensate, da qualsiasi fonte giungano.»

Sfortunatamente sapere dove si nascondevano le Sorelle Nere serviva a poco senza sapere se Amathera era dalla loro parte e cosa stavano cercando. A questo giunsero dopo quasi due ore di discussione, e a qualche idea su come scoprirlo. E tutte sembravano dover passare per gli uomini con la loro rete di contatti che si intersecavano a Tanchico.

Nessuno di quegli sciocchi uomini voleva lasciarle da sole con una Seanchan — fino a quando Nynaeve non si arrabbiò abbastanza da avvolgerli tatti e tre in flussi di Aria mentre si agitavano davanti alla porta. «Non pensate» disse freddamente, circondata dal bagliore di saidar, «che una di noi potrebbe essere in grado di farle lo stesso se dice ‘boooo’?» Non volle rilasciare nessuno dei tre fino a quando non annuirono con il capo, la sola parte del corpo che potevano muovere.

«Hai una ciurma tesa» le disse Egeanin non appena la porta si chiuse alle spalle degli uomini.

«Stai zitta, Seanchan!» Nynaeve serrò le braccia; sembrava aver rinunciato a tirare quelle treccine quando era arrabbiata. «Siediti e stai zitta!»

Era frustrante attendere lì, fissando i susini e i fiori cadenti dipinti sulle pareti prive di finestre, camminando avanti e indietro o guardando Nynaeve, mentre Thom, Juilin e Domon stavano facendo qualcosa. Ed era anche peggio quando uno di loro tornava ogni tanto, per riferire di un’altra traccia che non aveva portato a nulla, un altro filo spezzato, sentire cosa avevano scoperto gli altri, e uscire nuovamente di corsa.

La prima volta che Thom tornò — con un secondo livido color porpora sull’altra guancia — Elayne osservò: «Non sarebbe meglio se rimanessi qui, Thom, dove potresti sentire cosa riferiscono Juilin e mastro Domon? Potresti valutare le notizie molto meglio di me e Nynaeve.»

L’uomo scosse la stupida testa di capelli bianchi e irsuti mentre Nynaeve tirava sonoramente su con il naso, abbastanza forte da essere sentita in fondo al corridoio. «Ho una traccia che conduce a una casa sul Verana, dove in teoria Amathera si è recata di nascosto per qualche sera prima che venisse eletta Panarca.» Quindi svanì prima che Elayne potesse aggiungere un’altra parola.

Quando ritornò — zoppicando molto di più, riferendo che quella era la casa della vecchia governante di Amathera — Elayne parlò con voce più ferma. «Thom, voglio che ti siedi. Resterai qui. Non permetterò che ti facciano del male.»

«Male?» chiese. «Bambina, non mi sono mai sentito meglio in vita mia. Di’ a Juilin e Bayle che c’è una donna presumibilmente di nome Cerindra da qualche parte in questa città che sostiene di conoscere tutti i segreti più oscuri di Amathera.» Quindi zoppicò nuovamente fuori, con il mantello che gli sventolava alle spalle. Anche in quello c’era un nuovo strappo. Ostinato, vecchio uomo ostinato.

Una volta dalle spesse mura penetrò un clamore, grida brutali e urla dalla strada. Rendra entrò improvvisamente nella stanza proprio quando Elayne aveva deciso di andare giù a controllare di cosa si trattasse. «Qualche piccolo problema di fuori. Non disturbarti. Gli uomini di Bayle Domon lo stanno tenendo lontano da noi. Non voglio che ti preoccupi.»

«Una sommossa qui?» intervenne dura Nynaeve. L’immediato vicinato della locanda era stato una delle aree più calme della città. «Non preoccuparti» disse Rendra con tono pacato. «Forse vogliono cibo. Dirò loro dove si trova la cucina di Domon e andranno via.»

Il rumore finì dopo un po’ e Rendra preparò del vino. Elayne non si accorse fino a quando il servitore imbronciato se ne andò che si trattava del giovane ragazzo con i bellissimi occhi marroni. L’uomo aveva iniziato a reagire ai suoi sguardi freddi come se fossero sorrisi. Lo sciocco credeva davvero che adesso avesse tempo di notarlo?

Aspettare e camminare, camminare e aspettare. Cerindra si rivelò essere un’acconciatrice licenziata per furto, non del tutto grata per non essere stata imprigionata e avrebbe accusato Amathera di qualsiasi cosa le fosse stata suggerita. Un tipo che proclamava di avere le prove che Amathera era un’Aes Sedai dell’Ajah Nera sosteneva anche che gli stessi documenti provavano che re Andric era il Drago Rinato. Le donne che Amathera incontrava in segreto erano donne che non piacevano ad Andric, e le rivelazioni che finanziava alcuni vascelli di contrabbandieri non portarono a nulla. Quasi ogni nobile tranne il re in persona aveva le mani nel contrabbando. Ogni traccia finiva a quel modo. La cosa peggiore che Thom riuscì a scoprire era che Amathera aveva convinto due giovani lord attraenti che ognuno di loro era il vero amore della sua vita e che Andric serviva a un solo scopo. Dall’altro lato Amathera aveva concesso udienze nel Palazzo del Panarca a vari lord, sia da sola che in compagnia di altre donne riconoscibili come Liandrin e altre della lista, e aveva sempre accettato il loro consiglio per le decisioni da prendere. Alleata o prigioniera?

