30 Oltre la quercia

Con Faile che gli stringeva il capo al petto, Perrin perse il conto del tempo trascorso piangendo. Le immagini della famiglia gli balenavano in mente, il padre che gli sorrideva mentre gli mostrava come si impugnava un arco, la madre che cantava mentre tesseva la lana, Adora e Deselle che lo prendevano in giro mentre si radeva per la prima volta, Paet con gli occhi sgranati mentre guardava un menestrello durante il Giorno del Sole, molto tempo fa. Immagini delle tombe, fredde e solitarie in una fila. Pianse fino a quando rimase senza lacrime. Quando finalmente si scostò dal petto della donna, i due erano soli se non per la presenza di Scratch, che si lavava seduto sul barile. Era contento che gli altri non fossero rimasti a guardarlo. Che ci fosse Faile era già abbastanza brutto, ma in un certo qual modo era contento che fosse rimasta, voleva solamente che non avesse visto o sentito.

Prendendo le mani di Perrin fra le sue, Faile si sedette accanto a lui. Era così bella, con gli occhi leggermente a mandorla, grandi e neri, e gli zigomi alti. Non sapeva come avrebbe fatto a farsi perdonare per come l’aveva trattata in questi ultimi giorni. Senza dubbio Faile avrebbe trovato il sistema di fargliela pagare. «Hai rinunciato all’idea di arrenderti ai Manti Bianchi?» chiese. Non c’era cenno in quella voce che lo avesse appena visto piangere come un bambino.

«Sembra che non servirà a nulla. Adesso andranno alla ricerca del padre di Rand e quello di Mat, qualsiasi cosa io decida di fare. La mia famiglia...» Rilasciò velocemente le mani di Faile, ma la ragazza si limitò a sorridergli invece di trasalire. «Devo liberare mastro Luhan e sua moglie, se posso. E la madre e le sorelle di Mat; gli ho promesso che avrei vegliato su di loro. E fare quel che posso riguardo ai Trolloc.» Forse questo lord Luc aveva qualche idea. Almeno avevano bloccato le Porte delle Vie; nessun altro sarebbe passato da lì. Voleva in particolar modo fare qualcosa riguardo ai Trolloc. «Non posso nemmeno provarci se lascio che mi impicchino.»

«Sono molto contenta che te ne sia accorto» rispose Faile asciutta. «Nessun altra idea cretina riguardo al mandarmi via?»

«No.» Perrin si preparò al peggio, ma Faile annuì, come se quell’unica parola fosse tutto quello che si aspettava e che voleva. Una piccola cosa, niente che valesse la pena di un litigio. Gliela avrebbe fatta ampiamente pagare.

«Siamo in cinque Perrin, sei, se Loial vuole unirsi a noi. E se riusciamo a trovare Tam al’Thor e Abell Cauthon... Sono bravi come te con l’arco?»

«Più bravi» rispose sinceramente. «Molto più bravi.»

Faile gli rivolse un leggero cenno del capo incredulo. «Con loro saremmo in otto. Un inizio. Forse altri si uniranno a noi. E poi c’è questo lord Luc. Probabilmente vorrà essere in carica, ma se non è un demente non ha importanza. Ho incontrato gente convinta di sapere tutto, ostinata come un mulo.»

«Lo so.» Faile lo guardò duramente, e Perrin riuscì a mantenere il sorriso. «Intendevo dire che hai incontrato qualcuno così. Anche io ricordo di averne conosciuti un paio.»

«Oh, quelli. Be’, possiamo sperare che lord Luc non sia un bugiardo vanaglorioso.»

Gli occhi della donna divennero penetranti, e strinse la presa sulle mani di Perrin, non in modo spiacevole, ma come se stessero cercando di aggiungere forza alla sua. «Vorrai visitare la fattoria dei tuoi, casa tua. Verrò con te, se mi vuoi.»

«Appena potrò, Faile.» Non ora però. Non ancora. Se avesse guardato quelle tombe sotto ai meli in quel momento... era strano. Aveva sempre dato per scontata la sua forza e adesso scopriva di non essere affatto forte. Be’, aveva finito di piangere come un bambino. Adesso era il momento di agire. «Prima le cose più urgenti. Trovare Tam e Abell, immagino.»

