Il signore in questione entrò quasi alle calcagna del ragazzo, un uomo di mezza età, alto, le spalle ampie, con un duro volto angoloso e i capelli rosso scuro striati di bianco sulle tempie. C’era una traccia di arroganza in quegli occhi azzurri e di certo sembrava in tutto e per tutto un nobile, con indosso una giubba dal taglio elegante discretamente ricamata a spirali dorate sulle maniche e guanti lavorati con un filato d’oro. Altro oro ricopriva il fodero della spada e delle bande dorate passavano anche sugli stivali lucidi. In qualche modo fece sembrare il semplice fatto di entrare nella stanza un atto grandioso. Perrin lo disprezzò a prima vista.
Tutti gli al’Seen e i Lewin si fecero avanti in massa per dare il benvenuto al signore, uomini, donne e bambini affollati attorno a lui con sorrisi, inchini e riverenze, farfugliando tutti riguardo l’onore della sua presenza, il grande onore di una visita di un Cercatore del Corno. Sembravano molto eccitati per quest’ultima parte. Un lord sotto lo stesso tetto era eccitante, ma uno di quelli che avevano giurato di cercare il leggendario Corno di Valere, era la sostanza delle storie.
Perrin non credeva di aver mai visto la gente dei Fiumi Gemelli agitarsi per nessuno, prima di allora.
Questo lord Luc dava tutto per scontato, forse anche meno. Forse gli pareva solo un fastidio. La gente della fattoria non sembrava notarlo, oppure non riconosceva quell’espressione vagamente stanca, con una parvenza di sorriso di accondiscendenza. Forse credevano semplicemente che quello fosse il comportamento dei signori. Abbastanza vero. Molti lo facevano, ma guardare queste persone — la sua gente — tollerare una tale cosa infastidiva Perrin.
Mentre il chiasso cominciava a diminuire, Jac ed Elisa presentarono gli ospiti — tutti tranne Tam e Abell che lo avevano già incontrato — a lord Luc di Chiendelna, spiegando che li stava consigliando sul modo di difendersi dai Trolloc, che li incoraggiava ad affrontare i Manti Bianchi, a difendere i propri diritti. Mormorii di approvazione si elevarono dal resto della stanza. Se i Fiumi Gemelli avessero dovuto scegliersi un re, lord Luc avrebbe avuto tutti gli al’Seen e i Lewin dalla sua parte. Anche lui lo sapeva. La sua manifesta compiacenza annoiata comunque non durò a lungo. Al primo sguardo del viso liscio di Verin, Luc si irrigidì leggermente, gli occhi dardeggiarono velocemente sulle mani, tanto che molti non lo avrebbero notato. Fece quasi cadere i guanti ricamati. Paffuta e vestita in abiti semplici avrebbe potuto essere un’altra donna della fattoria, ma chiaramente riconosceva il volto di un’Aes Sedai quando ne vedeva uno. Non era particolarmente felice di trovarne una qui. La coda dell’occhio sinistro tremò quando comare al’Seen la presentò come «comare Mathwin, una studiosa straniera».
Verin gli rivolse un sorriso come se fosse mezza addormentata. «Un piacere» mormorò. «Casata Chiendelna. Dove si trova? Sembra un suono delle Marche di Frontiera.»
«Niente di così imponente» rispose velocemente Luc, rivolgendole un piccolo inchino circospetto. «Si tratta del Murandy. Una casata minore, ma antica.» Sembrava facesse fatica a distogliere gli occhi dalla donna per il resto delle presentazioni.
Tomas lo guardò appena. Doveva immaginarlo come il Custode di comare Mathwin, eppure lo congedò velocemente. Davvero strano. Per quanto fosse bravo lord Luc con la spada, nessuno lo era abbastanza da congedare un Custode. Arroganza. Il tizio ne aveva per dieci. Lo dimostrò con Faile, per quel che riguardava Perrin.
Il sorriso che le rivolse era ben più che sicuro di sé; familiare, e anche decisamente caldo. Di fatto c’era troppa ammirazione e troppo calore in esso. Le prese una mano tra le sue e si inchinò, fissandola negli occhi come se stesse cercando di vederle attraverso il cranio. Per un istante Perrin pensò che Faile avrebbe ricambiato lo sguardo, invece arrossì cercando di mostrare freddezza e rispose con un leggero cenno del capo.
«Anche io sono una Cercatrice del Corno, mio signore» spiegò, sembrando leggermente a corto di fiato. «Pensi di trovarlo qui?»
Luc batté le palpebre mentre le rilasciava la mano. «Forse, mia signora. Chi può dire dove si trova il Corno?» Faile sembrò leggermente sorpresa — forse delusa — alla sua improvvisa perdita di interesse.
Perrin mantenne un’espressione neutra. Se voleva sorridere a Wil al’Seen e arrossire per un lord, poteva. Poteva rendersi idiota in ogni modo che preferiva, facendo la stupida con ogni uomo che si faceva avanti. Così Luc voleva sapere dove si trovava il Corno di Valere? Era nascosto nella Torre Bianca, ecco dov’era. Era tentato di dirlo all’uomo, solo per fargli digrignare i denti per la frustrazione.
Se Luc era rimasto sorpreso nello scoprire chi fossero gli altri tizi a casa di al’Seen, la sua reazione con Perrin fu insolita, per non dire altro. Sobbalzò alla vista del viso di Perrin e lo stupore gli balenò negli occhi. Scomparve in un momento, mascherato dietro una signorile arroganza, tranne per un forte tremore all’angolo di un occhio. Il fatto era che non aveva senso. Non erano stati gli occhi gialli a prenderlo alla sprovvista; ne era certo. Era piuttosto come se il tizio lo conoscesse e fosse sorpreso di vederlo qui, ma non aveva mai incontrato questo Luc in vita sua. Ancora di più, avrebbe scommesso che Luc aveva paura di lui. Non aveva alcun senso.
«Lord Luc è quello che ha suggerito che i ragazzi andassero sul tetto» spiegò Jac. «Nessun Trolloc si avvicinerà senza che quei ragazzi diano l’allarme.»
«Con quanto preavviso?» osservò Perrin sarcastico. Questo era un esempio dei consigli di lord Luc? «I Trolloc ci vedono come gatti al buio. Vi saranno addosso, abbattendo le porte, prima che i ragazzi riescano a lanciare un solo grido.»
«Facciamo quel che possiamo» esplose Flann. «Smettila di cercare di spaventarci. Ci sono dei bambini che ascoltano. Lord Lue almeno offre consigli utili. Era a casa mia il giorno prima che arrivassero i Trolloc, per controllare che tutto fosse disposto come si deve. Sangue e ceneri! Se non fosse stato per lui i Trolloc ci avrebbero uccisi tutti.»
Luc sembrava non sentire le lodi che gli venivano offerte. Guardava attentamente Perrin mentre giocava con i guanti, infilandoli dietro la fibbia d’oro a forma di testa di lupo del cinturone. Anche Faile lo guardava, con un leggero cipiglio. La ignorò.
«Credevo che ti avessero salvato i Manti Bianchi, mastro Lewin. Credevo che una pattuglia dei Manti Bianchi fosse arrivata all’ultimo momento, cacciando i Trolloc.»
«Be’, lo hanno fatto.» Flann si passò una mano fra i capelli grigi. «Ma lord Luc... se i Manti Bianchi non fossero arrivati, avremmo potuto... almeno non ci spaventa» mormorò.
