39 Una coppa di vino

Quando Elayne salì sul ponte con il suo bagaglio quasi pronto, il sole calante sembrava toccare l’acqua oltre la bocca del porto di Tanchico, mentre le ultime gomene venivano legate per far accostare il Danzatore delle onde a una nave attraccata al molo, una delle tante lungo la penisola più occidentale della città. Alcuni marinai stavano ammainando le ultime vele. Oltre le lunghe banchine la città sorgeva su diverse colline, bianca e splendente, piena di cupole e guglie, con le banderuole lucide che brillavano.

A forse un chilometro di distanza scorgeva alte mura rotonde, il Grande Circolo, se ricordava correttamente.

Mettendosi il fagotto in spalla si unì a Nynaeve sulla passerella, con Coine e Jorin. Era quasi strano vedere le sorelle di nuovo completamente vestite, con broccati di seta dai colori brillanti che si abbinavano ai pantaloni. Ormai si era abituata alla vista degli orecchini, anche di quello al naso, e alla sottile catena d’oro che attraversava la guancia di ogni donna.

Thom e Juilin stavano da un lato con il loro bagaglio e sembravano un po’ imbronciati. Nynaeve aveva ragione. Avevano cercato di indovinare il vero scopo di questo viaggio, a cominciare da quando parte di esso era stato rivelato loro due giorni addietro. Nessuno dei due sembrava credere che le giovani donne fossero competenti — competenti! — per cercare l’Ajah Nera. La minaccia di Nynaeve di farli trasferire su un’altra imbarcazione del Popolo del Mare diretta nella direzione opposta aveva stroncato la discussione all’inizio. Almeno aveva funzionato quando Toram e una dozzina di marinai si erano riuniti pronti a gettarli in una scialuppa per farli trasbordare. Elayne li guardò con espressione indagatrice. Essere di cattivo umore significava ribellione. Da questi due avrebbero avuto altri problemi.

«Dove vi dirigerete adesso, Coine?» stava chiedendo Nynaeve mentre Elayne la raggiunse.

«A Dantora e ad Aile Jafar,» rispose la Maestra delle Vele «quindi a Cantorin e Aile Somera, per diffondere le notizie sul Coramoor, se la Luce vorrà. Ma devo permettere a Toram di commerciare qui, o scoppierà.»

Suo marito adesso era sul molo, senza quelle strane lenti montate sul metallo, a torso nudo e circondato da persone, e parlava con dei tipi che indossavano pantaloni bianchi a sbuffo e giubbe ricamate a spirali sulle spalle. Ogni abitante di Tanchico indossava un cappello scuro cilindrico e un velo trasparente davanti al viso. I veli sembravano ridicoli, specialmente sugli uomini con i baffi.

«Che la Luce vi faccia viaggiare sicuri» la benedisse Nynaeve, spostando il carico sulla spalla. «Se dovessimo scoprire qualcosa di pericoloso che potrebbe minacciarvi prima che salpiate, ve lo faremo sapere.» Coine e la sorella sembravano estremamente calme. Sapere dell’esistenza dell’Ajah Nera non le turbava affatto. Era il Coramoor, Rand, a essere importante.

Jorin si baciò la punta delle dita e le appoggiò sulle labbra di Elayne.

«Se la Luce vorrà, ci incontreremo ancora.»

«Per volontà della Luce» rispose Elayne, imitando il gesto della Cercavento. Era strano, ma si trattava anche di un onore riservato solo ai parenti stretti o agli amanti. Le sarebbe mancata questa donna del Popolo del Mare. Aveva imparato molto e insegnato poco. Certamente Jorin adesso poteva lavorare meglio con Fuoco.

Quando raggiunsero il fondo della passerella, Nynaeve esalò un sospiro di sollievo. Una pozione oleosa che produceva Jorin le aveva calmato lo stomaco dopo due giorni di navigazione, ma rimase tesa per tutto il tempo, finché Tanchico non fu in vista.

I due uomini le seguirono immediatamente, senza alcuna istruzione, Juilin in testa con il fagotto dietro le spalle e il sottile bastone chiaro fra entrambe le mani, gli occhi scuri all’erta. Thom a chiudere il gruppo, riuscendo in qualche modo ad avere un aspetto pericoloso malgrado i capelli bianchi, l’andatura zoppicante e il mantello da menestrello.

Nynaeve si umettò le labbra per un momento ma non disse nulla, cosa che Elayne ritenne saggia. Prima che avessero percorso cinquanta passi lungo il molo di pietra aveva visto innumerevoli occhi viziosi e facce affamate che li studiavano, gente di Tanchico e altri che si passavano casse, pacchi, e sacchi sul molo. Aveva il sospetto che uno qualsiasi di loro le avrebbe volentieri tagliato la gola nella speranza che quel vestito di seta significasse soldi nella borsa. Non la spaventavano, poteva badare a due o tre di loro, ne era certa. Ma lei e Nynaeve avevano riposto gli anelli con il Gran Serpente nei sacchetti appesi alle cinture e sarebbe stato inutile sostenere di non essere collegate alla Torre Bianca se avessero incanalato di fronte a centinaia di uomini. Era meglio che Juilin e Thom sembrassero il più spaventosi possibile. Non le sarebbe dispiaciuto avere altri dieci come loro a circondarla.

Improvvisamente dal ponte di una delle imbarcazioni più piccole si sollevò un grido.

«Voi! Siete voi!» Un uomo grosso dal viso rotondo che indossava una giubba di seta verde balzò sul molo, ignorando il bastone sollevato di Juilin per fissare lei e Nynaeve. La barba senza baffi lo classificava proveniente da Illian, come anche l’accento. Sembrava vagamente familiare.

«Mastro Domon?» disse Nynaeve dopo un momento, tirando la treccia. «Bayle Domon?»

Questi annuì. «Proprio così. Non credevo che vi avrei mai più riviste. Io... ho aspettato il più possibile a Falme, ma giunse il momento in cui dovetti salpare o vedere la mia nave incendiata.»