Mastro al’Vere mise la testa nella sala comune, ed entrò del tutto quando vide che stavano seduti da una parte. «C’è un Ogier in cucina» disse a Perrin con il viso stupefatto. «Un Ogier. Che beve il tè. La tazza più grande sembra...» Con le dita fece il gesto di qualcuno che tiene in mano un ditale. «Forse Marin potrà far finta di vedere Aiel entrare qua dentro tutti i giorni, ma è quasi svenuta quando ha visto questo Loial. Le ho dato due bicchierini di acquavite e li ha bevuti come se fossero acqua. Ha quasi tossito fino a morire; di solito non beve altro che vino. Credo che ne avrebbe bevuto un altro, se glielo avessi offerto.» Si umettò le labbra pretendendo di essere interessato a una macchia inesistente sul suo lungo grembiule. «Stai bene adesso, ragazzo mio?»

«Sto bene, signore» rispose rapidamente Perrin. «Mastro al’Vere, non possiamo restare oltre. Qualcuno potrebbe dire ai Manti Bianchi che mi hai offerto protezione.»

«Oh, non molti lo farebbero. Non tutti i Coplin, e nemmeno alcuni dei Congar.» Ma non suggerì che rimanessero. «Sapete dove posso trovare mastro al’Thor e mastro Cauthon?»

«Da qualche parte nel Bosco Occidentale» rispose lentamente Bran. «Di questo ne sono sicuro. Si muovono costantemente.» Intrecciando le dita davanti allo stomaco dilatato, inclinò il capo grigio di lato. «Non te ne stai andando, vero? Be’, ho detto a Marin che non lo avresti fatto, ma non mi crede. Ritiene che sia meglio per te se vai via — meglio per te — e come la maggior parte delle donne è certa che la penserai come lei, se ti parla abbastanza.»

«Be’, mastro al’Vere» rispose dolcemente Faile «io per prima ho sempre pensato che gli uomini fossero creature sensibili che hanno solamente bisogno gli venga mostrata la giusta via da seguire.»

Il Sindaco le rivolse un sorriso divertito. «Quindi convincerai Perrin ad andare via, suppongo? Marin ha ragione; è la cosa più saggia, se vuole evitare il cappio. L’unico motivo per restale sarebbe solo che a volte un uomo non può darsela a gambe, no? Be’, senza dubbio tu sai cosa è meglio.» Bran ignorò lo sguardo acido di Faile. «Vieni, ragazzo mio. Andiamo a dare a Marin la buona notizia. Stringi i denti e tieni nascoste le tue intenzioni, perché non potrà fare a meno di cercare di farti cambiare idea.»

In cucina, Loial e gli Aiel stavano seduti in terra a gambe incrociate. Di sicuro nella locanda non c’era una sedia abbastanza grande per l’Ogier. Stava seduto con un braccio appoggiato sul tavolo di cucina, e anche così poteva guardare Marin al’Vere negli occhi. Bran aveva esagerato la piccolezza della tazza fra le mani di Loial, ma poi con un secondo sguardo Perrin vide che si trattava di una ciotola per la minestra smaltata di bianco.

Comare al’Vere stava ancora facendo del suo meglio per far finta che gli Aiel e l’Ogier fossero una presenza normale, affaccendandosi con un vassoio di pane, formaggio e sottaceti, accertandosi che tutti mangiassero, ma sgranava gli occhi ogni volta che li posava su Loial, anche se questo cercava di metterla a suo agio complimentandosi per le cose che aveva cucinato. Agitava nervosamente le orecchie pelose ogni volta che la donna lo guardava, e lei balzava ogni volta che Loial faceva questa cosa, quindi scuoteva la testa, con la spessa treccia grigia che ondeggiava energicamente. In qualche ora si sarebbero mandati a letto tremanti.

Loial rilasciò un respiro profondo di sollievo alla vista di Perrin e appoggiò la tazza — ciotola — di tè sul tavolo, ma l’istante successivo la grande faccia si abbassò tristemente. «Mi dispiace delle tue perdite, Perrin. Condivido il tuo dolore. Comare al’Vere...» Agitò selvaggiamente le orecchie al solo menzionarla senza guardarla e la donna sobbalzò di nuovo «... mi ha detto che saresti andato via, adesso che non c’è nulla che ti trattiene qui. Se lo desideri, canterò ai meli prima di andare via.»

Bran e Marin si scambiarono occhiate stupite e il sindaco si premette le mani sulle orecchie.