«Per cui lui non vi spaventa» continuò Perrin. «I Trolloc però spaventano me. E i Manti Bianchi tengono i Trolloc lontano da voi. Quando possono.»
«Vuoi dare credito ai Manti Bianchi?» Luc fissava Perrin con uno sguardo freddo come se si fosse avventato su una debolezza. «Chi credi che sia responsabile per la zanna del Drago scarabocchiata sulle porte delle abitazioni? Oh, non hanno mai toccato il carboncino, ma ci sono loro dietro a tutto questo. Entrano dentro le case di questa brava gente, ponendo domande e pretendendo risposte come se si trovassero a casa loro. Io dico che queste persone sono padrone delle loro vite, non cani che i Manti Bianchi possono chiamare ai loro piedi. Lascia che perlustrino le campagne — molto bene — ma incontrateli sulle soglie e ricordategli di chi è la terra su cui stanno camminando. Ecco quello che dico. Se vuoi essere un cane dei Manti Bianchi, allora procedi, ma non invidiare la libertà di questa brava gente.»
Perrin sostenne lo sguardo fisso di Luc. «Non ho nessun affetto per i Manti Bianchi. Vogliono impiccarmi, o non ne hai sentito parlare?»
L’alto signore batté le palpebre anche se era convinto di non averlo fatto, o forse aveva dimenticato la sua brama di scattare. «Esattamente, cos’è che proponi?»
Perrin rivolse la schiena all’uomo e andò a mettersi in piedi davanti al camino. Non aveva intenzione di discutere con Luc. Che ascoltassero tutti. Certamente lo stavano guardando. Avrebbe detto quello che pensava e l’avrebbe fatta finita con questa storia. «Dovete dipendere dai Manti Bianchi, sperare che terranno a bada i Trolloc, sperare che giungeranno prima del prossimo attacco. Perché? Perché ogni uomo cerca di restare attaccato alla propria fattoria, se può, o il più vicino possibile a essa. Vi trovate in un centinaio di gruppetti, come uva matura per essere raccolta. Finché lo sarete, fino a quando dovrete pregare che i Manti Bianchi riescano a impedire ai Trolloc di pestarvi come l’uva, non avrete altra scelta che lasciare che vi pongano tutte le domande che vogliono, pretendere ogni risposta che vogliono. Dovrete farvi da parte e guardare gente innocente trascinata via. O qualcuno qui pensa che Haral e Alsbet Luhan siano Amici delle Tenebre? Natti Cauthon? Bodewhin ed Eldrin?» Lo sguardo di Abell per la stanza sfidava chiunque ad accennare un sì, ma non ce n’era bisogno. Anche l’attenzione di Adine Lewin era su Perrin. Luc lo guardava corrucciato mentre studiava le reazioni della gente affollata nella stanza.
«So che non avrebbero dovuto affatto arrestare Natti e Alsbet» rispose Wit «ma è fatta.» Si passò una mano sulla testa calva, e rivolse ad Abell uno sguardo preoccupato. «A meno di non fare in modo che liberino tutti. Non hanno arrestato altri da allora, che abbia sentito.»
«E credi che significhi che è finita?» rispose Perrin. «Credi davvero che si accontenteranno dei Cauthon e dei Luhan? Con due fattorie incendiate? Chi di voi sarà il prossimo? Forse perché direte la cosa sbagliata, o solo come esempio. Potrebbero essere i Manti Bianchi a incendiare questa fattoria invece dei Trolloc. O forse sarà la zanna del Drago scarabocchiata sulla vostra porta una di queste notti. Ci sono sempre persone che credono in questo tipo di cose.» Un certo numero di occhi scattò su Adine, che cambiò posizione e inarcò le spalle. «Anche se significasse solamente che dovete toccarvi il ricciolo sulla fronte per ogni Manto Bianco che si avvicina, volete vivere a quel modo? E i vostri figli? Siete alla mercé dei Trolloc, alla misericordia dei Manti Bianchi e alla clemenza di chiunque abbia un rancore. Finché uno solo di questi ha presa su di voi, tutti e tre la hanno. Vi nascondete in cantina, sperando che un cane rabbioso vi protegga dall’altro, sperando che i topi non striscino fuori nella notte per mordervi.»
Jac scambiò sguardi preoccupati con Flann e Wit, con gli atri uomini nella stanza, quindi rispose lentamente: «Se pensi che stiamo facendo qualcosa di sbagliato, cosa suggerisci?»
Perrin non si aspettava quella domanda — era certo che si sarebbero arrabbiati — ma continuò a spiegare ciò che pensava. «Riunite la vostra gente. Raccogliete pecore e mucche, le galline, tutto. Riuniteli e conduceteli dove possono essere in salvo. Andate a Emond’s Field. O a Watch Hill, visto che è più vicina, anche se questo vi porrà dritti sotto agli occhi dei Manti Bianchi. Fino a quando sarete venti persone qui e cinquanta lì, siete gioco facile per i Trolloc. Se siete un centinaio tutti assieme, potreste avere una possibilità, una che non dipende dal piegare la testa davanti ai Manti Bianchi.» Questo provocò l’esplosione che si aspettava.
«Abbandonare completamente la mia fattoria!» gridò Flann proprio sopra all’esclamazione di Wit: «Sei pazzo!» Le parole si riversarono una sull’altra, da loro, dai fratelli e dai cugini.
«Andare a Emond’s Field? Sono già troppo lontano per fare altro che andare a controllare i campi ogni giorno!»
«Le erbacce si prenderanno tutto!»
«Non so come potrò portare avanti il raccolto così com’è!»
«... Se giunge la pioggia...!»
«... Cercare di ricostruire...!»
«... Il tabacco marcirà...!»
«... Dovrò abbandonare la tosatura...!»
Il pugno di Perrin che colpì l’architrave sopra al camino li interruppe. «Non ho visto un campo devastato o incendiato, o una casa o un granaio bruciati, a meno che non ci fossero persone. Sono le persone che i Trolloc stanno cercando. È se appiccassero il fuoco in ogni caso? Un nuovo campo può essere seminato. Pietra, intonaco e legno possono essere ricostruiti. Potete ricostruire quello?» Indicò il bambino di Laila, e la donna lo strinse al petto, guardandolo furiosa quasi avesse minacciato direttamente il piccolo. Le occhiate che rivolse al marito e a Flann però erano spaventate. Un mormorio di disagio si alzò nella stanza.
«Andare via» mormorò Jac, scuotendo la testa. «Non lo so, Perrin.»
«È una tua scelta, mastro al’Seen. La terra sarà ancora qui al tuo ritorno. I Trolloc non possono portarla via. Pensa se lo stesso può essere detto per la tua famiglia.»
Il mormorio divenne un brusio. Un numero di donne si stava confrontando con i mariti, prevalentemente quelle con un bambino o due appresso. Nessuno degli uomini sembrava discutere.
«Un piano interessante» intervenne Luc, studiando Perrin. Dall’espressione dell’uomo non si poteva dire se approvava oppure no. «Guarderò per vedere cosa accade. E adesso, mastro al’Seen, devo andare via. Mi sono fermato solo per vedere come te la cavavi.» Jac ed Elisa lo accompagnarono alla porta, ma gli altri erano troppo impegnati con le loro discussioni per prestarvi troppa attenzione. Luc se ne andò a labbra serrate. Perrin ebbe la sensazione che le sue partenze solitamente fossero grandiose come gli arrivi.