Adesso Elayne lo aveva riconosciuto. Aveva acconsentito a trasportarle fuori da Falme, ma il caos aveva sommerso la città prima che riuscissero a raggiungere il suo veliero. Quella giubba diceva che da allora se l’era passata bene.

«È un piacere vederti nuovamente» osservò Nynaeve freddamente «ma se vuoi scusarci, dobbiamo trovare delle stanze in città.»

«Sarà difficile. Tanchico è piena. Conosco un posto dove la mia parola forse vale qualcosa. Non ho potuto aspettare a Falme, ma sento di essere in debito con voi.» Domon si fermò aggrottando le sopracciglia improvvisamente a disagio. «Voi qui. Quindi accadrà la stessa cosa di Falme?»

«No, mastro Domon» rispose Elayne quando vide che Nynaeve esitava.

«Certo che no. E saremo felici di accettare il tuo aiuto.»

Si aspettava quasi delle proteste da parte di Nynaeve, che invece annuì pensierosa, presentando il resto del gruppo. Il mantello di Thom fece sollevare le sopracciglia a Domon, ma l’abito di Juilin con il taglio tarenese richiamò uno sguardo torvo che fu ricambiato con egual forza. Nessuno degli uomini disse nulla, però. Forse sarebbero riusciti a mantenere le animosità fra Tear e Illian fuori Tanchico. Se non ci fossero riusciti, avrebbe dovuto parlar loro con fermezza.

Domon raccontò cosa gli era accaduto dai tempi di Falme mentre li accompagnava sul molo, e se l’era cavata veramente bene. «Una dozzina di buone navi costiere di cui gli esattori del Panarca sono al corrente» rise «e quattro nelle acque profonde di cui non sono a conoscenza.»

Difficilmente sarebbe riuscito a mettere su una tale flotta con mezzi onesti in così poco tempo. Era rimasta colpita nel sentirne parlare così apertamente su un molo pieno di uomini.

«Proprio così, contrabbando e ne traggo un guadagno che non mi ero mai immaginato. Un decimo del dazio nelle tasche degli uomini della dogana e questi si voltano dall’altra parte, tenendo le bocche chiuse.»

Due tipi di Tanchico con i veli e i berretti rotondi li sorpassarono, con le mani intrecciate dietro la schiena. Ognuno aveva una grande chiave di ottone appesa a una spessa catena attorno al collo, sembrava fosse il contrassegno di qualche carica ufficiale. Annuirono verso Domon in modo familiare. Thom sembrava divertito, ma Juilin guardava torvo allo stesso modo sia Domon che i due tipi di Tanchico. In quanto cacciatore di ladri non aveva simpatia per quelli che schernivano la legge.

«Non credo però che durerà molto a lungo» continuò Domon quando i due tipi passarono oltre. «Le cose vanno anche peggio nell’Arad Doman, e qui vanno parecchio male. Forse il lord Drago non ha ancora Fratturato il Mondo, di certo ha spezzato l’Arad Doman e Tarabon.»

Elayne voleva dirgli qualcosa di duro, ma avevano raggiunto la fine del molo e rimase a guardare in silenzio mentre Domon noleggiava per loro alcune lettighe con portatori, più una dozzina di uomini con bastoni robusti e volti duri. Delle guardie armate di spada e lancia si trovavano in fondo al molo; sembravano mercenari, non soldati Dall’altro lato della strada lungo tutte le file di moli, centinaia di volti sconfitti e infossati fissavano i militari. A volte alcuni degli occhi guizzavano verso le imbarcazioni, ma per lo più erano fissi sugli uomini che li tenevano lontani da esse. Ricordandosi di quanto le aveva raccontato Coine riguardo agli uomini che avevano assalito la sua imbarcazione, disperati di ottenere un passaggio per qualsiasi luogo lontano da Tanchico, Elayne rabbrividì. Quando questi occhi affamati guardavano le imbarcazioni, il bisogno ardeva in essi. Elayne sedette rigida nella portantina che la sballottava fra la folla davanti ai bastoni, e cercava di non fissare nulla in particolare. Non voleva vedere quei volti. Dov’era il re? Perché non si prendeva cura di loro?

Un’insegna sopra al cancello della locanda intonacata di bianco dove li aveva condotti Domon, sotto al Grande Circolo, riportava la scritta ‘Il cortile delle tre susine’. La sola corte che Elayne vide era un cortile circondato da alte mura, pavimentato in pietra davanti alla locanda, che era composta da tre piani squadrati senza finestre vicino al suolo che al piano alto venivano invece protette da inferriate lavorate. All’interno uomini e donne affollavano la sala comune, la maggior parte vestita alla maniera di Tanchico, e il brusio delle voci quasi soffocava il suono di un dulcimero a martelletti.

Nynaeve esclamò quando vide per la prima volta la locandiera, una donna graziosa non più grande di lei con gli occhi marroni e delle treccine biondo chiaro e un velo che non nascondeva una carnosa bocca a forma di bocciolo di rosa. Anche Elayne sobbalzò, ma non era Liandrin. La donna — si chiamava Rendra — conosceva bene Domon. Rivolse dei sorrisi di benvenuto a Elayne e Nynaeve, mostrò molto apprezzamento per il fatto che Thom fosse un menestrello e diede loro le ultime due stanze disponibili a una tariffa che Elayne sospettava fosse inferiore a quella reale. Elayne si accertò che lei e Nynaeve avessero la camera con il letto più grande. Aveva già condiviso il giaciglio con Nynaeve e la donna agitava i gomiti con una certa libertà.

Rendra fece anche in modo che la cena venisse loro servita in una stanza privata da due giovani uomini velati. Elayne si ritrovò a fissare un piatto di agnello arrosto con gelatina speziata di mele e certi strani fagioli gialli allungati cucinati con le noccioline. Non poteva toccarlo. Tutti quei volti affamati. Domon mangiò voracemente, con tutto il suo contrabbandare e l’oro. Nemmeno Thom e Juilin si mostrarono reticenti.

«Rendra,» chiese con calma Nynaeve «non c’è nessuno qui che aiuti i poveri? Posso elargire facilmente una discreta quantità d’oro, se fosse d’aiuto.»