«Grazie Loial, lo apprezzerei molto, quando ci sarà tempo. Ma ho un po’ di lavoro da fare prima di poter andare.» Comare al’Vere appoggiò il vassoio sul tavolo con un rumore secco e lo fissò, ma Perrin proseguì, rivelando i suoi piani, così com’erano; trovare Tam e Abell, liberare i prigionieri dei Manti Bianchi, anche se tutto era vago. Forse non così vago. Non voleva andare via mentre c’erano Trolloc o Myrddraal vivi nei Fiumi Gemelli. Mise i pollici dietro la cintura per smettere di accarezzare l’ascia. «Non sarà facile» concluse. «Apprezzerò la tua compagnia, ma capirò se vuoi andare. Questa non è la tua battaglia e hai visto abbastanza problemi stando vicino alla gente di Emond’s Field. E qui non scriverai molto in quel tuo libro.»

«Qui o lì, credo che sia la stessa battaglia» rispose Loial. «Il libro può aspettare. Forse potrei scrivere un capitolo su di te.»

«Ho detto che sarei venuto con te» intervenne Gaul senza che gli fosse stata rivolta domanda. «Non intendevo dire fino a quando le cose non fossero diventate difficili. Ho un debito di sangue nei tuoi confronti.»

Bain e Chiad guardarono Faile con aria interrogativa e quando questa annuì, aggiunsero la loro decisione di rimanere.

«Ostinatamente stupido» osservò comare al’Vere «per tutti voi. Probabilmente finirete tutti sulla forca, se sopravviverete abbastanza a lungo. Lo sapete questo, vero?» Quando si limitarono solamente a guardarla, la donna sciolse il grembiule e lo passò sopra il capo. «Be’, se siete abbastanza stupidi da restare, sarà meglio che vi mostri dove nascondervi.»

Il marito sembrava sorpreso a quella resa improvvisa, ma si riprese velocemente. «Ho pensato che forse la vecchia casa per i malati andrebbe bene, Marin. Adesso non ci va mai nessuno, e credo che abbia ancora quasi tutto il tetto.»

Quella che si chiamava la nuova casa dei malati, dove venivano portate le persone per essere assistite quando avevano malattie contagiose, si trovava a est del villaggio, oltre il mulino di mastro Thane, da quando Perrin era piccolo. La vecchia, nel Bosco Occidentale, era stata distrutta da una tempesta di vento a quel tempo. Perrin si ricordava un edificio parzialmente coperto da viticci e spine, con gli uccelli appollaiati in quel che rimaneva del tetto di paglia e la tana di un tasso sotto agli scalini. Sarebbe stato un buon luogo dove nascondersi. Comare al’Vere rivolse a Bran un’occhiata acuta, come se fosse sorpresa che avesse pensato una cosa simile. «Quella immagino che andrà bene. Almeno per stanotte. Li porterò lì.»

«Non ce ne è bisogno, Marin. Posso guidarli facilmente io, se Perrin non si ricorda la strada.»

«A volte dimentichi di essere il Sindaco, Bran. Attiri l’attenzione; la gente si chiede dove stai andando e cosa stai combinando. Rimani qui, e se viene qualcuno fa’ in modo che vadano via convinti che tutto è come dovrebbe essere. Nella pentola c’è lo stufato di montone, e la zuppa di lenticchie va solo riscaldata. Non parlare a nessuno della casa dei malati, Bran. Meglio se nessuno si ricordi nemmeno che esiste.»

«Non sono un idiota, Marin» rispose rigidamente.

«Lo so che non lo sei, caro.» Gli diede un buffetto sulla guancia, ma lo sguardo dolce si indurì quando passò da Bran al resto del gruppo.

«Causate un bel po’ di problemi» osservò prima di dare istruzioni.

Avrebbero dovuto spostarsi a piccoli gruppi per non dare nell’occhio. Lei avrebbe attraversato il villaggio da sola e li avrebbe incontrati nel bosco. Gli Aiel le assicurarono che sarebbero stati in gradi di trovare la quercia spaccata da un fulmine che aveva descritto e scivolarono fuori dalla porta posteriore. Perrin la conosceva, un albero enorme, a un chilometro di distanza dal limitare del villaggio, che sembrava essere stato tagliato al centro da un’ascia, eppure in qualche modo viveva ancora e prosperava. Era certo di riuscire ad andare dritto alla casa dei malati senza alcun problema, ma comare al’Vere aveva insistito che sì incontrassero tutti alla quercia.