Quando Juilin tornò, ben tre ore dopo il tramonto, roteando un bastone sottile di legno scanalato e borbottando circa un tizio biondo che aveva cercato di derubarlo, Thom e Domon erano già sconsolatamente abbandonati al tavolo con Egeanin.

«Sarà nuovamente Falme» gridò Domon. Il solido randello che aveva acquistato da qualche parte era di fronte a lui, e adesso aveva anche una corta spada appesa alla cintura. «Aes Sedai. L’Ajah Nera. Immischiarsi con la Panarca. Se non troviamo qualcosa domani, intendo lasciare Tanchico. Sicuramente il giorno seguente, anche se mia sorella in persona mi chiedesse di restare!»

«Domani» intervenne Thom stancamente con i gomiti appoggiati al tavolo e il mento sulle mani. «Sono troppo stanco per pensare adesso. Mi sono ritrovato ad ascoltare un lavandaio del Palazzo del Panarca che sosteneva di aver sentito Amathera cantare canzoni oscene, del tipo che senti nelle peggiori taverne dei moli. E io lo stavo a sentire.»

«Io personalmente» intervenne Juilin girando una sedia per mettersi a cavalcioni «intendo cercare stanotte. Un riparatore di tetti mi ha confidato che la donna che frequenta ora era un’altra acconciatrice di Amathera. Secondo lui Amathera ha mandato via tutte le acconciatrici senza preavviso la stessa sera che è stata eletta Panarca. Mi accompagnerà a parlare con lei dopo che avrà finito un suo affare alla casa di un mercante.»

Nynaeve andò verso la fine del tavolo con le mani sui fianchi. «Stanotte non andrai da nessuna parte, Juilin. Voi tre farete dei turni per fare la guardia alla nostra porta.» Chiaramente gli uomini protestarono tutti insieme con vigore.

«Devo occuparmi dei miei affari e se devo trascorrere le mie giornate facendo domande per voi...»

«Signora al’Meara, questa donna è la prima persona che ho trovato ad aver visto Amathera da quando è stata eletta...»

«Nynaeve, sarà difficile scoprire una voce domani, molto meno una traccia se trascorro la notte giocando a...»

Nynaeve li lasciò parlare. Quando stavano smettendo, pensando chiaramente di averla convinta, disse: «Visto che non abbiamo un altro posto dove tenere la donna Seanchan, dovrà dormire con noi. Elayne, vuoi chiedere a Rendra di prepararle una sistemazione? Il pavimento andrà benissimo.» Egeanin le lanciò un’occhiata, ma non disse nulla.

Gli uomini erano chiaramente inchiodati. O si rifiutavano direttamente, mancando così la parola data a Nynaeve di fare quello che avrebbe chiesto, o avrebbero discusso lamentosamente. Si infiammarono, borbottarono e... accondiscesero.

Rendra fu sorpresa che chiedessero solo un pagliericcio, ma accettò la storia che Egeanin non voleva rischiare di affrontare le strade di notte. Sembrò urtata quando Thom si sedette nel corridoio vicino alla loro porta. «Quei tizi non sono entrati per quanto ci abbiano provato. Vi ho detto che la cucina di Domon li avrebbe mandati via, sì? Gli ospiti del Cortile dell’albero di susine non hanno bisogno di sentinelle davanti alla loro porta.»

«Ne sono certa» rispose Elayne, cercando gentilmente di farla uscire. «È solo che Thom e gli altri si preoccupano. Sai come sono gli uomini.» Thom le lanciò un’occhiata da falco attraverso le folte sopracciglia bianche, ma Rendra tirò su con il naso, concordando che lo sapeva e lasciò che Elayne chiudesse la porta.

Nynaeve si rivolse immediatamente a Egeanin, che stava sistemando il pagliericcio ai piedi del letto. «Spogliati, Seanchan. Voglio essere certa che tu non abbia un altro pugnale nascosto da qualche parte.»

Egeanin si alzò e si spogliò fino a restare in sottoveste di lino. Nynaeve perquisì l’abito e insisté per fare lo stesso con Egeanin, non troppo gentilmente. Non trovare nulla non sembrò calmarla.

«Mani dietro la schiena, Seanchan. Elayne, legala.»

«Nynaeve, non penso che lei...»

«Legala con il Potere, Elayne,» ripeté dura Nynaeve «o taglierò dei legacci dal suo vestito e le legherò polsi e caviglie. Ricordati come se l’è cavata con quei tipi per strada. Forse erano stati assoldati da lei. Potrebbe ucciderci nel sonno a mani nude.»