«Potresti fare una donazione alle cucine di Bayle» rispose la locandiera rivolgendo a Domon un sorriso. «L’uomo evita di pagare le tasse, eppure si tassa da solo. Per ogni corona che paga per corrompere, ne elargisce due per la minestra e il pane dei poveri. Ha anche cercato di convincere me a fare una donazione e io pago le tasse.»

«Sarebbe meno delle tasse» mormorò Domon, incurvando le spalle in posizione difensiva. «Guadagno molto bene, fortuna toccami se non è vero.»

«È bello che tu abbia piacere nell’aiutare i poveri, mastro Domon» osservò Nynaeve quando Rendra e servitori andarono via. Thom e Juilin si erano entrambi alzati per assicurarsi che fossero davvero usciti. Con un mezzo inchino Thom e Juilin aprirono la porta, il corridoio era vuoto. Nynaeve proseguì. «Anche noi potremmo avere bisogno del tuo aiuto.»

Domon bloccò le posate mentre stava tagliando un pezzo di agnello.

«Come?» chiese sospettoso.

«Non lo so ancora con esattezza, mastro Domon. Tu hai un certo numero di imbarcazioni. Devi quindi avere degli uomini. Potremmo avere bisogno di occhi e orecchie. Alcune dell’Ajah Nera potrebbero benissimo trovarsi a Tanchico, e dobbiamo scoprire dove si nascondono.» Nynaeve si portò una forchettata di fagioli alla bocca come se non avesse detto nulla fuori dell’ordinario. Recentemente sembrava che parlasse dell’Ajah Nera con tutti.

Domon la guardò a bocca aperta, quindi si rivolse incredulo verso Thom e Juilin mentre tornavano a sedersi. Quando i due annuirono, spostò il piatto di lato e si accasciò con la testa sulle braccia. Nynaeve per poco non lo colpì, se il modo in cui tese la bocca era un’indicazione, ed Elayne avrebbe capito. Perché aveva avuto bisogno che i due uomini confermassero le sue parole?

Alla fine Domon sollevò il capo. «Accadrà ancora. Di nuovo Falme. Forse è giunto il momento che faccia fagotto e vada via. Se riporto le imbarcazioni a Illian, anche lì sarò un uomo agiato.»

«Dubito che troverai Illian di tuo gradimento» spiegò Nynaeve con voce ferma. «Mi sembra di capire che adesso è governata da Sammael, anche se non apertamente. Potresti non goderti il tuo denaro sotto il dominio di uno dei Reietti.» Gli occhi di Domon quasi schizzarono fuori dalle orbite, ma Nynaeve proseguì. «Non ci sono più posti sicuri. Puoi scappare come un coniglio, ma non puoi nasconderti. Non è meglio fare quello che puoi per combattere come un uomo?»

Nynaeve era troppo dura, doveva sempre essere prepotente con gli altri. Elayne sorrise e si sporse per appoggiare una mano sul braccio di Domon. «Non abbiamo intenzione di intimidirti, mastro Domon, ma potremmo davvero avere bisogno di aiuto. So che sei un uomo coraggioso, altrimenti non ci avresti attese così a lungo come hai fatto a Falme. Te ne saremmo molto grate.»

«Vi riesce molto bene» mormorò Domon. «Una con un bastone per far camminare i buoi, l’altra con il miele di una regina. Oh, molto bene. Aiuterò come posso. Ma non prometto di rimanere per un’altra Falme.»

Thom e Juilin lo interrogarono serratamente su Tanchico mentre mangiavano. Almeno Juilin lo fece in maniera tortuosa, suggerendo domande a Thom su quale distretto frequentassero i ladri, i tagliaborse e gli svaligiatori, quale enoteca e chi comprasse i beni rubati. Il cacciatore di ladri sosteneva che certa gente spesso sapeva quanto stava succedendo in una città più delle autorità. Non sembrava voler parlare direttamente all’uomo di Illian, e Domon sbuffava ogni volta che rispondeva a una delle domande del Tarenese poste da Thom. Non rispondeva finché non gli venivano rivolte da Thom. Le domande di Thom, se si contava che era un menestrello, suonavano invece insensate. Chiedeva dei nobili e delle fazioni, degli odi e delle alleanze, delle mire, delle motivazioni e dei risultati. Non il tipo di domande che Elayne si aspettava da lui, anche dopo la conversazione sul Danzatore delle onde. Thom aveva voglia di parlare con lei — sembrava addirittura piacergli — ma in qualche modo ogni volta che lei pensava di aver scoperto qualcosa sul passato dell’uomo, proprio allora lui riusciva a ritirarsi e a farla andare via. Domon rispondeva a Thom con maggior alacrità che alle domande di Juilin. In entrambi i casi però sembrava conoscere molto bene Tanchico, sia i signori che gli ufficiali e i bassifondi; mentre parlava sembrava che ci fosse poca differenza.

Una volta chieste tutte le informazioni, Nynaeve chiamò Rendra per avere penna, inchiostro e carta, ed elencò le Sorelle Nere unendovi una descrizione. Tenendo i fogli cautamente in una grossa mano, Domon li guardò a disagio, come se fossero le donne in persona, ma promise che avrebbe chiesto ai suoi uomini presenti nel porto di tenere gli occhi aperti. Quando Nynaeve gli rammentò che lui e i suoi uomini dovevano essere estremamente prudenti, rise come se la ragazza gli avesse detto di non farsi trapassare da una spada.

Juilin se ne andò subito dopo Domon, girandosi fra le mani il bastone chiaro e spiegando che la notte era il momento migliore per trovare i ladri e la gente che viveva alle spalle dei ladri. Nynaeve annunciò che si sarebbe ritirata nella sua stanza — la sua stanza — per riposarsi un po’. Sembrava leggermente instabile e di colpo Elayne si accorse del motivo. Nynaeve si era abituata al rollio del Danzatore delle onde, adesso aveva problemi con la terra ferma. Lo stomaco della donna non era un compagno di viaggio piacevole.