«Vattene in giro da solo, Perrin, e solo la Luce sa in cosa potresti incappare.» Quindi guardò Loial — adesso stava in piedi, i capelli irsuti sfioravano la trave del soffitto — e sospirò. «Vorrei ci fosse qualcosa da fare per la tua altezza, mastro Loial. So che fa caldo, ma ti dispiacerebbe indossare questo mantello con il cappuccio sollevato? Anche in questi giorni la gente tende a convincersi che non ha visto quel che ha visto se non è ciò che si aspetta, ma se riescono a guardarti in viso... Non che tu non sia di bell’aspetto, certo, ma non riusciresti mai a superare la gente dei Fiumi Gemelli.»

Il sorriso di Loial gli aprì in due il volto, sotto al grosso naso che sembrava un grugno. «Il giorno non sembra troppo caldo per un mantello, comare al’Vere.»

Prendendo un leggero scialle fatto a mano con delle frange blu, accompagnò Perrin, Faile e Loial alle stalle per mandarli via e per un momento sembrò che tutti i loro sforzi di muoversi in segreto fossero destinati a fallire. Cenn Buie, che sembrava una vecchia radice contorta, stava esaminando i cavalli con occhi brillanti. Specialmente il cavallo alto di Loial, grande come uno dei dhurrani di Bran. Cenn si grattò la testa, fissando la grande sella sul grosso cavallo.

Quegli occhi si sgranarono quando vide Loial e la mandibola gli tremò. «Tr... Tr... Trolloc!» riuscì finalmente a dire.

«Non essere un vecchio idiota, Cenn Buie» rispose Marin con fermezza, facendosi di lato per attirare l’attenzione dell’impagliatore. Perrin mantenne la testa bassa, studiando l’arco, e non si mosse. «Secondo te me ne starei in piedi sulla soglia della porta posteriore di casa mia con un Trolloc?» Tirò su con il naso sprezzantemente. «Mastro Loial è un Ogier, come sapresti da te se non fossi un’oca irascibile che preferisce lamentarsi piuttosto che guardare ciò che ha sotto al naso. Di passaggio, e non ha il tempo di essere disturbato da quelli come te. Vai a fare quello che devi e lascia i nostri ospiti in pace. Sai benissimo che Corin Ayellin ti sta cercando da mesi per il lavoraccio che hai fatto sul suo tetto.»

Cenn mimò con la bocca la parola ‘Ogier’, in silenzio e battendo le palpebre. Per un momento sembrò che avrebbe difeso il suo lavoro, ma poi gli occhi si spostarono su Perrin e si strinsero. «Lui! È lui! Ti stanno cercando, giovane cucciolo, farabutto, scappare a quel modo con un’Aes Sedai e diventare un Amico delle Tenebre. È stato allora che sono venuti i Trolloc per la prima volta. Adesso sei tornato e anche loro. Mi dirai che si tratta di una coincidenza? Che cosa c’è che non va con i tuoi occhi? Sei malato? Hai qualche strana malattia che ti sei portato appresso per ucciderci tutti, come se i Trolloc non fossero abbastanza? I Figli della Luce ti sistemeranno. Vedrai se non è così.»

Perrin sentì che Faile stava diventando tesa, e le mise subito una mano sul braccio quando si accorse che stava estraendo un pugnale. Cosa pensava di fare? Cenn era un irascibile vecchio sciocco, ma non era un motivo sufficiente per estrarre il pugnale. La donna scosse il capo esasperatamente, ma almeno si limitò a quello.

«Basta così, Cenn» lo ammonì dura Marin. «Ti terrai questa notizia per te, o adesso hai incominciato a correre dai Manti Bianchi con tutte le notizie che senti, come Hari e suo fratello Darl? Ho avuto i miei sospetti quando i Manti Bianchi sono venuti a ispezionare i libri di Bran. Se ne sono presi sei e hanno fatto la predica a Bran sotto al suo tetto sulla blasfemia. Blasfemia, tra tutte le cose! Perché non sono d’accordo con quanto è scritto nei libri. Sei fortunato che non ti chieda di rimpiazzarli. Hanno frugato tutta la locanda come delle donnole. Alla caccia di altri ‘scritti blasfemi’, hanno detto, come se chiunque potesse nascondere un libro. Hanno rovesciato tutti i materassi dai letti e messo a soqquadro il mio armadio. Sei fortunato che non sono venuta a prenderti per un orecchio per rimettere tutto a posto.» Cenn si stava ritirando sempre un po’ di più a ogni frase, fino a quando sembrò che avrebbe infilato la testa nelle spalle. «Non ho detto loro nulla, Marin» protestò. «Solo perché un uomo nomina... quello era, ho solamente detto, così per conversare...» Si scosse, sempre evitando gli occhi della donna, mantenendo però il suo comportamento usuale. «Intendevo parlarne al Consiglio, Marin. Di lui, voglio dire.» Indicò Perrin con un dito contorto. «Siamo tutti in pericolo finché resta qui. Se i Figli scoprono che lo stai nascondendo, potrebbero incolpare tutti noi. Allora non si tratterà di armadi in disordine.»