Jac dalla porta si diresse direttamente verso Perrin. «Il tuo è un piano audace. Devo ammettere che non mi entusiasma l’idea di lasciare la mia fattoria, ma ciò che hai detto è sensato. Non so però cosa ne penseranno i Figli. Mi sembrano molto sospettosi. Potrebbero supporre che stiamo complottando qualcosa contro di loro, se ci riuniamo.»
«Lascia che lo pensino» rispose Perrin. «Un villaggio pieno di gente può seguire i consigli di Luc e dir loro di andarsene da qualche altra parte. O credi che sia meglio rimanere vulnerabili solo per tenere buoni i Manti Bianchi, com’è adesso?»
«No, no. Comprendo il tuo punto di vista. Mi hai convinto. E, a quanto pare, anche gli altri.»
Sembrava effettivamente vero. Il mormorio della discussione stava morendo, ma solo perché tutti sembravano d’accordo. Anche Adine, che stava dando ordini alla figlia di fare immediatamente i bagagli. La donna rivolse a Perrin un cenno di approvazione, anche se malvolentieri.
«Dove pensate di andare?» chiese Perrin a Jac.
«Non appena tutti saranno pronti potremmo andare alla fattoria di Jon Gaelin sulla strada nord, prima del tramonto. Riferirò a Jon quel che hai detto, poi andremo tutti a Emond’s Field. Meglio là che a Watch Hill. Se vogliamo liberarci dalla morsa dei Manti Bianchi e dei Trolloc, meglio non restare sotto ai loro nasi.» Jac si passò un dito sui capelli radi. «Perrin, non penso che i Pigli farebbero del male a Natii Cauthon e alle ragazze, o ai Luhan, ma la cosa mi preoccupa. Se credono che stiamo complottando qualcosa, chi può dirlo?»
«Intendo liberarli appena possibile, mastro al’Seen. E chiunque altro i Manti Bianchi abbiano arrestato.»
«Un piano audace» ripeté Jac. «Be’, sarà meglio che ci muoviamo, se voglio arrivare da Jon per il tramonto. Vai con la Luce, Perrin.»
«Un piano molto audace» intervenne Verin, alzandosi mentre mastro al’Seen si affrettava a dispensare ordini per caricare i carri e far preparare tutto ciò che potevano trasportare. L’Aes Sedai studiò Perrin con interesse, la testa inclinata da un lato, ma non meno di quanto stesse facendo Faile, al suo fianco. Sembrava che Faile non lo avesse mai visto prima d’ora.
«No so perché continuate tutti a chiamarlo a quel modo» rispose Perrin. «Un piano, intendo dire. Quel Luc stava dicendo cose senza senso. Sfidare i Manti Bianchi sulla porta. Bambini sul tetto per avvistare i Trolloc. Una coppia di cancelli aperti sul disastro. Tutto quello che ho fatto è sottolinearlo. Gli altri avrebbero dovuto farlo fin dall’inizio. Quell’uomo...» Si trattenne dal dire che Luc lo irritava. Non con Faile presente. Avrebbe potuto fraintendere.
«Naturalmente» rispose Verin senza scomporsi. «Non avevo mai avuto occasione di vederlo lavorare prima d’ora. O forse l’ho avuta senza riconoscerla.»
«Di cosa stai parlando? Vedere lavorare cosa?»
«Perrin, quando siamo giunti qui, queste persone erano pronte a resistere a ogni costo. Tu hai fornito loro buon senso e forti emozioni, ma credi che la stessa cosa detta da me avrebbe fatto loro cambiare idea, o se fosse venuta da Tam o Abell? Di tutti noi, dovresti sapere bene quanto possono essere cocciuti gli abitanti dei Fiumi Gemelli. Hai alterato il corso degli eventi che si sarebbero svolti qui senza la tua apparizione. Con alcune parole dette sulla scia della... irritazione? I ta’veren possono davvero tirare le vite degli altri nel loro disegno. Affascinante. Spero di avere nuovamente l’opportunità di osservare Rand.»
«Qualunque cosa sia» mormorò Perrin «è per il meglio. Più gente sarà riunita in un unico posto, più sarà al sicuro.»
«Chiaro. Suppongo che Rand abbia la spada, giusto?»
Perrin aggrottò le sopracciglia, ma non c’era motivo di non dirglielo. Sapeva di Rand e sapeva cosa significava Tear. «Ce l’ha.»
«Stai attento ad Alanna, Perrin.»
«Cosa?» I cambi improvvisi di argomenti della Aes Sedai cominciavano a confonderlo. In particolar modo quando iniziava a dirgli cose che aveva già pensato da solo e voleva nascondergliele. «Perché?»
L’espressione di Verin non cambiò, ma gli occhi scuri divennero improvvisamente attenti e luminosi. «Ci sono molti... disegni alla Torre Bianca. Non tutti sono cattivi, ma a volte è difficile dirlo finché non è troppo tardi. E anche il più benevolo a volte permette che alcuni fili si spezzino nella trama, alcune cannucce rotte e scartate nella fabbricazione di un cestino. Un ta’veren sarebbe una canna utile per un gran numero di piani diversi.» Altrettanto improvvisamente sembrò confusa dal trambusto che la circondava, più a suo agio nella lettura di un libro o nei propri pensieri che nel mondo reale.
«Mamma mia. Mastro al’Seen non perde tempo, vero? Vedo se può mandare qualcuno a prenderci i cavalli.»
Faile fu scossa dai brividi mentre la Sorella Marrone si allontanava. «A volte le Aes Sedai mi... mettono a disagio» mormorò.
«A disagio?» fu la reazione di Perrin. «La maggior parte delle volte mi spaventano quasi a morte.»
Faile rise piano e incominciò a giocare con un bottone della giubba di Perrin, fissandolo attentamente. «Perrin, io... sono... stata una sciocca.»
«Cosa vuoi dire?» la donna lo guardò — stava quasi per staccare il bottone — e Perrin aggiunse velocemente: «Tu sei una delle persone meno sciocche che conosca.» Strinse i denti prima di aggiungere ‘la maggior parte delle volte’, e fu felice quando Faile sorrise.
«È molto carino da parte tua, ma lo sono stata.» Lasciò perdere il bottone e incominciò a sistemare la giubba — che non ne aveva bisogno — e abbassare i risvolti — anche qui non ce ne era bisogno. «Sei stato così sciocco» continuò Faile parlando troppo veloce «solo perché quel giovanotto mi ha guardata... davvero, è troppo ragazzino per me; non come te... ho pensato di farti ingelosire... solo un po’... facendo finta — solo facendo finta — di essere attratta da lord Luc. Non avrei dovuto farlo. Mi perdonerai?»
Perrin cercò di capire qualcosa in quella confusione di parole. Era un bene che pensasse che Wil fosse un ragazzino — se avesse cercato di farsi crescere la barba probabilmente sarebbe stata disordinata — ma non aveva menzionato il modo in cui aveva restituito lo sguardo. E se avesse fatto finta di essere attratta da lord Luc, perché era arrossita a quel modo? «Certo che ti perdono» rispose Perrin. Una luce pericolosa apparve negli occhi di Faile. «Voglio dire, non c’è nulla da perdonare.» Come se non avesse parlato, la luce brillò anche più calda. Cosa voleva che dicesse? «Mi perdonerai? Quando stavo cercando di cacciarti ho detto cose che non avrei dovuto. Me lo perdonerai?»