Elayne seguì Thom nella sala comune, dove aveva promesso a Rendra che si sarebbe esibito. Stranamente trovò posto a sedere su una panca a un tavolo vuoto, e poche fredde occhiate bastarono a tenere lontani gli uomini che d’improvviso sembrava si volessero sedere proprio lì. Rendra le portò un calice d’argento colmo di vino ed Elayne lo sorseggiò mentre ascoltava Thom suonare l’arpa, cantando canzoni d’amore come La prima rosa di primavera e Il vento che scuote il salice, o canzoni allegre come Solo uno stivale e La vecchia oca grigia. Gli ascoltatori apprezzavano, battendo le mani sul tavolo per applaudire. Dopo un po’ Elayne fece lo stesso. Non aveva bevuto più della metà della coppa di vino, ma un giovane cameriere di bell’aspetto le sorrise e la riempì ancora. Era tutto insolito ed eccitante. In tutta la vita non era mai stata nella sala comune di una locanda più di una mezza dozzina di volte, e mai per sorseggiare del vino ed essere intrattenuta come una persona normale.

Facendo svolazzare il mantello per mostrare le pezze colorate, Thom recitò alcune storie, Mara e i tre re sciocchi, più alcune altre su Anla, la saggia consigliera; recitò un lungo brano dalla Grande Caccia al Corno, con tale potenza che i cavalli sembravano impennarsi e le trombe squillare nella sala comune, mentre uomini e donne combattevano, amavano e morivano. Cantò e recitò fino a notte, fermandosi solo di tanto in tanto per bagnarsi la gola con un sorso di vino mentre gli avventori chiedevano altre storie. La donna che suonava il dulcimero stava seduta in un angolo con lo strumento appoggiato sulle ginocchia e un’espressione amareggiata. La gente lanciava spesso delle monete a Thom — aveva arruolato un ragazzino per raccoglierle — ed era improbabile che avessero fatto lo stesso per la sua musica.

Thom sembrava gradire la situazione, l’arpa e in particolar modo recitare le storie. Be’, era un menestrello, ma sembrava qualcosa di più. Elayne avrebbe giurato che lo aveva sentito recitare la Grande Caccia prima d’ora, ma in un canto aulico, non volgare. Come poteva essere? Era solo un vecchio menestrello.

Finalmente, a notte fonda, Thom si inchinò con un ultimo svolazzo del mantello e si diresse verso le scale fra il clamore del pubblico. Elayne batteva le mani vigorosamente come gli altri.

Alzandosi per seguirlo, scivolò e ricadde seduta, guardando cupa il calice di vino. Certamente aveva bevuto un po’. Per qualche motivo si sentiva stordita. Sì. Quel dolce giovane uomo con quei caldi occhi marroni che le aveva riempito la coppa... quante volte? Non ne beveva mai più di una. Mai. Era il fatto di essere scesa dal Danzatore delle onde e trovarsi nuovamente sulla terraferma. Stava reagendo come Nynaeve. Era tutto.

Alzandosi con cautela — e rifiutando la più che sollecita offerta d’aiuto del giovane — riuscì a risalire le scale malgrado il modo in cui ondeggiava. Senza fermarsi al secondo piano, dove si trovava la stanza che divideva con Nynaeve, salì al terzo e bussò alla porta di Thom. L’uomo aprì lentamente, guardando sospettoso. Sembrava che avesse un pugnale fra le mani, ma era scomparso. Strano. La ragazza lo afferrò per un baffo.

«Mi ricordo» disse Elayne. Non sembrava che la lingua funzionasse come doveva, la parola sembrava... incoerente. «Sedevo sulle tue ginocchia e ti tiravo i baffi...» lo tirò di nuovo per offrire una dimostrazione «... e mia madre si appoggiava alle tue spalle e rideva.»

«Credo sia meglio che tu vada in camera tua» le rispose, cercando di liberarsi dalla sua presa. «Penso che tu abbia bisogno di dormire.»

Elayne rifiutò di lasciare la presa. In realtà sembrava addirittura che lo avesse spinto dentro la stanza. Sempre tirando il baffo. «Anche mia madre sedeva sulle tue ginocchia. L’ho visto. Lo ricordo.»

«Sonno, ecco di cosa hai bisogno, Elayne. Domattina ti sentirai meglio.» Riuscì a liberarsi e cercò di farla uscire dalla stanza, ma la ragazza gli girò intorno. Il letto non aveva il baldacchino. Se lo avesse avuto e lei avesse potuto appoggiarvisi, forse la stanza avrebbe smesso di ondeggiare avanti e indietro.

«Voglio sapere perché mia madre sedeva sulle tue ginocchia.» Thom fece un passo indietro ed Elayne si accorse che stava di nuovo cercando di prenderlo per un baffo. «Tu sei un menestrello. Mia madre non siederebbe sulle ginocchia di un menestrello.»

«Vai a letto, bambina.»

«Non sono una bambina!» Batté nervosamente il piede a terra e quasi cadde. Il pavimento era più basso di quel che sembrava. «Non sono una bambina. Adesso me lo dirai!»

Thom sospirò e scosse il capo. Alla fine disse rigido: «Non sono sempre stato un menestrello. Una volta ero un bardo. Un bardo di corte. A Caemlyn. Per la regina Morgase. Tu eri una bambina. Stai solo ricordando male, ecco tutto.»

«Eri il suo amante, vero?» Il battito degli occhi dell’uomo fu una risposta sufficiente. «Lo eri! Ho sempre saputo di Gareth Bryne. O meglio, l’ho ricostruito e ho sempre sperato che lo avrebbe sposato. Gareth Bryne, tu e questo lord Gaebril al quale secondo Mat mia madre fa gli occhi dolci e... quanti altri? Quanti? Cosa la rende diversa da Berelain, che si porta a letto ogni uomo che attiri la sua attenzione? Non è diversa...» La visione le tremò e la testa rimbombò. Ci impiegò un momento a capire che Thom l’aveva schiaffeggiata. Schiaffeggiata! Si tirò su sperando di non barcollare. «Come osi? Io sono l’erede al trono di Andor e non sarò...»