«Questo è affare della Cerchia delle Donne.» Marin si riavvolse lo scialle attorno alle spalle e si fece avanti per ritrovarsi occhi negli occhi con l’impagliatore. Era leggermente più altro di lei, ma l’aria improvvisa di seria formalità la avvantaggiò. Cenn farfugliò qualcosa, ma la donna lo precedette prima che potesse dire qualcosa di sensato. «Affari della Cerchia, Cenn Buie. Se pensi che non lo siano — se solo ti azzardi a pensare di chiamarmi bugiarda — stai solamente agitando la lingua. Se riveli una sola parola degli affari della Cerchia delle Donne in giro, incluso il Consiglio del Villaggio...»

«La Cerchia non ha il diritto di immischiarsi negli affari del Consiglio» gridò Cenn.

«... e vedi se tua moglie non ti farà dormire nel granaio. E mangiare gli avanzi del pasto della mucca. Credi che il Consiglio abbia la precedenza sulla Cerchia? Manderò Daise Congar a convincerti che così non è, se hai bisogno di essere convinto.»

Cenn si fece indietro, meglio che poteva. Se Daise Congar era la Sapiente, probabilmente gli avrebbe cacciato in gola miscugli disgustosi ogni giorno fino all’anno prossimo, e Cenn era troppo magro per fermarla. Alsbet Luhan era la sola donna di Emond’s Field più grossa di Daise, e Daise aveva una particolare caratteristica e un gran brutto carattere. Perrin non riusciva a immaginarla come Sapiente; a Nynaeve probabilmente sarebbe venuto un colpo quando avrebbe scoperto chi l’aveva rimpiazzata. Nynaeve aveva sempre creduto di comportarsi dolcemente.

«Non c’è bisogno di diventare sgradevoli, Marin» borbottò Cenn nel tentativo di calmarla. «Se vuoi che stia zitto, starò zitto. Ma Cerchia delle Donne o no, stai rischiando di condurre i Figli della Luce contro di noi.» Marin alzò appena il sopracciglio e dopo un momento l’uomo si allontanò, borbottando fra sé.

«Ben fatto» osservò Faile quando Cenn scomparve dietro l’angolo della locanda. «Penso di dover prendere lezioni da te, non sono brava la metà a gestire Perrin come sei stata tu con mastro al’Vere e questo tipo.».Sorrise a Perrin per mostrargli che stava scherzando. Almeno, Perrin sperava che quello fosse il significato.

«Devi sapere quando tirare le redini» rispose con fare assente la donna più anziana «e quando non c’è nulla da fare se non lasciare che facciano di testa loro. Lascia che facciano di testa loro quando non è importante: rende più facile controllarli quando lo è.» Stava aggrottando le sopracciglia dietro a Cenn e non prestava realmente attenzione a quel che stava dicendo, tranne forse quando aggiunse: «Alcuni dovrebbero essere legati nella stalla e lasciati lì.»

Perrin balzò rapidamente nel discorso. «Credi che manterrà il silenzio, comare al’Vere?»

Esitando, la donna rispose: «Credo che lo farà. Cenn è nato con un dente che gli faceva male, ma non è come Hari Coplin o quegli altri.» Però aveva esitato.

«Sarà meglio se ci muoviamo» rispose Perrin. Nessuno discusse la decisone.