«Hai detto cose che devono essere perdonate?» rispose Faile dolcemente e Perrin seppe di essere nei guai. «Non riesco a pensare quali possano essere state, ma terrò la cosa in considerazione.»
In considerazione? Sembrava davvero il pensiero di una nobile; forse suo padre lavorava per qualche signore e aveva avuto modo di studiare il modo di parlare di qualche dama. Non aveva idea di cosa Faile volesse dire. Era certo che lo avrebbe scoperto fin troppo presto.
Fu un sollievo risalire in groppa a Stepper, fra la confusione delle pariglie che venivano attaccate ai carri e la gente che discuteva su cosa poteva e non poteva portare, i bambini che rincorrevano le galline e le oche legando loro le zampe per caricarle sui carri. I ragazzi stavano già dirigendo le mandrie verso est, e altri stavano radunando le pecore fuori dall’ovile.
Faile non aveva fatto alcun riferimento a quanto era stato detto dentro la casa. Per la verità gli sorrideva e confrontava la manutenzione delle pecore da queste parti con quella della Saldea, finché una delle ragazze non le portò un mazzo di piccoli fiori rossi, dei rossocuore, e lei cercò di infilargliene qualcuno nella barba, ridendo agli sforzi di Perrin di bloccarla. In breve lo mise in agitazione. Aveva bisogno di un’altra chiacchierata con mastro Cauthon.
«Vai con la Luce» ripeté mastro al’Seen proprio mentre erano pronti a muoversi «e veglia sui ragazzi.» Quattro dei giovani uomini avevano deciso di aggregarsi a loro, con cavalli dal manto ispido nemmeno paragonabili a quelli di Tam e Abell. Perrin non capiva perché dovesse essere lui a vegliare sui ragazzi. Erano tutti più grandi di lui, anche se non di molto. Wil al’Seen e il cugino Ban, uno dei figli di Jac, con il caratteristico naso di famiglia, e una coppia di Lewin, Tell e Dannil, che assomigliavano così tanto a Flann da poter sembrare figli suoi invece che nipoti. Perrin aveva cercato di convincerli a non farlo, specialmente quando avevano chiarito che volevano aiutare a liberare i Cauthon e i Luhan dai Manti Bianchi. Sembravano pensare che si trattasse solo di cavalcare nell’accampamento dei Figli e chiedere che tutti venissero restituiti. Coprirli con il nostro disprezzo, aveva detto Tell, facendo quasi rizzare i peli sul collo di Perrin. Troppe favole di menestrelli. Troppo tempo trascorso ad ascoltare gente come Luc. Sospettava che Wil avesse un’altra ragione, anche se cercò di fare finta che Faile non esistesse, ma le altre erano assai brutte.
Nessuno obbiettò. Tam e Abell sembravano solo preoccupati che tutti sapessero usare l’arco e stare a cavallo, Verin si limitava a osservare, prendendo appunti nel suo libretto. Tomas pareva divertito e Faile era indaffarata a intrecciare una corona di rossocuore, che alla fine risultò essere per Perrin. Sospirando, sistemò i fiori sul pomello della sella. «Mi prenderò cura di loro meglio che posso, mastro al’Seen» promise Perrin. A un chilometro e mezzo dalla fattoria degli al’Seen pensò che avrebbe potuto perderne uno o due proprio lì, quando Gaul, Bain e Chiad apparvero di colpo fuori da un boschetto, balzando per unirsi a loro. Perderli per via delle lance aiel. Wil e gli amici diedero un’occhiata agli Aiel e incoccarono immediatamente le frecce; senza interrompere il passo gli Aiel erano pronti a scagliare le lance e avevano abbassato i veli. Ci volle qualche minuto per sistemare la faccenda. Gaul e le due Fanciulle la presero per una cosa molto buffa quando capirono, ridendo in maniera scomposta, mentre i Lewin e gli al’Seen rimasero sconvolti quando scoprirono che i tre erano Aiel e che due di questi erano donne. Wil tentò un sorriso a Bain e Chiad, e le due si scambiarono delle occhiate e dei rapidi cenni del capo. Perrin non sapeva cosa stesse succedendo, ma decise di ignorarlo, a meno che Wil non rischiasse di farsi tagliare la gola. C’era abbastanza tempo per bloccare una delle donne aiel se avesse estratto il pugnale. Nel frattempo, però Wil poteva imparare una cosa o due riguardo ai sorrisi.
Perrin voleva procedere verso Watch Hill più velocemente possibile, ma circa due chilometri a nord della fattoria degli al’Seen ne vide un’altra che mandava dei pennacchi di fumo dal camino. Tam li aveva fatti procedere a una distanza tale che la gente attorno alla fattoria appariva solamente sotto forma di sagome. Tranne che agli occhi di Perrin; poteva vedere dei bambini nel cortile. E Jac al’Seen era il vicino più prossimo. Lo era stato, fino a oggi. Esitò, quindi guidò Stepper verso la fattoria. Non che sarebbe servito a qualcosa, ma doveva provare.
«Cosa stai facendo?» chiese Tam aggrottando le sopracciglia.
«Dare loro lo stesso consiglio che ho dato a mastro al’Seen. Ci metterò un minuto.»
Tam annuì e gli altri lo seguirono. Verin studiava Perrin pensierosa. Quando furono vicini alla fattoria, gli Aiel si distaccarono dal gruppo, andando ad aspettare verso nord. Gaul correva leggermente separato dalle Fanciulle.
Perrin non conosceva i Torfinn e loro non conoscevano lui, eppure, con sua sorpresa, una volta superata l’eccitazione di vedere degli estranei e l’osservazione attenta di Tomas, Verin e Faile, quelli ascoltarono e incominciarono ad attaccare i cavalli ai carri e a una coppia di calessi dalle ruote alte prima che gli altri proseguissero il loro cammino.
Perrin si fermò altre tre volte quando il loro percorso li portava vicino a una fattoria; una volta si trattò di un insieme di cinque edifici. Andava sempre allo stesso modo. All’inizio la gente protestava che non poteva abbandonare le fattorie così su due piedi, ma ogni volta che il gruppo di Perrin ripartiva si lasciava alle spalle un trambusto di persone che impacchettavano cose e raccoglievano animali.
Accadde anche qualcos’altro. Non poteva evitare che Wil e suo cugino, o i Lewin, parlassero con gli altri giovani uomini delle fattorie. Il loro gruppo arrivò a contare tredici elementi, alcuni Torfinn e al’Dai, Ahan e Marwin, armati di archi, e su un assortimento sgangherato di cavallini e cavalli da soma, tutti impazienti di liberare i prigionieri dai Manti Bianchi.
Naturalmente non tutto era semplice. Wil e gli altri della fattoria al’Seen pensavano fosse ingiusto avvisare i nuovi arrivati degli Aiel, rovinando il divertimento che speravano di vedere quando si sarebbero spaventati. Quei ragazzi si spaventavano comunque più che abbastanza per i gusti di Perrin, e il modo in cui osservavano ogni cespuglio, o gruppo di alberi, rendeva chiaro che pensassero ci fossero altri Aiel, non importa cosa sostenesse Perrin. All’inizio Wil cercò di darsi delle arie con i Torfinn e gli altri per il fatto che era stato il primo a unirsi a Perrin — almeno uno dei primi, ammise, quando Ban e i Lewin lo guardarono furiosi — mentre loro erano gli ultimi arrivati.