«Tu sei una ragazzina piena di vino con un accesso d’ira» scattò l’uomo. «E se ti sento ancora una volta dire una cosa simile di Morgase, ubriaca o sobria, ti metterò sulle ginocchia e ti sculaccerò per quanto tu possa incanalare! Morgase è una brava donna, la migliore che c’è!»

«Ah, sì?» la voce di Elayne tremava e si rese conto che stava piangendo. «Allora perché...? Perché...?» Si ritrovò con la testa sulla spalla di Thom, che le stava carezzando i capelli.

«Perché essere regina è un ruolo solitario» mormorò il menestrello. «Perché la maggior parte degli uomini attratti da una regina vede il potere, non una donna, e lei lo sa. Immagino che Gareth veda lo stesso in lei, come anche questo Gaebril. Devi capire, bambina. Tutti vogliono qualcuno nella propria vita, che si prenda cura di loro, del quale possano prendersi cura. Anche una regina.»

«Perché sei andato via?» sussurrò Elayne sul petto dell’uomo. «Mi facevi ridere. Me lo ricordo. Facevi ridere anche lei. E mi portavi sulle spalle.»

«È una lunga storia.» Sospirò dolorosamente. «Te la racconterò un altro giorno, se la chiederai. Se siamo fortunati, domattina avrai dimenticato questa conversazione. È tempo che tu vada a letto, Elayne.»

La guidò verso la porta e la ragazza colse l’occasione per tirargli nuovamente i baffi. «Così» disse soddisfatta. «Li tiravo proprio così.»

«Esatto. Ce la fai a scendere da sola?»

«Certo che ce la faccio.» Rivolse a Thom uno sguardo estremamente altezzoso, ma l’uomo sembrava più pronto che mai a seguirla nel corridoio. Per dimostrare che non ce ne era bisogno, Elayne camminò — con cautela — fino all’inizio delle scale. Thom la stava ancora guardando preoccupato dalla soglia della porta quando Elayne cominciò a scendere le scale.

Fortunatamente non inciampò fino a quando non fu fuori dalla visuale dell’uomo, ma oltrepassò la porta della camera e dovette tornare indietro. Doveva esserci qualcosa di sbagliato con quella gelatina di mele. Sapeva che non avrebbe dovuto mangiarne così tanta. Lini le diceva sempre... non se lo ricordava, ma era qualcosa riguardo il mangiarsi troppi dolci.

Nella stanza erano accese due lampade, una sul piccolo tavolo rotondo vicino al letto e l’altra sulla mensola intonacata di bianco del camino di mattoni. Nynaeve era sdraiata sul letto sopra le coperte, completamente vestita. Con i gomiti in fuori, notò Elayne.

Disse la prima cosa che le venne in mente. «Rand deve pensare che sono pazza, Thom è un bardo e Berelain dopotutto non è mia madre.» Nynaeve la guardò in modo strano. «Mi gira un po’ la testa per qualche motivo. Un ragazzo carino con dei dolcissimi occhi marroni si è offerto di aiutarmi a salire le scale.»

«Scommetto che lo ha fatto» rispose Nynaeve, molto dura. Si alzò e passò una mano attorno alle spalle di Elayne. «Vieni qui un momento. C’è qualcosa che credo dovresti vedere.» Apparentemente si trattava di un secchio d’acqua vicino al lavabo. «Vieni. Ci inginocchieremo tutte e due così potrai guardare.» Elayne guardò, ma nel secchio non c’era altro che il suo riflesso nell’acqua. Si chiese perché mai stesse sorridendo a quel modo. Quindi la mano di Nynaeve si appoggiò sul collo di Elayne, che si ritrovò con la testa in acqua. Agitando le mani cercò di tirarsi su, ma il braccio di Nynaeve era come una sbarra di ferro. In teoria sott’acqua dovevi trattenere il respiro. Elayne lo sapeva. Solo che non ricordava come. Tutto quello che riusciva a fare era agitarsi, gorgogliare e tossire.

Nynaeve la tirò su, l’acqua le colava sul viso, ed Elayne respirò. «Come... osi?» esclamò. «Io sono... l’erede al trono di...» Riuscì a emettere un lamento prima che la testa le affondasse nuovamente in acqua con uno scroscio. Afferrarsi al secchio con entrambe le mani e spingere non serviva a nulla. Battere i piedi per terra non serviva. Sarebbe annegata. Nynaeve lo avrebbe fatto.

Dopo un secolo fu di nuovo in grado di respirare aria. Appiccicate al viso aveva delle ciocche di capelli fradici. «Credo» annunciò con la voce più ferma che riuscì a trovare «che vomiterò.»

Nynaeve prese appena in tempo il grande catino smaltato bianco dal lavabo e lo piazzò a terra, tenendo alta la testa di Elayne mentre rigettava quanto aveva mangiato in tutta la sua vita. Un anno dopo — minuti, ma sembrava un anno — Nynaeve le stava lavando il viso e pulendo la bocca, bagnandole mani e polsi. La voce però non era affatto premurosa.

«Come hai potuto fare una cosa simile? Cosa ti possedeva? Mi sarei aspettata da uno sciocco d’uomo che bevesse fino a non reggersi in piedi, ma te! E stanotte.»

«Ne ho bevuto una sola coppa» mormorò Elayne. Anche con quel giovane che continuava a riempirla, non aveva potuto berne più di due. Certamente no.

«Una coppa delle dimensioni di una brocca.» Nynaeve tirò su con il naso, aiutandola ad alzarsi. In realtà tirandola su. «Riesci a restare sveglia? Voglio andare a cercare Egwene e ancora non mi fido di riuscire a lasciare Tel’aran’rhiod da sola senza che nessuno mi svegli.»

Elayne batté le palpebre. Avevano cercato Egwene senza successo ogni notte da quando era scomparsa di colpo da quell’incontro nel Cuore della Pietra. «Restare sveglia? Nynaeve, è il mio turno di andarla a cercare ed è meglio che sia io. Sai di non poter incanalare a meno di non essere arrabbiata, e...» Si rese conto che l’altra donna era circondata dal bagliore di saidar. A pensarci bene lo era da un po’. Si sentiva quasi avesse la testa imbottita di lana, i pensieri dovevano scavarsi un varco. Riusciva appena a percepire la Vera Fonte. «Forse è meglio se vai tu. Resterò sveglia.»