Il sole era più alto di quanto si aspettasse, oltre il mezzogiorno, il che significava che la maggior parte della gente era a casa per mangiare. I pochi ancora fuori, per lo più ragazzi che badavano alle pecore o alle mucche, erano indaffarati a mangiare quello che si erano portati avvolto in un panno, troppo assorti nel cibo e troppo lontani dal percorso dei carri per prestare attenzione ai passanti. Eppure Loial attrasse qualche occhiata, anche con il cappuccio profondo che gli nascondeva il viso. Anche in groppa a Stepper, Perrin arrivava sotto al torace dell’Ogier sul grosso cavallo. Per la gente che li vedeva lontano probabilmente assomigliavano a un adulto con due bambini, tutti su dei cavallini nani, che guidavano cavallini da soma. Certamente non una vista usuale, ma Perrin sperava fosse ciò che credevano di vedere. Le chiacchiere avrebbero attirato l’attenzione. Doveva evitarlo finché non avesse liberato comare Luhan e gli altri. Se solo Cenn avesse mantenuto il silenzio.

Tenne il cappuccio del mantello alzato. Anche questo avrebbe potuto far nascere delle chiacchiere, ma non come la barba, e si rendeva definitivamente conto che non era più un bambino. Almeno il giorno non era particolarmente caldo. Sembrava una giornata di primavera, non d’estate, dopo Tear.

Non aveva avuto problemi a trovare la quercia spaccata, le due metà in una grande biforcazione con la parte interna nera e dura come il ferro; il terreno sotto ai rami era libero. Attraversare il villaggio era più breve che girargli intorno, per cui comare al’Vere stava già aspettando, sistemandosi lo scialle con impazienza. Gli Aiel erano lì, accovacciati fra il sottobosco di vecchie foglie e gusci di ghiande degli scoiattoli, Gaul separato dalle donne. Le Fanciulle e Gaul si guardavano a vicenda quasi con la stessa attenzione con cui guardavano il bosco. Perrin non aveva dubbi che erano riusciti a raggiungere quel punto inosservati. Desiderava avere la loro stessa capacità; poteva muoversi abbastanza bene nel bosco, ma agli Aiel non sembrava importare se si trattava di una foresta, un fattoria o una città. Quando non volevano essere visti, trovavano il modo di passare inosservati.

Comare al’Vere aveva insistito che proseguissero tutti a piedi da quel punto in poi, sostenendo che c’era troppa vegetazione per cavalcare. Perrin non era d’accordo, ma smontò comunque da cavallo: non sarebbe stato confortevole per lei fare strada camminando a gente a dorso di cavallo. In ogni caso aveva la testa piena di piani. Doveva avere l’opportunità di osservare il campo dei Manti Bianchi a Watch Hill prima di decidere come salvare comare Luhan e gli altri. E dove si nascondevano Tam e Abell? Né Bran né comare al’Vere glielo avevano detto; forse non lo sapevano. Se Tam e Abell non avevano già liberato i prigionieri, non era un incarico facile. Doveva riuscirci in qualche modo. A quel punto avrebbe potuto concentrare le attenzioni sui Trolloc.

Nessuno del villaggio si era diretto da questa parte per anni, e il sentiero era svanito, eppure gli alberi alti mantenevano il sottobosco basso. Gli Aiel camminavano silenziosi con il gruppo, aderendo all’insistenza di comare al’Vere che rimanessero tutti insieme. Loial mormorò lodando le grandi querce, gli abeti particolarmente alti e le ericacee. Occasionalmente un uccello imitatore o un pettirosso cantavano fra gli alberi, e una volta Perrin fiutò una volpe che li guardava passare.

Di colpo colse l’odore di un uomo e sentì un debole fruscio. Gli Aiel si tesero, accovacciandosi con le lance pronte. Perrin prese una freccia.

«State calmi» li invitò velocemente comare al’Vere, facendo cenno di abbassare le armi, «State calmi.»

Subito dopo si ritrovarono due uomini di fronte a loro, uno alto, scuro e snello sulla destra, l’altro tarchiato e con i capelli grigi sulla sinistra. Entrambi avevano gli archi con le frecce incoccate, pronti a sollevarli e rilasciare, con le faretre che bilanciavano le spade in vita. Entrambi indossavano dei mantelli che sembravano svanire in mezzo al fogliame.

«Custodi!» esclamò Perrin. «Perché non ci hai detto che ci sono Aes Sedai da queste parti, comare al’Vere? Nemmeno mastro al’Vere ne ha mai fatto parola. Perché?»

«Perché non lo sa» rispose velocemente. «Non ho mentito quando ho detto che erano affari della Cerchia delle Donne.» Spostò l’attenzione sui Custodi, nessuno dei due si era rilassato. «Tomas, Ihvon, mi conoscete. Abbassate quegli archi. Sapete che non porterei nessuno qui se avesse cattive intenzioni.»