Perrin pose fine a tutto questo dividendoli in due gruppi della stessa grandezza e mettendo in carica Dannil e Ban anche se pure quella decisione era stata contestata, all’inizio. Gli al’Dai credevano che i capi dovevano essere scelti per l’età — Bili al’Dai era più grande di un anno — mentre gli altri sostenevano che doveva essere Hu Marwin perché era il più abile a seguire le tracce e Jaim Torfinn perché era il miglior tiratore, mentre Kenley Ahan era stato spesso a Watch Hill prima dell’arrivo dei Manti Bianchi e avrebbe saputo come muoversi nel villaggio. Sembrava che tutti lo prendessero come un divertimento. La frase di Tell sul coprirli con il disprezzo venne ripetuta più di una volta.
Alla fine Perrin girò intorno a loro furioso, costringendo tutti a fermarsi in un prato fra due campi. «Questo non è un gioco e non è il ballo di Bel Tine! Farete quel che vi viene detto, o altrimenti ve ne andrete a casa. Non so a cosa possiate servirmi e non ho intenzione di farmi ammazzare perché pensate di sapere cosa state facendo. Adesso in fila e in silenzio! Sembrate la Cerchia delle Donne che si incontra in un guardaroba.»
I ragazzi eseguirono, mettendosi in fila in due colonne dietro Ban e Dannil. Wil e Bili avevano l’espressione contrariata, ma trattennero qualsiasi obiezione. Faile rivolse a Perrin un cenno di approvazione del capo, come anche Tomas. Verin osservava il tutto con un’espressione uniforme e illeggibile, senza dubbio pensando di assistere al lavoro di un ta’veren. Perrin non vide il bisogno di specificare che aveva solamente cercato di pensare a cosa uno Shienarese che conosceva, un soldato di nome Uno, avrebbe detto, anche se Uno avrebbe usato senza dubbio parole più dure.
Le fattorie adesso apparivano sempre più spesso mentre si avvicinavano a Watch Hill a gruppi, fino a quando divennero una fila continua come accadeva nei pressi di Emond’s Field, un alternarsi di siepi e muretti separati da viottoli, sentieri e strade per i cani. Anche con le quattro fermate alle fattorie, c’era ancora luce, e si vedevano uomini nei campi e ragazzi che riportavano indietro per la notte le mucche e le pecore dal pascolo. Nessuno lasciava fuori gli animali in questi giorni.
Tam suggerì che Perrin la smettesse di avvisare la gente, e questi acconsentì con riluttanza. Da qui si sarebbero diretti tutti a Watch Hill, mettendo in allarme i Manti Bianchi. Venti strani soggetti a cavallo per le vie secondarie attiravano già abbastanza attenzione, anche se la maggior parte degli osservatori sembrava troppo impegnata per prestar loro attenzione. Prima o poi però andava fatto, meglio prima che poi. Fino a quando la gente rimaneva nelle campagne avrebbe avuto bisogno della protezione dei Manti Bianchi, quindi i Manti Bianchi avrebbero avuto un appiglio nei Fiumi Gemelli al quale non avrebbero voluto rinunciare.
Perrin osservava attento i dintorni alla ricerca di segnali di pattuglie dei Manti Bianchi, ma a parte una nuvola di polvere sulla strada nord che si dirigeva verso sud, non ne vide nessuno. Dopo un po’ Tam suggerì che smontassero e guidassero i cavalli. A piedi c’erano meno possibilità di essere visti e le siepi o i muretti li nascondevano un po’.
Tam e Abell conoscevano un boschetto che offriva una buona visuale del campo dei Manti Bianchi, un intrico di querce, alberi della gomma ed ericacee che copriva una discreta area poco più di un chilometro a sud ovest di Watch Hill, su un terreno aperto. Entrarono di corsa da sud. Perrin sperava che nessuno li avesse notati, così nessuno si sarebbe chiesto perché non ne uscivano o avrebbe commentato la cosa.
«Restate qui» ordinò a Wil e agli altri giovani mentre legavano i cavalli ai rami. «Tenete gli archi a portata di mano e siate pronti a fuggire se sentite un grido. Ma non muovetevi a meno che non mi sentiate gridare. E se qualcuno fa un rumore, gli prendo la testa a martellate come un’incudine. Siamo qui per guardare, non per attirare i Manti Bianchi su di noi andando in giro come tori ciechi.» Toccando nervosamente gli archi, i ragazzi annuirono. Forse cominciavano a capire cosa stavano facendo. I Figli della Luce potevano non prendere bene l’idea di trovare gente dei Fiumi Gemelli che se ne andava in giro armata e a cavallo.
«Sei mai stato un soldato?» chiese Faile. «Alcune delle guardie di... mio padre parlano in quel modo.»
«Sono un fabbro» rise Perrin. «Ho solo sentito parlare qualche soldato. Sembra che funzioni però.» Anche Wil e Bili si guardavano attorno a disagio e si azzardavano a malapena a muoversi.
Andando furtivi di albero in albero lui e Faile seguirono Tam e Abell dove già si trovavano gli Aiel, vicino al limite nord del boschetto. Naturalmente anche Verin e Tomas erano lì. Il folto del bosco creava uno schermo protettivo di foglie, abbastanza da nasconderli ma non da impedire l’osservazione.
L’accampamento dei Manti Bianchi si estendeva ai piedi di Watch Hill come se fosse un villaggio. Centinaia di uomini, alcuni armati, si muovevano fra lunghe file di tende bianche, con altrettante file di cavalli, almeno cinque, legati ai picchetti a est e a ovest. Gli animali senza sella e accuditi indicavano la fine delle pattuglie quotidiane, mentre una doppia colonna di forse un centinaio di uomini a cavallo, ordinati e precisi, si avviava verso il Waterwood a passo sostenuto, le lance tutte allo stesso angolo. A intervalli regolari attorno al campo alcuni soldati ammantati di bianco marciavano avanti e indietro con le lance in spalla come bastoni e gli elmetti lucidi che splendevano alla luce del sole morente.
Un rombo giunse alle orecchie di Perrin. Molto più a ovest apparvero venti uomini a cavallo che galoppavano dalla direzione di Emond’s Field e si affrettavano verso le tende. Dalla stessa direzione da cui erano provenuti loro. Se fossero stati un po’ più lenti li avrebbero certamente visti. Un corno risuonò e gli uomini si avviarono verso i fuochi dei campi.
Da un lato c’era un campo molto più piccolo con le tende disposte a casaccio. Alcune erano afflosciate contro le corde. Chiunque risiedeva lì, adesso non c’era. Solo alcuni cavalli che agitavano le code per tenere lontane le mosche indicavano che ci fosse qualcuno. Non i Manti Bianchi. I Figli della Luce erano troppo disciplinati per quel campo.
Fra il boschetto e i due gruppi di tende c’era una distesa di erba e fiori selvatici. Probabilmente i locali lo usavano come pascolo. Comunque non ora. Era un terreno discretamente piatto. I Manti Bianchi al galoppo, come quella pattuglia, avrebbero potuto coprirlo in un minuto.