Nynaeve la guardò torva, ma alla fine annuì. Elayne provò ad aiutarla a svestirsi, ma non sembrava che le dita le funzionassero molto bene con quei piccoli bottoni. Sbuffando, Nynaeve fece da sola. Con indosso la camicia da notte, inserì l’anello di pietra nel laccio di cuoio che portava attorno al collo, vicino a un anello da uomo, pesante e d’oro. Era l’anello di Lan, Nynaeve lo portava sempre appeso al collo.

Elayne piazzò un basso sgabello di legno accanto al letto mentre Nynaeve si sdraiò di nuovo, addormentandosi rapidamente. A lei invece non sarebbe successo, seduta su quella cosa. Non cadere per terra sembrava essere il problema. «Quando riterrò che sia trascorsa un’ora, ti sveglierò.»

Nynaeve annuì e richiuse gli occhi, con entrambe le mani sui due anelli. Dopo un momento il respiro divenne regolare.

Il Cuore della Pietra era vuoto. Scrutando l’oscurità fra le grandi colonne, Nynaeve aveva compiuto un giro attorno a Callandor prima di accorgersi che indossava ancora la camicia da notte, con il laccio di cuoio attorno al collo con i due anelli. Aggrottò le sopracciglia e dopo un momento indossava un vestito dei Fiumi Gemelli di buona lana marrone e scarpe robuste. Elayne ed Egwene sembravano trovare questo tipo di cose facili da fare, ma lei no. C’erano stati momenti imbarazzanti nelle prime visite al Tel’aran’rhiod, prevalentemente dopo aver pensato distrattamente a Lan, ma cambiare d’abito intenzionalmente le costava molta concentrazione. Solo quello — ricordare il custode — e il vestito divenne di seta, trasparente come il velo di Rendra. Berelain sarebbe arrossita. Anche Nynaeve lo fece, pensando a Lan che la vedeva in quel modo. Dovette sforzarsi a riesumare il vestito di lana marrone.

Peggio ancora, la rabbia era svanita — quella stupida ragazza. Possibile che non sappia cosa succede a chi beve troppo vino? Non si è mai trovata da sola in una sala comune prima d’ora? Be’, probabilmente no — e la Vera Fonte poteva anche non esistere per quanto la riguardava. Forse non importava. A disagio, si incamminò fra le enormi colonne di granito, girandosi in un punto. Cosa era stato a far scomparire Egwene di colpo?

La Pietra era silenziosa, un vuoto cupo. Riusciva a sentire il proprio sangue che scorreva. Eppure avvertiva un formicolio fra le scapole, come se qualcuno la stesse osservando.

«Egwene?» Il grido echeggiò nel silenzio fra le colonne. «Egwene?» Niente.

Strofinando le mani sulla gonna, si accorse che impugnava un bastone ritorto con un grosso nodo in fondo. Un oggetto che le sarebbe servito, e strinse la presa su di esso. Una spada sarebbe più utile — per un istante il bastone lampeggiò trasformandosi parzialmente in una spada — ma non sapeva usarla. Rise mestamente. Qui un randello andava bene come una spada, entrambi praticamente inutili. Incanalare era la sola vera difesa, quello e correre. Al momento, dunque, aveva una sola scelta.

Adesso voleva scappare, con quella sensazione di occhi puntati su di lei, ma non si sarebbe arresa così velocemente. Solo che non sapeva cosa doveva fare. Egwene non c’era. Si trovava da qualche parte nel deserto. Rhuidean, le aveva riferito Elayne. Ovunque fosse.

Fra un passo e l’altro si ritrovò di colpo sul fianco di una montagna, con un sole forte che sorgeva sopra altre montagne frastagliate oltre la valle sottostante, rendendo l’aria asciutta e cocente. Il deserto. Si trovava nel deserto. Per un momento il sole la fece trasalire, ma il deserto era molto a est per l’alba e a Tanchico era ancora notte. Nel Tel’aran’rhiod non faceva comunque differenza. Luce solare o oscurità, non sembrava esserci una relazione con quanto avveniva nel modo reale, per quello che era riuscita a determinare.

Lunghe ombre chiare ancora coprivano quasi metà della valle, ma stranamente in questo posto ondeggiava una insolita massa di nebbia, sembrava non diminuire a causa del sole che batteva forte. Dalla nebbia spuntavano delle grandi torri, alcune sembravano incomplete. Una città nel deserto? Strizzando gli occhi riuscì a vedere una persona giù nella valle. Un uomo, o meglio, a quella distanza era solo un paio di brache e una giubba blu appariscente. Di certo non un Aiel. Camminava lungo il limitare della nebbia, di tanto in tanto si fermava per colpirla. Non poteva esserne sicura, ma le sembrava che fermasse la mano poco prima di raggiungerla. Forse dopotutto non era nebbia.

«Devi andare via da qui» disse pressantemente la voce di una donna. «Se quello ti vede sei morta, o peggio.»

Nynaeve sobbalzò, voltandosi con la mazza sollevata, quasi perdendo l’equilibrio sul pendio.

La donna che era in piedi un po’ più in alto indossava una corta blusa bianca e voluminosi pantaloni giallo chiaro stretti sopra a dei bassi stivali. Il mantello sventolava per via di un arido alito di vento. Furono i suoi lunghi capelli biondi, intrecciati in modo complesso, che fecero venire alle labbra incredule di Nynaeve un nome particolare.

«Birgitte?» Birgitte, eroina di centinaia di storie, e il suo arco d’argento con cui non mancava mai un colpo. Birgitte, una degli eroi defunti che sarebbe stata richiamata dalla tomba dal Corno di Valere per combattere durante l’Ultima Battaglia. «È impossibile. Chi sei?»