«Un Ogier» mormorò l’uomo con i capelli grigi «Aiel, un uomo con gli occhi gialli — chiaramente quello che stanno cercando i Manti Bianchi — e una focosa giovane donna con un pugnale.» Perrin lanciò un’occhiata a Faile; impugnava una lama pronta a lanciarla. Stavolta era d’accordo con lei. Questi potevano anche essere Custodi, ma non davano segno di voler abbassare gli archi; i loro visi potevano anche essere scolpiti nelle incudini. Anche gli Aiel sembravano pronti a iniziare a danzare le lance senza calare il velo. «Uno strano gruppo, comare al’Vere» proseguì il Custode più anziano. «Vedremo. Ihvon?» L’uomo snello annuì e si confuse con il sottobosco; Perrin riusciva appena a sentire il tizio allontanarsi. I Custodi si muovevano come la morte in persona quando volevano.

«Cosa intendi dire con ‘affari della Cerchia delle Donne’?» chiese Perrin. «So che i Manti Bianchi causerebbero problemi se venissero a sapere delle Aes Sedai, per cui non lo diresti a Hari Coplin, ma perché nasconderlo al Sindaco? E a noi?»

«Perché così abbiamo concordato» rispose irritata comare al’Vere. La rabbia sembrava rivolta in parti uguali verso Perrin e verso il Custode che ancora li teneva di mira — non c’era altro modo per descrivere quell’atteggiamento — con forse una piccola rimanenza per le Aes Sedai. «Si trovavano a Watch Hill quando sono arrivati i Manti Bianchi. Nessuno sapeva chi fossero tranne la Cerchia locale, che li ha consegnati a noi per nasconderli. Da tutti, Perrin. È il modo migliore di mantenere un segreto, se solo in pochi ne sono a conoscenza. Che la Luce mi protegga, conosco due donne che non dormono più con i mariti per paura di parlare nel sonno. Abbiamo acconsentito a mantenere il segreto.»

«Perché allora hai cambiato idea?» chiese il Custode dai capelli grigi con voce severa.

«Per ciò che considero una serie di buone ragioni, Tomas.» Dal modo in cui aveva spostato lo scialle, Perrin sospettò che sperava che la Cerchia — e le Aes Sedai — la pensassero allo stesso modo. Secondo le voci le donne della Cerchia potevano essere più dure fra loro che con il resto del villaggio. «Quale posto migliore per nasconderti, Perrin, che con le Aes Sedai? Certamente non ne hai paura, dopo che sei partito con una di loro. E... lo scoprirai abbastanza presto. Devi solamente fidarti di me.»

«Ci sono Aes Sedai e Aes Sedai» rispose Perrin. Ma quelle che considerava peggiori e appartenevano all’Ajah Rossa, non avevano Custodi; l’Ajah Rossa non apprezzava affatto gli uomini. Questo Tomas aveva occhi scuri inamovibili. Potevano travolgerlo, o meglio ancora limitarsi ad andare via, ma il Custode avrebbe certamente conficcato una freccia in corpo al primo che avesse fatto qualcosa che non gli piaceva, e Perrin era pronto a scommettere che l’uomo aveva altre frecce a portata di mano pronte a essere incoccate. Gli Aiel sembravano d’accordo; sembravano ancora pronti a balzare in ogni direzione in qualsiasi momento, ma sembrava anche che potevano restare lì immobili fino a quando il sole si sarebbe ghiacciato. Perrin diede dei colpetti sulla spalla di Faile. «Andrà tutto bene» la confortò.

«Certo» rispose la donna con un sorriso. Aveva riposto il pugnale. «Se lo dice comare al’Vere, le credo.»

Perrin sperò che avesse ragione. Non si fidava più delle persone come una volta. Non delle Aes Sedai. Forse nemmeno di Marin al’Vere. Ma forse queste Aes Sedai lo avrebbero aiutato a combattere i Trolloc. Si sarebbe fidato di chiunque avesse fatto una tale cosa. Ma fino a che punto poteva fidarsi delle Aes Sedai? Facevano quel che facevano per i loro scopi; per lui i Fiumi Gemelli erano casa, ma per loro potevano essere una pietra su un’asse. Faile e Mann al’Vere però sembravano fiduciose e gli Aiel aspettavano. Per il momento sembrava non avere scelta.

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