Abell diresse l’attenzione di Perrin sul campo più grande. «Vedi quella tenda vicino al centro, con un uomo di guardia da ogni lato? Ci riesci?» Perrin annuì. Il sole basso proiettava ombre oblique verso est, ma Perrin riusciva a vedere abbastanza bene. «Lì è dove vengono tenute Natii e le ragazze. E i Luhan. Li ho visti entrare e uscire. Uno per volta, e sempre con una guardia, anche alle latrine.»
«Abbiamo cercato di intrufolarci nel campo tre volte durante la notte» intervenne Tam «ma il perimetro è ben guardato. L’ultima volta siamo appena riusciti a scappare.»
Era come infilare la mano in un formicaio senza essere punto. Perrin si sedette accanto a una ericacea con l’arco sulle ginocchia. «Voglio pensarci per un po’. Mastro al’Thor, vorresti occuparti di Wil e gli altri? Accertati che a nessuno venga in mente di scappare e tornare a casa. Molto probabilmente cavalcherebbero dritti verso la strada nord senza pensare e noi ci ritroveremmo una cinquantina di quei Manti Bianchi qui. a investigare. Se qualcuno di loro ha pensato di portare con sé un po’ di cibo, potresti fare in modo che mangino qualcosa. Se dobbiamo fuggire, potremmo trascorrere il resto della nottata in sella.»
Di colpo si accorse che stava dando ordini, ma quando cercò di scusarsi, Tam sorrise e rispose: «Perrin, hai preso il comando a casa di Jac. Questa non è la prima volta che eseguo gli ordini di un uomo più giovane che riesce a vedere cosa c’è da fare.»
«Stai facendo un buon lavoro» aggiunse Abell, prima di scivolare fra gli alberi con Tam.
Perplesso, Perrin si grattò la barba. Aveva preso il comando? Adesso che ci pensava, né Tam né Abell avevano preso una decisione da quando avevano lasciato la fattoria degli al’Seen, solo offerto dei suggerimenti e lasciato la decisione a lui. Nessuno dei due lo aveva nemmeno più chiamato ragazzo, da allora.
«Interessante» osservò Verin. Aveva in mano il piccolo libro. Perrin desiderava avere un’occasione per poter leggere cosa aveva scritto la donna.
«Stai per avvertirmi di nuovo di non comportarmi da idiota?» chiese Perrin.
Invece di rispondere, Verin proseguì con voce cogitabonda: «Sarà anche più interessante vedere quale sarà la tua prossima mossa. Non posso dire che stai scuotendo il mondo dalle sue fondamenta, come sta facendo Rand al’Thor, ma i Fiumi Gemelli certamente si stanno muovendo. Mi chiedo se hai idea di dove li stai spostando.»
«Voglio liberare i Luhan e i Cauthon» rispose Perrin adirato. «Ecco tutto!» A eccezione dei Trolloc. Lasciò ricadere indietro la testa contro il tronco dell’ericacea e chiuse gli occhi. «Sto facendo solo ciò che devo. I Fiumi Gemelli resteranno esattamente dove sono sempre stati.»
«Naturalmente» rispose Verin.
Perrin sentì che si allontanava con Tomas, scarpe e stivali con la stessa leggerezza, su un letto di foglie dell’anno precedente. Aprì gli occhi. Faile stava fissando la coppia e non sembrava compiaciuta.
«Non ti lascerà in pace» mormorò. Tra le mani aveva la corona intrecciata di rossocuore.
«Le Aes Sedai non lo fanno mai» le rispose.
Faile lo guardò con un’espressione di sfida. «Immagino che proverai a liberarli stanotte?»
Doveva essere fatto adesso. Perché aveva avvisato tutti e la gente sapeva chi aveva dato loro consigli. Forse i Manti Bianchi non avrebbero fatto del male ai prigionieri. Forse. Si fidava della misericordia dei Manti Bianchi quanto di riuscire a lanciare lontano un cavallo. Mandò un’occhiata a Gaul, il quale annuì.
«Tam al’Thor e Abell Cauthon si muovono bene per essere degli abitanti delle terre bagnate, ma questi Manti Bianchi sono troppo rigidi per vedere una qualsiasi cosa che si muova nell’oscurità. Credo. Penso che si aspettino di essere attaccati da un gran numero di nemici e quando possono essere visti.»
Chiad rivolse gli occhi grigi divertiti sull’Aiel. «Allora intendi muoverti come il vento, Cane di Pietra? Sarà divertente vedere un Cane di Pietra che cerca di muoversi con leggerezza. Quando la mia sorella di lancia e io avremo liberato i prigionieri, forse torneremo a liberare anche te. se sei troppo vecchio per trovare da solo la via del ritorno.» Bain le toccò un braccio e Chiad guardò sorpresa la donna dai capelli rosso fiamma. Dopo un momento arrossì leggermente. Entrambe spostarono lo sguardo su Faile, che stava guardando Perrin, a testa alta e braccia conserte.
Perrin respirò profondamente. Se le diceva che non voleva che venisse, quasi certamente non lo avrebbero fatto nemmeno Bain e Chiad. Sostenevano ancora di stare con Faile, non con lui. Forse anche Faile la pensava allo stesso modo. Forse lui e Gaul potevano cavarsela da soli, ma non sapeva comunque come farla restare se lei non voleva. Faile, essendo Faile, probabilmente li avrebbe seguiti di nascosto. «Mi rimarrai vicina» la ammonì con fermezza. «Voglio liberare dei prigionieri, non lasciarmene altri alle spalle.»
Ridendo si lasciò cadere accanto a Perrin, infilando la spalla sotto il suo braccio. «Stare vicina a te mi sembra una bella idea.» Gli mise la corona di fiori in testa e Bain rise.
Perrin alzò gli occhi; poteva vedere il bordo di quella cosa sporgergli sulla fronte. Doveva sembrare un’idiota, ma la lasciò dov’era.
Il sole scese lentamente come un chicco di grano nel miele. Abell portò del pane e del formaggio — più della metà dei futuri eroi non aveva preso nulla di commestibile — quindi mangiarono e attesero. Sopraggiunse la notte, illuminata da una luna già alta, ma oscurata da nuvole passeggere. Perrin attese. Le luci svanirono dal campo dei Manti Bianchi e anche a Watch Hill, lasciando che le finestre illuminate fossero gli unici punti di luce del colle scuro, e Perrin fece riunire Tam, Faile e gli Aiel attorno a sé. Ogni viso per lui era chiaro. Verin era in piedi abbastanza vicina da sentire. Abell e Tomas erano con gli altri ragazzi dei Fiumi Gemelli e li tenevano a bada.
Perrin si sentiva un po’ strano mentre dava istruzioni, per cui le mantenne semplici. Tam doveva avere tutti pronti a cavalcare nel momento in cui lui avrebbe fatto ritorno con i prigionieri. I Manti Bianchi gli sarebbero stati addosso non appena scoperto l’accaduto, per cui avevano bisogno di un luogo dove nascondersi. Tam ne conosceva uno, una fattoria abbandonata ai margini del Bosco Occidentale.
«Cercate di non uccidere nessuno, se ci riuscite» suggerì Perrin agli Aiel. «I Manti Bianchi si scalderanno già abbastanza per la perdita dei prigionieri. Incendieranno il sole se perderanno anche degli uomini.» Gaul e le Fanciulle annuirono come se fossero impazienti. Strana gente. Svanirono nella notte.
«Fai attenzione» mormorò Verin mentre Perrin si metteva l’arco a tracolla. «Ta’veren non significa immortale.»