«Non c’è tempo, donna. Devi andare via prima che ti veda.» Con un solo movimento fluido estrasse una freccia d’argento dalla faretra appesa alla vita, la incoccò e la tirò vicino all’orecchio. La punta d’argento era diretta proprio al cuore di Nynaeve. «Vai!»

Nynaeve fuggì.

Non era sicura di come, ma si ritrovò in piedi nel prato comune di Emond’s Field, guardando la locanda della Fonte del Vino, camini e tetto di tegole rosse. I tetti di paglia circondavano il prato, da dove la Fonte di Vino sgorgava da una sporgenza di roccia. Il sole qui era alto, anche se i Fiumi Gemelli si trovavano molto a occidente del deserto. Eppure, malgrado un cielo privo di nuvole, sul villaggio era distesa un’ombra profonda.

Ebbe solo un momento per chiedersi come se la cavavano senza di lei. Un movimento di sfuggita le colse l’occhio, un lampo d’argento e una donna che si chinava dietro l’angolo della casa pulita di Ailys Candwin oltre le acque della Fonte di Vino. Birgitte.

Nynaeve non esitò. Corse verso uno dei ponti che oltrepassavano lo stretto torrente. I piedi batterono sulle assi di legno. «Torna qui» gridò la donna. «Torna qui e rispondimi! Chi era quello? Torna qui, o te la do io l’eroina. Ti picchierò, così penserai di aver avuto un’avventura!»

Svoltando dietro l’angolo della casa di Ailys, si aspettava solo parzialmente di trovare Birgitte. Ciò che non si aspettava affatto era un uomo con una giubba scura che le correva incontro a meno di cento passi sulla strada di terra battuta. Rimase senza fiato. Lan. No, ma aveva gli stessi lineamenti, gli stessi occhi. Fermandosi, questo sollevò l’arco e lasciò partire una freccia. Contro di lei. Gridando, Nynaeve si gettò da un lato, cercando di svegliarsi.

Elayne balzò in piedi, facendo cadere indietro lo sgabello, mentre Nynaeve si sedeva sul letto gridando con gli occhi sgranati.

«Cos’è successo, Nynaeve? Cos’è successo?»

Nynaeve tremava. «Assomigliava a Lan. Assomigliava a Lan, e ha cercato di uccidermi.» Si mise una mano tremante sul braccio sinistro, dove un taglio superficiale sanguinava, qualche centimetro al di sotto della spalla. «Se non avessi saltato, mi avrebbe trafitto il cuore.»

Sedendosi lungo il bordo del letto, Elayne esaminò il taglio. «Non è brutto. Lo pulirò e ti benderò.» Le sarebbe piaciuto saper guarire. Provare senza sapere poteva rendere peggiori le cose. Ma era davvero poco più di un graffio. Per non menzionare il fatto che ancora le sembrava di avere la testa piena di gelatina. Traballante. «Non era Lan, calmati. Chiunque fosse, non era Lan.»

«Lo so» rispose acida Nynaeve. Raccontò quanto era accaduto con la stessa voce adirata. L’uomo che le aveva scagliato contro la freccia a Emond’s Field e quello nel deserto. Non era certa che si trattasse della stessa persona. La sola idea di Birgitte era incredibile.

«Ne sei sicura?» chiese Elayne. «Birgitte?»

Nynaeve sospirò. «La sola cosa di cui sono certa è che non ho trovato Egwene. E che stanotte non ci ritorno, in quel posto.» Si batté una mano sulla coscia. «Dov’è Egwene? Cosa le è accaduto? Se ha incontrato quel tizio con l’arco... Oh, Luce!»

Elayne dovette pensare un minuto, voleva dormire e i pensieri vagavano continuamente. «Aveva detto che forse non avrebbe potuto essere presente agli incontri successivi. Forse è il motivo per cui se ne è andata così di corsa. Per qualsiasi motivo non può... voglio dire...» Non sembrava avere molto senso, ma non riusciva a dirlo come doveva.

«Lo spero» sospirò stancamente Nynaeve. Guardando Elayne, aggiunse: «Sarà meglio che vieni a letto. Sembri pronta a crollare.»

Elayne fu grata di essere aiutata a svestirsi. Si rammentò di bendare il braccio di Nynaeve, ma il letto sembrava così invitante che poteva appena pensare a qualcos’altro. Al mattino forse la stanza avrebbe smesso di girare attorno al letto. Si addormentò non appena mise la testa sul cuscino.

La mattina dopo voleva morire.

Con il sole appena sorto, la sala comune era vuota a parte lei. Con la testa fra le mani, fissava una tazza che Nynaeve le aveva piazzato sul tavolo prima di andare a cercare la locandiera. Ogni volta che respirava, poteva sentirne l’odore e cercava di chiudere il naso. Nella testa aveva la sensazione di... era impossibile descriverlo. Se qualcuno si fosse offerto di decapitarla, forse lo avrebbe anche ringraziato.

«Stai bene?»

Sobbalzò al suono della voce di Thom e riuscì appena a lamentarsi. «Sto abbastanza bene, grazie.» Parlare le faceva pulsare la testa. Thom giocava incerto con uno dei baffi. «Le tue storie ieri sera erano meravigliose, Thom. Quel che ricordo, almeno.» Riuscì comunque a ridere biasimando se stessa. «Temo di non ricordare molto, se non di essermi seduta qui ad ascoltare. Sembra che abbia mangiato della gelatina di mele andata a male.» Non avrebbe ammesso di aver bevuto tutto quel vino, non sapeva nemmeno quanto. O di essersi resa ridicola in camera sua. Soprattutto quello. Thom sembrava crederle, a giudicare dal modo sollevato in cui prese una sedia.

Apparve Nynaeve che le passò un panno umido mentre si sedeva. Le spinse anche vicino la tazza con l’orribile infuso. Elayne si premette grata il panno contro la fronte.

«Qualcuno di voi ha visto mastro Sandar stamattina?» chiese la donna più grande.

«Non ha dormito in camera nostra» rispose Thom. «Cosa di cui dovrei essere grato, considerando la dimensione del letto.»