«Davvero, Nynaeve, con Thom di fuori...»

«È una Seanchan! Seanchan, Elayne!» Sembrava che odiasse la donna dai capelli scuri come se le avesse fatto un torto personalmente, la qual cosa non aveva senso. Egwene era stata nelle loro mani, non Nynaeve. Da come serrava la mascella si capiva che avrebbe fatto a modo suo, con il Potere o con delle corde se le avesse trovate.

Egeanin aveva già messo le mani dietro la schiena, condiscendente anche se non remissiva. Elayne vi intrecciò un flusso di Aria per legarle, almeno sarebbe stato più comodo che tagliare delle strisce di stoffa dal vestito della donna. Egeanin piegò leggermente le braccia per provare i legacci che non poteva vedere e rabbrividì. Equivalevano a catene di acciaio. Si distese a fatica sul pagliericcio e rivolse loro la schiena.

Nynaeve incominciò a spogliarsi. «Dammi l’anello, Elayne.»

«Ne sei sicura, Nynaeve?» guardò Egeanin in modo significativo. La donna non sembrava prestar loro attenzione.

«Non se ne andrà in giro a tradirci stanotte.» Fermandosi per sfilarsi l’abito dalla testa, Nynaeve, con indosso la sottile sottoveste di seta di Tarabon, si sedette sul bordo del letto per togliersi le calze. «Stanotte è la notte concordata. Egwene aspetterà una di noi ed è il mio turno. Si preoccuperà se nessuna delle due si farà viva.»

Elayne prese il laccio di cuoio appeso al collo e lo sfilò dal vestito. L’anello di pietra, tutto punteggiato e a strisce azzurre, marrone e rosse, stava appoggiato all’anello con il serpente d’oro che si mordeva la coda. Sciolse il nodo, porse il ter’angreal a Nynaeve, quindi lo rifece. Nynaeve piazzò il ter’angreal di pietra con il suo Gran Serpente e il pesante anello d’oro di Lan, lasciandoli pendere fra i seni.

«Dammi un’ora dopo che sei certa che mi sono addormentata» disse infilandosi sotto alle coperte. «Non dovrebbe volerci più di quello. E tienila d’occhio.»

«Cosa può fare legata, Nynaeve?» Elayne esitò prima di aggiungere: «Non credo che cercherebbe di farci del male anche se fosse libera.»

«Non osare!» Nynaeve sollevò il capo per lanciare un’occhiataccia verso la schiena di Egeanin, quindi si sdraiò nuovamente. «Un’ora, Elayne.» Chiuse gli occhi e si sistemò in una posizione più confortevole. «Dovrebbe essere più che abbastanza» mormorò.

Nascondendo uno sbadiglio dietro la mano, Elayne prese il piccolo sgabello e lo portò ai piedi del letto, da dove poteva guardare Nynaeve ed Egeanin, anche se non le sembrava necessario. La donna era in posizione raccolta sul pagliericcio con le ginocchia tirate su, le mani legate saldamente. Era stata una giornata stranamente stancante, considerando che non avevano mai lasciato la locanda. Nynaeve stava già mormorando nel sonno, agitando i gomiti.

Egeanin sollevò il capo per guardarsi indietro. «Credo che mi odi.»

«Dormi» le rispose Elayne reprimendo uno sbadiglio.

«Tu non mi odi.»

«Non essere troppo sicura di te stessa» le disse con fermezza. «Stai prendendo tutto questo con molta calma. Come fai ad essere così calma?»

«Calma?» Le mani dell’altra donna si mossero involontariamente, agitandosi invano nella morsa dei flussi d’Aria. «Sono così spaventata che potrei mettermi a piangere.» Non sembrava così, eppure pareva che stesse dicendo la semplice verità.

«Non ti faremo del male, Egeanin.» Qualsiasi cosa volesse Nynaeve, se ne sarebbe assicurata. «Adesso dormi.» Dopo un momento Egeanin abbassò la testa.

Un’ora. Era giusto non far preoccupare Egwene senza motivo, ma desiderava che quell’ora potesse essere trascorsa pensando al loro problema e non vagando inutilmente per il Tel’aran’rhiod. Se non riuscivano a scoprire se Amathera era prigioniera o... non pensarci adesso, non ne ricaveresti comunque nulla, si disse. Una volta che lo avessero scoperto, come avrebbero fatto a entrare nel palazzo con tutti quei soldati in giro e la Vigilanza Civile, per non parlare di Liandrin e le altre?

Nynaeve aveva incominciato a russare piano, un’abitudine che negava anche più calorosamente dello sgomitare. Anche Egeanin sembrava avere il respiro lento e profondo di chi dorme. Coprendo uno sbadiglio con la mano, Elayne cambiò posizione sullo sgabello di legno e iniziò a fare congetture su come entrare nel Palazzo del Panarca.

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