«Tomas potrebbe essere d’aiuto, lo sai.»
«Pensi che uno in più farebbe differenza?» rispose la donna pensierosa. «E poi ho altri piani per lui.»
Scuotendo il capo, Perrin uscì dal boschetto carponi, quasi appiattito al suolo. Non appena fu dietro ai cespugli Faile lo imitò. L’erba e i fiori selvatici erano abbastanza alti da nasconderli. Era contento che la ragazza non potesse vederlo in volto. Era disperatamente spaventato. Non per lui, ma se qualcosa le accadeva...
Strisciarono nel campo aperto come due ombre lunari, fermandosi a un segnale di Perrin a circa dieci passi da dove le guardie camminavano avanti e indietro, i mantelli splendenti nella notte, poco lontano dalla prima fila di tende. Due si ritrovarono faccia a faccia quasi di fronte a loro, fermandosi.
«Tutto è a posto nella notte» annunciò uno. «Che la Luce ci illumini e ci protegga dall’Ombra.»
«Tutto è a posto nella notte» rispose l’altro. «Che la Luce ci illumini e ci protegga dall’Ombra.»
Girando su se stessi si allontanarono senza guardarsi a destra o a sinistra.
Perrin lasciò che facessero una dozzina di passi, quindi toccò la spalla di Faile e si alzò, quasi senza respirare. Era anche difficile sentire la ragazza respirare. Quasi in punta di piedi si affrettarono fra le tende, abbassandosi nuovamente non appena oltrepassarono la prima fila. Gli uomini russavano o si lamentavano nel sonno. A parte quello, il campo era silenzioso. Il rumore degli stivali dei soldati era chiaramente udibile. L’odore dei fuochi da campo spenti era sospeso in aria, frammisto all’odore di tela, cavalli e uomini.
Silenziosamente fece cenno a Faile di seguirlo. Le corde delle tende potevano essere delle trappole per dei piedi disattenti nell’oscurità. Per lui però erano ben visibili e le fece strada attraverso l’intrico.
Aveva stampata in mente l’ubicazione della tenda dei prigionieri e vi si avviò con cautela. Vicino al centro del campo. Un tratto lungo da percorrere all’andata e al ritorno.
L’attrito degli stivali sul terreno e un verso di Faile lo fecero voltare di scatto proprio in tempo per essere abbattuto dalla furia di una grossa sagoma con il mantello bianco, un uomo grosso come mastro Luhan. Dita di ferro affondarono nella sua gola mentre i due rotolavano in terra. Perrin afferrò l’uomo per il mento, spingendogli la testa indietro e cercando di toglierselo di dosso. Provando ad allentare la presa sulla gola, colpì il tizio nelle costole con un pugno, ottenendo come risultato solamente un grugnito. Il sangue gli ruggiva nelle orecchie; la vista diminuì, il nero si faceva avanti dagli angoli degli occhi. Cercava a tentoni l’ascia, ma le dita avevano perso sensibilità.
L’uomo si scostò di scatto e collassò su Perrin, che spinse via il corpo floscio e respirò a pieni polmoni l’aria dolce della notte.
Faile lanciò di lato un ciocco di legna da ardere e si strofinò il lato della testa. «Non credeva valesse la pena di preoccuparsi di me dopo avermi colpita» sussurrò.
«Un idiota» mormorò Perrin in risposta. «Ma forte.» Avrebbe avuto la sensazione di quelle dita attorno al collo per giorni. «Stai bene?»
«Certo. Non sono una statuetta di porcellana.»
Perrin suppose che in fondo non lo fosse.
Tirando su in fretta l’uomo incosciente e appoggiandolo sul lato di una tenda dove sperava che nessuno lo avrebbe trovato presto, gli tolse il mantello bianco e lo legò mani e piedi con la corda di riserva per l’arco. Un fazzoletto trovato in tasca al tipo servì come bavaglio. Non molto pulito, ma non era colpa sua. Sollevando l’arco sopra la testa, Perrin si sistemò il mantello sulle spalle. Se qualcun altro li vedeva, forse lo avrebbero scambiato per uno di loro. Sul mantello c’era un nodo d’oro di rango, sotto al sole raggiato. Un ufficiale. Anche meglio.
Adesso camminava fra le tende allo scoperto e con passo veloce. Nascosto o no, qualcuno poteva trovare quel tipo e dare l’allarme in qualsiasi momento. Faile gli correva accanto come la sua ombra, investigando il campo alla ricerca di segni di vita con la stessa solerzia di Perrin. Le ombre proiettate dalla luna oscuravano gli spazi fra le tende anche per i suoi occhi.
Avvicinandosi a quella dei prigionieri rallentò, per non far agitare le guardie; un uomo con il mantello bianco era in piedi da un lato, e la lancia splendente di un altro spuntava da dietro.
Di colpo la punta della lancia svanì. Non vi fu alcun suono. Cadde semplicemente.
Un momento dopo due chiazze di oscurità divennero Aiel velati, nessuna delle due figure abbastanza alta per essere Gaul. Prima che la guardia potesse muoversi, una di loro balzò in aria, colpendolo in viso. L’uomo cadde in ginocchio e l’altra Fanciulla roteò, aggiungendo un altro calcio. La guardia cadde inanimata. Accovacciandosi le Fanciulle si guardarono intorno, lance pronte, per vedere se avevano svegliato qualcuno.
Alla vista di Perrin con un mantello bianco, quasi lo attaccarono, finché non videro Faile. Una scosse il capo e sussurrò all’altra, che sembrò ridere in silenzio.
Perrin si disse che non doveva sentirsi contrariato, ma prima Faile lo aveva salvato dallo strangolamento e adesso da una lancia nel fegato. Per qualcuno che in teoria doveva essere a capo di un salvataggio, stava facendo una bella figura.
Aprendo i lembi della tenda infilò la testa all’interno. Era anche più buio che fuori. Mastro Luhan era addormentato davanti all’entrata, le donne raggruppate insieme verso il fondo della tenda. Perrin mise una mano sulla bocca di Haral Luhan. Quando questi aprì gli occhi di scatto si appoggiò un dito sulle labbra. «Sveglia le altre» sussurrò Perrin. «Piano. Vi porteremo fuori da qui.» Negli occhi di mastro Luhan vi fu un lampo di riconoscimento. Annuì.
Arretrando fuori dalla tenda, Perrin rimosse il mantello dalla guardia priva di sensi. L’uomo ancora respirava — raucamente e schiumando dal naso rotto — ma essere maneggiato non lo svegliò. Adesso dovevano sbrigarsi. Gaul era lì, con il mantello dell’altra guardia. I tre Aiel guardavano le altre tende con cautela. Faile praticamente ballava dall’impazienza.
Quando mastro Luhan portò fuori sua moglie e le altre donne, che si guardavano attorno nervose nella luce lunare, Perrin mise velocemente uno dei mantelli sulle spalle del fabbro. Era piccolo — Haral Luhan sembrava un tronco d’albero — ma doveva andar bene. L’altro venne messo sulle spalle di Alsbet Luhan. Non era grossa come il marito, ma pur sempre grossa come un uomo. All’inizio il suo viso rotondo parve sorpreso, ma poi annuì; togliendo l’elmetto conico alla guardia svenuta, lo indossò, incalzandolo sopra la treccia spessa. Le due guardie che avevano legato e imbavagliato con pezzi di lenzuolo vennero messe nella tenda.