Come se le parole lo avessero evocato, Juilin entrò dalla porta frontale con il volto stanco e la giubba stropicciata. Aveva un livido sotto l’occhio sinistro e i corti capelli neri, di solito appiattiti sulla testa, sembravano pettinati rozzamente con le dita, ma sorrise unendosi a loro. «I ladri in questa città sono numerosi come pesciolini fra le canne e parlano solo se compri loro qualcosa da bere. Ho parlato con due uomini che sostengono di aver visto la donna con la striatura bianca fra i capelli sopra l’orecchio sinistro. Penso di credere almeno a uno di loro.»

«Per cui sono qui» osservò Elayne, ma Nynaeve scosse il capo.

«Forse. Più di una donna può avere una striatura bianca fra i capelli.»

«Non ha saputo dirmi quanti anni potesse avere» aggiunse Juilin, coprendo uno sbadiglio con la mano. «Nessuna età, sosteneva. Ha anche fatto la battuta che fosse un’Aes Sedai.»

«Vai troppo veloce» osservò Nynaeve con voce tesa. «Non ci farai alcun bene se le attiri su di noi.»

Juilin arrossì. «Sono cauto. Non ho voglia che Liandrin mi metta ancora le mani addosso. Non faccio domande, parlo. A volte di donne che conoscevo. Due uomini hanno abboccato all’amo della striatura bianca e nessuno dei due ha mai sospettato che fosse altro che una conversazione oziosa davanti a una birra economica. Forse stanotte un altro nuoterà nella mia rete, solo che magari questa volta potrebbe essere un’esile donna di Cairhien con grandi occhi azzurri.» Temaile Kinderode. «Poco a poco restringerò l’area dove sono state viste, fino a sapere dove si trovano. Le troverò per voi.»

«O magari ci riesco io.» Thom sembrava lo ritenesse più probabile. «Piuttosto che con dei ladri, non preferirebbero unirsi a nobili e politici? Qualche signore in questa città incomincerà a fare qualcosa che di solito non fa, e mi porterà a loro.»

I due uomini si guardarono. In un altro momento Elayne si sarebbe aspettata che uno dei due avrebbe sfidato l’altro. Uomini. Prima Juilin e Domon. Molto probabilmente Thom e Domon sarebbero finiti a prendersi a pugni per completare la scena. Uomini. Era il solo commento che le venne in mente.

«Forse Elayne e io ci riusciremo senza il vostro aiuto» aggiunse Nynaeve seccata. «Inizieremo le ricerche oggi.» Mosse appena lo sguardo su Elayne. «Io almeno inizierò. Elayne potrebbe avere bisogno di altro riposo per riprendersi dal... viaggio.»

Appoggiando con cautela il panno, Elayne usò entrambe le mani per prendere la tazza di fronte a lei. Il sapore del denso liquido grigio verde era peggiore dell’odore. Tremando si costrinse a deglutire. Quando giunse nello stomaco, per un attimo si sentì come un mantello che sventolava al vento. «Due paia d’occhi vedono meglio di uno» rispose a Nynaeve, appoggiando la tazza sul tavolo.

«Cento paia possono vedere anche meglio» osservò Juilin «e se quell’anguilla di Illian manda davvero in giro i suoi, ne avremo almeno cento, inclusi ladri e tagliaborse.»

«Io — noi — troveremo quelle donne, se possono essere scovate» replicò Thom. «Non c’è bisogno che vi allontaniate dalla locanda. Questa città sembra essere pericolosa anche senza Liandrin.»

«Inoltre» aggiunse Juilin «se si trovano qui, vi conoscono. Conoscono i vostri volti. Molto meglio se rimanete alla locanda, fuori dalla visuale.»

Elayne li fissava sbalordita. Un momento fa avevano cercato di distruggersi a colpi di sguardi, e adesso si spalleggiavano. Nynaeve aveva ragione sul fatto che avrebbero causato noie. Be’, l’erede al trono di Andor non era disposta a nascondersi dietro a mastro Juilin Sandar e mastro Thom Merrilin. Aprì la bocca per esprimere quel pensiero, ma Nynaeve la prevenne.

«Hai ragione» osservò con calma. Elayne la fissò incredula, anche Thom e Juilin sembravano sorpresi e, allo stesso tempo, chiaramente soddisfatti. «Ci conoscono» proseguì Nynaeve. «Credo di essermene occupata stamattina. Ah, ecco che arriva comare Rendra con la colazione.»

Thom e Juilin si scambiarono occhiate sconcertate, ma non potevano dire nulla con la locandiera che sorrideva loro da dietro al velo.

«Cosa mi dici di quanto ti ho chiesto?» chiese Nynaeve a Rendra mentre questa appoggiava una ciotola con della farinata d’avena e miele davanti a lei.

«Ah, sì. Non ci sarà problema a trovare degli abiti che vi stiano bene. E i capelli — hai dei capelli così belli, così lunghi — ci vorrà un attimo a sistemarli.» Dicendo questo si toccò le trecce biondo dorato.

L’espressione di Thom e Juilin fece sorridere Elayne. Forse erano pronti a discutere, non avevano difese di fronte al fatto di essere ignorati. La testa stava meglio, il disgustoso miscuglio di Nynaeve sembrava funzionare. Mentre Nynaeve e Rendra discutevano i costi, il taglio e i tessuti — Rendra aveva in mente vestiti aderenti come il suo, oggi verde chiaro, e Nynaeve si opponeva ma non sembrava molto decisa — Elayne mangiò una cucchiaiata di farinata per togliersi quel saporaccio dalla bocca. Le venne in mente che aveva fame.

C’era un problema che nessuno di loro aveva ancora menzionato, uno di cui Thom e Juilin non erano a conoscenza. Se l’Ajah Nera si trovava a Tanchico, allora c’era anche l’oggetto pericoloso per Rand, qualsiasi cosa fosse. Qualcosa in grado di legarlo con il suo stesso Potere. Trovare Liandrin e le altre non era abbastanza. Dovevano trovare anche quell’oggetto. Di colpo perse l’appetito appena ritrovato.

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