Scappare da dove erano venuti era impossibile; Perrin lo sapeva fin dall’inizio. Anche se mastro e comare Luhan avessero potuto muoversi silenziosamente — cosa di cui dubitava — Bode ed Eldrin erano abbracciate una all’altra in completo stupore per il salvataggio. Solo i mormorii della madre evitavano che scoppiassero a piangere di sollievo. Perrin lo aveva pianificato. Aveva bisogno di cavalli, sia per allontanarsi velocemente dal campo sia per far proseguire gli altri. Ce n’erano alcuni legati ai picchetti.
Gli Aiel erano avanti seguiti da Faile con le donne Cauthon, Haral e Alsbet in fondo al gruppo. A un’occhiata casuale sembravano tre Manti Bianchi che scortavano quattro donne.
I cavalli ai picchetti erano sorvegliati, ma solo dal lato distante dalle tende. In fondo perché dovevano sorvegliare i cavalli dagli uomini che li cavalcavano? Certamente rendeva l’incarico di Perrin più facile. Si limitarono a camminare verso la fila di cavalli più vicina alle tende, tutti legati dalla semplice corda del morso, e Perrin ne sciolse uno a testa, a esclusione degli Aiel. La parte più difficile fu far salire comare Luhan sul cavallo privo di sella; servirono entrambi, Perrin e mastro Luhan, e la donna continuava a tirarsi in basso la gonna per coprire le ginocchia. Natti e le ragazze se la cavarono con facilità, e Faile naturalmente. Le guardie che in teoria dovevano sorvegliare i cavalli continuavano la ronda regolare, gridandosi a vicenda, che tutto andava bene nella notte.
«Quando ve lo ordino» iniziò Perrin, e qualcuno nel campo gridò, ancora una volta, più forte; un corno risuonò e degli uomini urlanti sciamarono fuori dalle tende. Se avessero scoperto che i prigionieri erano spariti o l’uomo svenuto che li aveva attaccati, non faceva differenza. «Seguitemi!» gridò Perrin, affondando i talloni nello scuro castrone che si era scelto. «Cavalcate!»
Era una corsa furiosa, ma Perrin cercava di tener d’occhio tutti. Mastro Luhan cavalcava male quasi quanto la moglie, la coppia rimbalzava ovunque, cadendo quasi da cavallo mentre gli animali correvano. Una delle due ragazze, Bode o Eldrin, gridava a squarciagola, per l’eccitazione o forse il terrore. Fortunatamente le guardie non si aspettavano problemi provenienti dall’interno del campo. Un uomo con il mantello bianco che stava scrutando l’oscurità si voltò appena in tempo per togliersi dalla traiettoria dei cavalli al galoppo con un grido stridulo quasi quanto quello della ragazza Cauthon. Altri corni risuonarono alle loro spalle, assieme a grida di ordini lanciati nella notte, molto prima che raggiungessero la copertura del boschetto. Non che ormai ci fosse molto da coprire.
Tam aveva fatto salire tutti in sella come aveva chiesto Perrin. O ordinato. Perrin si lanciò dal castrone su Stepper. Verin e Tomas erano i soli a non agitarsi in sella e i loro cavalli i soli che non danzassero nervosamente con i cavalieri. Abell stava tentando di abbracciare la moglie e le figlie tutte simultaneamente, mentre ridevano e piangevano assieme. Mastro Luhan cercava di stringere ogni mano che raggiungeva. Tranne quelle degli Aiel. Verin e il Custode si congratulavano con tutti, come se la faccenda fosse finita.
«Perrin, sei proprio tu!» esclamò comare Luhan. Quel viso tondo sembrava strano sotto all’elmetto, di traverso per via della treccia. «Cos’è quella cosa che hai in faccia, giovanotto? Ti sono più che grata, ma non ti vorrei alla mia tavola che assomigli a...»
«Adesso non c’è tempo» le rispose, ignorando lo stupore sul viso della donna. Non era una donna che si lasciasse interrompere dagli altri, ma i corni dei Manti Bianchi stavano suonando qualcos’altro oltre l’allarme, un suono breve, ripetitivo e insistente. Qualche tipo di ordine. «Tam, Abell, conducete mastro Luhan e le donne a quel nascondiglio che conoscete. Gaul, vai con loro. E Faile.» Questo significava anche Bain e Chiad. «Anche Hu e Haim.» Dovevano essere sufficienti per mantenere la sicurezza. «Muovetevi con calma. Per un po’ sarà meglio della velocità. Adesso andate.»
Quelli che nominò si diressero a ovest senza commenti, anche se comare Luhan, aggrappata al manto del cavallo con entrambe le mani, lo guardò severa. Fu la mancanza di discussioni da parte di Faile che lo stupì, abbastanza da fargli impiegare un po’ prima di accorgersi che aveva chiamato mastro al’Thor e mastro Cauthon con il nome di battesimo.
Verin e Tomas erano rimasti indietro e Perrin guardò l’Aes Sedai con attenzione.
«Nessuna possibilità di ricevere un piccolo aiuto da te?»
«Non nel modo che hai in mente tu, credo» rispose tranquilla l’Aes Sedai, come se il campo dei Manti Bianchi non fosse in tumulto a un solo chilometro di distanza. «Le mie motivazioni di oggi non sono diverse da quelle di ieri. Ma credo che potrebbe piovere in circa... oh... mezz’ora. Forse meno. Mi aspetto un bel diluvio.»
Mezz’ora. Perrin grugnì e si voltò verso i rimanenti ragazzi dei Fiumi Gemelli. Praticamente tremanti e con il desiderio di fuggire scritto in faccia, stringevano gli archi tanto da far sbiancare le nocche delle mani. Sperava che tutti si fossero ricordati di portare della corda supplementare per gli archi, visto che avrebbe piovuto. «Noi» si rivolse ai ragazzi «ci faremo inseguire dai Manti Bianchi per consentire a comare Cauthon, comare Luhan e agli altri di fuggire al sicuro. Li guideremo a sud verso la strada nord fino a quando non riusciremo a farli perdere nella pioggia. Se qualcuno vuole ritirarsi, farà bene a farlo ora.» Alcune mani si mossero sulle redini, ma rimasero tutti seduti in sella a guardarlo. «Molto bene, allora. Gridate come se foste impazziti, così ci sentiranno. Gridate fino a quando raggiungeremo la strada.»
Urlando fece voltare Stepper e galoppò verso la strada. All’inizio non era certo che lo avrebbero seguito, ma gli ululati selvaggi dei ragazzi coprirono le sue grida assieme al boato degli zoccoli. Se i Manti Bianchi non li sentivano, allora erano sordi.
Non tutti smisero di gridare quando raggiunsero la strada nord di terra battuta e svoltarono a sud in una corsa folle. Alcuni ridevano e strillavano. Perrin si liberò del mantello bianco e lo lasciò cadere. I corni suonarono nuovamente, un po’ più deboli stavolta.
«Perrin,» chiese Wil sporgendosi dal cavallo «cosa facciamo adesso? Quale sarà la prossima mossa?»
«Andremo a caccia di Trolloc!» gridò Perrin dietro le spalle. Dal modo in cui le risate raddoppiarono, non pensava che gli avessero creduto. Ma sentiva gli occhi di Verin perforargli la schiena. Verin sapeva. Il tuono nella notte fece eco a quello degli zoccoli dei cavalli.